PNICube
“Incubazione e dopo?”
a cura di Loris Nadotti
Segretario e Vicepresidente Associazione PNICube
3° workshop internazionale, perugia 2008
Prefazione
Loris Nadotti*
La convergenza tra ricerca universitaria, cultura e promozione dell’attività
d’impresa come nuovo obiettivo qualificante è la sfida che le Università italiane aderenti alla Associazione PNICube hanno condiviso nell’ultimo quinquennio. Il trasferimento dei risultati della ricerca e il plus competitivo offerto
dall’innovazione rappresentano il nocciolo concettuale dell’evento “Start Up
dell’anno 2008” che, giunto alla sua seconda edizione, in concomitanza con
le celebrazioni per il VII Centenario dell’Università degli Studi di Perugia, si
svolge quest’anno nel nostro Ateneo.
L’Università degli Studi di Perugia, socio fondatore dell’Associazione PNICube,
nel recente passato sì è costantemente impegnata a colmare il gap storico e
culturale che in Italia ha visto viaggiare su sentieri paralleli le fonti istituzionali
della ricerca e il mondo della produzione sia con la sensibilizzazione del mondo accademico sulle tematiche relative alla tutela della proprietà intellettuale
e del trasferimento tecnologico, sia grazie al rafforzamento ed alla moltiplicazione delle occasioni di collaborazione con l’imprenditoria e con tutto il tessuto
economico del proprio territorio di riferimento.
L’Ateneo perugino, infatti, da un lato coopera stabilmente con la Regione Umbria ([email protected] - azione 2.4, ecc.) ed altri enti pubblici e privati alla progettazione e realizzazione di azioni volte a modernizzare le filiere produttive
con la messa a disposizione di competenze specifiche e con l’elaborazione
di scenari e prospettive; dall’altro ha teso a valorizzare le idee imprenditoriali
scaturite dalla ricerca e ad offrire opportunità e occasioni per i giovani formati
all’interno dell’ateneo mediante le attività di promozione a favore della nascita
di nuove imprese Spin-Off.
Coerentemente a questi indirizzi, nel 2003 è stato approvato il “Regolamento
dell’Ateneo di Perugia sugli Spin-Off universitari” al fine di accelerare “la costituzione di organismi di diritto privato, sotto forma di società di capitali, denominati [..] spin-off, aventi come scopo l’utilizzazione imprenditoriale, in contesti
innovativi, dei risultati della ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.”
(art 1 comma 1). Pur non disponendo ad oggi di un vero e proprio incubatore,
l’Università di Perugia ha visto nascere e svilupparsi all’interno delle proprie
strutture più di 20 spin-off che hanno potuto sfruttare spazi e strutture dipartimentali. Il supporto offerto nella fase di avvio a queste imprese si è dimostrato
più che positivo dal momento che il loro tasso di sopravvivenza è, al momento,
del 100%. A partire dalla metà del 2009 sarà inoltre attivo il nuovo incubatore
* Loris Nadotti: Professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari, Delegato del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di
Perugia per gli Spin-Off e il Trasferimento tecnologico e Vice-Presidente PNI Cube.
3
dell’Università, destinato ad offrire ulteriori servizi alle società ospitate, con
l’obiettivo di contribuire in misura crescente nel tempo allo sviluppo locale, alla
creazione di opportunità di lavoro qualificato ed alle conseguenti e positive
ricadute economiche.
Sempre con l’intenzione di favorire lo sviluppo di processi integrati utili ad una
rapida diffusione delle informazioni prodotte all’interno dei suoi dipartimenti
verso il mondo dell’impresa, a partire dal giugno 2006, l’Ateneo perugino ha
attivato l’Area per il Trasferimento della Conoscenza (KTO) destinandola esplicitamente a valorizzare la ricerca condotta nell’Università. In due anni di attività il KTO ha rafforzato le relazioni tra accademia e mondo della produzione ed
ha favorito sia la nascita di nuove imprese, basate sull’innovazione e lo sfruttamento di nuove tecnologie, sia la valorizzazione della proprietà intellettuale
con i brevetti originati dalle attività di ricerca.
Il KTO è nato in concomitanza della realizzazione del progetto “Nuovo ILO”,
in partenariato con le Università di Padova, Pavia e Trieste e con il cofinanziamento del MIUR, con lo scopo di affinare la sensibilità dei ricercatori sulle tematiche relative allo sfruttamento economico dei risultati della ricerca e
di creare una rete strutturata di interrelazioni tra Università e impresa. Insieme alle Università partner del progetto è stato realizzato un database delle
competenze:UNI2B (www.uni2b.it ).
Tra le numerose e recenti iniziative nel settore del trasferimento tecnologico
e della valorizzazione dei risultati della ricerca ospitate a Perugia e organizzate dall’Area per il Trasferimento della Conoscenza meritano una menzione
particolare:
1) Convegno Internazionale: “Intellectual Property: come gestirla per essere
competitivi” che ha costituito un’importante iniziativa di studio e di confronto
con esperti esteri e con gli operatori del settore sul tema della tutela della proprietà intellettuale all’interno del mondo accademico e delle piccole e medie
imprese.
2) seconda edizione della Start Up dell’anno.
La collaborazione sistemica tra università, aziende e istituzioni pubbliche rappresenta l’elemento attraverso il quale riaffermare e rinnovare il ruolo delle
Università, in particolar modo di quelle pubbliche, quale fattore di sviluppo e di
crescita economica e culturale.
4
Per questo motivo sono tre gli ambiti operativi in cui sono state focalizzate le
attività dell’area:
• diffusione della cultura della valorizzazione dei risultati della ricerca e scouting delle competenze. Comunicazione capillare dei servizi offerti dall’Ateneo relativamente alla cultura della valorizzazione della ricerca e creazione
di momenti di incontro quali seminari, workshop e convegni, che offrono un
quadro completo circa l’attività e l’impegno profuso dall’Università di Perugia
in attività di trasferimento delle conoscenze a livello locale;
• attività di supporto allo sfruttamento economico dei risultati della ricerca.
Servizi relativi alle attività di pre-incubazione e di incubazione delle imprese
spin-off volti a promuovere progetti d’impresa, dalla fase di formalizzazione
dell’idea fino allo start-up. Inoltre l’Area fornisce sostegno al corpo docente
dell’ateneo nella fase di individuazione di idee suscettibili di tutela e brevetto
e di coordinamento dei rapporti con i tecnici del settore.
• fund raising, gestione e rendicontazione dei progetti di pertinenza dell’area.
Tra i progetti presentati dall’area ed ammessi al finanziamento dai Ministeri
competenti si ricordano:
A) Nuovo ILO
Progetto cofinanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, di cui si è
fatto cenno in precedenza, è un’iniziativa in partenariato con le Università di
Padova, Pavia e Trieste, che si muove lungo due distinte linee di intervento:
l’una volta ad affinare la sensibilità dei ricercatori sulle tematiche relative allo
sfruttamento economico dei risultati della ricerca e l’altra diretta a creare una
rete strutturata di interrelazioni tra Università e impresa.
B) ITRASTE
Oltre ad essere il titolo del progetto finanziato dal Ministero dello Sviluppo
Economico, è anche il nome della società consortile a r.l. che gestirà l’incubatore d’impresa dell’Università degli Studi di Perugia, attivo a partire dalla metà
del 2009: una realtà formata da 12 unità operative destinate ad accogliere le
imprese in fase di start up e una rete di servizi prodotti e offerti alle imprese di
matrice accademica.
5
C) Azioni Innovative
E’ il programma della Regione dell’Umbria volto a valorizzare le attività di ricerca e promozione di spin-off industriali basate su tecnologie innovative. Il
progetto ha la finalità di strutturare un modello di intervento mirato a favorire
lo sviluppo di relazioni virtuose tra settori innovativi, imprese della regione e
ricerca universitaria. Sono coinvolti nell’iniziativa insieme all’Università degli
Studi di Perugia, Meta Group, Umbria Innovazione e BIC Umbria
La manifestazione Start up dell’anno tenutasi a Perugia ed illustrata in queste
pagine nasce per iniziativa dell’Associazione PNICube e dalla collaborazione
con Ipi - Istituto per la Promozione Industriale; Unioncamere, CNR, Codau;
CRUI, APRE, NETVAL, ed il sostegno economico di Regione Umbria; Comune
di Perugia, Intesa-Casse del Centro; Gepafin; Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Perugia; Sviluppumbria S.p.a; Confindustria Umbria-Giovani
Imprenditori; Camera di Commercio di Perugia, Indesit Company e Itraste: si è
inteso con essa mettere a confronto le opinioni dei maggiori esperti in ambito
nazionale e internazionale, istituzionali e privati in ambito di Trasferimento tecnologico e valorizzazione dei risultati della ricerca accademica.
La scelta di premiare un’azienda e quindi, un “progetto di impresa che si è concretizzato”, rappresenta un messaggio esplicito in merito alla volontà dell’Associazione PNICube, che lo ha ideato e promosso, di volere sostenere le aziende
neonate proprio nella fase più delicata del loro avvio, ovvero nel momento del
passaggio dallo stato progettuale della business idea alla dimensione pratica
e strutturata di unità produttiva pronta a consolidare la propria posizione, e a
competere nelle migliori condizioni sul mercato.
Il premio ad un impresa, eletta Start Up dell’anno in funzione delle performance realizzate nei tre anni successivi alla sua costituzione, è teso a dimostrare
che esistono stabili e concreti spazi di concorrenza per le aziende nate dalla
ricerca universitaria e, al tempo stesso, ad offrire precise informazioni in merito ai fattori critici di successo che consentono a realtà ad alto potenziale innovativo di affermarsi ed espandere i rispettivi spazi di mercato. Questo evento
rappresenta quindi un’utile occasione di riflessione e confronto per quanto
concerne le relazioni tra Università e industria, e sul valore strumentale che
queste prospettano per la ricerca applicata, lo sviluppo economico e per quanto attiene ai riflessi sulla capacità competitività dei singoli Stati nazionali.
Per questi motivi, il terzo Workshop annuale dell’Associazione PNI Cube costituisce una importante occasione di dibattito ed approfondimento delle tematiche relative a compiti e impegni che Atenei e incubatori universitari di impresa
6
sono chiamati ad affrontare nell’accompagnamento al mercato delle aziende
nate dalla ricerca.
Il Workshop 2008, intitolato “Incubazione….e dopo?”, mira in questo senso a
sviluppare, in due sessioni (“La Post Incubazione” e “Politiche industriali per
le Start Up innovative”), il dibattito concernente ciò che accade alle imprese
spin-off della ricerca una volta terminata la fase assistita del loro sviluppo e
cioè quando più immediato e complesso diventa l’impatto con il mercato. Lo
studio e l’analisi dei modelli offerti da altri contesti nazionali, la definizione di
strategie e best practice da condividere e la rilevazione di politiche industriali
per l’accelerazione dei processi di crescita delle imprese ad elevato valore
aggiunto costituiscono i temi su cui è necessario riflettere e indagare al fine di
evitare che iniziative ad alto potenziale di sviluppo vengano vanificate a causa
di inevitabili imperfezioni dei meccanismi di mercato e delle inefficienze dei
sistemi di sostegno che ne dovrebbero agevolare la crescita.
Gli interventi proposti nell’ambito del workshop sono stati raccolti anche
quest’anno e per la terza volta, in una pubblicazione della Associazione
PNICube al fine di testimoniare la sensibilità e l’impegno delle Università che
ad essa aderiscono a favore dello sviluppo dell’attività di impresa, quale logica
prosecuzione di alcuni ambiti di ricerca applicata. Ripercorrendo l’ordine di
svolgimento delle sessioni e i contenuti emersi dal dibattito, questo documento
può rappresentare uno spunto di discussione sull’ampliamento dei compiti
istituzionali delle moderne università. Infatti, gli Atenei sono oggi chiamati
non solo a fornire strumenti e contenuti didattici e a lavorare nella ricerca e
nell’innovazione, ma anche ad offrirsi quale luogo di convergenza degli sforzi
orientati a colmare il gap culturale, che frequentemente separa ancora la
ricerca accademica dal mondo delle imprese ed imprimere in questo modo
nuovi stimoli qualificanti al processo di sviluppo economico.
7
Indice
Nota Introduttiva di G.Lorenzoni
1.
13
La Post Incubazione
The “Post-Incubator” Era - Mark E. Coticchia
17
University Spinouts - Post Incubation - Tim Cook
21
La post-incubazione - Marco Cantamessa
27
La “Post-Incubazione” Riflessioni sui temi della tavola rotonda
- Emil Abirascid
33
Post-incubazione. L’importanza di definire nuovi modelli di crescita
- Graziano Dragoni
35
Incubazione…. E dopo? - Roberta Albanese
38
2. Politiche Industriali per le Start Up innovative
Politiche industriali per le start up innovative:
linee di tendenza e sviluppi futuri - Mauro Mallone
47
Le politiche industriali per le imprese spin-off - Andrea Piccaluga
51
Le politiche industriali a supporto
dell’imprese innovative - Gilda Antonelli
61
L’evento Start Up dell’anno 2008
65
Premio Start Up dell’anno 2008
Presentazione delle imprese finaliste
BMR Genomics S.r.l.
68
Dream S.r.l.
71
Thethis S.r.l.
74
Crest S.r.l.
77
Dialectica S.r.l.
78
Imaginary S.r.l.
78
Inova S.r.l.
79
LoBim S.r.l.
80
RoboTech S.r.l.
80
Presentazione
PNICube
85
Nota Introduttiva
G. Lorenzoni*
Nell’esame dei fenomeni di trasferimento tecnologico e di creazione di impresa è opportuno tentare di rifuggire dai luoghi comuni che spesso accompagnano le nostre discussioni e le prese di posizione.
1. Il primo fra questi riguarda la mitizzazione dei blockbuster, cioè dei casi di
crescita straordinaria e di capitalizzazioni macroscopiche in brevi intervalli
di tempo. Rispetto al grande numero di nuove imprese che nascono la quota di blockbuster è irrisoria. Dobbiamo accettare che i nostri casi e le nostre
imprese nascono piccole, alcune crescono e prosperano ma non arrivano
alla celebrità, pur essendo un elemento strutturale del sistema industriale.
2. C’è un eccesso di enfasi sulle manovre di spin-off che peraltro mostrano risultati deludenti. Le opzioni di trasferimento tecnologico sono ben più
numerose e statisticamente più frequenti rispetto allo spin-off. I Contratti
di ricerca, i brevetti, le licenze sono molto complessi, non richiedono la
creazione di organizzazioni dedicate, hanno modalità e perimetri di azione
allargati. Gli ordini di grandezza sono da 2 a 100: solo in due casi su 100
vediamo perseguita l’opzione spin-off rispetto alle altre.
3. I processi e i progetti di trasferimento procedono a rilento e molti i cosiddetti
spin-off non hanno dato luogo a creazione di impresa e così via.
Questo apprezzamento non ci deve far dimenticare i risultati che la nostra
piccola comunità ha comunque raggiunto; cinque anni fa non si parlava di
incubatori, di premi per l’innovazione, di spin-off.
Le riflessioni, gli esperimenti e le azioni sottostanti sono importanti anche se
sono stati commessi errori: abbiamo davanti molto spazio per migliorare.
* Gianni Lorenzoni: Presidente PNICube
13
La Post Incubazione
Capitolo I
Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia
The “Post-Incubator” Era
Mark E. Coticchia*
Incubation alone is not enough for a company to succeed. This narrow concept of incubation needs to be expanded, improved, and refined. In order to
have real success, there must be something more than simply incubating. The
idea of a company benefiting from further involvement has evolved and spread into a type of collective realization that recognizes the need for assistance
beyond incubation; it has led to a post-incubation era. In the United States, a
three-dimensional model serves to illustrate the movement towards this postincubation era.
The first dimension of incubating arose in the 1970’s, which involved developing a selection process to differentiate solid businesses from bad ideas, set
up space, and offer equipment to fledgling companies. In the first dimension,
companies tended to remain in the incubator stage indefinitely. To remedy this,
a second dimension of incubating emerged in the 1980’s and early 1990’s to
help incubator companies with their business plans, locating service providers,
and occasionally offering money as grants or equity investments. However, business plans and inconsistent venture capital funds were not enough to turn a
good technology into a great business. Additional steps were needed, leading
to the practice of the third dimension of incubating. This model of incubating
created an environment for high impact assistance and transformational change such that companies could truly grow and attract capital. Most incubators
today are two-dimensional incubators, but the best among them are striving
to become three-dimensional by implementing aggressive strategies when it
comes to capital and talent.
Capital and talent need to be defined, understood, and influenced in the postincubation stages. In order to create a regional culture that understands capital
- the first major part of the three-dimensional model - there first needs to be a
universal understanding of the stages of operations, stages of capital, types of
investors, and industries. To help determine if a region needs growth, it should
be compared to the amount of capital invested in various geographies from different sources such as angel investors, venture capital investors, government
funds, and corporate funds. Once the sources of funding have been defined,
the next step is to know and understand the environment while ensuring others
* Mark E. Coticchia: Vice President of Research and Technology Management at Case Western Reserve University in Cleveland, OH. Previously,
he has worked in industry, government, and other academic institutions. Throughout his career, he has held various engineering, marketing, and
business development positions. In addition, he has been an entrepreneur and early stage venture capitalist.
17
Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia
do the same; there are many resources available to better understand the funding climate. The key is to get involved and interact; conferences and online
sources will help a company network and attract capital. An example of one
such website is IdeaCrossing (www.ideacrossing.org), which is available to
all individuals and organizations with an interest in supporting and promoting
entrepreneurial activity. It is intended to help entrepreneurs find the assistance
and investment capital they need to launch promising new business ventures.
