DEGRADAZIONE DEI POLIMERI
Carlo Santulli
Università di Roma – La Sapienza
Dipartimento di Ingegneria Elettrica
[email protected]
Polimeri: tassonomia e generalità
Viscoelasticità e meccanica della frattura viscoelastica, districamento
Proprietà meccaniche, impatto, durezza, saldabilità, non infiammabilità
Caso di invecchiamento: polimeri come dielettrici e isolanti per cavi
Polimeri conduttori
Tipi di degradazione (foto, bio-, termodegradazione); indicatori
Rigonfiamento e dissoluzione, ossidazione
Dissoluzione indotta: gel ed applicazioni
Fine vita di un polimero: Life Cycle Analysis
TASSONOMIA DEI POLIMERI
Polietilene (PE)
Polipropilene (PP)
Polibutilene (PB)
Termoplastici
Termoplastici biodegradabili
Termoindurenti
Termoindurenti biodegradabili
Poliolefine
Polivinilcloruro (PVC)
PET
Acetato di cellulosa
Poliammidi (nylon) e poli-immidi (BMI)
Polistirene
Acido polilattico (PLA)
Policaprolattone (PCL)
Polibutilsuccinato (PBS)
Amido di mais (Mater-Bi) o di patata (Solanyl)
Policarbonato (PC)
Poliestere
Epossidiche
Polifenoli
Teflon (PTFE)
Poliuretani
Resine ureiche e melamminiche
ABS (acrilonitrile-butadiene-stirene)
Gomme naturali (poliisoprene 1,4 cis) e sintetiche
Resine oleose (olio di soia, olio di ricino)
BIOPOLIMERI
Base amido (anche PLA e PCL): termoplastici
Base trigliceridi: termoindurenti
Tipologie grani di amido
Trigliceride
(centro glicerolo legato a tre acidi
grassi)
TERMOPLASTICO E TERMOINDURENTE
La formazione di legami incrociati (o di reticolazione) si può ottenere grazie alla luce, al
calore od all'aggiunta di altri composti chimici: è un processo irreversibile
TEMPERATURA DI TRANSIZIONE VETROSA
E CRISTALLINITA'
TEMPERATURA DI TRANSIZIONE VETROSA
(Tg)
TEMPERATURA DI ESERCIZIO (Te):


