Sintesi di storia del Friuli Sintesi di storia del Friuli Le prime presenze umane Nell’attuale Friuli Venezia Giulia i primi abitatori furono esploratori e cacciatori; correvano le pianure e si recavano in alta quota per inseguire le prede. Nel Paleolitico Superiore, gli uomini che lavoravano le pietre si insediarono più stabilmente lungo i corsi d’acqua, in grotte e in aree riparate, presso terreni fertili; altri poi costruirono le case usando i materiali che trovavano sul posto; generazioni successive fusero i metalli e trasformarono le risorse della natura. Nel Neolitico e nelle Età dei Metalli i luoghi abitati si fecero più numerosi e si infittirono gli scambi e i commerci con aree anche lontane, tra queste regioni mediterranee e quelle del Nord Europa. I popoli dei monti e dei castellieri Nelle età del Bronzo e del Ferro si addensarono gli insediamenti, specialmente nei “castellieri”, del Carso, dei colli friulani e delle pianure, costituiti da luoghi fortificati disposti in posizione elevata o cinti da corsi d’acqua. Consistente fu la colonizzazione dei Paleoveneti, che erano presenti dal Veneto all’attuale Slovenia; la nostra regione continuava tuttavia a essere luogo di movimenti e di passaggi. Un notevole consolidamento nella stabilizzazione di comunità avvenne con l’arrivo delle nuove popolazioni di cultura celtica (Carni), che dopo la metà del primo Millennio a.C. coprirono il territorio in maniera abbastanza capillare, tra Cadore, Friuli e Istria. I Romani Nel III-II secolo a.C., la regione entrò nell’area economica romana; seguirono l’occupazione militare, la costruzione di strade e la fondazione di insediamenti per colonizzare il territorio. I Romani intervennero chiamati dai Paleoveneti, mentre i Carni si espandevano nella pianura; nel 181 fu fondata la colonia di Aquileia, già centro di popolazioni protostoriche. Nei secoli successivi la romanizzazione si attuò massicciamente, con i municipi di Iulium Carnicum, Forum Iulii, Iulia Concordia e Tergeste. Aquileia divenne città militare e base per la conquista delle regioni danubiane; Augusto ne fece la capitale della decima regione «Venetia et Histria» (tra le attuali Lombardia e Slovenia). Aquileia cristiana Negli ultimi tempi dell’Impero si impose il cristianesimo, che nel V-VI secolo sconfisse le religioni precedenti (ricordi «pagani» riaffiorarono nel folclore in tempi successivi). La metropoli di Aquileia organizzò la nuova fede e le strutture ecclesiastiche, che si svilupparono sui due versanti delle Alpi, dalla Lombardia (a Ovest) all’Istria (a Sud Est), dalla Baviera (a Nord) all’Ungheria (a Est) al Veneto (a Sud Ovest). I missionari della Chiesa aquileiese diffusero il Vangelo sempre più lontano, stabilizzando le Chiese locali in nuove diocesi, tra cui Iulium Carnicum, Concordia e Tergeste; alle soglie del IV secolo era già costituita la vastissima provincia ecclesiastica di Aquileia. Nuovi popoli Mentre si diffondeva il cristianesimo, le migrazioni dei «barbari» contribuirono a travolgere l’antico ordine politico ed economico romano. La regione fu terra di passaggi e di stanziamenti di vari popoli; importante in Friuli fu l’insediamento dei Longobardi, che toccò la bizantina Trieste solo per brevi tratti. Nella città di Forum Iulii si stabilì il primo e forte insediamento di uomini armati (farae), con famiglie, servitori e gruppi di altri popoli. Durante i due secoli della dominazione (568-774), il ducato di Cividale fu il cuore del regno; i Longobardi concorsero a formare una nuova civiltà, basata sull’integrazione con le popolazioni locali, i precedenti invasori e i primi stanziamenti slavi. Longobardi e Franchi Chiesa di Aquileia e Longobardi si sostennero reciprocamente. Si trovarono concordi nel contrasto con il papato e i Bizantini durante lo scisma dei Tre Capitoli (VI-VII secolo), nato da ingerenze imperiali nella teologia; la Chiesa di Aquileia si rese autonoma e fu riconosciuta capitale della provincia che da allora fu chiamata Patriarcato. Il regno longobardo finì con l’intervento dei Franchi di Carlo Magno (774), la cui vicenda imperiale, sebbene avesse fornito un nuovo modello sociale e politico all’Europa Occidentale, fu effimera: non venne continuata dai suoi successori, che si suddivisero il vasto dominio. Sia