Additionally, IdeaCrossing serves the angel and venture capital community by
identifying and screening new investment opportunities.
Incentive programs are designed to attract venture capitalists to set up and
invest in companies in an area. In Ohio, the Ohio Capital Fund offers $150
million for high-performing venture capital funds who set up office in Ohio or
invest in Ohio companies. The State of Ohio has a Technology Investment Tax
Credit program that offers a variety of benefits to Ohio taxpayers who invest in
small research-and-development and technology-oriented firms. Understanding the funding climate is essential to attracting the necessary capital to build
a successful company.
It is very important to influence the company’s capital by meeting potential
investors, while constantly informing them about the company’s deals and
packaging them in an attractive manner. Power, politics, and influence are
important assets that an External Finance liaison can bring to the company
by traveling and pitching the company’s technologies. This person will help
the company to figure out how to obtain investment incentive programs, how
to use tax credits for individual investments in companies, and how to create
incentives for venture funds to invest in companies in the local region or to
locate offices there.
The other major part of the three-dimensional incubation model is based on
talent. Guidelines need to be set on how great talent is defined and can be
found, the tradeoffs companies can and should make regarding talent, when
and how companies should bring in talent, how great talent should be compensated, and so forth. The best candidates, the “A Players,” will demonstrate
excellence in performance, vision, intelligence, leadership, drive, and track record; however, “B-” and “C Players” will only show a few of these traits.
In order to be understood, talent needs to be tracked. Keeping a database
of talented entrepreneurs and venture capitalists - as well as great service
providers such as lawyers, marketing consultants, accountants and executive
18
Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia
recruiters - will prove a beneficial tool. These people should not only have
world-wide clientele and work with small to high growth companies, but they
should be willing to do something economically special for the company, such
as offering a discount, equity in lieu of cash, or to attend a board of directors
meeting gratis. The final layer of talent should be with the company’s board of
directors. These three to seven advisors will help the company by adding critical knowledge, credibility, structure, and accountability. Every service provider
and layer of talent is integral to the growth of a company.
While the three-dimensional model looks great on paper, it can truly be brought to life through examples. The following success stories illustrate how the
three-dimensional model worked to develop two struggling cities in the United
States into pillars of innovation.
In the early 1990’s, Pittsburgh, Pennsylvania was an industrial city in the postindustrial era struggling with a declining population, a “brain drain”, with venture investment less than $20 million annually. In 1994, several researchers
at Carnegie Mellon University (CMU) developed a technology to perform searches on the Internet, and they entered the incubator at CMU to build their
company. Lycos, as the search engine would later be called, was aided by
CMU throughout each of the three dimensions of the incubation model. In the
first dimension, CMU provided Lycos with office space and equipment, and
helped to file a patent application. In the second dimension, CMU assisted
Lycos with their business plan, helped connect them with service providers,
and invested $100,000 in the company. The third dimension proved very successful for Lycos. CMU raised $2 million in seed capital to fund Lycos and was
subsequently able to invest more of the university’s money in the company.
Additionally, an underwriter and management team was hired, and they were
able to create a world-class board of directors. Lycos went public in 1996, and
was eventually sold to Tera Systems for $1 billion.
In 2001, the city of Cleveland, Ohio was facing many of the same issues
Pittsburgh had in the last example: a history of heavy industry, experiencing a
similar brain drain, and under $30 million in investment money annually; low
confidence and poor attitudes were prevalent. The Northeastern Ohio region
was struggling to attract capital and talent. In particular, Case Western Reserve University was underperforming, creating licensing revenues at only 50%
of the national average. By employing the three-dimensional approach, Case
19
Capitolo I - La Post Incubazione | Mark E. Coticchia
Western was not only able to revitalize its own technology transfer system, but
also create a foundation for the venture capital industry around Cleveland.
During the first dimension, Case Western rebuilt its technology transfer office
around four concepts: centralized function, customer service, staff who were
business people, and the authority to move deals quickly. In its work in the
second dimension, Case Western’s technology transfer office worked with two
entities partially owned by Case Western: Edison Biotechnology Center and
Enterprise Development. The real transformation was again seen in the third
dimension with a focus on capital and talent. The Early Stage Capital Task
Force, a group charged with defining the venture capital situation in Northeast Ohio, developed the Greater Cleveland Venture Capital report, which built
collaboration, cooperation, and partnerships between research institutions,
foundations, angel investors, venture capitalists, and the state. In addition, these partnerships were designed to reduce risk and increase deal flow in order
to attract more venture capital and talent to the region. Out of this, two new
entities were created: JumpStart and BioEnterprise. JumpStart is one of the
most active seed-funding entities in America, and has invested in several of
Case’s spinout companies. BioEnterprise is a business accelerator which has
attracted over $585 million in capital to medically-oriented companies over the
past four years. Together with Case Western and two neighboring hospitals,
JumpStart and BioEnterprise have come to be called Northeast Ohio’s Innovation Network. The Innovation Network has not only turned Cleveland into a
hotbed of investment - Cleveland now has more healthcare venture capitalists
than anywhere else in the U.S. - but has also attracted talent to the area. The
Innovation Network mainly develops and retains talent through the creation
of policies and seminars that provide continuous support to researchers and
startup companies in the area.
Moving incubation and technology transfer to a three-dimensional model involves more than just editing business plans and offering office space. There
exists a need for incubators to provide real knowledge, guidelines, and connections to capital and talent. Collaboration between research institutions,
companies, and venture capitalists is the driving force behind offering these
assets to companies. The process may not show immediate results; it may
take 3-5 years to start to see progress. In this post-incubation era, a positive attitude and the willingness to experiment with new ideas are the keys to
success as incubators begin to provide companies with more and more highvalue resources.
20
Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook
University Spinouts - Post Incubation
Tim Cook*
The main difference between a university spinout and any other start up company is the obvious one that the spinout came from a university! This means
that academics may still be involved as shareholders, executives or consultants. The university itself may also still be involved with a shareholding, with
the company using university facilities, or the company placing contract research in the university. So, if we are to maximise our benefits from working
with them, we must seek to understand both academics and universities. This
article is mostly about post-natal care but first we need to look at the baby’s
DNA.
The different worlds of academia and industry
When a company starts from a university the interested parties are the founding academics and a commercial manager who together prepare a business
plan and start to look for investment. They each come from different worlds
and it is helpful to look at their different characteristics.
Industry is driven by external needs. A company has clear goals with commitments to its shareholders and companies operate under commercial confidentiality where they keep all the really valuable information secret. On the other
hand, academic activity has to be largely self-directed, the next step defined
by what was learned yesterday, and an academic career is measured by the
quality and quantity of publicaOrthogonal Value Sets
tions. Although each is consistent in itself these worlds are
Bilingual
Intermediary
very different.
Commercial axis
These two value systems can
be represented as Cartesian
axes. Some think they should
be diametrically opposed, pulling in opposite directions. My
own view is that they are ac-
Research
Oriducts
Licence or
consultancy
Academic axis
€
Research
* Tim Cook: Oxford University, Director Isis Innovation, Visiting Professor in Science Entrepreneurship.
21
Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook
tually orthogonal, meaning that they have no mutual projection, one onto the
other. In other words the academic has little or no perception of the industrial
value system and the industrialist has little or no perception of the academic
value system (although both probably think they have a perfect understanding
of the other!). To help build a productive relationship between these two civilizations I suggest that an intermediary with experience in both worlds can
promote mutual trust between them, thereby stimulating constructive collaborations and generating licenses and consultancies. The academic axis turns
money into research. The commercial axis turns research into products.
If we are talking about a spinout company, rather than
consultancy or licensing,
there is a third axis. In addition to academia and industry there are investors.
Investors are not the same
as industrialists, as the diagrams illustrate. The investor
axis is orthogonal to both the
other two and so the intermediaries need to be fluent
in three different languages,
academic, commercial and
investor.
The Third Axis
Commercial axis
Bilingual
Intermediary
Trilingual
Intermediary
Academic
axis
Spin-out
Investor axis
€
€€€
The different characteristics of the three value systems can be illustrated as
follows: The researcher is an insider with one major research interest, the industrial manager is an insider, working for an industrial company, and the
investor is usually an outsider with many diverse interests. For a researcher,
the route forward is undefined at the start of the process, since the map of the
territory over which he is to travel has yet to be drawn. Conversely in the world
of industry there must be a coordinated corporate plan and coherent activity
between all the different parts of the organisation. An investor’s strategy is to
evaluate opportunities, invest in some of them and monitor the performance of
the investments. If it is not working, the researcher has to find a work-around.
If it is not working, the industrial manager has to fix the problem. If it is not
working, the usual advice to investors is to sell.
22
Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook
Three value systems
Researcher
Industrial Manafer
Investor
Insider
Insider
Outsider
One major interest
One company
Lots of concurrent
activities
• Route is undefined at
the start
• Coordinated plan
• Choerent activity
• Evaluate
• Invest
• Monitor
If it’s not working find a
workaround
If it’s not working fix it
If it’s not working get out
Company development over time
Over time the influence of these
Manager
three tribes in the operation of the
company changes. The relative perInvestor
centages vary widely between different companies. This diagram shows
Academic
a spinout where the driving force is
initially the academic who works with
a manager to raise investment. Then
over the first two years, as the investors put in more money, they increase their
influence over the company and may eventually replace the manager with one
of their own appointment.
It is useful to divide the formative stages of a spinout company into three
distinct types of activity and look at the skills, motivation and rewards of the
protagonists in each activity.
The skills required by researchers are research, the skills required by technology transferors are building relationships and the skills required by active
shareholders are to drive the management of the companies in which they
23
Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook
Different types of activity and advisors
Spinout
Company
Clean IPR
Growing
Company
Protagonists
Researchers
Technology
Transferors
Active
shareholders
Skills required
Research
Relationship building
Driving management
Main motivation
Research activity
Technology transfer
Carried interest
Main reward
Research results
Technology transfer
Wealth
have invested.
The main motivation of researchers is research activity, that of tech transferors
is technology transfer. The main motivation of shareholders is their carried
financial interest in the company.
The reward of researchers is research results, that of tech transferors is seeing
technology successfully moved from the laboratory to the market place. The
active shareholders’ reward is wealth.
The researchers transfer “clean” intellectual property rights to the tech transferors. “Clean” does not necessarily mean that others (e.g. research funders)
do not have shares in the rights, but it does mean that such shares are clearly
defined. The tech transferors deliver a spinout company to the active shareholders who are then responsible for growing it.
Spinout Managers
When my partners and I started Oxford
Asymmetry, I undertook to manage it for
three months while we recruited a managing director with appropriate technical and marketing experience. Oxford
Asymmetry was an advanced chemical
company serving pharmaceutical industry markets and my experience had all
been in physics and engineering based
24
Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook
businesses. In fact it took two years to
recruit an appropriate chief executive,
so I had to manage the company for
those two years. However this did not
seem to prejudice the company’s success and one of my co-investors came
up with the following explanation as to
why: When the task is to get the rowing
boat away from the beach, the required direction of travel is clearly defined
(away from the beach). It does not require knowledge of global navigation or
world pharmaceutical markets. However when the boat is clear of the land, the
required direction of travel is not obvious, it can go north, south or east and
it needs a captain who is competent in global navigation. But by this time the
company has grown into a bigger boat, so it is easier to attract a leader with
appropriate skills.
Spinout Cash flows
This chart shows cash flow
Cash flow profiles for spinouts
profiles for spinout companies.
Curve a is the “European” moB
del with small investment and
modest returns. Curve b is
D
the “California” model where
A
$25 million goes in on day 1
and everybody gets rich quick.
Cumulative
Net cash in
Curve c is more common, but
Time
less popular. This is where
the company spends the $25
million and then asks the investors for some more. Curve d
is generally what happens with
C
Oxford University spinouts.
The first two years are funded
modestly by business angels and the company raises significant second round
finance from either venture capital companies or an initial public offering (IPO).
This transition often corresponds with the end of the rowing boat. Either the new
investors wish to appoint their own manager for the company or the company
appoints a new chief executive who then raises the investment.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Tim Cook
Regime change
Somewhere around the end of year two the company should have developed
its own business plan which may well be significantly different from the original
business plan at day 1, the team should be near complete, it may or may not
have the leader in place to take it to the next stage. So we should expect a
change in management and a change in investors. Both of these are potential
danger spots. We must recognise that the new investors may think differently
from the seed investors. We must recognise that the new manager may think
differently from the “rowing boat manager”. Indeed this is why we have recruited
them. It is important to spend effort ensuring that all members of the company
management understand why these changes are important. Always avoid the
temptation to use one value system in the other environments (academic, manager, investor). This is very difficult and may require significant diplomatic
skill. Intermediaries (including incubator managers) must have a profound understanding of each of the three cultures (academia, commerce and investor).
It is a similar skill to being able to explain German attitudes to life in French
to a Frenchman, explain French attitudes to life in German to a German, and
explain both German and French attitudes to life in Dutch to a Dutchman. Isis
Project Managers have PhDs in Science with experience in the commercial
world, and the Isis team also contains individuals with investment experience
so they can speak to the academics, the managers and investors each in their
own language
Summary
Spinouts involve more than one value system (academic, commercial and investor) and this is a challenge for managers and advisors. Significant benefits
can be won by understanding this because we are investing in an asset, university research, which is commercially under exploited. Failing to understand
it may prove fatal because social breakdown is probably the most common
failure mode in a start-up company. Dealing with a University is tricky because
commercialisation is not a University’s main priority, having spent centuries
getting good at teaching and research, therefore the university may not understand your commercial priorities so it’s up to you (and your advisors) to help
them Managing your relationship with a University can be likened to leading
an elephant with a thin rubber band. My advice to those seeking to transfer
technology from a university is to walk along with the elephant in whichever
direction it chooses to go until it gets used to you. Then start to pull gently on
your rubber band. If you pull too hard or too suddenly you will break your rubber band and have no further influence over the elephant.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa
La post-incubazione
Marco Cantamessa*
Abstract
L’intervento discute i problemi che influiscono sulla crescita delle startup hitech attingendo sia dalla letteratura che dall’esperienza pratica maturata in
questi anni. Da tali considerazioni emerge l’ipotesi che la crescita delle imprese nel periodo di post-incubazione debba cercare le proprie radici in una
adeguata predisposizione dell’impresa già nel periodo di incubazione. Ciò
passa dalla fornitura di servizi a valore aggiunto e di alto livello e da un intervento “partecipativo” dell’incubatore alla vita aziendale. Come conseguenza,
gli incubatori devono creare nel proprio staff interno e soprattutto nelle reti che
fanno riferimento ad essi un insieme variegato e di alto profilo di competenze,
che siano tali da spronare e aiutare gli imprenditori a porsi obiettivi ambiziosi
e a perseguirli. In questo modello “partecipativo”, è necessario capire quali
dimensioni della struttura di incubazione possono rendere efficace ed economicamente sostenibile una attività di alto profilo.
Introduzione
Quando mi è stato chiesto di intervenire a questo Workshop, ho visto nel tema
da trattare un problema e una sfida: stiamo appena imparando a gestire il
processo di incubazione, e già parliamo delle attività successive, sulle quali vi sono ancora così poche esperienze? Allo stesso tempo, mi sono però
reso conto che questo tema va in effetti trattato, innanzitutto perché i nostri
“clienti” iniziano a crescere e a uscire dagli incubatori, per cui è necessario
capire e decidere se e come intendiamo continuare a offrire loro un servizio
di post-incubazione. Allo stesso tempo, sono convinto che favorire il successo
delle startup nel periodo immediatamente successivo all’incubazione possa
costituire la miglior pubblicità che possiamo fare agli incubatori universitari, se
vogliamo favorire un afflusso di idee d’impresa sempre migliore per quantità
e qualità.
* Marco Cantamessa: Presidente I3P, Politecnico diTorino.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa
Cosa ci dice la letteratura
Se si guarda alla teoria e alla ricerca accademica, ci si accorge che far nascere
imprese e anche farle sopravvivere non è difficile: il vero problema consiste nel
farle crescere rapidamente a livello industriale. Ma, a essere onesti, è proprio
questo l’obiettivo che dovremmo porre davanti a noi stessi, se vogliamo giustificare l’esistenza del nostro ruolo. Qual sarebbe infatti il valore economico e
sociale da noi creato, se dovessimo constatare che le imprese che escono dai
nostri incubatori non riescono ad andare al di là della semplice “soluzione di
auto impiego”, oppure di una specie di “studio professionale associato” un po’
più evoluto che in passato?
La ricerca empirica sulle high-growth hi-tech companies è assai ricca, ed è
unanime nell’indicare che i problemi della crescita sono raramente di natura
tecnologica. Riporto di seguito alcuni risultati che ritengo rilevanti in questo
senso, e nei quali si evidenziano i principali fattori di successo (avviso però
che una literature review rigorosa richiederebbe di dettagliare alcuni elementi
ulteriori, in particolare per giustificare l’accostamento tra questi risultati).
Mc Dougall et al. (1994) mettono l’accento come un forte orientamento al mercato (e non esclusivo alla tecnologia), così come l’adozione di strategie che
non siano puramente di nicchia, siano fondamentali nel determinare il successo delle imprese. Su questa linea, Smallbone et al. (1995) mettono in luce la
necessità di dare adeguata attenzione al business development (e non solo
alla semplice vendita) e allo sviluppo organizzativo, nel quale hanno un ruolo
fondamentale i meccanismi di delega che il team imprenditoriale deve imparare a gestire. Berry (2002) si concentra invece sul ruolo del business plan non
solo all’avvio dell’impresa, ma soprattutto come costante punto di riferimento
dell’agire quotidiano, e sulla necessità di sottoporlo a revisione a intervalli regolari e con uno sforzo partecipativo da parte del team imprenditoriale. Beekman e Robison (2004) si concentrano sull’importanza delle relazioni lungo la
catena del valore, mostrando come la capacità di interazione sia critica per la
crescita aziendale. Kim e Mauborgne (1997), pur con un taglio meno accademico e non concentrandosi in modo esclusivo sulle piccole imprese, mettono
infine l’accento sulla necessità di orientarsi verso una creazione innovativa di
valore per il cliente, evitando al contempo di “intrappolare” l’impresa nei meccanismi di imitazione competitiva delle imprese del settore, meccanismi che
non possono che risultare deleteri per le imprese nascenti e che si trovano a
doversi misurare con concorrenti più grandi.
