IL R AC C O N TO FA N TA S T I C O E SUR R E A L E Karen Blixen Il racconto del mozzo Un ragazzo compie un atto generoso nei confronti di un falcone pellegrino e, dopo alcuni anni, vedrà contraccambiata questa sua generosità. Una vicenda reale e irreale nello stesso tempo, nel corso della quale accadono fatti misteriosi, magici, che non hanno una spiegazione razionale. GENERI 1. Marsiglia: porto fran- cese del Mediterraneo. 2. mozzo: ragazzo d’età inferiore ai diciotto anni, addetto ai servizi secondari di bordo e che si appresta a diventare marinaio. 3. sartia: cavo di sostegno degli alberi delle navi, in acciaio o in canapa. 4. il pennone … maestro: l’antenna oriz- zontale più alta dell’albero principale della nave. 5. falcone pellegrino: grosso uccello rapace diurno. 1 Il brigantino Charlotte, partito da Marsiglia1, stava facendo rotta per Atene, dopo tre giorni di vera e propria tempesta. Un piccolo mozzo2, di nome Simon, stava sul ponte bagnato e oscillante, reggendosi a una sartia3, e con la testa alzata verso le nuvole che si rincorrevano gonfie nel cielo fissava il pennone più alto dell’albero maestro4. Un uccello, che aveva cercato rifugio sull’albero, si era impigliato con le zampe in una funicella e, lassù in cima, lottava per liberarsi. Il ragazzo sul ponte lo vedeva sbattere le ali e girare la testa di qua e di là. Fatta la sua esperienza, egli era giunto alla conclusione che a questo mondo ognuno deve badare a se stesso e non aspettarsi aiuto dagli altri. Ma quella lotta mortale e silenziosa lo stava affascinando da più di un’ora. Si domandava che specie di uccello fosse. Probabilmente si trattava di un falcone pellegrino5. Continuò a guardare l’uccello col cuore in gola e cominciò a pensare come avrebbe potuto arrampicarsi lungo le sartie per liberarlo. Si passò le dita tra i capelli per scostarseli dal viso, si tirò su le maniche, volse un ampio sguardo lungo tutto il ponte, e poi prese ad arrampicarsi. Quando raggiunse il pennone più alto dell’albero maestro, scoprì che si trattava proprio di un falcone pellegrino. Non appena la sua testa si trovò allo stesso livello della testa del falcone, l’uccello smise di dibattersi e lo fissò con due rabbiosi, disperati occhi gialli. Egli dovette afferrarlo con una sola mano, mentre tirava fuori il coltello e tagliava di netto la cordicella... Nel guardare giù ebbe paura, ma sentiva al tempo stesso che nessuno gli aveva ordinato di salire, che si stava cimentando in un’impresa che era soltanto sua, e ciò gli diede un rassicurante senso d’orgoglio, come se il mare e il cielo, la nave, l’uccello e lui stesso fossero una cosa sola. Non appena liberato, il falcone lo beccò sul pollice con tanta forza da ferirlo a sangue, e lui per poco non lasciò la presa. Si sentì travolgere dalla rabbia e gli diede un colpo secco sulla testa, poi se lo mise sotto la giacca e affrontò la discesa. Quando tornò a posare i piedi sul ponte, trasse il falcone da sotto la giacca e lo mise su un rotolo di vele. Dopo un momento il falcone cominciò a pulirsi le ali, fece due o tre vispi saltelli e poi, tutt’a un tratto, volò via. Il ragazzo lo seguì con lo sguardo e pensò: «Ecco laggiù il mio falcone che vola». Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education IL R AC C O N TO FA N TA S T I C O E SUR R E A L E 6. inerpicarsi: arram- GENERI picarsi. 