PNICube “Incubazione e dopo?” a cura di Loris Nadotti Segretario e Vicepresidente Associazione PNICube 3° workshop internazionale, perugia 2008 Prefazione Loris Nadotti* La convergenza tra ricerca universitaria, cultura e promozione dell’attività d’impresa come nuovo obiettivo qualificante è la sfida che le Università italiane aderenti alla Associazione PNICube hanno condiviso nell’ultimo quinquennio. Il trasferimento dei risultati della ricerca e il plus competitivo offerto dall’innovazione rappresentano il nocciolo concettuale dell’evento “Start Up dell’anno 2008” che, giunto alla sua seconda edizione, in concomitanza con le celebrazioni per il VII Centenario dell’Università degli Studi di Perugia, si svolge quest’anno nel nostro Ateneo. L’Università degli Studi di Perugia, socio fondatore dell’Associazione PNICube, nel recente passato sì è costantemente impegnata a colmare il gap storico e culturale che in Italia ha visto viaggiare su sentieri paralleli le fonti istituzionali della ricerca e il mondo della produzione sia con la sensibilizzazione del mondo accademico sulle tematiche relative alla tutela della proprietà intellettuale e del trasferimento tecnologico, sia grazie al rafforzamento ed alla moltiplicazione delle occasioni di collaborazione con l’imprenditoria e con tutto il tessuto economico del proprio territorio di riferimento. L’Ateneo perugino, infatti, da un lato coopera stabilmente con la Regione Umbria ([email protected] - azione 2.4, ecc.) ed altri enti pubblici e privati alla progettazione e realizzazione di azioni volte a modernizzare le filiere produttive con la messa a disposizione di competenze specifiche e con l’elaborazione di scenari e prospettive; dall’altro ha teso a valorizzare le idee imprenditoriali scaturite dalla ricerca e ad offrire opportunità e occasioni per i giovani formati all’interno dell’ateneo mediante le attività di promozione a favore della nascita di nuove imprese Spin-Off. Coerentemente a questi indirizzi, nel 2003 è stato approvato il “Regolamento dell’Ateneo di Perugia sugli Spin-Off universitari” al fine di accelerare “la costituzione di organismi di diritto privato, sotto forma di società di capitali, denominati [..] spin-off, aventi come scopo l’utilizzazione imprenditoriale, in contesti innovativi, dei risultati della ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.” (art 1 comma 1). Pur non disponendo ad oggi di un vero e proprio incubatore, l’Università di Perugia ha visto nascere e svilupparsi all’interno delle proprie strutture più di 20 spin-off che hanno potuto sfruttare spazi e strutture dipartimentali. Il supporto offerto nella fase di avvio a queste imprese si è dimostrato più che positivo dal momento che il loro tasso di sopravvivenza è, al momento, del 100%. A partire dalla metà del 2009 sarà inoltre attivo il nuovo incubatore * Loris Nadotti: Professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari, Delegato del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia per gli Spin-Off e il Trasferimento tecnologico e Vice-Presidente PNI Cube. 3 dell’Università, destinato ad offrire ulteriori servizi alle società ospitate, con l’obiettivo di contribuire in misura crescente nel tempo allo sviluppo locale, alla creazione di opportunità di lavoro qualificato ed alle conseguenti e positive ricadute economiche. Sempre con l’intenzione di favorire lo sviluppo di processi integrati utili ad una rapida diffusione delle informazioni prodotte all’interno dei suoi dipartimenti verso il mondo dell’impresa, a partire dal giugno 2006, l’Ateneo perugino ha attivato l’Area per il Trasferimento della Conoscenza (KTO) destinandola esplicitamente a valorizzare la ricerca condotta nell’Università. In due anni di attività il KTO ha rafforzato le relazioni tra accademia e mondo della produzione ed ha favorito sia la nascita di nuove imprese, basate sull’innovazione e lo sfruttamento di nuove tecnologie, sia la valorizzazione della proprietà intellettuale con i brevetti originati dalle attività di ricerca. Il KTO è nato in concomitanza della realizzazione del progetto “Nuovo ILO”, in partenariato con le Università di Padova, Pavia e Trieste e con il cofinanziamento del MIUR, con lo scopo di affinare la sensibilità dei ricercatori sulle tematiche relative allo sfruttamento economico dei risultati della ricerca e di creare una rete strutturata di interrelazioni tra Università e impresa. Insieme alle Università partner del progetto è stato realizzato un database delle competenze:UNI2B (www.uni2b.it ). Tra le numerose e recenti iniziative nel settore del trasferimento tecnologico e della valorizzazione dei risultati della ricerca ospitate a Perugia e organizzate dall’Area per il Trasferimento della Conoscenza meritano una menzione particolare: 1) Convegno Internazionale: “Intellectual Property: come gestirla per essere competitivi” che ha costituito un’importante iniziativa di studio e di confronto con esperti esteri e con gli operatori del settore sul tema della tutela della proprietà intellettuale all’interno del mondo accademico e delle piccole e medie imprese. 2) seconda edizione della Start Up dell’anno. La collaborazione sistemica tra università, aziende e istituzioni pubbliche rappresenta l’elemento attraverso il quale riaffermare e rinnovare il ruolo delle Università, in particolar modo di quelle pubbliche, quale fattore di sviluppo e di crescita economica e culturale. 4 Per questo motivo sono tre gli ambiti operativi in cui sono state focalizzate le attività dell’area: • diffusione della cultura della valorizzazione dei risultati della ricerca e scouting delle competenze. Comunicazione capillare dei servizi offerti dall’Ateneo relativamente alla cultura della valorizzazione della ricerca e creazione di momenti di incontro quali seminari, workshop e convegni, che offrono un quadro completo circa l’attività e l’impegno profuso dall’Università di Perugia in attività di trasferimento delle conoscenze a livello locale; • attività di supporto allo sfruttamento economico dei risultati della ricerca. Servizi relativi alle attività di pre-incubazione e di incubazione delle imprese spin-off volti a promuovere progetti d’impresa, dalla fase di formalizzazione dell’idea fino allo start-up. Inoltre l’Area fornisce sostegno al corpo docente dell’ateneo nella fase di individuazione di idee suscettibili di tutela e brevetto e di coordinamento dei rapporti con i tecnici del settore. • fund raising, gestione e rendicontazione dei progetti di pertinenza dell’area. Tra i progetti presentati dall’area ed ammessi al finanziamento dai Ministeri competenti si ricordano: A) Nuovo ILO Progetto cofinanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, di cui si è fatto cenno in precedenza, è un’iniziativa in partenariato con le Università di Padova, Pavia e Trieste, che si muove lungo due distinte linee di intervento: l’una volta ad affinare la sensibilità dei ricercatori sulle tematiche relative allo sfruttamento economico dei risultati della ricerca e l’altra diretta a creare una rete strutturata di interrelazioni tra Università e impresa. B) ITRASTE Oltre ad essere il titolo del progetto finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico, è anche il nome della società consortile a r.l. che gestirà l’incubatore d’impresa dell’Università degli Studi di Perugia, attivo a partire dalla metà del 2009: una realtà formata da 12 unità operative destinate ad accogliere le imprese in fase di start up e una rete di servizi prodotti e offerti alle imprese di matrice accademica. 5 C) Azioni Innovative E’ il programma della Regione dell’Umbria volto a valorizzare le attività di ricerca e promozione di spin-off industriali basate su tecnologie innovative. Il progetto ha la finalità di strutturare un modello di intervento mirato a favorire lo sviluppo di relazioni virtuose tra settori innovativi, imprese della regione e ricerca universitaria. Sono coinvolti nell’iniziativa insieme all’Università degli Studi di Perugia, Meta Group, Umbria Innovazione e BIC Umbria La manifestazione Start up dell’anno tenutasi a Perugia ed illustrata in queste pagine nasce per iniziativa dell’Associazione PNICube e dalla collaborazione con Ipi - Istituto per la Promozione Industriale; Unioncamere, CNR, Codau; CRUI, APRE, NETVAL, ed il sostegno economico di Regione Umbria; Comune di Perugia, Intesa-Casse del Centro; Gepafin; Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Perugia; Sviluppumbria S.p.a; Confindustria Umbria-Giovani Imprenditori; Camera di Commercio di Perugia, Indesit Company e Itraste: si è inteso con essa mettere a confronto le opinioni dei maggiori esperti in ambito nazionale e internazionale, istituzionali e privati in ambito di Trasferimento tecnologico e valorizzazione dei risultati della ricerca accademica. La scelta di premiare un’azienda e quindi, un “progetto di impresa che si è concretizzato”, rappresenta un messaggio esplicito in merito alla volontà dell’Associazione PNICube, che lo ha ideato e promosso, di volere sostenere le aziende neonate proprio nella fase più delicata del loro avvio, ovvero nel momento del passaggio dallo stato progettuale della business idea alla dimensione pratica e strutturata di unità produttiva pronta a consolidare la propria posizione, e a competere nelle migliori condizioni sul mercato. Il premio ad un impresa, eletta Start Up dell’anno in funzione delle performance realizzate nei tre anni successivi alla sua costituzione, è teso a dimostrare che esistono stabili e concreti spazi di concorrenza per le aziende nate dalla ricerca universitaria e, al tempo stesso, ad offrire precise informazioni in merito ai fattori critici di successo che consentono a realtà ad alto potenziale innovativo di affermarsi ed espandere i rispettivi spazi di mercato. Questo evento rappresenta quindi un’utile occasione di riflessione e confronto per quanto concerne le relazioni tra Università e industria, e sul valore strumentale che queste prospettano per la ricerca applicata, lo sviluppo economico e per quanto attiene ai riflessi sulla capacità competitività dei singoli Stati nazionali. Per questi motivi, il terzo Workshop annuale dell’Associazione PNI Cube costituisce una importante occasione di dibattito ed approfondimento delle tematiche relative a compiti e impegni che Atenei e incubatori universitari di impresa 6 sono chiamati ad affrontare nell’accompagnamento al mercato delle aziende nate dalla ricerca. Il Workshop 2008, intitolato “Incubazione….e dopo?”, mira in questo senso a sviluppare, in due sessioni (“La Post Incubazione” e “Politiche industriali per le Start Up innovative”), il dibattito concernente ciò che accade alle imprese spin-off della ricerca una volta terminata la fase assistita del loro sviluppo e cioè quando più immediato e complesso diventa l’impatto con il mercato. Lo studio e l’analisi dei modelli offerti da altri contesti nazionali, la definizione di strategie e best practice da condividere e la rilevazione di politiche industriali per l’accelerazione dei processi di crescita delle imprese ad elevato valore aggiunto costituiscono i temi su cui è necessario riflettere e indagare al fine di evitare che iniziative ad alto potenziale di sviluppo vengano vanificate a causa di inevitabili imperfezioni dei meccanismi di mercato e delle inefficienze dei sistemi di sostegno che ne dovrebbero agevolare la crescita. Gli interventi proposti nell’ambito del workshop sono stati raccolti anche quest’anno e per la terza volta, in una pubblicazione della Associazione PNICube al fine di testimoniare la sensibilità e l’impegno delle Università che ad essa aderiscono a favore dello sviluppo dell’attività di impresa, quale logica prosecuzione di alcuni ambiti di ricerca applicata. Ripercorrendo l’ordine di svolgimento delle sessioni e i contenuti emersi dal dibattito, questo documento può rappresentare uno spunto di discussione sull’ampliamento dei compiti istituzionali delle moderne università. Infatti, gli Atenei sono oggi chiamati non solo a fornire strumenti e contenuti didattici e a lavorare nella ricerca e nell’innovazione, ma anche ad offrirsi quale luogo di convergenza degli sforzi orientati a colmare il gap culturale, che frequentemente separa ancora la ricerca accademica dal mondo delle imprese ed imprimere in questo modo nuovi stimoli qualificanti al processo di sviluppo economico. 7 Indice Nota Introduttiva di G.Lorenzoni 1. 13 La Post Incubazione The “Post-Incubator” Era - Mark E. Coticchia 17 University Spinouts - Post Incubation - Tim Cook 21 La post-incubazione - Marco Cantamessa 27 La “Post-Incubazione” Riflessioni sui temi della tavola rotonda - Emil Abirascid 33 Post-incubazione. L’importanza di definire nuovi modelli di crescita - Graziano Dragoni 35 Incubazione…. E dopo? - Roberta Albanese 38 2. Politiche Industriali per le Start Up innovative Politiche industriali per le start up innovative: linee di tendenza e sviluppi futuri - Mauro Mallone 47 Le politiche industriali per le imprese spin-off - Andrea Piccaluga 51 Le politiche industriali a supporto dell’imprese innovative - Gilda Antonelli 61 L’evento Start Up dell’anno 2008 65 Premio Start Up dell’anno 2008 Presentazione delle imprese finaliste BMR Genomics S.r.l. 68 Dream S.r.l. 71 Thethis S.r.l. 74 Crest S.r.l. 77 Dialectica S.r.l. 78 Imaginary S.r.l. 78 Inova S.r.l. 79 LoBim S.r.l. 80 RoboTech S.r.l. 80 Presentazione PNICube 85 Nota Introduttiva G. Lorenzoni* Nell’esame dei fenomeni di trasferimento tecnologico e di creazione di impresa è opportuno tentare di rifuggire dai luoghi comuni che spesso accompagnano le nostre discussioni e le prese di posizione. 1. Il primo fra questi riguarda la mitizzazione dei blockbuster, cioè dei casi di crescita straordinaria e di capitalizzazioni macroscopiche in brevi intervalli di tempo. Rispetto al grande numero di nuove imprese che nascono la quota di blockbuster è irrisoria. Dobbiamo accettare che i nostri casi e le nostre imprese nascono piccole, alcune crescono e prosperano ma non arrivano alla celebrità, pur essendo un elemento strutturale del sistema industriale. 2. C’è un eccesso di enfasi sulle manovre di spin-off che peraltro mostrano risultati deludenti. Le opzioni di trasferimento tecnologico sono ben più numerose e statisticamente più frequenti rispetto allo spin-off. I Contratti di ricerca, i brevetti, le licenze sono molto complessi, non richiedono la creazione di organizzazioni dedicate, hanno modalità e perimetri di azione allargati. Gli ordini di grandezza sono da 2 a 100: solo in due casi su 100 vediamo perseguita l’opzione spin-off rispetto alle altre. 3. I processi e i progetti di trasferimento procedono a rilento e molti i cosiddetti spin-off non hanno dato luogo a creazione di impresa e così via. Questo apprezzamento non ci deve far dimenticare i risultati che la nostra piccola comunità ha comunque raggiunto; cinque anni fa non si parlava di incubatori, di premi per l’innovazione, di spin-off. Le riflessioni, gli esperimenti e le azioni sottostanti sono importanti anche se sono stati commessi errori: abbiamo davanti molto spazio per migliorare. * Gianni Lorenzoni: Presidente PNICube 13 La Post Incubazione Capitolo I Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia The “Post-Incubator” Era Mark E. Coticchia* Incubation alone is not enough for a company to succeed. This narrow concept of incubation needs to be expanded, improved, and refined. In order to have real success, there must be something more than simply incubating. The idea of a company benefiting from further involvement has evolved and spread into a type of collective realization that recognizes the need for assistance beyond incubation; it has led to a post-incubation era. In the United States, a three-dimensional model serves to illustrate the movement towards this postincubation era. The first dimension of incubating arose in the 1970’s, which involved developing a selection process to differentiate solid businesses from bad ideas, set up space, and offer equipment to fledgling companies. In the first dimension, companies tended to remain in the incubator stage indefinitely. To remedy this, a second dimension of incubating emerged in the 1980’s and early 1990’s to help incubator companies with their business plans, locating service providers, and occasionally offering money as grants or equity investments. However, business plans and inconsistent venture capital funds were not enough to turn a good technology into a great business. Additional steps were needed, leading to the practice of the third dimension of incubating. This model of incubating created an environment for high impact assistance and transformational change such that companies could truly grow and attract capital. Most incubators today are two-dimensional incubators, but the best among them are striving to become three-dimensional by implementing aggressive strategies when it comes to capital and talent. Capital and talent need to be defined, understood, and influenced in the postincubation stages. In order to create a regional culture that understands capital - the first major part of the three-dimensional model - there first needs to be a universal understanding of the stages of operations, stages of capital, types of investors, and industries. To help determine if a region needs growth, it should be compared to the amount of capital invested in various geographies from different sources such as angel investors, venture capital investors, government funds, and corporate funds. Once the sources of funding have been defined, the next step is to know and understand the environment while ensuring others * Mark E. Coticchia: Vice President of Research and Technology Management at Case Western Reserve University in Cleveland, OH. Previously, he has worked in industry, government, and other academic institutions. Throughout his career, he has held various engineering, marketing, and business development positions. In addition, he has been an entrepreneur and early stage venture capitalist. 