28
Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa
Cosa ci dice la pratica
L’esperienza pratica e quotidiana che emerge dal nostro lavoro a contatto con
le imprese sostanzialmente conferma gli aspetti evidenziati dalla letteratura. In
I3P abbiamo l’esperienza di 96 imprese nate, di cui 45 sono in fase di incubazione, 45 sono ormai uscite e 6 sono state liquidate. Tra di esse abbiamo
qualche storia di buon successo o altamente promettente (nel 2006 le prime
12 imprese avevano fatturato complessivamente 11 M€ e impiegavano 130 addetti), qualche “occasione mancata” (imprese che avevano un forte potenziale
di crescita, ma si sono progressivamente “ripiegate su se stesse”) e parecchi
imprese “ferme”, destinate di fatto a non crescere ulteriormente. Immagino che
il quadro sia più o meno simile presso altre realtà non solo in Italia ma anche all’estero. Ora, se si analizzano gli ostacoli alla crescita che emergono
dall’esperienza, si può pensare di strutturarli su tre livelli.
In primo luogo, alcuni ostacoli sono legati alle stesse figure degli imprenditori,
alla carenza di obiettivi personali ambiziosi (ci si accontenta sovente dell’”auto
impiego”, o poco più), alla carenza di competenze, ma anche all’inerzia (o
alla paura) che si dimostra nell’affrontarle. Questi gap di competenze vanno
dagli skill individuali (es. la capacità di approcciare un potenziale cliente, o la
timidezza nell’andare a presentarsi all’estero, ecc.), alle conoscenze in campo
amministrativo (es. la capacità di gestire il cash flow dell’impresa) alle competenze più propriamente manageriali (es. la gestione dei progetti e risorse,
la formulazione e l’attuazione di strategie, ecc.). Come conseguenza, gli imprenditori tendono a continuare a fare ciò che sanno fare bene (tipicamente,
il miglioramento delle tecnologie e la ricerca di commesse), e non ciò che
sarebbe strategicamente utile (cioè industrializzare prodotti, produrli e andare
a venderli). In secondo luogo, alcuni ostacoli sono presenti nelle stesse imprese, con team imprenditoriali incompleti e sbilanciati sul versante tecnico, la
contemporanea difficoltà ad attrarre e inserire figure manageriali, una scarsa
capitalizzazione (per cui si cercano commesse nella speranza di finanziare
con esse lo sviluppo prodotto), una struttura amministrativa poco sviluppata
(il che rende l’impresa poco governabile e anche poco trasparente agli occhi
di eventuali finanziatori), una ridotta attenzione all’internazionalizzazione, e
uno scarso valore attribuito alla strategia aziendale come elemento di governo
dell’impresa. Sono infine presenti ben noti “ostacoli di sistema” tipici del nostro
paese, dei quali è forse inutile lamentarsi ma è opportuno prendere coscienza, in modo tale da poter eventualmente attuare interventi di lobbying: la forte
tassazione sui redditi d’impresa, sul lavoro e sui capital gain (il che incide
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Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa
particolarmente sulle professionalità “alte” che più servirebbero alle startup
per poter crescere), termini di pagamento lunghi e incerti e sui quali è illusorio il ricorso alla giustizia, la mancanza di politiche di procurement pubblico
orientate all’innovazione, la complessità amministrativa delle molte misure di
supporto all’innovazione, la sovente difficile relazione con gli atenei nel caso
delle spinoff universitarie, il tutto unito a una scarsa propensione al rischio e a
un giudizio sociale ambiguo verso i temi dell’impreditorialità e della ricchezza
personale.
Cosa fare
Se si guarda a questi ostacoli, si comprende immediatamente come la loro
soluzione non possa essere ricercata nella fase di post-incubazione, ma vada
anticipata già nella fase di incubazione. Ritengo che non si debba pertanto
avere paura ad attrezzare le imprese con dotazioni robuste, anche in anticipo
rispetto alla loro crescita, sia per formare adeguatamente l’imprenditore, sia
per evitare di dover cercare queste “dotazioni” quando se ne avrebbe bisogno,
ma non c’è più il tempo per farle proprie. Esempi sono l’impostazione di una
gestione amministrativa e contrattuale ordinata, eventualmente supportata da
strumenti informatici sin dalle prime transazioni, la conduzione di colloqui con
potenziali clienti e con possibili responsabili e agenti commerciali quando ancora lo sviluppo prodotto è in atto, il presentarsi frequentemente a potenziali
investitori, e così via.
Se è vero che la crescita aziendale che avverrà dopo della fase di incubazione
affonda le proprie radici sin dai primi passi mossi dall’impresa, è evidente che
ciò comporta un diverso ruolo per l’incubatore, aspetto questo che è stato
messo in evidenza dal nostro primo relatore nel suo proporre “tre dimensioni”
dell’incubazione d’impresa. Non solo servizi immobiliari, non solo consulenza
e valutazione a livello di business plan, ma anche fornitura di servizi professionali a valore aggiunto. A queste “tre dimensioni” lasciatemi aggiungere un
aspetto che ritengo importante, e che consiste nella capacità dell’incubatore di
farsi parte attiva e forse anche un po’ invadente nella vita dell’impresa: penso
che l’incubatore non debba limitarsi ad essere una sorta di “albergo” o “villaggio vacanze” dell’imprenditoria, ma debba porsi più come “centro addestramento reclute” o “accademia militare”… luoghi certo non comodi e ameni nei
ricordi di chi ci è passato in gioventù, ma essenziali per preparare gli ospiti alle
attività che verranno dopo. Non a caso, molte iniziative di incubazione d’oltreoceano utilizzano termini come Bootcamp, Seedcamp, e così via.
30
Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa
Presso I3P stiamo strutturando parecchi di questi servizi a valore aggiunto e
ottenendo discreti risultati. Nel supporto al business planning insistiamo parecchio sul “progettare imprese” in modo da coniugare realismo e ambizione,
e immaginando modelli di business che permettano una crescita sostenuta,
siano facilmente scalabili e attraenti per investitori esterni. Dopo aver redatto
il business plan aiutiamo gli imprenditori a irrobustire il team con mentor e business angel e a reperire finanziamenti equity dagli stessi business angel, da
fondi di seed venture capital, oppure da investitori industriali. A impresa costituita vengono offerti servizi professionali specialistici (amministrazione, legale,
personale), i tutor dell’incubatore seguono gli imprenditori nell’esecuzione e
nella revisione del business plan, viene favorito l’accesso a linee di credito a
condizioni particolari presso istituti bancari convenzionati, vengono segnalate
occasioni di finanziamento pubblico, fornite svariate occasioni di networking e
promozione commerciale in Italia come all’estero (es. partecipazione a fiere,
matching events, ecc.), creati contatti utili per il recruitment di personale di diversi livelli. Sempre su questa linea, abbiamo in cantiere alcuni progetti finalizzati ad aumentare il numero e il livello qualitativo dei servizi offerti, soprattutto
nelle aree amministrativa, gestionale e commerciale, così che questi servizi
possano non solo irrobustire ulteriormente le imprese incubate, ma eventualmente essere proposti anche alle imprese nella fase di post-incubazione.
Come strutturarsi
E’ chiaro che è impossibile per un incubatore strutturarsi in modo da erogare
direttamente un simile portafoglio di servizi. Al contrario, è necessario adottare
un modello organizzativo e di business “a rete” che in I3P ritengo sia ormai
implementato con discreto successo, nel quale l’incubatore si concentra su
alcuni servizi core difficili da reperire sul mercato (tipicamente lo scouting e
il tutoring nei confronti degli imprenditori) e si mette in relazione con partner
qualificati per l’erogazione degli altri servizi, operando (mi si perdoni la banalità dell’esempio) come una sorta di “agenzia matrimoniale”. Ciò spiega, nel
caso di I3P, il legame con il Polo del Venture Capital (che include investitori che
vanno dai business angel ai grandi fondi di VC), le convenzioni con società
di consulenza amministrativa, studi legali e istituti bancari, la partecipazione
a progetti internazionali, la promozione di eventi di networking e un continuo
instancabile intessere rapporti con enti e individui interessati a ciò che avviene nell’incubatore. In un modello operativo di questo genere è evidente
che emergono alcuni scogli da superare. Il primo è legato alle professionalità:
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Capitolo I - La Post Incubazione | Marco Cantamessa
per avere successo, il personale degli incubatori deve realmente mettersi in
partnership con gli imprenditori, condividerne gli obiettivi e talora addirittura
anticiparli. E’ un abito mentale che evidentemente è più vicino a quello del
consulente aziendale che a quello del funzionario di un ente pubblico o a
partecipazione pubblica, e che richiede competenze gestionali “a tutto tondo”
difficili da ottenere sul mercato. Il secondo scoglio è legato alle dimensioni: nei
servizi erogati direttamente dall’incubatore la qualità del servizio richiede un
minimo di specializzazione, ma questa viene giustificata solo dalla presenza
di un numero adeguato di business plan e di imprese. Nei servizi erogati dalla
“rete”, questa riesce invece a rimanere attiva e a mantenere vivo l’interesse
dei partner solo se il loro numero e la loro qualità è sufficiente a creare un
mercato sufficientemente “liquido” di domanda e offerta di servizio. Da questo
punto di vista in I3P ci sentiamo forse un po’ sottodimensionati, e iniziamo a
comprendere il motivo per cui in alcuni paesi europei, come ad esempio la Finlandia e il Regno Unito, ci si stia indirizzando verso la costituzione di “imprese
di gestione” che seguono più siti di incubazione, ottenendo forti economie di
scala ed esternalità di rete.
Riferimenti
Beekman A.V., Robinson R.B., 2004, ”Supplier Partnerships and the Small,
High-Growth Firm: Selecting for Success”, J. of Small Business Management,
42, 1, 59-77.
Berry M., 2002, “Strategic planning in small hi-tech startups”, Long Range
Planning, 31,3, 455-466.
Kim W.C., Mauborgne R., 2004, “Value Innovation: The Strategic Logic of High
Growth”, Harvard Business Review, January-February 1997.
McDougall, P. P., Covin, J. G., Robinson, R. B., Jr., & Herron, L., 1994, “The
effects of industry growth and strategic breadth on new venture performance
and strategy content”, Strategic Management Journal, 15:,537-554.
Smallbone D., Leig R., North D., 1995, “The characteristics and strategies
of high growth SMEs”, International Journal of Entrepreneurial Behaviour &
Research, 1, 3, 44-62.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Emil Abirascid
“ la post-incubazione ”
Riflessioni sui temi della tavola rotonda
Emil Abirascid*
L’incubatore, un po’ come l’investimento seed, aiuta le start-up a muovere i primi passi, a sbocciare, a uscire dal bozzolo. L’investimento seed capital, mediamente alcune centinaia di migliaia di euro, dopo un po’ non basta più, appena
l’azienda cresce deve iniziare a pensare a un secondo round più corposo rivolgendosi, tipicamente, a un venture capital. L’incubatore deve funzionare nel
medesimo modo: dopo il primo periodo la start-up deve uscire e muoversi sul
mercato in autonomia e con le sue risorse. In linea teorica il periodo massimo
di residenza in un incubatore non dovrebbe superare i tre anni, ma le eccezioni non mancano. Non è un bene che una start-up che magari è prossima
al secondo round di finanziamento continui a vivere nell’incubatore. Certo i
fattori da valutare sono diversi: le imprese delle biotecnologie hanno bisogno
di tempi più lunghi rispetto a quelle, per esempio, dell’information technology;
l’incubatore è un luogo dove è facile fare rete e dare vita a collaborazioni ed è
foriero di opportunità, di contatti.
Serve quindi una maturazione nelle modalità di gestione degli incubatori i quali devono definire politiche chiare e fare in modo che le imprese che crescono
diventino indipendenti (o muoiano nel caso non siano riuscite a sviluppare il
loro business in tempi accettabili). Gli incubatori gestiti da Università ed enti
pubblici devono attuare tali politiche al fine di essere in grado di fornire i loro
servizi a nuove start-up che si presentano sul mercato, gli incubatori privati,
ancora una rarità in Italia, devono farlo per una questione di business: solo
lanciando le start-up sul mercato per accelerane i processi di business e quindi i successi commerciali hanno la possibilità di rientrare degli investimenti e
quindi destinare nuove risorse a nuove start-up.
La post-incubazione è quindi un aspetto dell’ecosistema dell’innovazione che
ancora è alla ricerca di linee guida condivise, c’è per esempio chi sostiene
che sarebbe giusto creare incubatori specializzati, in Ict, biotecnologie o nanotecnologie per esempio, chi invece afferma che mischiare start-up di diversi settori consente contaminazioni interdisciplinari che si traducono in valore
aggiunto. Di sicuro c’è che bisogna creare occasioni fuori dagli incubatori per
continuare a offrire alle start-up occasioni di incontro con potenziali partner
industriali e finanziari.
* Emil Abirascid: Giornalista collab. Sole24ore. Coordinatore della tavola rotonda.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Emil Abirascid
In occasione della seconda edizione del premio Start-up dell’anno svoltasi a
Perugia ho moderato l’incontro dedicato proprio alla post-incubazione al quale
hanno partecipato Marco Marzano de Marinis della World intellectual property
organization, Graziano Dragoni della Fondazione Politecnico di Milano che
ospita l’acceleratore d’impresa, Paolo Cattapan dell’Area science park di Trieste e Roberta Albanese della Città della Scienza di Napoli. Le considerazioni
emerse sono apparse tutte piuttosto condivise e in linea con l’idea che è certamente importante sostenere le start-up con supporti finanziari e non, nelle fasi
di avvio, ma è anche fondamentale non cadere nella trappola dell’eterna fase
di avvio, della ‘start-up bambocciona’. Gli incubatori hanno un ruolo chiave in
questo senso, devono lavorare per trasmettere ai neo-imprenditori che la crescita (o il fallimento) fa parte del processo e deve essere affrontata e gestita,
deve essere parte integrante delle strategie di sviluppo unitamente a quelle di
realizzazione dei prodotti e dei servizi o quelle commerciali.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Graziano Dragoni
Dall’incubazione alla post-incubazione.
L’importanza di definire nuovi modelli di crescita
Graziano Dragoni*
Da ottobre 2007 la Fondazione Politecnico di Milano1 ha preso in gestione
l’Acceleratore d’Impresa del Politecnico di Milano, chiudendo un percorso che
ha rafforzato prima i rapporti con le grandi realtà produttive, poi con le piccole
e medie imprese (con l’acquisizione del Consorzio Politecnico Innovazione,
oggi Alintec) e che ora vede l’aggiunta di un ultimo tassello: quello della giovane imprenditoria.
La Fondazione Politecnico di Milano, operativa dal 2003, è uno strumento
agile voluto dall’ateneo e da nomi importanti – aziende come Pirelli, A2A, Indesit Company, Siemens, IntesaSanpaolo; un’istituzione come la Camera di
Commercio di Milano; realtà locali come la Regione Lombardia, la Provincia di
Cremona, i Comuni di Cremona e Piacenza, Univercomo e Univerlecco – per
contribuire alla crescita economica e culturale del sistema paese. La Fondazione si affianca al Politecnico, lo avvicina ancora di più alle realtà produttive,
lo rende più raggiungibile, rinnova cioè il rapporto con la comunità esterna. La
Fondazione è uno strumento dinamico e pratico, capace di aprire ai soggetti
imprenditoriali e alle pubbliche amministrazioni le porte della ricerca avanzata,
di elaborare piani, di stimolare e supportare lo sviluppo di strutture e competenze di eccellenza.
Con la gestione dell’incubatore, la Fondazione punta alla valorizzazione imprenditoriale di idee innovative, che spesso nascono in contesti tecnologici
giovani e informali, dando fiducia a chi per la prima volta si affaccia sul mercato. Intendiamo cioè adoperarci per inserire l’Acceleratore d’Impresa all’interno
di una rete di rapporti avviati e duraturi: grandi nomi, potenzialmente interessati ad investire nella nascita e nello sviluppo di nuove idee; piccole e medie
imprese, con le quali dar vita a collaborazioni e iniziative di successo; enti e
istituzioni internazionali, per entrare a far parte di un sistema europeo particolarmente attivo. E’ poi fondamentale dare maggiore visibilità alle aziende
incubate nei confronti del venture capital, delle associazioni imprenditoriali,
dei media. Diverse le occasioni di incontro nel piano di comunicazione avviato
nel 2008: appuntamenti B2B, seminari su tematiche specifiche di ausilio alle
imprese incubate (aspetti gestionali, finanziari e di marketing); convegni aperti
al pubblico. Ma non solo... la Fondazione si impegna, in particolar modo, a
* Graziano Dragoni: Direttore generale Fondazione Politecnico di Milano
1. www.fondazionepolitecnico.it
35
Capitolo I - La Post Incubazione | Graziano Dragoni
creare un legame solido e continuativo con il mercato finanziario, con particolare attenzione al seed capital, strumento ancora poco noto nel contesto
europeo e ancor di più in quello italiano. Cito, a titolo di esempio, il caso di
Finlombarda – che ha presentato da poco un nuovo fondo di investimento da
10 milioni di euro2 – con la quale ci stiamo attivando per sviluppare politiche
di crescita condivise.
