ECONOMIA di ANDREA CAPPELLI CONEGLIANO VALDOBBIADENE, L’ECCELLENZA DEL PROSECCO La storia del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, zona dal clima piacevole, mite e temperato, tanto che i nobili veneziani amavano trascorrervi l’estate per sfuggire all’afa lagunare, ha origini molto antiche. La prima citazione scritta risale al 1772 nel VIII volume del Giornale d’Italia, dove l’accademico Francesco Maria Malvolti parla della viticoltura locale, dimostrazione che il Prosecco a Conegliano Valdobbiadene ha più di tre secoli di storia certa. E se nel Set36 tecento si trattava solo di una delle varietà coltivate, grazie alla caparbietà degli uomini essa diviene il simbolo di queste colline, arrivando a essere, per la maggior parte UN MILIONE A ETTARO PER UN VIGNETO DI CARTIZZE del territorio, l’unico vino prodotto. La data d’inizio di questo successo viene fatta coincidere col 1876, anno di fondazione della prima Scuola Enologica d’Italia, seguita nel 1923 dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura, ancor oggi attivi a Conegliano. Grazie ai centri di studio e ricerca, i viticoltori imparano a impiantare vigneti maggiormente qualitativi in alta collina, dove però la coltivazione è difficile e faticosa a causa delle pendenze e le operazioni sono svolte quasi esclusivamente a mano. E mentre si studia la miglior forma d’allevamento per la vitivinicoltura locale, in cantina viene perfezionata la tecnica di GIANCARLO VETTORELLO, DIRETTORE DEL CONSORZIO DI TUTELA CONEGLIANO VALDOBBIADENE DOCG parti d’Italia e del mondo. Sul mercato iniziano a comparire Prosecco con prezzi molto bassi e senza standard qualitativi accettabili, era quindi necessario un intervento per proteggere quello che nel frattempo era divenuto un patrimonio tutto italiano, invidiato dal mondo enologico internazionale. Questo vino in- CONEGLIANO VALDOBBIADENE: 75 MILIONI DI BOTTIGLIE fatti oggi può essere prodotto solo all’interno del territorio corrispondente alla Doc Prosecco - nove province tra le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia - istituita al fine di tutelare il prodotto di base e garantire migliori standard qualitativi, al cui centro si trova l’area storica, IL METODO CARPENÉ Il nome della famiglia Carpené è legato in modo indissolubile a Conegliano e al Prosecco, fino dalla nascita della prima scuola enologica italiana nel 1876, che fu promossa in particolare da Antonio Carpenè. Il suo omonimo discendente brevettò nel 1936 una tecnica chiamata metodo Carpené, piuttosto rivoluzionaria per l’epoca, che faceva seguire alla presa di spuma in autoclave e all’imbottigliamento una stabilizzazione dei vini per inattivazione termica dei lieviti. In pratica si tratta di una pastorizzazione a temperatura moderata, intorno ai 50 gradi, finalizzata a impedire la rifermentazione di vini con residuo zuccherino. Il principio, con tecniche più moderne, è tuttora applicato su molti vini dolci o amabili come alternativa alla microfiltrazione (che a quel tempo non esisteva). ECONOMIA spumantizzazione con metodo italiano, che prevede la rifermentazione in autoclave (grandi recipienti a tenuta di pressione) per conservare ed esaltare gli aromi, ma interpretata in modo originale, tanto che oggi possiamo parlare di “metodo Conegliano Valdobbiadene”, che esalta l’eleganza, la freschezza e la vitalità che contraddistinguono il Prosecco. Fu nel 1962 che un gruppo di 11 produttori, in rappresentanza delle principali cooperative di viticoltori e delle grandi case spumantistiche, costituì il Consorzio di Tutela, proponendo un disciplinare di produzione per proteggere la qualità e l’immagine del proprio vino. Sette anni più tardi, il 2 aprile del 1969, il loro sforzo fu premiato col riconoscimento, da parte del Ministero dell’Agricoltura, di Conegliano e Valdobbiadene come unica zona doc di produzione del Prosecco e del Superiore di Cartizze. Si creano così i presupposti per il successo, esploso a partire dagli anni Ottanta del Novecento, grazie alla capacità imprenditoriale di questi uomini, unita alle acquisite competenze tecniche. Ciò determina certo un positivo rilancio dell’economia della zona, ma l’affermazione del Prosecco porta anche a imitazioni, divenute negli anni sempre più aggressive: la sua produzione inizia a diffondersi al di fuori dell’area storica, allargandosi prima al territorio pianeggiante della provincia di Treviso, poi anche alle province limitrofe e infine persino in altre corrispondente ai 15 comuni collinari tra le due capitali produttive di Conegliano e Valdobbiadene, che ha ottenuto, a quarant’anni precisi dalla DOC, nell’agosto 2009 la DOCG, massimo