PRESENTAZIONE Sebbene la Romagna non sia più da tempo il baricentro della peschicoltura italiana e la drammatica crisi dei mercati ne abbia svalutato la valenza e in parte l’interesse degli operatori, le due Camere di Commercio di Forlì-Cesena e Ravenna, con un sussulto di orgoglio, hanno organizzato qui a Cesena, con la collaborazione di Cesena Fiera, la XXVI edizione del Convegno Peschicolo, nato a Ravenna nel lontano 1955. Ciò in quanto è opportuno offrire ai tecnici, agli imprenditori agricoli e soprattutto a chi deve assumere decisioni politiche, un’analisi descrittiva dello stato dell’arte della peschicoltura, o meglio dell’intera filiera peschicola, sia per gli aspetti relativi alle tecniche in uso e alle innovazioni in arrivo o auspicabili, sia per ciò che concerne gli aspetti economici, organizzativi e di mercato. Cosa si può e si deve fare per la sopravvivenza di un comparto produttivo ancora così importante per la tenuta del settore agricolo nazionale? Il convegno, strutturato in due giornate di intensi lavori, dovrà dare indicazioni, se non risposte precise in merito e formulare proposte. Nella prima giornata viene fatto il punto su ciascuna delle cinque branche fondamentali del comparto produttivo e cioè: miglioramento genetico e nuove varietà, efficienza degli impianti e forme di allevamento adatte ad esaltare la qualità delle pesche, gestione del suolo, della concimazione e dell’irrigazione, difesa e certificazione sanitaria, post-raccolta, definizione e mantenimento della qualità. Quali accorgimenti tecnici è possibile introdurre per contenere i costi, migliorare il processo produttivo (non solo attraverso i disciplinari di produzione), portare la qualità verso l’eccellenza, in modo da poter competere sui mercati? Compito, quest’ultimo, quasi impossibile in annate come il 2009, quando i prezzi all’origine, in azienda, hanno registrato quotazioni tali da non riuscire a coprire in molti casi i costi di produzione. Nella seconda giornata si affrontano quindi le tematiche connesse al mercato, alla competitività del sistema produttivo, nazionale e regionale, all’organizzazione commerciale e ai consumi. In particolare, si analizzano i punti di forza e di debolezza del comparto, nonché le opportunità e le minacce che possono caratterizzarlo, alla luce anche di quanto espresso dalle normative comunitarie in materia (nuova OCM ortofrutta), recentemente recepite dal PSN (piano strategico nazionale) 20092013. La giornata si chiude con una tavola rotonda che vuole riunire coloro che, a diverso livello, operano nella filiera peschicola, dalle APO ai rappresentanti della GDO fino all’Unione Nazionale Consumatori; da tale incontro, attraverso un confronto delle diverse posizioni, si cercherà di mettere in luce eventuali criticità e potenzialità del sistema su cui agire per prevenire possibili future disfunzioni dello stesso. Siamo purtroppo tornati alle problematiche di quattro-cinque anni fa, per cui occorre non solo fronteggiare la crisi con interventi strutturali, come il ridimensionamento dell’offerta, ma anche agire energicamente nel comparto produttivo per aiutare le aziende ad introdurre gli strumenti innovativi necessari per l’adeguamento tecnologico attraverso le OP e loro Associazioni, contributi OCM e PSR, assistenza tecnica, crediti di esercizio, tutela commerciale e di mercato. Molto dipenderà anche dalla capacità di azione delle OP, attraverso cui sono erogati i contributi europei, per organizzare offerta e distribuzione e la gestione della massa critica; occorre programmare gli investimenti per la promozione di mercato e quelli per ridurre il forte divario fra prezzi al dettaglio e alla produzione. Se, nonostante i necessari interventi, nei prossimi due anni la situazione dei mercati e dei consumi non consentirà un riequilibrio nella formazione dei prezzi, molte aziende potrebbero scomparire, creando nel Paese rilevanti problemi socio-economici e strutturali e facendo aumentare le nostre dipendenze agricole e frutticole dall’estero. Un guaio non da poco, da evitare con tutto l’impegno necessario. Tiziano Alessandrini Gianfranco Bessi Domenico Scarpellini Carlo Pirazzoli - Silviero Sansavini Presidente Camera di Commercio di Forlì-Cesena Presidente Camera di Commercio di Ravenna Presidente Cesena Fiera spa Alma Mater Studiorum - Università di Bologna XXVI CONVEGNO PESCHICOLO Prima giornata 5 novembre 2009 TECNICHE INNOVATIVE PER LA GESTIONE INTEGRATA E LA QUALITA’ DEL PRODOTTO Coordinatore S. Sansavini Relazione introduttiva I. Iglesias pag. 1 1a Sessione Genetica e miglioramento varietale (Chairman C. Fideghelli) pag. 4 2a Sessione Interazione ambientale e governo dei pescheti (Chairman L. Corelli Grappadelli) pag. 23 3a Sessione Gestione risorse suolo (Chairman P. Inglese) pag. 30 4a Sessione Difesa e sostenibilità della coltura (Chairman A. Contessi) pag. 38 5a Sessione Post-raccolta e qualità dei frutti (Chairman G. Costa) pag. 46 XXVI CONVEGNO PESCHICOLO Seconda giornata 6 novembre 2009 ECONOMIA – MERCATO – ORGANIZZAZIONE – ASSOCIAZIONISMO Coordinatore C. Pirazzoli 6a Sessione Competitività e mercato (Chairman D. Regazzi) pag. 59 7a Sessione Associazionismo e organizzazione (Chairman D. Regazzi) pag. 64 Relazione introduttiva La coltivazione del pesco in Spagna Situazione produttiva, innovazione varietale e tecnologia della coltivazione I. Iglesias IRTA – Stazione sperimentale di Lerida (Spagna) Il pesco è attualmente la specie frutticola più importante in Spagna, che è il secondo paese produttore dell’Unione Europea. I miglioramenti delle tecnologie di produzione mediante adozione di sistemi di allevamento efficienti, i miglioramenti dell’efficienza d’uso dell’acqua, risorsa scarsa in molte zone produttrici, l’adozione della produzione integrata, i miglioramenti dei sistemi di calibratura, imballaggio e conservazione, la certificazione delle produzioni, del processo e della qualità, e l’implementazione della tracciabilità, hanno incrementato la produttività e la competitività del sistema produttivo catalano e spagnolo in generale. A tutto questo ha contribuito in grossa misura l’importante riconversione varietale che ha reso possibile l’introduzione di nuove varietà con migliore presentazione e qualità e miglior adattamento alle richieste del consumatore. Inoltre i costi di produzione in Spagna continuano ad essere significativamente più bassi rispetto ai principali paesi concorrenti sui mercati di esportazione, come Francia e Italia, fatto che momentaneamente conferisce alla Spagna una maggiore competitività. Nonostante i progressi menzionati, il consumo di pesche in Spagna continua a diminuire, principalmente a causa della mancanza di qualità e all’irregolarità della stessa. In un contesto di aumento progressivo delle produzioni e con l’Unione Europea sul filo della sovrapproduzione, si considerano elementi chiave per il futuro tanto l’aumento del consumo quanto quello delle esportazioni verso nuovi mercati, principalmente verso i paesi dell’Est. Per questo motivo il miglioramento del livello di soddisfazione del consumatore è considerato un fattore essenziale e non sarà possibile senza una tipicizzazione e identificazione del prodotto in causa, specialmente per quanto riguarda il sapore del frutto. Inoltre dovranno essere stabiliti i parametri di raccolta (fermezza, tenore in zuccheri, colore, ecc.) che eviteranno raccolte anticipate, favorite da prezzi speculativi e dalla colorazione precoce della maggior parte delle nuove varietà. Infine, il rinnovo varietale già avviato dovrà essere continuato con varietà testate e adatte tanto alla produzione, buon comportamento agronomico, quanto al consumo, soddisfazione del consumatore. La costante riduzione di sostanze attive disponibili e dei relativi residui sui frutti, in seguito all’applicazione della normativa comunitaria, costituisce una sfida importante per far fronte alle principali piaghe e malattie, per le quali si ha una disponibilità sempre minore di prodotti efficaci e a costo accessibile. Come esposto in precedenza, le migliorie tecnologiche e l’innovazione varietale hanno permesso l’incremento e la diversificazione dell’offerta, che copre un ampio periodo di raccolta e va da metà di aprile in zone con numero limitato di ore di freddo (Andalusia) fino a fine di ottobre (zone tardive della valle dell’Ebro). Tra le varietà di pesco, la nettarina ha assunto un’importanza sempre maggiore: nel 2002 le superfici occupate in Spagna dalle nettarine a polpa gialla e a polpa bianca erano del 16% e 5% rispettivamente, mentre nel 2007 la nettarina ha rappresentato il 34% della produzione e il fatto più rilevante dal punto di vista delle varietà negli ultimi 15 anni è stato l’introduzione della varietà di sapore dolce “Big Top®”. Nell’ultimo decennio in Spagna hanno visto la luce circa 12 programmi di miglioramento genetico, in gran parte privati, pubblici o a partecipazione mista privata-pubblica. La costante immissione di nuove varietà di sapore dolce e con una colorazione sempre maggiore è stata l’evento più rilevante dell’innovazione varietale in tutti i gruppi. Grazie al progetto europeo ISAFRUIT è stato scoperto che circa il 72% dei consumatori di 5 stati membri dell’Unione Europea dove sono state testate 11 varietà di pesche/nettarine, tra le diverse tipologie di frutto (dolce, equilibrato, acido) hanno preferito varietà dolci, mentre il restante 28% ha apprezzato maggiormente le acide; le varietà di sapore 1 dolce, oltre ad essere accettate da un numero maggiore di consumatori, garantiscono percentuali più alte di soddisfazione, la loro qualità gustativa è meno penalizzata da un anticipo della data di raccolta e mantengono costanti i valori di fermezza nel periodo di maturazione. Tab. 1. Classificazione di varietà di pesche/nettarine in funzione dell’acidità totale del frutto. Gruppo Acidità titolabile (g/l ac. mal./l) Sub-acida / molto dolce <3,3 Dolce / semidolce 3,3-6 Equilibrata 6-8 Acida 8-10 Molto acida >10 Fonte: Iglesias y Echeverría, 2009. Acidità titolabile (meq./100 ml.) <5 5-9 9-12 12-15 >15 Un gruppo che ha conosciuto una crescita importante nell’ultimo decennio in Spagna è quello delle pesche piatte denominate “Paraguayo”. Nel 2008 ne sono state prodotte 51.000 ton. pari ad una superficie coltivata di 3.240 ha, prevedendo che la produzione si sarebbe duplicata entro il 2010 grazie all’entrata in produzione delle nuove piantagioni. La maggior parte si trova nella valle dell’Ebro (Catalogna e Aragona) e in Murcia. Circa l’80% della produzione è destinata al mercato domestico e il resto viene esportato in vari paesi dell’Unione Europea e in Russia. I prezzi percepiti dai produttori fino al 2008 sono stati da 1,5 a 3 volte superiori di quelli delle varietà di pesche e nettarine di periodi simili, ma anche i costi di produzione e imballaggio (specialmente la potatura di formazione e la calibrazione dei frutti) sono superiori. L’interesse verso questo tipo di frutto è dovuto principalmente all’introduzione su scala commerciale di nuove varietà con una colorazione maggiore, una buona chiusura della cavità pistillare ed una maggiore resistenza a manipolazione rispetto alle varietà tradizionali. La “Sweet Cap®” è stata la varietà più diffusa in Spagna, seguita dalla “UFO-3®” e dalla “UFO-4®”. Successivamente sono state introdotte gradualmente diverse varietà dell’ASF (“Flatprettycov”, “Flatnicecov”, “Flataugust cov”, “Flatprincesse cov”, ecc., della serie “Regalcake®”), dell’INRA (“Ordigan cov”, “Orcino cov”, ecc.) e dell’INRA-Quartier Neuf (“Platifirst cov”, “Platibelle cov”, ecc., della serie “Platty®”) e del CRA di Roma e di Forlì (serie “UFO” e “IFF”). Attualmente nell’ambito della pesca piatta si dispone di un’ampia gamma varietale che oscilla tra fine di maggio e fine di settembre, e la maggior parte è a polpa bianca. Nella nettarina piatta la gamma varietale è ancora molto limitata e la sua produzione è ridotta se comparata a quella della pesca piatta; viene coltivata principalmente nella zona di Lleida. Le varietà coltivate provengono da Francia (ASF, INRA e INRA-Quartier Neuf), Italia (CRARoma) e Spagna (Agromillora). Dal 1996 oltre 60 nuove varietà sono state valutate dall’IRTA e le informazioni relative al loro comportamento sono state trasferite al comparto produttivo. Tecnologia di coltivazione In tutte le aree produttive della Spagna, la forma di allevamento più diffusa (ca. 85%) è il vaso, con diverse modalità a seconda della zona di produzione. Poiché gli innesti con vigore medio-alto sono i più utilizzati, questo sistema a media-bassa densità consente un maggior controllo del vigore rispetto a quelli più intensivi. Le distanze di piantagione più comuni oscillano tra i 5 e 6 metri tra filari e tra i 2,5 e 3,5 metri tra le piante, corrispondenti ad una densità di piantagione dai 476 agli 800 alberi per ettaro. Il “vaso catalano” sviluppato nell’ultimo decennio, si forma principalmente mediante interventi di potatura verde (2 interventi annui: uno a giugno e l’altro ad agosto, anche meccanicamente eseguito con barre 2 falcianti) per la formazione della struttura portante durante i primi due anni. Tab. 2. Allevamento a vaso catalano per densità di 5 x 3 m. Andamento della fruttificazione fino al 4° anno, di due varietà di pesco a maturazione in luglio ed agosto. Epoca di 2° anno maturazione kg/albero t/ha Luglio 5 3,3 Agosto 10 6,7 3° anno kg/albero t/ha 20 13,3 30 20,0 4° anno kg/albero t/ha 45 30,0 65 43,3 Il vaso catalano combina una densità media di piantagione ed un portinnesto di vigore medio-alto, fatto che permette di occupare rapidamente lo spazio e raggiungere la piena produzione al quarto anno per la maggior parte delle varietà. L’entrata in produzione è più rapida in varietà la cui produzione è situata in rami misti e a floribundità medio-alta (Nectaprimacov”, “Ambracov”, varietà di pesca piatta, ecc.) e più lenta in varietà che producono sopra organi di più di un anno e a floribundità medio-bassa (“Big Top®”, “Honey Royale®”, “O”Henry®”, ecc.). Questo sistema consente la raccolta della maggior parte della produzione dal suolo e la potatura meccanizzata (“topping”), combinata con la potatura manuale. La struttura dell’albero è costituita da 4-6 branche principali sui quali si formano i rami misti e altri organi di fruttificazione. L’altezza dell’albero di solito non è inferiore a 2,2 metri, e ciò permette di realizzare la maggior parte delle diverse tecniche colturali (potatura, potatura di formazione, raccolta, ecc.) da terra. Lo schema di piantagione più comune con questo sistema è di 5 x 3 m (667 alberi/ettaro), che porta ad una maggiore densità di piantagione rispetto al vaso tradizionale (5,5 x 3,5 m). Costi di produzione I costi di produzione hanno visto un aumento considerevole negli ultimi anni in tutti i paesi produttori dell’Unione Europea, arrivando a duplicarsi in soli 8 anni, per il forte incremento di carburanti, concimi, energia elettrica, prodotti fitosanitari e manodopera. Da dati del 2005 (Chambre d’Agriculture du Roussillon, Francia) il costo orario della manodopera per la produzione di pesche era di 6,10, 10,80 e 11,50 €/h per Spagna, Italia (Emilia Romagna) e Francia rispettivamente, mentre il costo totale di produzione per gli stessi paesi e nello stesso ordine era di 0,38, 0,40 e 0,58 €/kg per una varietà di mezza stagione e una produzione media di 25 ton./ha. Il costo totale di produzione più condizionamento in centrale è stato dunque di 0,64; 0,76 e 1,08 €/kg rispettivamente. Ciò suppone una maggiore competitività delle esportazioni spagnole rispetto a quelle italiane o francesi, visto che l’esportazione è destinata agli stessi paesi (Regno Unito, Germania, Belgio, Olanda, paesi dell’Est, ecc.). 3 Sessione 1a - Relazione Il miglioramento genetico del pesco, nuove tipologie ed extra-stagionalità di pesche e nettarine D. Bassi, Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano A. Liverani e D. Giovannini, CRA-FRF, Unità di ricerca per la Frutticoltura di Forlì S. Foschi, Alimos Soc. Coop., Cesena (FC) Rispetto alla fine del secolo appena trascorso, sono notevolmente diminuiti i finanziamenti pubblici per i programmi di miglioramento genetico (MG) dei fruttiferi, pesco compreso. A causa di tali ristrettezze, gli enti pubblici sono stati costretti a ridurre drasticamente i progetti, ovvero ad avviare forme di collaborazione con enti privati, come le associazioni di produttori (OO.PP.) e consorzi vivaistici. Indipendentemente dalla natura privata o pubblica dei programmi di MG, questi sono sottoposti ad una duplice sfida. La prima è la competizione internazionale con i numerosi programmi in corso nei principali paesi frutticoli (USA, Francia, Spagna), che mettono continuamente a disposizione nuove cultivar. La seconda è la disponibilità di materiale genetico di base che consenta di ottenere reali ‘novità’ varietali, che non siano semplici ‘copie’, con minime varianti, di cultivar già diffuse. Questo solleva il problema del reperimento e della conservazione delle risorse genetiche, a monte dei programmi di incrocio. A questo fine, particolarmente ampie sono le collezioni presenti presso diversi enti pubblici (e qualche ente privato) che conservano germoplasma di origine italiana o straniera. Inoltre, i contatti internazionali assicurati dagli enti di ricerca consentono il reperimento di materiale genetico da ogni parte del mondo. Molto più critico è invece l’aspetto della conservazione di tali risorse, notoriamente molto costoso trattandosi, e non potrebbe essere altrimenti, di collezioni di alberi. E tale costo grava ovviamente sulle già scarse risorse disponibili per il MG. I filoni su cui i programmi di MG pubblico possono distinguersi da quelli sostenuti da finanziamenti privati sono essenzialmente due: la resistenza alle avversità e lo sviluppo di peculiarità del frutto di possibile interesse commerciale. Riguardo a questo secondo filone, vengono illustrati alcuni obiettivi. Tessitura della polpa fondente ad intenerimento rallentato (tipo nettarina ‘Big Top’ e pesche serie ‘Rich’ e ‘Royal’. Lo straordinario successo commerciale della nettarina ‘Big Top’ è da ricercare nelle caratteristiche del frutto molto innovative: estesa e precoce sovraccolorazione della buccia, polpa croccante a maturazione molto lenta e sapore sub-acido, carattere che lo rende consumabile anche quando la maturazione fisiologica non è ancora completata.. Il carattere più interessante dal punto di vista sia agronomico, sia della shelf-life riguarda l’intenerimento lento (corretta descrizione di quello che viene definito comunemente ‘polpa molto soda’). Tale carattere non è però esclusivo di questa nettarina, e possiamo osservarlo anche in pesche di introduzione più (serie Royal) o meno (serie ‘Rich’) recente, senza parlare delle vecchie ‘Merril Gem’, a cui forse si deve l’introduzione di questo carattere nelle cultivar più recenti. Sicuramente, l’associazione col carattere sub-acido è ciò ha consentito lo straordinario successo di Big Top’. L’intenerimento della polpa al termine della maturazione, colloca comunque Big Top nell’ambito della tipologia fondente. É stata accertata la probabile natura monogenica di tale maturazione lenta, che si presenta come dominante in popolazioni ottenute da incroci controllati. La difficoltà di accertare con sicurezza tale fenotipo sull’albero ricorrendo alle sole valutazioni sensoriali rende necessaria la disponibilità di parametri oggettivi. Indagini sull’individuazione di possibili marcatori del DNA a livello del gene della endo-poligalatturonasi hanno portato a risultati interessanti, anche se non ancora applicabili sul piano pratico. Tessitura della polpa stony hard. La polpa stony hard, diffusa in molte pesche di origine orientale, presenta caratteri di grande interesse: mancato intenerimento, anche a sovramaturazione, elevatissima tenuta (fino 4 a tre settimane in pianta), con conseguente lunghissima ‘shelf-life’; polpa croccante (a differenza della consistenza gommosa assunta dalle percoche, caratterizzate da polpa duracina, cioè non fondente), mancata emissione di etilene, unico caso noto tra i diversi fenotipi di tessitura di polpa nel pesco. Sebbene non ancora diffusa commercialmente, una prima linea varietale (ottenuta dalla autoimpollinazione della coreana ‘Yumyeong’) è stata diffusa dal CRA di Roma col nome di ‘Ghiaccio’, a motivo dell’aspetto del frutto (a polpa bianca, con assenza di antociani). Tale linea è caratterizzata anche da un elevatissimo residuo secco (oltre il 18-20%) a sovramaturazione. I limiti dello stony hard possono essere rinvenuti o nella troppo scarsa acidità (i fenotipi noti sono tutti sub-acidi), che conferisce un sapore a volte stucchevole, o nello scarso aroma di pesca. Nonostante si sappia già molto sulle caratteristiche genetiche di tale carattere (mendeliano, recessivo al fondente, se pur epistatico rispetto ad esso), ancora poco si conosce di possibili interazioni col fenotipo duracino o con quello ad acidità normale. Ottenimento di cultivar con frutti ‘mangiatutto’ a maturazione precocissima. La produzione di frutti a maturazione extra-precoce trova sempre maggiori spazi di mercato e nell’ambito delle drupacee si collocano le specie più suscettibili per lo sviluppo di tali produzioni. In passato sono state ottenute due cultivar a maturazione precocissima (fine maggio in Romagna), caratterizzate da una molto limitata lignificazione del nocciolo (‘Borgia’ e ‘Lucrezia’). Tali frutti possono pertanto essere consumati interi, salvo due limitazioni. (presenza di amigdalina nel seme, parziale lignificazione del nocciolo). Queste limitazioni possono essere facilmente eliminate utilizzando negli incroci genotipi che non presentano amigdalina all’interno del seme (carattere controllata da uno solo gene recessivo) ed anticipando di qualche giorno la maturazione. I frutti delle due cultivar citate si presentano infatti di consistenza appena cartilaginea quando i frutti sono raccolti a maturazione commerciale, divenendo parzialmente lignificati solo a maturazione fisiologica completa. Partendo da ‘Borgia’ e ‘Lucrezia’ è stato introdotto il carattere ‘seme a sapore neutro’ (presente allo stato omozigote in alcune nettarine, come ‘Fantasia’, ‘Claudia’, ‘Early Sungrand’, ecc.). Attraverso cicli di incrocio e reincrocio si è riusciti ad ottenere selezioni molto precoci (sia di pesche, sia di nettarine) a seme ‘neutro’. Il principale limite nell’ottenimento di selezioni ‘mangiatutto’ è ora rappresentato dalla difficoltà di applicare l’embriocoltura agli embrioni (di limitatissimo sviluppo) di tali selezioni precoci, al fine di ottenere la necessaria segregazione per l’epoca di maturazione extra-precoce. Resistenze alle avversità Sono obiettivi che richiedono diverse generazioni d’incrocio per essere raggiunti, specialmente se si vogliono combinare in un unico genotipo più resistenze e per questo sono principalmente le Istituzioni pubbliche a perseguirli. Gli studi sul carattere della resistenza a monilia (Monilinia spp.), hanno permesso di individuare diversi genotipi tolleranti, con ampia variabilità delle caratteristiche merceologiche. Il DIPROVE dell’Università di Milano utilizza la pesca ‘Contende’ perché unisce alle buone qualità del frutto una discreta tolleranza al patogeno, trasmessa anche alle progenie. Il CRA-FRF ha di recente individuato un’accessione con una resistenza, sia di campo che alle inoculazioni artificiali, decisamente superiore a tutto il materiale sinora valutato, ma con caratteristiche estetiche decisamente da migliorare. Per la resistenza ad oidio viene utilizzata la percoca di origine messicana ‘Oro A’, caratterizzata da scarsissima sensibilità e che, incrociata con cultivar commerciali sia di pesco che di nettarine, ha fornito progenie con una buona tolleranza al patogeno, anche se in misura variabile. Un obiettivo entrato di recente nei programmi di miglioramento genetico del pesco interessa la resistenza a sharka, dove si utilizzano come fonti di resistenza (non rinvenuta in pesco) alcuni ibridi di pesco con P. davidiana e con P. dulcis. 