Le acque del Trentino Gli oltre 2000 chilometri di acque correnti del Trentino, abitate prevalentemente da trote, sono collocabili nella “Zona a trota fario” comprendente i torrenti e i ruscelli prossimi alle sorgenti, e nella “Zona a trota marmorata e temolo” rappresentata dalle principali portate: Adige, Noce, Avisio, Sarca, Chiese, Brenta e principali affluenti. Nei torrenti d’alta montagna la trota fario è la specie ittica più diffusa, spesso l’unica. Alcuni ruscelli ospitano anche ceppi acclimatati di trota iridea e salmerino di fonte. Più a valle, quando i corsi d’acqua si allargano, aumenta il numero delle specie presenti: la trota fario lascia progressivamente il posto alla trota marmorata e al temolo. Oltre ai salmonidi, sono comuni anche lo scazzone, pesciolino bentonico indicatore della buona qualità dell’acqua, spesso preda della trota, e la sanguinerola, pesce ciprinide che predilige acque fresche e correnti, assieme al vairone e al barbo canino. A fondovalle, dove l’acqua in estate si riscalda di più, si aggiungono il barbo e il cavedano. Nei 300 laghi del Trentino, nella grande varietà di ambienti lacustri trovano condizioni adatte per il loro insediamento tutte le specie presenti nelle acque correnti. In più si trovano il salmerino alpino (nei laghi d’alta quota), il carpione (nel Lago di Garda), il coregone lavarello, il luccio ed altre specie appartenenti soprattutto alle famiglie dei pesci ciprinidi (carpa, tinca, alborella, ecc.) e dei percidi (persico reale). I principali corsi d’acqua della provincia di Trento L’Adige, principale fiume della Regione e secondo d’Italia, alcuni chilometri dopo il suo ingresso nel Trentino riceve le acque del Noce e, poco più a valle, dell’Avisio, che rappresentano zone importanti per la riproduzione dei pesci. In seguito alla rettifica avvenuta verso la metà del XIX secolo, le zone palustri circostanti il fiume sono oggi sostituite da frutteti e vigneti e l’alveo originario è notevolmente ristretto: ciò nonostante, l’Adige conserva larghezze comprese fra 70 e 100 metri. Dopo aver attraversato Trento e superato Rovereto, presso Mori il fiume è in gran parte deviato nel canale Biffis. In Vallagarina l’Adige conserva l’antico alveo naturale, circondato da vigneti di gran pregio, fino al territorio veronese. La qualità dell’acqua del fiume in provincia di Trento permane in buona qualità (IIa Classe IBE). Superficie di bacino imbrifero: 8.370 km2 in Trentino, compresa la parte in provincia di Bolzano e i bacini del Noce e dell’Avisio. Si pescano le trote marmorata e fario, il temolo, il barbo, il cavedano e altre specie ittiche. Il Noce nasce dalle montagne più alte del Trentino, appartenenti al Gruppo dell’Ortles, nel Parco Nazionale dello Stelvio. Subito alimentato da numerosi affluenti, il fiume raggiunge una portata notevole in Val di Sole, famosa anche fra gli appassionati di kayak e rafting. In Val di Non, la diga di S.Giustina sbarra il fiume e dà origine al più grande bacino idroelettrico del Trentino. Inoltre, l’irrigazione necessaria ai famosi meleti comporta prelievi sensibili dagli affluenti. Il rilascio in alveo delle portate di rispetto, pur non annullando gli effetti dei principali usi dell’acqua, ha decisamente migliorato la qualità biologica del fiume anche in prossimità della confluenza con l’Adige. Superficie di bacino imbrifero: 1.320 km2. Si pescano la trota marmorata, la trota fario e, nel tratto inferiore, il temolo. Il lago di Santa Giustina è rinomato per il persico reale, la carpa e la trota lacustre. L’Avisio scende dalle più famose cime dolomitiche del Trentino orientale, in un paesaggio di grande bellezza. In Val di Fiemme, l’apporto di numerosi affluenti aumenta notevolmente la portata e favorisce l’autodepurazione naturale dell’acqua. In seguito al rilascio del deflusso minimo vitale a valle del bacino artificiale di Stramentizzo, l’Avisio prosegue il suo percorso in un canyon selvaggio inciso nelle lave vulcaniche del Permiano, sovrastato dai vigneti della Val di Cembra. Quando raggiunge l’Adige, l’Avisio conserva buone caratteristiche di qualità dell’acqua: la zona delle foci è dichiarata Biotopo protetto. Superficie di bacino imbrifero: 930 km2. Si pescano la trota marmorata e, in bassa Valle di Cembra, il barbo. Il Sarca percorre la Val Rendena fra le tonaliti e i micascisti di destra orografica e le Dolomiti di Brenta in sinistra. Supera lo sbarramento idroelettrico di Ponte Pià, sprofonda nello