17 Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia do the same; there are many resources available to better understand the funding climate. The key is to get involved and interact; conferences and online sources will help a company network and attract capital. An example of one such website is IdeaCrossing (www.ideacrossing.org), which is available to all individuals and organizations with an interest in supporting and promoting entrepreneurial activity. It is intended to help entrepreneurs find the assistance and investment capital they need to launch promising new business ventures. Additionally, IdeaCrossing serves the angel and venture capital community by identifying and screening new investment opportunities. Incentive programs are designed to attract venture capitalists to set up and invest in companies in an area. In Ohio, the Ohio Capital Fund offers $150 million for high-performing venture capital funds who set up office in Ohio or invest in Ohio companies. The State of Ohio has a Technology Investment Tax Credit program that offers a variety of benefits to Ohio taxpayers who invest in small research-and-development and technology-oriented firms. Understanding the funding climate is essential to attracting the necessary capital to build a successful company. It is very important to influence the company’s capital by meeting potential investors, while constantly informing them about the company’s deals and packaging them in an attractive manner. Power, politics, and influence are important assets that an External Finance liaison can bring to the company by traveling and pitching the company’s technologies. This person will help the company to figure out how to obtain investment incentive programs, how to use tax credits for individual investments in companies, and how to create incentives for venture funds to invest in companies in the local region or to locate offices there. The other major part of the three-dimensional incubation model is based on talent. Guidelines need to be set on how great talent is defined and can be found, the tradeoffs companies can and should make regarding talent, when and how companies should bring in talent, how great talent should be compensated, and so forth. The best candidates, the “A Players,” will demonstrate excellence in performance, vision, intelligence, leadership, drive, and track record; however, “B-” and “C Players” will only show a few of these traits. In order to be understood, talent needs to be tracked. Keeping a database of talented entrepreneurs and venture capitalists - as well as great service providers such as lawyers, marketing consultants, accountants and executive 18 Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia recruiters - will prove a beneficial tool. These people should not only have world-wide clientele and work with small to high growth companies, but they should be willing to do something economically special for the company, such as offering a discount, equity in lieu of cash, or to attend a board of directors meeting gratis. The final layer of talent should be with the company’s board of directors. These three to seven advisors will help the company by adding critical knowledge, credibility, structure, and accountability. Every service provider and layer of talent is integral to the growth of a company. While the three-dimensional model looks great on paper, it can truly be brought to life through examples. The following success stories illustrate how the three-dimensional model worked to develop two struggling cities in the United States into pillars of innovation. In the early 1990’s, Pittsburgh, Pennsylvania was an industrial city in the postindustrial era struggling with a declining population, a “brain drain”, with venture investment less than $20 million annually. In 1994, several researchers at Carnegie Mellon University (CMU) developed a technology to perform searches on the Internet, and they entered the incubator at CMU to build their company. Lycos, as the search engine would later be called, was aided by CMU throughout each of the three dimensions of the incubation model. In the first dimension, CMU provided Lycos with office space and equipment, and helped to file a patent application. In the second dimension, CMU assisted Lycos with their business plan, helped connect them with service providers, and invested $100,000 in the company. The third dimension proved very successful for Lycos. CMU raised $2 million in seed capital to fund Lycos and was subsequently able to invest more of the university’s money in the company. Additionally, an underwriter and management team was hired, and they were able to create a world-class board of directors. Lycos went public in 1996, and was eventually sold to Tera Systems for $1 billion. In 2001, the city of Cleveland, Ohio was facing many of the same issues Pittsburgh had in the last example: a history of heavy industry, experiencing a similar brain drain, and under $30 million in investment money annually; low confidence and poor attitudes were prevalent. The Northeastern Ohio region was struggling to attract capital and talent. In particular, Case Western Reserve University was underperforming, creating licensing revenues at only 50% of the national average. By employing the three-dimensional approach, Case 19 Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia Western was not only able to revitalize its own technology transfer system, but also create a foundation for the venture capital industry around Cleveland. During the first dimension, Case Western rebuilt its technology transfer office around four concepts: centralized function, customer service, staff who were business people, and the authority to move deals quickly. In its work in the second dimension, Case Western’s technology transfer office worked with two entities partially owned by Case Western: Edison Biotechnology Center and Enterprise Development. The real transformation was again seen in the third dimension with a focus on capital and talent. The Early Stage Capital Task Force, a group charged with defining the venture capital situation in Northeast Ohio, developed the Greater Cleveland Venture Capital report, which built collaboration, cooperation, and partnerships between research institutions, foundations, angel investors, venture capitalists, and the state. In addition, these partnerships were designed to reduce risk and increase deal flow in order to attract more venture capital and talent to the region. Out of this, two new entities were created: JumpStart and BioEnterprise. JumpStart is one of the most active seed-funding entities in America, and has invested in several of Case’s spinout companies. BioEnterprise is a business accelerator which has attracted over $585 million in capital to medically-oriented companies over the past four years. Together with Case Western and two neighboring hospitals, JumpStart and BioEnterprise have come to be called Northeast Ohio’s Innovation Network. The Innovation Network has not only turned Cleveland into a hotbed of investment - Cleveland now has more healthcare venture capitalists than anywhere else in the U.S. - but has also attracted talent to the area. The Innovation Network mainly develops and retains talent through the creation of policies and seminars that provide continuous support to researchers and startup companies in the area. Moving incubation and technology transfer to a three-dimensional model involves more than just editing business plans and offering office space. There exists a need for incubators to provide real knowledge, guidelines, and connections to capital and talent. Collaboration between research institutions, companies, and venture capitalists is the driving force behind offering these assets to companies. The process may not show immediate results; it may take 3-5 years to start to see progress. In this post-incubation era, a positive attitude and the willingness to experiment with new ideas are the keys to success as incubators begin to provide companies with more and more highvalue resources. 20 Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook University Spinouts - Post Incubation Tim Cook* The main difference between a university spinout and any other start up company is the obvious one that the spinout came from a university! This means that academics may still be involved as shareholders, executives or consultants. The university itself may also still be involved with a shareholding, with the company using university facilities, or the company placing contract research in the university. So, if we are to maximise our benefits from working with them, we must seek to understand both academics and universities. This article is mostly about post-natal care but first we need to look at the baby’s DNA. The different worlds of academia and industry When a company starts from a university the interested parties are the founding academics and a commercial manager who together prepare a business plan and start to look for investment. They each come from different worlds and it is helpful to look at their different characteristics. Industry is driven by external needs. A company has clear goals with commitments to its shareholders and companies operate under commercial confidentiality where they keep all the really valuable information secret. On the other hand, academic activity has to be largely self-directed, the next step defined by what was learned yesterday, and an academic career is measured by the quality and quantity of publicaOrthogonal Value Sets tions. Although each is consistent in itself these worlds are Bilingual Intermediary very different. Commercial axis These two value systems can be represented as Cartesian axes. Some think they should be diametrically opposed, pulling in opposite directions. My own view is that they are ac- Research Oriducts Licence or consultancy Academic axis € Research * Tim Cook: Oxford University, Director Isis Innovation, Visiting Professor in Science Entrepreneurship. 21 Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook tually orthogonal, meaning that they have no mutual projection, one onto the other. In other words the academic has little or no perception of the industrial value system and the industrialist has little or no perception of the academic value system (although both probably think they have a perfect understanding of the other!). To help build a productive relationship between these two civilizations I suggest that an intermediary with experience in both worlds can promote mutual trust between them, thereby stimulating constructive collaborations and generating licenses and consultancies. The academic axis turns money into research. The commercial axis turns research into products. If we are talking about a spinout company, rather than consultancy or licensing, there is a third axis. In addition to academia and industry there are investors. Investors are not the same as industrialists, as the diagrams illustrate. The investor axis is orthogonal to both the other two and so the intermediaries need to be fluent in three different languages, academic, commercial and investor. The Third Axis Commercial axis Bilingual Intermediary Trilingual Intermediary Academic axis Spin-out Investor axis € €€€ The different characteristics of the three value systems can be illustrated as follows: The researcher is an insider with one major research interest, the industrial manager is an insider, working for an industrial company, and the investor is usually an outsider with many diverse interests. For a researcher, the route forward is undefined at the start of the process, since the map of the territory over which he is to travel has yet to be drawn. Conversely in the world of industry there must be a coordinated corporate plan and coherent activity between all the different parts of the organisation. An investor’s strategy is to evaluate opportunities, invest in some of them and monitor the performance of the investments. If it is not working, the researcher has to find a work-around. If it is not working, the industrial manager has to fix the problem. If it is not working, the usual advice to investors is to sell. 22 Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook Three value systems Researcher Industrial Manafer Investor Insider Insider Outsider One major interest One company Lots of concurrent activities • Route is undefined at the start • Coordinated plan • Choerent activity • Evaluate • Invest • Monitor If it’s not working find a workaround If it’s not working fix it If it’s not working get out Company development over time Over time the influence of these Manager three tribes in the operation of the company changes. The relative perInvestor centages vary widely between different companies. This diagram shows Academic a spinout where the driving force is initially the academic who works with a manager to raise investment. Then over the first two years, as the investors put in more money, they increase their influence over the company and may eventually replace the manager with one of their own appointment. It is useful to divide the formative stages of a spinout company into three distinct types of activity and look at the skills, motivation and rewards of the protagonists in each activity. The skills required by researchers are research, the skills required by technology transferors are building relationships and the skills required by active shareholders are to drive the management of the companies in which they 23 Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook Different types of activity and advisors Spinout Company Clean IPR Growing Company Protagonists Researchers Technology Transferors Active shareholders Skills required Research Relationship building Driving management Main motivation Research activity Technology transfer Carried interest Main reward Research results Technology transfer Wealth have invested. The main motivation of researchers is research activity, that of tech transferors is technology transfer. The main motivation of shareholders is their carried financial interest in the company. The reward of researchers is research results, that of tech transferors is seeing technology successfully moved from the laboratory to the market place. The active shareholders’ reward is wealth. The researchers transfer “clean” intellectual property rights to the tech transferors. “Clean” does not necessarily mean that others (e.g. research funders) do not have shares in the rights, but it does mean that such shares are clearly defined. The tech transferors deliver a spinout company to the active shareholders who are then responsible for growing it. Spinout Managers When my partners and I started Oxford Asymmetry, I undertook to manage it for three months while we recruited a managing director with appropriate technical and marketing experience. Oxford Asymmetry was an advanced chemical company serving pharmaceutical industry markets and my experience had all been in physics and engineering based 24 Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook businesses. In fact it took two years to recruit an appropriate chief executive, so I had to manage the company for those two years. However this did not seem to prejudice the company’s success and one of my co-investors came up with the following explanation as to why: When the task is to get the rowing boat away from the beach, the required direction of travel is clearly defined (away from the beach). It does not require knowledge of global navigation or world pharmaceutical markets. However when the boat is clear of the land, the required direction of travel is not obvious, it can go north, south or east and it needs a captain who is competent in global navigation. But by this time the company has grown into a bigger boat, so it is easier to attract a leader with appropriate skills. Spinout Cash flows This chart shows cash flow Cash flow profiles for spinouts profiles for spinout companies. Curve a is the “European” moB del with small investment and modest returns. Curve b is D the “California” model where A $25 million goes in on day 1 and everybody gets rich quick. Cumulative Net cash in Curve c is more common, but Time less popular. This is where the company spends the $25 million and then asks the investors for some more. Curve d is generally what happens with C Oxford University spinouts. The first two years are funded modestly by business angels and the company raises significant second round finance from either venture capital companies or an initial public offering (IPO). This transition often corresponds with the end of the rowing boat. Either the new investors wish to appoint their own manager for the company or the company appoints a new chief executive who then raises the investment. 25 Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook Regime change Somewhere around the end of year two the company should have developed its own business plan which may well be significantly different from the original business plan at day 1, the team should be near complete, it may or may not have the leader in place to take it to the next stage. So we should expect a change in management and a change in investors. Both of these are potential danger spots. We must recognise that the new investors may think differently from the seed investors. We must recognise that the new manager may think differently from the “rowing boat manager”. Indeed this is why we have recruited them. It is important to spend effort ensuring that all members of the company management understand why these changes are important. Always avoid the temptation to use one value system in the other environments (academic, manager, investor). This is very difficult and may require significant diplomatic skill. Intermediaries (including incubator managers) must have a profound understanding of each of the three cultures (academia, commerce and investor). It is a similar skill to being able to explain German attitudes to life in French to a Frenchman, explain French attitudes to life in German to a German, and explain both German and French attitudes to life in Dutch to a Dutchman. Isis Project Managers have PhDs in Science with experience in the commercial world, and the Isis team also contains individuals with investment experience so they can speak to the academics, the managers and investors each in their own language Summary Spinouts involve more than one value system (academic, commercial and investor) and this is a challenge for managers and advisors. Significant benefits can be won by understanding this because we are investing in an asset, university research, which is commercially under exploited. Failing to understand it may prove fatal because social breakdown is probably the most common failure mode in a start-up company. Dealing with a University is tricky because commercialisation is not a University’s main priority, having spent centuries getting good at teaching and research, therefore the university may not understand your commercial priorities so it’s up to you (and your advisors) to help them Managing your relationship with a University can be likened to leading an elephant with a thin rubber band. My advice to those seeking to transfer technology from a university is to walk along with the elephant in whichever direction it chooses to go until it gets used to you. Then start to pull gently on your rubber band. If you pull too hard or too suddenly you will break your rubber band and have no further influence over the elephant. 