5 Sessione 1° - Relazione Il progetto MAS.PES a co-finanziamento pubblico-privato per il miglioramento genetico di albicocco e pesco assistito da tecniche di biologia molecolare D. Bassi, Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano S. Sansavini, S. Tartarini, L. Dondini, Dipartimento di Coltivazioni Arboree, Alma Mater Università degli Studi di Bologna. A. Vecchietti, Parco Tecnologico Padano, Lodi. Dal 2003 le attività di miglioramento genetico albicocco e pesco coordinate dal CRPV e co-finanziate dalla Regione Emila-Romagna e da quattro Organizzazioni dei Produttori (OO.PP. Apofruit, Apo-Conerpo, Orogel e Terremerse) sono confluite in un unico programma (denominato Miglioramento Genetico Drupacee). Il progetto è mirato al miglioramento varietale di albicocco e pesco per la coltivazione in Emilia-Romagna, valorizzando i caratteri di adattamento ambientale, qualità dei frutti e resistenza ad alcune malattie. Dal 2007 si è aggiunta una terza fonte di co-finanziamento (da parte delle Fondazioni bancarie romagnole) grazie alla quale l’utilizzo dei marcatori molecolari del DNA viene impiegato nello sviluppo di strategie di selezione assistita (MAS: molecular assisted selection). In tal modo, il miglioramento genetico viene integrato e diviene MAB (marker assisted breeding). Gli obiettivi specifici del nuovo programma di miglioramento varietale mediante selezione assistita sono stati concordati con i rappresentanti delle OO.PP. al fine di selezionare gamme di cultivar di alto pregio qualitativo da proporre alla distribuzione con continuità d’offerta. Il progetto integra quindi tecniche tradizionali (incroci, allevamento in campo degli alberi e relativa selezione agronomico-pomologica) e tecniche di selezione su base genomica. Di conseguenza, mentre da un lato è continuata l’introduizone di nuove cultivar derivate dalla precedente filera tradizionale (come la pesca gialla precoce ‘Bordò’ e le albicocche ‘Bora’, ‘Pieve’ e, recentemente, ‘Petra’), è già ad uno stadio molto avanzato l’individuazione di marcatori del genoma che verranno utilizzati a breve per la selezione precoce, sulla base di alcuni caratteri fondamentali come: epoca di maturazione, pezzatura del frutto, contenuto (totale) di zuccheri e acidi), sovraccolore rosso della buccia, resistenza a marciume da monilia ed oidio). In concreto, si tratta di ottenere popolazioni molto numerose (es.: oltre 1000 individui per incrocio), che verranno selezionate sulla base dei marcatori associati a caratteri di interesse a partire dalle prime foglioline ottenute dopo la semina: in campo verranno quindi messe a dimora solo quelle poche decine di semenzali che risultano portatori dei caratteri di interesse. In tal modo la fase di selezione agronomico-commerciale verrà eseguita solo sui semenzali potenziali portatori dei caratteri desiderati, con notevole aumento dell’efficienza di selezione. Alla fine del 2008 risultavano 23.600 semenzali di albicocco (di cui quasi 9.000 ancora in vivaio) e poco meno di 20.000 di pesco (di cui circa 10.000 in vivaio), ottenuti dagli incroci controllati effettuati negli anni precedenti. Di queste progenie, 76 (50 per l’albicocco e 26 per il pesco) superano le 100 unità (fino ad oltre 1.000), rappresentando potenziali candidate per studi di genetica e genomica. Al fine di localizzare le regioni che sottendono ai caratteri di qualità del frutto, alla componente aromatica e alla resistenza a patologie quali Monilia, tre popolazioni di pesco (sotto riportate) sono state usate come materiale genetico. L’utilizzo di popolazioni segreganti permette di identificare zone del genoma che concorrono con gradi differenti (caratteri quantitativi) alla manifestazione del carattere (QTL). Per la mappatura dei QTL è stato adottato un approccio integrato che prevede la raccolta di dati fenotipici e la costruzione di mappe genetiche mediante marcatori molecolari. Avendo valutato le caratteristiche delle 6 popolazioni in esame e i sistemi di marcatori disponibili, si è scelto di utilizzare marcatori SSR (Simple Sequence Repeats), già ampiamente utilizzati per la costruzione di mappe in Prunus oltre che vantaggiosi in quanto co-dominanti, altamente riproducibili e automatizzabili sulla Piattaforma Genomica del Parco Tecnologico Padano. Sono state generate 3 mappe genetiche e i QTL dei caratteri di maggior interesse sono stati identificati. Popolazioni di pesco Bolero x OroA (BxO) Tipo di popolazione e dimensione F1, 132 Contender x Ambra (CxA) F2, 322+45 Contender x Elegant Lady (CxEL) F1, 175 Caratteri analizzati Frutto: peso, contenuto di zuccheri e acidi, tessitura della polpa, composti aromatici. Resistenza: oidio Frutto: peso, colore, contenuto di zuccheri e acidi, pubescenza (pesca/nettarina). Resistenza: Monilinia Per l’albicocco, su una popolazione di 118 semenzali (dall’incrocio ‘Lito’ x ‘BO81604311’ di cui è disponibile una mappa genetica saturata di microsatelliti) sono state condotte analisi fenotipiche per lo studio di vari caratteri correlati alla qualità dei frutti, in analogia con quanto fatto per il pesco. Campioni di polpa sono stati raccolti per eseguire più approfondite analisi al gas-cromatografo ed identificare il contenuto degli acidi organici e zuccheri il cui bilanciamento determina la qualità organolettica del frutto di albicocco. Sono stati identificati una serie di QTL per le dimensioni dei frutti, la data di maturazione, il sovraccolore della buccia, il contenuto totale di acidi organici e zuccheri della polpa. La presenza di un QTL molto forte per l’acidità della polpa è stata seguita con particolare attenzione, con l’ottica di uno sviluppo di marcatori maggiormente associati al carattere, attraverso l’uso di una libreria genomica di Lito (la cultivar in cui è presente il QTL). Dallo screening via PCR dei 30000 cloni della libreria sono stati identificati 6 cloni in cui è verosimilmente presente il marcatore attualmente più vicino al gene che determina il carattere. Le verifiche sono attualmente in corso. 7 Sessione 1a - Relazione Il Progetto “DRUPOMICS” per il sequenziamento internazionale del genoma del pesco I. Verde ed il Consorzio per il Sequenziamento del Genoma del Pesco. Il pesco [Prunus persica (L.) Batsch] è tra le specie frutticole più importanti per il nostro paese ed è considerata una specie modello per la famiglia delle Rosacee in quanto presenta diversi vantaggi dal punto di vista genetico e riproduttivo. E’, infatti, una specie diploide con un genoma molto contenuto. Al contrario di altre specie frutticole ha un periodo improduttivo molto limitato (2-3 anni). E’ una specie autogama e sono disponibili diverse linee diaploidi omozigoti a tutti i loci. Negli ultimi anni sono stati svilppati in pesco diversi strumenti genomici (mappe genetiche e fisiche, collezioni di EST) che consentono indagini molecolari molto approfondite. L’avvento dell’era del seqenziamento ha aperto nuove frontiere per la genomica delle piante. Diversi organismi sono stati già sequenziati (Arabidopsis, riso, pioppo, vite papaya) e molti altri sono in via di sequenziamento. In questo contesto il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha finanziato un progetto nazionale “DRUPOMICS” allo scopo di affiancare l’iniziativa internazionale, coordinata da Istituzioni di ricerca degli Stati Uniti d’America, per il sequenziamento del genoma della specie. Il progetto italiano DRUPOMICS è coordinato dal CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma e viene sviluppato con la collaborazione di 14 Istituzioni di Ricerca. Operativamente il progetto si articola in 4 Linee di Ricerca. - Nella Linea di ricerca 1 (Sequenziamento del Genoma), come contributo al sequenziamento internazionale, è prodotta in Italia una sequenza con copertura 2X mediante metodologia WGS. In totale il consorzio internazionale ha prodotto una sequenza WGS con una copertura 8X. Il progetto italiano contribuirà anche all’assemblaggio ed all’annotazione del genoma della specie. Il genotipo individuato per il sequenziamento è un doppio aploide della cultivar ‘Lovell’. La scelta di un diaploide è motivata dal fatto che un individuo omozigote a tutti i loci rende più semplice la fase di assemblaggio della sequenza. - Nella Linea di Ricerca 2 (Mappe genetico-molecolari di associazione: arricchimento e allineamento alla mappa di sequenza. Risequenziamenti), che si svolge in parallelo con la Fase 1, si completano mappe molecolari di associazione. Le sequenze assemblate verranno ancorate alle mappe genetico-molecolari usando ponti SNPs o SSR al fine di ricondurle alla loro collocazione cromosomica. Il genoma è coperto con marcatori (principalmente SNP), con una densità di un marcatore ogni 0,5 cM. Questa fase include l’individuazione di SNP da EST e la loro localizzazione sulle mappe genetico-molecolari. Il risequenziamento dei parentali delle popolazioni segreganti (TxE, PxF, CxA) o dei loro ibridi F1 permetterà l’isolamento di ulteriori SNP che saranno localizzati sulle mappe molecolari. I parentali delle progenie di mappa verranno risequenziati con tecnologia Illumina con una copertura 20X. I marcatori individuati mediante risequenziamento dei parentali di mappa consentono l’allineamento diretto tra le mappe genetiche e la sequenza. Inoltre, allo scopo di analizzare la variabilità esistente nel germoplasma della specie ed individuare SNP utili un panel di accessioni di pesco, individuati per la loro ampia variabilità genetica, fenotipica e geografica, verrà risequenziato con tecnologia Illumina con una copertura di 3X. - Nella Linea di Ricerca 3 (Gestione Informatica dei dati ed analisi strutturale del genoma) si realizzano gli strumenti bioinformatici per la gestione informatica di tutto il progetto. In particolare si sviluppano ed adottano algoritmi per l’analisi della sequenza genomica, e si sviluppa tutta l’attività bioinformatica necessaria a consolidare le mappe integrate geneticomolecolari e di sequenza. - La Linea di Ricerca 4 (Qualità della Drupa: Approcci genomici e post-genomici) abbraccia aspetti legati alla qualità del frutto di pesco quali intenerimento della polpa, vie metaboliche degli zuccheri, acidi organici, carotenoidi e ABA e loro interazioni. A questo scopo verranno utilizzati approcci genomici, trascrittomici, proteomici e metabolomici. 8 Sessione 1a - Relazione Orientamenti nelle scelte varietali del Gruppo di Lavoro CRA-MIPAAF Nuove opportunità territoriali A. Liverani1, E. Bellini2, V. Nencetti2, L. Conte3, O. Insero4 1) CRA, Unità di ricerca per la Frutticoltura di Forlì 2) Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura Università di Firenze 3) CRA, Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma 4) CRA, Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta Il progetto MiPAAF – Regioni, “Liste di Orientamento Varietale in Frutticoltura”, ha lo scopo di fornire ai frutticoltori informazioni e dati oggettivi sul comportamento delle principali cultivar di pesco, nettarine e percoche, attraverso la loro valutazione in numerosi campi sperimentali situati nelle principali aree produttive italiane. Nel corso dei 16 anni di attività sono state complessivamente valutate oltre 400 cultivar, contribuendo in maniera significativa all’orientamento di tecnici e peschicoltori nel sempre più complicato compito della scelta varietale. A fronte, infatti, di un numero crescente di cultivar introdotte annualmente in commercio, anche oltre 100/anno, vanno tenuti in considerazione altri due aspetti che contribuiscono a rendere difficili le scelte. La coltivazione si va espandendo nelle aree meridionali, con una diversa distribuzione territoriale a seguito della contemporanea contrazione produttiva nelle aree centro-settentrionali. Le anomalie delle condizioni climatiche con inverni miti, estati più lunghe, incrementi delle temperature medie (2°C negli ultimi 40 anni), diminuzione e distribuzione più irregolare della piovosità, sono solo alcuni degli aspetti che si riflettono in maniera inequivocabile sull’adattabilità dei genotipi all’ambiente di coltivazione. È, quindi, sempre più difficoltoso fornire delle indicazioni chiare e precise sul comportamento varietale, ma il Progetto, forte di un solido e collaudato protocollo sperimentale, continua nel puntuale aggiornamento delle varietà giudicate positivamente, nell’areale di coltivazione di riferimento. Le liste varietali 2009 Sono circa un centinaio le cultivar, che la sperimentazione ha valutato positivamente sul territorio italiano, che ha nelle pesche a polpa gialla il gruppo numericamente più consistente, atto a coprire un calendario molto esteso, dalla prima metà del mese di maggio a fine settembre. Di poco inferiore è il gruppo delle nettarine gialle, con un calendario di circa 4 mesi, leggermente più ridotto rispetto a quello del pesco, ma che presenta maggiori cambiamenti e più dinamicità. Ridotta è la presenza delle polpe bianche sia di pesco che di nettarine, con ampi periodi del calendario produttivo scoperti. Il gruppo delle percoche è concentrato, ormai, da anni sulle stesse cultivar, che nel periodo precoce si rivolgono essenzialmente al mercato del fresco, esclusiva delle regioni del Sud, mentre migliore è la situazione nell’epoca di maturazione intermedia e tardiva con valide cultivar atte a soddisfare le esigenze della trasformazione industriale. Dal confronto delle valutazioni nei campi sperimentali del Nord e del Sud emergono evidenti differenze. Complessivamente sono 96 le cultivar in lista per gli ambienti del Sud e solo 58 quelle in lista al Nord (Tab. 1). Certamente in questa diversa accettabilità influisce la valutazione commerciale (il Nord produce di più per l’esportazione, per cui le varietà devono essere dotate di una migliore shelf-life), così sono solo 15 le cultivar a polpa bianca (pesche e nettarine) presenti nelle liste del Nord, contro le 26 del Sud, o 4 le cultivar di percoche per la sola per la trasformazione industriale al Nord contro le 12 del Sud (destinate anche al consumo fresco interno). 9 Tab. 1 Numero di cultivar presenti nelle liste 2009 del pesco negli ambienti del Nord e del Sud Nord Pesche gialle Pesche bianche Nettarine Gialle Nettarine Bianche Percoche Totale Sud 21 9 18 6 4 58 29 16 24 10 12 91 Ma le maggiori differenze si riscontrano soprattutto nei periodi di maturazione più estremi del calendario produttivo. Se è vero che nei periodi a maturazione intermedia le cultivar consigliate sono le stesse per gli ambienti del Nord e del Sud (16 al Nord 18 al Sud fra pesche e nettarine gialle) decisamente inferiore è il numero delle pesche e nettarine precoci e tardive presenti nella lista del Nord rispetto a quella del Sud. Sono soprattutto le cultivar tardive e molto tardive che trovano al Sud le migliori condizioni atte ad esaltarne le caratteristiche qualitative. Differenziazione territoriale delle scelte Numerose le nuove accessioni provenienti da recenti e mirati programmi di miglioramento genetico che vanno ad arricchire la gamma varietale in particolare delle nettarine (39 cultivar in fase iniziale di valutazione) e pesche (24 cultivar). Tra queste si segnalano quelle a basso fabbisogno di freddo invernale, quindi potenzialmente adatte agli ambienti meridionali, in grado di anticipare il calendario di raccolta fino ad un mese, grazie alla coltura forzata, necessaria anche per l’epoca precocissima di fioritura. Molte le novità, specialmente di nettarine, in valutazione con frutti dolci molto zuccherini e bassa acidità a favore di un più equilibrato e aromatico sapore (gusto «miele», serie «honey», ecc.), nuove tipologie particolarmente apprezzate dai consumatori. Diverse di queste nuove accessioni, alcune frutto del miglioramento genetico italiano, presentano anche altre innovative caratteristiche del frutto come la estesa sovraccolorazione, la forma molto regolare e simmetrica, la polpa croccante, a lenta maturazione. Altre presentano tipologie con frutti deantocianici, polpa «stony hard» con elevata tenuta di maturazione e frutti piatti di tutte le tipologie pomologiche. Anche le liste non ufficiali, formulate da singole organizzazioni ed associazioni di produttori riflettono in gran parte questi contenuti: l’ampliamento del calendario di maturazione, la diversificazione delle tipologie di frutto, l’introduzione di peculiari caratteri di salubrità e di qualità organolettica sono caratteri sempre più ricercati nelle nuove introduzioni, che permetteranno di offrire al consumatore un prodotto in grado di soddisfarlo pienamente. 10 Sessione 1a - Poster Progetto MAS.PES per il miglioramento genetico del pesco: 1) criteri di selezione D. Bassi1, S. Foschi2, M. Rizzo3 e L. Castellari4 1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop., Cesena (FC); 3già dipendente CRPV;4ASTRA, Faenza, Ravenna Nell’ambito delle attività di miglioramento genetico del pesco coordinate dal CRPV e co-finanziate dalla Regione Emila-Romagna, da quattro Organizzazioni dei Produttori (Apofruit, Apo-Conerpo, Orogel e Terremerse) e dalle Fondazioni Bancarie della Romagna, gli obiettivi specifici vengono concordati con i rappresentanti delle OO.PP., al fine di selezionare gamme di cultivar di alto pregio qualitativo da proporre alla distribuzione con continuità d’offerta. Nelle tabelle che seguono sono riportati, schematicamente, i criteri-guida di riferimento per il lavoro di selezione. Obiettivi specifici per pesche e nettarine (ideotipi nuove cultivar) Obiettivo specifico Descrizione Interesse in funzione Pesche e nettarine gialle: interesse prioritario della tipologia Nettarine polpa bianca: interesse secondario Pesche polpa bianca: interesse limitato Percoche da industria: interesse marginale A frutto piatto (platicarpe): interesse secondario Albero Portamento: regolare, espanso, di facile gestione in funzione della organizzazione aziendale (vaso o palmetta) Epoca di maturazione: dal 1-06 al 15-09 Frutto Forma: rotonda, regolare Pezzatura (in ordine di priorità): A, AA, B (uniforme nella chioma) Maturazione: contemporanea nell’albero Tessitura: - fondente, a lento intenerimento (tipo ‘Big Top’ per le nettarine e ‘Rich Lady’ per le pesche) - stony hard: interesse marginale - duracine (percoca): interesse limitato Sovraccolore: rosso brillante sulla maggior parte della superficie, su fondo giallo Nocciolo: spiccagnolo (non staccato), o aderente Caratteri organolettici Polpa: succosa. Residuo secco rifrattometrico (valore minimo in Brix°): 12 (precoci), 14 (medie), 16 (tardive); piatte: 18. Acidità (valore massimo in meq): 10-12 (tipologia “equilibrata”), 57 (tipologia “sub-acida”). Conservabilità A temperatura ambiente (shelf-life): 5-7 gg In frigorifero: 21 gg 11 Sessione 1a - Poster Tipologie varietali di riferimento per il miglioramento genetico di pesche e nettarine CARATTERE NOTE CULTIVAR DI RIFERIMENTO Aspetto Forma rotonda, colore brillante(fondo giallo) ed esteso, senza rugginosità nettarine pesche Intenerimento lento Consistenza elevata (tipo fondente) nettarine pesche Pezzatura uniforme nettarine pesche Sapore nettarine tradizionale sub-acido pesche tradizionale sub-acido Diamond Bright Bordò, Rich Lady e simili Big Top e simili Rich Lady e simili Diamond Ray, Rebus 2 (BO 96028038) BO 96013046 (Bolero x Rich Lady) Diamond Bright Big Top Redhaven Grenat, Dulcebo (BO 02009035) 12 Sessione 1a - Poster Progetto MASPES per il miglioramento genetico del pesco: 2) protocollo operativo per l’ottenimento di materiale virus-esente C. Buscaroli (1), V. Vicchi (2), A. Babini (2), E. Ulivi (1), M. Lama(3) (1) CRPV, Cesena , (2)Serivizio Fitosanitario Regionale Regione Emilia Romagna (3) Astra , Innovazione e sviluppo Introduzione La conservazione e gestione del materiale genetico esente dai principali patogeni, è attualmente uno dei problemi organizzativi più complessi per i costitutori. In particolare per le drupacee, la diffusione epidemica del virus Sharka (PPV), così come di altri agenti virali e virus-simili impone controlli molto accurati in ogni fase di selezione. E’ stato perciò messo a punto un protocollo che prevede indexaggi, analisi di laboratorio e monitoraggi dal momento dell’introduzione delle accessioni utilizzate per gli incroci fino alla costituzione delle nuove varietà. Materiali e metodi In collaborazione con il Servizio Fitosanitario Regionale dell’Emilia Romagna, è stato predisposto un apposito protocollo che definisce le metodologie di controllo e analisi nelle varie fasi di selezione: accessioni introdotte: vengono sottoposte ad indexaggio (GF 305) ed ELISA; il materiale sano viene innestato in vivaio su portinnesti virus-esenti; semenzali selezionati: osservazioni visive in campo; esecuzione di saggi con GF 305 ed ELISA: a) saggi ELISA o biologici positivi: ¾ patogeni da quarantena: si procede alla distruzione o isolamento e risanamento; ¾ virus trasmissibili per polline: le accessioni vengono mantenute in vaso, in tunnel con rete anti afidi, per poi procedere al risanamento; b) saggi ELISA e biologici negativi: ¾ il semenzale viene innestato su portinnesti VE; ¾ gli astoni sono collocati nei campi di selezione di 2° e 3°livello e oggetto di ispezioni ufficiali. ¾ due piante vengono conservate in screen house. - selezioni pre-commerciale vengono inviate ai Centri riconosciuti per la costituzione delle fonti primarie (DM del 24 luglio 2003 e DM del 20novembre 2006) per avviare la produzione di materiali certificati. Risultati Le nuove cultivar vengono inserite nel canale delle certificazione genetico-sanitaria come materiale virus-esente. 