L’altra faccia
del Crescent
Rapporto sulla speculazione perfetta
A futura memoria, se la memoria ha un futuro … (cit.)
a cura di:
comitato No Crescent | Italia Nostra
Lo dicevamo da tempo.
La mezzaluna di cemento chiamata Crescent, e con essa l’intero comparto edilizio di Santa
Teresa in Salerno, ha un lato scuro che fa del mostro l’emblema nazionale della mala
gestio del territorio, dei beni comuni, del denaro pubblico, dei fondi comunitari.
L’altra faccia dell’ecomostro diventa addirittura buia se leggiamo le risultanze cui
pervengono i tre consulenti nominati dalla Procura della Repubblica di Salerno.
Vediamo perché.
La Mala Gestio economica
LA VARIANTE DI 7.138.377,55 DI EURO SULL’OPERA “PIAZZA DELLA LIBERTA’”,
FINANZIATA CON DENARO PUBBLICO E CON FONDI COMUNITARI (FESR):
con perizia di variante del 16.2.11 di oltre 7 milioni di euro, il Comune di Salerno intendeva
potenziare le misure di impermeabilizzazione delle strutture interrate, in relazione ai livelli
di falda rilevati in corso d’opera, maggiori dei corrispondenti riscontrati all’epoca della
progettazione (per quella progettazione fu previsto un esborso di ingenti somme di denaro
pubblico).
Incredibilmente la consulenza degli inquirenti ha precisato che la “Variante al Progetto
della Piazza della Libertà e del sottostante parcheggio interrato e degli interventi
migliorativi nelle tipologie delle "cause impreviste e imprevedibili", dell"'imprevisto
geologico" e "dell'intervento migliorativo", è, invece, da riferire all'insufficienza delle
indagini”.
Un danno di 7.138.377,55 di euro con i progettisti (A.T.P. Bofill / Lotti) che –secondo i
periti- dovranno risarcire, in quota parte, il danno patito dal Comune di Salerno.
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LA ILLEGITTIMA RESTITUZIONE DEL DEPOSITO CAUZIONALE DI EURO 1.175.000:
Ancora la perizia definisce “illegittima la restituzione del deposito cauzionale di €
1.175.000,00 versato dalla CO.GE.FER. S.p.A.(prima aggiudicataria della costruzione del
fabbricato Crescent) alla Tesoreria Comunale”.
Continuano i periti: “A parere degli scriventi consulenti, l'illegittima restituzione del
deposito cauzionale di € 1.175.000,00 in spregio alla lex specialis, nonché alla normativa di
settore che pur avrebbero consentito l'incameramento definitivo della cauzione quale
conseguenza della mancata conferma delle dichiarazioni rese ai sensi del D.P.R. 445/2000
Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa, costituisce danno
erariale”.
IL DANNO PER LA SOTTOSTIMA DEL VALORE DI CESSIONE DELLE AREE DI PROPRIETÀ
DEMANIALE:
il valore delle aree cedute dall'Agenzia del Demanio al Comune di Salerno, prive del vincolo
di inalienabilità decennale, fu valutato in € 10.520.000,00.
Affermano i consulenti: “l'alienazione delle aree, private del vincolo di inalienabilità,
qualora fosse stato legittimamente consentito, poteva avvenire, in ragione dei valori unitari
desunti dai prezzi di vendita applicati dalla Crescent S.r.l., a fronte di un corrispettivo di E.
27.850.000,00 anziché di E. 10.520.000,00 con una differenza, quindi, di E. 17.330.000,00;
valore questo che rappresenta il danno erariale con pregiudizio per l'Agenzia del Demanio.
Il danno è imputabile ai dipendenti della stessa Agenzia di Salerno che hanno sottostimato
il valore delle aree”.
IL DANNO DERIVANTE DAL SOTTOSTIMATO VALORE DI CESSIONE AI PRIVATI DELLE AREE
GIÀ DI PROPRIETÀ DEMANIALE ACQUISITE DAL COMUNE DI SALERNO:
Ancora un altro aspetto è oggetto di analisi dei consulenti della Pubblica Accusa.
“Nella stima effettuata dai tecnici dell'Agenzia del Demanio”, affermano i periti, “è stata
computata come voce di spesa, che ha contribuito ad abbattere fortemente il valore finale
delle aree edificabili cedute al Comune, la voce Ou = oneri urbanizzazione primaria e
secondaria dell'importo di € 29.443.679,65 riferita al complesso degli interventi pubblici
previsti nell'ambito del PUA, ma in UMI diverse dalla n. 4 (Crescent)”.