26 Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa La post-incubazione Marco Cantamessa* Abstract L’intervento discute i problemi che influiscono sulla crescita delle startup hitech attingendo sia dalla letteratura che dall’esperienza pratica maturata in questi anni. Da tali considerazioni emerge l’ipotesi che la crescita delle imprese nel periodo di post-incubazione debba cercare le proprie radici in una adeguata predisposizione dell’impresa già nel periodo di incubazione. Ciò passa dalla fornitura di servizi a valore aggiunto e di alto livello e da un intervento “partecipativo” dell’incubatore alla vita aziendale. Come conseguenza, gli incubatori devono creare nel proprio staff interno e soprattutto nelle reti che fanno riferimento ad essi un insieme variegato e di alto profilo di competenze, che siano tali da spronare e aiutare gli imprenditori a porsi obiettivi ambiziosi e a perseguirli. In questo modello “partecipativo”, è necessario capire quali dimensioni della struttura di incubazione possono rendere efficace ed economicamente sostenibile una attività di alto profilo. Introduzione Quando mi è stato chiesto di intervenire a questo Workshop, ho visto nel tema da trattare un problema e una sfida: stiamo appena imparando a gestire il processo di incubazione, e già parliamo delle attività successive, sulle quali vi sono ancora così poche esperienze? Allo stesso tempo, mi sono però reso conto che questo tema va in effetti trattato, innanzitutto perché i nostri “clienti” iniziano a crescere e a uscire dagli incubatori, per cui è necessario capire e decidere se e come intendiamo continuare a offrire loro un servizio di post-incubazione. Allo stesso tempo, sono convinto che favorire il successo delle startup nel periodo immediatamente successivo all’incubazione possa costituire la miglior pubblicità che possiamo fare agli incubatori universitari, se vogliamo favorire un afflusso di idee d’impresa sempre migliore per quantità e qualità. * Marco Cantamessa: Presidente I3P, Politecnico diTorino. 27 Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa Cosa ci dice la letteratura Se si guarda alla teoria e alla ricerca accademica, ci si accorge che far nascere imprese e anche farle sopravvivere non è difficile: il vero problema consiste nel farle crescere rapidamente a livello industriale. Ma, a essere onesti, è proprio questo l’obiettivo che dovremmo porre davanti a noi stessi, se vogliamo giustificare l’esistenza del nostro ruolo. Qual sarebbe infatti il valore economico e sociale da noi creato, se dovessimo constatare che le imprese che escono dai nostri incubatori non riescono ad andare al di là della semplice “soluzione di auto impiego”, oppure di una specie di “studio professionale associato” un po’ più evoluto che in passato? La ricerca empirica sulle high-growth hi-tech companies è assai ricca, ed è unanime nell’indicare che i problemi della crescita sono raramente di natura tecnologica. Riporto di seguito alcuni risultati che ritengo rilevanti in questo senso, e nei quali si evidenziano i principali fattori di successo (avviso però che una literature review rigorosa richiederebbe di dettagliare alcuni elementi ulteriori, in particolare per giustificare l’accostamento tra questi risultati). Mc Dougall et al. (1994) mettono l’accento come un forte orientamento al mercato (e non esclusivo alla tecnologia), così come l’adozione di strategie che non siano puramente di nicchia, siano fondamentali nel determinare il successo delle imprese. Su questa linea, Smallbone et al. (1995) mettono in luce la necessità di dare adeguata attenzione al business development (e non solo alla semplice vendita) e allo sviluppo organizzativo, nel quale hanno un ruolo fondamentale i meccanismi di delega che il team imprenditoriale deve imparare a gestire. Berry (2002) si concentra invece sul ruolo del business plan non solo all’avvio dell’impresa, ma soprattutto come costante punto di riferimento dell’agire quotidiano, e sulla necessità di sottoporlo a revisione a intervalli regolari e con uno sforzo partecipativo da parte del team imprenditoriale. Beekman e Robison (2004) si concentrano sull’importanza delle relazioni lungo la catena del valore, mostrando come la capacità di interazione sia critica per la crescita aziendale. Kim e Mauborgne (1997), pur con un taglio meno accademico e non concentrandosi in modo esclusivo sulle piccole imprese, mettono infine l’accento sulla necessità di orientarsi verso una creazione innovativa di valore per il cliente, evitando al contempo di “intrappolare” l’impresa nei meccanismi di imitazione competitiva delle imprese del settore, meccanismi che non possono che risultare deleteri per le imprese nascenti e che si trovano a doversi misurare con concorrenti più grandi. 28 Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa Cosa ci dice la pratica L’esperienza pratica e quotidiana che emerge dal nostro lavoro a contatto con le imprese sostanzialmente conferma gli aspetti evidenziati dalla letteratura. In I3P abbiamo l’esperienza di 96 imprese nate, di cui 45 sono in fase di incubazione, 45 sono ormai uscite e 6 sono state liquidate. Tra di esse abbiamo qualche storia di buon successo o altamente promettente (nel 2006 le prime 12 imprese avevano fatturato complessivamente 11 M€ e impiegavano 130 addetti), qualche “occasione mancata” (imprese che avevano un forte potenziale di crescita, ma si sono progressivamente “ripiegate su se stesse”) e parecchi imprese “ferme”, destinate di fatto a non crescere ulteriormente. Immagino che il quadro sia più o meno simile presso altre realtà non solo in Italia ma anche all’estero. Ora, se si analizzano gli ostacoli alla crescita che emergono dall’esperienza, si può pensare di strutturarli su tre livelli. In primo luogo, alcuni ostacoli sono legati alle stesse figure degli imprenditori, alla carenza di obiettivi personali ambiziosi (ci si accontenta sovente dell’”auto impiego”, o poco più), alla carenza di competenze, ma anche all’inerzia (o alla paura) che si dimostra nell’affrontarle. Questi gap di competenze vanno dagli skill individuali (es. la capacità di approcciare un potenziale cliente, o la timidezza nell’andare a presentarsi all’estero, ecc.), alle conoscenze in campo amministrativo (es. la capacità di gestire il cash flow dell’impresa) alle competenze più propriamente manageriali (es. la gestione dei progetti e risorse, la formulazione e l’attuazione di strategie, ecc.). Come conseguenza, gli imprenditori tendono a continuare a fare ciò che sanno fare bene (tipicamente, il miglioramento delle tecnologie e la ricerca di commesse), e non ciò che sarebbe strategicamente utile (cioè industrializzare prodotti, produrli e andare a venderli). In secondo luogo, alcuni ostacoli sono presenti nelle stesse imprese, con team imprenditoriali incompleti e sbilanciati sul versante tecnico, la contemporanea difficoltà ad attrarre e inserire figure manageriali, una scarsa capitalizzazione (per cui si cercano commesse nella speranza di finanziare con esse lo sviluppo prodotto), una struttura amministrativa poco sviluppata (il che rende l’impresa poco governabile e anche poco trasparente agli occhi di eventuali finanziatori), una ridotta attenzione all’internazionalizzazione, e uno scarso valore attribuito alla strategia aziendale come elemento di governo dell’impresa. Sono infine presenti ben noti “ostacoli di sistema” tipici del nostro paese, dei quali è forse inutile lamentarsi ma è opportuno prendere coscienza, in modo tale da poter eventualmente attuare interventi di lobbying: la forte tassazione sui redditi d’impresa, sul lavoro e sui capital gain (il che incide 29 Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa particolarmente sulle professionalità “alte” che più servirebbero alle startup per poter crescere), termini di pagamento lunghi e incerti e sui quali è illusorio il ricorso alla giustizia, la mancanza di politiche di procurement pubblico orientate all’innovazione, la complessità amministrativa delle molte misure di supporto all’innovazione, la sovente difficile relazione con gli atenei nel caso delle spinoff universitarie, il tutto unito a una scarsa propensione al rischio e a un giudizio sociale ambiguo verso i temi dell’impreditorialità e della ricchezza personale. Cosa fare Se si guarda a questi ostacoli, si comprende immediatamente come la loro soluzione non possa essere ricercata nella fase di post-incubazione, ma vada anticipata già nella fase di incubazione. Ritengo che non si debba pertanto avere paura ad attrezzare le imprese con dotazioni robuste, anche in anticipo rispetto alla loro crescita, sia per formare adeguatamente l’imprenditore, sia per evitare di dover cercare queste “dotazioni” quando se ne avrebbe bisogno, ma non c’è più il tempo per farle proprie. Esempi sono l’impostazione di una gestione amministrativa e contrattuale ordinata, eventualmente supportata da strumenti informatici sin dalle prime transazioni, la conduzione di colloqui con potenziali clienti e con possibili responsabili e agenti commerciali quando ancora lo sviluppo prodotto è in atto, il presentarsi frequentemente a potenziali investitori, e così via. Se è vero che la crescita aziendale che avverrà dopo della fase di incubazione affonda le proprie radici sin dai primi passi mossi dall’impresa, è evidente che ciò comporta un diverso ruolo per l’incubatore, aspetto questo che è stato messo in evidenza dal nostro primo relatore nel suo proporre “tre dimensioni” dell’incubazione d’impresa. Non solo servizi immobiliari, non solo consulenza e valutazione a livello di business plan, ma anche fornitura di servizi professionali a valore aggiunto. A queste “tre dimensioni” lasciatemi aggiungere un aspetto che ritengo importante, e che consiste nella capacità dell’incubatore di farsi parte attiva e forse anche un po’ invadente nella vita dell’impresa: penso che l’incubatore non debba limitarsi ad essere una sorta di “albergo” o “villaggio vacanze” dell’imprenditoria, ma debba porsi più come “centro addestramento reclute” o “accademia militare”… luoghi certo non comodi e ameni nei ricordi di chi ci è passato in gioventù, ma essenziali per preparare gli ospiti alle attività che verranno dopo. Non a caso, molte iniziative di incubazione d’oltreoceano utilizzano termini come Bootcamp, Seedcamp, e così via. 30 Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa Presso I3P stiamo strutturando parecchi di questi servizi a valore aggiunto e ottenendo discreti risultati. Nel supporto al business planning insistiamo parecchio sul “progettare imprese” in modo da coniugare realismo e ambizione, e immaginando modelli di business che permettano una crescita sostenuta, siano facilmente scalabili e attraenti per investitori esterni. Dopo aver redatto il business plan aiutiamo gli imprenditori a irrobustire il team con mentor e business angel e a reperire finanziamenti equity dagli stessi business angel, da fondi di seed venture capital, oppure da investitori industriali. A impresa costituita vengono offerti servizi professionali specialistici (amministrazione, legale, personale), i tutor dell’incubatore seguono gli imprenditori nell’esecuzione e nella revisione del business plan, viene favorito l’accesso a linee di credito a condizioni particolari presso istituti bancari convenzionati, vengono segnalate occasioni di finanziamento pubblico, fornite svariate occasioni di networking e promozione commerciale in Italia come all’estero (es. partecipazione a fiere, matching events, ecc.), creati contatti utili per il recruitment di personale di diversi livelli. Sempre su questa linea, abbiamo in cantiere alcuni progetti finalizzati ad aumentare il numero e il livello qualitativo dei servizi offerti, soprattutto nelle aree amministrativa, gestionale e commerciale, così che questi servizi possano non solo irrobustire ulteriormente le imprese incubate, ma eventualmente essere proposti anche alle imprese nella fase di post-incubazione. Come strutturarsi E’ chiaro che è impossibile per un incubatore strutturarsi in modo da erogare direttamente un simile portafoglio di servizi. Al contrario, è necessario adottare un modello organizzativo e di business “a rete” che in I3P ritengo sia ormai implementato con discreto successo, nel quale l’incubatore si concentra su alcuni servizi core difficili da reperire sul mercato (tipicamente lo scouting e il tutoring nei confronti degli imprenditori) e si mette in relazione con partner qualificati per l’erogazione degli altri servizi, operando (mi si perdoni la banalità dell’esempio) come una sorta di “agenzia matrimoniale”. Ciò spiega, nel caso di I3P, il legame con il Polo del Venture Capital (che include investitori che vanno dai business angel ai grandi fondi di VC), le convenzioni con società di consulenza amministrativa, studi legali e istituti bancari, la partecipazione a progetti internazionali, la promozione di eventi di networking e un continuo instancabile intessere rapporti con enti e individui interessati a ciò che avviene nell’incubatore. In un modello operativo di questo genere è evidente che emergono alcuni scogli da superare. Il primo è legato alle professionalità: 31 Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa per avere successo, il personale degli incubatori deve realmente mettersi in partnership con gli imprenditori, condividerne gli obiettivi e talora addirittura anticiparli. E’ un abito mentale che evidentemente è più vicino a quello del consulente aziendale che a quello del funzionario di un ente pubblico o a partecipazione pubblica, e che richiede competenze gestionali “a tutto tondo” difficili da ottenere sul mercato. Il secondo scoglio è legato alle dimensioni: nei servizi erogati direttamente dall’incubatore la qualità del servizio richiede un minimo di specializzazione, ma questa viene giustificata solo dalla presenza di un numero adeguato di business plan e di imprese. Nei servizi erogati dalla “rete”, questa riesce invece a rimanere attiva e a mantenere vivo l’interesse dei partner solo se il loro numero e la loro qualità è sufficiente a creare un mercato sufficientemente “liquido” di domanda e offerta di servizio. Da questo punto di vista in I3P ci sentiamo forse un po’ sottodimensionati, e iniziamo a comprendere il motivo per cui in alcuni paesi europei, come ad esempio la Finlandia e il Regno Unito, ci si stia indirizzando verso la costituzione di “imprese di gestione” che seguono più siti di incubazione, ottenendo forti economie di scala ed esternalità di rete. Riferimenti Beekman A.V., Robinson R.B., 2004, ”Supplier Partnerships and the Small, High-Growth Firm: Selecting for Success”, J. of Small Business Management, 42, 1, 59-77. Berry M., 2002, “Strategic planning in small hi-tech startups”, Long Range Planning, 31,3, 455-466. Kim W.C., Mauborgne R., 2004, “Value Innovation: The Strategic Logic of High Growth”, Harvard Business Review, January-February 1997. McDougall, P. P., Covin, J. G., Robinson, R. B., Jr., & Herron, L., 1994, “The effects of industry growth and strategic breadth on new venture performance and strategy content”, Strategic Management Journal, 15:,537-554. Smallbone D., Leig R., North D., 1995, “The characteristics and strategies of high growth SMEs”, International Journal of Entrepreneurial Behaviour & Research, 1, 3, 44-62. 32 Capitolo I - La Post Incubazione | Emil Abirascid “ la post-incubazione ” Riflessioni sui temi della tavola rotonda Emil Abirascid* L’incubatore, un po’ come l’investimento seed, aiuta le start-up a muovere i primi passi, a sbocciare, a uscire dal bozzolo. L’investimento seed capital, mediamente alcune centinaia di migliaia di euro, dopo un po’ non basta più, appena l’azienda cresce deve iniziare a pensare a un secondo round più corposo rivolgendosi, tipicamente, a un venture capital. L’incubatore deve funzionare nel medesimo modo: dopo il primo periodo la start-up deve uscire e muoversi sul mercato in autonomia e con le sue risorse. In linea teorica il periodo massimo di residenza in un incubatore non dovrebbe superare i tre anni, ma le eccezioni non mancano. Non è un bene che una start-up che magari è prossima al secondo round di finanziamento continui a vivere nell’incubatore. Certo i fattori da valutare sono diversi: le imprese delle biotecnologie hanno bisogno di tempi più lunghi rispetto a quelle, per esempio, dell’information technology; l’incubatore è un luogo dove è facile fare rete e dare vita a collaborazioni ed è foriero di opportunità, di contatti. Serve quindi una maturazione nelle modalità di gestione degli incubatori i quali devono definire politiche chiare e fare in modo che le imprese che crescono diventino indipendenti (o muoiano nel caso non siano riuscite a sviluppare il loro business in tempi accettabili). Gli incubatori gestiti da Università ed enti pubblici devono attuare tali politiche al fine di essere in grado di fornire i loro servizi a nuove start-up che si presentano sul mercato, gli incubatori privati, ancora una rarità in Italia, devono farlo per una questione di business: solo lanciando le start-up sul mercato per accelerane i processi di business e quindi i successi commerciali hanno la possibilità di rientrare degli investimenti e quindi destinare nuove risorse a nuove start-up. La post-incubazione è quindi un aspetto dell’ecosistema dell’innovazione che ancora è alla ricerca di linee guida condivise, c’è per esempio chi sostiene che sarebbe giusto creare incubatori specializzati, in Ict, biotecnologie o nanotecnologie per esempio, chi invece afferma che mischiare start-up di diversi settori consente contaminazioni interdisciplinari che si traducono in valore aggiunto. Di sicuro c’è che bisogna creare occasioni fuori dagli incubatori per continuare a offrire alle start-up occasioni di incontro con potenziali partner industriali e finanziari. * Emil Abirascid: Giornalista collab. Sole24ore. Coordinatore della tavola rotonda. 