13 Sessione 1a - Poster Progetto “MASPES” per il miglioramento genetico del pesco: 3) primi ottenimenti: le nettarine gialle della linea Dolcesoda D. Bassi1, S. Foschi2 e M. Rizzo3 1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop., Cesena (FC);3 già dipendente CRPV Sapore molto dolce con adeguato tenore in acidità, sebbene di tipo sub-acido Elevata ‘tenuta’ in pianta (tipologia ‘Big Top’) Pezzatura elevata e forma rotonda, regolare Sovraccolore brillante DULCIS 1 (BO 02024028) Origine: Max 7 x Big Top Data di raccolta 2009: 10 agosto Albero: portamento standard Vigoria: media Pezzatura: AA Residuo secco rifratt.: 16.4 °Brix Acidità: 7 meq Durezza: 2 kg/cm2 LUGLIO 10 15 AGOSTO 20 25 31 Big Top 5 10 15 20 25 31 BO 02024028 BO 02024014 BO 02002015 DULCIS 2 (BO 020240214) Origine: Max7 x Big Top Data di raccolta 2009: 19 agosto Albero: portamento standard Vigoria: media Pezzatura: AA-A Residuo secco rifratt.: 16.2 °Brix Acidità: 3.6 meq Durezza: 4.16 kg/cm2 DULCIVA (BO 02002015) Origine: Big Top x Ambra Data di raccolta 2009: 28 agosto Albero: portamento standard Vigoria: media Pezzatura: AA Residuo secco rifratt.: 17.2 °Brix Acidità: 4.45 meq Durezza: 3 98 kg/cm2 14 Sessione 1a - Poster Progetto “MASPES” per il miglioramento genetico del pesco: 4) primi ottenimenti: le pesche gialle della linea Dolcesoda D. Bassi1, S. Foschi2 e M. Rizzo3 1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop., Cesena (FC);3 già dipendente CRPV Sapore molto dolce con adeguato tenore in acidità, sebbene di tipo sub-acido Polpa spicca, con elevata ‘tenuta’ in pianta, tipo serie ‘Rich’ e ‘Royal’ Forma rotonda regolare Sovraccolore brillante ed esteso BO 02009066 Data di raccolta 2009: 23 luglio Albero a portamento standard Vigoria: media Pezzatura: AA-A Residuo secco rifratt.: 14.4 °Brix Acidità: 4.02 meq Durezza: 3.96 kg/cm2 BO 02009009 Data di raccolta 2009: 25 luglio Albero: portamento standard-assurgente Vigoria: medio-bassa Pezzatura: AA-A Residuo secco rifratt.: 16.2 °Brix Acidità: 3.54 meq Durezza: 2.6 kg/cm2 BO 02009035 Data di raccolta 2009: 29 luglio Albero: portamento standard Vigoria: media Pezzatura: A-AA Residuo secco rifratt.: 15.4 °Brix Acidità: 2 meq Durezza: 3 kg/cm2 Le selezioni che verranno ritenute meritevoli saranno licenziate con la denominazione commerciale DULCEBO 15 Sessione 1a - Poster Progetto MAS.PES per il miglioramento genetico del pesco: 5) l’utilizzo del carattere stony hard per l’individuazione di nuove tipologie di prodotto - LA LINEA DOLCE E CROCCANTE D. Bassi1, S. Foschi2 e M. Rizzo3 1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop., Cesena (FC);3 già dipendente CRPV Nell’ambito dei programmi di miglioramento genetico del pesco (ora MAS.PES) che da anni il Di.Pro.Ve. di Milano coordina in collaborazione con il CRPV e la Regione EmiliaRomagna, dal 1996 sono iniziati una serie di incroci focalizzati all’utilizzo del carattere stony hard (polpa croccante) per l’individuazione di nuove tipologie commerciali. I genotipi portatori di tale carattere sono selezioni provenienti dagli USA (Università di Rutgers, NJ): ‘NJ 307’ e ‘D41-62’. La selezione in campo ha portato all’individuazione di due famiglie molto interessanti per determinati caratteri e che potrebbe prefigurare l’individuazione di linee commerciali dedicate. Linea ROSATA (polpa fondente) Deriva dall’incrocio di BO 92039108 (nettarina gialla sub-acida) x ‘D41-62’ (pesca gialla stony hard, sub-acida) e codificata come BO 04042. Popolazione composta da circa 70 semenzali che maturano da fine luglio a metà agosto; la tipologia di frutto è una pesca gialla fondente con polpa consistente ad elevata ‘tenuta’; il sapore è sub-acido. Sono state avviate alla sperimentazione pre-commerciale tre selezioni, mentre su altri semenzali è stata effettuata l’autoimpollinazione, allo scopo di individuare nettarine stony hard. Linea DURANTE ( polpa croccante) Deriva dalla autoimpollinazione della selezione ‘D41-62’ (pesca gialla stony hard, subacida) e codificata BO 05030. Famiglia composta da circa 150 semenzali che maturano contemporaneamente, nella seconda decade di luglio (19.7 nel 2009); la tipologia di frutto è una pesca gialla stony hard ad elevata tenuta sia in pianta (circa tre settimane, con pochissima cascola, mantenendo ottimali caratteristiche organolettiche) sia nel post raccolta; il sapore è sub-acido. Sono state avviate alla sperimentazione pre-commerciale le selezioni BO 05030046, BO 05030133 e BO 05030136, caratterizzate da un livello produttivo elevato. BO 05030133 (polpa stony hard) Albero: portamento standard Vigoria: media Data di raccolta 2009 (inizio): 19 luglio Pezzatura: A-AA Sapore: sub-bacido Residuo secco rifratt.: 14.9 °Brix Acidità: 2.2 meq Durezza: 4.7 kg/cm2 16 Sessione 1a - Poster Nuovi e differenti caratteri del frutto nel programma di miglioramento genetico del pesco presso il Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma (CRA-FRU) L. Conte, A. Di Cintio, A. Sartori, M. Terlizzi CRA-FRU Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via di Fioranello 52 – 00134 Roma e-mail: [email protected] Presso il CRA-FRU sono state costituite, varietà di pesche e nettarine di forma piatta, pesche di sapore subacido e aromatico e pesche con polpa molto soda e buccia depigmentata. Si tratta di varietà con tipologie di frutto nuove e differenti, caratterizzate da sapori peculiari oltre che dalle elevate qualità organolettiche e gustative, sostenute anche da buone caratteristiche produttive. Attualmente si sta inoltre lavorando per l’ottenimento di selezioni con polpa sanguigna ad elevata presenza di antociani. La serie UFO, 9 pesche a forma piatta (Prunus persica var. platicarpa), 5 a polpa bianca e 4 a polpa gialla, copre un notevole arco di maturazione del pesco che va esattamente da 43 giorni prima a 74 giorni dopo Redhaven. Tale serie è caratterizzata oltre che dall’insolito aspetto del frutto schiacciato ai poli, da caratteristiche organolettiche gustative quale sapore, dolcezza e aromi, particolarmente apprezzati. Sono prive degli ancestrali difetti di questa tipologia di pesco (spaccature della buccia e della polpa, distacco di buccia con o senza polpa all’atto della raccolta, scarsa produttività, ecc.). Attualmente sono in ultima fase di studio 11 selezioni avanzate di pesche piatte (Ufo α), tutte a polpa bianca, che sono da considerarsi complementari alla precedente serie UFO: in tal modo l’intero periodo di maturazione delle pesche piatte a polpa bianca o a polpa gialla è coperto. La prima matura 6 giorni prima della UFO 1 mentre le altre maturano a intervalli regolari di una settimana fino a 44 giorni dopo Redhaven. Le PLATINET rappresentano le uniche varietà di nettarine a forma piatta costituite in Italia; esse hanno un elevato contenuto zuccherino e le qualità gustative e organolettiche sono eccellenti. La consistenza della polpa è molto elevata e quindi la resistenza alle manipolazioni è ottima. PLATINET 1 (-22) a polpa bianca e PLATINET 2 (-18) a polpa gialla precedono PLATINET 3 e PLATINET 4 che maturano rispettivamente 11 e 26 giorni dopo Redhaven. Le GHIACCIO rappresentano un nuovo tipo di frutto, caratterizzato da una totale depigmentazione sia della polpa sia della buccia, da un contenuto zuccherino molto elevato (17-22 °Brix), da ottime caratteristiche organolettiche e da una polpa molto consistente. Le tre GHIACCIO, coltivandole insieme e gestendo opportunamente la raccolta, possono dare una produzione continua per un arco di tempo di 50-60 giorni; i frutti, inoltre, possono essere conservati in frigorifero per un periodo notevolmente più lungo rispetto alle varietà standard, senza che perdano consistenza della polpa o vi siano alterazioni del colore della buccia e della polpa o variazioni del contenuto di zuccheri e del sapore. Data la loro rusticità e, in genere maggiore resistenza alle crittogame, sembrano particolarmente idonee alla coltivazione biologica. Le quattro varietà subacide KALOS maturano in un intervallo che va da 26 giorni prima di Redhaven a 7 giorni dopo; esse si inseriscono in epoche, dove non vi sono cultivar molto valide in commercio. Il frutto delle KALOS è molto bello con una colorazione della buccia rosso vivo sul 100% della superficie, grossa e omogenea pezzatura, forma rotonda e simmetrica. L’habitus vegetativo dell’albero è standard e presenta una elevata e costante efficienza produttiva. L’interesse del breeding del Centro, anche se abbastanza di recente, si è rivolto allo sviluppo di cultivar di pesco e nettarine a polpa rosso violacea (sanguigna) ricca di antociani. Nel materiale in avanzata fase di valutazione, la pigmentazione rossa all’interno della polpa è legata a bassi valori di acidità, sapori e aromi particolarmente gradevoli, con polpa soda fondente e succosa. 17 Sessione 1a - Poster La valutazione delle nuove varietà per la peschicoltura marchigiana G. Boraccini*, F. Capocasa**, M. Rossi** e B. Mezzetti** *ASSAM – Agenzia Settore Agroalimentare delle Marche **Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali - Università Politecnica delle Marche Negli ultimi anni, si è assistito ad un profondo rinnovamento del panorama varietale del pesco: nuove cultivar che si sono diffuse e contemporaneamente varietà un tempo ampiamente coltivate si sono fortemente ridimensionate o addirittura sono scomparse. Inoltre, si è assistito ad una contrazione complessiva del numero delle varietà coltivate, con vantaggi commerciali evidenti. Nel medio Adriatico, possiamo distinguere poche zone vocate per la produzione frutticola. Nelle Marche occorre segnalare sicuramente la Valdaso, posta tra le nuove province di Fermo e Ascoli Piceno dove si concentra l’80% della produzione frutticola Regionale che corrisponde a 1,2% della produzione peschicola nazionale. Tale vallata, lunga complessivamente circa 35 km, consente la coltivazione di tutte le varietà di pesco, dalle più precoci situate a ridosso del mare per arrivare alle più tardive spostate verso l’entroterra. Oltre al pesco, abbastanza diffuse sono anche le altre drupacee (Albicocco, Susino e Ciliegio) che contribuiscono a fornire una buona diversificazione commerciale della produzione frutticola del territorio. Negli ultimi anni sono state introdotte molte nuove cultivar con risultati non sempre positivi. L’attenzione dei frutticoltori e soprattutto dei consumatori si è però soffermata solo su alcune di esse, divenute in breve tempo assai diffuse e conosciute. Ne diamo ora una breve descrizione. Tra le cultivar di pesco a polpa gialla, a maturazione precoce ed extra precoce, occorre segnalare sicuramente le varietà Rich May e May Crest che rappresentano le primizie della zona, pur con forti limiti sulla pezzatura e nella tenuta del frutto. Nell’epoca precoce, oltre alle oramai affermate Crimson Lady e Springbelle, si affiancano Lolita e Rubyrich. Nel periodo intermedio, le classiche Royal Glory e Rich lady sono state affiancate da Vista Rich, Summer Rich, Zee Lady, molto simili per colore e sapore. Ancora poco diffuse ma interessanti appaiono anche Alix, Azurite, Kaweah, Velvet Sisters e Sweet Fire. Tutte quante, sono caratterizzate da ottima consistenza e buon sovracolore. Per le pesche a maturazione tardiva, si segnala Guglielmina, Lucie, Fairtime, tutte caratterizzate da buona pezzatura ma sensibili a Monilia e Cydia. Per quanto riguarda le pesche a polpa bianca sono da segnalare le cultivar Summer Sweet e Kevina che sembrano però difettare in pezzatura. La cultivar Gladis invece si distingue per il buon sapore e buona produzione. Molto interessante per una produzione quasi di nicchia, ma in crescita, la tipologia platicarpa che con la serie Ufo, Stark Saturn e Sweet Cup, sono in grado di coprire un periodo di maturazione abbastanza lungo e per la loro forma particolare sembrano risultare facilmente riconoscibili e gradite dal consumatore. Frequentemente però presentano fessurazioni all’apice, scarsa tenuta del frutto e lesioni nella zona peduncolare al momento della raccolta. Particolare interesse sembra ora rivolto a Concettina, una nuova varietà di nettarina platicarpa recentemente selezionata in questo areale. In generale, ed in particolare per le nettarine, la cultivar più diffusa nel comprensorio è sicuramente Big Top, che presenta ottime caratteristiche gustative, e risulta affidabile, apprezzata dal mercato e dalla distribuzione grazie all’elevata tenuta in post-raccolta. In evidenza alcune nuove cv come Amber Sisters dal buon sovracolore, Big Bang di buona pezzatura, Alitop in corso di prima valutazione, Antony con forma del frutto leggermente allungata, Amiga che presenta una buona pezzatura ma difetta in sapore, California a maturazione tardiva. Tra le Nettarine Bianche, sono da segnalare Neve, a maturazione precoce dalle buone caratteristiche organolettiche, Snow Ball e Magique. In conclusione, occorre far notare come pur tra mille difficoltà, in questo areale il settore risulta comunque vivace e dinamico. Ciò è testimoniato dal fatto che circa l’11% degli impianti di pesco e circa il 22% degli impianti di nettarine sia di età inferiore a 5 anni. Questo dato, unito al forte rinnovamento varietale e all’incremento notevole della qualità delle produzioni, porta a guardare al futuro della frutticoltura del medio adriatico con moderato ottimismo e tranquillità. 18 Sessione 1a - Poster “Percoca di Turi”. Caratteristiche qualitative per aspirare all’IGP G. Russo Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, Università di Bari - Via Amendola, 165/A, 70126-Bari, Italy - E-mail: [email protected] Del germoplasma frutticolo presente in Puglia, è stata evidenziata, per alcune specie, l’esistenza di una ricca biodiversità la cui salvaguardia è di indubbia importanza. Tra queste specie vi è il pesco, per il quale è stata riscontrata la presenza di ecotipi di elevato pregio che rischiano la scomparsa poiché sostituiti con varietà di recente acquisizione. In particolare, un ecotipo di percoca conosciuta come “Percoca di Turi”, presente nell’areale barese, merita molta considerazione per le ottime caratteristiche qualitative dei frutti che, oltre al mercato del consumo fresco, potrebbero essere destinati all’industria di trasformazione ed alla preparazione di frutta di quarta gamma. Le osservazioni effettuate sulle caratteristiche bioagronomiche e produttive effettuate su piante nella fase di piena maturità indicano un ecotipo caratterizzato da buona produttività e resistenza a diverse fisiopatie. Riguardo alle problematiche del post-raccolta, il frutto presenta una buona adattabilità alla conservazione ed alle manipolazioni e per questo potrebbe essere inserito nel comparto del biologico. Introduzione L’osservazione del germoplasma frutticolo presente in Puglia ha messo in evidenza l’esistenza di biodiversità la cui salvaguardia (Rotundo et Al., 1997) merita particolare attenzione. Fra le diverse specie frutticole c’è da annoverare il pesco (Baldini e Scaramuzzi, 1981), la cui diffusione, in Italia, ha subito notevoli incrementi produttivi (Atti Conv. Int., 1984; Della Strada et Al.,1984-86). La coltura si ritrova sia nelle aree costiere della regione che negli ambienti collinari, ove è stata riscontrata la presenza di ecotipi con caratteristiche bio-agronomiche di particolare pregio qualitativo e merceologico, che rischiano la scomparsa a causa della loro progressiva sostituzione con cultivar di recente acquisizione. Particolare attenzione merita la “Percoca di Turi”, coltivata limitatamente all’areale di Turi, comune in provincia di Bari; essa merita la dovuta considerazione per lo squisito sapore ed aroma, nonché per alcune caratteristiche tecnologiche dei frutti che, oltre al consumo fresco, potrebbero essere destinati all’industria di trasformazione. Conclusioni I risultati della presente ricerca, fanno presagire che la “Percoca di Turi”, considerate le caratteristiche bio-agronomiche complessive, è sicuramente interessante per la peschicoltura meridionale e soprattutto pugliese. Ciò deve spingere la ricerca verso una maggiore attenzione per la biodiversità esistente, che, se salvaguardata, studiata e valorizzata, potrebbe evidenziare ulteriori ecotipi di pregio. Dalle osservazioni effettuate, emerge che la “Percoca di Turi” costituisce un ecotipo idoneo per la qualificazione delle produzioni di pesche tardive in Puglia, con il vantaggio di essere utilizzata sia per il consumo fresco che per l’industria di trasformazione, quindi può essere definita a “duplice attitudine”. La resistenza alle manipolazioni ed ai trasporti la rende buona anche per il commercio non solo locale, ma anche nazionale. Riguardo alle problematiche del post-raccolta, il frutto presenta una buona adattabilità alla conservazione e alle manipolazioni e per questo potrebbe essere inserito nel settore del biologico. Parole chiave: pesco, germoplasma, qualità, “Percoca di Turi” 19 Sessione 1a - Poster Concettina: una nuova varietà di nettarina platicarpa selezionata nelle Marche F. Capocasa*, S. Concetti**, B. Mezzetti* *Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali – Università Politecnica delle Marche ** Az. Agr. Concetti Bruno e Sergio Recentemente sono state introdotte diverse varietà di pesco a frutto piatto in Italia suscitando da parte del consumatore un notevole interesse principalmente per le buone caratteristiche qualitative, (sapore subacido, profumo e aroma) e per la facilità di consumo. Le poche varietà presenti nel panorama varietale italiano al momento sono la serie UFO (pesche), la cultivar Sweet Cap® Maillarflat* e la vecchia cultivar Stark® Saturn e varie accessioni di germoplasma locale (tabacchiere). Per quanto riguarda le nettarine, le uniche novità conosciute riguardano la nuova serie Platinet di prossima diffusione (CRA Roma) ed alcune varietà ottenute e commercializzate da vivaisti privati. “Concettina” a differenza di tutte le altre nuove varietà ottenute da incrocio anche con pesche e nettarine non platicarpe, deriva da una mutazione stabile di Stark Saturn e ne presenta le stesse caratteristiche per quanto riguarda il colore della polpa (a pasta bianca), il sapore subacido molto gradevole, ottime caratteristiche qualitative, organolettiche e di rusticità. Origine: “Concettina” deriva da mutazione gemmaria stabile della cultivar Stark Saturn scoperta nel 1997 presso l’Az. Concetti Bruno e Sergio di Montefiore dell’Aso (AP). La porzione mutata è stata propagata per innesto nel 1999 su GF677 e valutata in campo collezione presso l’Az. Did. Sperimentale P. Rosati di Agugliano (AN) dell’Università Politecnica delle Marche e presso campi di III livello nella stessa azienda di origine. Domanda di privativa comunitaria, accettata nel 2007 (Application date: 19/12/2007; File number: 20072925), in corso di presentazione. Albero: vigoroso, rustico, resistente alle principali malattie, habitus di fruttificazione standard. Fioritura: intermedia (2-3 gg dopo Redhaven), di elevata entità, non soggetta a ritorni di freddo. Epoca di maturazione: intermedia, una settimana dopo Stark Saturn (+4 Redhaven; 19 luglio media triennio 2006-2008), uniforme e abbondante. Frutto: di dimensioni medio-elevate, (peso medio 100-110 g; circonferenza 210 mm) di sovracolore rosso brillante esteso sul 90-100% della superficie di consistenza elevata e resistente alle manipolazioni. Polpa bianca di tessitura fine. Sapore ottimo, subacido, (solidi solubili: 14,2 °Brix; Acidità: 52,5 meq/l). Valutazione agronomica: Pianta di buona vigoria, rustica. Frutto che raramente presenta spaccature nella zona apicale anche con ridotto carico della pianta e poco soggetto a danni nella zona peduncolare durante la raccolta (tipica di alcune cv platicarpe). La produzione in piante al 7° anno di fruttificazione allevate a palmetta in combinazione con GF677 è molto elevata. Giudizio complessivo: Cultivar platicarpa nettarina bianca interessante per aspetto attraente del frutto, epoca di maturazione, caratteristiche organolettiche e rusticità della pianta. 