il Friuli sia Trieste entrarono a far parte dei possedimenti franchi. Abati, vescovi e patriarchi Nei secoli IX e X le maggiori entità ecclesiastiche (vescovi di Aquileia, Concordia e Trieste, abati di Sesto, badesse di Cividale) e alcuni nobili svilupparono propri poteri locali. Il Friuli soffrì per le scorrerie ungare (899-952), rafforzando i ceti guerrieri che dai castelli dominavano la popolazione. La rinascita economica, la riapertura delle strade e la ripresa dei traffici (portuali a Trieste), assieme alla modifica degli assetti sociali, favorirono l’alto clero e l’aristocrazia basata sul possesso della terra, con l’esercizio di poteri pubblici. Già nei secoli X e XI gli imperatori cominciarono a delegare ai patriarchi diritti di governo su queste aree. Il Patriarcato di Aquileia L’autorità dei vescovi di Aquileia si estese su tutto il territorio friulano e in zone vicine attraverso donazioni, esenzioni, immunità e acquisizione di prerogative pubbliche. Il 3 aprile 1077 l’imperatore Enrico IV investì il patriarca Sigeardo del comitato del Friuli. Prendeva avvio la costruzione di un’entità politica, allargata dal Friuli ad altri territori di Slovenia, Istria, Austria, Cadore e Veneto, compresi il Comune e territorio di Trieste. Il Patriarcato di Aquileia costituì una forma evoluta nelle istituzioni dell’Europa medievale, facendo convergere le funzioni di governo e di elaborazione del diritto in un potere centrale riconosciuto dai signori locali. Parlamento, città e campagne La regione si trovò al centro della politica europea. La società friulana visse periodi di sviluppo; all’agricoltura si affiancarono attività commerciali e produttive. Pur se alla fine del periodo patriarcale le strutture sociali si irrigidirono, con un crescente predominio aristocratico sulle classi rurali e forme di egemonia urbana, si sperimentarono partecipazione e mobilità sociale dei ceti subalterni. I diversi poteri ebbero rappresentanza ed espressione unitaria nel Parlamento della Patria del Friuli; sorto nel XII secolo, acquisì funzioni legislative, militari e finanziarie. La fiorente città portuale di Trieste viveva intanto tra autonomia e influenza veneziana. Venezia I patriarchi non mantennero saldo il potere, specie dopo il distacco dall’ambito imperiale e l’entrata in quello italiano e papale: nel Trecento la coesione delle istituzioni fu messa in crisi da conflittualità interne, particolarismi dei castellani, lotte per le egemonie territoriali, scontri delle potenze europee per il controllo dell’area altoadriatica. Questo facilitò la conquista militare di Venezia (1419-1420), che pose fine al potere patriarcale. Il Friuli centro-occidentale passò alla Repubblica e la parte orientale, retta dai conti di Gorizia ed estesa dentro la Slovenia, si legò agli Asburgo (ne divenne diretto dominio nell’anno 1500). Trieste si consegnò all’Austria nel 1381. Nobili e contadini Le condizioni di vita in Friuli erano difficili: emigrazione, disgregazione, miseria, dominio nobiliare. I governi, accentratori e conservatori, tennero lontane le élite e le popolazioni dalle decisioni più importanti. Alcune riforme seguirono nella seconda metà del Settecento, soprattutto nei territori asburgici, mentre in quelli veneziani i timidi tentativi fallirono. Le concessioni ai «rustici» (istituzione della Contadinanza nella Patria del Friuli, aggregazione dei sindaci rurali agli Stati Provinciali goriziani) nacquero dalla necessità di contenere il malcontento: le tensioni si tramutarono talora in atti di ribellione e di violenza (rivolta dei contadini del 1511). Villaggi, calamità e riprese Tra XV e XVI secolo la regione subì incursioni turche e imprese belliche antiveneziane, cui si aggiunsero carestie, epidemie, scarsi raccolti, pestilenze, la cui incidenza sul tessuto sociale fu grave anche nel medio e lungo periodo. Venezia militarizzò il territorio, facendo costruire le fortezze di Gradisca e Palmanova e organizzando la popolazione maschile in milizie (cernide). Nei secoli XVII e XVIII seguì una ripresa demografica, economica e culturale, con i primi tentativi di industrializzazione; le lavorazioni a domicilio integravano la produzione in alcune aziende (seta e altre manifatture tessili). L’Austria favorì lo sviluppo della città e del