“Il danno erariale si è concretizzato”, affermano i consulenti della Procura, “nel momento
in cui il Comune di Salerno dopo aver messo in gara le aree acquistate dal Demanio
unitamente ai connessi diritti edificatori ad un prezzo a base d'asta di € 11.750.000, (…) con
conseguente aggiudicazione all'ATI R.C.M. Costruzioni S.r.l. - Ritonnaro Costruzioni S.r.l. Favellato Claudio S.p.A. (…) senza che siano stati accollati ai privati gli oneri di spesa per
opere di urbanizzazione che avevano inciso nella stima di valore dell'area”.
In sintesi, opere di urbanizzazione che dovevano essere realizzate dai privati sono a carico
del pubblico.
Il danno erariale viene dunque quantificato in € 21.982.970,53.
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IL “RISCHIO D’IMPRESA” ASSUNTO DAL COMUNE:
Più volte il Comitato e Italia Nostra hanno denunciato l’incredibile clausola di cui al punto
G) del contratto di compravendita (REP. 52034 del 17.12.10) tra il comune di Salerno e la
costruttrice SRL CRESCENT con la quale il “rischio d’impresa” è assunto dal solo Comune.
IL DANNO ALL’UNIONE EUROPEA:
La piazza, costruita con fondi comunitari (FESR), in parte crollerà, prima del collaudo, per il
“proprio peso”.
Errori di calcolo, o altri fattori al vaglio degli inquirenti, hanno portato all’eclatante crollo
che potrebbe determinare una voce di danno anche per le casse comunitarie.
Prima del collaudo sono state tenute sulla piazza manifestazioni pubbliche, di natura
politica, con partecipazione di centinaia di cittadini la cui incolumità è stata messa a serio
rischio.
Anche su tali aspetti la Procura ha aperto un filone d’indagine.
La Mala Gestio del territorio
IL PAESAGGIO VIOLENTATO:
Dicevamo che la Soprintendenza di Salerno di fronte al più pericoloso ecomostro concepito
negli ultimi anni in Italia fosse rimasta inerme, silente, ferma, immobile.
Dicono i perizi della Procura: per l’inerzia della Soprintendenza, si è di fronte ad un vero e
proprio capolavoro di inefficienza amministrativa.
L’ente di tutela, il 15 aprile 2008 (con nota prot. 11599) riscontrava la mancanza del
“rendering fotografico che metta in evidenza il rapporto della nuova progettazione con
l’ambiente urbano (fotoinserimento)”.
Richiedeva quindi integrazione di documenti, evidentemente necessari per avere una
veduta complessiva dell’inserimento della muraglia di cemento tra il centro storico
cittadino ed il litorale.
Il Comune continua a non adempiere limitandosi a inviare alla Soprintendenza sette
fotografie del plastico, in campo azzurro, assolutamente non idonee a mettere in evidenza
il rapporto della nuova progettazione con l'ambiente urbano (fotoinserimento).
La Soprintendenza, nonostante tale omissione, non annulla l’autorizzazione comunale, ma
sospende il procedimento e trasmette il progetto al Comitato Tecnico Scientifico per i Beni
Architettonici e Paesaggistici di Roma perché questo renda un parere consultivo (gli
inquirenti riscontreranno che incredibilmente il progetto non verrà mai inviato a Roma!).
Ricevuto il progetto il 14 luglio 2008, il Comitato non renderà mai il parere richiesto.
Il Soprintendente Giuseppe Zampino (succeduto al precedente arch. Anna Maria Affanni,
che aveva rilevato l’impatto sul paesaggio e sull’immagine della città), insieme con il
funzionario responsabile del procedimento arch. Giovanni Villani completeranno l’opera.
Il Soprintendente con nota n. 5805 del 2 marzo 2009 anziché annullare l’autorizzazione
paesaggistica comunica di ritenere che “non sussistano gli estremi per predisporre
l’annullamento”. Dicono i consulenti: “le motivazioni con le quali la Soprintendenza, con
nota 2 marzo 2009, prot. n. 5805, comunicò al Comune di Salerno la dichiarazione di
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mancato esercizio del potere di annullamento dell'autorizzazione comunale dimostrano il
completo appiattimento di quell'Ufficio sulle decisioni del Comune”.
COSTRUIRE SU UN FIUME (E SUL MARE TIRRENO):
Costruire sull’alveo del torrente Fusandola si può, eppure il corso d’acqua è protetto da un
triplice vincolo:
1) vincolo paesaggistico relativo alla fascia di 300 mt dalla battigia (art. 142 d.lgs n.
42/2004 lett. A);
2) art. 142, lett. c, “fiumi e torrenti e corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo
unico delle disposizioni di legge sulle acque, di cui al R.D. 11.12.1933 n. 1775”;
3) vincolo ministeriale dallo sbocco all’origine (DM 5.8.1957).
Ecco cosa accade al torrente Fusandola: non è stato mai sdemanializzato.