20 Sessione 2a - Relazione Interazione ambientale e gestione risorse energetiche nel pesco L. Corelli Grappadelli1*, B. Dichio2, A. Motisi3 1 Dipartimento Colture Arboree, Università di Bologna 2 Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali Forestali e dell’Ambiente, Università degli Studi della Basilicata 3 Dipartimento di Colture Arboree, Università di Palermo Nel settore dell’ecofisiologia, gli studi più recenti circa l’interazione di chiome e frutti con l’ambiente suggeriscono nuove direzioni su cui orientare l’innovazione di processo, alla ricerca di un aumento dell’efficienza produttiva del pescheto che consenta di mantenere una competitività economica ma anche ecologica (sostenibilità, tipicità, ultimo miglio, ecc.) alle produzioni. La necessità di rendere i frutteti più efficienti nell’utilizzo delle risorse e meno “pesanti” sull’ambiente pone l’accento sull’importanza della valorizzazione della vocazionalità ambientale e dell’uso sinergico di risorse rinnovabili come luce e acqua. Le conoscenze circa le relazioni tra temperatura e fenologia della pianta, e quelle sulla fisiologia della fotosintesi e dei meccanismi con cui i frutti accumulano sostanza secca e acqua contribuiscono a definire modelli di coltivazione in cui, oltre alla scelta delle cv da coltivare in funzione delle caratteristiche ambientali, occorre mettere a frutto le conoscenze in via di acquisizione da parte dei ricercatori circa le interazioni tra la fisiologia dell’acqua e quella della luce. Occorre infatti valorizzare le sinergie possibili tra lo sfruttamento “illuminato” della risorsa luce e a quella dell’acqua, abbassando i fabbisogni di questo fattore di produzione senza compromettere i livelli di qualità e di produttività richiesti dalle condizioni economiche per la sopravvivenza dei pescheti italiani. Tra i parametri ambientali, la temperatura è senz’altro tra quelli più a lungo studiati, per le implicazioni che ne discendono per quanto riguarda l’adattabilità di un ambiente alla coltivazione della specie pesco. Tuttavia, la modellizzazione delle risposte alla temperatura di fenomeni come il soddisfacimento del fabbisogno in freddo, il germogliamento, la crescita dei frutti è ancora oggetto di intenso studio, che ha ripreso vigore negli ultimi anni per la crescente rilevanza data allo studio di scenari di crescita nell’ipotesi di aumento delle temperature nei decenni futuri. In parallelo, le conoscenze sui meccanismi di accumulo di sostanza secca nei frutti stanno rivelando l’importanza di temperature elevate nell’assicurare elevati flussi traspiratori dai frutti, che sono alla base del meccanismo passivo di scaricamento del floema in questi organi. Anche i frutti infatti rivelano importanti interazioni con l’ambiente: essi crescono grazie all’accumulo di biomassa che giunge attraverso il floema e lo xilema. I frutti di specie diverse si sono evoluti adottando meccanismi fisiologici diversi, basati sia su trasportatori di membrana (sistemi attivi, poiché richiedono energia) che su sistemi passivi. La pesca ha evoluto un metodo di accumulo passivo, largamente dipendente dalle condizioni ambientali: occorrono condizioni di elevato deficit di pressione di vapore (VPD, dipendente dalla temperatura e dal contenuto di vapore d’acqua nell’atmosfera) che determinino un’attiva traspirazione attraverso l’epidermide del frutto. Questo consente lo scaricamento di linfa floematica nel frutto, che a sua volta crea il potenziale osmotico necessario per attivare un voluminoso afflusso di acqua xilematica (soprattutto nelle ore notturne), che costituisce circa il 70% dell’accrescimento giornaliero della pesca. La riduzione dell’entità del flusso traspiratorio (in chiome eccessivamente ombreggiate, ad esempio), o il suo incremento attraverso teli riflettenti nel frutteto, si possono tradurre in variazioni in calo o in aumento della crescita del frutto. Questa dipendenza della crescita del frutto dall’interazione con le condizioni ambientali sottolinea l’importanza di conoscere questi meccanismi, per poter gestire le chiome in modo adeguato. Con il progredire di queste conoscenze si può inoltre ipotizzare la selezione di nuove cultivar dotate di caratteristiche di permeabilità dell’epidermide più elevate, per aumentare le dimensioni del frutto sfruttandone il meccanismo fisiologico. 21 La produzione di frutti è stata posta da molti autori in relazione alla luce intercettata (fig. 1). Questa è una delle conoscenze di base che ha guidato l’evoluzione dei frutteti ad alta densità: un numero più elevato di piante per ettaro consente una maggior intercettazione iniziale, quando le chiome non sono ancora completamente sviluppate, consentendo maggiori produzioni nei primi anni del frutteto. Oggi si può considerare il dogma della massimizzazione della intercettazione luminosa come troppo semplicistico e non applicabile “tout-court” a tutti gli ambienti di coltivazione e a tutte le condizioni: in frutteti caratterizzati da elevato indice di area fogliare (LAI) e conseguentemente alta intercettazione luminosa, occorre considerare l’entità di danni foto-ossidativi e il costo in termini di risorse fotosintetiche che la riparazione dei danni richiede. Da un punto di vista delle relazioni idriche, l’esposizione delle foglie ad intensità luminose elevate comporta consumi elevati di acqua legati al bisogno di termoregolazione della foglia, e non invece a quello di mantenere una elevata conduttanza stomatica, che favorirebbe l’assimilazione del carbonio. Dunque, in chiome dense e soggette ad alta intensità luminosa, si favorisce l’instaurazione di un consumo “di lusso” di acqua da parte della chioma, che andrebbe evitato. Questo fenomeno non è tanto ascrivibile a specifiche forme di allevamento, quanto alla costituzione di chiome molto dense. Strategie di potatura che privilegino chiome aperte, con una buona penetrazione della luce vanno nella direzione di distribuire il carico radiante su un numero più elevato di foglie. Anche apprestamenti protettivi come reti antigrandine possono assumere importanza da questo punto di vista, poiché si possono ridurre anche significativamente i livelli di irradianza sulle foglie senza perdere in produttività fotosintetica, ma diminuendo in modo elevato i livelli di consumo idrico. 90 t ha-1 75 60 45 30 15 15 30 45 Luce (%) 60 Fig. 1. Relazione tra produzione di mele (t ha-1) (Jonagold e Marshall McIntosh, fusetto, 1429 p ha-1) e frazione di luce disponibile (% rispetto a quella incidente) (rielaborato da Wünsche e Lakso, 2000). 22 Sessione 2a - Relazione Efficienza del frutteto, portinnesti, forme di allevamento e potatura per ridurre i costi e migliorare la qualità Neri D., Giovannini D., Massai R., Di Vaio C., Sansavini S., Del Vecchio G., Mennone C., Abeti D., Colombo R., Guarino F. In Romagna, un terzo dei nuovi pescheti è realizzato con il fusetto, che ha conosciuto una rapida espansione a partire dai primi anni 2000 (fig. 1); in costante contrazione è la palmetta (prevalentemente anticipata e candelabro), sebbene ancora utilizzata in oltre il 30% dei nuovi impianti, mentre sostanzialmente stabile rimane il vaso, prevalentemente nella versione del vasetto ritardato; scarsissima la diffusione dell’ipsilon trasversale. 70 % 60 fusetto palmetta vaso ipsilon trasversale 50 40 30 20 10 Figura 1. Incidenza (%) delle diverse forme di allevamento nei pescheti romagnoli degli ultimi venti anni (elaborazione relativa a più di 4.000 ha di nuovi impianti realizzati dal 1991 ad oggi presso i soci Apofruit e Agrintesa). 0 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 Diverso è invece il quadro della peschicoltura nel Sud d’Italia. Pur essendo nettamente prevalenti gli impianti a bassa densità, conformati a vaso nelle sue diverse espressioni, in alcune aree si sono diffuse anche tipologie ad elevata/elevatissima densità d’impianto (1100-2000 alberi/ha), riconducibili alla categoria delle doppie pareti inclinate: ipsilon trasversale, Tatura trellis, V. I nuovi impianti di pesco riflettono questo dualismo. Nel panorama italiano, molto variegato dal punto di vista ambientale e socio-economico, è evidente che le soluzioni tecniche per garantire la redditività degli impianti possono essere molteplici. La ricerca di un’unità di misura in base alla quale indicizzare la validità di una tipologia d’impianto è di conseguenza molto difficile. 1. Efficienza dell’albero e confronto Nord-Sud L’efficienza dell’albero, in condizioni normali o di restrizione dell’apparato radicale e della chioma per la riduzione dei sesti d’impianto, varia anzitutto in forza del binomio varietà/portinnesto e dell’interazione della pianta bimembre con l’ambiente di coltivazione. Per fare un confronto tra Nord e del Sud, abbiamo considerato le performance di impianti a vaso della medesima combinazione d’innesto – ‘Suncrest’/GF677 – sui quali è stato misurato il quantitativo complessivo di biomassa (sostanza secca) investito dall’albero negli organi riproduttivi (frutti) e in quelli vegetativi (radici, strutture permanenti, materiale di potatura e foglie) studiandone le relazioni (figg. 2, 3 e 4). La latitudine delle principali zone produttive italiane non sembra influire sull’efficienza produttiva (figg. 2 e 3). La massima produzione di frutti si ha laddove il rapporto fra peso della parte aerea e quello delle radici è più basso. Questa indicazione sottolinea la difficoltà del pesco a produrre molto quando le piante non garantiscono un adeguato rinnovo vegetativo, soprattutto di rami misti e brindilli ben esposti alla luce. Una elevata quantità di legno di potatura rispetto alla crescita radicale incide negativamente sulla produzione di frutti. Nella frutticoltura intensiva già nei primi anni dall’impianto si possono ottenere produzioni significative ed è quindi indispensabile favorire la costituzione iniziale di un buon apparato radicale per garantire il mantenimento di livelli 23 produttivi consistenti negli anni successivi. La produzione di frutti, conseguente alla diversa fertilità dell’ambiente, risulta strettamente correlata in modo lineare con la biomassa degli organi vegetativi, ma con modalità diversa per radici e parte aerea. In particolare si nota che la pendenza delle rette di correlazione con la biomassa dei frutti è massima per le radici e minima per le foglie, ovvero per raddoppiare la produzione di frutti passando da ambienti a minore fertilità (Pisa, Forlì, fig. 2) a quelli migliori (Cuneo, Metaponto) bastano piccoli cambiamenti della crescita radicale, mentre aumenta molto la superficie fogliare che risulta quindi poco efficiente in condizioni di elevata fertilità. Da non sottovalutare poi il fatto che questa minore efficienza dell’apparto fogliare può esprimersi anche in una bassa efficienza dell’uso dell’acqua a causa del maggior tasso traspirativo specifico per ogni chilogrammo di frutta prodotta. La correlazione fra biomassa dei rami asportati con la potatura e produzione di frutti si avvicina di più a quella delle radici. La conseguenza è che la massima produzione di frutti si ha laddove il rapporto aereo radicale è più basso ma l’efficienza fotosintetica della chioma è sensibilmente inferiore (fig. 3). Correlazione fra biomassa frutti e organi vegetativi (kg / pianta) in Suncrest allevata a vaso a diverse latitudini RADICI POTATURA FOGLIE 44,23° Cuneo 30 25 40,22° Metaponto 20 43,43° Pisa 44,14° Forlì 15 y = 2,99x + 4,8095 R2 = 0,9742 y = 1,9486x - 11,41 R2 = 0,976 y = 1,2718x - 14,209 R2 = 0,8954 10 0 5 10 15 20 25 30 Biomassa secca radici o potatura (kg/pt) 35 Fig. 2. Correlazioni fra la biomassa secca dei frutti e degli organi vegetativi prodotta da piante di ‘Suncrest’/GF 677 in 10 anni di accrescimento in 4 località italiane. Biomassasecca secca frutti Biomassa frutti (k (kg/pt) Biomassa (k (kg/pt) Biomassasecca seccafrutti frutti 35 Correlazione fra biomassa frutti e rapporto aereo radicale in Suncrest allevate a vaso 35 44,23° Cuneo 30 FOGLIE E POTATURA / RADICI 40,22° Metaponto 25 FOGLIE / RADICI 43,43° Pisa 20 44,14° Forlì 15 y = -4,0516x + 56,09 R2 = 0,9467 y = -6,2667x + 54,992 R2 = 0,958 10 2 4 6 8 10 12 Rapporto aereo radicale Fig. 3. Correlazioni fra biomassa secca dei frutti e rapporto aereo radicale, espresso in diversi modi, calcolate in 4 diverse località italiane. I valori rappresentano la media di sei portinnesti. 2. Efficienza dell’impianto e fattori correlati: densità d’impianto, forma di allevamento e sistemi di potatura Il principio sopra espresso è generalizzabile sia per sistemi ad alta densità (HDP, es. fusetto a 1100 pt/ha) che per quelli a bassa densità (LDP, es. vaso a 400 pt/ha). I sistemi LDP sono caratterizzati da piante di maggiori dimensioni; in queste condizioni i portinnesti vigorosi trasformano il potenziale radicale nella produzione di più frutti (fig. 4). Con portinnesti meno vigorosi bisogna ridurre le distanze d’impianto per avere produzioni per ettaro consistenti. I sistemi HDP producono una quantità maggiore di biomassa a ciclo breve (foglie, potatura) per ettaro e possono raggiungere prima la piena produzione. In questo caso i portinnesti vigorosi tendono ad accentuare il fenomeno e, se non gestiti accortamente, incrementano l’impiego di manodopera per ettaro e il rischio di perdite qualitative. Se si esprimono i dati su base ettariale, il fusetto tende a produrre più biomassa secca a ciclo breve, ma non è altrettanto efficiente nell’aumentare la produzione dei frutti, probabilmente a causa dei conseguenti ombreggiamenti. Ciò si traduce a maturità in una quantità di rami da asportare con la potatura anche tre volte superiore a quella del vaso. L’intensificazione colturale presuppone quindi la scelta di portinnesti meno vigorosi per un migliore utilizzo dello spazio 24 e per evitare l’ombreggiamento. E’ importante indirizzare la maggiore parte della produzione di biomassa a ciclo breve a favore dei frutti per evitare di vanificare l’intensificazione colturale. Dall’analisi dei dati produttivi di numerosi impianti del Nord e del Sud RADICI FOGLIE POTATURA Italia, diversi per numero di piante/ha, Biomassa secca frutti (kg/pt) 25 varietà, forma di allevamento e sistema Suncrest a vaso 400 piante ha di potatura, risulta come la 20 produttività/ha è massima quando si impiegano varietà molto fertili Flavorcrest a fusetto 15 (‘Ambra’, ‘Venus’), portinnesti vigorosi 1.111 piante ha (GF 677) e sistemi d’impianto con un 10 elevato investimento di piante/ha. Nella 0 10 20 30 40 50 60 70 80 fig. 5, che evidenzia la relazione Biomassa secca organi vegetativi (kg/pt) positiva tra densità d’impianto e produzione/ha in diverse realtà peschicole italiane, livelli produttivi elevatissimi (>70 t/ha) sono realizzati in Calabria con l’ipsilon (tipo Sibari) e V, sistemi le cui chiome prevedono la copertura pressoché totale del terreno e la massima intercettazione luminosa. Confrontando pescheti con investimento di piante simile (densità d’impianto tra le 400 le 1500 piante/ha), tuttavia, non sembra di poter evidenziare differenze produttive imputabili alla latitudine. È dunque quanto meno dubbio poter affermare, con i nostri soli dati, che al Sud, anche negli ambienti più vocati, le rese produttive a parità di condizioni siano superiori rispetto al Nord. Correlazione fra biomasse di frutti e parti vegetative a ciclo breve in tre differenti portinnesti e due forme (in kg / pianta) 30 GF 677 ‐1 Barrier 1 Ishtara ‐1 GF 677 Barrier 1 Ishtara Calabria 80 Campania Basilicata Romagna Produzione t/ha 60 Fig. 5. Relazione tra densità d’impianto e livelli produttivi del pescheto in diverse realtà peschicole italiane. 40 . 3. Qualità dei rami, tipologia delle 20 gemme e nutrienti fogliari Per quanto riguarda la tecnica di 0 0 500 1000 1500 2000 2500 potatura, la velocità di crescita densità d'impianto (n° alberi /ha) primaverile dei germogli condiziona la qualità delle gemme nella zona prossimale dei rami. Elevati ritmi di accrescimento determinano la formazione di internodi più lunghi in prossimità delle branche, con un numero minore di gemme a disposizione per rivestimenti futuri. L’allungamento eccessivo del germoglio inoltre favorisce l’ombreggiamento interno della chioma. La nutrizione (fogliare o al terreno) può modificare il numero dei nodi fertili all’interno delle tipologie di ramo (quindi avere % diverse delle varie tipologie) o modificare la lunghezza degli internodi influenzando la velocità di crescita. In impianti ad alta densità si presentano due problemi congiunti: il controllo del vigore della cima e il rafforzamento della parte basale. Questo secondo fattore deve essere considerato sia per mantenere il rivestimento che per migliorare la qualità della produzione in una zona tendenzialmente poco performante. A fine stagione si possono ottenere, a livello macroscopico, piante completamente diverse. 4. Efficienza della gestione del pescheto Dalla nostra indagine risulta che in Meridione l’impegno complessivo di manodopera è più elevato (da 530 a 1840 ore/ha) rispetto al Nord (da 370 a 530 ore/ha) (tab. 1). La modalità di 25 gestione del pescheto che sta prendendo piede in alcuni ambienti romagnoli, indipendentemente dalla forma di allevamento scelta, risponde infatti al criterio di massimizzazione dell’efficienza della manodopera (EM: rapporto tra numero totale di ore di manodopera/ha e produttività dell’impianto (t/ha)). Non potendo ridurre l’impegno per la raccolta, proporzionale all’entità del carico produttivo, le operazioni su cui si tende a risparmiare sono il diradamento e la potatura. Il numero di tagli in fase di allevamento si è drasticamente ridotto: sulla giovanissima pianta non vengono asportati neanche i rami molto vigorosi, che si allungano, si rivestono con la nuova vegetazione, si piegano per il carico produttivo fin quasi a toccare per terra (grondacci); questi verranno poi asportati in prossimità dell’inserzione sull’asse dell’albero quando ormai sono sfruttati a sufficienza. A supporto dell’esigenza di anticipare il rientro delle spese, l’innovazione tecnica acquisita a livello vivaistico consente la produzione di astoni perfettamente rivestiti di anticipati sin dalla base; questi, lasciati pressoché intatti all’impianto, sono in grado di produrre oltre 30 kg/albero di frutti di buon calibro commerciale già a 18 mesi d’impianto. Naturalmente, l’accrescimento e la carica produttiva dell’albero devono essere sostenute da disponibilità idrica e nutritiva adeguata, pena l’aumento della percentuale di frutti di calibro commerciale inferiore. Tabella 1. Manodopera impiegata per la gestione della chioma (valori assoluti e relativi delle operazioni di potatura invernale, estiva, diradamento e raccolta) ed efficienza (EM, ore/t) delle principali tipologie d’impianto. I valori, distinti per provenienza e tipologia d’impianto, sono media di dati relativi ad impianti adulti di varietà di diversa epoca di maturazione. densità Produzio (alb/ha) ne t/ha Forma Vaso tradizionale 400 17,3 1111-1480 33,8 Sibari Y 2222 38,6 V potat_inv (ore/ha) 112 174 151 Vaso catalano Palmetta Tatura Sibari Y V 666 740 909 1111 1778 30,9 35,4 27,8 51,9 76,7 709 1229 970 1429 1840 97 228 209 318 405 Vaso ritardato Palmetta Y trasversale 417 741 1111 32,5 30,0 35,0 758 884 938 97 121 130 417 28,7 635 40,2 1235-1480 40,0 372 495 530 48 85 47 Vaso ritardato x Candelabro Fusetto X manod_tot (ore/ha) 529 825 886 potat_est dirad (ore/ha) (ore/ha) 79 119 93 218 77 287 CAMPANIA 59 206 16 370 130 224 118 232 74 386 CALABRIA 39 245 55 288 52 311 BASILICATA 13 100 13 85 13 170 ROMAGNA raccolta (ore/ha) 220 340 371 potatura potatura dirada raccolta EM inv% est% mento % (ore/ton) 21 15 23 41 31,3 21 11 26 41 24,5 17 9 32 42 22,9 348 616 408 760 975 14 19 22 24 22 9 2 13 10 4 31 30 23 16 21 47 50 42 51 53 23,2 34,7 37,2 31,4 24,0 377 420 445 13 14 14 5 6 6 32 33 33 50 48 47 24,1 29,5 26,8 210 312 300 13 17 9 4 3 3 27 17 31 57 63 57 13,2 12,4 13,3 Tipo di palmetta ad un solo palco e 3 branche In conclusione, massimizzare l’efficienza della manodopera nella gestione della chioma è un importante obiettivo dei nuovi impianti, indipendentemente dalla forma di allevamento scelta. Come si evince dalla tabella 1, l’impegno di manodopera per tonnellata di prodotto commerciale ottenuto può variare enormemente, da un minimo di 12 ad un massimo di 37 ore/t. Probabilmente, è proprio sull’efficienza della manodopera che, nel prossimo futuro, si baserà principalmente la scelta della tipologia d’impianto da parte dei produttori più che su concetti di efficienza fotosintetica, importanti dal punto di vista ecofisiologico ma meno legati alla redditività degli impianti. La gestione della qualità dei frutti, che in alcune combinazioni d’innesto può non raggiungere livelli soddisfacenti, rende comunque necessario migliorare le tecniche colturali per sostenere l’intensificazione degli impianti e la riduzione degli interventi manuali. 26 Sessione 2a - Poster Prova di portinnesti del pesco in Slovenia M. Hudina1, F. Štampar1, N. Fajt2 1 University of Ljubljana, Biotechnical Faculty, Department of Agronomy, Jamnikarjeva 101, 1000 Ljubljana, Slovenia, E-mail: [email protected] 2 Agricultural and Forestry Chamber of Slovenia, Agricultural and Forestry Institute of Nova Gorica, Fruit Growing Centre Bilje, Pri hrastu 18, 5000 Nova Gorica, Slovenia Per studiare il comportamento agronomico nelle condizioni ambientali della peschicoltura slovena è stata avviata la prova sperimentale con 11 portinnesti del pesco (Prunus persica L.): GF 677 come standard, franco da seme, Monegro, Barrier, Cadaman, Adesoto, Mrs 2/5, Julior, Isthara, Penta e Tetra con la varietà ‘Redhaven’. I portinnesti sono stati piantati in primavera del 2005 e innestati in agosto dello stesso anno. La vigoria e la produzione sono stati osservati nel 2008 e 2009. Nel primo anno di fertilità non sono state notate differenze durante il periodo di fioritura. I più deboli sono stati gli alberi sui portinnesti Isthara e Tetra. Le differenze di circonferenza del tronco sono statisticamente significative e differiscono dai portinnesti Julior, Adesoto, MrS 2/5, Monegro, Barrier e Cadaman. I più vigorosi sono stati i portinnesti Cadaman, Barrier e Monegro che differiscono significativamente dai portinnesti Isthara, Tetra, franco, Penta e GF 677. In termini della circonferenza del tronco, i portinnesti si dividono in tre gruppi: i portinnesti che inducono una vigoria scarsa: Isthara e Tetra; vigoria media : GF 677, franco, Penta, Julior, Adesoto e Mrs 2/5; e portinnesti che favoriscono una vigoria elevata: Monegro, Barrier e Cadaman. Gli alberi sui portinnesti Mrs 2/5, Barrier, Cadaman e Penta hanno indotto un aumento significativo della fruttificazione (n°) rispetto agli alberi con altri portinnesti. 70 Produzione (t/ha) 60 50 40 anno 2009 anno 2008 30 20 10 Ad es ot o G F 67 7 Ca da m an Pe nt a Ba rr i er M rs 2/ 5 Te tra Ju li o r Is th ar a M on eg ro Fr an co 0 Portinnesti Fig. 1. Produzione media (t/ha) su vari portinnesti per varietà ‘Redhaven’; Bilje, nel 2008 e 2009. La produzione cumulata nei primi due anni è stata inferiore a 50 t/ettaro sugli alberi innestati sul franco, Monegro e Tetra. La produzione più elevata all’albero e all’ettaro si registra sugli alberi innestati sul portinnesto MrS 2/5, dove la produzione totale è stata di 64 t/ettaro. Scarsa efficienza produttiva (da 0.4 a 0.6 kg/cm2) hanno avuto gli alberi sui portinnesti Monegro, franco, Cadaman e Barrier, mentre elevata efficienza produttiva (oltre a 0.8 kg/cm2) è stata conseguita dai portinnesti Penta, GF 677 e Isthara. Redhaven, sugli altri portinnesti, ha dimostrato una efficienza produttiva media,da 0.6 a 0.8 kg/cm2. Parole chiave: portinnesti del pesco, GF 677, franco, Monegro, Barrier 1*, Cadaman® Avimag*, Adesoto 101® - Puebla*, Isthara® Ferciana*, Penta*, Tetra*, MrS 2/5, Julior® Ferdor, vigore, produzione, efficienza produttiva. 