Per Te <Tg : comportamento vetroso
Per Te >Tg : comportamento gommoso
COMPORTAMENTO VISCOELASTICO
DEI POLIMERI
MATERIALI VISCOELASTICI
In un materiale viscoelastico il modulo longitudinale o trasversale è un modulo
complesso, p.es. G (ω) = G1 (ω) + i G2 (ω) che può essere ottenuto risolvendo
l'equazione differenziale del moto di un sistema oscillante.
G1 è anche riferito come "funzione memoria" (storage modulus), in quanto
è la parte elastica del modulo e i materiali immagazzinano energia durante
la deformazione e la rilasciano durante lo scarico, con delle perdite che
sono espresse dal modulo di sfasamento G2 (loss modulus).
.
La tangente dell'angolo formato dalla curva sforzo-deformazione è detta, a
somiglianza di quanto visto in Elettrotecnica, da tan δ= G2/G1
MISURA DEL MODULO COMPLESSO CON
L'ANALISI MECCANICA DINAMICA
MODULO COMPLESSO E VISCOSITA' COMPLESSA
(misura in modulazione di frequenza)
La viscosità si misura applicando una forza costante di taglio τ sul provino e misurando la deformazione
nel tempo dγ/dt durante la prova dalla definizione η = τ
dγ
.
dt
Notare che la deformazione nel tempo, o strain rate, è nulla in materiali elastici. Ne consegue che le
proprietà statiche del materiale non dipendono dalla velocità di applicazione del carico.
DETERMINAZIONE DELLA Tg
DA ANALISI MECCANICA DINAMICA
La temperature di transizione vetrosa di polimeri ad elevata cristallinità o con alta
percentuale di legami reticolari è difficile da rilevare col calorimetro differenziale (perché il
picco diventa troppo largo) può essere misurata con l'analisi meccanica dinamica (DMA)
Caso di analisi meccanica dinamica per la determinazione della Tg
su polietilene ad elevata cristallinità:
in realtà si determina più che altro un intervallo di valori,
perché ci sono cinque possibili valori della Tg
(i flessi dei due moduli o della tan δ, o i massimi della funzione memoria o della tan δ)
ANDAMENTI FUNZIONE MEMORIA E PERDITE
Il livello di picco delle perdite con la temperatura, indicate con tan delta,
rappresenta un limite di utilizzo più restrittivo della temperatura di rammollimento
CURVA FUNZIONE MEMORIA VS.
CONTENUTO DI STABILIZZANTE
(olio di ricino: castor bean)
L'aumento del modulo elastico con l'aumento della quantità di plastificante
può anche estendere l'intervallo di temperatura di utilizzo
nelle plastiche termoindurenti (qui biodegradabili)
MECCANICA DELLA FRATTURA
LINEARE ELASTICA (teoria di Griffith)
In presenza di un difetto, l'energia di deformazione u
è data da due componenti (u=ue + us):
ue = energia di deformazione elastica
us = energia di creazione di superficie di frattura
Nel momento in cui il difetto si estende di δC, ue
diminuisce, mentre us aumenta.
In condizioni di equilibrio du/dC = 0
In generale il fattore di intensificazione degli sforzi KI
(in modo I, cioè che consente l'apertura della
cricca), è funzione dello sforzo applicato σ, della
dimensione della cricca a e di un fattore di forma Y
che tiene conto della sua geometria effettiva,
secondo la legge:
KI = Yσ (a)1/2
MODIFICAZIONI PER LA FRATTURA
VISCOELASTICA
In pratica, nella meccanica della frattura lineare elastica, si assume che la zona plastica
all'apice della cricca è molto piccola. Per questo, per tentare una prima correzione per
tener conto degli effetti viscoelastici, bisogna considerare che la dimensione della cricca
a parità di condizioni aumenta, in quanto il fattore di intensificazione degli sforzi
diminuisce (si parla di un Keff , effettivo), ed inoltre dipende dal tempo di innesco (velocità
della prova).
Si danno così le due equazioni di Williams:
PREVISIONE DI VITA PER MANUFATTI IN
COMPOSITO (es. Tubi in PE)
ENERGIA DI FRATTURA POLIMERI
L'energia di frattura di un polimero è rappresentata da G1cche è l'integrale
degli sforzi di trazione con gli spostamenti δ dell'apertura di cricca,
nella zona coesiva, conseguente al raggiungimento di un carico di snervamento locale.
Il vettore percolazione rappresenta la probabilità P al di sopra di una soglia critica Pc che
vi sia una zona coesiva che presenti snervamento e dipende da modulo elastico E, diametro
della catena molecolare D (ovvero densità dei legami di reticolazione) e peso molecolare Mc.
FATICA PER SFREGAMENTO
(fretting, un tipo di stress corrosion)
Tali prove sono particolarmente diffuse sui polimeri molto plastici
(es. PMMA per lenti a contatto) al contatto con superfici più dure (es. vetro)
FASI DI PROPAGAZIONE DELLA CRICCA
La maggior parte dei polimeri sono omogenei a livello macroscopico e di conseguenza
rispondono ad un carico applicato gradatamente con una deformazione più o meno
omogenea, che col procedere della sollecitazione si trasforma in un fenomeno di
rottura duttile o fragile. Tipicamente la rottura fragile è localizzata, mentre quella duttile
coinvolge un'area più estesa e avviene con uno snervamento con o senza strizione, e
tramite scorrimento.
I siti più probabili per la nucleazione della cricca sono le irregolarità nella struttura
polimerica o dei concentratori di sforzo già presenti (difetti, inclusioni, o graffiature
superficiali).
Un difetto deve crescere, spesso per lungo tempo, prima di provocare l'instabilità
dell'oggetto sotto sforzo.
Si distinguono pertanto quattro stadi di sviluppo della frattura:
(1) Nucleazione della cricca o attivazione di un difetto esistente
(2) Estensione attivata termicamente
Nel modo I (trazione-compressione) il piano di crescita della cricca è di solito
abbastanza privo di ostacoli, la velocità di crescita della cricca da/dt normalmente
aumenta con la lunghezza della cricca a ed il fattore di intensificazione degli sforzi K ,
mentre da/dt diminuisce in caso di smussatura dell'apice della cricca (o se lo
spostamento esterno è costante, a causa dell'aumento del modulo elastico per
"incrudimento"). Tale diminuzione può portare all'arresto della cricca per oscillazioni
con attrito (stick-slip) della propagazione di cricca;
(3) Nucleazione di cricche secondarie
Al fronte della cricca primaria ed attiva, si crea una coalescenza tra i piani della cricca
primaria e quella delle cricche secondarie, che porta ad una certa irregolarità, o
rugosità, della superficie di frattura. La velocità di propagazione della cricca può
crescere molto durante questo stadio, pertanto il suo contributo in termini di tempo
rispetto all'intero ternsionamento del materiale può essere trascurato;
(4) Propagazione instabile di cricca
quando si raggiunge il KIc
Stick-slip
ANALISI MACROSCOPICA
DEL DANNEGGIAMENTO NEI POLIMERI