33 Capitolo I - La Post Incubazione | Emil Abirascid In occasione della seconda edizione del premio Start-up dell’anno svoltasi a Perugia ho moderato l’incontro dedicato proprio alla post-incubazione al quale hanno partecipato Marco Marzano de Marinis della World intellectual property organization, Graziano Dragoni della Fondazione Politecnico di Milano che ospita l’acceleratore d’impresa, Paolo Cattapan dell’Area science park di Trieste e Roberta Albanese della Città della Scienza di Napoli. Le considerazioni emerse sono apparse tutte piuttosto condivise e in linea con l’idea che è certamente importante sostenere le start-up con supporti finanziari e non, nelle fasi di avvio, ma è anche fondamentale non cadere nella trappola dell’eterna fase di avvio, della ‘start-up bambocciona’. Gli incubatori hanno un ruolo chiave in questo senso, devono lavorare per trasmettere ai neo-imprenditori che la crescita (o il fallimento) fa parte del processo e deve essere affrontata e gestita, deve essere parte integrante delle strategie di sviluppo unitamente a quelle di realizzazione dei prodotti e dei servizi o quelle commerciali. 34 Capitolo I - La Post Incubazione | Graziano Dragoni Dall’incubazione alla post-incubazione. L’importanza di definire nuovi modelli di crescita Graziano Dragoni* Da ottobre 2007 la Fondazione Politecnico di Milano1 ha preso in gestione l’Acceleratore d’Impresa del Politecnico di Milano, chiudendo un percorso che ha rafforzato prima i rapporti con le grandi realtà produttive, poi con le piccole e medie imprese (con l’acquisizione del Consorzio Politecnico Innovazione, oggi Alintec) e che ora vede l’aggiunta di un ultimo tassello: quello della giovane imprenditoria. La Fondazione Politecnico di Milano, operativa dal 2003, è uno strumento agile voluto dall’ateneo e da nomi importanti – aziende come Pirelli, A2A, Indesit Company, Siemens, IntesaSanpaolo; un’istituzione come la Camera di Commercio di Milano; realtà locali come la Regione Lombardia, la Provincia di Cremona, i Comuni di Cremona e Piacenza, Univercomo e Univerlecco – per contribuire alla crescita economica e culturale del sistema paese. La Fondazione si affianca al Politecnico, lo avvicina ancora di più alle realtà produttive, lo rende più raggiungibile, rinnova cioè il rapporto con la comunità esterna. La Fondazione è uno strumento dinamico e pratico, capace di aprire ai soggetti imprenditoriali e alle pubbliche amministrazioni le porte della ricerca avanzata, di elaborare piani, di stimolare e supportare lo sviluppo di strutture e competenze di eccellenza. Con la gestione dell’incubatore, la Fondazione punta alla valorizzazione imprenditoriale di idee innovative, che spesso nascono in contesti tecnologici giovani e informali, dando fiducia a chi per la prima volta si affaccia sul mercato. Intendiamo cioè adoperarci per inserire l’Acceleratore d’Impresa all’interno di una rete di rapporti avviati e duraturi: grandi nomi, potenzialmente interessati ad investire nella nascita e nello sviluppo di nuove idee; piccole e medie imprese, con le quali dar vita a collaborazioni e iniziative di successo; enti e istituzioni internazionali, per entrare a far parte di un sistema europeo particolarmente attivo. E’ poi fondamentale dare maggiore visibilità alle aziende incubate nei confronti del venture capital, delle associazioni imprenditoriali, dei media. Diverse le occasioni di incontro nel piano di comunicazione avviato nel 2008: appuntamenti B2B, seminari su tematiche specifiche di ausilio alle imprese incubate (aspetti gestionali, finanziari e di marketing); convegni aperti al pubblico. Ma non solo... la Fondazione si impegna, in particolar modo, a * Graziano Dragoni: Direttore generale Fondazione Politecnico di Milano 1. www.fondazionepolitecnico.it 35 Capitolo I - La Post Incubazione | Graziano Dragoni creare un legame solido e continuativo con il mercato finanziario, con particolare attenzione al seed capital, strumento ancora poco noto nel contesto europeo e ancor di più in quello italiano. Cito, a titolo di esempio, il caso di Finlombarda – che ha presentato da poco un nuovo fondo di investimento da 10 milioni di euro2 – con la quale ci stiamo attivando per sviluppare politiche di crescita condivise. Nato nel 2000, l’incubatore del Politecnico di Milano conta oggi quattro sedi – Milano Bovisa, Milano Gran Sasso, Como e Lecco – 18 startup e 7 spin-off, che operano principalmente nei settori: ICT; elettronica, energia e ambiente, nuovi materiali; ingegneria biomedica. La struttura è supportata dal Comune di Milano, dalla Camera di Commercio di Milano, dalla Regione e dalla Provincia di Milano. Delle 45 aziende che negli ultimi 8 anni si sono avvalse degli spazi e dei servizi dell’incubatore, alcune si sono distinte per fatturato e per i risultati raggiunti in termine di innovazione tecnologica. Sono questi i casi di: Wireless Business Solutions, che oggi conta, oltre alla sede di Milano, anche quella di Boston e una rete commerciale che, fatta accezione per l’Asia, si estende a tutto il mondo; Neptuny, azienda che celebra un giro d’affari di cinque milioni di euro e un aumento dei ricavi del 77% in cinque anni. Giunti a questo stadio di maturazione, è evidente che non possiamo eludere la questione “spinosa” del tempo di incubazione. Personalmente, non sono d’accordo con chi vuole fissare un limite temporale, che di per sé risulterebbe relativo. Piuttosto, credo che il periodo di permanenza vada stabilito in rapporto a diversi parametri, che vanno dal settore di riferimento – è logico supporre che le biotecnologie abbiano tempi di progressione diversi dall’ICT – allo sviluppo del modello di business, e via dicendo... Inizialmente il periodo di incubazione era stato fissato a 2 anni, più uno aggiuntivo di rinnovo. A distanza di poco ci siamo resi conto che porre un limite temporale non risultava funzionale alla crescita. Per questo abbiamo adottato un certo laissez faire, una politica di non intervento, lasciando che le imprese trovassero da sole la giusta misura. Ma perché, anche quando potrebbero (vedi i casi citati sopra) non abbandonano l’incubatore? Non penso si tratti di “comodità” - gli spazi iniziano ad essere stretti - o per incapacità di affrontare il mercato - i servizi di consulenza, utili in una fase d’avvio, sarebbero a questo stadio superati. Al contrario, non lasciano gli spazi del Politecnico perché la loro capacità non solo di sopravvivere, bensì di emergere e di affermarsi, è esattamente proporzionale alla vicinanza e alla comunanza con il mondo della ricerca. Molte di queste realtà, che, non dimentichiamolo, fanno dell’innovazione un elemento di business, devono po- 2.L’iniziativa, rende disponibili investimenti di seed capital da 150mila euro al massimo, che le neo aziende potranno restituire entro 18 o 36 mesi e che, in caso di insolvenza, saranno considerati a fondo perduto. 36 Capitolo I - La Post Incubazione | Graziano Dragoni ter accedere ai laboratori, ai dipartimenti, entrare in contatto con ricercatori e studenti che ogni giorno respirano e rivitalizzano il clima della ricerca. Un ambiente stimolante, capace di generare nuove idee, deve rappresentare per le start up ad alto livello tecnologico una sorta di garanzia, di dato di fatto. Immetterle nel mercato troppo presto significherebbe limitarne fortemente la crescita. Per questo preferisco parlare di post-incubazione. La Fondazione, in collaborazione e per conto dell’Ateneo, sta mettendo a punto la progettazione e la successiva realizzazione del futuro Science Park della città di Milano, che avrà sede negli spazi del Politecnico, presso il quartiere di Bovisa. Qui nasceranno Joint Research Center che uniranno grandi aziende, ricercatori, docenti universitari e start up in un unico contesto, per dar vita a un ambiente stimolante che faciliti la circolazione delle idee e la realizzazione di progetti congiunti su temi di forte richiamo (i primi due ad esser stati individuati sono l’energia e i trasporti). A questo punto si tratterebbe di stabilire percorsi di sviluppo differenti tra le aziende ospitate: quelle incubate, alle quali verranno concesse determinate possibilità e altrettanti servizi, e quelle post-incubate, che a loro volta avranno esigenze diverse e che, soprattutto, potranno essere parte attiva nella crescita delle aziende più giovani, inserirendosi, allo stesso tempo, in un contesto di grandi nomi che faccia lordo da volano. In breve, si tratterebbe di un meccanismo virtuoso che, se ben congeniato, potrebbe auto sostenersi. 37 Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese Incubazione…. E dopo? Roberta Albanese* L’obiettivo del presente documento è quello di descrivere, per linee essenziali, le principali problematiche che affrontano le start up, insediate in strutture di incubazione, nel momento in cui si trovano a dover fare “il salto”, verso una fase più evoluta di sviluppo, che è quella della Post incubazione. Il tema sarà sinteticamente commentato nell’ambito del modello di intervento dell’Incubatore di Città della Scienza, che è parte di una struttura tecnica di servizi, il BIC, caratterizzata per il suo insediamento in un’area industriale dismessa nella zona occidentale di Napoli. Parlare di Incubazione, significa fare riferimento principalmente ad un sistema articolato di servizi che accompagnano tutto il processo di “creazione di impresa”: dalla’idea di impresa, alla definizione della compagine imprenditoriale, ai servizi per lo start up, al sostegno finanziario, alle politiche di “fuoriuscita” delle start up cresciute all’interno di Incubatori. Quindi, una combinazione “unica e flessibile” di “processi e politiche di sviluppo per le imprese, infrastrutture e persone”, designata a supporto degli imprenditori (e potenziali tali), e per favorire la crescita e lo sviluppo di start up innovative. Gli Incubatori, infatti, sono strumenti fondamentali per la creazione e lo sviluppo di impresa, nonché importanti “strumenti di politica economica”, a sostegno della crescita economica di un paese. Essi fungono da significativa politica di intervento per sostenere la fase più critica di avvio dell’attività imprenditoriale (start up), il cui principale obiettivo è quello di essere “uno strumento economico di sviluppo, disegnato per accelerare la crescita ed il successo di compagini imprenditoriali attraverso l’offerta di risorse, spazi di insediamento e servizi di supporto al business, nonché opportunità di networking con le altre aziende incubate” (NBIA – National Business Incubation Association, 1998). Tra i principali benefici che gli Incubatori apportano al territorio e allo sviluppo locale, si menzionano: • l’ incremento dei “tassi di sopravvivenza” delle imprese start up (che registrano elevati tassi di mortalità “infantile”, soprattutto nei primi due anni di vita), • la creazione di nuovi posti di lavoro (creazione di ca. 80 nuovi posti di lavoro * Roberta Albanese: Economista, Responsabile di Creazione di Impresa e Incubatore, Business Innovation Centre (BIC) di Città della Scienza, dal 2007. Esperta di Creazione e Sviluppo di Impresa ed Organizzazione aziendale, si occupa degli aspetti relativi al coordinamento e alla gestione delle attività connesse all’Incubatore di Città della Scienza. 38 Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese e mantenimento di ca. 162 unità lavorative per ogni Incubatore europeo in media ogni anno; Osservatorio EBN, 2005) • il raccordo tra il mondo delle Imprese e quello della Ricerca/dell’Università, (per favorire e supportare il trasferimento di idee e/o prodotti al mercato attraverso il sostegno alla creazione e sviluppo di imprese spin off). Segnali forti al sostegno all’innovazione e alla nascita d’imprese innovative, come leva fondamentale per contrastare la concorrenza globale e favorire lo sviluppo socio economico del territorio, ci vengono anche dalla attuale Programmazione Regionale 2007-2013 (FESR, PASER, ...), che invita i territori a far emergere la capacità d’innovazione, ricerca e creatività, nonché crescita e competitività dei mercati locali, allo scopo di stimolare l’imprenditorialità, sotto il profilo economico, sociale e ambientale. Per quanto riguarda il nostro territorio, la Campania funge da “volano per lo sviluppo e la diffusione di innovazione tecnologica tra le regioni meridionali, come principale polo di ricerca del mezzogiorno, grazie alla presenza di numerose Università, Centri ed enti Pubblici di Ricerca” (fonte ENEA, A.Dhorn, Inaf, Ifm, 2006). Inoltre, in riferimento al sistema produttivo locale, l’industria campana è tornata a crescere dopo due anni di calo, con una ripresa in termini di competitività sui mercati (nazionale ed estero), e la regione vanta una forte vivacità imprenditoriale, facendo registrare un saldo positivo della creazione d’impresa: • l’indice di natalità delle imprese campane è pari all’1,34% (superiore sia alla media del Sud, +1,14%, che a quella nazionale, +1,12%; ISTAT 2006) • le imprese della Campania che hanno dato inizio alla loro attività sono 7.197 contro le 4.833 che risultano cessate (con un indice di rinnovo pari a 149, il che significa che per ogni 100 imprese cessate se ne attivano 149 di nuove; INFOCAMERE 2005) In generale, diversi sono i soggetti interessati ai processi di creazione d’impresa. Nello specifico, in Campania, le strutture che sono attive e realizzano interventi di sostegno alla creazione e sviluppo d’impresa comprendono i Business Innovation Centre (BIC), i Parchi Scientifici e Tecnologici (PST) e alcune iniziative di estrazione universitaria. Tra queste si menziona in particolare, l’Incubatore di imprese innovative di Città della Scienza, di Napoli, all’interno di un ampio edificio industriale del 1920 - una superficie di circa 4.000 mq articolata in sale riunioni, spazi comuni e 36 moduli (da 50 a 100 39 Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese mq) nei quali le neo imprese si insediano per un periodo di tempo determinato (di 4 anni), che coincide con i primi anni della loro attività. Oltre agli spazi fisici, l’Incubatore è in grado di offrire un sistema integrato di servizi logistici e gestionali alle singole imprese insediate, supportate ed assistite con professionalità specialistiche (professionisti ed esperti di creazione di impresa, tutor di impresa, consulenti, ecc..). Una struttura quindi a sostegno delle start up (e spin off) che spesso, nelle fasi di avviamento e di sviluppo iniziale del loro business, si scontrano con una serie di difficoltà di tipo logistico/organizzative, gestionali e di mercato (mancanza di spazi, strutture e servizi a prezzi elevati; difficoltà nella ricerca di partners, di mercati e di tecnologie valide; insufficienza di know how organizzativo, commerciale e tecnologico; mancanza di competenze manageriali; carenza di relazioni con organizzazioni pubbliche ed istituzioni locali; problemi legati alla sicurezza; fabbisogno finanziario, ecc). Quindi, fattori critici che, in misura più o meno significativa, rallentano la nascita di iniziative imprenditoriali innovative o ne condizionano il percorso di crescita e di sviluppo di quelle già costituite; difficoltà in gran parte “risolte” o semplicemente mitigate” attraverso la permanenza delle imprese start up all’interno dell’Incubatore. L’Incubatore di Città della Scienza è rivolto a start up innovative e altamente Fig. 1 - Il Modello di Intervento del BIC Incubatore di città della scienza (4000 mq, 36 moduli per imprese, 5 postazioni di Pre-Incubazione) Orientamento Pre-Incubazione Incubazione Post-Incubazione Idea Progetto Impresa Start-Up Sviluppo Sportello informativo accompagnato al brevetto Tutoraggio: accompagnato dall’idea al progetto Tutoraggio: affiancamento nelle aree della gestione aziendale Sostegno allo sviluppo di impresa Principale stadio di ingresso per le spin off 40 Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese tecnologiche, che operano nei settori (cluster) delle nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione (information technology) e della ricerca e servizi per la tutela dell’ambiente e per la qualità della vita, (valorizzazione delle risorse ambientali). Le realtà imprenditoriali sono integrate in una configurazione di filiera (rete/network); ad oggi, nello specifico, sono insediate nell’Incubatore di Città della Scienza 34 imprese incubate e 6 progetti di impresa in pre-incubazione (fisica e virtuale), ai quali si offrono percorsi personalizzati di accompagnamento “dall’idea all’impresa”. Fig. 2 - Le Imprese Incubate a Città della Scienza (dati 2007) Dati incubatore CDS (2006 - 2007) 2006 2007 Compagni Pre-Incubate 7 10 Imprese Incubate 33 34 • di cui spin off (da ricerca e impresa) 8 11 Volume d’Affari 10 Mil. € 12 Mil. € Crescita del fatturato 2006 - 2007 + 20% Numero di addetti e collaboratori 163 182 Imprese nate con agevolazioni finanziarie 6 8 Imprese sostenute da BPA IDEA 7 8 Imprese che svolgono attività di R&S 12 13 Laboratori di Ricerca (MIUR, Regione) 2 2 Brevetti 6 7 dati al 31/12/2007 41 Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese Durante il periodo di Incubazione, Città della Scienza favorisce anche l’iterazione continua tra l’universo delle imprese e il mondo della ricerca, con benefici sia per gli imprenditori, che hanno la possibilità di “migliorare i loro prodotti/ servizi, grazie all’apporto di nuove scoperte scientifiche e di conoscenze diversificate, provenienti dalla ricerca; sia per i ricercatori, che possono in tal modo “proporre prodotti/servizi” e “risultati di attività di ricerca” di elevato interesse per il sistema impresa, e che richiedono allo stesso un successivo processo di “industrializzazione” per realizzare un valido prodotto commerciale. Ma cosa succede alle imprese al termine del loro periodo di incubazione? Quali sono le politiche di intervento messe in atto dalle stesse strutture di incubazione, al fine di favorire al meglio la fuoriuscita (way out) delle compagini fin ad allora insediate? Quali problemi dovranno affrontare tali compagini “cresciute”, nel momento in cui dovranno iniziare ad affrontare “da sole il mercato”? Domande che trovano il loro “comune denominatore” nella tematica vasta e critica della Post incubazione delle pmi, che hanno terminato il primo percorso di accompagnamento alla “crescita e sviluppo”, e che si preparano a compiere un “salto” molto più impegnativo verso una fase successiva di evoluzione e consolidamento In fase di post incubazione, l’imprenditore si appresta a consolidare ulteriormente la sua posizione sul mercato, e le principali criticità sono da ricondursi essenzialmente agli aspetti logistico-organizzativi, non solo finanziari (criticità, quest’ultima, che affrontano le start up anche e soprattutto durante le prime fasi della loro crescita) . Quindi, tra le esigenze principali delle “start up in uscita” dalle strutture di incubazione, si menzionano: • la ricerca di nuovi spazi di insediamento (una nuova location), meglio se all’interno di aree adeguatamente infrastrutturate, per beneficiare dei vantaggi quali/quantitativi goduti all’interno dell’Incubatore, e in area a questo vicine; • il bisogno di consulenze tecnico-specialistiche, per migliorare ulteriormente le competenze manageriali a fronte di una maggiore articolazione delle funzioni aziendali e di adeguata struttura organizzativa; • la condivisione di servizi comuni (es. laboratori di ricerca); • il mantenimento dei contatti con la struttura di Incubazione di origine; • fondi finanziari e investimento in capitale per sostenere, consolidare, accelerare e fare evolvere il business (es. venture capital). 