27 Sessione 2a - Poster Comportamento vegeto-produttivo di portinnesti del pesco in prove condotte nel Metapontino C. Mennone*, A. Silletti*, G. R. Quinto** * AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata **Università degli Studi di Basilicata In questo lavoro, condotto presso l’Azienda Pantanello di Metaponto (Basilicata), si riportano i dati di una prova sperimentale che rientra nel progetto Mipaaf-Regioni “Liste di orientamento varietale dei fruttiferi” sottoprogetto Portinnesti Pesco. Nel campo sono stati posti a confronto 7 portinnesti Penta, Tetra, Sirio, Cadaman, Fire, Montclar, GF 677. La varietà innestata è Suncrest. L’impianto è stato realizzato al sesto di 5x5 m, allevato a vaso libero, con impianto di irrigazione a goccia con erogatori della portata di 16 l/h. Sono stati effettuati i seguenti rilievi fenologici: fioritura, germogliamento, presenza di polloni, l’altezza e la larghezza della pianta, la circonferenza del tronco sopra al punto di innesto, il peso del legno di potatura, eventuali disaffinità. Su ogni pianta e per ogni portinnesto, ad ogni passaggio di raccolta, è stato rilevato il numero dei frutti, il peso della produzione. Infine, su 10 frutti per pianta è stato rilevato il peso medio, il °Brix e l’acidità. Nel campo si sono verificate delle fallanze per i portinnesti Sirio, Fire, GF 677 fisiologiche per tutti tranne per il Sirio e il Fire probabilmente dovuti a scarsa qualità del materiale di propagazione. Da queste prime osservazioni, rispetto a quanto già maturato in precedenti sperimentazioni, oltre al GF 677 risulta interessante il CADAMAN sia per gli aspetti produttivi che vegetativi. Anche il MONTCLAR si comporta in maniera soddisfacente in linea con quanto osservato in altre prove. Tra i nuovi portinnesti in osservazione un certo interesse potrebbe esserci per i susini TETRA e PENTA mentre per FIRE e SIRIO è stata osservata una forte moria delle piante e dati vegeto-produttivi non soddisfacenti. 28 Sessione 2a - Poster Frutto di pesco: dinamica giornaliera di accrescimento B. Morandi, L. Manfrini, M. Zibordi, P. Losciale, L. Corelli Grappadelli Dipartimento Colture Arboree, Università di Bologna. Il tasso di crescita di un frutto dipende dal bilancio tra la materia fresca in entrata e quella in uscita. I flussi di floema e xilema costituiscono i principali flussi in entrata, mentre la traspirazione dell’epidermide ne costituisce il principale flusso in uscita. In questo lavoro gli andamenti giornalieri di crescita ed i flussi di floema, xilema e traspirazione da e verso il frutto sono stati determinati durante fase I e fase III su alberi di pesco (cv. Redhaven) e nettarina (cv. Red Gold) diradati commercialmente. I flussi vascolari e la traspirazione sono stati quantificati secondo il metodo di Lang, che prevede la misura accurata ed il confronto della variazione diametrale di frutti progressivamente sottoposti a tre diverse condizioni: intatti, successivamente anulati ed infine staccati. Il monitoraggio è avvenuto mediante sensori auto- costruiti per la misurazione in continuo del diametro del frutto Frutto intero (g frutto-1 giorno-1) Fase G T I 0.56±0.13 -1.05±0.06 III 3.6±0.25 -4.74±0.51 P 0.38±0.10 2.63±0.43 X 1.24±0.08 5.72±0.47 Tab. 1. Tasso di crescita giornaliero (G) e flussi di traspirazione (T), floema (P) e xilema(X) da e verso il frutto (cv. Red Gold), durante le fasi I e III. I valori riportati costituiscono la medie (±SE) di 6 frutti. FASE I 0.7 Xilema 0.5 0.8 floema 0.3 Tasso di crescita 0.6 VPD 0.1 0.4 -0.10.00 3.00 6.00 9.00 12.00 15.00 18.00 21.00 0.2 -0.3 -0.5 0 Ora solare FASE III 0.15 2.5 0.1 Flusso (mg g-1 min-1) VPD (kPa) Traspirazione 2 0.05 0 0.00 1.5 1 3.00 6.00 9.00 12.00 15.00 -0.05 -0.1 18.00 VPD (kPa) Flusso (mg g-1 min-1) 1 21.00 0.5 Ora solare 0 Fig 1. Andamento giornaliero del tasso di crescita relativo (RGR) e dei flussi di traspirazione, floema, xilema da e verso il frutto (cv. Red Gold) durante le fasi I (a) e III (b) Durante le fasi monitorate, xilema e floema contribuiscono rispettivamente per il 70% ed il 30% dei flussi in entrata, mentre circa il 50% dell’acqua importata viene persa per traspirazione. Su scala giornaliera i frutti non crescono o si restringono durante le ore centrali della giornata, mentre crescono molto velocemente durante il pomeriggio e la notte. L’analisi dei flussi in entrata ed in uscita dal frutto ha permesso di spiegare i fattori fisiologici alla base di queste variazioni. I risultati hanno mostrato come pesche e nettarine abbiano adottato la stessa strategia di crescita, molto diversa da frutti di altre specie come melo o actinidia. Tale strategia è basata su alti tassi di traspirazione dell’epidermide che permettono al frutto di abbassare il suo potenziale idrico e quindi di richiamare acqua e sostanza secca da xilema e floema. Lo spostamento di ingenti volumi idrici dall’albero al frutto e dal frutto all’atmosfera sembra quindi alla base degli alti tassi di crescita tipici di questa specie. 29 Sessione 3a - Relazione Gestione dell’irrigazione e della nutrizione: migliorare l’efficienza dell’uso delle risorse e ripristinare la fertilità chimica e microbiologica dei terreni C. Xiloyannis1 e M. Toselli2 1 Dipartimento Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente, Università degli Studi della Basilicata 2 Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale Fanin, 46 - 40127 Bologna La fertilità del suolo dipende in gran parte dal contenuto di sostanza organica, per cui alla luce del suo livello tendenzialmente basso (∼1-2%), è fondamentale definire, fin dalla messa a dimora del pescheto, un adeguato piano di ammendamento utilizzando ad es. letame, ammendante compostato misto, prodotti vegetali freschi, questi ultimi però caratterizzati da un basso rapporto C/N e scarsa capacità di formare humus (Giovannini et al., 2001). Nella formulazione del corretto piano di concimazione azotata bisogna considerare la fertilità del terreno, lo stato nutrizionale dell’albero, la cinetica di assorbimento da parte della coltura e le asportazioni (100-150 kg N/ha). Quest’ultime andrebbero attentamente valutate al netto di eventuali dosi di N “riciclate” (es. foglie, materiale potatura trinciato) o apportate con l’acqua di irrigazione (circa una decina di kg/ha, Montanaro et al., 2009). In primavera l’albero utilizza le proprie riserve azotate fino a caduta petali; l’eccessiva disponibilità di N in questa fase determina la schiusura di gemme latenti e l’eccessivo sviluppo di germogli (Lobit et al., 2001). Dalla fase di caduta petali e fino all’indurimento del nocciolo, il pesco assorbe dal terreno circa il 25% del suo fabbisogno di N (in massima parte ripartito verso i giovani frutti e gli apici vegetativi in rapida crescita), che diventa 50% dall’indurimento del nocciolo fino all’arresto dell’allungamento dei germogli (necessario per l’accrescimento dei frutti e lo sviluppo vegetativo). Il restante 25% di N viene assorbito prima del riposo vegetativo per ripristinare le riserve azotate degli organi legnosi. Le dosi di fertilizzante devono essere stabilite sulla base dell’N nitrico presente nel terreno (Tagliavini et al., 1995) che, nelle diverse fasi fenologiche del ciclo vegeto-produttivo del pescheto, non dovrebbe essere inferiore a 10 ppm. Nel caso si ricorra alla fertirrigazione, tali dosi possono essere ridotte di circa il 30% considerata l’alta efficienza distributiva di tale tecnica. L’inizio della ripresa vegetativa è una fase critica per la nutrizione azotata in quanto essendo il processo di mineralizzazione rallentato dalle temperature del suolo relativamente basse, l’N nitrico è disponibile a basse dosi. Inoltre, l’azoto potrebbe essere assorbito dal cotico erboso che in marzo-aprile solitamente è in fase vegetativa più avanzata rispetto alla coltura arborea. Nel caso la dotazione di K del suolo sia ritenuta normale, si consiglia di apportare la quota di K asportata annualmente dai frutti. Se invece la concentrazione di K è inferiore alle 100-130 ppm, allora sarà necessario integrare la dose con una quota base (20-40 kg/ha) al fine di ripristinare la fertilità del suolo. In presenza di una disponibilità di K elevata (>200 ppm) la fertilizzazione può essere sospesa per alcuni anni, al fine di evitare spiacevoli fenomeni di competizione con Ca e del Mg. In questo caso è preferibile il ricorso alla concimazione fogliare con formulati a base di K, tecnica adatta anche nei casi di suoli ricchi della frazione argillosa, responsabile del sequestro del K. L’adozione di portinnesti tolleranti al calcare attivo (ibridi pesco x mandorlo) rappresenta la strategia più efficace e duratura per prevenire i sintomi di clorosi ferrica, tradizionalmente controllata con l’applicazione al suolo (es. Fe-EDDHA o Fe-EDDHMA) o alla chioma (Fe-EDTA, Fe-DTPA) di chelati di ferro sintetici (10-15 g di formulato per albero). La farina di sangue, utilizzata soprattutto in frutticoltura biologica come fonte di N prontamente mineralizzabile, può essere utilizzata anche nella cura della clorosi ferrica, poiché presenta mediamente una concentrazione di Fe di 20-30 g kg-1 ss sotto forma di Fe2+ chelato al gruppo eme della molecola di emoglobina. L’iniezione al suolo di vivianite sintetica, un fosfato ferroso analogo alla vivianite naturale, ottenuto mescolando 150 kg di 30 solfato ferroso eptaidrato (97% di purezza) e 50 kg di fosfato mono-ammonico o biammonico (90% di purezza) in 1000 litri d’acqua (Rosado et al., 2002), consente di prevenire efficacemente l’insorgenza della clorosi ferrica del pesco (Rombolà et al., 2003). Così come l’inerbimento del frutteto con specie graminacee (Poa spp., Lolium spp. e Festuca spp.), in grado di rilasciare nel suolo fitosiderofori, sostanze chelanti naturali che aumentano la disponibilità di ferro anche a vantaggio delle piante arboree (Cesco et al., 2006; Ma et al., 2003). Prove di lungo termine (9 anni), condotte nel ravennate, hanno dimostrato come sia possibile la gestione della nutrizione del pesco attraverso l’utilizzo in copertura di sostanza organica derivata da letame maturo, ma soprattutto da ammendante compostato misto alla dose di 10 t/ha di ss. Tale strategia ha permesso di mantenere livelli produttivi simili o superiori alla concimazione suggerita dai Disciplinari di Produzione Integrata della Regione Emilia-Romagna, di aumentare la sostanza organica, la concentrazione di N, P e K e la biomassa microbica del terreno senza il temuto rischio di lisciviazione dei nitrati e di aumento dei metalli pesanti. Nella moderna peschicoltura i metodi irrigui devono essere necessariamente a microportata, e progettati per distribuire anche i concimi mediante la fertirrigazione. Le esigenze idriche di un frutteto dipendono prevalentemente dal clima (temperatura ed umidità relativa dell’aria, vento, radiazione, piovosità) che incide sulla traspirazione delle foglie e sull’evaporazione dal suolo della specie. Tali effetti sono “inglobati” nel parametro Kc (coefficiente colturale) impiegato proprio per il calcolo del fabbisogno irriguo. Il Kc deve essere quindi accurato e tener conto anche di caratteristiche tipiche della cultivar (es. epoca di maturazione) al fine di un eventuale applicazione dello stress idrico controllato (Dichio et al., 2007) In un ottica di gestione sostenibile di un pescheto, è necessario porre in atto delle strategie con l’obiettivo di aumentare la quantità di acqua immagazzinata nel volume di suolo interessato dall’apparato radicale, e soprattutto durante il periodo delle piogge. Tale obiettivo si può raggiungere attraverso il miglioramento della fertilità del suolo e della sua struttura. Aumentando l’acqua immagazzinata nel suolo si ottiene il duplice vantaggio di 1) dilavamento dei sali accumulati nel suolo durante la stagione irrigua e 2) riduzione degli apporti irrigui. Durante la stagione irrigua, per la determinazione dei turni e dei volumi di adacquamento, deve essere considerata l’acqua immagazzinabile nel volume di suolo interessato dall’irrigazione ed esplorato dalle radici che dipende dalle caratteristiche idrologiche del suolo stesso (Montanaro et al., 2009). L’acqua “facilmente” utilizzabile dalle piante, contenuta nel volume di suolo interessato dall’irrigazione (metodo a goccia), può oscillare da 40 a 180 m3 ha-1. Tali informazioni sono indispensabili sia per la progettazione dell’impianto irriguo (disposizione, portata e numero degli erogatori, ecc.) sia per la corretta gestione della fertirrigazione (Xiloyannis et al., 2005). Nei pescheti in fase di allevamento, è necessario considerare che nei primi due-tre anni dall’impianto gli apparati radicali sono ancora in fase di sviluppo ed esplorano un volume di suolo ridotto. Ne consegue che il volume di suolo soggetto all’irrigazione è inferiore rispetto a quello di un impianto in piena produzione. È consigliabile, quindi, una disposizione “dinamica” dei gocciolatori, aumentando il loro numero e la distanza da tronco durante i primi anni dall’impianto (Xiloyannis et al., 2005). Infine la scelta dell’architettura della chioma e della sua corretta gestione (in particolare le potature verdi) incidono in maniera rilevante sull’efficienza dell’uso dell’acqua da parte della pianta. 31 Sessione 3a - Relazione Sistemi Esperti per la gestione dell’acqua in regime di risparmio idrico P.Mannini, S. Anconelli, R.Genovesi Consorzio di bonifica di secondo grado per il Canale Emiliano Romagnolo – Bologna e-mail: [email protected] In Italia l’agricoltura preleva oltre il 60% dell’ammontare dell’acqua complessivamente attinta dai fiumi e dalle falde, e quindi entra spesso in competizione per l’uso della risorsa con gli altri settori idroesigenti. Attualmente si stima che oltre 300.000 ettari di frutteto e quasi 185.000 ettari di vigneto siano irrigati, con un impiego d’acqua irrigua valutabile attorno a 1,25 -1,50 miliardi di metri cubi all’anno. L’irrigazione dei frutteti è ormai diventata una tecnica imprescindibile per l’ottenimento di buoni risultati quanti-qualitativi e per la sostenibilità economica delle aziende frutticole, ma il notevolissimo volume d’acqua impiegato in irrigazione determina l’esigenza di impiegare la risorsa idrica in modo molto attento, oculato ed efficiente. Un’attenta gestione delle irrigazioni, basata su una buona simulazione del bilancio idrico della coltura, è la forma più “potente” di risparmio idrico, occorre cioè conoscere in ogni momento del ciclo biologico del frutteto e tenendo conto del clima, del terreno e del sistema irriguo: quando irrigare e con quale esatto volume irriguo. L’attività di ricerca e sperimentazione che il Consorzio CER ha condotto negli ultimi quaranta anni ha avuto proprio questi obbiettivi, e con i risultati raccolti sono stati messi a punto due sistemi esperti, IRRINET e TECNIRRI, capaci di aiutare gli agricoltori nelle decisioni irrigue. Con l’uso dei due sistemi si rende l’irrigazione una pratica efficace economica ed impiegata con razionalità e senza sprechi. Il sistema IRRINET è stato messo a punto dal CER ed è oggi fruibile gratuitamente su Internet da tutti gli agricoltori regionali. IRRINET elabora il “consiglio irriguo” sulle principali colture della regione utilizzando i dati meteorologici del Servizio Meteorologico Regionale, i dati dei terreni del Servizio Geologico dei Suoli ed i parametri colturali messi a punto con l’attività sperimentale del CER. Sulla base dei dati richiesti all’agricoltore viene calcolato in maniera precisa il Bilancio Idrico della coltura che indica la data dell’irrigazione ed il volume irriguo da somministrare alla coltura. Il modello di bilancio idrico computa tutte le uscite e le entrate d’acqua nel sistema colturale ed effettua numerose operazioni per arrivare alla stima dei consumi delle colture: • Calcola quanta acqua piovana si infiltra effettivamente nel terreno • Simula la crescita dell’apparato radicale e l’andamento della fenologia delle colture • Stima l’eventuale stato di stress idrico della coltura • Stima l’apporto di falda ipodermica • Calcola il flusso dell’acqua attraverso 3 strati di suolo • Calcola l’esatto volume d’acqua presente nello strato di terreno occupato dalle radici delle colture nel giorno in cui viene effettuata l’interrogazione. In questo modo è sempre nota la quantità d’acqua a disposizione delle colture e viene consigliato il giusto volume di irrigazione ed il giorno in cui distribuirlo. Accedere al servizio è semplice; entrando nel Servizio per la prima volta si accede ad un Sistema Geografico che permette di individuare la posizione dell’azienda agricola ed attribuire i corretti dati meteorologici, di falda e di tipologia di terreno. Per semplificare l’accesso a Irrinet, alcuni Consorzi hanno anche attivato Irri-SMS, che consente di inviare l’informazione su quando e quanto irrigare ogni coltura aziendale sul telefonino cellulare dell’agricoltore che, in tal caso, può fare a meno del computer (fig. 1). Elaborazioni molto attendibili hanno quindi accertato che l’uso delle indicazioni di IRRINET consentono di risparmiare circa il 20% dell’acqua sulle colture senza deprimere le rese; il sistema è impiegato su circa il 23% della superficie irrigua regionale determinando un risparmio stimato in 40-50 milioni di metri cubi d’acqua l’anno. Per conseguire risultati 32 ancor più incisivi il Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo ha oggi messo in rete il Sistema IRRINET-PLUS che stima se il costo dell’irrigazione che si sta per effettuare sarà ripagato, o meno, dall’incremento produttivo dato dall’acqua. Fig. 1. Con il sistema IRRINET le informazioni possono anche arrivare sul cellulare dell’agricoltore Per fornire informazioni sul sistema microirriguo ottimale il CER ha anche predisposto il sistema TECNIRRI. Si tratta di un supporto di assistenza tecnica di impiantistica irrigua che si compone di diversi programmi utili per selezionare i migliori materiali microirrigui, decidere il numero e la posizione degli erogatori, calcolare il corretto dimensionamento delle condotte, scegliere e dimensionare la stazione di filtrazione dell’acqua per evitare ostruzioni agli impianti irrigui a goccia. Il risparmio idrico determinato dal sistema TECNIRRI deriva quindi dalla possibilità di dimensionare ed ottimizzare l’impianto irriguo in ogni sua componente, condizione senza la quale qualsiasi tentativo di risparmio idrico in frutticoltura viene vanificato. 33 Sessione 3a - Poster Impiego di composti organici in alternativa alla concimazione chimica del pesco E. Baldi, M. Toselli, G. Marcolini, A. Innocenti e B. Marangoni Dipartimento di Colture Arboree - Università di Bologna I terreni dell’area sud orientale dell’Emilia-Romagna risultano spesso carenti di sostanza organica (S.O.) a causa della specializzazione/intensificazione delle coltivazioni e della scarsa reperibilità di ammendanti di qualità. L’apporto di fertilizzanti organici può essere una valida soluzione per innalzare il tenore di S.O. e migliorare le caratteristiche chimico-fisiche del suolo. Tuttavia, le dinamiche di rilascio dei nutrienti da parte delle matrici organiche non sempre coincidono con la cinetica di assorbimento radicale. Lo scopo della presente sperimentazione è stato quello di verificare la possibilità di utilizzare fertilizzanti organici di qualità al posto della tradizionale concimazione minerale nella gestione della fertilizzazione di un pescheto commerciale. Lo studio, tuttora in corso, è iniziato nel 2001 presso l’azienda sperimentale M. Marani (Ravenna) su un pescheto di Stark RedGold innestato su GF 677, allevato a vaso e inerbito a strisce. Durante la sperimentazione sono state messe a confronto, secondo uno schema a blocchi randomizzati, le seguenti tesi: 1. controllo non concimato; 2. concimazione minerale all’impianto con 100 kg/ha di P2O5 e 200 kg/ha di K2O, e somministrazione annua di 70-130 kg ha-1 di N frazionata in maggio (60 %) e settembre (40%); 3. ammendante compostato misto (compost) all’impianto (10 t ss ha-1) e dal 2004 somministrato in un’unica applicazione in primavera (5 t ss ha-1); 4. letame all’impianto (10 t ss ha-1) e dal 2004 somministrato una sola volta in primavera (5 t ss ha-1); 5. compost alla dose di 5 t ss ha-1 anno–1; 6. compost alla dose di 10 t ss ha-1 anno–1, le tesi 5 e 6 sono state suddivise in due interventi in maggio (40 %) e settembre (60 %). L’ammendante compostato misto, certificato dal consorzio italiano compostatori (CIC) è stato ottenuto da residui organici umidi domestici miscelati a legno di potatura del verde urbano e/o residui di processi agroindustriali, previa stabilizzazione aerobica di 90 giorni. La distribuzione di compost alla dose di 10 t ha-1 ha determinato un aumento del contenuto di sostanza organica (di circa 3 punti percentuali), azoto (N) totale, fosforo e potassio e dell’attività microbica del suolo, senza peraltro incidere significativamente sulla concentrazione di N-nitrico che, solo nell’estate del 2003 e 2004 è aumentata rispetto alla tesi non concimata. La concentrazione di N-nitrico del suolo riscontrata nel corso della sperimentazione è risultata molto variabili in tutte le tesi a confronto e compresa fra 2 e 30 ppm di N-NO3-. L’applicazione di ammendate compostato misto non ha influenzato la stabilità degli aggregati, lo stato nutrizionale e lo sviluppo vegetativo degli alberi, mentre ha aumentato la presenza di acidi umici e fulvici nel suolo. La produzione è risultata più elevata nella tesi trattata con compost frazionato alla dose maggiore, ma le differenze sono risultate statisticamente significative solo a partire dal 2006. Il peso medio dei frutti e i principali parametri qualitativi non sono stati influenzati dal trattamento fertilizzante. In conclusione dalla presente prova è emerso come l’applicazione di ammendante compostato misto di qualità costituisca un’interessante alternativa alla concimazione minerale permettendo di incrementare la concentrazione di sostanza organica mantenendo le piante in un ottimo stato produttivo, nutrizionale e vegetativo. Il ricorso all’ammendante compostato misto permette da un lato di sfruttare il residuo valore di un prodotto di scarto delle utenze domestiche e/o dell’industria agro-alimentare e contemporaneamente offre una via di smaltimento che oltre ad essere ecosostenibile, potenzialmente permette anche di sequestrare quantità significative di carbonio, trasformando il frutteto in una coltivazione a bilancio positivo di CO2. 