TIPI DI FRATTURA NEI POLIMERI
Sotto sforzo normale
Per strappo
Di taglio
Cricche sotto sforzo
(crazing)
Per scorrimento da
vibrazioni
Rottura reale a fatica
Per effetto chimico
Per estensione delle catene
Da difetti
STATICA
Con orli quasi combacianti
Aperture del fondo della cricca
Dipendente dalla frequenza
A FATICA
Duttile o fragile
O altro: contaminanti, vuoti, inclusioni, ecc.
FRATTOGRAFIA DEI POLIMERI
(SEM: microscopio elettronico a scansione)
FRATTOGRAFIA DEI POLIMERI (segue)
Il crazing promuove l'ingresso della sostanza chimica
nociva all'interno del polimero, provocando la fragilizzazione
del pezzo.
ENVIROMENTAL STRESS CRACKING
ENVIRONMENTAL CRAZING
L’Environmental Stress Cracking è la causa più comune di rottura dei manufatti in
plastica. L’ESC può essere definito come l'accelerazione dello stress cracking dovuta al
contatto con un fluido (liquido o vapore, per esempio soluzioni caustiche sul
polipropilene) o con agenti “rigonfianti” senza degradazione chimica.
Il meccanismo è puramente fisico. Le interazioni tra il fluido, lo stress e il polimero
comprendono: uno snervamento locale con assorbimento localizzato del fluido, una
plasticizzazione della zona con formazione delle cricche, la crescita delle cricche e la
corrispondente frattura del materiale senza variazioni chimiche irreversibili. Pertanto
l’ESC può essere differenziato dallo Stress Corrosion Cracking (SCC) che è causato sia
dallo sforzo sia dalla degradazione del polimero.
Nell’Environmental Crazing il provino cede per lo sviluppo di una moltitudine di cricche
veramente sottili in presenza di un liquido organico o del suo vapore. La presenza del
fluido accelera soltanto il meccanismo. Lo stress cracking senza degradazione chimica
può eventualmente avvenire anche in assenza di un fluido e perciò anche in aria.
Infatti modesti livelli di stress applicati per lunghi periodi di tempo inducono una
degradazione puramente meccanica sotto forma di “crazes” e di “cracks”; questa è la
causa fondamentale, nei polimeri, della transizione che si ha a tempi lunghi del
comportamento da duttile a fragile.
FRATTURE DI FATICA
Nel caso di sollecitazione ad alta frequenza e alto carico,tale da indurre
il rammollimento od anche la fusione nella parte centrale
della sezione sollecitata, non si notano striature di fatica, segno di infragilimento.
RILEVAZIONE DEI VUOTI IN UNA MATRICE
POLIMERICA CON ISTOGRAMMI
DEI LIVELLI DI GRIGIO DA IMMAGINI MICROSCOPICHE
Le inclusioni possono rappresentare un problema, perché
si confondono coi vuoti e rendono difficile stabilire una soglia di livello
MISURA DEL CONTENUTO DI VUOTO
Per definire la soglia, si usano linee di profilo che
inquadrano geometricamente i vuoti
DEGRADAZIONE POLIMERI PER DIFETTI
(teoria della percolazione)
La trasmissione delle forze nella struttura
conseguente ad una certa quantità critica di legami,
detta soglia di percolazione pc,
fa sì che soltanto una frazione dei legami p>pc
debba essere fratturata per avere cedimento
della struttura 2-D od anche 3-D.
Questo è una conseguenza del fatto che i polimeri
non sono totalmente cristallini.
ROTTURA PER DISTRICAMENTO
(disentanglement, specie per termoindurenti)
A Adeguamento alla deformazione
B Ritrazione della catena, detta di
Rouse
C Stato criticamente connesso
(ogni catena attraversa il piano
tre volte) ad una certa
deformazione critica λc che prelude
al districamento
M Peso molecolare
λ Deformazione
Φ Distribuzione delle tensioni
N numero di catene per volume
CARATTERISTICHE RICHIESTE PER POLIMERI
(che determinano la possibile aggiunta di stabilizzante: esempio PVC)
La linea di saldatura è la linea sulla quale si incontrano i flussi di polimero
fuso nello stampo. Deve essere più stretta possibile per avere proprietà migliori.
SALDABILITA' POLIMERI TERMOPLASTICI
Fattore essenziale per realizzare giunti di buona qualità su
materiali termoplastici è la conduttività termica dell’utensile.
A parità di geometria, un utensile realizzato con materiale poco
conduttivo, p. es titanio, produce giunti caratterizzati da resistenza
meccanica superiore rispetto a quelli realizzati con utensili di
materiale conduttivo.
Questo in quanto il calore che serve per plasticizzare il materiale
da saldare non viene generato dall’attrito tra spalla dell'utensile e
pezzi, ma deriva da una barra metallica contenente la punta
riscaldata con resistenze elettriche (la generazione del calore per
attrito creerebbe problemi di stress corrosion).
COMPORTAMENTO A TRAZIONE POLIMERO
SEMI-CRISTALLINO
Il modulo elastico dei polimeri è in realtà scarsamente
rappresentativo del comportamento complessivo del materiale
(superamenti locali del limite elastico sono possibili
anche in servizio)
TIPI DI PROVE D'IMPATTO
Prova
Norma Descrizione
ASTM
Fragilità in temperatura
D746
Si determina la temperatura alla quale i polimeri esibiscono frattura fragile
sotto impatto (frattografia)
Impatto a caduta di peso
D3029
Resistenza ad impatto determinata dall'energia che serve per fratturare il
polimero per mezzo di un peso che cade (di solito con impattatore semisferico;
si può variare il peso applicato, oppure l'altezza di caduta)
Impatto a penetrazione
D1709
Simile alla precedente, ma il peso cade liberamente con energia tale da
produrre la penetrazione, l'energia residua del peso indica per sottrazione
l'energia di penetrazione del materiale
Impatto a caduta di peso D2444
(tubi)
Simile alla D3029, ma su tubi invece che su piastre
Tenacità a frattura
D5045
Misura la tenacità a frattura in piano su provini intagliati. Due geometrie di
provini: SENB (single-edge-notch-bending) e CT (compact tension)
Trazione ad alta velocità
D2289
Impatto con misurazione dell'area al di sotto della curva sforzo-deformazione
(energia)
Impatto Izod
D256
Energia che serve a rompere un provino a sezione rettangolare incastrato e con
intaglio, impattandolo con un pendolo all'estremità: l'energia di impatto senza
intaglio si ottiene da prove sul provino capovolto
Impatto Charpy
D6110
Simile all'impatto Izod, soltanto che il provino è supportato alle due estremità,
invece che incastrato, ed è impattato dal pendolo nel mezzo
Impatto a trazione
D1822
Per materiali plastici troppo flessibili, troppo sottili o troppo rigidi per
l'impatto Izod o Charpy. Misura l'energia a rottura dal colpo dato in tensione
impartito da un pendolo oscillante
VARI TIPI DI IMPATTO
Per misura del lavoro di frattura
Per misura della tenacità
IMPATTO A CADUTA DI PESO (IFW)
Le prove di impatto bidimensionale
consentono di avere informazioni su:

Caratterizzazione del danneggiamento
Evoluzione del danneggiamento con
l'energia di impatto

Comportamento di isteresi meccanica
(assorbimento di energia) ed energia di
penetrazione del materiale

Il danneggiamento può dipendere tuttavia
dalle proprietà locali del composito
(crossover damage)
STUDIO CURVE DI ISTERESI DI IMPATTO
(Santulli 2003)
La pendenza della curva nel tratto quasi-elastico dà un'indicazione
del modulo di Young dinamico (linear stiffness)
DUREZZA ROCKWELL
(per plastiche: indentatore sfera d'acciaio)
DUREZZA SHORE
(A: per plastiche meno dure; D: per plastiche più dure)
Si può avere anche una prova di durezza istantanea per 1 secondo: un
valore 100 in entrambe le scale rappresenta una penetrazione di 2.5
mm. per un materiale spesso 6.4 mm
CONFRONTO TRA LE SCALE DELLE DUREZZE
Si tiene conto della viscoelasticità in modi diversi:
nella durezza Rockwell con la forza di recupero
e nella durezza Shore col tempo di applicazione della
forza
POLIMERI ED INFIAMMABILITA'
MODALITA' DI PROPAGAZIONE
DELLA FIAMMA
MODELLI REOLOGICI POLIMERI
Shear thinning = pseudoplasticità
Shear thickening = dilatazione
ESEMPIO DI CURVE REOLOGICHE
DI SCORRIMENTO DEI POLIMERI
Curve reologiche per diversi additivi a resine termoplastiche PVC
VARIABILI DEI DIELETTRICI
44
FATTORI RIGIDITA' DIELETTRICA