42 Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese In tale senso, Città della Scienza sta operando al fine di sostenere le sue imprese in questa delicata fase della post incubazione; in particolare, attraverso politiche di affiancamento delle stesse nella gestione di tutte le criticità che si presentano (es. ricerca di nuove aree di insediamento), e nel proporre loro soluzioni mirate che favoriscono tale passaggio ad una fase più evoluta (es. intermediazione con la PA locale e referenti istituzionali; servizi di informazione e consulenze specialistiche-tecniche; assistenza nel favorire forma di aggregazione tra le imprese, per generare “economie in uscita”, tipo il Consorzio Area Tech Coroglio, a Città della Scienza). 43 Politiche Industriali per le start up innovative Capitolo II Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone Politiche industriali per le start up innovative: linee di tendenza e sviluppi futuri1 Mauro Mallone* L’avvio di policy a sostegno delle imprese innovative si possono far ricondurre all’inizio degli anni ottanta con l’attuazione di interventi orientati alla creazione di infrastrutture sul territorio in grado di offrire servizi di supporto alla nascita e allo sviluppo di imprese ad alta tecnologia. In quel periodo vennero, infatti, realizzati con finanziamenti del Ministero della Ricerca i primi due Parchi Scientifici e Tecnologici (Area Science Park di Trieste nel 1982 e Tecnopolis a Bari nel 1985) per sostenere lo sviluppo del territorio attraverso la promozione dell’innovazione e la creazione di impresa. Inoltre, su impulso della Commissione Europea, vennero attivati i Business Innovation Centres (BIC) da parte della Società Promozione Industriale (SPI-IRI). Negli anni successivi, anche per azione delle Amministrazioni regionali, è proseguita la creazione di strutture di intermediazione con il coinvolgimento di Enti di ricerca, Università, Camere di Commercio e Associazioni industriali. Tali interventi hanno consentito l’attivazione sul territorio di numerosi centri dedicati all’assistenza di imprese innovative, alcuni dei quali di buon livello. Tuttavia, l’eccessiva attenzione rivolta agli aspetti infrastrutturali e lo scarso coordinamento tra gli interventi promossi sia a livello centrale che locale, hanno favorito la proliferazione di numerose strutture spesso sottodimensionate e con ridotti collegamenti con i luoghi di produzione della conoscenza. Sul finire degli anni novanta, l’attenzione delle policy si sposta in direzione del sostegno ai progetti piuttosto che alle infrastrutture con il varo di misure specifiche a supporto della creazione e dello sviluppo di giovani imprese innovative. Con il D.M. n. 593 del 2000 viene, infatti, consentito il finanziamento di progetti di ricerca proposti da imprese spin-off costituite da ricercatori pubblici. Nello stesso anno, la Legge n. 388 alloca risorse finanziarie a sostegno di progetti finalizzati alla promozione e all’avvio di imprese ad alta tecnologia. L’effetto propulsivo determinato da queste misure non è legato solo alle maggiori risorse finanziarie messe in campo ma anche dall’aver indotto il mondo accademico e della ricerca pubblica ad una più attenta riflessione sull’importanza della valorizzazione economica dei risultati della ricerca e alla sperimentazione di nuovi meccanismi di trasferimento tecnologico verso il sistema produttivo. I provvedimenti presi negli ultimi anni evidenziano una strategia per l’innova- * Mauro Mallone: IPI – Istituto per la Promozione Industriale, Roma 1.Le opinioni espresse nella relazione sono dell’Autore e non riflettono necessariamente quelle dell’Istituto di appartenenza. 47 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone zione sistemica in cui l’intero ventaglio di opzioni e strumenti di policy disponibili è preso in considerazione e che potranno determinare effetti positivi anche per la crescita delle giovani imprese innovative. Particolarmente interessante, soprattutto per le imprese già consolidate, è l’introduzione a partire dal 2007 del credito di imposta del 10% per le spese di ricerca svolta in house, elevabile al 40% per i costi delle commesse di ricerca affidate alle Università e/o agli Enti pubblici di ricerca. Questo intervento diffusion oriented finalizzato a stimolare il più ampio numero di imprese ad investire in ricerca ed innovazione, è complementare alle misure di policy mission oriented che concentrano le risorse pubbliche su specifiche aree strategiche (tecnologiche, produttive, territoriali) per la competitività del Paese. In questa direzione si collocano i progetti strategici e i distretti tecnologici del Piano Nazionale della Ricerca e i progetti di innovazione industriale previsti dal Programma “Industria 2015”, riguardanti: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove tecnologie per il Made in Italy, Tecnologie innovative per i beni culturali, Nuove tecnologie per la vita. Gli effetti positivi sulle start-up innovative derivano dalle opportunità di partecipazione ai bandi e, soprattutto, dalle prospettive di sviluppo di mercati più ricettivi ai prodotti e ai servizi ad alta tecnologia, offerte da queste misure. Data l’importanza di un efficiente mercato dei capitali di rischio per la crescita delle giovani imprese innovative, a partire dal 2000 sono state introdotte misure, sia in ambito nazionale sia a livello locale, a favore del capitale di rischio. L’art. 106 della già citata Legge n. 388, ad esempio, prevedeva la concessione di anticipazioni finanziarie ad intermediari finanziari finalizzate all’acquisizione di partecipazioni temporanee e di minoranza di PMI innovative. L’utilizzo modesto delle risorse allocate su questa specifica misura e i risultati non sempre brillanti ottenuti da interventi analoghi attivati a livello regionale, dimostrano che è necessario sperimentare nuovi strumenti in grado di sviluppare un vero e proprio mercato dei capitali di rischio, soprattutto per i segmenti relativi alle fasi seed e early stage. In questa direzione segnali positivi emergono dalla costituzione del Fondo per la finanza di impresa che si propone di facilitare l’accesso al credito e al capitale di rischio da parte delle imprese di minore dimensione e di razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al venture capital. Il Fondo interviene in operazioni che prevedano l’adozione di nuovi strumenti di mitigazione del rischio di credito e di private equity, proposte da banche e/o intermediari finanziari altamente qualificati e privilegia le operazioni “di sistema” in grado di attivare ulteriori risorse. Tra gli interventi di impatto sulle giovani imprese innovative vanno segnalate le misure finalizzate a rafforzare il sistema brevettuale che 48 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone vanno dalla semplificazione delle procedure di deposito e di mantenimento dei titoli di proprietà industriale, all’introduzione della valutazione del merito tecnico delle invenzioni nelle procedure di rilascio dei brevetti. In questo ambito, particolarmente interessante è lo sviluppo di una metodologia da parte dell’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) per la valutazione economica della proprietà industriale finalizzata a stimolare il mercato delle tecnologie e a facilitare l’accesso al credito alle imprese, facendo leva sui loro beni intangibili soprattutto quelli tutelati e protetti da diritti di proprietà industriale. La presenza di un’imprenditoria ad alta tecnologia nata di recente rende inoltre particolarmente efficace il riconoscimento formale della giovane impresa innovativa (costituita da meno di 6 anni), previsto dalla legge finanziaria 2008, in base al quale sarà possibile concedere a questa tipologia di imprese agevolazioni attraverso la riduzione del costo del lavoro per gli addetti alla ricerca e con finanziamenti sino ad un milione di euro (D.M. n. 87 del 2008). Infine, per alcuni elementi di novità introdotti nel panorama degli interventi pubblici a sostegno dell’innovazione, si segnala il Programma RIDITT - Rete per la Diffusione dell’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico alle imprese. L’iniziativa, avviata nel 2003 dal Ministero dello Sviluppo Economico e gestita dall’IPI, si è proposta al Sistema Innovativo Nazionale (SIN) con l’offerta di servizi di informazione, formazione e networking per valorizzare ed integrare l’offerta di competenze e tecnologie per l’innovazione industriale e, soprattutto, con la messa a punto e l’attuazione di specifici strumenti per il finanziamento di progetti di trasferimento tecnologico a livello nazionale e transnazionale. Nella seconda fase del Programma, attualmente in corso, sono previste azioni specifiche a sostegno della nuova imprenditorialità hi-tech, attraverso la presentazione sul portale RIDITT dei profili delle start up, l’organizzazione di incontri settoriali tra giovani imprese innovative e realtà industriali consolidate, la realizzazione di percorsi formativi sul tema della creazione di impresa. Inoltre, entro l’anno, è previsto il lancio di un nuovo bando RIDITT per selezionare progetti di trasferimento tecnologico e creazione di impresa, presentati da Università, Associazioni imprenditoriali ed intermediari per l’innovazione. In conclusione, il quadro presentato sull’evoluzione seguita dalle policy per l’innovazione risulta incoraggiante. La varietà e la ricchezza degli interventi messi in campo negli ultimi anni avvicina il nostro Paese all’offerta di strumenti pubblici per l’innovazione delle economie più avanzate. Tuttavia, ci sono ancora aree di miglioramento e di sviluppo delle policy per accelerare la crescita delle start up innovative e, più in generale, per creare le condizioni più favore- 49 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone voli per l’innovazione industriale. Tra queste si evidenziano: • la crescita del mercato di prodotti e servizi innovativi attraverso il ricorso all’innovative public procurement, l’applicazione di nuovi standard e la revisione della regolamentazione; • il miglioramento della qualità, dell’efficacia e della coerenza dell’intervento pubblico con l’introduzione sistematica della valutazione degli effetti derivanti dai programmi realizzati; • il contenimento della frammentazione delle iniziative migliorando la governance sia a livello orizzontale tra Amministrazioni centrali, sia verticalmente tra Commissione Europea, Amministrazione centrale e poteri locali; • l’introduzione di meccanismi che premino le attività finalizzate alla valorizzazione economica dei risultati della ricerca condotte dal singolo ricercatore, dall’Università, dall’EPR; • la promozione della cultura scientifica ed imprenditoriale nelle nuove generazioni. La necessità di un continuo adeguamento e sviluppo di policy, adattate alle specifiche esigenze del sistema produttivo, è infine imposta dalla complessità e dall’evoluzione dei processi di innovazione. Pertanto è necessaria per il policy making una più approfondita comprensione delle problematiche che si intendono affrontare e, quindi, risulta fondamentale l’apporto conoscitivo messo a disposizione da parte di chi opera sul campo, come i partecipanti a questo convegno. 50 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga Le politiche industriali per le imprese spin-off Andrea Piccaluga* Grazie mille all’associazione PNI per l’invito e per la scelta dell’argomento che mi è stato affidato, sul quale mi fa molto piacere intervenire. La mia relazione dovrebbe rivelarsi complementare rispetto a quelle delle persone che mi hanno preceduto, ed in particolare a quella molto puntale tenuta dal Dott. Mallone, che mi ha sinceramente confortato con la descrizione di tutte le interessanti iniziative dell’IPI a sostegno delle imprese innovative italiane. Nel mio intervento mi permetterò di provare ad essere talvolta leggermente provocatorio, ma con spirito assolutamente costruttivo. In particolare, vorrei trattare brevemente i seguenti tre punti: • la performance delle università italiane nella valorizzazione dei risultati della ricerca; • il ruolo delle politiche per le imprese spin-off; • una riflessione in merito alla cabina di regia delle politiche e sul concetto di “barile delle idee”. Relativamente al primo punto, la performance delle università italiane nella valorizzazione dei risultati della ricerca, in Italia, negli ultimi tre anni, abbiamo assistito alla crescita ed al consolidamento degli Uffici di Trasferimento Tecnologico (UTT) e di tutta una serie di altre iniziative provenienti dal fronte della ricerca pubblica. Mi piace sottolineare il fatto che questo consolidamento di strutture (uffici) e di competenze (risorse umane), peraltro non sempre né facile né omogeneo sul territorio italiano, non ha assolutamente ostacolato i rapporti con l’industria, ma anzi li ha facilitati, soprattutto per quanto riguarda le imprese che da tempo erano in attesa di poter interagire con manager universitari più competenti sugli aspetti giuridici e gestionali del trasferimento tecnologico. La crescita degli UTT, così come la crescita degli incubatori universitari, ha inoltre senza dubbio contribuito alla nascita di imprese spin-off e start-up, rendendo più “quotidiano” il processo di costituzione di nuove aziende e trasformandolo in qualcosa di socialmente desiderabile e non certo da evitare per paura di eventuali conflitti di interesse. In generale, dato che anche l’andamento dei dati sui brevetti, sulle licenze e sui i contratti di ricerca - che non abbiamo qui tempo di commentare – è positivo, potremmo quindi conclu- * Andrea Piccaluga: Laboratorio MAIN - Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa 51 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga dere che “lato ricerca pubblica” probabilmente in Italia abbiamo fatto abbastanza bene il nostro dovere sul tema della valorizzazione dei risultati della ricerca. Si può sicuramente fare meglio come sistema, anche le università avrebbero potuto sicuramente fare ancora meglio, ma si può affermare che hanno fatto decisamente piuttosto bene! Rispetto ad una specifica componente della valorizzazione dei risultati della ricerca, e cioè le imprese spin-off della ricerca pubblica, tali imprese sono realtà aziendali strettamente legate all’università o ad altri enti di ricerca pubblici, o perché uno o più soci provengono da tale mondo, o perché l’azienda sviluppa un progetto imprenditoriale sulla base di proprietà intellettuale dell’ente di ricerca. Vi è quindi un forte legame tra impresa e ricerca pubblica. Dai dati e dalle informazioni raccolte, si evince che ogni anno nascono in Italia molte spin-off, e non solo, come accadeva in passato, nel campo delle ICT (tipico settore con basse barriere all’entrata e bassi costi fissi che hanno consentito negli anni il proliferare di imprese, soprattutto durante il boom della net economy). Esse nascono in alcune regioni più che in altre, nascono da alcune università più che da altre. Tuttavia, nonostante l’elevato numero, solo una parte minoritaria di queste imprese ha evidenziato percorsi di forte crescita dimensionale, a fronte peraltro di un elevato tasso di sopravvivenza. Dalla Figura 1 si evince come negli ultimi 4/5 anni siano nate la maggior parte delle imprese spin-off attive, 100 delle quali nel 2007 e nel 2006.Queste imprese rappresentano probabilmente il “nocciolo duro”, non certo la totalità, delle imprese start-up innovative costituite nel nostro Paese. Fig. 1 – Le imprese spin-off della ricerca pubblica in Italia, per anno di costituzione | n. 598 Ovviamente il dato 2008 non è ancora disponibile, data la natura empirica della nostra indagine che si basa su nostre ricerche dirette e comunicazioni da parte delle università e degli Uffici Trasferimento Tecnologico. Ad oggi comunque pos- 52 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga siamo asserire che il trend di creazione di nuove spin-off registrato nel 2007 non è certo diminuito. Per quanto riguarda la localizzazione geografica, la presenza più consistente di imprese spin-off è al Nord ed al Centro del Paese (Fig. 2), ma la distribuzione cambia abbastanza da regione a regione (Fig.3). Fig. 2 - Macro-aree di localizzazione delle imprese spin-off in Italia | n. 598 16,6 % 25,5 % Nord-Est Centro Sud e Isole Nord-Ovest 21,1 % 31,7 % Tuttavia, le imprese spin-off, come noto, oltre che contate vanno “pesate” (così come i brevetti), essendo la loro importanza, in termini di originalità tecnologica, prospettive di crescita, ecc., molto diversa da caso a caso. E’ evidente comunque che la nascita di imprese è influenzata anche dalle politiche attuate dalle regioni e dalle università. Alcuni atenei italiani hanno scelto di dedicarsi al sostegno di pochi progetti di spin-off, ma di qualità elevata, effettuando una selezione a monte, e non puntando ad avere un elevato numero di imprese, ma piuttosto prediligere quelle che con maggiori prospettive di crescita. A questi progetti viene dedicato particolare impegno da parte degli UTT, che spesso si occupano anche di contattare possibili partner industriali e finanziari e assistere il ricercatore-fondatore nella complessa fase di costituzione dell’impresa con partner collaborativi, ma anche esigenti e molto competenti. Il fenomeno spin-off è comunque molto complesso e varia da ateneo ad ateneo. Vi sono università che hanno lavorato maggiormente su questi temi, altre che hanno cominciato ad occuparsene solo di recente; similmente varia molto il “clima” che nelle università si respira nei confronti delle spin-off, che può andare da un entusiasmo acritico ad un pacato scetticismo. Alcune università sono diventate veri e propri “modelli”, 53 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga Fig. 3 – La localizzazione regionale delle imprese spin-off in Italia | n. 589 con procedure e prassi ormai consolidate, e hanno innescato sane pratiche imitative da parte di altre. Per quanto riguarda il settore di appartenenza delle imprese spin-off, anno dopo anno, il peso delle imprese ICT diminuisce, mentre crescono i settori delle life sciences, del biomedicale ed altri settori dove sappiamo che le imprese devono essere costituite sin dall’inizio con una