34 Sessione 3a - Poster Bilancio energetico e consumi idrici in risposta a diversi regimi luminosi in pesco P. Losciale, E. Pierpaoli, M. Zibordi, L. Manfrini, B. Morandi e L. Corelli Grappadelli Dipartimento Colture Arboree - Alma Mater Studiorum Università di Bologna Viale G. Fanin, 46 - 40127 Bologna (Italy) [email protected] Il processo di fotosintesi, alla base dell’assimilazione di sostanza secca nelle piante, è legato linearmente all’intensità luminosa fino al raggiungimento di una soglia di irradianza (punto di saturazione) al di sopra della quale il tasso fotosintetico non mostra alcun ulteriore incremento. La fascia climatica di tutto il bacino del Mediterraneo è caratterizzata da assolate giornate primaverili ed estive in cui si registrano livelli di irradianza ben più alti di quelli saturanti. L’energia radiante in eccesso oltre ad enfatizzare le perdite dovute ai processi di fotoinattivazione e fotoprotezione (Non Photochemical Quenching, trasporti elettronici alternativi e fotorespirazione), determina un incremento della temperatura ed un relativo aumento dei consumi idrici dovuti alla traspirazione fogliare. Una possibile strategia che la pianta opera per contrastare le perdite idriche consiste nel modulare l’apertura stomatica, sebbene questo possa comportare una riduzione della fotosintesi ed un incremento della temperatura interna che si ripercuote negativamente sugli organi fotosintetici. Nel presente lavoro sono state valutate e confrontate le performance produttive, fotosintetiche, i consumi idrici e l’entità dei meccanismi fotoprotettivi e di fotoinattivazione di piante di pesco (cv Alice col.) sottoposte a regimi luminosi di piena luce e di moderato ombreggiamento (40%) attraverso apprestamenti protettivi. La riduzione della radiazione incidente di circa il 40% non ha fatto registrare alcun decremento della fotosintesi netta mentre, in combinazione con il relativo abbassamento della temperatura occorso sotto rete ombreggiante, ha determinato il decremento della traspirazione ed il corrispettivo incremento dell’efficienza d’uso dell’acqua. La radiazione incidente in eccesso è stata indirizzata principalmente al processo fotoprotettivo di Non Photochemical Quenching, capace di dissipare fino al 68% della luce assorbita dalle foglie, coadiuvato dai trasporti elettronici alternativi e dalla fotorespirazione. Inoltre, nelle tesi in piena luce la quantità di fotosistemi danneggiati (fotoinattivazione) è risultata essere doppia rispetto alle piante sotto rete ombreggiante. Gli alberi sottoposti a regime di moderato ombreggiamento hanno mostrato produzioni più elevate attribuibili, probabilmente, ad un miglior stato idrico degli alberi ed alle mancate perdite di fotosintati determinate dai processi fotoprotettivi e di fotoinattivazione. I risultati ottenuti suggeriscono che in pesco, soprattutto nelle zone ad elevata insolazione come quelle del bacino mediterraneo, la moderata riduzione della radiazione incidente genererebbe effetti positivi sulla produzione e sul impiego della sempre più limitata risorsa idrica; tuttavia ulteriori approfondimenti si ritengono necessari al fine di valutare l’effetto del moderato ombreggiamento sul comportamento delle piante nel lungo periodo. Parole chiave: efficienza d’uso dell’acqua, fotoinattivazione, fotoprotezione, fotosintesi, Quenching partitioning. 35 Sessione 3a - Poster La “stanchezza del terreno” su pesco: problematiche e mezzi di intervento Stefano Foschi Alimos,Soc. Coop., Cesena (FC) - mail: [email protected] La frutticoltura moderna, basata su realtà aziendali ad alta specializzazione colturale e superficie disponibile medio-bassa, risulta fortemente esposta a tutte le problematiche connesse ai continui reimpianti; tutti i fenomeni ascrivibili al termine “stanchezza del terreno” si vengono a verificare quando una stessa specie si succede per più cicli colturali sullo stesso terreno. Le cause di questo fenomeno sono di tipo chimico-nutrizionale, biologico e attinenti ad errate tecniche colturali. In Emilia-Romagna, regione a forte vocazione frutticola, le specie che ad oggi evidenziano problemi evidenti sono pesco, pero, melo e actinidia; i problemi specifici sono ascrivibili ad uno stress da trapianto, ad una lenta crescita delle piante con conseguente ritardata entrata in produzione, a una disomogeneità all’interno del frutteto e ad una forte incidenza di morie causate da attacchi di patogeni fungini, principalmente Armillaria mellea. In questa nota vengono riportati i dati relativi all’attività intrapresa su pesco, con prove sperimentali che hanno visto l’impegno tecnico e finanziario della regione Emilia-Romagna, del CRPV attraverso il coordinamento delle aziende sperimentali Alimos, Astra e Marani, e di ditte private fornitrici dei mezzi tecnici testati. Le sperimentazioni condotte in Emilia-Romagna sui portinnesti indicano come unica alternativa al GF677 il portinnesto Adesoto® 101 Puebla*, clone di Prunus insititia di origine spagnola che negli anni ha evidenziato buona tolleranza nelle situazioni caratterizzate da forti morie dovute ad Armillaria mellea. La vigoria indotta nelle piante è di circa il 20-25% minore rispetto a GF677, e la maturazione dei frutti leggermente anticipata. Per quanto concerne la possibilità di intervenire con un trattamento di disinfestazione del terreno prima dell’impianto, negli ultimi anni tale pratica si è discretamente diffusa nelle aree frutticole italiane ed emiliano romagnole in particolare. Il bromuro di metile è stato sostituito negli ultimi anni dall’applicazione simultanea di Cloropicrina e 1.3D; l’applicazione di questi due principi attivi, confermando quanto osservato in altri paesi esteri dove viene utilizzata in maniera sistematica per questa tipologia di intervento (USA, Nuova Zelanda), determina un abbassamento del livello dei patogeni del suolo, con conseguente vantaggio per la coltura impiantata; ad esso si aggiunge una maggiore crescita per le piante soggette a trattamento, che risultano più produttive nei primi anni, con un precoce raggiungimento della fase di piena produzione. 80 Fig. 1. piante morte (%) al 7° anno; reimpianto su terreno con forte carica di A. mellea 58 60 36 % 40 38 25 18 20 0 GF677 Cadaman® Avimag* % piante morte al IV° anno 60 190 MrS2/5 Adesoto® 101 Puebla* q/ha di produzione cumulata al IV° anno 200 55 180 50 160 140 40 120 100 q/ha % 30 80 20 10 Ishtarà® Ferciana* 10 51 60 40 Fig. 2. Confronto tra terreno non trattato ed un intervento di disinfestazione pre trapianto 20 0 0 1,3D + Cloropicrina non trattato 36 Sessione 3a - Poster Evoluzione della peschicoltura nel litorale ionico C. Mennone*, P. Gioia*, M. Troiano*, G. Santangelo* * AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata La peschicoltura metapontina ha avuto uno sviluppo moderno a partire dalla fine degli anni 60 quando si introdussero le varietà americane. Il rinnovamento nelle varietà, nelle forme di allevamento e di conduzione è stato continuo, stimolato dall’attenzione costante, da parte degli imprenditori agricoli, alle richieste che venivano dai mercati, che hanno condizionato le scelte di campo per le epoche di produzione, la tipologia pomologica e la forma di conduzione. Per fare il punto sullo stato tecnico-produttivo della nostra peschicoltura è stata effettuata un’indagine che ha interessato 141 aziende, per una superficie totale di 583 ha. La fase produttiva più importante è quella extraprecoce e precoce, anche con l’inserimento negli ultimi anni delle varietà a basso fabbisogno in freddo. La fase di maturazione intermedia e tardiva non risulta particolarmente interessante per questo areale produttivo. Rispetto alla tipologia coltivata negli ultimi anni prevalgono le nettarine sulle pesche, quelle a polpa gialla sulle bianche; nei fondovalle irrigui dei fiumi Agri e Sinni dove viene coltivata la percoca anche con ecotipi locali come il Percoco di Tursi e S. Arcangelo. Il portinnesto utilizzato è il GF 677, anche se per i ristoppi, necessita, anche per la frammentazione della proprietà, la sua sostituzione con altri soggetti che assicurino le medesime performance produttive. La forma di allevamento più diffusa è il vaso ritardato, minore è la diffusione delle altre forme come l’ipsilon trasversale e la palmetta. Negli ultimi anni si sta praticando il vaso catalano, con sesti più stretti. Interessante è la pratica della conduzione biologica, grazie all’affermazione sui mercati nazionali, con marchi di vendita che hanno acquisito una buona fetta di mercato. 37 Sessione 4a - Relazione Nuova regolamentazione d’uso fitofarmaci: sostenibilità dell’impiego G.P. Reggidori, G. Ceredi APO CONERPO, Villanova di Castenaso, Bologna Dalla Difesa Guidata, passando per la Difesa Integrata, fino alla Produzione Integrata L’andamento generale del consumo di ortofrutta, aldilà delle fluttuazioni periodiche, resta saldamente orientato verso prodotti dal marcato profilo salutistico che siano in grado di rassicurare il consumatore in relazione soprattutto alla tracciabilità e all’impiego di fitofarmaci. Le produzioni che definiamo integrate vanno esattamente in questa direzione e rappresentano pertanto per gli operatori commerciali oltre che una necessità anche una grande opportunità. Esistono disposizioni legislative europee e nazionali che definiscono e regolamentano tali produzioni, tuttavia i margini interpretativi lasciati dalle normative e la sovrapposizione di ulteriori vincoli, mossi soprattutto dai protagonisti della Grande Distribuzione Organizzata, rendono i contorni della Produzione Integrata più difficili da definire e spesso la percezione che i consumatori hanno di essa appare incerta e distorta da una parziale informazione. Il DM 2722 del 17 aprile 2008, recependo il Reg. Ce 1974/06 definisce integrato un Sistema di Produzione Agroalimentare che utilizza tutti i metodi e i mezzi produttivi e di difesa dalle avversità delle produzioni agricole, volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione e l’uso dell’acqua irrigua, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici. Tale definizione, come le innumerevoli che si sono succedute nel corso degli anni, assumono tuttavia un senso solo quando si riempiono di contenuti ed hanno alle spalle un sistema strutturato e condiviso. Non è un caso infatti che sin dagli albori quando la Difesa Integrata ha cercato di proporre un metodo diverso per affrontare le problematiche fitosanitarie in contrapposizione al cosiddetto metodo convenzionale, le istituzioni regionali più lungimiranti abbiano puntato innanzi tutto su una corposa azione di formazione di un servizio di assistenza tecnica, coordinato in maniera decentrata sul territorio ed affiancato da importanti attività di supporto come quella di ricerca e sperimentazione. Attorno a questa organizzazione, ispirata da motivazioni che si sono dimostrate vincenti nel corso degli anni, si è creato in alcune regioni come l’Emilia Romagna un sistema che ha coinvolto istituzioni pubbliche e private, tuttora in grado di affrontare i continui mutamenti di prospettiva cui la Difesa Integrata è sottoposta. Se infatti oltre vent’anni fa il principale obbiettivo di una difesa non convenzionale era quello di contrastare l’impiego irrazionale di vecchi fitofarmaci attraverso un approccio mirato sulle problematiche fitosanitarie, l’inserimento di soglie di intervento e l’applicazione dei primi sistemi di monitoraggio, oggi la Produzione Integrata deve affrontare e farsi carico di questioni più ampie ed in un contesto più complesso e articolato. Sia le normative che l’evoluzione nel comparto fitoiatrico hanno di fatto rivoluzionato il panorama di questo settore con indubbi benefici per la sicurezza degli operatori ma con l’introduzione di sostanze attive particolarmente specifiche nel target e nel timing di intervento. Le stesse problematiche fitosanitarie si evolvono rapidamente per tipologia e virulenza, specie in un settore della frutticoltura, quale quello peschicolo, in cui il ricambio varietale è estremamente rapido. Conseguentemente tutta l’attività di supporto ai programmi di Difesa Integrata, finalizzata alla valutazione di nuove sostanze attive, al perfezionamento di strategie di intervento ma soprattutto alla definizione e validazione di modelli previsionali di sviluppo biologico per fitofagi e patogeni, ha assunto nel tempo, anche grazie ai progressi ottenuti, un ruolo sempre maggiore. Un approccio integrato alla difesa non può prescindere inoltre da una gestione dei fitofarmaci che ignori il ricorrente problema dell’insorgenza delle resistenze così come spesso costituisce un efficace apripista nell’applicazione di metodi di lotta alternativi (confusione sessuale) o un efficiente canale attraverso il quale si possono diffondere una serie di buone pratiche relative al corretto uso dei fitofarmaci, alla loro distribuzione ed al loro stoccaggio in magazzino. Il metodo di produzione integrata difficilmente si è potuto sottrarre alle sfide che ha incontrato in 30 anni di storia, tuttavia la delicata questione dei residui di fitofarmaci, sulla quale si stanno concentrando sia la doverosa attenzione dei consumatori, che le diverse richieste della GDO, ha assunto ormai il ruolo di una discriminante. Questa, imponendo arbitrariamente limiti diversi da quelli stabiliti dalle legge e sovrapponendo ad una buona Produzione Integrata una pletora di certificazioni di mero carattere commerciale, rischia in futuro di compromettere o quantomeno di confondere il senso ed i principi fondanti delle Difesa integrata. 38 Il nuovo Regolamento CE per l’autorizzazione al commercio e all’impiego dei fitofarmaci e la Direttiva sull’Uso Sostenibile degli stessi La Direttiva 414/91 che fino a ieri è stata alla base delle norme nazionali in materia di autorizzazione alla commercializzazione e impiego dei fitofarmaci sarà sostituita da un Regolamento CE sempre in materia, già scritto e approvato nella versione definitiva e in fase di pubblicazione. Come Regolamento avrà il vantaggio dell’applicazione diretta come tale negli Stati Membri della UE e quindi uniformerà molti aspetti delle cosiddette “registrazioni dei fitofarmaci” che fin a ieri erano realizzate con modalità piuttosto diverse da paese a paese. La possibilità della “registrazione” comune per tutti gli Stati Membri in realtà non è pienamente raggiunta, però la possibilità di farlo all’interno di ciascuna delle 3 macro aree nelle quali è stata divisa l’Europa, come da Regolamento, permette di uniformare in paesi aventi condizioni di indirizzo colturale, di coltivazione e pedoclimatiche abbastanza comuni, le disponibilità degli stessi fitofarmaci e le transazioni commerciali alle quali vanno soggetti. L’Italia appartiene all’area del Sud Europa, costituita da quelli che si affacciano sul Mediterraneo, stati isola compresi. Importante sarà che il riconoscimento della “registrazione” di un fitofarmaco fatta in un paese della macro area, sia estesa agli altri della stessa area in tempi veloci e modalità semplici. La revisione dei fitofarmaci autorizzati con la Direttiva 414/91 e prevista dalla stessa ha portato negli ultimi anni alla revoca di varie classi chimiche di fitofarmaci e di molti prodotti ieri disponibili. Il nuovo Regolamento adotta principi più restrittivi per l’accesso al commercio e all’impiego dei fitofarmaci, per cui avremo un discreto periodo di tempo transitorio che vede già da ora rivoluzionarsi il pacchetto delle disponibilità. Per questo motivo diventa sempre più importante aggiornare la logica delle pratiche agronomiche adottabili, soprattutto per la parte della difesa delle piante, adottando tutte le possibili alternative che possano favorirla. A fianco del Regolamento indicato viene inoltre promulgata una Direttiva CE (anch’essa già approvata e in uscita ufficiale) che disciplinerà l’uso definito “sostenibile” dei fitofarmaci. In pratica, disciplinerà una serie di adempimenti sulle modalità d’impiego dei fitofarmaci per la salvaguardia degli operatori e dell’ambiente, oltre alla maggior sicurezza alimentare. Introduce vari adempimenti che fortunatamente in Italia sono in parte già applicati a seconda del livello d’intervento normativo di livello Nazionale, più in particolare di livello Regionale. A differenza di un Regolamento occorre considerare che una Direttiva non è recepita tal quale dagli Stati Membri, ma viene proposta con norma interna che esplicita gli adempimenti, pur nel rispetto delle linee di riferimento indicate dalla Direttiva stessa. L’aspettativa degli agricoltori è che al di là della buona logica che muove il legislatore in relazione alla sicurezza degli operatori e della salvaguardia ambientale, nonché della sicurezza dei consumatori, gli adempimenti previsti siano di tipo sostanziale pratico-applicativo e non “burocratizzati” tali da indurre all’evasione a priori. Proponiamo alcuni degli adempimenti che la nuova Direttiva prevederà, con un accenno a quello che già si sta facendo in Italia e soprattutto in alcune regioni: a. Formazione dei produttori agricoli, sia di base che di aggiornamento, in merito alle conoscenze delle caratteristiche dei fitofarmaci e delle modalità di gestione e d’uso. In questo caso in Italia esiste già l’obbligo di formazione e aggiornamento all’interno degli adempimenti per conseguire e mantenere il “patentino” per l’acquisto e la manipolazione dei fitofarmaci. b. Individuazione dei soggetti “abilitati” all’acquisto, manipolazione ed esecuzione degli interventi con fitofarmaci. Adempimento da noi realizzato con il cosiddetto “patentino” c. Stoccaggio dei fitofarmaci con applicazione di adempimenti specifici e individuazione del responsabile dell’accesso agli ambienti e della manipolazione. Adempimenti che devono tener conto anche di accorgimenti per evitare inquinamenti puntiformi o locali in caso di fughe o perdite accidentali di prodotto. Le norme nostre sulla gestione delle sostanze pericolose o tossiconocive contemplano già adempimenti precisi. d. Informazioni in loco per gli addetti, ma anche per i visitatori, relative alla presenza di sostanze pericolose come i fitofarmaci. Cartelli indicatori di pericolo o portanti informazioni leggibili. In Italia le norme sulla sicurezza del lavoro e sulla manipolazione di sostanze pericolose impone già vari adempimenti fra quelli indicati e anche in maniera stringente. e. Informazioni in loco per gli addetti, ma anche per i visitatori, facilitanti la richiesta d’intervento in caso di assistenza media, informazioni dai centri antiveleno, incendio, inquinamento accidentale di falde e/o corsi d’acqua, pronto soccorso, ecc… . Le norme vigenti sulla sicurezza del lavoro e sulla manipolazione di sostanze pericolose contemplano già questi aspetti. 