porto di Trieste. La fine di un mondo Nel XVIII secolo crollò l’antico regime: nel 1751 il Patriarcato religioso e la stessa diocesi di Aquileia (estesi tra Repubblica e Impero) vennero soppressi, a causa delle lotte tra Venezia e gli Asburgo; furono create le due diocesi separate di Gorizia e di Udine. Nel 1797 cadde la Repubblica veneta e in età napoleonica il Friuli passò più volte dal dominio francese a quello austriaco, venendo sovvertito amministrativamente e gestito da varie compagini statali: l’antica Patria fu divisa tra il Dipartimento del Passariano e il Dipartimento del Tagliamento (con sede a Treviso), il Portogruarese passò a Venezia e il Goriziano fu unito alle Province Illiriche comprendenti Trieste. Tra Austria e Italia Deposto Napoleone, l’Impero austroungarico consolidò il dominio su tutta la regione. Nacquero i moti risorgimentali, che le popolazioni seguirono con contenuto favore, ma con scarsa partecipazione. L’adesione più convinta, tra la borghesie liberali e progressiste, mirava a favorire il locale sviluppo economico e sociale, ad allargare l’educazione e la fruizione culturale, a offrire nuove partecipazioni democratiche e anche forme di autonomia e di decentramento. Nel 1866 seguì l’annessione del Friuli già veneto al regno unitario dei Savoia, lasciando però la regione ancora disunita, in quanto le porzioni orientali rimanevano soggette all’Austria assieme a Trieste. Emigrazione e guerra I nuovi assetti politici non risolsero i problemi sociali ed economici, dando vita a una crescente emigrazione, che coinvolse migliaia e migliaia di famiglie (si concluderà solo nell’ultima parte del XX secolo). La prima guerra mondiale incise sugli equilibri locali, poiché fu combattuta aspramente proprio nel territorio regionale; provocò moltissimi morti, l’abbandono di una parte della popolazione e la distruzione di case, fabbriche, strade, ferrovie. L’avventura bellica si concluse con la conquista italiana di Trieste, Istria, Dalmazia e del Goriziano, riunificando così il Friuli: dopo mezzo secolo le due parti si trovarono a condividere la medesima compagine statale. La Regione Autonoma Dopo la parentesi fascista e la seconda guerra mondiale, durante la quale la regione fu annessa al Reich nazista e sviluppò un vasto e composito movimento di Resistenza, con il ritorno della democrazia nacque la Repubblica, che istituì le autonomie locali. Nel 1948 nacque la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, che però entrò in funzione solo nel 1963, poiché Trieste, che era stata unita al Friuli, venne contesa dalla Jugoslavia e tornò italiana nel 1954. La sua collocazione alla periferia d’Italia e a ridosso di un confine dalla forte valenza politica, influì nell’assetto economico, che proseguì pur con alti costi sociali e umani (emigrazione, spopolamento, dissesto territoriale). Sviluppo economico L’imprenditoria locale, spesso sorta nell’ambito della classe operaia, dell’artigianato o dei contadini, seppe avviare imprese industriali nonostante la carenza di infrastrutture, in primo luogo la viabilità e i collegamenti ferroviari. Lo sviluppo economico riuscì, nell’arco di pochi decenni, a modificare la realtà regionale e a rovesciare l’andamento demografico negativo; l’inversione di tendenza si ebbe negli anni ‘70, quando il flusso migratorio terminò e cominciò l’immigrazione. Influì anche l’istituzione dell’Ente regionale, tramite lo stanziamento di ingenti risorse e la programmazione economica e sociale, peraltro non sempre efficace e attuata completamente. Identità Lo sviluppo economico, il benessere, i mutamenti nel corpo sociale, l’immigrazione, la ricostruzione dopo il disastroso terremoto del 1976, l’istituzione dell’Università a Udine, non esauriscono le realizzazioni e i temi vissuti dalla regione nel XXI secolo; la sua collocazione internazionale, di incontro con i Paesi dell’Est, ha riflessi importanti nelle infrastrutture, nella rete commerciale, nel turismo, nel credito, nella politica. Il Friuli e Trieste discutono la loro identità e i reciproci rapporti, le radici storiche e culturali, il presente e il futuro della lingua friulana e delle minoranze germaniche e slave esistenti nel territorio, il contributo alla costruzione dell’unità europea. Pier Carlo Begotti, 2009