2 Quando la Charlotte tornò in patria, Simon si imbarcò su un’altra nave, e due anni dopo era marinaio sulla Hebe, che si trovava ancorata nel porto di Bodo, molto a nord sulla costa norvegese, per fare un carico di aringhe. Una sera che aveva qualche ora di permesso, se ne andò sino alla baracca di un piccolo negoziante russo, un ebreo che vendeva orologi d’oro. Il vecchio ebreo aveva nella sua bottega le merci più svariate, tra cui una cassa di arance. Nel corso dei suoi viaggi, a Simon era capitato di mangiare delle arance; così ne comprò una da portar via. Voleva inerpicarsi6 su una collina, da dove si vedesse il mare, e lì gustarsela in pace. Mentre proseguiva nella sua passeggiata, e aveva ormai raggiunto la periferia della città, vide una ragazzina vestita di azzurro, ferma al di là di una siepe, che lo guardava. Doveva avere tredici o quattordici anni ed era smilza come un’anguilla, ma aveva un viso franco, tondetto e lentigginoso e due lunghe trecce. Si fissarono. «Chi stai aspettando?» le domandò Simon, tanto per dire qualcosa. Il viso della ragazza fu illuminato da un sorriso compiaciuto. «Ma che domande! L’uomo che sposerò, naturalmente» fu la risposta. Qualcosa nella sua espressione rese felice e sicuro di sé il ragazzo, che le rivolse un breve sorriso. «Chi sa che non sia io» le disse. «Ah, ah» rise la ragazza «posso garantirti che ha qualche anno più di te.» «Be’» disse Simon «non sei tanto grande nemmeno tu.» La ragazzina scosse il capo con aria solenne. «No» disse «ma quando diventerò grande sarò bellissima, e porterò scarpe marroni con i tacchi e il cappello.» «Vuoi un’arancia?» le disse Simon, non essendo in grado di darle nessuna delle cose che lei aveva nominate. Ella guardò l’arancia, poi lui. «Sono buone da mangiare, sai?» le disse Simon. «E allora perché non la mangi tu?» «Sapessi quante ne ho mangiate ad Atene!» rispose lui. «Come ti chiami?» domandò lei. «Mi chiamo Simon. E tu?» «Nora... Sentiamo un po’: che cosa vuoi in cambio della tua arancia, Simon?» Quando sentì il proprio nome detto dalle sue labbra, Simon si fece ardito. «Sei disposta a darmi un bacio in cambio dell’arancia?» le domandò. Nora lo guardò per un istante tutta seria. «Sì» disse poi «non mi dispiacerebbe darti un bacio.» Lui si sentì accaldato come se avesse fatto una gran corsa e le afferrò la mano che lei protendeva per prendere l’arancia. In quel momento qualcuno dalla casa la chiamò. «È mio padre» disse lei, e cercò di ridargli l’arancia, ma lui non volle prenderla. «Allora, torna domani» disse lei in fretta «così ti darò il bacio.» E scappò via. Lui rimase a guardarla mentre si allontanava, e poco più tardi tornò alla sua nave. Simon non aveva l’abitudine di fare progetti per il futuro, e quindi non sapeva se sarebbe tornato da lei oppure no. La sera seguente dovette fermarsi a bordo perché il permesso di sbarco toccava agli altri, ma la cosa non gli dispiacque troppo. Decise di Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education IL R AC C O N TO FA N TA S T I C O E SUR R E A L E 7. concertina: stru- mento simile alla fisarmonica. GENERI 8. scialuppa: piccola imbarcazione che si trova a bordo delle navi, usata per il trasferimento a terra o in caso di emergenza. 9. abbrancò: afferrò. 10. bocconi: a pan- cia e faccia in giù. 3 rimanersene sul ponte col cane della nave, Balthasar, e di esercitarsi con una concertina7 che si era comprata qualche tempo prima. Dopo un po’ s’interruppe, e alzandosi in piedi levò lo sguardo al cielo. E allora vide che la luna piena era già alta. A quel punto lui capì che doveva andare a terra, qualunque punizione dovesse costargli. Ma non sapeva in che modo, dal momento che la scialuppa8 era servita ai compagni. Se ne stava da un pezzo così sul ponte, quando finalmente scorse una scialuppa proveniente da una nave che era ancorata più al largo, e gridò un richiamo. Scoprì che erano i marinai russi della nave Anna che stavano