spettacolare canyon del Limarò ed entra nella Valle dei Laghi. Qui la morfologia è movimentata dagli enormi massi delle Marocche che arrivano a lambire l’acqua del fiume, principale immissario del Lago di Garda. In seguito ai rilasci dei deflussi minimi vitali, il Sarca presenta buona qualità biologica (Ia – IIa Classe IBE) lungo tutto il suo percorso, nonostante l’utilizzo delle sue acque nelle centrali idroelettriche e in alcune importanti troticolture. Superficie di bacino imbrifero: 1.300 km2. Si pescano la trota fario e la trota marmorata; dal Lago di Garda risale, per diversi chilometri, la trota lacustre. Il Chiese scorre dapprima nel grandioso scenario rappresentato dalla Val di Fumo, modellata nelle tonaliti dell’Adamello. Incontra, in successione, i bacini artificiali di Malga Bissina, Malga Boazzo, Murandin e Cimego, che ne consentono l’utilizzo ai fini idroelettrici. Dopo la confluenza con il torrente Adanà, la pendenza diminuisce. Grazie ai rilasci dei deflussi minimi vitali, il fiume conserva la Ia Classe IBE fino a Condino; raggiunge il Lago d’Idro in IIa Classe. Superficie di bacino imbrifero: 420 km2 in Trentino. Si pescano la trota fario, la trota marmorata e, nel tratto inferiore, il temolo. Il Brenta nasce dal Lago di Caldonazzo e percorre la Valsugana su terreni profondi e fertili. Fino a Castelnuovo l’alveo è rettificato; a valle torna ad essere naturale e il Brenta riacquista possibilità produttive via via crescenti fino all’uscita dalla provincia di Trento, grazie soprattutto agli importanti apporti idrici delle acque di risorgiva di fondovalle, che contribuiscono a conservare buona la qualità biologica delle acque. Superficie di bacino imbrifero: 710 km2 in Trentino, Cismon escluso. Si pescano la trota fario, il temolo, la trota marmorata, il barbo, il cavedano, il luccio e altre specie ittiche. I laghi di Caldonazzo e Levico sono rinomati per la pesca al persico reale, coregone lavarello, luccio, carpa, tinca e altre specie di pesci ciprinidi. Il Cismon scende dal gruppo dolomitico delle Pale di San Martino e scorre con buona esposizione in una zona di notevole importanza turistica, andando ad alimentare il bacino artificiale di Schener. L’uso idroelettrico interessa per lunghi tratti anche l’affluente Vanoi, che scorre in ambiente fortemente alpestre, tra le filladi del versante meridionale della Catena del Lagorai e i graniti del Sottogruppo di Cima d’Asta. Lo scarso contenuto in sali disciolti e le piene limitano la produzione ittica, esaltandone tuttavia la qualità. Acque in Ia Classe IBE per quasi tutto il loro percorso. Superficie di bacino imbrifero: 330 km2 in Trentino. Si pescano la trota fario, la trota marmorata e il temolo. I principali laghi della provincia di Trento Lago di Garda Attorno al più grande dei laghi italiani s’incontrano la natura delle Alpi e quella del Mediterraneo: grazie all’influenza della sua notevole massa d’acqua, il clima nella zona circostante è mite tutto l’anno e tale da favorire l’insediamento di olivi, cipressi, lecci, eriche arboree, terebinti e agrumi d’ogni tipo. Straordinario è afflusso di turisti, soprattutto nordici. Circa un ventisettesimo della superficie del lago (14,46 Km2) si trova in territorio trentino. Il lago, racchiuso fra due catene montuose con pareti più scoscese e dirupate a settentrione, occupa un’antica valle pre-pliocenica nella quale confluivano, diretti al Po, il Sarca, il Chiese e l’Adige. In epoca successiva l’esarazione provocata dai ghiacciai quaternari scavò la contropendenza che, al disgelo avvenuto circa 15.000 anni fa, fu occupata dal lago. Il Garda non gela in superficie e subisce oscillazioni naturali di livello molto ridotte, inferiori al metro. Notevole è la trasparenza dell’acqua, soprattutto lontano dagli immissari. Il disco di Secchi è visibile ad una profondità media di 15 metri (massima 21,6 e minima 10), valore che costituisce un primato europeo. A questa limpidezza è dovuto lo straordinario colore azzurro delle acque: per valutarlo, si sono dovute apportare delle aggiunte alla scala cromatica comparativa del Forel. L’ossigeno disciolto mantiene buoni valori, adatti alla presenza di pesci esigenti come i salmonidi, fino al fondo del lago (in Trentino, 270 metri). In estate la temperatura dell’acqua raggiunge i 22°C in superficie, diminuendo progressivamente verso gli 8°C a circa 100 metri di profondità, valore che conserva fino al fondo. Storicamente rilevante è l’importanza