Spessore, omogeneità e umidità del provino
Dimensioni e conducibilità termica elettrodi
Frequenza e forma d'onda tensione
Temperatura, pressione, umidità ambiente
Caratteristiche elettriche e termiche ambiente
Invecchiamento (formazione arborescenze)
45
RESINE NEI DIELETTRICI
46
INVECCHIAMENTO DEI POLIMERI
Artificial ageing con prove di:
−
Pioggia artificiale
−
Irradiazione UV
−
Riscaldamento
−
Umidificazione
−
Nebbia salina
PROPRIETA' MECCANICHE GUAINE CAVI
(PVC)
Riduzione della resistenza a trazione e dell'allungamento per effetto delle
arborescenze
EFFETTO DEI PLASTIFICANTI SU
RIVESTIMENTI PER CAVI
I plastificanti per il PVC dei cavi sono ftalati (Diottilftalato: DOP e
Diisodecilftalato DIDP) che tendono a sublimare a temperature al di sopra degli
80°C. Si stanno infatti tentando misure alternative (fibre naturali, p.es, di palma,
ossidi metallici, p.es. di zinco)
TEORIA DELLA CONDUTTIVITA' POLIMERICA
DI WESSLING
Una spiegazione del comportamento dei polimeri conduttivi è stata offerta da
Wessling (2000) per il poli-acetilene, basata sulla presenza di parti cristalline ed
amorfe nel polimero, ed in particolare alla presenza di legami doppi di tipo π,
che permettono vie preferenziali per il passaggio degli elettroni. Questo porta p.
es. nel poli-acetilene ad una nanostruttura costituita da particelle cristalline di
diametro di 8 nm circondata da uno strato amorfo non-conduttivo del diametro
di 0.8 nm.
POLIMERI CONDUTTORI
(parametri costruttivi polipirrolo)
Nella pratica, per protezione ed operatività, i polimeri conduttori
sono dotati di un substrato di altro materiale polimerico e costruiti
in forme simili a cavi elettrici
CONDUTTIVITA' DEI POLIMERI
(Siemens/metro)
DEGRADAZIONE DEI POLIMERI
Foto-degradazione
D. termica
Riduzione proprietà meccaniche
Imperfetto aspetto superficiale
D. biologica
Minore tempo di vita del prodotto
Può essere desiderabile (fine vita del materiale
oppure applicazioni particolari: rilascio medicinali)
INDICATORI DI DEGRADAZIONE