andando a terra. Quando riuscì a farsi capire, quelli lo presero a bordo con loro e quando furono a terra lo invitarono a bere con loro, e visto che lo avevano aiutato lui non se la sentì di rifiutare. Uno di loro era una specie di gigante, grosso come un orso; disse a Simon che si chiamava Ivan. Si ubriacò subito, e allora si gettò sul ragazzo con l’espansività di un orsacchiotto; gli dava delle grandi manate, tutto sorridente e gli regalò persino una catena da orologio, d’oro. A questo punto a Simon venne in mente che anche lui, nel rivedere Nora, avrebbe dovuto farle un regalo, e non appena riuscì a svignarsela dai russi andò in una botteguccia che conosceva e comprò un fazzolettino di seta azzurra, dello stesso colore degli occhi di Nora. Era sabato sera e le stradine tra le case erano gremite di folla; gente che procedeva in lunghe file, certi cantando, tutti con la smania di far baldoria. Non riuscendo a ricordarsi quale strada dovesse prendere per andare da Nora, perse l’orientamento e si ritrovò al punto di partenza. Allora fu attanagliato dall’angoscia di arrivare troppo tardi, e si mise a correre. In un vicoletto tra due baracche di legno andò a sbattere contro un uomo gigantesco, e vide che era Ivan. Il russo lo abbrancò9 forte e lo trattenne. «Ma bene!» gridò al colmo della gioia. «Ti ho trovato, finalmente. Il povero Ivan ti cercava dappertutto, e piangeva perché il suo amico era scomparso.» «Lasciami andare» gridò Simon «ho fretta.» Ivan lo stringeva da fargli male, e intanto gli dava delle pacche amichevoli. Nel sentirsi così addosso quel corpo massiccio, l’agile ragazzo andò su tutte le furie e colpì Ivan con tutta la sua forza. «Ti ammazzo, Ivan» gridò «se non mi lasci andare, ti ammazzo.» Simon tirò fuori dalla tasca un coltello e lo affondò con furia sotto il braccio dell’uomo. Ivan emise due lunghi, profondi rantoli. Dopo un attimo cadde bocconi10. In quel momento Simon sentì gli altri marinai che si avvicinavano cantando lungo il vicolo. Rimase un istante immobile e poi corse via. Quando si fermò un secondo per decidere da che parte andare, sentì alle sue spalle i marinai che urlavano intorno al compagno morto. Dopo un poco si trovò sul sentiero che aveva percorso il giorno prima, e gli parve familiare come se l’avesse percorso centinaia di volte. Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education IL R AC C O N TO FA N TA S T I C O E SUR R E A L E GENERI 11. proruppe: disse, esclamò con impeto. 12. attempata: avanzata negli anni, piuttosto anziana. 13. Lapponi: abitanti della Lapponia, regione dell’Europa settentrionale, suddivisa tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. 4 Rallentò il passo per guardarsi intorno, e all’improvviso vide Nora ferma oltre la siepe. Vacillando, col fiato mozzo, cadde in ginocchio. Per un momento non riuscì a parlare. La ragazzina lo guardava. «Buonasera, Simon» disse con la sua vocetta timida. «È tanto che ti aspetto» e dopo un istante soggiunse: «Ho mangiato la tua arancia». «Oh, Nora» proruppe11 il ragazzo «ho ucciso un uomo!» Lei lo fissò, ma non si mosse. «Perché hai ucciso un uomo?» gli domandò poi. «Per venire qui» spiegò Simon. «Perché cercava di fermarmi.» Si rialzò lentamente in piedi e scoppiò in lacrime. «Sì» disse lei in tono riflessivo. «Certo, perché dovevi arrivare qui in tempo.» «Puoi nascondermi? Perché mi stanno inseguendo.» «No» rispose Nora «non posso, perché mio padre è parroco qui a Bodo, e puoi star certo che ti consegnerebbe, se sapesse che hai ucciso un uomo.» «Allora» disse Simon «dammi qualcosa per pulirmi le mani.» «Che cos’hanno, le tue mani?» domandò la ragazza, e fece un