Il Crescent quindi verrà innalzato su superfici mai sdemanializzate. Una fascia del torrente,
ma anche mare e porzioni di spiaggia, verranno usate a fini edificatori. Circostanze
confermate dalla ricostruzione catastale che il Comune ha presentato in sede di
verificazione urbanistica (allegato B 9), dati che attestano 31.979 mq in proprietà, in luogo
dei 45.276 mq previsti dal puc e dal pua. Quindi una porzione rilevante dell’area non è
stata sdemanializzata.
Tuttavia, sul torrente tutti i verificatori si sono guardati bene da accertarne il titolo di
deviazione e in nulla hanno considerato le denunce sulla mancata sdemanializzazione.
Il No Crescent, già nel corso delle verificazioni, ha portato la questione all’attenzione della
capitaneria di porto di Salerno sollevando, tra le altre cose, anche il problema della
violazione delle norme di salvaguardia della costa.
In conclusione può dirsi che a Salerno si è introdotto per così dire l’indice fluviale.
E con esso pure l’indice marino. Il mar Tirreno infatti, nel tratto di costa cittadino, passa
dallo stato liquido allo stato solido. Diventando grigio, cemento.
Circa 5000 metri quadrati di superficie, ancora oggi demaniale, sono usati per costruire il
condominio privato.
Con la regione Campania, ente verificatore designato dal Consiglio di Stato, che nulla ha
verificato, omettendo tutti gli accertamenti richiesti.
I consulenti della Procura così concludono: “La superficie territoriale costituente
denominatore del rapporto di Indice Urbanistico essendo definita come "suolo" non può
includere porzioni di mare, né porzioni di arenile, per sua natura instabile (per non
considerare la questione della proprietà di detti beni) per una superficie totale (ricavata
dalla base catastale) di circa
1.255,20 mq (mare)
3.610,30 mq arenile
Per un totale di
4.865,50 mq.
IL RIBALTAMENTO DEGLI STANDARD:
La Regione Campania ha fatto finta di non vedere nemmeno i ribaltamenti che determina il
permesso di costruire il Crescent, il permesso infatti stravolge le percentuali previste dal
puc nell’area di Santa Teresa, ossia 30% a destinazione residenziale e 70% a destinazione
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produttiva e servizi. Con il Crescent ben il 73,99 % del comparto viene utilizzato per fini
residenziali e soltanto il 26,01% per attività produttive. Un ribaltamento, appunto. A
vantaggio dei privati, con conseguente carenza degli standards di urbanizzazione
secondaria (d.m. 1444/68).
Uno scempio ambientale che è anche scempio di legalità!
L’ATTACCO ALLA COSTA
Anche l’Autorità di Bacino Destra Sele, altro ente verificatore designato dal Consiglio di
Stato, più che verificare si è preoccupata esclusivamente di “difendere” il proprio operato
su questa sconcertante vicenda.
Eppure non venivano ottemperate le prescrizioni sul pua fissate dalla stessa autorità di
Bacino, prescrizioni richiamate anche nel permesso di costruire il Crescent.
In particolare è risultato mancare lo STUDIO METEO MARINO “che escluda il rischio da
mareggiata”, unica condizione perché potessero escludersi le misure di salvaguardia della
costa. Ecco che la società Crescent quantunque dichiari, nella specifica relazione allegata al
permesso di costruire, di rientrare nella fascia di applicazione delle misure, non ha
effettuato il prescritto studio meteo marino. Solo in tal caso potevano ritenersi sufficienti
gli studi preliminari previsti dagli articoli 12 e seguenti delle misure di salvaguardia. Eppure
è riconosciuto, anche in sede di verificazione, che il rischio da mareggiata è una certezza.
Dicono i consulenti: “Per quanto riguarda il "Crescent" nessun parere è stato espresso
dall'Autorità di Bacino Destra del Sele sui problemi di erosione costiera, di studi meteo
marini e di deviazione del corso sotterraneo del torrente Fusandola”.
In sintesi, un indiscriminato attacco alla costa.
I risvolti giudiziari
Sull’intervento urbanistico Crescent sono state riscontrate gravi illegittimità amministrative
dal Consiglio di Stato in merito alle autorizzazioni paesaggistiche.
Dal canto suo, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ha riscontrato
varie ipotesi di reato. Il Gip del Tribunale Penale di Salerno, dott.ssa Mancini, su istanza dei
p.m., dott. Alfano e Valenti, con decreto del 15.11.2013 (fascicolo n. 13095/2009 RG
notizie di reato) ha disposto il sequestro dell’intero cantiere del fabbricato Crescent.
La Procura della Repubblica ha disposto la chiusura delle indagini contestando, a vario
titolo, ai 31 indagati (tra essi, sindaco, componenti la Giunta municipale, dirigenti
comunali, dirigenti della Soprintendenza, costruttori), delitti contro la pubblica
amministrazione (Abuso d’ufficio in concorso, art. 323 C.P.), delitti contro la pubblica fede
(Falso ideologico in atto pubblico, art. 479 C.P.), delitti contro il patrimonio (Invasione di
terreni e di edifici, art. 633 C.P.) e reati ambientali quali la Lottizzazione abusiva (art. 44,
lett. c DPR 380/2001) e l’Opera eseguita in assenza di autorizzazione (D.LGS 42/2004).