Nato nel 2000, l’incubatore del Politecnico di Milano conta oggi quattro sedi –
Milano Bovisa, Milano Gran Sasso, Como e Lecco – 18 startup e 7 spin-off,
che operano principalmente nei settori: ICT; elettronica, energia e ambiente,
nuovi materiali; ingegneria biomedica. La struttura è supportata dal Comune di
Milano, dalla Camera di Commercio di Milano, dalla Regione e dalla Provincia
di Milano. Delle 45 aziende che negli ultimi 8 anni si sono avvalse degli spazi
e dei servizi dell’incubatore, alcune si sono distinte per fatturato e per i risultati
raggiunti in termine di innovazione tecnologica. Sono questi i casi di: Wireless
Business Solutions, che oggi conta, oltre alla sede di Milano, anche quella di
Boston e una rete commerciale che, fatta accezione per l’Asia, si estende a
tutto il mondo; Neptuny, azienda che celebra un giro d’affari di cinque milioni di
euro e un aumento dei ricavi del 77% in cinque anni.
Giunti a questo stadio di maturazione, è evidente che non possiamo eludere la
questione “spinosa” del tempo di incubazione. Personalmente, non sono d’accordo con chi vuole fissare un limite temporale, che di per sé risulterebbe relativo. Piuttosto, credo che il periodo di permanenza vada stabilito in rapporto a
diversi parametri, che vanno dal settore di riferimento – è logico supporre che
le biotecnologie abbiano tempi di progressione diversi dall’ICT – allo sviluppo
del modello di business, e via dicendo... Inizialmente il periodo di incubazione
era stato fissato a 2 anni, più uno aggiuntivo di rinnovo. A distanza di poco ci
siamo resi conto che porre un limite temporale non risultava funzionale alla
crescita. Per questo abbiamo adottato un certo laissez faire, una politica di non
intervento, lasciando che le imprese trovassero da sole la giusta misura. Ma
perché, anche quando potrebbero (vedi i casi citati sopra) non abbandonano
l’incubatore? Non penso si tratti di “comodità” - gli spazi iniziano ad essere
stretti - o per incapacità di affrontare il mercato - i servizi di consulenza, utili in
una fase d’avvio, sarebbero a questo stadio superati. Al contrario, non lasciano gli spazi del Politecnico perché la loro capacità non solo di sopravvivere,
bensì di emergere e di affermarsi, è esattamente proporzionale alla vicinanza
e alla comunanza con il mondo della ricerca. Molte di queste realtà, che, non
dimentichiamolo, fanno dell’innovazione un elemento di business, devono po-
2.L’iniziativa, rende disponibili investimenti di seed capital da 150mila euro al massimo, che le neo aziende potranno restituire
entro 18 o 36 mesi e che, in caso di insolvenza, saranno considerati a fondo perduto.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Graziano Dragoni
ter accedere ai laboratori, ai dipartimenti, entrare in contatto con ricercatori
e studenti che ogni giorno respirano e rivitalizzano il clima della ricerca. Un
ambiente stimolante, capace di generare nuove idee, deve rappresentare per
le start up ad alto livello tecnologico una sorta di garanzia, di dato di fatto.
Immetterle nel mercato troppo presto significherebbe limitarne fortemente la
crescita. Per questo preferisco parlare di post-incubazione. La Fondazione, in
collaborazione e per conto dell’Ateneo, sta mettendo a punto la progettazione
e la successiva realizzazione del futuro Science Park della città di Milano,
che avrà sede negli spazi del Politecnico, presso il quartiere di Bovisa. Qui
nasceranno Joint Research Center che uniranno grandi aziende, ricercatori,
docenti universitari e start up in un unico contesto, per dar vita a un ambiente
stimolante che faciliti la circolazione delle idee e la realizzazione di progetti
congiunti su temi di forte richiamo (i primi due ad esser stati individuati sono
l’energia e i trasporti). A questo punto si tratterebbe di stabilire percorsi di
sviluppo differenti tra le aziende ospitate: quelle incubate, alle quali verranno
concesse determinate possibilità e altrettanti servizi, e quelle post-incubate,
che a loro volta avranno esigenze diverse e che, soprattutto, potranno essere
parte attiva nella crescita delle aziende più giovani, inserirendosi, allo stesso
tempo, in un contesto di grandi nomi che faccia lordo da volano. In breve, si
tratterebbe di un meccanismo virtuoso che, se ben congeniato, potrebbe auto
sostenersi.
37
Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese
Incubazione…. E dopo?
Roberta Albanese*
L’obiettivo del presente documento è quello di descrivere, per linee essenziali,
le principali problematiche che affrontano le start up, insediate in strutture di
incubazione, nel momento in cui si trovano a dover fare “il salto”, verso una
fase più evoluta di sviluppo, che è quella della Post incubazione. Il tema sarà
sinteticamente commentato nell’ambito del modello di intervento dell’Incubatore di Città della Scienza, che è parte di una struttura tecnica di servizi, il BIC,
caratterizzata per il suo insediamento in un’area industriale dismessa nella
zona occidentale di Napoli.
Parlare di Incubazione, significa fare riferimento principalmente ad un sistema
articolato di servizi che accompagnano tutto il processo di “creazione di impresa”: dalla’idea di impresa, alla definizione della compagine imprenditoriale, ai
servizi per lo start up, al sostegno finanziario, alle politiche di “fuoriuscita” delle
start up cresciute all’interno di Incubatori. Quindi, una combinazione “unica e
flessibile” di “processi e politiche di sviluppo per le imprese, infrastrutture e
persone”, designata a supporto degli imprenditori (e potenziali tali), e per favorire la crescita e lo sviluppo di start up innovative.
Gli Incubatori, infatti, sono strumenti fondamentali per la creazione e lo sviluppo di impresa, nonché importanti “strumenti di politica economica”, a sostegno
della crescita economica di un paese. Essi fungono da significativa politica di
intervento per sostenere la fase più critica di avvio dell’attività imprenditoriale (start
up), il cui principale obiettivo è quello di essere “uno strumento economico di
sviluppo, disegnato per accelerare la crescita ed il successo di compagini imprenditoriali attraverso l’offerta di risorse, spazi di insediamento e servizi di supporto al business, nonché opportunità di networking con le altre aziende incubate”
(NBIA – National Business Incubation Association, 1998).
Tra i principali benefici che gli Incubatori apportano al territorio e allo sviluppo
locale, si menzionano:
• l’ incremento dei “tassi di sopravvivenza” delle imprese start up (che registrano elevati tassi di mortalità “infantile”, soprattutto nei primi due anni di vita),
• la creazione di nuovi posti di lavoro (creazione di ca. 80 nuovi posti di lavoro
* Roberta Albanese: Economista, Responsabile di Creazione di Impresa e Incubatore, Business Innovation Centre (BIC) di Città della Scienza,
dal 2007. Esperta di Creazione e Sviluppo di Impresa ed Organizzazione aziendale, si occupa degli aspetti relativi al coordinamento e alla gestione
delle attività connesse all’Incubatore di Città della Scienza.
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Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese
e mantenimento di ca. 162 unità lavorative per ogni Incubatore europeo in
media ogni anno; Osservatorio EBN, 2005)
• il raccordo tra il mondo delle Imprese e quello della Ricerca/dell’Università,
(per favorire e supportare il trasferimento di idee e/o prodotti al mercato
attraverso il sostegno alla creazione e sviluppo di imprese spin off).
Segnali forti al sostegno all’innovazione e alla nascita d’imprese innovative,
come leva fondamentale per contrastare la concorrenza globale e favorire lo sviluppo socio economico del territorio, ci vengono anche dalla attuale Programmazione Regionale 2007-2013 (FESR, PASER, ...), che invita i territori a far emergere
la capacità d’innovazione, ricerca e creatività, nonché crescita e competitività dei
mercati locali, allo scopo di stimolare l’imprenditorialità, sotto il profilo economico,
sociale e ambientale.
Per quanto riguarda il nostro territorio, la Campania funge da “volano per lo
sviluppo e la diffusione di innovazione tecnologica tra le regioni meridionali,
come principale polo di ricerca del mezzogiorno, grazie alla presenza di numerose Università, Centri ed enti Pubblici di Ricerca” (fonte ENEA, A.Dhorn,
Inaf, Ifm, 2006). Inoltre, in riferimento al sistema produttivo locale, l’industria
campana è tornata a crescere dopo due anni di calo, con una ripresa in termini di competitività sui mercati (nazionale ed estero), e la regione vanta una
forte vivacità imprenditoriale, facendo registrare un saldo positivo della
creazione d’impresa:
• l’indice di natalità delle imprese campane è pari all’1,34% (superiore sia alla
media del Sud, +1,14%, che a quella nazionale, +1,12%; ISTAT 2006)
• le imprese della Campania che hanno dato inizio alla loro attività sono 7.197
contro le 4.833 che risultano cessate (con un indice di rinnovo pari a 149, il
che significa che per ogni 100 imprese cessate se ne attivano 149 di nuove;
INFOCAMERE 2005)
In generale, diversi sono i soggetti interessati ai processi di creazione d’impresa. Nello specifico, in Campania, le strutture che sono attive e realizzano interventi di sostegno alla creazione e sviluppo d’impresa comprendono
i Business Innovation Centre (BIC), i Parchi Scientifici e Tecnologici (PST) e
alcune iniziative di estrazione universitaria. Tra queste si menziona in particolare, l’Incubatore di imprese innovative di Città della Scienza, di Napoli,
all’interno di un ampio edificio industriale del 1920 - una superficie di circa
4.000 mq articolata in sale riunioni, spazi comuni e 36 moduli (da 50 a 100
39
Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese
mq) nei quali le neo imprese si insediano per un periodo di tempo determinato
(di 4 anni), che coincide con i primi anni della loro attività.
Oltre agli spazi fisici, l’Incubatore è in grado di offrire un sistema integrato
di servizi logistici e gestionali alle singole imprese insediate, supportate ed
assistite con professionalità specialistiche (professionisti ed esperti di creazione di impresa, tutor di impresa, consulenti, ecc..). Una struttura quindi a
sostegno delle start up (e spin off) che spesso, nelle fasi di avviamento e di
sviluppo iniziale del loro business, si scontrano con una serie di difficoltà di
tipo logistico/organizzative, gestionali e di mercato (mancanza di spazi,
strutture e servizi a prezzi elevati; difficoltà nella ricerca di partners, di mercati
e di tecnologie valide; insufficienza di know how organizzativo, commerciale
e tecnologico; mancanza di competenze manageriali; carenza di relazioni con
organizzazioni pubbliche ed istituzioni locali; problemi legati alla sicurezza;
fabbisogno finanziario, ecc).
Quindi, fattori critici che, in misura più o meno significativa, rallentano la nascita di iniziative imprenditoriali innovative o ne condizionano il percorso di
crescita e di sviluppo di quelle già costituite; difficoltà in gran parte “risolte”
o semplicemente mitigate” attraverso la permanenza delle imprese start up
all’interno dell’Incubatore.
L’Incubatore di Città della Scienza è rivolto a start up innovative e altamente
Fig. 1 - Il Modello di Intervento del BIC
Incubatore di città della scienza
(4000 mq, 36 moduli per imprese, 5 postazioni di Pre-Incubazione)
Orientamento
Pre-Incubazione
Incubazione
Post-Incubazione
Idea
Progetto Impresa
Start-Up
Sviluppo
Sportello
informativo
accompagnato
al brevetto
Tutoraggio:
accompagnato
dall’idea
al progetto
Tutoraggio:
affiancamento
nelle aree
della gestione
aziendale
Sostegno allo
sviluppo
di impresa
Principale stadio di ingresso
per le spin off
40
Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese
tecnologiche, che operano nei settori (cluster) delle nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione (information technology) e della ricerca e servizi per la tutela dell’ambiente e per la qualità della vita, (valorizzazione
delle risorse ambientali). Le realtà imprenditoriali sono integrate in una configurazione di filiera (rete/network); ad oggi, nello specifico, sono insediate
nell’Incubatore di Città della Scienza 34 imprese incubate e 6 progetti di impresa in pre-incubazione (fisica e virtuale), ai quali si offrono percorsi personalizzati di accompagnamento “dall’idea all’impresa”.
Fig. 2 - Le Imprese Incubate a Città della Scienza (dati 2007)
Dati incubatore CDS
(2006 - 2007)
2006
2007
Compagni Pre-Incubate
7
10
Imprese Incubate
33
34
• di cui spin off
(da ricerca e impresa)
8
11
Volume d’Affari
10 Mil. €
12 Mil. €
Crescita del fatturato
2006 - 2007
+ 20%
Numero di addetti e
collaboratori
163
182
Imprese nate con
agevolazioni finanziarie
6
8
Imprese sostenute da
BPA IDEA
7
8
Imprese che svolgono
attività di R&S
12
13
Laboratori di Ricerca
(MIUR, Regione)
2
2
Brevetti
6
7
dati al 31/12/2007
41
Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese
Durante il periodo di Incubazione, Città della Scienza favorisce anche l’iterazione continua tra l’universo delle imprese e il mondo della ricerca, con benefici sia per gli imprenditori, che hanno la possibilità di “migliorare i loro prodotti/
servizi, grazie all’apporto di nuove scoperte scientifiche e di conoscenze diversificate, provenienti dalla ricerca; sia per i ricercatori, che possono in tal modo
“proporre prodotti/servizi” e “risultati di attività di ricerca” di elevato interesse
per il sistema impresa, e che richiedono allo stesso un successivo processo di
“industrializzazione” per realizzare un valido prodotto commerciale.
Ma cosa succede alle imprese al termine del loro periodo di incubazione?
Quali sono le politiche di intervento messe in atto dalle stesse strutture di
incubazione, al fine di favorire al meglio la fuoriuscita (way out) delle compagini fin ad allora insediate? Quali problemi dovranno affrontare tali compagini
“cresciute”, nel momento in cui dovranno iniziare ad affrontare “da sole il mercato”? Domande che trovano il loro “comune denominatore” nella tematica
vasta e critica della Post incubazione delle pmi, che hanno terminato il primo
percorso di accompagnamento alla “crescita e sviluppo”, e che si preparano a
compiere un “salto” molto più impegnativo verso una fase successiva di evoluzione e consolidamento
In fase di post incubazione, l’imprenditore si appresta a consolidare ulteriormente la sua posizione sul mercato, e le principali criticità sono da ricondursi
essenzialmente agli aspetti logistico-organizzativi, non solo finanziari (criticità,
quest’ultima, che affrontano le start up anche e soprattutto durante le prime
fasi della loro crescita) .
Quindi, tra le esigenze principali delle “start up in uscita” dalle strutture di incubazione, si menzionano:
• la ricerca di nuovi spazi di insediamento (una nuova location), meglio se
all’interno di aree adeguatamente infrastrutturate, per beneficiare dei vantaggi quali/quantitativi goduti all’interno dell’Incubatore, e in area a questo
vicine;
• il bisogno di consulenze tecnico-specialistiche, per migliorare ulteriormente
le competenze manageriali a fronte di una maggiore articolazione delle funzioni aziendali e di adeguata struttura organizzativa;
• la condivisione di servizi comuni (es. laboratori di ricerca);
• il mantenimento dei contatti con la struttura di Incubazione di origine;
• fondi finanziari e investimento in capitale per sostenere, consolidare, accelerare e fare evolvere il business (es. venture capital).
42
Capitolo I - La Post Incubazione | Roberta Albanese
In tale senso, Città della Scienza sta operando al fine di sostenere le sue imprese in questa delicata fase della post incubazione; in particolare, attraverso
politiche di affiancamento delle stesse nella gestione di tutte le criticità che
si presentano (es. ricerca di nuove aree di insediamento), e nel proporre loro
soluzioni mirate che favoriscono tale passaggio ad una fase più evoluta (es.
intermediazione con la PA locale e referenti istituzionali; servizi di informazione e consulenze specialistiche-tecniche; assistenza nel favorire forma di aggregazione tra le imprese, per generare “economie in uscita”, tipo il Consorzio
Area Tech Coroglio, a Città della Scienza).
43
Politiche Industriali per
le start up innovative
Capitolo II
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone
Politiche industriali per le start up innovative:
linee di tendenza e sviluppi futuri1
Mauro Mallone*
L’avvio di policy a sostegno delle imprese innovative si possono far ricondurre
all’inizio degli anni ottanta con l’attuazione di interventi orientati alla creazione
di infrastrutture sul territorio in grado di offrire servizi di supporto alla nascita
e allo sviluppo di imprese ad alta tecnologia. In quel periodo vennero, infatti, realizzati con finanziamenti del Ministero della Ricerca i primi due Parchi
Scientifici e Tecnologici (Area Science Park di Trieste nel 1982 e Tecnopolis a
Bari nel 1985) per sostenere lo sviluppo del territorio attraverso la promozione
dell’innovazione e la creazione di impresa. Inoltre, su impulso della Commissione Europea, vennero attivati i Business Innovation Centres (BIC) da parte
della Società Promozione Industriale (SPI-IRI). Negli anni successivi, anche
per azione delle Amministrazioni regionali, è proseguita la creazione di strutture di intermediazione con il coinvolgimento di Enti di ricerca, Università, Camere di Commercio e Associazioni industriali. Tali interventi hanno consentito
l’attivazione sul territorio di numerosi centri dedicati all’assistenza di imprese
innovative, alcuni dei quali di buon livello. Tuttavia, l’eccessiva attenzione rivolta agli aspetti infrastrutturali e lo scarso coordinamento tra gli interventi
promossi sia a livello centrale che locale, hanno favorito la proliferazione di
numerose strutture spesso sottodimensionate e con ridotti collegamenti con i
luoghi di produzione della conoscenza.