compagine societaria robusta, risorse iniziali adeguate, più capitale, possibilmente brevetti di proprietà, ecc. Anno dopo anno, cresce anche il numero di imprese che iniziano la loro attività con un partner industriale e/o un partner finanziario nella compagine societaria, anche questo segno di progressiva maturità del fenomeno. Passiamo ora alle politiche per la creazione di imprese spin-off della ricerca pubblica, provando soprattutto a discutere in che misura i dati 54 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga Fig. 4 – I settori di appartenenza delle imprese spin-off | n. 538 presentati fin qui possano essere stati influenzati da specifiche politiche regionali o nazionali. Da una parte dobbiamo subito premettere che il fenomeno si è sviluppato in un primo tempo nei Paesi più avanzati e, ad un certo punto, si è manifestato anche nel nostro Paese. Parte di questa crescita delle imprese spin-off è quindi, in un certo senso, “spontanea”, nel senso che si tratta di un fenomeno che in modo quasi epidemico era destinato ad arrivare in Italia a meno che fattori ostacolanti non ne compromettessero lo sviluppo. Dall’altra parte, però, non possiamo trascurare l’intensa attività dei numerosi Uffici Trasferimento Tecnologico delle varie università italiane, nati e cresciuti con un approccio assolutamente bottom up, e di recente supportati da alcune azioni governative, che hanno senza dubbio contribuito ad aumentare quanto meno 55 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga la numerosità delle spin-off. Al fenomeno poi hanno favorevolmente contribuito anche alcuni interventi nazionali, come la legge 297/99, e diverse iniziative regionali che hanno portato alla nascita sul territorio di incubatori universitari o che hanno promosso interventi integrati che vanno dalla sensibilizzazione dei ricercatori alla concreta partecipazione nelle compagini societarie. Numerosi sono infatti gli interventi di questa natura. Uno di questi, è il progetto UNITI (www.progettouniti.it), finanziato in parte a livello nazionale ed in parte dalla Regione Liguria, con la partecipazione di Sviluppo Italia Liguria e dell’Università di Genova, che ha l’obiettivo di favorire la nascita e lo sviluppo di aziende spin-off, un fenomeno ancora poco diffuso sul territorio ligure. Il progetto ILO PUGLIA (www.arti.puglia.it), è una misura prevista nell’Accordo di programma quadro per la Ricerca fra la Regione Puglia ed il MIUR; viene attuato Fig. 5 – Un esempio di intervento di promozione delle imprese spin-off: il Progetto UNITI 56 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga dall’ARTI (Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione) e si propone di dotare la rete degli atenei pugliesi di un complesso di strumenti e risorse di carattere stabile per il trasferimento tecnologico. In particolare gli obiettivi del progetto sono (a) dotare le cinque università pugliesi di uffici stabili per la valorizzazione del proprio patrimonio scientifico; (b) impiegare il patrimonio di ricerca già disponibile nelle università e non ancora valorizzato per innovazioni di prodotto, crescita di nuova impresa e di occupazione nei settori ad elevato contenuto di conoscenza, attraverso brevetti, licenze e spin-off; (c) accrescere l’impatto delle spese di ricerca universitarie sul complessivo sviluppo economico ed imprenditoriale della Puglia e migliorare la collaborazione tra strutture pubbliche. Come noto, quello di “mettere in rete” sembrerebbe uno degli obiettivi più semplici ed immediati delle politiche, ma si rivela spesso uno dei più difficili da ottenere, se non ricorrendo a dichiarazioni puramente formali; ciò nonostante, l’esperienza pugliese sta già dando i primi frutti. In Sardegna, Sardegna Ricerche ha gestito bandi regionali che hanno erogato sostanziosi voucher per costituende spin-off della ricerca pubblica, così come il progetto Ingenio gestito da Finlombarda e molte altre iniziative regionali, tra le quali spicca senz’altro il progetto Spinner in Emilia Romagna. Nella seguente tabella si è provato a rappresentare, certamente senza obiettivi di esaustività, una serie di “azioni tipo” poste in essere da diverse realtà che si occupano di start-up innovative e di spin-off. Tab. 1 – Alcuni esempi di azioni di sostegno delle start-up innovative e delle spin-off. TTO Brevetti Spin-off Creazione fondi (rafforzamento, staffing, formazione, messa in rete) (voucher, contributi, licensing, ecc.) (formazione, servizi vari, finanziamento, ecc.) (seed o altro) Ilo Puglia • • • • Progetto Uniti Genova • • • Spinner Emilia Romagna • • • Sardegna Ricerche • Ingenio Finlombarda • FIXO • Legge Nazionale 297/99 • Art.12 MUR Fondo rotativo CCIAA Pisa • • • • 57 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga Emerge chiaramente, da questa primissima rappresentazione, che l’offerta di azioni è molto ricca e variegata, e che esistono anche delle sovrapposizioni, probabilmente talvolta ricercate e altre volte semplicemente non gestite. Passiamo ora ad analizzare alcune “luci” ed “ombre” di questo scenario. Luci. E’ senz’altro utile ed interessante che molti soggetti stiano lavorando su questi temi, che ci siano notevoli investimenti (se facciamo la somma di tutti i finanziamenti elargiti otteniamo una quantità di risorse rilevante), che ci sia una buona capacità di imitare e innovare, spesso adattando azioni note alle proprie realtà regionali o locali. Importanti sono, poi, la consapevolezza e la volontà, da parte degli operatori del settore, di non sprecare i finanziamenti ottenuti sotto la pressione di scadenze di spesa e la presenza di persone responsabili e competenti che danno continuità ai progetti. Ombre. Personalmente credo molto nella dimensione regionale dell’innovazione, ma forse alcuni degli interventi attualmente in essere potrebbero/dovrebbero essere promossi su scala interregionale per ottenere una maggiore “massa critica”. Ad esempio, Enterprise Ireland, agenzia statale irlandese, ha investito 30 milioni di euro per far nascere nelle 10 università irlandesi degli Uffici per il Trasferimento Tecnologico, per aiutarli nel licensing, ecc. Al contrario, in Italia, cumulativamente, spendiamo molto più di 30 milioni di euro, ma spesso questi finanziamenti sono frammentati e distribuiti in maniera non sempre rispondente alle necessità e alle potenzialità dei diversi territori. In merito invece al concetto di cabina di regia del sistema, l’ultimo dei temi che volevo trattare, si tratta a mio avviso di un aspetto molto delicato e complesso. Non è infatti facile immaginare questo ruolo, organizzarlo, delegarlo e svolgerlo concretamente, dato che il trasferimento tecnologico, anche se solo limitato alla creazione di nuove imprese innovative, è pur sempre un fenomeno dalle numerose sfaccettature, influenzato da una molteplicità di fattori e soggetti difficilmente “allineabili”. Sicuramente però c’è bisogno di maggior coordinamento sia all’interno delle singole regioni, dove spesso sono attivi più progetti simili che alla fine “confondono” i ricercatori, che tra regioni limitrofe, per evitare la duplicazione di iniziative che potrebbero tranquillamente abbracciare territori più estesi. Pur essendo stato positivamente impressionato dalla presentazione del Dott. Mallone e dalla visione a 360 gradi di IPI e RIDITT su questi temi, attualmente, seppur in maniera indiretta e spontanea, e senza avere ricevuto alcun mandato ufficiale, un importante ruolo di regia lo stanno svolgendo le associazioni NetVal e PNI, le quali raccolgono informazioni, le ridistribuiscono, fanno lobby 58 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga come possono e tengono unita la rete delle persone che nelle università si occupano di trasferimento tecnologico. E la qualità del loro networking è tale che ormai fanno parte della rete informale, ma efficace, anche numerose imprese (con i loro uffici brevetti), numerosi professionisti (consulenti in materia di proprietà intellettuale), società finanziarie (fondi, VC, BA), e anche altri enti pubblici di ricerca. Oltre alle due realtà citate, alcune agenzie ministeriali, tra cui IPI e RIDITT, appunto, stanno impegnandosi. A mio avviso è necessario che la loro azione venga svolta mantenendo un forte contatto con la “base”, con le realtà che si occupano ogni giorno di innovazione e trasferimento tecnologico. Infine tre considerazioni conclusive, che si propongono di richiamare all’attenzione e alla cautela. La prima: le spin-off sono un fenomeno molto promettente ed è a mio avviso lecito essere ottimisti. Attenzione però a non “banalizzare” il fenomeno sostenendo eccessivamente le spin-off a basso contenuto innovativo che alcune delle nostre università possono essere indotte a promuovere. Gli Uffici di Trasferimento Tecnologico stanno diventando sempre più competenti, e l’avvio di un’impresa spin-off è diventato quasi un’attività di routine, ma ora è necessario che si presti maggiore attenzione alla fase di selezione, pur nella consapevolezza che la metodologia di selezione può essere diversa da territorio a territorio, da incubatore ad incubatore, ecc. Facciamo comunque attenzione a non far nascere imprese ed imprenditori che non riescono a diventare nemmeno bravi “artigiani tecnologici” (e cioè imprenditori-consulenti che per tutta la vita vendono con soddisfazione i propri servizi con un modello consulenziale-artigianale, senza crescere dimensionalmente). Per queste realtà imprenditoriali si dovrebbe evitare di utilizzare il marchio spin-off. Gli Uffici di Trasferimento Tecnologico e gli incubatori possono essere dei driver per far confluire più finanziamenti alla ricerca, facendo crescere imprese che poi comprano servizi di ricerca dall’università, o facendo in un certo senso il marketing della ricerca, e cioè il marketing della propria università. La seconda: le politiche richiedono non solo più massa critica e non solo una regia centrale, ma anche una vision a 360°. Nella presentazione del dott. Mallone abbiamo apprezzato molti interventi, dai brevetti, ai fondi, ecc. Questo ambito è molto complesso e richiede l’azione di policy maker che si intendano, capiscano, riescano ad intervenire in maniera precisa su diversi ambiti, dalla mobilità dei ricercatori, alla governance delle università, ecc. Non si può intervenire su un aspetto senza essere consapevoli degli effetti che si genereranno in campi contigui e senza essere in grado di influenzarli. 59 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga Se manca questa visione di insieme si rischia di rendere gli interventi troppo frammentati e poco efficaci. La terza e ultima: il barile. Stiamo parlando da inizio mattina di trasferimento tecnologico. Mi permetto di ricordare che stiamo arrivando a “raschiare il barile delle idee”. Nelle nostre università ci sono ancora bravi giovani, dottorandi con tante buone idee, ma ulteriori tagli alla ricerca non sarebbero sopportabili e ci porterebbero inesorabilmente ad accorgerci che anche se siamo abbastanza bravi a selezionare e ad inventare, rischiamo di arrivare a raschiare il fondo del barile. 60 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Gilda Antonelli Le politiche industriali a supporto delle imprese innovative Gilda Antonelli* A partire dall’ultimo decennio del secolo scorso in Europa e in Italia, sono stati adottati alcuni strumenti di politica industriale (ad esempio le leggi regionali sull’innovazione, la legge 297, ecc.) che hanno mirato a supportare processi di sviluppo economico del territorio. Obiettivo fondamentale delle politiche che li sottendevano è stato quello di “forzare lo sviluppo” nel tentativo di accelerare i processi di creazione di nuove imprese innovative. A distanza di qualche decennio dalla loro introduzione, anche se attraverso diverse modalità di erogazione e con differenti obiettivi specifici, diventa possibile fare una prima valutazione di massima sia in termini di risultati ottenuti, sia di efficacia dei metodi di assegnazione utilizzati, sia di tipologie di intervento implementate. Al fine di una interpretazione dei punti forza e di debolezza delle misure poste in essere, appare opportuno un confronto sui risultati che renda possibile la predisposizione di un modello di sviluppo che sia utilizzabile per il futuro. La discussione della tavola rotonda ha riguardato soprattutto un punto nodale: le politiche industriali messe in atto per le start up innovative sono utili veramente? Sebbene sembra esserci accordo sull’utilità, tuttavia appare chiaro che qualche miglioramento può essere attuato in termini di efficacia ed efficienza. I risultati registrati, ad esempio, dalla Regione Emilia Romagna, che ha messo in atto diverse misure per il supporto alla nascita ed al sostegno delle imprese innovative ed alla diffusione della cultura d’impresa, sono confortanti. Dal 2000 al 2006, anni di implementazione del Programma Spinner, ad esempio, si sono costituite 84 imprese innovative (di cui 40 spin off) a fronte di 250 gruppi di impresa per un totale di 941 persone che hanno usufruito delle misure offerte. Anche in Umbria, seppure con inferiori capitali investiti, si sono avuti apprezzabili risultati grazie all’importante ruolo di coordinamento giocato dalla Regione e al sostegno messo in campo dalla società finanziaria regionale e da alcuni esponenti del sistema bancario. E’, peraltro, interessante notare che può essere sicuramente tracciato un parallelo tra le regioni che registrano un numero elevato di imprese innovative costituite e la presenza di politiche specifiche. Le politiche hanno però effetto se esiste una massa critica su cui intervenire. In particolar modo, nel caso del supporto alla nascita di spin off, se esistono ricercatori e potenziali imprenditori interessati a valorizzare * Gilda Antonelli: Associate Professor of Management - Department of Management - University of Molise | Italy 61 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Gilda Antonelli economicamente i risultati delle ricerche condotte in laboratorio. Nei sistemi economici moderni stanno cambiando anche la sensibilità e l’approccio dei potenziali finanziatori di idee innovative verso i classici indicatori economico-finanziari che da sempre sono gli unici ad essere considerati nel momento in cui si dovevano valutare l’opportunità di investire capitale in nuove imprese. Accanto a questi, infatti, i potenziali finanziatori, tra cui le banche, i venture capitalist, le società finanziarie più in generale, hanno iniziato a considerare alcuni parametri quali il grado di innovatività dell’idea proposta, le potenzialità di mercato e, non ultime, le caratteristiche ed l’affidabilità del gruppo imprenditoriale proponente, a volte avallando la valutazione fatta dai comitati start cup locali a quali riconoscono competenza specifica e conoscenza delle problematiche legate all’innovazione, in qualche modo utilizzando sistemi di valutazione basati sulla fiducia. In conclusione mi sembra interessante sottolineare tre temi che potrebbero costituire il frutto delle riflessioni congiunta sul tema delle politiche industriali per le start up innovative. Innanzitutto diventa molto importante sviluppare al meglio le strutture che supportano il trasferimento tecnologico e lo sviluppo dell’innovazione. Dalle esperienze nord americane e anche sulla base dei risultati ottenuti con il Progetto Spinner in Emilia Romagna si può affermare che è dispendioso e poco utile il proliferare di strutture despecializzate che forniscono servizi generici e standard ai potenziali imprenditori innovativi ed alle imprese che vogliano implementare processi di innovazione. Ciò che rende, infatti, efficace ed efficiente la struttura è la personalizzazione sulle esigenze del “cliente”del pacchetto di servizi offerti, ossia l’offerta di un servizio tailored sulle esigenze di chi lo richiede. Solo in tal modo i risultati che si ottengono sono remunerativi. Alla luce di alcuni approfondimenti realizzati in maniera longitudinale su campioni rappresentativi di gruppi di potenziali imprenditori innovativi, si evince che i team in media sono molto deboli sia sulle competenze imprenditoriali, sia sulla propria capacità di lavorare per fini non connessi con la ricerca pura. Ciò porta a proporre un rafforzamento ex ante della compagine sociale, cioè prima che si costituisca una vera e propria impresa piuttosto che attendere una selezione successiva magari immaginando policy che supportino per periodi più lunghi i potenziali imprenditori nella fase di pre- start up. Una seconda riflessione che scaturisce dalla tavola rotonda è che nei processi di supporto all’innovazione ancora più che in altri, diventa importante porre l’attenzione sulle persone poiché sono in grado di rappresentare il fattore 62 Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Gilda Antonelli competitivo reale: già la consapevolezza che siano presi in considerazione l’affidabilità e le competenze del gruppo di promotori nella valutazione realizzata dai potenziali finanziatori è un segno tangibile di quanto le persone abbiano un ruolo fondamentale nel decretare il successo di una iniziativa così particolare. E ciò vale anche se riferito alle persone che supportano i processi di innovazione che, come evidenziato anche dall’esperienza riportata dal dott. Coticchia sugli incubatori americani, sono i veri attori dello sviluppo dell’innovazione e devono perciò avere una preparazione trasversale ed una forte motivazione. Infine dalla discussione dei testimoni privilegiati e dall’analisi delle esperienze realizzate negli ultimi anni emerge un generale accordo sul fatto che le policy a supporto dello sviluppo economico e dell’innovazione siano necessarie ed utili. Promuovere però, l’innovazione tout cour non appare utile se le misure poste in atto non sono coordinate ai diversi livelli regionale, nazionale e comunitario poiché si rischia di proporre linee di intervento sovrapposte che, aumentando la quantità dell’offerta di strumenti a supporto dell’innovazione hanno effetti negativi sui potenziali destinatari, in primis abituandoli ad un regime infinito di sostegno pubblico, in secondo luogo confondendoli sulla opportunità di strumento da utilizzare e, soprattutto, rischiano di non ottenere alcun risultato poiché scambiano lo strumento con il fine e non prevedono alcun monitoraggio sull’utilizzo dello strumento stesso. Va però sottolineato una necessaria trasformazione delle stesse dal punto di vista dell’oggetto di intervento. Si richiede, infatti, minor attenzione agli strumenti da mettere in atto per il supporto e l’animazione e maggiore focalizzazione sugli obiettivi strategici che si desidera perseguire, altrimenti si rischia di continuare a finanziare strutture a supporto dell’innovazione e della creazione di impresa senza realmente finanziare chi di quelle strutture è il destinatario. Diventa, inoltre, necessaria la presenza di un attore che organizzi, orienti e coordini l’operatività dei differenti soggetti che operano sul territorio in modo da far convergere verso un fine comune le loro azioni. Tale attore (anche detto metaorganizzazione) è fondamentale al fine di costruire ove non esistesse, coordinare ed orientare la rete di organizzazioni che sono in grado a diverso titolo di sviluppare l’innovazione, fornendo la visione strategica generale e implementando e gestendo le modalità di comunicazione necessarie in modo da rendere efficienti ed efficaci le competenze di ciascun attore nell’ottica della politiche industriali più generali. 