I consulenti tecnici della Procura sono: l’Ing. Luigi Boeri, l’Ing. Riccardo Ciuti e il Geom.
Rinaldo Chericoni.
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Dalla speculazione alla demolizione
Il Crescent è contro la legge, il mostro va quindi demolito.
Per l’abbattimento si potranno usare i fondi anti abusivismo appositamente istituiti presso
il Comune (“fondo per la demolizione delle opere abusive” tenuto presso la Cassa
Depositi e prestiti) e presso il Ministero dell’Ambiente, con l’intervento, se del caso, delle
strutture del Ministero della Difesa.
Delle conseguenze delle illegalità che verranno accertate potrebbero rispondere:
i funzionari e gli amministratori che hanno favorito l’operazione urbanistica;
i progettisti (in quota parte per la perizia di variante).
Il comitato e Italia Nostra lotteranno perché non un solo euro pubblico sia riconosciuto ai
costruttori per quanto finora realizzato.
I costruttori hanno assunto in pieno il rischio d’impresa, vi sono poi responsabilità
personali di natura contabile di funzionari e amministratori circa l’adozione della clausola
lett. G) del contratto di compravendita (REP. 52034 del 17.12.10) tra il comune di Salerno e
la SRL CRESCENT.
Tra l’altro, quella clausola non può applicarsi alla vicenda per come evolutasi.
Le associazioni stanno già avviando iniziative perché alcun risarcimento, a danno della
collettività, sia riconosciuto agli imprenditori privati.
I numeri del Crescent, l’ecomostro
33 metri è la misura in altezza dell’emiciclo sul livello del mare (ingombro visivo).
300 metri l’estensione dell’enorme caseggiato (ingombro visivo comprensivo dell’edificio
delle Torri laterali).
190 mila metri cubi di volumetria (volume visivo).
1.255,20 mq di mare e 3.610,30 mq di arenile, quindi un totale di 4.865,50 mq. diventano
cemento (fonte: perizia Procura).
140 alloggi residenziali, 50 uffici, 26 boutique commerciali previste su due livelli del
Crescent.
2 milioni e 670 mila euro pagati a Bofill per la progettazione.
7 milioni di danno erariale per una Variante geologica adottata per coprire errori di
progettazione (fonte: perizia Procura), con danni – secondo i periti- da attribuirsi in quota
parte ai progettisti Bofill / Lotti associati.
46 milioni complessivi di danno erariale.
5 le autorizzazioni paesaggistiche considerate illegittime.
31 gli indagati (politici, funzionari, imprenditori privati).
Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti
di Italo Calvino
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C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema
politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma
questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi
finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi
non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo
illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva
dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti
in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non
privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di
colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era
lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene
comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è
che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte
resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di
procacciamento e mediazione: quindi l’illecito che per la morale interna del gruppo era
lecito, portava con se una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il
privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era
sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto
collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita
ma benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle
imposte su ogni attività lecita, e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o
illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese nessuno era disposto non
diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo ( e non si vede in nome di che
cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a
integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che sempre in
nome del bene comune s’erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse che in
altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua
schietta sostanza d’atto di forza (così come in certe località all’esazione da parte dello
stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafiose), atto di forza cui il
contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando anziché il sollievo della
coscienza a posto la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva
amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente
esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le
leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone
che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il
sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il
sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro
centro di potere.
Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e
strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare
i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di
potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.
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Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo
tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche ( e tante altre attività
più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento
d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi
sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza
lecita o illecita.
In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando
quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato
stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si
proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema
era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la
convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla.
Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un
sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime
persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di
sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli
abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini
cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.
Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi
principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per
abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci
niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili
in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano
il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre
persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i
soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare.
Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano
troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede. Il potere non lo
trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che
interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse
magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché
sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in
margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di
malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva
mai avuto nessuna pretesa di diventare la società , ma solo di sopravvivere nelle pieghe
della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi
consacrati, e per questo aveva dato di sé (almeno se vista non troppo da vicino)
un’immagine libera e vitale, così la controsocietà degli onesti forse sarebbe riuscita a
persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di
vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari
avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di
qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e
ancora non sappiamo cos’è.
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Tratto da Romanzi e racconti – volume 3°, Racconti e apologhi sparsi, i Meridiani, Arnoldo
Mondadori editore. Uscito su la Repubblica, 15 marzo 1980, col titolo “Apologo sull’onestà
nel paese dei corrotti".
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