riconoscimento qualitativo per i vini italiani, che implica anche il cambio di nome in “Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore”. Coraggiosamente infatti i produttori hanno deciso di puntare tutto sul territorio, anteponendo al nome Prosecco quello delle cittadine simbolo dell’area. Il disciplinare consente di declinare la versione spumante in tutte le consuete tipologie ossia Brut, Extra Dry e Dry (sono escluse Extra Brut e Dolce), che si distinguono essenzialmente per il residuo zuccherino. La versione Spumante, che ne esprime pienamente il carattere agile ed energico, è il simbolo del Conegliano Valdobbiadene DOCG e di certo l’approccio più moderno della tipologia, ma può essere prodotto anche nelle versioni Frizzante e Tranquillo. Parallelamente al riconoscimento della DOCG, il Consorzio ha avviato un importante percorso d’analisi e sviluppo dei valori della “Marca Conegliano Valdobbiadene” con l’obiettivo d’orientare la propria attenzione allo sviluppo del territorio, alla sostenibilità ambientale e alla valorizzazione della storia come traccia per disegnare il futuro. Il territorio di coltivazione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore è interamente collinare e la viticoltura è quasi esclusivamente svolta a mano, basti pensare che qui servono fino a 600 ore di lavoro per ettaro contro le 150 della pianura. I diversi terreni, le pendenze e le altimetrie danno origine a sensibili sfumature organolettiche nei vini, che si ritrovano in particolare nella tipologia “Rive”, prodotto esclusivamente da vigneti provenienti da una microzona in forte pendenza e alta collina. Nella parlata locale la parola “Rive” significa terreni scoscesi e, per estensione, indica i vigneti posti lungo i caratteristici pendii delle colline che incorniciano il paesaggio. Questo termine 37 ECONOMIA non evoca però solo l’immagine di versanti ripidi e appezzamenti ricamati, ma anche un vino che esprime tutta l’essenza del territorio e la ricchezza espressiva della denominazione, in grado di valorizzare la vocazione di ogni singola area ed esprimere le peculiarità di suolo, esposizione e microclima. Un discorso a sé merita il Cartizze, cru della denominazione: territorio d’alta e scoscesa collina tra le frazioni di Santo Stefano, Saccol e San Pietro di Barbozza, in comune di Valdobbiadene, i vigneti si estendono su soli 107 ettari - il valore è elevatissimo, tanto da arrivare fino a un milione di euro a ettaro - e spesso le viti sono molto vecchie. Questo terroir, caratterizzato dall’alternarsi di piccole valli e colline, che, facendo da scudo ai venti, danno vita a un microclima particolarmente favorevole, è il fiore all’occhiello del Conegliano Valdobbiadene, una delle migliori espressioni del connubio tra ambiente, vigna e lavoro dell’uomo. Il Cartizze nasce in un fazzoletto di terra a forma pentagonale suddiviso tra un centinaio di produttori - è sufficiente una mezza giornata per percorrere l’intero poligono di questo grande vigneto, che si espande sulla collina punteggiata da frassini, roveri e olivi - che ogni anno immettono sul mercato poco più di un milione di bottiglie GLERA - GRAPPOLO di questo spumante dalle bollicine sontuose. Il segreto del Cartizze è racchiuso in queste terre, originatesi dal sollevamento di fondali marini, dal color verde giallo delle LE DENOMINAZIONI DEL PROSECCO 38 morene, al marrone delle argille, al bianco grigio delle arenarie, che consentono un drenaggio veloce delle piogge e, nel contempo, una costante riserva d’acqua. La produzione del Prosecco avviene secondo le regole dei disciplinari DOCG e DOC, che stabiliscono la produzione delle uve, la loro fermentazione e la successiva naturale “presa di spuma”. Si originano così più di 300 milioni di bottiglie di vino frizzante e soprattutto spumante, che si distingue per la finezza e freschezza dei suoi aromi: adatto a tutte le occasioni e a tutti i tipi di cucina, col suo carattere informale e la sua flessibilità d’abbinamento, è riuscito a conquistare i consumatori di ogni parte del mondo. Questi alcuni dati riferiti al 2014 per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG: la superficie produttiva totale è di 4.915.541 di bottiglie, Stati Uniti (9.5%) con 2.701.071 di bottiglie e Austria (4.7%) con 1.353.029 di bottiglie. La percentuale dello Spumante sul totale è del 94,5%, seguono circa 4 milioni di bottiglie di Frizzante e 150mila di Tranquillo. La cultura vitivinicola in Veneto è caratterizzata da una tradizione storica consolidata, che, nel caso delle colline di Conegliano e Valdobbiadene, ha prodotto nel tempo un paesaggio antropico di particolare