Sul finire degli anni novanta, l’attenzione delle policy si sposta in direzione del
sostegno ai progetti piuttosto che alle infrastrutture con il varo di misure specifiche a supporto della creazione e dello sviluppo di giovani imprese innovative.
Con il D.M. n. 593 del 2000 viene, infatti, consentito il finanziamento di progetti
di ricerca proposti da imprese spin-off costituite da ricercatori pubblici. Nello
stesso anno, la Legge n. 388 alloca risorse finanziarie a sostegno di progetti
finalizzati alla promozione e all’avvio di imprese ad alta tecnologia. L’effetto
propulsivo determinato da queste misure non è legato solo alle maggiori risorse finanziarie messe in campo ma anche dall’aver indotto il mondo accademico e della ricerca pubblica ad una più attenta riflessione sull’importanza della
valorizzazione economica dei risultati della ricerca e alla sperimentazione di
nuovi meccanismi di trasferimento tecnologico verso il sistema produttivo.
I provvedimenti presi negli ultimi anni evidenziano una strategia per l’innova-
* Mauro Mallone: IPI – Istituto per la Promozione Industriale, Roma
1.Le opinioni espresse nella relazione sono dell’Autore e non riflettono necessariamente quelle dell’Istituto di appartenenza.
47
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone
zione sistemica in cui l’intero ventaglio di opzioni e strumenti di policy disponibili è preso in considerazione e che potranno determinare effetti positivi anche
per la crescita delle giovani imprese innovative. Particolarmente interessante,
soprattutto per le imprese già consolidate, è l’introduzione a partire dal 2007
del credito di imposta del 10% per le spese di ricerca svolta in house, elevabile al 40% per i costi delle commesse di ricerca affidate alle Università e/o
agli Enti pubblici di ricerca. Questo intervento diffusion oriented finalizzato a
stimolare il più ampio numero di imprese ad investire in ricerca ed innovazione, è complementare alle misure di policy mission oriented che concentrano
le risorse pubbliche su specifiche aree strategiche (tecnologiche, produttive,
territoriali) per la competitività del Paese. In questa direzione si collocano i
progetti strategici e i distretti tecnologici del Piano Nazionale della Ricerca e
i progetti di innovazione industriale previsti dal Programma “Industria 2015”,
riguardanti: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove tecnologie per il
Made in Italy, Tecnologie innovative per i beni culturali, Nuove tecnologie per
la vita. Gli effetti positivi sulle start-up innovative derivano dalle opportunità di
partecipazione ai bandi e, soprattutto, dalle prospettive di sviluppo di mercati
più ricettivi ai prodotti e ai servizi ad alta tecnologia, offerte da queste misure.
Data l’importanza di un efficiente mercato dei capitali di rischio per la crescita
delle giovani imprese innovative, a partire dal 2000 sono state introdotte misure, sia in ambito nazionale sia a livello locale, a favore del capitale di rischio.
L’art. 106 della già citata Legge n. 388, ad esempio, prevedeva la concessione
di anticipazioni finanziarie ad intermediari finanziari finalizzate all’acquisizione
di partecipazioni temporanee e di minoranza di PMI innovative. L’utilizzo modesto delle risorse allocate su questa specifica misura e i risultati non sempre
brillanti ottenuti da interventi analoghi attivati a livello regionale, dimostrano
che è necessario sperimentare nuovi strumenti in grado di sviluppare un vero
e proprio mercato dei capitali di rischio, soprattutto per i segmenti relativi alle
fasi seed e early stage. In questa direzione segnali positivi emergono dalla
costituzione del Fondo per la finanza di impresa che si propone di facilitare
l’accesso al credito e al capitale di rischio da parte delle imprese di minore
dimensione e di razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici
di garanzia e di partecipazione al venture capital. Il Fondo interviene in operazioni che prevedano l’adozione di nuovi strumenti di mitigazione del rischio
di credito e di private equity, proposte da banche e/o intermediari finanziari
altamente qualificati e privilegia le operazioni “di sistema” in grado di attivare
ulteriori risorse. Tra gli interventi di impatto sulle giovani imprese innovative
vanno segnalate le misure finalizzate a rafforzare il sistema brevettuale che
48
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone
vanno dalla semplificazione delle procedure di deposito e di mantenimento
dei titoli di proprietà industriale, all’introduzione della valutazione del merito
tecnico delle invenzioni nelle procedure di rilascio dei brevetti. In questo ambito, particolarmente interessante è lo sviluppo di una metodologia da parte
dell’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) per la valutazione economica della proprietà industriale finalizzata a stimolare il mercato delle tecnologie e a
facilitare l’accesso al credito alle imprese, facendo leva sui loro beni intangibili
soprattutto quelli tutelati e protetti da diritti di proprietà industriale.
La presenza di un’imprenditoria ad alta tecnologia nata di recente rende inoltre particolarmente efficace il riconoscimento formale della giovane impresa
innovativa (costituita da meno di 6 anni), previsto dalla legge finanziaria 2008,
in base al quale sarà possibile concedere a questa tipologia di imprese agevolazioni attraverso la riduzione del costo del lavoro per gli addetti alla ricerca
e con finanziamenti sino ad un milione di euro (D.M. n. 87 del 2008).
Infine, per alcuni elementi di novità introdotti nel panorama degli interventi
pubblici a sostegno dell’innovazione, si segnala il Programma RIDITT - Rete
per la Diffusione dell’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico alle imprese.
L’iniziativa, avviata nel 2003 dal Ministero dello Sviluppo Economico e gestita
dall’IPI, si è proposta al Sistema Innovativo Nazionale (SIN) con l’offerta di
servizi di informazione, formazione e networking per valorizzare ed integrare
l’offerta di competenze e tecnologie per l’innovazione industriale e, soprattutto,
con la messa a punto e l’attuazione di specifici strumenti per il finanziamento
di progetti di trasferimento tecnologico a livello nazionale e transnazionale.
Nella seconda fase del Programma, attualmente in corso, sono previste azioni specifiche a sostegno della nuova imprenditorialità hi-tech, attraverso la
presentazione sul portale RIDITT dei profili delle start up, l’organizzazione di
incontri settoriali tra giovani imprese innovative e realtà industriali consolidate,
la realizzazione di percorsi formativi sul tema della creazione di impresa. Inoltre, entro l’anno, è previsto il lancio di un nuovo bando RIDITT per selezionare
progetti di trasferimento tecnologico e creazione di impresa, presentati da Università, Associazioni imprenditoriali ed intermediari per l’innovazione.
In conclusione, il quadro presentato sull’evoluzione seguita dalle policy per
l’innovazione risulta incoraggiante. La varietà e la ricchezza degli interventi
messi in campo negli ultimi anni avvicina il nostro Paese all’offerta di strumenti
pubblici per l’innovazione delle economie più avanzate. Tuttavia, ci sono ancora aree di miglioramento e di sviluppo delle policy per accelerare la crescita
delle start up innovative e, più in generale, per creare le condizioni più favore-
49
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Mauro Mallone
voli per l’innovazione industriale. Tra queste si evidenziano:
• la crescita del mercato di prodotti e servizi innovativi attraverso il ricorso
all’innovative public procurement, l’applicazione di nuovi standard e la revisione della regolamentazione;
• il miglioramento della qualità, dell’efficacia e della coerenza dell’intervento
pubblico con l’introduzione sistematica della valutazione degli effetti derivanti dai programmi realizzati;
• il contenimento della frammentazione delle iniziative migliorando la governance sia a livello orizzontale tra Amministrazioni centrali, sia verticalmente
tra Commissione Europea, Amministrazione centrale e poteri locali;
• l’introduzione di meccanismi che premino le attività finalizzate alla valorizzazione economica dei risultati della ricerca condotte dal singolo ricercatore,
dall’Università, dall’EPR;
• la promozione della cultura scientifica ed imprenditoriale nelle nuove generazioni.
La necessità di un continuo adeguamento e sviluppo di policy, adattate alle
specifiche esigenze del sistema produttivo, è infine imposta dalla complessità e dall’evoluzione dei processi di innovazione. Pertanto è necessaria per il
policy making una più approfondita comprensione delle problematiche che
si intendono affrontare e, quindi, risulta fondamentale l’apporto conoscitivo
messo a disposizione da parte di chi opera sul campo, come i partecipanti a
questo convegno.
50
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
Le politiche industriali per le imprese spin-off
Andrea Piccaluga*
Grazie mille all’associazione PNI per l’invito e per la scelta dell’argomento che
mi è stato affidato, sul quale mi fa molto piacere intervenire. La mia relazione
dovrebbe rivelarsi complementare rispetto a quelle delle persone che mi hanno preceduto, ed in particolare a quella molto puntale tenuta dal Dott. Mallone,
che mi ha sinceramente confortato con la descrizione di tutte le interessanti
iniziative dell’IPI a sostegno delle imprese innovative italiane. Nel mio intervento mi permetterò di provare ad essere talvolta leggermente provocatorio,
ma con spirito assolutamente costruttivo. In particolare, vorrei trattare brevemente i seguenti tre punti:
• la performance delle università italiane nella valorizzazione dei risultati della
ricerca;
• il ruolo delle politiche per le imprese spin-off;
• una riflessione in merito alla cabina di regia delle politiche e sul concetto di
“barile delle idee”.
Relativamente al primo punto, la performance delle università italiane nella
valorizzazione dei risultati della ricerca, in Italia, negli ultimi tre anni, abbiamo assistito alla crescita ed al consolidamento degli Uffici di Trasferimento
Tecnologico (UTT) e di tutta una serie di altre iniziative provenienti dal fronte
della ricerca pubblica. Mi piace sottolineare il fatto che questo consolidamento
di strutture (uffici) e di competenze (risorse umane), peraltro non sempre né
facile né omogeneo sul territorio italiano, non ha assolutamente ostacolato i
rapporti con l’industria, ma anzi li ha facilitati, soprattutto per quanto riguarda le imprese che da tempo erano in attesa di poter interagire con manager
universitari più competenti sugli aspetti giuridici e gestionali del trasferimento
tecnologico. La crescita degli UTT, così come la crescita degli incubatori universitari, ha inoltre senza dubbio contribuito alla nascita di imprese spin-off e
start-up, rendendo più “quotidiano” il processo di costituzione di nuove aziende e trasformandolo in qualcosa di socialmente desiderabile e non certo da
evitare per paura di eventuali conflitti di interesse. In generale, dato che anche
l’andamento dei dati sui brevetti, sulle licenze e sui i contratti di ricerca - che
non abbiamo qui tempo di commentare – è positivo, potremmo quindi conclu-
* Andrea Piccaluga: Laboratorio MAIN - Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
51
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
dere che “lato ricerca pubblica” probabilmente in Italia abbiamo fatto abbastanza bene il nostro dovere sul tema della valorizzazione dei risultati della ricerca.
Si può sicuramente fare meglio come sistema, anche le università avrebbero
potuto sicuramente fare ancora meglio, ma si può affermare che hanno fatto
decisamente piuttosto bene! Rispetto ad una specifica componente della valorizzazione dei risultati della ricerca, e cioè le imprese spin-off della ricerca
pubblica, tali imprese sono realtà aziendali strettamente legate all’università
o ad altri enti di ricerca pubblici, o perché uno o più soci provengono da tale
mondo, o perché l’azienda sviluppa un progetto imprenditoriale sulla base di
proprietà intellettuale dell’ente di ricerca. Vi è quindi un forte legame tra impresa e ricerca pubblica. Dai dati e dalle informazioni raccolte, si evince che ogni
anno nascono in Italia molte spin-off, e non solo, come accadeva in passato,
nel campo delle ICT (tipico settore con basse barriere all’entrata e bassi costi fissi che hanno consentito negli anni il proliferare di imprese, soprattutto
durante il boom della net economy). Esse nascono in alcune regioni più che
in altre, nascono da alcune università più che da altre. Tuttavia, nonostante
l’elevato numero, solo una parte minoritaria di queste imprese ha evidenziato
percorsi di forte crescita dimensionale, a fronte peraltro di un elevato tasso di
sopravvivenza. Dalla Figura 1 si evince come negli ultimi 4/5 anni siano nate
la maggior parte delle imprese spin-off attive, 100 delle quali nel 2007 e nel
2006.Queste imprese rappresentano probabilmente il “nocciolo duro”, non certo la totalità, delle imprese start-up innovative costituite nel nostro Paese.
Fig. 1 – Le imprese spin-off della ricerca pubblica in Italia, per anno di costituzione | n. 598
Ovviamente il dato 2008 non è ancora disponibile, data la natura empirica della
nostra indagine che si basa su nostre ricerche dirette e comunicazioni da parte
delle università e degli Uffici Trasferimento Tecnologico. Ad oggi comunque pos-
52
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
siamo asserire che il trend di creazione di nuove spin-off registrato nel 2007 non
è certo diminuito. Per quanto riguarda la localizzazione geografica, la presenza
più consistente di imprese spin-off è al Nord ed al Centro del Paese (Fig. 2), ma
la distribuzione cambia abbastanza da regione a regione (Fig.3).
Fig. 2 - Macro-aree di localizzazione delle imprese spin-off in Italia | n. 598
16,6 %
25,5 %
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Nord-Ovest
21,1 %
31,7 %
Tuttavia, le imprese spin-off, come noto, oltre che contate vanno “pesate” (così
come i brevetti), essendo la loro importanza, in termini di originalità tecnologica, prospettive di crescita, ecc., molto diversa da caso a caso. E’ evidente
comunque che la nascita di imprese è influenzata anche dalle politiche attuate
dalle regioni e dalle università.
Alcuni atenei italiani hanno scelto di dedicarsi al sostegno di pochi progetti di
spin-off, ma di qualità elevata, effettuando una selezione a monte, e non puntando ad avere un elevato numero di imprese, ma piuttosto prediligere quelle
che con maggiori prospettive di crescita. A questi progetti viene dedicato particolare impegno da parte degli UTT, che spesso si occupano anche di contattare possibili partner industriali e finanziari e assistere il ricercatore-fondatore
nella complessa fase di costituzione dell’impresa con partner collaborativi, ma
anche esigenti e molto competenti. Il fenomeno spin-off è comunque molto
complesso e varia da ateneo ad ateneo. Vi sono università che hanno lavorato
maggiormente su questi temi, altre che hanno cominciato ad occuparsene
solo di recente; similmente varia molto il “clima” che nelle università si respira nei confronti delle spin-off, che può andare da un entusiasmo acritico ad
un pacato scetticismo. Alcune università sono diventate veri e propri “modelli”,
53
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
Fig. 3 – La localizzazione regionale delle imprese spin-off in Italia | n. 589
con procedure e prassi ormai consolidate, e hanno innescato sane pratiche
imitative da parte di altre. Per quanto riguarda il settore di appartenenza delle
imprese spin-off, anno dopo anno, il peso delle imprese ICT diminuisce, mentre crescono i settori delle life sciences, del biomedicale ed altri settori dove
sappiamo che le imprese devono essere costituite sin dall’inizio con una compagine societaria robusta, risorse iniziali adeguate, più capitale, possibilmente
brevetti di proprietà, ecc. Anno dopo anno, cresce anche il numero di imprese
che iniziano la loro attività con un partner industriale e/o un partner finanziario
nella compagine societaria, anche questo segno di progressiva maturità del
fenomeno. Passiamo ora alle politiche per la creazione di imprese spin-off
della ricerca pubblica, provando soprattutto a discutere in che misura i dati
54
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
Fig. 4 – I settori di appartenenza delle imprese spin-off | n. 538
presentati fin qui possano essere stati influenzati da specifiche politiche regionali o nazionali. Da una parte dobbiamo subito premettere che il fenomeno si
è sviluppato in un primo tempo nei Paesi più avanzati e, ad un certo punto, si
è manifestato anche nel nostro Paese. Parte di questa crescita delle imprese
spin-off è quindi, in un certo senso, “spontanea”, nel senso che si tratta di un
fenomeno che in modo quasi epidemico era destinato ad arrivare in Italia a
meno che fattori ostacolanti non ne compromettessero lo sviluppo. Dall’altra
parte, però, non possiamo trascurare l’intensa attività dei numerosi Uffici Trasferimento Tecnologico delle varie università italiane, nati e cresciuti con un
approccio assolutamente bottom up, e di recente supportati da alcune azioni
governative, che hanno senza dubbio contribuito ad aumentare quanto meno
55
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
la numerosità delle spin-off. Al fenomeno poi hanno favorevolmente contribuito
anche alcuni interventi nazionali, come la legge 297/99, e diverse iniziative
regionali che hanno portato alla nascita sul territorio di incubatori universitari o
che hanno promosso interventi integrati che vanno dalla sensibilizzazione dei
ricercatori alla concreta partecipazione nelle compagini societarie. Numerosi
sono infatti gli interventi di questa natura. Uno di questi, è il progetto UNITI
(www.progettouniti.it), finanziato in parte a livello nazionale ed in parte dalla
Regione Liguria, con la partecipazione di Sviluppo Italia Liguria e dell’Università di Genova, che ha l’obiettivo di favorire la nascita e lo sviluppo di aziende
spin-off, un fenomeno ancora poco diffuso sul territorio ligure.