Meccanici (modulo elastico, lavoro di frattura): da
prove di trazione, o di impatto
Tecnologici: da prove di durezza
Chimici (sviluppo composti inerti): indice di
carbonile, curve degradazione termica
Visivi/ottici: ingiallimento (yellowing),
sbiancamento (bleaching – per usura, whitening –
per sforzo meccanico), variazione assorbimento
raggi ultravioletti
INDICE DI CARBONILE (C=O)
Si può rilevare la percentuale di fotodegradazione
attraverso l'indice di carbonile, cioè il rapporto tra le
ampiezze dei picchi spettrometrici del gruppo carbonile
(tipicamente intorno ai 1740 cm-1) e del polimero di
partenza.
CICLO DELLA DEGRADAZIONE
FASI DELLA DEPOLIMERIZZAZIONE
La formazione degli idroperossidi ROOH permette di ritornare ad avere
dei radicali liberi, che erano stati generati dal composto X, iniziatore della
depolimerizzazione, e così di avere una reazione a catena
STUDIO COLORIMETRICO
DELL'INGIALLIMENTO (film polimerici)
Per la misura delle proprietà ottiche si usa l'indice di ingiallimento (yellowing
index, YI) dopo invecchiamento artificiale con lampada allo xeno (solarbox).
YI misura l'ingiallimento normalizzandolo rispetto allo spessore del film,
secondo la formula: YI = [(A380 – A600) *0.1 mm]/s
ove s = spessore del film in mm;
A380 = Assorbanza di una luce di lunghezza d'onda 380 nm (UV) dal film;
A600 = Assorbanza della luce di lunghezza d'onda 600 nm (giallo) dal film.
Curve di ingiallimento
N. B. L'assorbanza A, inverso della trasmittanza T, è data da
dove Io è l'intensità della luce entrante ed I1 l'intensità di quella trasmessa
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE
DI DEGRADAZIONE
FOTODEGRADAZIONE DEI POLIMERI
es.: fotodegradazione gomma
La fotodegradazione viene promossa da radiazioni UV
(lunghezza d'onda 290-400 nm) che attivano, per effetto dei radicali idrogeno,
la rottura dei legami C-C e la formazione di idroperossidi,
composti termolabili, a sua volta innescando una reazione a catena,
che unita alla caduta delle proprietà meccaniche, porta all'inizio dell'azione
batterica ed all'aumento del contenuto di umidità.
Nelle termoplastiche di uso comune, la fotodegradazione, anche se può
nel lungo termine danneggiare il materiale, non raggiunge di solito
velocità di diffusione di interesse per lo smaltimento del materiale.
FOTODEGRADAZIONE IDEALE
Le reazioni fotochimiche ideali sono regolate dalla legge di reciprocità, che
sostiene che la velocità della reazione di fotodegradazione dipende dal prodotto
dell'intensità del flusso radiante I per il tempo di irradiazione t. In pratica, purché
l'energia totale sia la stessa, è indifferente se ci sia irradiazione con poco flusso
per un lungo periodo o con molto flusso per un breve periodo.
In una situazione di fotodegradazione ideale
che il flusso venga generato in uno qualunque
delle quattro modalità a-d non fa nessuna
differenza per la velocità di fotodegradazione,
in quanto le aree (energie) sono uguali.
La legge di reciprocità è utile come modello
per regolare i tempi di esposizione fotografici
e radiografici, e non è troppo lontana dalla
realtà per i polimeri.
FOTODEGRADAZIONE REALE
In pratica, per ogni materiale si può definire un intervallo di
valori di flusso all'interno del quale la legge di reciprocità
vale.
In altri casi, si può esprimere la fotodegradazione attraverso
una legge generalizzata, detta legge di Schwarzschild, che è
data da Ipt = costante.
L'esponente p è dipendente, oltre che dal flusso radiante (per
un certo valore del flusso radiante si ha una discontinuità, o
variazione improvvisa di p), anche dalle proprietà interne del
materiale (porosità, difettosità, ecc.), per cui non è una
caratteristica intrinseca del materiale.
Per i polimeri solitamente i valori di p variano tra 0.5 ed 1.
PIROLISI DEI POLIMERI
DEGRADAZIONE STATISTICA
(rottura omolitica legami,
infragilimento)
DEPOLIMERIZZAZIONE
(rottura di un legame ad una
estremità della catena, o più debole)
Di solito la pirolisi è ottenuta da una combinazione di questi due processi
(in funzione della specifica struttura chimica del polimero).
La pirolisi può iniziare anche a temperature vicine a quella ambiente,
mentre ad alte temperature si può avere pirolisi con combustione,
in presenza di ossigeno.
PIROLISI CONTROLLATA
D'altro canto, la pirolisi.
Se controllata e successiva
ad un'ossidazione mirata,
può formare un' estesa
reticolazione della catena polimerica.
Un tale processo viene utilizzato
per migliorare la resistenza delle resine
nei materiali compositi, senza eccessivo
ricorso a plastificanti o a riempitivi
(filler), come lo stirene.
OZONOLISI
Frattura caratteristica della gomma vulcanizzata
dovuta alla rottura del doppio legame,
conseguente all'attacco da parte di ozono
solitamente prodotto dalla presenza di scariche di
elettricità statica.
L'ozonolisi viene però anche utilizzata per depolimerizzare selettivamente
alcuni polimeri, per esempio per trattare i polisaccaridi per uso alimentare
CONTRO-ESEMPIO: PIROLISI FINE VITA PVC
La pirolisi è un possibile modo per eliminare il PVC a fine vita.
Tuttavia produce cloro-idrocarburi nocivi, come clorobenzeni, precursori
delle diossine policlorate, benzofurani e bifenili, e crea inoltre il
problema della corrosione da acido cloridrico.
Quindi si può preferire il riprocessamento, cui si oppongono la
contaminazione con altri polimeri o materiali organici,e la relativa
instabilità termica (oltre che localmente la scarsa attitudine al riciclo).
Il riprocessamento consiste nelle tre fasi di ristabilizzazione,
riplasticizzazione compatibilizzazione (eliminazione dei contaminanti) ed
avviene di solito a temperature tra i 170 ed i 200°C.
CURVE STABILITA' TERMICA
(sviluppo sostanze volatili e/o depolimerizzanti)
La presenza di beta-glucani è per esempio un indizio di
degradazione termica per termoplastiche a base di amido
MISURE CON IL CALORIMETRO
DIFFERENZIALE A SCANSIONE
La presenza di picchi corrispondenti
a differenze di entalpia permette di
rilevare il non completamento
(o la degradazione) della polimerizzazione.
Il DSC si usa per esempio per verificare se
i giunti adesivi sono perfettamente incollati
RILEVAMENTO DELL'OSSIDAZIONE
NEI POLIMERI
Lo studio dell'invecchiamento ossidativo dei polimeri pone due problemi:
Trovare un sensore (spesso catalitico) capace di identificare il fenomeno di
ossidazione, ben prima della rottura. Nel sensore di ossidazione colorimetrica,
per esempio, la formazione dei radicali può essere rilevata ed utilizzata come
indicazione di degradazione del polimero. Si può utilizzare un composto che
reagisca con il radicale formantesi durante l'ossidazione, tale che questa
reazione causi un cambiamento di colore nel cromoforo (in modo simile ai
sensori di pH).

Sviluppare mezzi appropriati per accelerare il processo di ossidazione, in modo
da poter studiare l'invecchiamento del materiale in tempi realistici. Una
possibilità per accelerare il processo di ossidazione è l'invecchiamento in alta
pressione di ossigeno, che evita anche la necessità di giungere ad alta
temperatura per studiare la fragilizzazione sotto spettroscopia infrarossa, il che
permette di non confondere il fenomeno dell'ossidazione con quelli connessi al
rammollimento del polimero.