bellezza e valore unico, che unisce la cultura del lavoro ECONOMIA 6.854 ettari, di cui 161 ettari del Rive e poco più di cento del Cartizze per un totale di circa 75 milioni di bottiglie prodotte da 183 case spumantistiche, di cui 1,3 milione di Rive e quasi 1,5 milioni di Cartizze per un valore del prodotto al consumo di 515 milioni di Euro. La quota d’esportazione in 80 paesi tocca il 43% della produzione e le principali destinazioni dell’export sono Svizzera (22.7%) con 6.478.939 di bottiglie, Germania (22.3%) con 6.360.005 di bottiglie, Regno Unito (17.2%) con fatto a mano, alle pendici ricamate di vigneti, alla lunga tradizione spumantistica. Così le colline del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore - divenuto oggi un vero simbolo dell’Italia e uno degli spumanti di maggior successo nel mondo - situate a 50 km da Venezia e 100 km dalle Dolomiti, sono il primo sito della Provincia di Treviso a essere iscritte nella “Tentative List” italiana delle candidature a Patrimonio Unesco. LA “MAXI DOC” PROSECCO Quando nel luglio 2009 fu varata la “maxi Doc Prosecco” - 16.500 ettari nella regione Veneto e 3.500 nella regione Friuli Venezia Giulia - vi furono molte perplessita’: cosa ci si doveva aspettare da vini prodotti in un territorio così vasto - tanto che i punti estremi coltivati a vite distano ben 200 km in linea d’aria - e unificato soprattutto da uno stratagemma economico/politico? (Quello di tutelare il nome Prosecco come nome geografico, approfittando del villaggio di Prosecco, presso Trieste, che sarebbe secondo alcuni la patria della Glera, e impedendo così di chiamare Prosecco altri vini prodotti nel mondo con lo stesso vitigno). In realtà, a sei anni di distanza, la ristrutturazione della piramide qualitativa del «sistema Prosecco» con alla base il Prosecco DOC (556 comuni), poi il Prosecco DOC Treviso (95 comuni), più sopra l’Asolo Prosecco Superiore DOCG (17 comuni) e il Conegliano Valdobbiadene DOCG (15 comuni) e al vertice il Valdobbiadene di Cartizze DOCG (106 ettari), non se la passa assolutamente male... Queste bollicine, espressione di un particolare territorio e di una tecnica di cantina consolidata, rispondono perfettamente all’attuale famelica richiesta dei mercati. Protagonisti della grande popolarità commerciale a livello mondiale sono i nuovi consumatori che al vino sono arrivati di recente, trovando nel Prosecco un approdo facile e forse proprio il fatto che i vini siano spesso abbastanza simili tra loro ne ha determinato il successo; il prezzo è abbordabile (anche grazie a questo ha strappato il primato di vendite dello Champagne nella categoria degli spumanti su molti mercati mondiali), ha un nome facile da ricordare e lo si trova praticamente ovunque. Per ora il successo planetario del Prosecco doc non ha nuociuto alla produzione dell’area storica, infatti l’imponente massa critica della DOC, pari a 306 milioni di bottiglie per la vendemmia 2014, ha trainato complessivamente tutti i «Prosecchi». Si è creata una segmentazione di prezzo in funzione della qualità con al vertice la DOCG Conegliano Valdobbiadene, che è vicina al massimo potenziale: nel 2014 ha superato i 79 milioni di bottiglie, di cui quasi 75 di spumante. UNA NUOVA GIOVINEZZA PER IL VINO “COL FONDO” Il Prosecco “col fondo” cioè rifermentato in bottiglia e senza sboccatura, è un vino antico. Prima dell’avvento del metodo Charmat/Martinotti, il Prosecco si faceva così. Caso vuole che la tipologia sia poi rimasta relegata all’economia domestica, salvo essere oggi nuovamente valorizzata da alcuni produttori. Secondo la tradizione il vino viene messo in bottiglia nelle due settimane che precedono la Pasqua cristiana. Dopo alcune settimane, in relazione alla temperatura e alle condizioni atmosferiche, rifermenta e si ha la presa di spuma. La rifermentazione permette al Prosecco di affrontare il tempo in un ambiente al riparo dall’ossigeno e, nello stesso tempo, i lieviti che si depositano nel fondo della bottiglia conferiscono al vino maggior finezza e complessità. Si deve partire da uve con un buon grado di maturazione e che provengono da vigneti con particolare vocazione. E’ un vino che va pensato, atteso e, quando è ben fatto, dà soddisfazione di beva e può sfidare il tempo con lunghe e interessanti evoluzioni. Si presenta nel calice con una lieve velatura, ha più corpo, profumi più maturi e bollicine meno invadenti della versione “limpida”. Il Prosecco rifermentato in bottiglia trasmette un’idea di genuinità e naturalezza, così sta gradualmente passando da ruspante specialità locale (o addirittura domestica) a vino di culto per enofili accaniti. 39