piccolo passo avanti. Lui gliele mostrò. «È sangue tuo?» «No» disse lui «è suo.» Ella tornò a ritrarsi. «Mi detesti, adesso?» domandò Simon. «No, non ti detesto. Ma tieni le mani dietro la schiena.» Non appena lui nascose le mani, Nora gli si avvicinò, gli gettò le braccia al collo e gli diede un tenero bacio. Egli sentì il suo viso sul proprio viso, e quando lei si scostò ebbe un capogiro, e non sapeva se quel bacio fosse durato un secondo o un’ora. «Ora» gli disse la ragazza, con orgogliosa solennità «ti prometto che non mi sposerò mai in vita mia.» Il ragazzo continuava a tenere le mani dietro la schiena, come se lei gliele avesse legate in quella posizione. «E adesso devi scappare» disse Nora «perché stanno arrivando.» Si guardarono negli occhi. «Non dimenticarti di Nora» disse la ragazza. Lui le girò le spalle e corse via. Non sapeva proprio dove andare. Quando giunse a una casa che risonava di musica e di chiasso ne varcò lentamente la soglia. La stanza era affollata; stavano ballando. Simon pensò: «Da un momento all’altro quei russi verranno a cercare l’assassino del loro compagno, e vedendo le mie mani sapranno che sono stato io». Nel frattempo era entrata una donna e si guardava intorno. Era una donna attempata12, bassa e massiccia, col costume dei Lapponi13, e aveva assunto un atteggiamento così maestoso e fiero da far credere che fosse la padrona del locale. Era chiaro che in quella sala la conoscevano quasi tutti, e che avevano anche un po’ paura di lei, sebbene alcuni ridessero; il baccano cessò immediatamente non appena lei aprì bocca. «Dov’è mio figlio?» domandò con voce acuta e stridula, come quella di un uccello. Subito il suo sguardo cadde su Simon, ed ella si fece strada attraverso la folla che si apriva davanti a lei, tese la vecchia mano scarna e bruna e lo afferrò per il gomito. «Vieni subito a casa con me» gli disse. «Stanotte non devi star qui a ballare.» Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education R AC C O N TO FA N TA S T I C O E SUR R E A L E GENERI IL 14. impazzando: fa- cendo chiasso, confusione. 5 Simon si ritrasse, perché ebbe il sospetto che fosse ubriaca. Ma quando lei lo guardò dritto in faccia coi suoi occhi gialli, gli parve di averla già incontrata e pensò che forse non avrebbe fatto male a darle retta. La vecchia attraversò la sala tirandoselo dietro, e lui la seguì senza dire una parola. Mentre i due procedevano lungo la strada, la vecchia si tirò su la sottana e ne cacciò l’orlo nella mano del ragazzo. «Pulisciti la mano» disse. Non erano andati molto lontano quando giunsero a una casupola di legno e si fermarono; la porta era così bassa che dovettero chinarsi per passare. Non appena furono entrati, la donna si girò verso Simon, gli afferrò la testa e con le dita ricurve gli spartì i capelli e glieli pettinò all’ingiù come li portano i lapponi. Poi gli ficcò sul capo un berretto lappone e fece un passo indietro per guardarlo meglio. «Ora siediti sul mio sgabello» disse. «Ma prima dammi il coltello.» Aveva un tono e dei modi così imperiosi che il ragazzo non poté far altro che obbedire. Si era appena seduto quando sentì i passi di molte persone che si avvicinavano per poi fermarsi accanto alla casa. Qualcuno bussò alla porta, e la vecchia si mise in ascolto, immobile come un topo. «Lascia che mi consegni nelle loro mani, per te sarà meglio così» disse il ragazzo alzandosi. «Dammi il tuo coltello» lo rimbeccò lei. E quando Simon glielo porse, se lo immerse nel pollice con tanta forza che ne sprizzò il sangue, che lei lasciò poi gocciolare su tutta la sottana. «Avanti» gridò «entrate!» La porta si aprì e sulla soglia