STABILIZZAZIONE IONICA
Il processo di stabilizzazione avviene di solito perché una parte
della molecola presenta forze attrattive rispetto ad un'altra parte di
essa, sotto forma di legami ionici, come sopra, o legami covalenti,
come nel caso dei polimeri basati sul legame S-S (tio-aniline)
DISSOLUZIONE DEI POLIMERI
DIPENDENZA CURVE DI DISSOLUZIONE
DALL'ACIDITA' (pH SWITCHING)
In alcuni gel (p.es. PVA/chitosano) si hanno due comportamenti diversi a seconda
dell'acidità della soluzione in cui sono immersi: più che altro si sfrutta il cambiamento di modulo
elastico per produrre energia.
ATTUAZIONE
(applicazione del pH switching)
Il pH switching può essere applicato per consentire un'attuazione, cioè la produzione di
cicli di swelling-deswelling reversibili, cambiando il pH della soluzione, per esempio
immergendo il gel in un diverso solvente (qui gel acrilamidico in soluzione di acqua ed acetone)
MODALITA' DI FUNZIONAMENTO ATTUATORI
POLIMERICI (muscoli artificiali)
CINETICA DI FICK
Ci sono due processi che possono essere descritti dalle leggi di Fick, nel primo
(diffusione viscosa) il rilassamento molecolare è molto più veloce del trasporto
diffusivo e le variazioni della struttura del polimero sembrano avvenire
istantaneamente, mentre nel secondo (diffusione elastica) non c'è una
variazione nel tempo della struttura polimerica durante il processo di diffusione.
La diffusività nel processo viscoso dipende dalla concentrazione, mentre in
quello elastico è indipendente.
Se i processi di rilassamento molecolare e di trasporto diffusivo avvengono su
scale temporali confrontabili, si parla di diffusione viscoelastica e il processo di
trasferimento di massa non può essere descritto con la teoria classica della
diffusione.
CINETICA REALE
In pratica, quando due catene di polimero sono sufficientemente
separate, le molecole penetranti si spostano attraverso la zona amorfa
lungo l’asse del tubo formato dalle catene polimeriche parallele e
periodicamente saltano perpendicolarmente a quest’asse.
Le regioni di cristallinità o i punti di reticolazione chimica hanno un
effetto piuttosto simile sulle proprietà di trasporto, limitando sia lo
swelling che i movimenti di catena a lungo raggio. L'aggiunta di cariche
ad un polimero amorfo può causare gli stessi effetti della cristallinità se
l'adesione interfacciale tra la carica e la fase matrice è buona.
L'effetto pratico della presenza di regioni cristalline e/o di punti di
reticolazione chimica è che il coefficiente di diffusione effettiva De è
inferiore al coefficiente di diffusione teorico D, dato che ci sono parti
della catena polimerica in cui l'acqua non riesce a penetrare.
ESEMPIO: RIGONFIAMENTO
E DISSOLUZIONE LATTICE DI GOMMA
(poli-isoprene pre-vulcanizzato)
Nel comportamento di penetranti altamente solubili nei polimeri cristallini e semicristallini,
c'è una grande complessità nelle cinetiche di assorbimento per la dipendenza dal tempo del riassetto delle
regioni cristalline in risposta allo stress swelling. Queste sono chiamate cinetiche non fickiane.
CINETICA DI RIGONFIAMENTO GEL
(Carbopol: polimero acrilico reticolato)
Contenuto di polimero
Forza ionica
Il polimero risponde all'invasione iniziale da parte del solvente
spostandosi in direzione opposta al fronte del solvente,
così da neutralizzare la « tensione di rigonfiamento » (swelling stress)
TIPI DI BIO-DEGRADAZIONE
In generale, la presenza di eteroatomi nell'idrocarburo
è un possibile innesco di degradazione del polimero
SISTEMI PER IL RILASCIO DI SOSTANZE
MEDICINALI (DDS: Drug Delivery Systems)
Il rilascio controllato di un medicinale avviene quando un polimero è combinato
in dosi adeguate con un medicinale od altro agente attivo in modo che esso sia
rilasciato in modo prevedibile. Il rilascio dell'agente attivo può essere costante o
ciclico sul lungo periodo, o può essere innescato dall'ambiente o da altri eventi
esterni.
Lo scopo è ottenere terapie più efficaci, eliminando la possibilità del dosaggio
insufficiente o eccessivo, con un minor numero di applicazioni (idealmente una
sola). Svantaggi sono tuttavia la possibile tossicità o non bio-compatibilità dei
materiali utilizzati, il possibile fastidio sul paziente dei sistemi di rilascio, le
operazioni destinate all'impianto e rimozione del sistema, e il più alto costo
rispetto alle terapie tradizionali.
FATTORI CHE INFLUENZANO
LA BIO-DEGRADAZIONE DEI POLIMERI
STRUTTURALI: Struttura e composizione chimica, Distribuzione dei
gruppi funzionali nella catena, Presenza di gruppi ionici, Difetti nella
catena, Configurazione (cis, trans, ecc.). Peso molecolare (medio e
distribuzione), Morfologia (amorfa/semicristallina, microstrutture, tensioni
residue), Presenza di composti di basso peso molecolare)
PRODUTTIVI: Condizioni di processo.
sterilizzazione, Forma delle particelle
Tempra,
Processo
di
D'USO: Storia di immagazzinamento, Sito di implantazione
CHIMICO-FISICI: Composti adsorbiti e assorbiti (acqua, lipidi, ioni, ecc.).
Scambio ionico, Forza ionica, pH, Cambiamenti di forma e dimensione,
variazione di coefficienti di diffusione, tensioni meccaniche, cricche
indotte dalla tensione e dal solvente, ecc.), Meccanismo di idrolisi
(enzimi rispetto all'acqua).
BIO-COMPATIBILITA': DEFINIZIONE
La proprietà di essere biologicamente compatibile è in linea di
principio quella di non produrre una risposta tossica, lesiva o
immunologica nel tessuto vivente.
In effetti, la biocompatibilità è una nozione complessa che deve
essere interpretata come una serie di eventi od interazioni che
avvengono all'interfaccia tra il tessuto ed il materiale, il cui risultato
deve essere almeno soddisfacente o possibilmente ottimale.
Queste interazioni sono influenzate dalle caratteristiche intrinseche
dei materiali, ma anche dalle circostanze di confronto, in
particolare il sito biologico destinato all'implantazione, e soprattutto
dal contesto infiammatorio indotto dall'atto chirurgico e mantenuto
dalla presenza del materiale.
DIPENDENZA CARICO DI ROTTURA
DAL PESO MOLECOLARE
(STIRENE)
RIASSUMENDO: MINOR VITA DEL PRODOTTO
PER DEGRADAZIONE POLIMERICA
Cause