63 L’evento Start Up dell’anno 2008 Giovedì 29 maggio Presentazione delle imprese finaliste Cena di gala e premiazione Start Up dell’anno 2008 Venerdì 30 maggio Workshop PNICube “ Incubazione… e dopo?” Saluti del Rettore e apertura dei lavori Sono intervenuti: Sessione I - La Post incubazione • G. Lorenzoni, PNICube • M. E. Coticchia, Case Western Reserve University • T. Cook, ISIS Innovation - Oxford University • M. Cantamessa, I3P - Incubatore Politecnico di Torino • M. Fanni, Università degli Studi di Trieste Tavola rotonda • E. Abirascid, giornalista collab. Sole24ore • M. Marzano de Marinis, WIPO • G. Dragoni, Fondazione Politecnico di Milano • P. Cattapan, AREA Science Park • R. Albanese, Città della Scienza Sessione II - Politiche industriali per le start up innovative • R. Pietrabissa, Netval • M. Mallone, IPI - Istituto per la Promozione Industriale • L. Carrino, Rete Ventures S.c.a.r.l. • A. Piccaluga, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa • M. Sobrero, Università di Bologna Tavola rotonda • G. Antonelli, Università del Molise • L. Caporizzi, Regione Umbria • L. Ramaciotti, Università degli Studi di Ferrara • A. Dante, Casse del Centro S.p.a. • G. Porrazzini, Gepafin S.p.a. 65 PNICube Premio Start Up dell’anno 2008 Presentazione delle imprese finaliste imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 1° classificato Premio Start Up dell’anno 2008 BMR Genomics S.r.l. Informatizzazione spinta per le nuove frontiere della ricerca sul DNA www.bmr-genomics.it Settore di attività: Biotech La storia BMR Genomics s.r.l. nasce nel 2004 come spin-off dell’Università di Padova, per iniziativa del Prof. Valle, ordinario di genomica e bioinformatica e di sette collaboratori appartenenti al suo gruppo di ricerca. L’azienda diventa effettivamente operativa nel maggio 2006, subentrando al CRIBI (Centro di Ricerca Interdipartimentale per le Biotecnologie Innovative) nella gestione del Servizio Sequenziamento del DNA. Nel 2007 BMR completa il distacco dall’Università, trasferendosi in toto all’esterno del complesso universitario; la nuova sede si compone di un laboratorio di analisi di circa 140 mq e di un’area destinata ad uffici di circa 170 mq. Nei primi due anni di attività, la crescita di fatturato e clienti è stata costante. BMR ha chiuso il 2007 con un fatturato superiore al milione di euro ed un portafoglio di circa 500 utenti attivi. La clientela è costituita per il 70% circa da enti pubblici di ricerca ed il restante 30% da laboratori privati. In base ad uno studio condotto nel 2007, il 90% degli utenti è molto soddisfatta per il servizio ricevuto; la componente di servizio essenziale per il target è l’affidabilità (indicata come prioritaria dal 92% degli intervistati). La strategia di servizio BMR Genomics intende proporsi sul mercato come Servizio di analisi del DNA, rivolto a diversi attori della società civile. Il core business è rappresentato dalle analisi del DNA effettuate per il mondo della Ricerca Scientifica. In questo settore, l’azienda copre due segmenti strategici: il sequenziamento standard (metodo Sanger) ed il sequenziamento ultra-high-throughput. Quest’ultimo sfrutta una tecnologia di ultima generazione (Roche 454 FLX), che BMR Genomics 68 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 ha acquisito, primo e attualmente unico in Italia. Per il target Ricerca, l’azienda è impegnata ad ampliare il proprio portafoglio di prodotti-servizi: l’obiettivo è di sviluppare un’offerta all inclusive, che snellisca il più possibile le attività perditempo (es. richieste offerte, gestione ordini a fornitori) dei propri utenti. In quest’ottica, è di recente avvio il servizio Custom Primer, che consente agli utenti di ordinare a tariffe agevolate, attraverso il sito di BMR, gli oligonucleotidi necessari per effettuare le attività di laboratorio preliminari al sequenziamento, saltando così il passaggio amministrativo col fornitore. Altri piccoli plus di questo tipo sono in corso di implementazione e saranno disponibili dal 2009. Accanto al settore Ricerca, BMR Genomics è entrata nel 2008 in un altro segmento strategico: quello dei test di genotipizzazione (es. test di paternità). Il mercato è estremamente attrattivo, perchè presenta margini elevati e barriere all’entrata basse. L’offerta è segmentata tra una molteplicità di competitor, la maggior parte dei quali opera attraverso un sito web. I target di mercato sono di due tipi: privati che richiedono il test per finalità informative ed i professionisti (avvocati, agenzie investigative, veterinari, ecc.) che lo richiedono nell’esercizio della professione. Il modello di business L’azienda adotta un modello di business basato sull’ecommerce: attraverso il sito, gli utenti hanno accesso in assoluta trasparenza ad ogni tipo di informazione e possono effettuare gli ordini dei prodotti – servizi, nonché monitorare lo storico degli acquisti. La gestione dei processi interni è altamente informatizzata e orientata agli standard ISO 9000 (è in corso il procedimento per l’ottenimento della certificazione). Il servizio offerto dall’azienda si allinea agli standard di mercato per quanto concerne prezzo, tempi e modalità di erogazione. Il plus dell’offerta deriva invece dall’elevato standard di qualità del servizio e dall’assistenza garantita all’utente: l’informatizzazione spinta e gli investimenti in robotica consentono infatti una tracciabilità totale dei campioni processati, con notevole riduzione dei margini di errore; allo stesso tempo, l’utente registrato può seguire i vari step del processo direttamente dal sito web, nonché accedere con massima trasparenza a tutte le transazioni già effettuate (storico prenotazioni, download risultati, ecc.). Il sistema gestionale ed i protocolli sono sviluppati internamente, ma non sono brevettati: l’azienda adotta una filosofia open source, basata sullo scambio con gli utenti e sul miglioramento continuo delle procedure. In questa logica si inseriscono iniziative quali il “Premio al miglior suggerimento”, la Superlogin di dipartimento ed i corsi di formazione (di imminente avvio). 69 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 Le persone BMR conta oggi su un gruppo di 16 addetti, con formazione biologica, informatica, economica. Il capitale sociale è interamente in mano ai soci fondatori. Nell’azienda si realizza un perfetto allineamento tra proprietà-controllo-management: dei 4 soci di maggioranza (che insieme detengono l’86% del capitale sociale), due sono amministratori e due partecipano informalmente alle decisioni aziendali.Le competenze sviluppate sono riconducibili principalmente a quattro aree: • • • • genomica; bioinformatica; gestione qualità; gestione aziendale. 70 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 2° classificato ex aequo Premio Start Up dell’anno 2008 DREAM S.r.l dedicated reservoir engineering and management www.dream-top.it Settore attività: energia-software DREAM s.r.l. (Dedicated Reservoir Engineering and Management) è una compagnia internazionale nata nel 2004 che offre prodotti informatici e servizi specialistici per il settore petrolifero. L’obiettivo della società è quello di fornire, a livello internazionale, un’ampia gamma di competenze tecniche al fine di caratterizzare, sviluppare ed operare in modo ottimizzato i giacimenti di olio e di gas. Storia L’idea di costituire la società è nata da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino e di tecnici specialistici che erano già attivi nel campo dell’industria petrolifera e che hanno intravisto il potenziale imprenditoriale delle loro competenze professionali. Negli ultimi anni gli esperti della DREAM hanno lavorato insieme con successo nella ricerca e nello sviluppo di studi teorici e di applicazioni industriali. La DREAM si pone sul mercato come un’azienda fortemente innovativa nello sviluppo e nella produzione di strumenti e programmi di calcolo finalizzati all’interpretazione ed alla gestione dei dati di natura statica e dinamica ed alla ottimizzazione delle strategie di sviluppo dei giacimenti di idrocarburi. La società oggi propone una serie di software specialistici come Mistral, per l’analisi dei dati e la valutazione delle incertezze legate alla caratterizzazione petrofisica dei giacimenti, e Aquilon, per l’analisi e la simulazione tridimensionale del comportamento produttivo dei pozzi testati con metodi non convenzionali. Nel 2004 DREAM si è aggiudicata il 2° premio del concorso “Galileo Ferraris – IV edizione” per le migliori idee imprenditoriali dell’anno ad alto contenuto innovativo. Tra i suoi clienti figurano ENI, EDISON Gas, HALLIBURTON, BG (British Gas), SPIGAS, GEOGAS Stock e Transgas (Repubblica Ceca). DREAM è anche il primo SPIN-OFF del Politecnico di Torino. 71 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 Storia della società: • 2003: Partecipazione al concorso Galileo Ferraris ed ingresso in I3P • 2004: Fondazione della società ed ingresso in I3P come Spin-off del Politecnico • 2006: Vincita gara d’appalto con società Halliburton • 2007: Inizio commercializzazione di due prodotti software • 2007: Laurea e successiva uscita da I3P Prodotti La DREAM è specializzata nello sviluppo di software di natura tecnico-ingegneristica per il mercato dell’industria petrolifera. La DREAM offre sul mercato prodotti di alto livello tecnologico caratterizzati dalla facilità di installazione e di utilizzo. I programmi di calcolo realizzati si configurano come software dedicati e specialistici adattati alle specifiche esigenze dei clienti. Mistral è un software per l’analisi dei dati e la valutazione delle incertezze legate alla caratterizzazione petrofisica dei giacimenti di idrocarburi. Mistral utilizza un approccio avanzato per la caratterizzazione delle formazioni mineralizzate fondato sull’inversione di registrazioni multiple con una metodologia di ottimizzazione di tipo Gaussiano-Newtoniano. Il programma fornisce intervalli di confidenza per i risultai dell’interpretazione, accoppiando il metodo Monte Carlo all’algoritmo di ottimizzazione. Le opzioni di combinazione delle soluzioni multiple e di zonazione rendono lo strumento particolarmente adattato all’analisi di litologie miste. Il programma restituisce come output il volume delle varie componenti del sistema (fluidi e solidi), i profili di porosità e saturazione in acqua, e le incertezze associate. Aquilon è un software per l’analisi e la simulazione tridimensionale del comportamento produttivo di pozzi petroliferi testati in modo non convenzionale. Alcune metodologie alternative di esecuzione delle prove di produzione nei pozzi petroliferi possono ridurre o eliminare i rischi legati alla sicurezza, all’impatto ambientale e alla non economicità delle operazioni. Esse comportano però una serie di difficoltà aggiuntive nell’interpretazione e nella gestione dei dati di pressione misurati. Aquilon è stato progettato per simulare la produzione e l’iniezione di fluidi in pozzi verticali perforati in giacimenti eterogenei ad alto livello di anisotropia. L’iniezione o la produzione di fluidi possono essere definite e simulate lungo tutto lo spessore del giacimento oppure, alternativamente, in intervalli selezionati. Le fenomenologie legate allo scambio di calore, alle forze capillari, agli effetti gravitativi e ai fenomeni di diffusione, sono tutte implementate all’interno del programma di calcolo. 72 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 Servizi DREAM offre i suoi servizi nei settori della geologia e dell’ingegneria di giacimento nonché nel campo dello stoccaggio sotterraneo del gas naturale. Attraverso la descrizione integrata e la simulazione del comportamento dei giacimenti di idrocarburi, gli esperti di DREAM sono in grado di identificare le strategie di produzione più appropriate, i sistemi ottimizzati di gestione dei giacimenti e le metodologie più adatte alla massimizzazione del recupero di idrocarburi. Lo staff di DREAM lavora in modo integrato ed efficiente su ciascun progetto al fine di garantire il migliore approccio possibile alle problematiche esaminate. Le capacità tecniche includono la caratterizzazione petrofisica delle formazioni, l’analisi delle registrazioni di pozzo, la descrizione e la modellizzazione statica dei giacimenti, l’analisi volumetrica, il trattamento e la gestione dei dati di pozzo, l’analisi dei dati di produzione, l’interpretazione analitica e numerica delle prove di produzione, la simulazione dinamica del comportamento dei giacimenti, l’analisi del rischio, le analisi geomeccaniche, lo stoccaggio sotterraneo del gas naturale e l’implementazione di tecniche non convenzionali per la massimizzazione del recupero di idrocarburi. Mercato I servizi ed i prodotti informatici della DREAM sono progettati per rispondere al bisogno sempre più emergente nell’industria petrolifera di identificare le maggiori fonti di incertezza e di sviluppare analisi del rischio. La DREAM offre i suoi servizi ed i suoi prodotti non solo alle compagnie petrolifere che operano in Italia ed all’estero, ma anche alle compagnie di servizio che sviluppano gli strumenti e le tecnologie necessarie ad acquisire dati ed informazioni nei giacimenti di idrocarburi. I prodotti ed i servizi offerti dalla società sono caratterizzati da una solida base tecnica e scientifica e da un livello di innovazione reso possibile dall’alto livello di competenza tecnica nei settori della geologia e dell’ingegneria che i membri ed i collaboratori della DREAM mettono a disposizione. DREAM ha inoltre sviluppato progetti in collaborazione con compagnie e centri di ricerca, ponendo le basi per accordi di collaborazione strategici: • Hoplo: società di consulenza con forti competenze tecnologiche nella implementazione di processi produttivi con tecnologie web based; • Kappa Engineering: società specializzata nello sviluppo di software per l’interpretazione di dati di pozzo e di giacimento; 73 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 2° classificato ex aequo Premio Start Up dell’anno 2008 Thethis S.r.l. La libertà di manipolare la materia su scala atomica e molecolare www.tethis-lab.com Settore di attività: Nanotecnologie e Biotecnologie Tethis è un’azienda ad alto contenuto tecnologico, con forti competenze nel settore delle nanotecnologie, che, a partire dallo sviluppo di una tecnologia innovativa per la produzione di materiali funzionali, film sottili nanostrutturati e nanopolveri, ha potuto espandere il proprio mercato di riferimento anche al settore delle biotecnologie e al settore industriale delle microlavorazioni. L’azienda nasce nel 2004 come spin off dell’Università degli Studi di Milano, con il supporto di una società di Seed Capital, Agite! SpA. Questo porta da subito l’azienda a porsi in un’ottica fortemente aggressiva nei confronti del mercato, grazie al supporto di competenze di alto livello nell’ambito manageriale, finanziario e gestionale. La rapida evoluzione dell’azienda, già all’inizio del 2005, desta l’attenzione del gruppo Genextra, holding italiana attiva nel settore delle biotecnologie e, più in generale, delle tecnologie emergenti, da cui viene acquisita nel luglio dello stesso anno. Grazie al supporto, non solo finanziario, ma anche scientifico della compagine Genextra, il cui background tecnologico prende corpo a partire da alcuni gruppi di ricerca d’eccellenza all’interno dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Tethis può espandere il proprio mercato di riferimento anche al settore biomedico. La sede operativa di Tethis, situata a Milano, accoglie sia gli uffici che i laboratori attrezzati per l’attività di ricerca. E’ stata ultimata nel primo trimestre del 2006 e occupa una superficie di circa 800 mq. L’incremento dei progetti in cui l’azienda è coinvolta ha permesso un aumento del proprio organico, che è passato dalle poche unità di personale del 2004 alle venti attualmente operanti, di cui la maggior parte svolge attività di ricerca. I ricercatori dell’azienda possiedono specifiche competenze tecniche che spaziano dalla fisica alla biologia, dall’ingegneria alla chimica. Questo consente di integrare all’interno di Tethis i differenti know how, rendendo possibile lo sviluppo di progetti fortemente interdisciplinari. Le attività commerciali di Tethis sono organizzate in tre differenti dipartimenti operativi: Tethis Research, Tethis Technology Services e Tethis System. Ciascuno di questi dipartimenti si basa sull’utilizzo delle competenze tecnico/scientifiche presenti all’interno dell’azienda, al fine di sfruttare appieno la multidisciplinari- 74 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 tà dell’azienda. Nello specifico, Tethis Research è il dipartimento che ha come obiettivo l’integrazione dei materiali nanostrutturati prodotti in nuovi sistemi e dispositivi per aumentarne il valore aggiunto ed essere impiegati in differenti campi applicativi. Questo avviene tramite progetti di ricerca e sviluppi interni all’azienda o tramite partnership tecnologiche con aziende esterne. L’azienda è coinvolta in una serie di progetti per l’integrazione di questi materiali su differenti piattaforme tecnologiche, che mirano ad esplorare le diverse potenzialità applicative dei materiali prodotti. Le possibili ricadute sono eterogenee: dalle piattaforme microlavorate in silicio per la sensoristica, alle nanopolveri per l’additivazione in polimeri, ai sistemi di microfluidica per saggi clinici e biologici. Questi progetti sono condotti in collaborazione con partner industriali e accademici. Tethis System è l’area che si occupa della progettazione, realizzazione e vendita sia di sistemi per la deposizione di film sottili nanostrutturati, sia di sistemi per la sintesi di nanoparticelle. Tethis Technology Service fornisce consulenze tecniche per lo sviluppo di prodotti nano e biotech, produzione di coatings e di nanopolveri su commessa, oltre