Il progetto ILO PUGLIA (www.arti.puglia.it), è una misura prevista nell’Accordo di
programma quadro per la Ricerca fra la Regione Puglia ed il MIUR; viene attuato
Fig. 5 – Un esempio di intervento di promozione delle imprese spin-off: il Progetto UNITI
56
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
dall’ARTI (Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione) e si propone di
dotare la rete degli atenei pugliesi di un complesso di strumenti e risorse di carattere stabile per il trasferimento tecnologico. In particolare gli obiettivi del progetto sono (a) dotare le cinque università pugliesi di uffici stabili per la valorizzazione del proprio patrimonio scientifico; (b) impiegare il patrimonio di ricerca già
disponibile nelle università e non ancora valorizzato per innovazioni di prodotto,
crescita di nuova impresa e di occupazione nei settori ad elevato contenuto di
conoscenza, attraverso brevetti, licenze e spin-off; (c) accrescere l’impatto delle
spese di ricerca universitarie sul complessivo sviluppo economico ed imprenditoriale della Puglia e migliorare la collaborazione tra strutture pubbliche. Come
noto, quello di “mettere in rete” sembrerebbe uno degli obiettivi più semplici ed
immediati delle politiche, ma si rivela spesso uno dei più difficili da ottenere, se
non ricorrendo a dichiarazioni puramente formali; ciò nonostante, l’esperienza
pugliese sta già dando i primi frutti. In Sardegna, Sardegna Ricerche ha gestito
bandi regionali che hanno erogato sostanziosi voucher per costituende spin-off
della ricerca pubblica, così come il progetto Ingenio gestito da Finlombarda e
molte altre iniziative regionali, tra le quali spicca senz’altro il progetto Spinner
in Emilia Romagna. Nella seguente tabella si è provato a rappresentare, certamente senza obiettivi di esaustività, una serie di “azioni tipo” poste in essere da
diverse realtà che si occupano di start-up innovative e di spin-off.
Tab. 1 – Alcuni esempi di azioni di sostegno delle start-up innovative e delle spin-off.
TTO
Brevetti
Spin-off
Creazione
fondi
(rafforzamento, staffing,
formazione, messa in rete)
(voucher, contributi,
licensing, ecc.)
(formazione, servizi vari,
finanziamento, ecc.)
(seed o altro)
Ilo Puglia
•
•
•
•
Progetto Uniti Genova
•
•
•
Spinner Emilia
Romagna
•
•
•
Sardegna Ricerche
•
Ingenio Finlombarda
•
FIXO
•
Legge Nazionale
297/99
•
Art.12 MUR
Fondo rotativo
CCIAA Pisa
•
•
•
•
57
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
Emerge chiaramente, da questa primissima rappresentazione, che l’offerta di
azioni è molto ricca e variegata, e che esistono anche delle sovrapposizioni,
probabilmente talvolta ricercate e altre volte semplicemente non gestite. Passiamo ora ad analizzare alcune “luci” ed “ombre” di questo scenario.
Luci. E’ senz’altro utile ed interessante che molti soggetti stiano lavorando su
questi temi, che ci siano notevoli investimenti (se facciamo la somma di tutti
i finanziamenti elargiti otteniamo una quantità di risorse rilevante), che ci sia
una buona capacità di imitare e innovare, spesso adattando azioni note alle
proprie realtà regionali o locali. Importanti sono, poi, la consapevolezza e la
volontà, da parte degli operatori del settore, di non sprecare i finanziamenti
ottenuti sotto la pressione di scadenze di spesa e la presenza di persone responsabili e competenti che danno continuità ai progetti.
Ombre. Personalmente credo molto nella dimensione regionale dell’innovazione, ma forse alcuni degli interventi attualmente in essere potrebbero/dovrebbero essere promossi su scala interregionale per ottenere una maggiore
“massa critica”. Ad esempio, Enterprise Ireland, agenzia statale irlandese, ha
investito 30 milioni di euro per far nascere nelle 10 università irlandesi degli Uffici per il Trasferimento Tecnologico, per aiutarli nel licensing, ecc. Al contrario,
in Italia, cumulativamente, spendiamo molto più di 30 milioni di euro, ma spesso questi finanziamenti sono frammentati e distribuiti in maniera non sempre
rispondente alle necessità e alle potenzialità dei diversi territori.
In merito invece al concetto di cabina di regia del sistema, l’ultimo dei temi
che volevo trattare, si tratta a mio avviso di un aspetto molto delicato e complesso. Non è infatti facile immaginare questo ruolo, organizzarlo, delegarlo e
svolgerlo concretamente, dato che il trasferimento tecnologico, anche se solo
limitato alla creazione di nuove imprese innovative, è pur sempre un fenomeno
dalle numerose sfaccettature, influenzato da una molteplicità di fattori e soggetti difficilmente “allineabili”.
Sicuramente però c’è bisogno di maggior coordinamento sia all’interno delle
singole regioni, dove spesso sono attivi più progetti simili che alla fine “confondono” i ricercatori, che tra regioni limitrofe, per evitare la duplicazione di
iniziative che potrebbero tranquillamente abbracciare territori più estesi.
Pur essendo stato positivamente impressionato dalla presentazione del Dott.
Mallone e dalla visione a 360 gradi di IPI e RIDITT su questi temi, attualmente,
seppur in maniera indiretta e spontanea, e senza avere ricevuto alcun mandato ufficiale, un importante ruolo di regia lo stanno svolgendo le associazioni
NetVal e PNI, le quali raccolgono informazioni, le ridistribuiscono, fanno lobby
58
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
come possono e tengono unita la rete delle persone che nelle università si
occupano di trasferimento tecnologico. E la qualità del loro networking è tale
che ormai fanno parte della rete informale, ma efficace, anche numerose imprese (con i loro uffici brevetti), numerosi professionisti (consulenti in materia
di proprietà intellettuale), società finanziarie (fondi, VC, BA), e anche altri enti
pubblici di ricerca.
Oltre alle due realtà citate, alcune agenzie ministeriali, tra cui IPI e RIDITT,
appunto, stanno impegnandosi. A mio avviso è necessario che la loro azione
venga svolta mantenendo un forte contatto con la “base”, con le realtà che si
occupano ogni giorno di innovazione e trasferimento tecnologico.
Infine tre considerazioni conclusive, che si propongono di richiamare all’attenzione e alla cautela.
La prima: le spin-off sono un fenomeno molto promettente ed è a mio avviso lecito essere ottimisti. Attenzione però a non “banalizzare” il fenomeno
sostenendo eccessivamente le spin-off a basso contenuto innovativo che alcune delle nostre università possono essere indotte a promuovere. Gli Uffici
di Trasferimento Tecnologico stanno diventando sempre più competenti, e
l’avvio di un’impresa spin-off è diventato quasi un’attività di routine, ma ora
è necessario che si presti maggiore attenzione alla fase di selezione, pur
nella consapevolezza che la metodologia di selezione può essere diversa da
territorio a territorio, da incubatore ad incubatore, ecc. Facciamo comunque
attenzione a non far nascere imprese ed imprenditori che non riescono a diventare nemmeno bravi “artigiani tecnologici” (e cioè imprenditori-consulenti
che per tutta la vita vendono con soddisfazione i propri servizi con un modello consulenziale-artigianale, senza crescere dimensionalmente). Per queste
realtà imprenditoriali si dovrebbe evitare di utilizzare il marchio spin-off. Gli
Uffici di Trasferimento Tecnologico e gli incubatori possono essere dei driver
per far confluire più finanziamenti alla ricerca, facendo crescere imprese che
poi comprano servizi di ricerca dall’università, o facendo in un certo senso il
marketing della ricerca, e cioè il marketing della propria università.
La seconda: le politiche richiedono non solo più massa critica e non solo
una regia centrale, ma anche una vision a 360°. Nella presentazione del
dott. Mallone abbiamo apprezzato molti interventi, dai brevetti, ai fondi, ecc.
Questo ambito è molto complesso e richiede l’azione di policy maker che si
intendano, capiscano, riescano ad intervenire in maniera precisa su diversi
ambiti, dalla mobilità dei ricercatori, alla governance delle università, ecc.
Non si può intervenire su un aspetto senza essere consapevoli degli effetti
che si genereranno in campi contigui e senza essere in grado di influenzarli.
59
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Andrea Piccaluga
Se manca questa visione di insieme si rischia di rendere gli interventi troppo
frammentati e poco efficaci. La terza e ultima: il barile. Stiamo parlando da
inizio mattina di trasferimento tecnologico. Mi permetto di ricordare che stiamo
arrivando a “raschiare il barile delle idee”. Nelle nostre università ci sono ancora bravi giovani, dottorandi con tante buone idee, ma ulteriori tagli alla ricerca
non sarebbero sopportabili e ci porterebbero inesorabilmente ad accorgerci
che anche se siamo abbastanza bravi a selezionare e ad inventare, rischiamo
di arrivare a raschiare il fondo del barile.
60
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Gilda Antonelli
Le politiche industriali a supporto
delle imprese innovative
Gilda Antonelli*
A partire dall’ultimo decennio del secolo scorso in Europa e in Italia, sono stati
adottati alcuni strumenti di politica industriale (ad esempio le leggi regionali
sull’innovazione, la legge 297, ecc.) che hanno mirato a supportare processi
di sviluppo economico del territorio. Obiettivo fondamentale delle politiche che
li sottendevano è stato quello di “forzare lo sviluppo” nel tentativo di accelerare i processi di creazione di nuove imprese innovative. A distanza di qualche decennio dalla loro introduzione, anche se attraverso diverse modalità di
erogazione e con differenti obiettivi specifici, diventa possibile fare una prima
valutazione di massima sia in termini di risultati ottenuti, sia di efficacia dei
metodi di assegnazione utilizzati, sia di tipologie di intervento implementate.
Al fine di una interpretazione dei punti forza e di debolezza delle misure poste
in essere, appare opportuno un confronto sui risultati che renda possibile la
predisposizione di un modello di sviluppo che sia utilizzabile per il futuro.
La discussione della tavola rotonda ha riguardato soprattutto un punto nodale:
le politiche industriali messe in atto per le start up innovative sono utili veramente? Sebbene sembra esserci accordo sull’utilità, tuttavia appare chiaro
che qualche miglioramento può essere attuato in termini di efficacia ed efficienza. I risultati registrati, ad esempio, dalla Regione Emilia Romagna, che
ha messo in atto diverse misure per il supporto alla nascita ed al sostegno
delle imprese innovative ed alla diffusione della cultura d’impresa, sono confortanti. Dal 2000 al 2006, anni di implementazione del Programma Spinner,
ad esempio, si sono costituite 84 imprese innovative (di cui 40 spin off) a fronte
di 250 gruppi di impresa per un totale di 941 persone che hanno usufruito
delle misure offerte. Anche in Umbria, seppure con inferiori capitali investiti, si
sono avuti apprezzabili risultati grazie all’importante ruolo di coordinamento
giocato dalla Regione e al sostegno messo in campo dalla società finanziaria
regionale e da alcuni esponenti del sistema bancario. E’, peraltro, interessante
notare che può essere sicuramente tracciato un parallelo tra le regioni che
registrano un numero elevato di imprese innovative costituite e la presenza di
politiche specifiche. Le politiche hanno però effetto se esiste una massa critica
su cui intervenire. In particolar modo, nel caso del supporto alla nascita di spin
off, se esistono ricercatori e potenziali imprenditori interessati a valorizzare
* Gilda Antonelli: Associate Professor of Management - Department of Management - University of Molise | Italy
61
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Gilda Antonelli
economicamente i risultati delle ricerche condotte in laboratorio.
Nei sistemi economici moderni stanno cambiando anche la sensibilità e l’approccio dei potenziali finanziatori di idee innovative verso i classici indicatori
economico-finanziari che da sempre sono gli unici ad essere considerati nel
momento in cui si dovevano valutare l’opportunità di investire capitale in nuove
imprese. Accanto a questi, infatti, i potenziali finanziatori, tra cui le banche, i
venture capitalist, le società finanziarie più in generale, hanno iniziato a considerare alcuni parametri quali il grado di innovatività dell’idea proposta, le potenzialità di mercato e, non ultime, le caratteristiche ed l’affidabilità del gruppo
imprenditoriale proponente, a volte avallando la valutazione fatta dai comitati
start cup locali a quali riconoscono competenza specifica e conoscenza delle
problematiche legate all’innovazione, in qualche modo utilizzando sistemi di
valutazione basati sulla fiducia.
In conclusione mi sembra interessante sottolineare tre temi che potrebbero
costituire il frutto delle riflessioni congiunta sul tema delle politiche industriali
per le start up innovative.
Innanzitutto diventa molto importante sviluppare al meglio le strutture che supportano il trasferimento tecnologico e lo sviluppo dell’innovazione. Dalle esperienze nord americane e anche sulla base dei risultati ottenuti con il Progetto
Spinner in Emilia Romagna si può affermare che è dispendioso e poco utile il
proliferare di strutture despecializzate che forniscono servizi generici e standard ai potenziali imprenditori innovativi ed alle imprese che vogliano implementare processi di innovazione. Ciò che rende, infatti, efficace ed efficiente
la struttura è la personalizzazione sulle esigenze del “cliente”del pacchetto
di servizi offerti, ossia l’offerta di un servizio tailored sulle esigenze di chi lo
richiede. Solo in tal modo i risultati che si ottengono sono remunerativi. Alla
luce di alcuni approfondimenti realizzati in maniera longitudinale su campioni
rappresentativi di gruppi di potenziali imprenditori innovativi, si evince che i
team in media sono molto deboli sia sulle competenze imprenditoriali, sia sulla
propria capacità di lavorare per fini non connessi con la ricerca pura. Ciò porta
a proporre un rafforzamento ex ante della compagine sociale, cioè prima che
si costituisca una vera e propria impresa piuttosto che attendere una selezione
successiva magari immaginando policy che supportino per periodi più lunghi i
potenziali imprenditori nella fase di pre- start up.
Una seconda riflessione che scaturisce dalla tavola rotonda è che nei processi di supporto all’innovazione ancora più che in altri, diventa importante
porre l’attenzione sulle persone poiché sono in grado di rappresentare il fattore
62
Capitolo II - Politiche Industriali per le start up innovative | Gilda Antonelli
competitivo reale: già la consapevolezza che siano presi in considerazione
l’affidabilità e le competenze del gruppo di promotori nella valutazione realizzata dai potenziali finanziatori è un segno tangibile di quanto le persone
abbiano un ruolo fondamentale nel decretare il successo di una iniziativa così
particolare. E ciò vale anche se riferito alle persone che supportano i processi
di innovazione che, come evidenziato anche dall’esperienza riportata dal dott.
Coticchia sugli incubatori americani, sono i veri attori dello sviluppo dell’innovazione e devono perciò avere una preparazione trasversale ed una forte
motivazione.
Infine dalla discussione dei testimoni privilegiati e dall’analisi delle esperienze
realizzate negli ultimi anni emerge un generale accordo sul fatto che le policy
a supporto dello sviluppo economico e dell’innovazione siano necessarie ed
utili. Promuovere però, l’innovazione tout cour non appare utile se le misure
poste in atto non sono coordinate ai diversi livelli regionale, nazionale e comunitario poiché si rischia di proporre linee di intervento sovrapposte che,
aumentando la quantità dell’offerta di strumenti a supporto dell’innovazione
hanno effetti negativi sui potenziali destinatari, in primis abituandoli ad un regime infinito di sostegno pubblico, in secondo luogo confondendoli sulla opportunità di strumento da utilizzare e, soprattutto, rischiano di non ottenere alcun
risultato poiché scambiano lo strumento con il fine e non prevedono alcun
monitoraggio sull’utilizzo dello strumento stesso.
Va però sottolineato una necessaria trasformazione delle stesse dal punto di
vista dell’oggetto di intervento. Si richiede, infatti, minor attenzione agli strumenti da mettere in atto per il supporto e l’animazione e maggiore focalizzazione sugli obiettivi strategici che si desidera perseguire, altrimenti si rischia di
continuare a finanziare strutture a supporto dell’innovazione e della creazione
di impresa senza realmente finanziare chi di quelle strutture è il destinatario.
Diventa, inoltre, necessaria la presenza di un attore che organizzi, orienti e
coordini l’operatività dei differenti soggetti che operano sul territorio in modo
da far convergere verso un fine comune le loro azioni. Tale attore (anche detto
metaorganizzazione) è fondamentale al fine di costruire ove non esistesse,
coordinare ed orientare la rete di organizzazioni che sono in grado a diverso
titolo di sviluppare l’innovazione, fornendo la visione strategica generale e implementando e gestendo le modalità di comunicazione necessarie in modo da
rendere efficienti ed efficaci le competenze di ciascun attore nell’ottica della
politiche industriali più generali.
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L’evento Start Up dell’anno 2008
Giovedì 29 maggio
Presentazione delle imprese finaliste
Cena di gala e premiazione Start Up dell’anno 2008
Venerdì 30 maggio
Workshop PNICube
“ Incubazione… e dopo?”
Saluti del Rettore e apertura dei lavori
Sono intervenuti:
Sessione I - La Post incubazione
• G. Lorenzoni, PNICube
• M. E. Coticchia, Case Western Reserve University
• T. Cook, ISIS Innovation - Oxford University
• M. Cantamessa, I3P - Incubatore Politecnico di Torino
• M. Fanni, Università degli Studi di Trieste
Tavola rotonda
• E. Abirascid, giornalista collab. Sole24ore
• M. Marzano de Marinis, WIPO
• G. Dragoni, Fondazione Politecnico di Milano
• P. Cattapan, AREA Science Park
• R. Albanese, Città della Scienza
Sessione II - Politiche industriali per le start up innovative
• R. Pietrabissa, Netval
• M. Mallone, IPI - Istituto per la Promozione Industriale
• L. Carrino, Rete Ventures S.c.a.r.l.