39 f. L’obbligo di strumenti di protezione degli operatori che impediscano il diretto contatto con la soluzione distribuita. Dalla cabinato intero, o al trattore cabinato, o alla maschera con filtri certificati dalla norma, fino agli indumenti protettivi come tute, stivali, guanti, ecc… . Oggi le nostre norme sulla sicurezza dei lavoratori (sezione strumenti protettivi) hanno già previsto una serie di adempimenti in materia d’impiego dei fitofarmaci e/o sostanze pericolose. g. Una dinamica più stringente nella preparazione precisa della soluzione da distribuire, onde evitare percolazione nel terreno per sversamento accidentale. La predisposizione di precisi dosaggi con strumenti adeguati per evitare eccessi d’impiego oltre quelli consentiti in etichetta. Quindi specifico uso di dosatori, bilance pesa dose, ecc… . h. Modalità di distribuzione più razionali, fitofarmaco per fitofarmaco, legate alle caratteristiche d’impatto ambientale dello stesso. Quindi distanze di rispetto dai corsi d’acqua indicate in etichetta, eventualmente variabili in base al tipo di fitofarmaco; modalità diverse d’impiego in relazione ai rischi di deriva o alla vicinanza di luoghi abitati o d’interesse faunistico. Questo è l’aspetto che si teme di più perché se la normativa scenderà troppo nello specifico delle modalità d’applicazione per ogni fitofarmaco, l’agricoltore diventerà un “ragioniere” della distribuzione che per le troppe complicanze potrebbe “fondere mentalmente” e non rispettare più neanche le cose più semplici. Per questo adempimento è preferibile che già a monte nella fase di registrazione del fitofarmaco si impongano specifiche alle modalità d’impiego dello stesso (riduzioni di dosi, aggiunte di antideriva, ecc…) che indicano in etichetta alcune ulteriori specifiche d’uso. i. Modalità di gestione, recupero o riutilizzo della soluzione rimanente, dopo un trattamento, alfine di escludere il suo “sversamento” su terreno o altro ambiente che finirebbe per essere inquinato. Anche in questo caso ci sono adempimenti e accorgimenti previsti in molte regioni che val la pena di prendere ad esempio. j. Specifico controllo dell’efficienza delle macchine distributrici, con due adempimenti importanti: l’iniziale “taratura”, valida un certo numero di anni (oggi 5) finalizzata a stabilire esattamente la velocità corretta del mezzo, la quantità distribuita, l’uniformità di bagnatura, il corretto funzionamento degli strumenti meccanici e tecnologici (anche di misura) della macchina. Poi la manutenzione ordinaria annuale, atta a verificare il normale funzionamento della macchina, la sostituzione di pezzi invecchiati, il funzionamento degli strumenti di misura come manometri, ventole, cardani, ugelli o diffusori, ecc… Oggi in Italia questi adempimenti sono previsti soprattutto dai programmi d’applicazione delle Discipline di Produzione Integrata e dalla certificazione delle aziende agricole Globalgap. k. L’obbligo della registrazione di tutti gli impieghi, compresi avversità trattata, formulato commerciale impiegato, dose, volume distribuito, evidenza del tempo di sicurezza e altre informazioni a piacere. Con evidenza oggettiva del sito trattato e relative varietà della coltura. Oggi in Italia esiste già l’obbligo del “quaderno di campagna” dove registrare le informazioni suddette. l. L’obbligo dello smaltimento dei vuoti dei fitofarmaci, secondo modalità da stabilire dalla normativa nazionale. In Italia esistono già esperienze in tal senso che val la pena di replicare in tutto il paese, comunque perseguendo quelle che agevolano l’agricoltore nella gestione. m. Obbligo dell’inserimento di tecniche di coltivazione afferenti alla Produzione Integrata. In questo caso val proprio la pena di riproporre l’esperienza di varie regioni italiane come l’Emilia Romagna e soprattutto la definizione di un riferimento simile, con una linea Guida Europea che eviti il proliferare di sistemi troppo diversi fra loro. Su questo campo non c’è niente da inventare di nuovo salvo quello che migliora l’esistente. Sarà importante adottare una forma di comunicazione, comprensibile per i consumatori, che permetta loro di comprenderne il significato e le garanzie offerte: tecniche di coltivazione e di gestione post raccolta a basso impatto ambientale, sicurezza alimentare, tracciabilità, origine definita come luogo di coltivazione e riconoscibile. Una “certificazione di processo” che probabilmente dovrà cambiare nome: “Agricoltura Sostenibile” o “Produzione Agricola Sostenibile” o altro logo valido. Queste sono le principali tematiche che costituiranno l’ossatura della Direttiva. Sono già corpose e quindi si ripete l’invito a renderle di pratica applicazione e soprattutto di non reinventarle rispetto a quelle esistenti. Migliorarle si, ma stravolgerle per il gusto di fare i “certosini” non è il caso. 40 Sessione 4a - Relazione La sharka delle drupacee: aggiornamento legislativo per il controllo e la prevenzione A. Contessi, V. Vicchi, A.R. Babini Servizio Fitosanitario Regionale – Regione Emilia Romagna Sulla G.U. n. 235 del 9 ottobre 2009 è stato pubblicato il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali 28 luglio 2009, concernente la “Lotta obbligatoria per il controllo del virus Plum pox virus (PPV), agente della «Vaiolatura delle drupacee» (Sharka)”. Tre sono le considerazioni che ispirano il nuovo decreto: 1. in alcune aree del territorio nazionale il virus è da ritenersi insediato e non più eradicabile; 2. per assicurare che il materiale vivaistico non sia contaminato dal virus è necessario prevedere condizioni più rigorose di quelle precedentemente in vigore; 3. al fine di prevenire la diffusione della malattia è necessario incentivare l’uso di materiale con le massime garanzie dal punto di vista fitosanitario, cioè quello certificato. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Le principali novità introdotte sono: le definizioni, per chiarire di cosa si sta parlando; il fatto che i monitoraggi vengano eseguiti conformemente agli standard tecnici definiti dal Servizio fitosanitario centrale, non più quindi secondo i criteri stabiliti da ciascun Servizio fitosanitario regionale; che sulla base dei risultati dei monitoraggi i Servizi fitosanitari regionali debbano definire lo stato fitosanitario del territorio, delimitando le “aree contaminate” (il campo o il vivaio in cui è stata accertata la presenza del virus, il cosidetto “focolaio”), le “zone tampone” (zona di almeno 1 km di larghezza, di separazione fra una zona indenne e un’area contaminata o fra una zona indenne e una zona di insediamento) ed eventualmente le “zone di insediamento” (il territorio dove il virus è in grado di perpetuarsi nel tempo e la sua diffusione è tale da renderne tecnicamente impossibile l’eradicazione); l’istituzione delle zone di insediamento nelle regioni in cui la malattia è largamente diffusa consentirà ai Servizi fitosanitari regionali di concentrare i propri sforzi nelle “zone tampone” e nelle “zone indenni”, in modo da contenerne l’ulteriore diffusione e solvaguardare l’attività vivaistica, nell’interesse dei produttori agricoli; nelle aree contaminate ogni pianta ospite con sintomi sospetti del virus PPV deve essere estirpata senza necessità di ulteriori analisi, le piante per le quali è stata prescritta l’estirpazione devono essere capitozzate o disseccate, in modo tale da impedire l’emissione di polloni, entro 15 giorni dalla data di notifica della prescrizione ufficiale ed estirpate per intero entro l’inizio della stagione vegetativa successiva; i Servizi fitosanitari regionali debbono disporre l’estirpazione dell’intero campo quando la percentuale di piante sintomatiche è uguale o superiore al 10%, tale misura può essere applicata anche in presenza di percentuali inferiori; viene vietato il prelievo di materiale di moltiplicazione dalle piante di drupacee suscettibili presenti nelle aree contaminate, nelle zone di insediamento e nelle zone tampone, tranne che tale attività sia svolta in serra con un sistema di protezione antiafidi «screen-house» e in assenza di piante di drupacee nel raggio di 100 metri. Tale distanza può essere ridotta fino a 20 metri quando l’assenza di PPV nell’area sia stata confermata da uno specifico controllo definito dal Servizio fitosanitario ed effettuato con oneri a carico del produttore su tutte le piante di drupacee suscettibili poste nel raggio di 100 metri; nelle zone tampone e nelle zone di insediamento è vietato l’esercizio dell’attività vivaistica per la produzione di piante e materiale di moltiplicazione di specie suscettibili al virus PPV, fatto salvo che tale attività non venga svolta in «screen-house», alle stesse condizioni previste per il prelievo del materiale di moltiplicazione; i nuovi campi di produzione vivaistica, di norma collocati nelle zone indenni, devono essere distanti almeno 300 metri da frutteti di piante di drupacee suscettibili; tale distanza può essere ridotta fino a 20 metri a condizione che l’assenza di PPV nell’area sia confermata da uno specifico controllo definito dal Servizio fitosanitario ed effettuato con oneri a carico del produttore su tutte le piante di drupacee suscettibili poste nel raggio di 300 metri; 41 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. in caso di produzione di varietà locali, il Servizio fitosanitario regionale può autorizzare, sotto controllo ufficiale, l’autoproduzione, l’attività vivaistica e l’allevamento di piante madri, all’interno di zone di insediamento e di zone tampone; per la produzione di piante di drupacee in vivaio deve essere impiegato materiale certificato ai sensi del decreto ministeriale 20 novembre 2006 o portainnesti ottenuti da seme. E’ tuttavia consentito utilizzare innesti non certificati a condizione che le piante madri da cui si preleva il materiale si trovino in aree indenni, siano dichiarate al Servizio fitosanitario regionale, siano singolarmente contrassegnate e controllate con ispezioni visive ed analisi di laboratorio a cura e spese del vivaista e che il vivaista invii al Servizio fitosanitario regionale competente, prima del prelievo, i risultati delle analisi di laboratorio, nonché la quantità di materiale di moltiplicazione che intende prelevare da ciascuna pianta madre contrassegnata; i costitutori di nuove varietà di drupacee, prima di cedere a terzi a qualunque titolo il materiale di moltiplicazione selezionato, devono controllare le piante madri, in applicazione degli standard tecnici emanati dal Servizio fitosanitario centrale e devono inviare ai Servizi fitosanitari competenti i risultati delle analisi di laboratorio previste; qualora nei campi di piante madri si riscontri la presenza di PPV, oltre alla istituzione dell’area contaminata, si dovrà procedere alla distruzione delle piante presenti in vivaio ottenute con materiale prelevato dalle piante risultate infette; i vivaisti e gli agricoltori che utilizzano materiale di moltiplicazione proveniente da altri Paesi, devono darne comunicazione al Servizio fitosanitario regionale competente; l’autoproduzione effettuata dagli agricoltori é consentita esclusivamente utilizzando materiale di moltiplicazione certificato, fatta salva la deroga concessa per la produzione di varietà locali; qualora in un vivaio si riscontri la presenza di PPV le piante appartenenti al lotto risultato infetto devono essere distrutte. Per il restante materiale di propagazione presente nel vivaio é sospesa l’autorizzazione all’uso del passaporto delle piante CE fino alla dichiarazione ufficiale di eradicazione dell’area contaminata. Tuttavia i Servizi fitosanitari regionali possono autorizzare lo spostamento o la commercializzazione delle restanti piante presenti in vivaio verso zone di insediamento del virus PPV, a condizione che le analisi su campioni asintomatici, ufficialmente prelevati dal Servizio fitosanitario regionale abbiano dato esito negativo; nel caso in cui un vivaio, precedentemente costituito, venga a trovarsi all’interno di una zona tampone, per tutte le piante e tutti i materiali di moltiplicazione di drupacee presenti nel vivaio é sospesa l’autorizzazione all’uso del passaporto delle piante CE fino all’eradicazione dell’area contaminata. Tuttavia anche in questo caso i Servizi fitosanitari regionali possono autorizzare lo spostamento o la commercializzazione delle piante verso le zone di insediamento del virus PPV o verso zone per cui i servizi fitosanitari del territorio di destinazione e di confine interessati, abbiano dato parere favorevole, a condizione che nel vivaio di produzione e nel raggio di 300 metri dallo stesso non vi siano piante infette e che le analisi su campioni asintomatici, ufficialmente prelevati dal Servizio fitosanitario regionale, abbiano dato esito negativo, oppure che la coltivazione delle drupacee sia stata effettuata in serra con un sistema di protezione antiafidi «screen-house»; al di fuori delle zone di insediamento é fatto obbligo a chiunque di segnalare ogni caso sospetto di PPV. L’obbligo vale anche per le ditte che commercializzano, le industrie di trasformazione e gli incaricati delle attività di certificazione qualitativa sui prodotti ortofrutticoli, nonché per i laboratori pubblici e privati, ivi compresi quelli di ricerca, che accertino la presenza di PPV; il materiale vivaistico in produzione al momento dell’entrata in vigore del decreto, potrà essere commercializzato entro due anni, cioè fino al 10 ottobre 2011, nel rispetto delle disposizioni preesistenti e previa autorizzazione del Servizio fitosanitario regionale; Le regioni, al fine di prevenire gravi danni per l’economia di una zona agricola, possono stabilire misure di sostegno alle aziende frutticole e vivaistiche alle quali é stata prescritta dal Servizio fitosanitario l’estirpazione o la distruzione obbligatoria a causa della presenza di PPV. 42 Sessione 4a - Poster Suscettibilità alla bolla (Taphrina deformans berk. tul.) di cultivar di pesco con diversa origine genetica G. Padula, A. Ferri, D. Morelli, E. Bellini, V. Nencetti, E. Giordani Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura – Polo Scientifico e Tecnologico - Università degli Studi di Firenze La bolla del pesco, il cui agente causale è Taphrina deformans (Berkeley) Tulasne, rappresenta sicuramente una delle malattie più temute di questa specie. Le piante sensibili a questo fungo manifestano i sintomi alla ripresa vegetativa a danno delle giovani foglie che appena schiuse presentano consistenti bollosità, che con il passare del tempo tendono a ispessirsi, ad assumere consistenza carnosa e colorazione rossastra determinando infine il completo accartocciamento e disseccamento dell’intera foglia, nonché del giovane germoglio, con immaginabili ripercussioni sulla produzione. Nei casi più gravi vengono danneggiati anche i frutti, che perdono qualunque valora commerciale. Obiettivo della ricerca è stato quello di valutare la suscettibilità al patogeno di 241 genotipi, ciascuno rappresentato da 3 repliche allevate a vaso presso l’Az. agricola Montepaledi dell’Università di Firenze (S. Casciano Val di Pesa – FI), comprendenti sia vecchie varietà toscane, che nuove cultivar ottenute da programmi di miglioramento genetico italiani ed esteri. L’intensità dell’attacco è stata valutata attribuendo un punteggio compreso tra 0 e 5 (0 = nessun sintomo; 1 = poche foglie colpite; 2 = da poche foglie al 10% delle foglie colpite; 3 = dall’11 al 30% di foglie colpite; 4 = dal 31 al 50% di foglie colpite; 5 = oltre il 50% di foglie colpite) per tre anni consecutivi. Le osservazioni sono state condotte a partire dalla ripresa vegetativa, concomitante alla comparsa dei primi sintomi (prima decade di aprile), e si sono ripetute, con una cadenza bisettimanale, per tutto il periodo in cui il fungo ha manifestato la sua presenza (ultima decade di maggio). La suscettibilità media riscontrata sulle 241 cultivar è pari a 4. Dalla ripartizione in classi di suscettibilità risulta che soltanto 4 genotipi risultano in classe 0, 25 in classe 1, 20 in classe 2, 30 in classe 3, 71 in classe 4 e 91 in classe 5. Le varietà tolleranti sono sostanzialmente cultivar di origine italiana e di interesse esclusivamente locale, tranne ‘Regina d’Ottobre’ di rilevanza nazionale. Lo stesso può essere affermato per quelle in classe 1 dove, ad eccezione di ‘Benedicte’, ‘Jungerman’ e ‘Redhaven’, troviamo principalmente varietà di origine italiana, tra cui i gruppi delle Cotogne e delle Burrone Fiorentine, tipiche varietà toscane. Anche in classe 2 e 3 prevalgono le cultivar di origine italiana rispetto a quelle di origine estera. Nelle classi a suscettibilità superiore il numero di cultivar di origine estera aumenta sensibilmente con oltre il 30% in classe 4 e il 50% in classe 5, mentre scompaiono del tutto le cultivar di interesse prettamente locale. Differenze statisticamente significative (ANOVA, test di Duncan) sono state riscontare per la suscettibilità alla bolla del pesco tra le nettarine (valore medio della suscettibilità 4,6) e le pesche comuni (suscettibilità media pari a 3,2). Nessuna differenza invece è emersa in funzione del colore della polpa dei frutti e rispetto alla tipologia delle glandole fogliari. 43 Sessione 4a - Poster Indagine sulla suscettibilità di alcune cultivar di pesco e nettarina nei confronti dell’agente virale PPV-M (Plum Pox virus ceppo M) o Sharka S. Zampini, V. Girolami, N. Mori Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università degli Studi di Padova – Agripolis Legnaro (Pd) Riscontrato la prima volta in Italia (Bolzano) nel 1973 su albicocco il Plum Pox Virus agente della Vaiolatura delle Drupacee o Sharka rappresenta uno dei più gravi fitovirus delle drupacee (pesche in particolare) trasmesso da afidi e materiale di propagazione infetto. Segnalato su piante di pesco nel 1996 in provincia di Verona, si è subito diffuso nel principale areale peschicolo Veneto e l’applicazione della Normativa sui patogeni da quarantena, (D.M. 29/11/1996) ha portato sino ad oggi all’estirpo di circa 180.000 piante, con riduzione della superficie peschicola di 2.000 Ha. Per contrastare la elevata diffusione del virus di tipo endemico - non più epidemico - la Regione Veneto, attraverso l’Unità Periferica Servizi Fitosanitari, oltre alle misure di monitoraggio e controllo ha promosso anche una serie di sperimentazioni e progetti di ricerca, di cui il presente lavoro fa parte. Di estrema applicazione pratica risultava monitorare la diversa suscettibilità varietale, dopo qualche anno dall’insediamento del virus, nelle condizioni di campo, al fine di stilare un indicativo elenco di varietà di pesche e nettarine più o meno sensibili alla Sharka. Presso 9 aziende agricole veronesi localizzate nelle principali zone di diffusione del virus, in base ad un protocollo predefinito, sono stati eseguiti per due anni consecutivi, (20042005), da aprile a settembre, rilievi mensili sintomatologici ed analisi sierologiche, su foglie e frutti virosati. Sono state per questo scelte 20 varietà infette da 3-5 anni sintomatiche e rappresentative dell’areale peschicolo veronese, individuando 20 piante ogni cultivar . Dall’elaborazione dei dati si sono dimostrate meno sintomatiche 5 varietà tra le 20 analizzate e sono emersi elementi utili per comprendere i diversi comportamenti di singole varietà alla Vaiolatura delle drupacee. Per far fronte alla necessità di convivere con la malattia della Sharka nell’areale peschicolo veronese, gli esiti di questa indagine rappresentano una prima indicazione sulle varietà meno suscettibili che possono essere utilizzate per i reimpianti. Tuttavia i risultati emersi necessitano di ulteriori conferme per un periodo di tempo più esteso. 44 Sessione 4a - Poster Sensibilità al virus dalla vaiolatura delle drupacee di varietà e selezioni di pesco: risultati delle prove del biennio 2007-2009 F. Fontana1, A.R. Babini3, C. Ratti2, V. Vicchi3, C. Poggi Pollini2 e L. Giunchedi2 1 Alimos, az. Martorano 5, Cesena, Italia; 2Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali (DiSTA)-Patologia Vegetale, Università di Bologna, Bologna, Italia; 3 Servizio Fitosanitario Regionale (SFR), Regione Emilia Romagna, Bologna, Italia – email:[email protected] L’impiego di varietà resistenti/tolleranti risulta attualmente l’unico mezzo per poter coltivare il pesco in modo remunerativo nelle aree interessate da PPV. La selezione varietale da parte dei diversi costitutori non può più prescindere dalla valutazione del comportamento nei confronti di PPV delle nuove varietà . Per questo, nel corso del 2007 è stata allestita, presso l’azienda Martorano 5 di Cesena, una collezione costituita da 37 varietà di recente diffusione e da 10 selezioni in fase di avanzata valutazione della specie pesco. 4 piante innestate sul portainnesto GF 677 per ciascuna varietà/selezione in prova sono state piantate direttamente nel terreno, all’interno di una struttura anti afidi (screen house). Nel febbraio 2008, prima della ripresa vegetativa, 3 piante di ogni varietà/selezione sono state inoculate con il virus della Sharka (Plum pox virus = PPV) mediante chip-budding sopra il punto di innesto con porzioni di tessuto corticale prelevate da piante di pesco GF 305 infette con PPV ceppo M, isolato 0019 UBA.; una pianta è stata lasciata come testimone non inoculato. L’inoculazione è stata ripetuta sulle branche principali delle piante in prova, mediante inserzione di porzioni di tessuto infetto da PPV dello stesso isolato sopra menzionato, sia in settembre 2008 che in giugno 2009, che a 6 mesi dal primo inoculo non presentavano sintomi. I controlli per la comparsa dei sintomi, effettuati nel corso del 2008 e 2009, hanno riguardato dapprima i rametti, quindi i fiori di tipo rosaceo, le foglie e, da giugno fino al momento della raccolta, i frutti. Alcune piante che manifestavano sintomi tipici di PPV e tutte quelle che invece non mostravano sintomi, sono state sottoposte al saggio sierologico DAS ELISA, per accertare l’eventuale presenza di PPV. I rilievi sulla vegetazione primaverile hanno evidenziato la comparsa, su differenti organi di molte delle piante inoculate, di sintomi ascrivibili a PPV, di differente intensità. Per quanto riguarda le 37 varietà, 7 di queste già a febbraio mostravano anulature clorotiche e a contorno rossastro tipiche del PPV, sui rametti di un anno (19%). Fra le 34 varietà a fiori rosacei, 23 hanno manifestato sintomi consistenti in caratteristiche striature/rotture di colore (68%), così come l’unica selezione con fiori rosacei (9 di queste hanno fiori campanulacei). Da aprile a giugno sono stati rilevati sintomi sulle foglie di quasi tutte le piante di pesco inoculate. Maculature ad andamento sinuoso e/o anulature clorotiche per lo più adiacenti alle nervature apparivano in modo più o meno marcato con fiammeggiature ed aloni verde chiaro che poi, con il proseguire della stagione vegetativa, viravano in molti casi al rosso-bruno. Talvolta interessavano solo le foglie di pochi rami della chioma, in altri casi erano presenti sulla quasi totalità dei rami anche se le foglie interessate dai sintomi erano per lo più quelle collocate nella parte basale. Riferendosi alle 47 varietà e selezioni di pesco in prova, sintomi fogliari di diversa intensità sono apparsi su 44 biotipi (94%). Sintomi di diversa foggia e intensità ( variabili da leggere chiazzature e anulature fino a evidenti deformità) sono stati rilevati sui frutti di 27 varietà e selezioni di pesco (57%). Su 3 selezioni ed 1 varietà di pesco non sono comparsi sintomi in nessun organo vegetativo e le foglie di tali piante sono risultate negative al test DAS ELISA. Queste ultime, così come 13 varietà che hanno reagito all’inoculazione di PPV manifestando deboli sintomi sulle foglie e nessun sintomo sui frutti, sono da considerare le più promettenti per una possibile caratteristica di tolleranza al PPV. Questo comportamento dovrà essere confermato dalle osservazioni della prossima stagione vegetativa, quando verrà valutata l’eventuale presenza di PPV nelle piante senza sintomi mediante saggi biomolecolari ripetuti sui diversi organi vegetativi (fiori, foglie tessuto corticale dei rametti di un anno). Attività realizzata con il supporto del CRPV, sulla base di finanziamenti della Regione Emilia-Romagna, L.R. 28/98. 45 Sessione 5a - Relazione Tecnologie per miglioramento, qualità e conservazione della qualità e della maturazione delle pesche C. H. Crisosto Università della California. Department of Plant Sciences, Davis, USA e-mail: [email protected] Slides 1-4. Un importante test di gradimento tra i consumatori (1.552 consumatori), recentemente condotto negli USA, ha evidenziato che frutti troppo teneri, deperibili e privi di sapore (“sensorialmente danneggiati”) rappresentano i fattori limitanti all’acquisto di pesche, nettarine e susine californiane sul mercato degli USA. La prevenzione dei fattori che determinano la perdita di qualità e che si sviluppano in post-raccolta (Tab. 1) durante la conservazione, potrebbe rappresentare un approccio utile al fine di incrementare il consumo di frutta, visto che i principali problemi di qualità sensoriale (intenerimento della polpa e sgradevolezza o assenza del gusto) occorrono durante le operazioni di manipolazione dei frutti. Tab. 1. Principali motivazioni indicate come responsabili della riduzione degli acquisti di pesche, nettarine e susine in California (2005) Pesche 1. 