della pesca: oltre al carpione (specie ittica endemica del Garda), famosa in tutte le mense altolocate era la trota lacustre. Fino alla metà del secolo scorso, il Sarca, con la sua portata naturale e senza gli attuali sbarramenti, consentiva alle trote lacustri, alcune di 15 – 20 kg, di risalire in autunno dal lago e percorrere lunghi tratti fluviali alla ricerca delle aree di frega migliori per deporre le uova. Una parte delle trote in risalita (150 – 200 quintali l’anno) veniva intercettata alla pescaia di Torbole, presente sul fiume fin dal 1200, un paio di chilometri a monte della foce. I problemi causati dalle grandi derivazioni idroelettriche sono stati mitigati a partire dal giugno 2000 con il rilascio costante, a valle delle opere di presa, dei Deflussi Minimi Vitali (DMV), pari a due litri al secondo d’acqua per ogni chilometro quadrato di bacino imbrifero sotteso. Questa portata ha consentito il ritorno nel Sarca di qualche esemplare di trota lacustre e la sua risalita fino alla centrale di Fies, grazie anche a tre passaggi per pesci realizzati su altrettanti sbarramenti in alveo: alla centrale della Brossera (scala di monta costruita a cura dell’ENEL), e all’altezza di due briglie in località Linfano e Malapreda (rapide artificiali realizzate dal Servizio Opere Idrauliche della P.A.T.). A partire dal 2001, nel mese di novembre (epoca della riproduzione), in collaborazione con i pescatori del Basso Sarca e le provincie di Verona e Brescia, il Servizio Foreste e Fauna effettua ogni anno, con elettropesca, il recupero di alcuni esemplari di trote lacustri nel Sarca, per la riproduzione artificiale. Le uova embrionate e gli avannotti di trota lacustre così ottenuti possono essere immessi, nel Sarca e negli altri affluenti de lago, a monte degli sbarramenti non superabili dalle trote in risalita, con conseguente beneficio per il popolamento ittico e per la pesca. Lago di Molveno Secondo per grandezza dei laghi interni trentini dopo quello di Caldonazzo, il Lago di Molveno ha avuto origine dalla gigantesca frana staccatasi dal Monte Dion, che ha sbarrato la valle a meridione. Il bacino imbrifero è piccolo: immissari sono il Rio Massò, il Rio Lambin e il Rio Ceda. Mancano emissari superficiali: dopo aver attraversato il deposito franoso, le acque del lago riaffiorano ed originano il Torrente Bondai, tributario del Sarca. In inverno, il lago non gela. In passato il Lago di Molveno era famoso per la sua bellezza: l’intensità di azzurro, corrispondente al 2° grado della scala Forel, era dovuta alla purezza e trasparenza delle acque (il disco di Secchi era visibile fino a 14 metri) e alla povertà di fitoplancton, mentre le gradazioni di verde rivelavano la vegetazione subacquea. Queste caratteristiche sono venute meno in seguito all’uso idroelettrico, che ha trasformato il lago in bacino di carico della centrale di Santa Massenza, con l’immissione delle acque fredde e torbide dell’alto Fiume Sarca e dei suoi affluenti della Val Rendena. Recentemente, la riduzione delle escursioni del livello lacustre ha mitigato le conseguenze della trasformazione in bacino. In occasione delle variazioni artificiali di livello, sono venuti alla luce i residui di un’antica foresta preesistente alla formazione del lago: la datazione col metodo del radiocarbonio ha permesso di collocare la nascita del Lago di Molveno attorno al mille avanti Cristo. Il lago ospita una ventina di specie ittiche, comprendenti la trota lacustre e il salmerino alpino. Lago di Ledro Le sponde sono scoscese, la linea di costa tortuosa, e gli immissari superficiali asciutti per gran parte dell’anno in prossimità del lago, che però è alimentato da numerose sorgenti subacquee. La colorazione delle acque è tendente al verde e la trasparenza, modesta nei mesi freddi (oltre i 4 metri il disco Secchi non è più visibile), è maggiore in estate. Negli inverni più rigidi, dalla seconda metà di gennaio fino a marzo la superficie gela. Dal 1928 il lago ha assunto la funzione di serbatoio idroelettrico, con l’acqua inviata alla centrale di Riva del Garda attraverso una condotta forzata. In seguito la condotta è stata adibita anche al pompaggio di acqua dal Lago di Garda, nel periodo di magra del Lago di Ledro e di contemporanea sovra produzione di energia elettrica. Il lago ospita più di 20 specie ittiche, fra le quali primeggia il persico reale; si pescano anche il coregone lavarello, la trota lacustre, la bottatrice e numerose