comparvero due dei marinai russi, che restarono fermi là sull’uscio. «È venuto qualcuno, qui da voi?» si informarono. «Stiamo cercando un uomo che ha ucciso un nostro amico, e poi è riuscito a scappare. Avete visto o sentito venire qualcuno da questa parte?» La vecchia lappone si girò di scatto a guardarli, e alla luce della lampada i suoi occhi brillarono come l’oro. «Se ho visto o sentito qualcuno?» gridò. «Voi che giuravate morte impazzando14 per tutta la città, ecco quel che ho sentito. Mi sono spaventata, e anche questo mio povero sciocchino si è spaventato, e così ho finito col ferirmi il pollice mentre tagliavo le fettucce del tappetino che sto facendo. Il ragazzo è troppo impaurito per aiutarmi, e il tappetino è rovinato. Vedrete se non me lo faccio ripagare! Se state cercando un assassino, entrate e frugate pure, e la prossima volta che ci vediamo vi riconoscerò di certo.» Era così furibonda che saltellava sui due piedi e muoveva la testa di qua e di là come un rabbioso uccello da preda. Il russo entrò, guardò in giro per la stanza, poi guardò lei, che aveva la mano e la sottana tutte macchiate di sangue. «Andiamo, vecchia, non ci maledire» le disse timidamente. «Sappiamo bene quello che sei capace di fare quando ti ci metti. Eccoti un marco che ti ripagherà del sangue che hai versato.» Lei protese la mano, e lui le mise sul palmo una moneta. «Andate via, adesso» disse la vecchia. Chiuse la porta alle loro spalle e ridacchiò piano. Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education GENERI IL R AC C O N TO FA N TA S T I C O E SUR R E A L E 15. il secondo: su una nave, l’ufficiale che viene subito dopo il comandante, detto anche comandante in seconda. Alzatosi dallo sgabello, il ragazzo le si fermò davanti e la fissò in viso. «Perché mi hai aiutato?» le domandò. «E non lo sai?» gli rispose lei. «Non mi hai ancora riconosciuta? Ma non puoi aver dimenticato il falcone pellegrino che si era impigliato in una funicella della tua nave, la Charlotte, mentre attraversava il Mediterraneo. Quel giorno il vento squassava la nave, e il mare era in tempesta, ma tu ti sei arrampicato sulle sartie dell’albero maestro per aiutare quell’uccello a liberarsi. Quel falcone ero io. Noi lapponi non dimentichiamo. Io ti ho beccato il pollice, quando tu mi hai presa; è giusto, quindi, che stasera mi ferissi il pollice per te.» Gli andò vicina, e gentilmente gli strofinò sulla fronte i due indici bruni simili ad artigli. «Adesso sta’ bene a sentire, uccellino mio» disse. «In questo preciso momento, il cognato di un mio pronipote si trova con la sua barca vicino all’approdo; deve portare un carico di pelli fino a una nave danese ancorata al largo. Farà in tempo a riportarti sulla tua nave prima che arrivi il secondo15. La Hebe salpa domattina, non è così? Ma quando sarai a bordo, restituiscigli il berretto che ti ho prestato.» Poi prese il coltello di Simon, se lo strofinò ben bene nella sottana e glielo porse. «Ecco il tuo coltello» disse. «Non lo caccerai più nel corpo di nessuno; non sarà necessario, perché d’ora in avanti navigherai per i mari come un marinaio leale.» Il ragazzo, sbalordito, cominciò a balbettare qualche parola di ringraziamento. La vecchia lo accompagnò alla porta e con un lungo sguardo dei suoi occhi maliziosi e luccicanti, spingendolo un poco oltre la soglia, lo salutò con un cenno del capo. Così il marinaio tornò sulla sua nave, che doveva salpare la mattina dopo, e visse abbastanza per poter raccontare la sua storia. (da Racconti d’inverno, trad. di A. Motti, Bompiani, Milano, 1986, rid. e adatt.) 6 Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education