che offrire servizi per la caratterizzazione dei materiali. I prodotti commercializzati dall’azienda, tramite il dipartimento Tethis System, sono i seguenti: impianti per la deposizione di film sottili nanostrutturati (linea PMCS) e i sistemi per la sintesi di nanoparticelle (linea FSP). • PMCS (Pulsed Microplasma Cluster Source). È la tecnologia brevettata e proposta da Tethis per la produzione di film nanostrutturati attraverso la deposizione di nanoparticelle in fascio supersonico (Supersonic Cluster Beam Deposition, SCBD). Mediante questa tecnologia è possibile depositare differenti materiali su una vasta gamma di supporti, in funzione delle esigenze applicative specifiche. • FSP (Flame Spray Pyrolysis). Il secondo sistema, nato dalla collaborazione con lo Swiss Federal Institute of Technology (ETH) di Zurigo, è chiamato NanoPowderSynthesizer (nps10). È un impianto basato su un particolare processo di sintesi in fiamma (FSP) che permette la sintesi di ossidi metallici o metalli nobili in forma di polveri. In questo caso il materiale prodotto non viene depositato direttamente su di un substrato ma raccolto per mezzo di filtri meccanici. L’nps10 è stato presentato ufficialmente a febbraio 2008 alla più importante fiera internazionale sulle nanotecnologie (Tokyo Nanotech2008) per il suo lancio sul mercato. Grazie alla versatilità della tecnologia e alle peculiarità dei materiali prodotti, Tethis è attrezzata per fornire servizi per la produzione di coating specifici, da integrare in nuovi sistemi e dispositivi, che possano poi essere trasferiti sul mercato. Questo processo può avvenire con lo sviluppo di progetti interni all’azienda, o tramite collaborazioni e joint ventures con aziende esterne o centri di ricerca. Tra le collaborazioni principali citiamo, a titolo di esempio, 75 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 quella con Selex Communications SpA (Gruppo Finmeccanica) per lo sviluppo di sensori di gas, la partnership con la Fondazione Bruno Kessler per l’integrazione di nanomateriali con piattaforme microlavorate in silicio, l’attività con Dolomite Centre Ltd per lo sviluppo di chip microfluidici funzionalizzati con nanomateriali. L’azienda ha partecipato e beneficiato di alcuni progetti di finanziamento sia Europei che regionali. In particolare ha preso parte a due progetti finanziati dalla Provincia di Milano, il primo per sostegno alle imprese che svolgono ricerche innovative, Innova la tua Impresa, e il secondo per il rilascio di nuovi brevetti: Bando Brevetti 2005. Tethis ha partecipato ad un’iniziativa, finanziata attraverso il Bando per l’Internazionalizzazione delle Imprese, promosso dal Ministero delle Attività Produttive in collaborazione con l’Istituto per il Commercio Estero, per la stesura di uno studio di fattibilità finalizzato alla costituzione di una joint-venture o nuova impresa industriale in Cina. Tuttora Tethis è impegnata nei progetti Nanoprim e Anima. Il primo è finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del VI Programma Quadro per la Ricerca e Sviluppo ed è svolto in collaborazione con altre aziende (il Centro Ricerche Fiat, tra gli altri) e centri Universitari di eccellenza. Esso è finalizzato allo sviluppo di nuovi sistemi di deposizione di nanoparticelle unitamente ai tool per il controllo di tali processi. Il secondo è finanziato dalla Regione Lombardia, e prevede la produzione di cavi dalle elevate prestazioni meccaniche, che integrino additivi di nuova generazione, tra cui le nanopolveri sintetizzate da Tethis, il cui partner industriale è Prysmian SpA (ex Pirelli Cavi). 76 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 Imprese partecipanti CREST S.r.l. Expertise di alto profilo per definire tempo passato e futuro di mari e oceani www.crest.trieste.it Settore di attività: servizi meteo-marini (hindcasting, forecasting e operativi), servizi di ingegneria navale, marina e off-shore. Integra le competenze specifiche su mondi sommersi e segreti, come quelli esplorati dall’oceanografia operativa e la geofisica ambientale, con lo studio delle versatili risorse provenienti da modelli che applicano i principi della fluidodinamica all’ingegneria; questa, la formazione del team di ricercatori da cui è nata, nel 2004, CREST S.r.l. La società che, attualmente opera come società di consulenza interdisciplinare, fornisce prodotti e servizi in due ambiti di competenza: il settore meteo-marino e il settore dell’ingegneria navale, marina e offshore. Indagando il disegno di maree, correnti e moti ondosi sulla superficie marina ed oceanica, CREST si avvale di modelli numerici e metereologici, che permettono di risalire con esattezza lungo il filo conduttore di tale disegno, da oggi fino al 1948 (modelli di hindcasting). Alle possibilità offerte dall’analisi retrospettiva vanno aggiunte quelle legate alle risorse dei modelli forecasting, che con pari lucidità consentono di eseguire dei codici di previsione per periodi invece successivi. I modelli utilizzati da CREST presentano un livello di performance tale, da essere attualmente impiegati per monitorare l’intero mare Mediterraneo e il mar Nero, ma il vero gioiello ideato dalla società è il modello di moto ondoso ad altissima risoluzione (fino a 5 metri). Questo modello, solitamente utilizzato per l’agitazione ondosa all’interno dei porti, permette di determinare l’altezza d’onda in ogni singolo punto di un bacino o sottobacino offrendo un indice in merito all’operatività e la sicurezza della navigazione, ma anche permettendo di pianificare la riprogettazione delle opere a mare (dighe, pontili,moli, ect.). 77 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 Dialectica S.r.l. Dalla passione per la “materia grigia” alla creazione di modelli cellulari innovativi www.dialectica.eu Settore di attività: Biotech Fondata nel 2004, Dialectica S.r.l. unisce un’équipe di ricercatori ed esperti afferenti all’Università degli studi di Milano, sotto l’egida della comune passione per una materia oggetto di studi approfonditi, ma ancora in larga parte sconosciuta, come la “materia grigia”. Operante nell’ambito delle Biotecnologie del sistema nervoso e delle malattie del cervello, Dialectica infatti, sviluppa e valida modelli cellulari innovativi, da utilizzare come test, per misurare la reattività degli stessi all’attività farmacologica. L’azienda lavora sottoponendo le cellule staminali neurali ad una procedura di differenziamento, che permette di ottenere, in misura di elevata riproducibilità ed efficienza, cellule post mitotiche aventi l’identità morfologica e funzionale tipica dei neuroni. Questi modelli oltre ad essere utilizzati con successo nelle campagne di drug screening, permettono inoltre di sviluppare dei sistemi reporter per target molecolari coinvolti nei disordini neurodegenerativi. Nella nuova frontiera tracciata dalle evoluzioni della ricerca sulle cellule staminali, questa giovane impresa si introduce portando in dotazione la possibilità di lavorare con modelli cellulari predittivi delle malattie del cervello, la facoltà di misurare, e quindi ottimizzare, la risposta neuronale all’attività farmacologica dei composti ed infine, l’opportunità di disporre di modelli cellulari su cui testare e verificare le prassi di screening dei farmaci attivi per le patologie neuronali. IMAGINARY S.r.l. Simulazione e gioco come nuova strategia di apprendimento www.i-maginary.it Settore di attività: ICT Già al tempo dei latini il termine “ludus” era utilizzato sia per indicare il gioco in genere, che la scuola, come luogo di apprendimento e addestramento. Imaginary S.r.l., società con sede produttiva all’interno dell’Accelleratore d’Impresa del Politecnico di Milano, porta a compimento e perfeziona questa duplice valenza semantica del “ludus” o gioco; specializzandosi nella progettazione e nello sviluppo di Serious Games e simulazioni per il training e il marketing. 78 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 Stimolante connubio tra gioco e simulazione il Serious Game è uno strumento innovativo, che si presta ad essere utilizzato per scopi di marketing, per finalità formative e per campagne sociali. La dinamica che presiede all’impiego dello strumento è piuttosto semplice, il vero potenziale è racchiuso nella forza d’impatto dello stesso e nella trasversalità delle sue applicazioni. Con il Serious Game infatti, l’utente mette alla prova le proprie competenze confrontandosi direttamente con una semplificazione della realtà, affine al contesto in cui si trova ad agire. La vividezza delle informazioni e delle sensazioni esperite personalmente, intensifica la velocità e profondità dell’apprendimento. Oggi imaginary ha affinato competenze tali da poter ideare e sviluppare soluzioni ad hoc, confezionate a partire dall’analisi dei bisogni e dei desideri del cliente. INOVA S.r.l. Il valore dell’idea al servizio dell’energia www.inovasrl.it Settore di attività: Consulenza e progettazione nel settore elettromeccanico Società partecipata dell’Università di Padova, Inova S.r.l. lega la propria vitalità al concetto di energia riportando al mercato la competenza intellettuale maturata nell’ambito della ricerca e dell’applicazione energetica per le aziende. E’ quindi l’idea, intesa come patrimonio di competenze settoriali e specifiche su energia elettrica, processi di riscaldamento, trattamenti termici, fusione e saldatura, l’autentico prodotto commercializzato da Inova. Nella ricerca e nell’emancipazione intellettuale che essa comporta, Inova ha individuato la tessera cruciale attorno a cui edificare la propria mission ed è in questa prospettiva, che nel 2005, ha finanziato la borsa di dottorato “Electromagnetic Processing of Materials” inerente lo studio di tecniche per la produzione di materiali innovativi da applicare in settori differenti che vanno dal biomedicale alle energie rinnovabili. Attualmente la società opera in qualità di consulente qualificata per aziende, che impiegano tecnologie elettriche in processi termici di vario grado e si occupa della prototipazione di dispositivi elettromagnetici (motori, sensori, attuatori) utilizzando tecniche di progettazione e di simulazione all’avanguardia. Congiuntamente a queste attività e all’esperienza acquisita nella ricerca dell’elettrotermia, la società sta sviluppando anche soluzioni per la sicurezza nell’ambiente di lavoro, specialmente per quanto attiene alla riduzione dei campi elettromagnetici in ambito industriale. 79 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 LoBim S.r.l. L’onda d’urto diventa terapeutica www.lobim.com Settore di attività: Elettromedicale Nasce presso il Polo tecnologico di Navacchio (PI), LoBim S.r.l impresa Spin off dell’Università di Pisa, che sfruttando la scia delle onde d’urto produce e commercializza, per la prima volta in Italia, apparecchiature elettromedicali mini invasive ad alta efficacia terapeutica. Da un punto di vista medico e scientifico le onde d’urto sono il vettore di un’importante filone di ricerche che apre nuove frontiere alle terapie per la rigenerazione dei tessuti. Si tratta di onde acustiche ad elevata energia in grado di propagarsi con una forte pressione concentrata in pochissimi nanosecondi, che possono essere utilizzate per terapie di primissima scelta nella cura di patologie dei tessuti molli (periartriti, tendiniti, borsiti) del tessuto osseo (pseudoartrosi) e probabilmente, in futuro, anche per la rigenerazione del tessuto cardiaco. Punta di diamante dell’attività di LoBim è la famiglia di sistemi ad onde d’urto E.S.W.T. per l’ortopedia e la riabilitazione. Il sistema è declinato in due modelli, SW 1000H per la cura di tutte le affezioni muscolo-scheletriche e l’SW 1000M per la cura dei tessuti molli. Oltre al tradizionale servizio di vendita del prodotto l’azienda adotta anche la formula full lease prevedendo per i clienti la possibilità di acquisire il dispositivo in noleggio operativo. La formula consente una progressiva collocazione del prodotto nella struttura sanitaria, ma soprattutto estende i vantaggi del dispositivo a quella fascia di utenti, prima esclusi dalla terapia ad onde d’urto a causa dei costi elevati. RoboTech S.r.l. La robotica vettore d’intrattenimento www.robotechsrl.com Settore di attività: Robotica di servizio, intrattenimento e didattica Finalizzare la robotica a servizio dell’intrattenimento e della didattica, è l’ambizioso obiettivo di RoboTech S.r.l., società di consulenza che opera a livello internazionale, nata come Impresa Spin-off della Scuola Superiore Sant’An- 80 imprese finaliste | Premio Start Up dell’anno 2008 na di Pisa. RoboTeach mette a disposizione competenze legate alla progettazione e allo sviluppo di robot per il mercato dell’edutainment. L’azienda è specializzata nella progettazione, nello sviluppo e nell’integrazione di sistemi visivi e uditivi per robot, di sistemi sensoriali ad ultrasuoni, di sistemi di riconoscimento vocale embedded e di controllo embedded, ed infine in architetture di controllo di robot e interfacce grafiche per robot, PC e telefoni cellulari. Emblema della produzione aziendale è I-Droid. Si tratta di un robot umanoide programmabile in kit di montaggio, alto circa 40 cm, del peso di 2 kg circa e alimentato con otto batteria a stilo. I-Droid, si muove evitando ostacoli, riconosce ed esegue comandi vocali, registra e riproduce la voce, segue persone e oggetti in movimento, scatta e memorizza fotografie, esprime stati emozionali attraverso luci e suoni; si comanda con la voce, da PC, da cellulare, via Bluetooth e anche remotamente da internet. Progettato e sviluppato per la DeAgostini Editore, è stato venduto in sei differenti paesi in più di 100.000 unità. L’azienda si è aggiudicata recentemente un premio annuale internazionale per il miglior lavoro di “technology transfer”, premio assegnato a Praga il 28 marzo 2008 nell’ambito dell’assemblea plenaria della European Robotica Network of Excellence EURON. 81 PNICube Presentazione PNICube PNICube Breve nota di presentazione PNICube è l’associazione che riunisce gli incubatori e le business plan competition (denominate Start Cup) accademiche italiane, nata con l’obiettivo di stimolare al nascita e accompagnare al mercato nuove imprese ad alto contenuto di conoscenza di provenienza universitaria. Oggi sono 33 le Università e gli incubatori universitari soci di PNICube. L’associazione PNICube si pone i seguenti obiettivi: • Favorire la nascita di incubatori universitari • Scambiare esperienze tra i soci e favorirne la reciproca collaborazione • Sensibilizzare e promuovere l’adozione di politiche a favore di iniziative di incubazione di imprese • Acquisire risorse indirizzate alle attività di creazione di impresa • Promuovere e sostenere i soci nelle collaborazione internazionali • Favorire la creazione di start up dalla ricerca PNICube è promotrice di due principali iniziative: il Premio Nazionale per l’Innovazione, che seleziona le migliori idee d’impresa innovative, e l’evento Start Up dell’Anno che premia la giovane impresa hi-tech che ha conseguito il maggior successo di mercato. La Storia, il modello e i numeri di PNICube Nel 2003 il Ministero delle Attività Produttive finanzia il progetto IUNet, al fine di creare una rete di collegamento tra gli incubatori di impresa universitari. Lo stesso anno prende il via la prima edizione del Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI), una sorta di “coppa campioni” dei migliori progetti di impresa nati 85 in ambito universitario organizzato da cinque Start Cup. Per sfruttare l’esperienza di IUNet e di PNI, nel 2004 viene costituita PNICube al fine di facilitare le politiche di trasferimento tecnologico attraverso la creazione di imprese innovative dal mondo della ricerca accademica. Il modello di sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali seguito da PNICube prevede l’implementazione di due interventi organizzativi sequenziali: • prima le Start Cup locali (e il Premio Nazionale per l’Innovazione) con l’obiettivo sia di diffondere cultura d’impresa tra gli studenti e i ricercatori delle nostre Università sia di selezionare le migliori business idea. • e successivamente gli Incubatori per fornire quei servizi tangibili (uffici, connessione internet ecc.) e intangibili (consulenza manageriale, networking,...) necessari alle nuove imprese per raggiungere il successo. a) Le idee d’impresa: i risultati delle Start Cup Nel 2008, le 17 business plan competition locali aderenti al Premio Nazionale per l’Innovazione che si svolge a Milano, hanno generato complessivamente: • 657 idee di business raccolte • 1.875 i partecipanti coinvolti • 341 business plan presentati, • 17% di progetti di Information Technology sul totale delle idee • 29% delle presenze femminili nei team b) Le imprese: i risultati economici delle imprese di PNICube. Da un monitoraggio sulle imprese vincitrici delle Start Cup locali, del PNI oppure ospiti degli incubatori membri del network è emerso che, relativamente all’esercizio 2007, le 300 start up tecnologiche generate (di cui 267 ancora attive) dal PNICube hanno presentato i seguenti numeri: • 61,5 milioni di euro di fatturato complessivo • 1.412 addetti • 87 brevetti registrati • 60 imprese sono partecipate da VC, BA o medie-grandi imprese • 14 imprese hanno un fatturato > 1 milione di euro • 61 imprese hanno un fatturato compreso tra i 200.000 e 1 milione di euro • 1,25 milioni di euro di contributi in denaro erogati dalle Start Cup e dal PNI 86 Gli organi direttivi di PNICube Presidente • Prof. Gianni Lorenzoni Consiglio Direttivo • • • • • • • • • • • • • • Dott. Andrea Berti (Università di Padova) - Consigliere Prof. Andrea Piccaluga (Scuola Sant’Anna di Pisa) - Consigliere Prof. Gianni Lorenzoni (AlmaCube - Università di Bologna) - Presidente Prof. Loris Lino Maria Nadotti (Università di Perugia) – Vice Presidente Prof. Tiziano Bursi ( Università di Modena e Reggio Emilia) Consigliere Dott.ssa Manuela Croatto (Università di Udine) - Consigliere Prof. Vincenzo Pozzolo (I3P - Politecnico di Torino) - Consigliere Prof. Mario Raffa (Università Federico II di Napoli) - Consigliere Prof. Giuseppe Serazzi (Politecnico di Milano) - Consigliere Dott.ssa Rita Maria Sorisio (Università di Torino) - Consigliere Prof. Maurizio Fanni (Università di Trieste) - Consigliere Prof. Pierangelo Rolla (Università di Pisa) - Consigliere Prof. Giovanni Perrone (Università di Palermo) - Consigliere Prof.ssa Gilda Antonelli (Università del Molise) - Consigliere Responsabile organizzativo • Dott. Fabrizio Bugamelli (AlmaCube - Università di Bologna) PNICube Segreteria c/o AlmaCube Via Fanin, 48-40127 Bologna Tel 051 4200349 fax 051 4200317 www.pnicube.it 87 Note Note Note Note Note