• A. Piccaluga, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
• M. Sobrero, Università di Bologna
Tavola rotonda
• G. Antonelli, Università del Molise
• L. Caporizzi, Regione Umbria
• L. Ramaciotti, Università degli Studi di Ferrara
• A. Dante, Casse del Centro S.p.a.
• G. Porrazzini, Gepafin S.p.a.
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PNICube
Premio Start Up dell’anno 2008
Presentazione delle imprese finaliste
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
1° classificato Premio Start Up dell’anno 2008
BMR Genomics S.r.l.
Informatizzazione spinta per le nuove frontiere della ricerca sul DNA
www.bmr-genomics.it
Settore di attività: Biotech
La storia
BMR Genomics s.r.l. nasce nel 2004 come spin-off dell’Università di Padova,
per iniziativa del Prof. Valle, ordinario di genomica e bioinformatica e di sette
collaboratori appartenenti al suo gruppo di ricerca. L’azienda diventa effettivamente operativa nel maggio 2006, subentrando al CRIBI (Centro di Ricerca
Interdipartimentale per le Biotecnologie Innovative) nella gestione del Servizio
Sequenziamento del DNA. Nel 2007 BMR completa il distacco dall’Università,
trasferendosi in toto all’esterno del complesso universitario; la nuova sede si
compone di un laboratorio di analisi di circa 140 mq e di un’area destinata
ad uffici di circa 170 mq. Nei primi due anni di attività, la crescita di fatturato
e clienti è stata costante. BMR ha chiuso il 2007 con un fatturato superiore al
milione di euro ed un portafoglio di circa 500 utenti attivi. La clientela è costituita per il 70% circa da enti pubblici di ricerca ed il restante 30% da laboratori
privati. In base ad uno studio condotto nel 2007, il 90% degli utenti è molto
soddisfatta per il servizio ricevuto; la componente di servizio essenziale per il
target è l’affidabilità (indicata come prioritaria dal 92% degli intervistati).
La strategia di servizio
BMR Genomics intende proporsi sul mercato come Servizio di analisi del DNA,
rivolto a diversi attori della società civile. Il core business è rappresentato dalle
analisi del DNA effettuate per il mondo della Ricerca Scientifica. In questo settore, l’azienda copre due segmenti strategici: il sequenziamento standard (metodo Sanger) ed il sequenziamento ultra-high-throughput. Quest’ultimo sfrutta
una tecnologia di ultima generazione (Roche 454 FLX), che BMR Genomics
68
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
ha acquisito, primo e attualmente unico in Italia. Per il target Ricerca, l’azienda
è impegnata ad ampliare il proprio portafoglio di prodotti-servizi: l’obiettivo è
di sviluppare un’offerta all inclusive, che snellisca il più possibile le attività
perditempo (es. richieste offerte, gestione ordini a fornitori) dei propri utenti.
In quest’ottica, è di recente avvio il servizio Custom Primer, che consente agli
utenti di ordinare a tariffe agevolate, attraverso il sito di BMR, gli oligonucleotidi
necessari per effettuare le attività di laboratorio preliminari al sequenziamento, saltando così il passaggio amministrativo col fornitore. Altri piccoli plus di
questo tipo sono in corso di implementazione e saranno disponibili dal 2009.
Accanto al settore Ricerca, BMR Genomics è entrata nel 2008 in un altro segmento strategico: quello dei test di genotipizzazione (es. test di paternità). Il
mercato è estremamente attrattivo, perchè presenta margini elevati e barriere
all’entrata basse. L’offerta è segmentata tra una molteplicità di competitor, la
maggior parte dei quali opera attraverso un sito web. I target di mercato sono
di due tipi: privati che richiedono il test per finalità informative ed i professionisti (avvocati, agenzie investigative, veterinari, ecc.) che lo richiedono nell’esercizio della professione.
Il modello di business
L’azienda adotta un modello di business basato sull’ecommerce: attraverso il
sito, gli utenti hanno accesso in assoluta trasparenza ad ogni tipo di informazione e possono effettuare gli ordini dei prodotti – servizi, nonché monitorare
lo storico degli acquisti. La gestione dei processi interni è altamente informatizzata e orientata agli standard ISO 9000 (è in corso il procedimento per l’ottenimento della certificazione). Il servizio offerto dall’azienda si allinea agli standard di mercato per quanto concerne prezzo, tempi e modalità di erogazione.
Il plus dell’offerta deriva invece dall’elevato standard di qualità del servizio e
dall’assistenza garantita all’utente: l’informatizzazione spinta e gli investimenti
in robotica consentono infatti una tracciabilità totale dei campioni processati,
con notevole riduzione dei margini di errore; allo stesso tempo, l’utente registrato può seguire i vari step del processo direttamente dal sito web, nonché
accedere con massima trasparenza a tutte le transazioni già effettuate (storico
prenotazioni, download risultati, ecc.). Il sistema gestionale ed i protocolli sono
sviluppati internamente, ma non sono brevettati: l’azienda adotta una filosofia
open source, basata sullo scambio con gli utenti e sul miglioramento continuo
delle procedure. In questa logica si inseriscono iniziative quali il “Premio al
miglior suggerimento”, la Superlogin di dipartimento ed i corsi di formazione
(di imminente avvio).
69
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
Le persone
BMR conta oggi su un gruppo di 16 addetti, con formazione biologica, informatica, economica. Il capitale sociale è interamente in mano ai soci fondatori.
Nell’azienda si realizza un perfetto allineamento tra proprietà-controllo-management: dei 4 soci di maggioranza (che insieme detengono l’86% del capitale
sociale), due sono amministratori e due partecipano informalmente alle decisioni aziendali.Le competenze sviluppate sono riconducibili principalmente a
quattro aree:
•
•
•
•
genomica;
bioinformatica;
gestione qualità;
gestione aziendale.
70
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
2° classificato ex aequo
Premio Start Up dell’anno 2008
DREAM S.r.l
dedicated reservoir engineering and management
www.dream-top.it
Settore attività: energia-software
DREAM s.r.l. (Dedicated Reservoir Engineering and Management) è una
compagnia internazionale nata nel 2004 che offre prodotti informatici e servizi
specialistici per il settore petrolifero. L’obiettivo della società è quello di fornire,
a livello internazionale, un’ampia gamma di competenze tecniche al fine di
caratterizzare, sviluppare ed operare in modo ottimizzato i giacimenti di olio
e di gas.
Storia
L’idea di costituire la società è nata da un gruppo di ricercatori del Politecnico di
Torino e di tecnici specialistici che erano già attivi nel campo dell’industria petrolifera e che hanno intravisto il potenziale imprenditoriale delle loro competenze
professionali. Negli ultimi anni gli esperti della DREAM hanno lavorato insieme
con successo nella ricerca e nello sviluppo di studi teorici e di applicazioni industriali. La DREAM si pone sul mercato come un’azienda fortemente innovativa
nello sviluppo e nella produzione di strumenti e programmi di calcolo finalizzati
all’interpretazione ed alla gestione dei dati di natura statica e dinamica ed alla
ottimizzazione delle strategie di sviluppo dei giacimenti di idrocarburi. La società oggi propone una serie di software specialistici come Mistral, per l’analisi dei
dati e la valutazione delle incertezze legate alla caratterizzazione petrofisica dei
giacimenti, e Aquilon, per l’analisi e la simulazione tridimensionale del comportamento produttivo dei pozzi testati con metodi non convenzionali.
Nel 2004 DREAM si è aggiudicata il 2° premio del concorso “Galileo Ferraris
– IV edizione” per le migliori idee imprenditoriali dell’anno ad alto contenuto
innovativo. Tra i suoi clienti figurano ENI, EDISON Gas, HALLIBURTON, BG
(British Gas), SPIGAS, GEOGAS Stock e Transgas (Repubblica Ceca).
DREAM è anche il primo SPIN-OFF del Politecnico di Torino.
71
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
Storia della società:
• 2003: Partecipazione al concorso Galileo Ferraris ed ingresso in I3P
• 2004: Fondazione della società ed ingresso in I3P come Spin-off del
Politecnico
• 2006: Vincita gara d’appalto con società Halliburton
• 2007: Inizio commercializzazione di due prodotti software
• 2007: Laurea e successiva uscita da I3P
Prodotti
La DREAM è specializzata nello sviluppo di software di natura tecnico-ingegneristica per il mercato dell’industria petrolifera.
La DREAM offre sul mercato prodotti di alto livello tecnologico caratterizzati dalla facilità di installazione e di utilizzo. I programmi di calcolo realizzati
si configurano come software dedicati e specialistici adattati alle specifiche
esigenze dei clienti. Mistral è un software per l’analisi dei dati e la valutazione delle incertezze legate alla caratterizzazione petrofisica dei giacimenti
di idrocarburi. Mistral utilizza un approccio avanzato per la caratterizzazione
delle formazioni mineralizzate fondato sull’inversione di registrazioni multiple
con una metodologia di ottimizzazione di tipo Gaussiano-Newtoniano. Il programma fornisce intervalli di confidenza per i risultai dell’interpretazione, accoppiando il metodo Monte Carlo all’algoritmo di ottimizzazione. Le opzioni di
combinazione delle soluzioni multiple e di zonazione rendono lo strumento
particolarmente adattato all’analisi di litologie miste. Il programma restituisce
come output il volume delle varie componenti del sistema (fluidi e solidi), i
profili di porosità e saturazione in acqua, e le incertezze associate.
Aquilon è un software per l’analisi e la simulazione tridimensionale del comportamento produttivo di pozzi petroliferi testati in modo non convenzionale.
Alcune metodologie alternative di esecuzione delle prove di produzione nei
pozzi petroliferi possono ridurre o eliminare i rischi legati alla sicurezza, all’impatto ambientale e alla non economicità delle operazioni. Esse comportano
però una serie di difficoltà aggiuntive nell’interpretazione e nella gestione dei
dati di pressione misurati. Aquilon è stato progettato per simulare la produzione e l’iniezione di fluidi in pozzi verticali perforati in giacimenti eterogenei ad
alto livello di anisotropia. L’iniezione o la produzione di fluidi possono essere
definite e simulate lungo tutto lo spessore del giacimento oppure, alternativamente, in intervalli selezionati. Le fenomenologie legate allo scambio di calore,
alle forze capillari, agli effetti gravitativi e ai fenomeni di diffusione, sono tutte
implementate all’interno del programma di calcolo.
72
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
Servizi
DREAM offre i suoi servizi nei settori della geologia e dell’ingegneria di giacimento nonché nel campo dello stoccaggio sotterraneo del gas naturale.
Attraverso la descrizione integrata e la simulazione del comportamento dei
giacimenti di idrocarburi, gli esperti di DREAM sono in grado di identificare
le strategie di produzione più appropriate, i sistemi ottimizzati di gestione dei
giacimenti e le metodologie più adatte alla massimizzazione del recupero di
idrocarburi. Lo staff di DREAM lavora in modo integrato ed efficiente su ciascun progetto al fine di garantire il migliore approccio possibile alle problematiche esaminate. Le capacità tecniche includono la caratterizzazione petrofisica delle formazioni, l’analisi delle registrazioni di pozzo, la descrizione e la
modellizzazione statica dei giacimenti, l’analisi volumetrica, il trattamento e
la gestione dei dati di pozzo, l’analisi dei dati di produzione, l’interpretazione
analitica e numerica delle prove di produzione, la simulazione dinamica del
comportamento dei giacimenti, l’analisi del rischio, le analisi geomeccaniche,
lo stoccaggio sotterraneo del gas naturale e l’implementazione di tecniche non
convenzionali per la massimizzazione del recupero di idrocarburi.
Mercato
I servizi ed i prodotti informatici della DREAM sono progettati per rispondere al
bisogno sempre più emergente nell’industria petrolifera di identificare le maggiori fonti di incertezza e di sviluppare analisi del rischio.
La DREAM offre i suoi servizi ed i suoi prodotti non solo alle compagnie petrolifere che operano in Italia ed all’estero, ma anche alle compagnie di servizio
che sviluppano gli strumenti e le tecnologie necessarie ad acquisire dati ed
informazioni nei giacimenti di idrocarburi. I prodotti ed i servizi offerti dalla società sono caratterizzati da una solida base tecnica e scientifica e da un livello
di innovazione reso possibile dall’alto livello di competenza tecnica nei settori
della geologia e dell’ingegneria che i membri ed i collaboratori della DREAM
mettono a disposizione.
DREAM ha inoltre sviluppato progetti in collaborazione con compagnie e centri di ricerca, ponendo le basi per accordi di collaborazione strategici:
• Hoplo: società di consulenza con forti competenze tecnologiche nella implementazione di processi produttivi con tecnologie web based;
• Kappa Engineering: società specializzata nello sviluppo di software per l’interpretazione di dati di pozzo e di giacimento;
73
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
2° classificato ex aequo
Premio Start Up dell’anno 2008
Thethis S.r.l.
La libertà di manipolare la materia su scala atomica e molecolare
www.tethis-lab.com
Settore di attività: Nanotecnologie e Biotecnologie
Tethis è un’azienda ad alto contenuto tecnologico, con forti competenze nel
settore delle nanotecnologie, che, a partire dallo sviluppo di una tecnologia
innovativa per la produzione di materiali funzionali, film sottili nanostrutturati
e nanopolveri, ha potuto espandere il proprio mercato di riferimento anche
al settore delle biotecnologie e al settore industriale delle microlavorazioni.
L’azienda nasce nel 2004 come spin off dell’Università degli Studi di Milano,
con il supporto di una società di Seed Capital, Agite! SpA. Questo porta da
subito l’azienda a porsi in un’ottica fortemente aggressiva nei confronti del
mercato, grazie al supporto di competenze di alto livello nell’ambito manageriale, finanziario e gestionale. La rapida evoluzione dell’azienda, già all’inizio
del 2005, desta l’attenzione del gruppo Genextra, holding italiana attiva nel
settore delle biotecnologie e, più in generale, delle tecnologie emergenti, da
cui viene acquisita nel luglio dello stesso anno. Grazie al supporto, non solo
finanziario, ma anche scientifico della compagine Genextra, il cui background
tecnologico prende corpo a partire da alcuni gruppi di ricerca d’eccellenza
all’interno dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Tethis può espandere il
proprio mercato di riferimento anche al settore biomedico. La sede operativa
di Tethis, situata a Milano, accoglie sia gli uffici che i laboratori attrezzati per
l’attività di ricerca. E’ stata ultimata nel primo trimestre del 2006 e occupa una
superficie di circa 800 mq. L’incremento dei progetti in cui l’azienda è coinvolta
ha permesso un aumento del proprio organico, che è passato dalle poche
unità di personale del 2004 alle venti attualmente operanti, di cui la maggior
parte svolge attività di ricerca. I ricercatori dell’azienda possiedono specifiche
competenze tecniche che spaziano dalla fisica alla biologia, dall’ingegneria
alla chimica. Questo consente di integrare all’interno di Tethis i differenti know
how, rendendo possibile lo sviluppo di progetti fortemente interdisciplinari. Le
attività commerciali di Tethis sono organizzate in tre differenti dipartimenti operativi: Tethis Research, Tethis Technology Services e Tethis System. Ciascuno
di questi dipartimenti si basa sull’utilizzo delle competenze tecnico/scientifiche
presenti all’interno dell’azienda, al fine di sfruttare appieno la multidisciplinari-
74
imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
tà dell’azienda. Nello specifico, Tethis Research è il dipartimento che ha come
obiettivo l’integrazione dei materiali nanostrutturati prodotti in nuovi sistemi e
dispositivi per aumentarne il valore aggiunto ed essere impiegati in differenti
campi applicativi. Questo avviene tramite progetti di ricerca e sviluppi interni
all’azienda o tramite partnership tecnologiche con aziende esterne. L’azienda
è coinvolta in una serie di progetti per l’integrazione di questi materiali su
differenti piattaforme tecnologiche, che mirano ad esplorare le diverse potenzialità applicative dei materiali prodotti. Le possibili ricadute sono eterogenee:
dalle piattaforme microlavorate in silicio per la sensoristica, alle nanopolveri
per l’additivazione in polimeri, ai sistemi di microfluidica per saggi clinici e
biologici. Questi progetti sono condotti in collaborazione con partner industriali
e accademici. Tethis System è l’area che si occupa della progettazione, realizzazione e vendita sia di sistemi per la deposizione di film sottili nanostrutturati,
sia di sistemi per la sintesi di nanoparticelle. Tethis Technology Service fornisce consulenze tecniche per lo sviluppo di prodotti nano e biotech, produzione
di coatings e di nanopolveri su commessa, oltre che offrire servizi per la caratterizzazione dei materiali.
I prodotti commercializzati dall’azienda, tramite il dipartimento Tethis System,
sono i seguenti: impianti per la deposizione di film sottili nanostrutturati (linea
PMCS) e i sistemi per la sintesi di nanoparticelle (linea FSP).
• PMCS (Pulsed Microplasma Cluster Source). È la tecnologia brevettata e
proposta da Tethis per la produzione di film nanostrutturati attraverso la deposizione di nanoparticelle in fascio supersonico (Supersonic Cluster Beam
Deposition, SCBD). Mediante questa tecnologia è possibile depositare differenti materiali su una vasta gamma di supporti, in funzione delle esigenze
applicative specifiche.
• FSP (Flame Spray Pyrolysis). Il secondo sistema, nato dalla collaborazione
con lo Swiss Federal Institute of Technology (ETH) di Zurigo, è chiamato
NanoPowderSynthesizer (nps10). È un impianto basato su un particolare
processo di sintesi in fiamma (FSP) che permette la sintesi di ossidi metallici
o metalli nobili in forma di polveri. In questo caso il materiale prodotto non
viene depositato direttamente su di un substrato ma raccolto per mezzo
di filtri meccanici. L’nps10 è stato presentato ufficialmente a febbraio 2008
alla più importante fiera internazionale sulle nanotecnologie (Tokyo Nanotech2008) per il suo lancio sul mercato.