Scissione catene molecolari

Presenza di cricche superficiali
Effetto evidente (misurabile): variazione del modulo elastico

La riduzione del peso molecolare facilita il movimento all'interno della
molecola (iI modulo scende)

L'aumento della cristallinità rende il polimero più fragile (il modulo sale)
ANALISI DEL CICLO DI VITA DEL MATERIALE
(LCA)
Produzione
(tecnologia)
Inventario
Servizio
(durata, funzioni)
Dinamica
Fine vita
(smaltimento)
Validazione
Dati di processo (efficienza della produzione)
DOCUMENTAZIONE
Modelli di comportamento (predizione)
Prove sui componenti
Confronto con l'esperienza
INVENTARIO DEL CICLO DI VITA (LCI)



Consumo energia
−
Da fonti rinnovabili
−
Da fonti non rinnovabili
Emissioni nell'aria
−
Ossidi di carbonio/d'azoto/di zolfo
−
Composti organici volatili non metanici (COVNM)
Emissioni nell'acqua
−
Biologic oxygen demand (BOD)
−
Chemical oxygen demand (COD)
−
Cloro
ANALISI DINAMICA DEL CICLO DI VITA

Considera cambiamenti nel tempo
−

Tiene conto delle incertezze
−

es.: le emissioni di gas nocivi da un materiale non
sono più trascurabili (ftalati dai giocattoli in PVC)
es.: un componente è progettato per durare x anni,
ma dura molto meno (difetti casuali non prevedibili)
Valuta le decisioni politiche/sociali
−
es.: fine degli incentivi sull'incenerimento dei
materiali (aumento dei costi non calcolabile a priori)
VALIDAZIONE CICLO DI VITA

Controllo per eventuale modifica:
−
−
Dati di partenza
Presupposti/assunzioni/semplificazioni
−
Proprietà del materiale
−
Prestazioni finali
Problemi della validazione del ciclo di vita nei polimeri:

Sostenibilità dell'intero processo produttivo (influsso dei plastificanti/dipendenza
dall'applicazione)

Caratteristiche locali della filiera di produzione/smaltimento

Modellizzazione del materiale ricorrendo ad analogie appropriate (es. tenere conto
dell'invecchiamento)
APPLICAZIONE:
PRODUZIONE CONTENITORI PER UOVA
IN POLISTIRENE O IN CARTA RICICLATA
N.B. Tutti i processi sono assunti come ideali
LCA ENERGIA/MATERIALI
N.B. Influenza dei mezzi di trasporto e di produzione di energia usati su LCA
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Degradazione dei polimeri, Roma - La