specie di pesci ciprinidi. Lago di Caldonazzo E’ il più grande lago del Trentino interamente compreso entro i confini provinciali. La conca lacustre, sbarrata dai conoidi alluvionali del Fersina a nord e del Centa a sud, è scavata negli scisti cristallini, mentre gli affluenti portano soprattutto detrito calcareo. Le rive hanno pendenza lieve quasi ovunque. In inverno il lago gela (ma non sempre e quasi mai del tutto) verso la fine di gennaio. Gli immissari perenni più importanti sono il Torrente Mandola presso Calceranica e una risorgiva presso la collinetta rocciosa ove sorge la chiesetta di San Cristoforo. Emissario è il Brenta, di cui i laghi di Caldonazzo e Levico sono considerati sorgenti. Negli anni 70 l’eutrofizzazione, dovuta a un’eccessiva immissione di nutrienti, causò morie di pesci e trasparenza ridotta a meno di un metro. Per riportare il lago verso l’originario equilibrio naturale, è stato realizzato un collettore circumlacuale che raccoglie, inviandoli al depuratore a valle, gli scarichi precedentemente immessi nel lago; dal 1975 sono attivi cinque “Limno” che pompano aria negli stati profondi; nel 1998 è iniziato l’asporto delle acque anossiche profonde, trasferite all’emissario. Questi interventi hanno portato ad un notevole miglioramento biologico: oggi il colore dell’acqua tende più all’azzurro che al verde (3° grado della scala di Forel); il grado di trasparenza è buono (disco Secchi visibile a 7 metri, con massimi fino a 9); il popolamento di coregone lavarello è molto aumentato in consistenza e si è acclimatata la trota lacustre. Quest’ultima è oggetto di campagne ittiogeniche per la moltiplicazione artificiale in incubatoio a cura della locale Associazione pescatori, con prelievo dei riproduttori in risalita nell’immissario torrente Mandola. Infine, i canneti di San Cristoforo – due fra i lembi più integri delle sponde del lago – sono stati dichiarati biotopi d’interesse provinciale con provvedimento del 1988, perfezionato nel 1992. Oltre alle specie ittiche sopra citate si pescano il persico reale, il luccio, l’anguilla, carpa, tinca, scardola, alborella e altri pesci ciprinidi. Lago di Levico Originato dallo sbarramento del conoide detritico del Rio Maggiore, il Lago di Levico occupa la parte terminale della stretta valle percorsa dalla Roggia Visintainer. Le sponde della parte settentrionale del lago (soprattutto la riva occidentale), coperte di bosco ceduo, conservano le originarie caratteristiche di naturalità. Le acque sono più azzurre di quelle del vicino Lago di Caldonazzo anche se la trasparenza, in estate, è minore: oltre i 5 metri il disco di Secchi non si vede più mentre in inverno, se il lago non gela, la visibilità arriva a 7,6 metri. Sulle rive sud orientali si trova il biotopo d’interesse provinciale “Canneto di Levico”. Emissario è uno dei due rami d’origine del Fiume Brenta. Le specie ittiche presenti sono le stesse del Lago di Caldonazzo. Lago di Tovel Sito nel Parco Naturale Adamello Brenta, il Lago di Tovel occupa una conca dolomitica limitata a nord ovest dalle “marocche”, materiale di frana lasciato dal ritiro glaciale. Immissari sono il Rio di Santa Maria Flavona, che arriva al lago frazionato in numerose sorgenti, e il Rio Rislà; emissario è il Torrente Tresenga. A novembre il lago gela e il ghiaccio raggiunge spessori di circa mezzo metro. La trasparenza media nei mesi estivi è superiore ai 10 metri di visibilità del disco di Secchi. La fauna planctonica non è molto ricca; le acque sono oligotrofiche. Tra le specie ittiche, particolare menzione merita il salmerino alpino di cui si ha già notizia nelle cronache cinquecentesche che ne celebrano la squisitezza e il pregio presso le mense cittadine più altolocate. Ma il Lago di Tovel è famoso soprattutto per la colorazione rossa che assumeva nella stagione estiva, per la grandiosità del fenomeno e per l’intensità e la regolarità della comparsa. Responsabile dell’arrossamento era la moltiplicazione, in densità eccezionali, di un’alga unicellulare appartenente alle Peridinee: il Glenodinium sanguineum Marchesoni, tuttora presente ma in quantità ridotta. La colorazione delle acque non si manifesta più, se non a livello attenuato, a partire dal 1964. L’ipotesi che la scomparsa sia dovuta al venir meno del pascolo bovino quale apportatore di sali nutrienti, pur necessitando di maggiori accertamenti, trova molti sostenitori. A cura del: Servizio Foreste e Fauna Ufficio Faunistico - Trento