Grazie alla versatilità della tecnologia e alle peculiarità dei materiali prodotti,
Tethis è attrezzata per fornire servizi per la produzione di coating specifici,
da integrare in nuovi sistemi e dispositivi, che possano poi essere trasferiti
sul mercato. Questo processo può avvenire con lo sviluppo di progetti interni
all’azienda, o tramite collaborazioni e joint ventures con aziende esterne o
centri di ricerca. Tra le collaborazioni principali citiamo, a titolo di esempio,
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imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
quella con Selex Communications SpA (Gruppo Finmeccanica) per lo sviluppo di sensori di gas, la partnership con la Fondazione Bruno Kessler per l’integrazione di nanomateriali con piattaforme microlavorate in silicio, l’attività
con Dolomite Centre Ltd per lo sviluppo di chip microfluidici funzionalizzati
con nanomateriali. L’azienda ha partecipato e beneficiato di alcuni progetti
di finanziamento sia Europei che regionali. In particolare ha preso parte a
due progetti finanziati dalla Provincia di Milano, il primo per sostegno alle imprese che svolgono ricerche innovative, Innova la tua Impresa, e il secondo
per il rilascio di nuovi brevetti: Bando Brevetti 2005. Tethis ha partecipato ad
un’iniziativa, finanziata attraverso il Bando per l’Internazionalizzazione delle Imprese, promosso dal Ministero delle Attività Produttive in collaborazione
con l’Istituto per il Commercio Estero, per la stesura di uno studio di fattibilità
finalizzato alla costituzione di una joint-venture o nuova impresa industriale
in Cina. Tuttora Tethis è impegnata nei progetti Nanoprim e Anima. Il primo è
finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del VI Programma Quadro per la
Ricerca e Sviluppo ed è svolto in collaborazione con altre aziende (il Centro
Ricerche Fiat, tra gli altri) e centri Universitari di eccellenza. Esso è finalizzato
allo sviluppo di nuovi sistemi di deposizione di nanoparticelle unitamente ai
tool per il controllo di tali processi. Il secondo è finanziato dalla Regione Lombardia, e prevede la produzione di cavi dalle elevate prestazioni meccaniche,
che integrino additivi di nuova generazione, tra cui le nanopolveri sintetizzate
da Tethis, il cui partner industriale è Prysmian SpA (ex Pirelli Cavi).
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imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
Imprese partecipanti
CREST S.r.l.
Expertise di alto profilo per definire tempo passato e futuro
di mari e oceani
www.crest.trieste.it
Settore di attività: servizi meteo-marini (hindcasting, forecasting e operativi),
servizi di ingegneria navale, marina e off-shore.
Integra le competenze specifiche su mondi sommersi e segreti, come quelli
esplorati dall’oceanografia operativa e la geofisica ambientale, con lo studio
delle versatili risorse provenienti da modelli che applicano i principi della fluidodinamica all’ingegneria; questa, la formazione del team di ricercatori da cui
è nata, nel 2004, CREST S.r.l. La società che, attualmente opera come società di consulenza interdisciplinare, fornisce prodotti e servizi in due ambiti di
competenza: il settore meteo-marino e il settore dell’ingegneria navale, marina
e offshore. Indagando il disegno di maree, correnti e moti ondosi sulla superficie marina ed oceanica, CREST si avvale di modelli numerici e metereologici,
che permettono di risalire con esattezza lungo il filo conduttore di tale disegno,
da oggi fino al 1948 (modelli di hindcasting). Alle possibilità offerte dall’analisi
retrospettiva vanno aggiunte quelle legate alle risorse dei modelli forecasting,
che con pari lucidità consentono di eseguire dei codici di previsione per periodi invece successivi. I modelli utilizzati da CREST presentano un livello di performance tale, da essere attualmente impiegati per monitorare l’intero mare
Mediterraneo e il mar Nero, ma il vero gioiello ideato dalla società è il modello
di moto ondoso ad altissima risoluzione (fino a 5 metri). Questo modello,
solitamente utilizzato per l’agitazione ondosa all’interno dei porti, permette di
determinare l’altezza d’onda in ogni singolo punto di un bacino o sottobacino
offrendo un indice in merito all’operatività e la sicurezza della navigazione, ma
anche permettendo di pianificare la riprogettazione delle opere a mare (dighe,
pontili,moli, ect.).
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imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
Dialectica S.r.l.
Dalla passione per la “materia grigia” alla creazione di modelli
cellulari innovativi
www.dialectica.eu
Settore di attività: Biotech
Fondata nel 2004, Dialectica S.r.l. unisce un’équipe di ricercatori ed esperti
afferenti all’Università degli studi di Milano, sotto l’egida della comune passione per una materia oggetto di studi approfonditi, ma ancora in larga parte
sconosciuta, come la “materia grigia”. Operante nell’ambito delle Biotecnologie
del sistema nervoso e delle malattie del cervello, Dialectica infatti, sviluppa e
valida modelli cellulari innovativi, da utilizzare come test, per misurare la reattività degli stessi all’attività farmacologica. L’azienda lavora sottoponendo le
cellule staminali neurali ad una procedura di differenziamento, che permette di
ottenere, in misura di elevata riproducibilità ed efficienza, cellule post mitotiche
aventi l’identità morfologica e funzionale tipica dei neuroni. Questi modelli oltre
ad essere utilizzati con successo nelle campagne di drug screening, permettono inoltre di sviluppare dei sistemi reporter per target molecolari coinvolti
nei disordini neurodegenerativi. Nella nuova frontiera tracciata dalle evoluzioni
della ricerca sulle cellule staminali, questa giovane impresa si introduce portando in dotazione la possibilità di lavorare con modelli cellulari predittivi delle
malattie del cervello, la facoltà di misurare, e quindi ottimizzare, la risposta
neuronale all’attività farmacologica dei composti ed infine, l’opportunità di disporre di modelli cellulari su cui testare e verificare le prassi di screening dei
farmaci attivi per le patologie neuronali.
IMAGINARY S.r.l.
Simulazione e gioco come nuova strategia di apprendimento
www.i-maginary.it
Settore di attività: ICT
Già al tempo dei latini il termine “ludus” era utilizzato sia per indicare il gioco in
genere, che la scuola, come luogo di apprendimento e addestramento. Imaginary S.r.l., società con sede produttiva all’interno dell’Accelleratore d’Impresa
del Politecnico di Milano, porta a compimento e perfeziona questa duplice
valenza semantica del “ludus” o gioco; specializzandosi nella progettazione e
nello sviluppo di Serious Games e simulazioni per il training e il marketing.
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imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
Stimolante connubio tra gioco e simulazione il Serious Game è uno strumento innovativo, che si presta ad essere utilizzato per scopi di marketing, per finalità formative e per campagne sociali. La dinamica che presiede all’impiego
dello strumento è piuttosto semplice, il vero potenziale è racchiuso nella forza
d’impatto dello stesso e nella trasversalità delle sue applicazioni.
Con il Serious Game infatti, l’utente mette alla prova le proprie competenze confrontandosi direttamente con una semplificazione della realtà, affine
al contesto in cui si trova ad agire. La vividezza delle informazioni e delle
sensazioni esperite personalmente, intensifica la velocità e profondità dell’apprendimento. Oggi imaginary ha affinato competenze tali da poter ideare e
sviluppare soluzioni ad hoc, confezionate a partire dall’analisi dei bisogni e
dei desideri del cliente.
INOVA S.r.l.
Il valore dell’idea al servizio dell’energia
www.inovasrl.it
Settore di attività: Consulenza e progettazione nel settore elettromeccanico
Società partecipata dell’Università di Padova, Inova S.r.l. lega la propria vitalità al concetto di energia riportando al mercato la competenza intellettuale
maturata nell’ambito della ricerca e dell’applicazione energetica per le aziende. E’ quindi l’idea, intesa come patrimonio di competenze settoriali e specifiche su energia elettrica, processi di riscaldamento, trattamenti termici, fusione
e saldatura, l’autentico prodotto commercializzato da Inova. Nella ricerca e
nell’emancipazione intellettuale che essa comporta, Inova ha individuato la
tessera cruciale attorno a cui edificare la propria mission ed è in questa prospettiva, che nel 2005, ha finanziato la borsa di dottorato “Electromagnetic
Processing of Materials” inerente lo studio di tecniche per la produzione di
materiali innovativi da applicare in settori differenti che vanno dal biomedicale
alle energie rinnovabili. Attualmente la società opera in qualità di consulente
qualificata per aziende, che impiegano tecnologie elettriche in processi termici
di vario grado e si occupa della prototipazione di dispositivi elettromagnetici
(motori, sensori, attuatori) utilizzando tecniche di progettazione e di simulazione all’avanguardia. Congiuntamente a queste attività e all’esperienza acquisita nella ricerca dell’elettrotermia, la società sta sviluppando anche soluzioni
per la sicurezza nell’ambiente di lavoro, specialmente per quanto attiene alla
riduzione dei campi elettromagnetici in ambito industriale.
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imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
LoBim S.r.l.
L’onda d’urto diventa terapeutica
www.lobim.com
Settore di attività: Elettromedicale
Nasce presso il Polo tecnologico di Navacchio (PI), LoBim S.r.l impresa Spin
off dell’Università di Pisa, che sfruttando la scia delle onde d’urto produce
e commercializza, per la prima volta in Italia, apparecchiature elettromedicali
mini invasive ad alta efficacia terapeutica. Da un punto di vista medico e scientifico le onde d’urto sono il vettore di un’importante filone di ricerche che apre
nuove frontiere alle terapie per la rigenerazione dei tessuti. Si tratta di onde
acustiche ad elevata energia in grado di propagarsi con una forte pressione
concentrata in pochissimi nanosecondi, che possono essere utilizzate per terapie di primissima scelta nella cura di patologie dei tessuti molli (periartriti,
tendiniti, borsiti) del tessuto osseo (pseudoartrosi) e probabilmente, in futuro,
anche per la rigenerazione del tessuto cardiaco.
Punta di diamante dell’attività di LoBim è la famiglia di sistemi ad onde
d’urto E.S.W.T. per l’ortopedia e la riabilitazione. Il sistema è declinato in due
modelli, SW 1000H per la cura di tutte le affezioni muscolo-scheletriche e l’SW
1000M per la cura dei tessuti molli. Oltre al tradizionale servizio di vendita del
prodotto l’azienda adotta anche la formula full lease prevedendo per i clienti la
possibilità di acquisire il dispositivo in noleggio operativo.
La formula consente una progressiva collocazione del prodotto nella struttura
sanitaria, ma soprattutto estende i vantaggi del dispositivo a quella fascia di
utenti, prima esclusi dalla terapia ad onde d’urto a causa dei costi elevati.
RoboTech S.r.l.
La robotica vettore d’intrattenimento
www.robotechsrl.com
Settore di attività: Robotica di servizio, intrattenimento e didattica
Finalizzare la robotica a servizio dell’intrattenimento e della didattica, è l’ambizioso obiettivo di RoboTech S.r.l., società di consulenza che opera a livello
internazionale, nata come Impresa Spin-off della Scuola Superiore Sant’An-
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imprese finaliste
| Premio Start Up dell’anno 2008
na di Pisa. RoboTeach mette a disposizione competenze legate alla progettazione e allo sviluppo di robot per il mercato dell’edutainment.
L’azienda è specializzata nella progettazione, nello sviluppo e nell’integrazione di sistemi visivi e uditivi per robot, di sistemi sensoriali ad ultrasuoni, di
sistemi di riconoscimento vocale embedded e di controllo embedded, ed infine
in architetture di controllo di robot e interfacce grafiche per robot, PC e telefoni
cellulari. Emblema della produzione aziendale è I-Droid. Si tratta di un robot
umanoide programmabile in kit di montaggio, alto circa 40 cm, del peso di 2
kg circa e alimentato con otto batteria a stilo. I-Droid, si muove evitando ostacoli, riconosce ed esegue comandi vocali, registra e riproduce la voce, segue
persone e oggetti in movimento, scatta e memorizza fotografie, esprime stati
emozionali attraverso luci e suoni; si comanda con la voce, da PC, da cellulare, via Bluetooth e anche remotamente da internet. Progettato e sviluppato per
la DeAgostini Editore, è stato venduto in sei differenti paesi in più di 100.000
unità. L’azienda si è aggiudicata recentemente un premio annuale internazionale per il miglior lavoro di “technology transfer”, premio assegnato a Praga il
28 marzo 2008 nell’ambito dell’assemblea plenaria della European Robotica
Network of Excellence EURON.
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PNICube
Presentazione
PNICube
PNICube
Breve nota di presentazione
PNICube è l’associazione che riunisce gli incubatori e le business plan competition (denominate Start Cup) accademiche italiane, nata con l’obiettivo di
stimolare al nascita e accompagnare al mercato nuove imprese ad alto contenuto di conoscenza di provenienza universitaria.
Oggi sono 33 le Università e gli incubatori universitari soci di PNICube.
L’associazione PNICube si pone i seguenti obiettivi:
• Favorire la nascita di incubatori universitari
• Scambiare esperienze tra i soci e favorirne la reciproca collaborazione
• Sensibilizzare e promuovere l’adozione di politiche a favore di iniziative di
incubazione di imprese
• Acquisire risorse indirizzate alle attività di creazione di impresa
• Promuovere e sostenere i soci nelle collaborazione internazionali
• Favorire la creazione di start up dalla ricerca
PNICube è promotrice di due principali iniziative: il Premio Nazionale per
l’Innovazione, che seleziona le migliori idee d’impresa innovative, e l’evento
Start Up dell’Anno che premia la giovane impresa hi-tech che ha conseguito
il maggior successo di mercato.
La Storia, il modello e i numeri di PNICube
Nel 2003 il Ministero delle Attività Produttive finanzia il progetto IUNet, al fine
di creare una rete di collegamento tra gli incubatori di impresa universitari. Lo
stesso anno prende il via la prima edizione del Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI), una sorta di “coppa campioni” dei migliori progetti di impresa nati
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in ambito universitario organizzato da cinque Start Cup.
Per sfruttare l’esperienza di IUNet e di PNI, nel 2004 viene costituita PNICube
al fine di facilitare le politiche di trasferimento tecnologico attraverso la creazione di imprese innovative dal mondo della ricerca accademica.
Il modello di sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali seguito da PNICube
prevede l’implementazione di due interventi organizzativi sequenziali:
• prima le Start Cup locali (e il Premio Nazionale per l’Innovazione) con
l’obiettivo sia di diffondere cultura d’impresa tra gli studenti e i ricercatori
delle nostre Università sia di selezionare le migliori business idea.
• e successivamente gli Incubatori per fornire quei servizi tangibili (uffici,
connessione internet ecc.) e intangibili (consulenza manageriale, networking,...) necessari alle nuove imprese per raggiungere il successo.
a) Le idee d’impresa: i risultati delle Start Cup
Nel 2008, le 17 business plan competition locali aderenti al Premio Nazionale
per l’Innovazione che si svolge a Milano, hanno generato complessivamente:
• 657 idee di business raccolte
• 1.875 i partecipanti coinvolti
• 341 business plan presentati,
• 17% di progetti di Information Technology sul totale delle idee
• 29% delle presenze femminili nei team
b) Le imprese: i risultati economici delle imprese di PNICube.
Da un monitoraggio sulle imprese vincitrici delle Start Cup locali, del PNI oppure ospiti degli incubatori membri del network è emerso che, relativamente
all’esercizio 2007, le 300 start up tecnologiche generate (di cui 267 ancora
attive) dal PNICube hanno presentato i seguenti numeri:
• 61,5 milioni di euro di fatturato complessivo
• 1.412 addetti
• 87 brevetti registrati
• 60 imprese sono partecipate da VC, BA o medie-grandi imprese
• 14 imprese hanno un fatturato > 1 milione di euro
• 61 imprese hanno un fatturato compreso tra i 200.000 e 1 milione di euro
• 1,25 milioni di euro di contributi in denaro erogati dalle Start Cup e dal PNI
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Gli organi direttivi di PNICube
Presidente
• Prof. Gianni Lorenzoni
Consiglio Direttivo
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Dott. Andrea Berti (Università di Padova) - Consigliere
Prof. Andrea Piccaluga (Scuola Sant’Anna di Pisa) - Consigliere
Prof. Gianni Lorenzoni (AlmaCube - Università di Bologna) - Presidente
Prof. Loris Lino Maria Nadotti (Università di Perugia) – Vice Presidente
Prof. Tiziano Bursi ( Università di Modena e Reggio Emilia) Consigliere
Dott.ssa Manuela Croatto (Università di Udine) - Consigliere
Prof. Vincenzo Pozzolo (I3P - Politecnico di Torino) - Consigliere
Prof. Mario Raffa (Università Federico II di Napoli) - Consigliere
Prof. Giuseppe Serazzi (Politecnico di Milano) - Consigliere
Dott.ssa Rita Maria Sorisio (Università di Torino) - Consigliere
Prof. Maurizio Fanni (Università di Trieste) - Consigliere
Prof. Pierangelo Rolla (Università di Pisa) - Consigliere
Prof. Giovanni Perrone (Università di Palermo) - Consigliere
Prof.ssa Gilda Antonelli (Università del Molise) - Consigliere
Responsabile organizzativo
• Dott. Fabrizio Bugamelli (AlmaCube - Università di Bologna)
PNICube
Segreteria c/o AlmaCube
Via Fanin, 48-40127 Bologna
Tel 051 4200349 fax 051 4200317
www.pnicube.it
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Note
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Incubazione e dopo? Start up dell`anno 2008 Perugia