2. 3. 4. 5. Eccessiva tenerezza Rapida deteriorabilità Costo elevato Sovramaturazione Scarsa dolcezza 6. Non sufficientemente gustose 7. Non pronte per il consumo 8. Scarsa abitudine Nettarine Susine 1. Costo elevato 2. Eccessiva tenerezza 3. Rapida deteriorabilità 4. Scarsa dolcezza 5. Non sufficientemente gustose 6. Scarsa abitudine 1. 2. 3. 4. 5. 7. 8. 9. 10. 7. Scarsa abitudine 8. Sovramaturazione 9. Non pronte per il consumo Sovramaturazione Non pronte per il consumo Eccessiva acidità Eccessiva astringenza Costo elevato Eccessiva tenerezza Scarsa dolcezza Non sufficientemente gustose Eccessiva acidità 6. Rapida deteriorabilità Sterling-Rice Group. 2006. What Are Your Customers Thinking Project: Why Not? Prepared for the California Tree Fruit Agreement, October 26. Oltre agli attributi sul gusto, esiste un crescente interessamento da parte dei consumatori nei confronti dei parametri nutrizionali (es. vitamine, minerali, contenuto in fibre) e salutistici (es. antiossidanti) dei frutti, che vengono inclusi nel concetto di qualità della frutta; questi fattori stanno divenendo importanti nelle preferenze dei consumatori. Il frutto di pesco possiede acido ascorbico (vitamina C), carotenoidi (pro-vitamina A) e composti fenolici, i quali rappresentano una buona fonte di antiossidanti. La maggior parte dei composti con attività potenzialmente antiossidante è confinata alla buccia; si raccomanda perciò, di mangiare le pesche con la buccia, al fine di assumere la maggior quantità possibile di antiossidanti. La capacità antiossidante (AC) della pesca varia notevolmente in funzione della cultivar. Inoltre, l’attività antiossidante totale delle pesche è simile a quella riportata per le pere, mele e pomodoro ma è significativamente più bassa rispetto a quella osservata nei mirtilli e nelle susine rosse. La capacità antiossidante (AC) di 100 ml di vino rosso = 100 g di ‘Snow Skin’ o ‘September Sun’ = 1000 g di Flavorcrest’ Studi clinici, epidemiologici e sperimentali evidenziano che la dieta assume un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie croniche degenerative, come i tumori, le malattie cardiovascolari e l’artereosclerosi. Si suppone, infatti, che il consumo di frutta fresca e vegetali eserciti un ruolo di protezione nei confronti di tali patologie. I cambiamenti nella 46 definizione di qualità della frutta, in accordo con le richieste dei consumatori, possono contribuire ad aumentare il consumo di pesche qualora siano avviati idonei programmi di promozione e di educazione alimentare. Considerando che la qualità delle pesche non può essere migliorata dopo la raccolta, è importante comprendere il ruolo dei fattori in preraccolta nelle preferenze del consumatore e nella durata commerciale del prodotto stesso. Slides 5-9 Nell’ultimo decennio, i frutti si stanno diversificando e caratterizzando in funzione del sapore (gusto), del colore, della consistenza della polpa e dell’aspetto estetico. Abbiamo utilizzato tecniche di valutazione sensoriale al fine di classificare in maniera rappresentativa i frutti di diverse cultivar di pesco in classi di gusto (bilanciato, acido, dolce, aromatico). È auspicabile sviluppare un indice minino di accettabilità all’interno di ogni gruppo sensoriale (classi di gusto) classificato, anziché usare un indice minimo di qualità generico e inaffidabile basato sulla concentrazione degli zuccheri solubili (RSR). Contemporaneamente, mediante un panel test esperto per l’individuazione degli attributi di danneggiamento sensoriale, stiamo studiando la perdita di sapore (gusto) durante la frigoconservazione riconducibile alla cultivar, alla gestione della temperatura, ai fattori agronomici del frutteto ed a nuove tecnologie in post-raccolta. Slides 10-15. La contrazione nelle preferenze da parte del consumatore è associata alla perdita del gusto, all’assenza di succosità e del sapore. Queste perdite vengono attribuite alla cultivar e alla temperatura di conservazione. Noi studiamo i fenomeni di disfacimento interno della polpa (IB) e i danni da freddo (CI) in frigoconservazione. Stiamo affrontando tale problematica attraverso diverse metodologie, utilizzando strumenti di genomica quale approccio multi-disciplinare e di lungo termine grazie anche al supporto fornito da diversi Enti tra cui l’USDA NRI, l’UC Discovery (BioSTAR), la BARD, la California Cling Peach Board e della California Tree Fruit Agreement, che sta sviluppando la “super pesca”. Abbiamo studiato anche il ruolo dei fattori agronomici del frutteto (includendo portinnesti, cultivar, nutrienti, ecc.). Stiamo valutando portinnesti completamente compatibili con il pesco, tolleranti ai nematodi galligeni delle radici ed in grado di ridurre il vigore della pianta. La taglia di riferimento dell’albero è quella di Nemaguard da seme con Controller 5 come intermedio. Le due nuove selezioni di portinnesto precedentemente identificate e con la capacità di controllare la vigoria (HBOK 10 e 32) hanno fornito una buona risposta offrendo una dimensione dell’albero approssimativamente pari al 60 -70 % rispetto agli alberi di Nemaguard e con carico produttivo, pezzatura dei frutti e attributi qualitativi dei frutti accettabili. Slides 16-21 Da apposite prove su deficit nutrizionali è emerso che l’imbrunimento e la consistenza farinosa della polpa si sono sviluppati con 3 settimane di anticipo durante la frigoconservazione nei frutti con basso contenuto in fosforo P e potassio K. A 6 settimane, i frutti con bassa concentrazione di P e K hanno evidenziato un’incidenza più elevata nella consistenza farinosa della polpa. I frutti delle piante che hanno ricevuto limitato apporti di fosforo (P) hanno avuto approssimativamente 3 settimane in meno di vita sul mercato. Al fine di massimizzare il “potenziale qualitativo del frutteto”, tutti i fattori in pre-raccolta che influenzano la qualità devono essere studiati da fisiologi e pomologi insieme, per controllare la qualità L’opzione più efficace a disposizione dei produttori per ridurre la suberosità dei frutti è la riduzione degli apporti azotati e gli interventi di potatura verde. Interventi energici di potatura verde realizzati approssimativamente 60 giorni prima la raccolta, hanno ridotto significativamente la suberosità interna ed esterna dei frutti. Probabilmente, la potatura estiva riduce la competizione tra i germogli in crescita ed i frutti in fase di ingrossamento, consentendo ai fotosintetati di accumularsi nei frutti. Evitare l’eccessivo vigore delle piante. Le macchie nere e/o scure limitate alla buccia dove si localizzano i pigmenti rappresentano la conseguenza delle reazioni chimiche che si innescano tra i pigmenti rilasciati dalla buccia e i metalli pesanti depositati sulla superficie esterna del frutto stesso. 47 Slides 22 - 25. Nei frutteti dove la decolorazione dei frutti rappresenta un problema è necessario ritardare le operazioni di imballaggio di circa 48 h al fine di selezionare ed eliminare, prima dell’imballaggio, i frutti con difetto. La discolorazione da scottatura della buccia, sulle pesche e nettarine a polpa bianca, è simile alla comparsa di macchie (inking). Tuttavia, tali danni appaiono successivamente nell’imballaggio-refrigerazione. Sulla base delle nostre esperienze, appare che la scottatura della buccia nelle cv a polpa bianca è innescata dalla combinazione di danni di natura fisica durante le fasi di raccolta-trasporto in combinazione con lo stress da post-raccolta. Gli stress da post-raccolta, come l’esposizione dei frutti ad eccessive correnti d’aria durante la refrigerazione forzata (FAC), la velocità dell’aria calda e l’elevato pH dell’acqua durante le operazioni di lavaggio e pulizia determinano l’insorgenza di tali danni sui frutti. Slides 26 -39. Aggiornamenti sul post-raccolta. L’impiego delle tecniche di atmosfera controllata (CA) e/o atmosfera modificata nell’imballaggio (MAP) hanno offerto limitati benefici nel prolungare la durata in postraccolta di pesche e nettarine. L’efficacia dell’atmosfera controllata (CA) è in relazione alla cultivar, a fattori in pre-raccolta, danni da freddo, temperatura, pezzatura del frutto, epoca commerciale e tempi di consegna. Lo sviluppo dei sintomi da danni da freddo rappresenta il fattore limitante alla conservazione di lungo periodo di molte cultivar di nettarine. L’atmosfera controllata mantenuta con 2 kPa O2 + 5 kPa CO2 a 0 oC, ha mostrato effetti limitati sul contenimento della farinosità della polpa durante la consegna delle cultivar di pesche a polpa gialla. Inoltre, condizioni di atmosfera controllata mantenute a 6 kPa O2 + 17 kPa CO2 a 0°C hanno mostrato effetti limitati sul contenimento della farinosità della polpa durante la conservazione delle cultivar di pesche a polpa gialla e bianca. Al momento, è in fase di studio l’applicazione della tecnologia che modifica l’atmosfera nell’imballaggio (MAP) come ad esempio contenitori di cartone foderato ed isolato internamente o il pallet completamente isolato. Circa l’impiego di 1-MCP su pesche quale regolatore della maturazione dei frutti e tecnica per rallentare il processo di ammorbidimento dei frutti durante la vita di scaffale, l’applicazione sotto forma di gas sui frutti imballati e conservati risulta più efficace nel mantenere la consistenza della polpa, se dato prima del pre-condizionamento (per non alterare i gusti della pesca). Il sistema di imballaggio a “vassoio sospeso” è stato messo a punto per consentire ai frutti teneri di essere consegnati ed esposti al punto vendita minimizzando i danni meccanici. I danni da vibrazioni durante il trasporto sono così prevenuti. Slides 40-41. Ipotesi di nuove tecniche di manipolazione dei frutti. Si sta mettendo a punto un sistema di bombolette per rilascio di etilene durante il lungo trasporto. Si potranno così trattare interi containers con pallet scoperti (si arriverà cioè all’attivazione a distanza per regolare la maturazione durante la fase di distribuzione. Tecnica RFID (Identificazione per mezzo di frequenze radio - microchip): I codici migliorano la logistica, fornendo vantaggiose opportunità per i punti vendita al dettaglio e di distribuzione alimentare. Utilizzando sensori di temperatura senza filo, monitoraggio a distanza (RFID), algoritmi e diagnostica, la shelf life della frutta può potenzialmente essere calcolata automaticamente ed in tempo reale attraverso sistemi di modellistica informatizzata. Infine, le tecnologie non-distruttive per la qualità. Per la determinazione della consistenza della polpa e del gusto si stanno testando nuovi metodi in prove commerciali, al fine di valutare la loro applicabilità su grande scala. Il nostro obiettivo sarà di fornire uno strumento ai frutticoltori e/o operatori del settore al fine di selezionare e rimuovere i frutti immaturi e sovramaturi. In questo modo potranno direzionare con successo la raccolta verso frutti più maturi e di conseguenza più gustosi evitando però il rischio di incorrere in frutti sovrammaturi. 48 Sessione 5a - Relazione L’impiego della spettroscopia vis/NIR semplificata per determinare lo stadio di maturazione e migliorare la gestione del post-raccolta G. Costa(1), M. Noferini(1), E. Bonora(1), L. Piccinini(1), G. Fiori(1), F. Gottardi(2), M. Brasina(2), C. Mazzini(2), G. Donati(3), M. Lorini(3), E. Foschini(3), E. Samorì(3) (1) Dipartimento di Colture Arboree, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna (2) COOP Italia, Casalecchio di Reno (BO) (3) Granfrutta Zani, S. Andrea (RA) I consumatori si stanno disaffezionando al prodotto “pesca” poiché i frutti che acquistano nei punti vendita della grande distribuzione spesso non rispondono alle loro aspettative essendo caratterizzati da una maturazione a volte molto eterogenea. Il consumatore non è quindi in grado di valutare né il momento migliore per consumarli né per quanto tempo questi frutti manterranno inalterate le loro caratteristiche. I motivi di una tale situazione sono probabilmente causati in buona misura da una errata epoca di raccolta. Peraltro, sebbene sia noto che il livello di maturazione raggiunto dai frutti alla raccolta ne condiziona la qualità al consumo ed anche la durata della shelf-life, i frutti vengono raccolti precocemente per possedere una elevata durezza della polpa onde limitare i danni che le operazioni di selezione possono determinare. La selezione eseguita sui frutti raccolti riguarda soprattutto il colore, la pezzatura e la presenza di difetti e quindi non è in grado di raggruppare i frutti in relazione in classi omogenee di maturazione. La determinazione delle caratteristiche organolettiche inoltre è limitata al contenuto in solidi solubili, alla durezza della polpa ed al tenore in acidità eseguita forzatamente su campione e ricorre a metodi distruttivi dei frutti esaminati. L’introduzione nel mercato di strumentazioni che non sono invasive potrebbe contribuire a risolvere il problema consentendo di raggruppare i frutti in classi di maturazione omogenea. Recentemente, il Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Bologna ha brevettato e messo a punto il DA-Meter, uno strumento portatile, di costo contenuto che praticamente non richiede complesse operazioni di calibrazione. Il DA-Meter misura un indice (IDA = differenza di assorbanza), che è in grado di monitorare le modificazioni fisiologiche che intervengono durante la maturazione del frutto di pesco. Il DA-Meter potrebbe trovare un utile impiego “in pieno campo” sui frutti ancora in pianta per determinare il momento opportuno di raccolta, “in magazzino” per stabilire la migliore strategia di conservazione e di gestione dei frutti, “presso i punti vendita della distribuzione” per prevedere la durata della shelf-life e per offrire ai consumatori partite di frutti caratterizzati da una maturazione omogenea. Si è quindi ritenuto interessante valutare i vantaggi offerti dall’impiego del DA-Meter lungo la filiera produttiva coinvolgendo la cooperativa Granfrutta Zani per stabilire in campo presso i loro impianti il momento più opportuno per effettuare la raccolta e per suddividere in magazzino i frutti in relazione al loro grado di maturazione. Infine presso la grande distribuzione (COOP-Italia) è stato valutato il gradimento dei consumatori verso i frutti così suddivisi. 49 Sessione 5a - Relazione Caratterizzazione varietale delle pesche e nettarine in funzione di una shelflife sostenibile per la distribuzione e il consumo F. Neri, S. Brigati, P. Bertolini CRIOF-Dipartimento di Protezione e Valorizzazione Agroalimentare – Università di Bologna Email: [email protected] Le pesche e le nettarine sono caratterizzate da una vita post-raccolta relativamente breve, per la rapida insorgenza di fenomeni di sovra-maturazione e l’elevata suscettibilità alle alterazioni infettive. Le maggiori perdite sono dovute alle infezioni fungine, e tra queste il marciume bruno (principale agente di malattia in Europa: Monilinia laxa) causa le perdite più ingenti (Mari et al., 2009). Le infezioni possono manifestarsi in magazzino, ma più spesso, nei punti vendita e nelle case dei consumatori. Il divieto all’utilizzo dei fungicidi in postraccolta rende più difficile la difesa da queste alterazioni in Europa rispetto ad altri paesi ove invece il trattamento è autorizzato (es. USA). Le perdite idriche, dovute alla traspirazione del frutto, determinano poi una diminuzione di peso dei frutti (“calo peso”). Queste perdite di umidità riducono inoltre la turgidità dei tessuti, la sensazione di freschezza e possono comportare anche la manifestazione di sintomi di avvizzimento, che squalificano notevolmente il prodotto (Neri, 2008). Ulteriori perdite possono derivare dal deterioramento dei caratteri organolettici del frutto legati all’insorgenza di sovra-maturazione. Dopo la raccolta le pesche subiscono trasformazioni nella struttura cellulare e nella composizione chimica inizialmente necessarie per il conseguimento dello stadio edule (intenerimento della polpa, aumento di succosità e dei composti aromatici che conferiscono il tipico aroma fruttato), ma che portano nel tempo ad un progressivo deterioramento del prodotto. Le alterazioni organolettiche si palesano inizialmente attraverso un appiattimento del sapore e, successivamente, con la comparsa di odore e sapore fermentato. Le perdite in post-raccolta possono in parte essere limitate dalla scelta di un idoneo standard di maturazione e dal razionale impiego delle tecnologie del freddo (Neri et al., 2003; Neri, 2004). L’utilizzo di GAPs (good agricultural practices) e lo sviluppo tecnologico in post-raccolta hanno consentito nei paesi più sviluppati di ridurre gli scarti dalla raccolta al magazzino. Ancora critico risulta invece il controllo delle perdite nella parte finale della filiera (punti vendita e luoghi di consumo). L’innalzamento della temperatura dovuto all’interruzione della catena del freddo determina infatti un rapido incremento della crescita dei patogeni e comporta l’aumento dell’attività metabolica del frutto. D’altra parte il mantenimento delle pesche per un certo periodo a temperatura ambiente dopo la raccolta (preferenzialmente 20°C) è indispensabile per il raggiungimento della fase edule dei frutti (maturazione di consumo). Le perdite finali di prodotto sono state fino ad oggi scarsamente tenute in considerazione, tuttavia possono causare grande insoddisfazione nel consumatore ed influenzare negativamente la propensione al consumo di frutta. In questo contesto, alcune ricerche svolte nell’ambito del Progetto Interregionale “Frutticoltura Post-raccolta” hanno avuto lo scopo di studiare le evoluzioni delle principali cause di perdita di pesche e nettarine durante la fase distributiva e portare ad una caratterizzazione delle cv in base alla loro “shelflife”. Con questo termine (letteralmente, vita di scaffale) si indica la vita di mercato, la durata sostenibile durante la fase distributiva, ossia il periodo di tempo (generalmente a temperatura ambiente) cui un prodotto può essere sottoposto senza eccessive perdite quantitative o decadimenti qualitativi, rimanendo così idoneo per il consumo. La simulazione della fase distributiva è stata realizzata ponendo i frutti alla temperatura di 20°C dopo la raccolta o al termine di un periodo di conservazione di circa 10 giorni a 0°C. Nella maggior parte delle cv saggiate (pesche Springcrest, Springbelle, Suncrest, Zee Lady, Summerset e nettarine Big Top, Guerriera, Diamond Ray, Venus, Orion, Sweet Red), la maturazione di consumo (durezza della polpa compresa tra 1.3-0.5 Kg) è stata raggiunta dopo 50 Sessione 5a - Relazione 4-5 giorni di mantenimento dei frutti a 20°C per la maturazione effettuata subito dopo la raccolta, oppure dopo 2-3 giorni a 20°C se i frutti venivano prima conservati a 0°C. Le pesche ‘Royal Gem’ e le nettarine ‘Laura’ e ‘Spring Bright’ sono intenerite più velocemente, raggiungendo la maturazione di consumo dopo 2-3 giorni a 20°C. Al contrario, le nettarine di recente introduzione ‘Big Bang’, ‘Magique’ ( a polpa bianca), ‘Honey Royal’ e ‘Honey Glo’ hanno mostrato un intenerimento della polpa più lento, raggiungendo la maturazione di consumo dopo 7-8 giorni a 20°C se maturate subito dopo la raccolta o dopo 4 giorni a 20°C se prima frigoconservate. Una volta raggiunto la completa maturazione, alcune cv (‘Springbelle’, ‘Rich Lady’, ‘Summerset’, ‘Guerriera’, Magique’, ‘Orion’, ‘Sweet Red’) hanno mantenuto un idoneo standard di qualità (calo peso <10%, infezioni <15%, assenza di alterazioni organolettiche) per ulteriori 3-5 giorni a 20°C. Altre cv (‘Royal Gem’, ‘Spring Bright’ e ‘Big Top’) hanno manifestato minore serbevolezza, manifestando elevate incidenze di infezioni (19-54%) già dopo 3 o 5 giorni dalla raccolta. La ricerca ha messo in luce come, insieme ad altri caratteri tipici quale il gusto prevalente o l’aroma, anche la shelf-life possa differenziarsi tra le cv di pesche e nettarine. I risultati potrebbero fornire elementi utili per segmentare le cv in gruppi omogenei per shelflife e migliorare la gestione e la differenziazione delle partite sul mercato. Informazioni circa la durata del prodotto potrebbero inoltre guidare il consumatore al momento dell’acquisto e del consumo di frutta. 51 Sessione 5a - Relazione Caratteristiche nutrizionali delle pesche e nettarine: le proprietà antiossidanti quali possibili parametri di qualità M. Battino*, S. Romandini*, F. Capocasa**, B. Mezzetti** * Dipartimento di Biochimica Biologia e Genetica – Università Politecnica delle Marche ** Dipartimento SAPROV - Università Politecnica delle Marche Da lungo tempo è riconosciuto il ruolo cruciale della frutta nel prevenire le malattie cronico-degenerative grazie al suo contenuto in antiossidanti. Studi epidemiologici globali mettono in correlazione la prevalenza di certe patologie con le abitudini alimentari e conferma una relazione inversa tra il consumo di frutta e l’incidenza di molte malattie croniche in particolare per il ruolo svolto nella protezione delle malattie cardiovascolari degenerative e antiproliferative ma anche per il generale benessere a cui la frutta può contribuire. Benché il risultato degli studi epidemiologici non è sempre inequivocabile, ci sono convincenti evidenze che i grandi benefici della frutta sono dovuti ai loro specifici composti di rilevanza nutrizionale. Tra la frutta in questione, ci siamo occupati di caratterizzare le pesche dal punto di vista nutrizionale. Questo frutto ha parte nella dieta umana da secoli, e rappresenta potenzialmente un importante contributo al consumo di frutta fresca per la popolazione. Le pesche sono anche tra i frutti più consumati, particolarmente d’estate, insieme ad altri frutti sono una importante fonte di fibre e nutrienti come le vitamine nella dieta e giocano un ruolo rilevante nella protezione del corpo umano dai radicali liberi e dalle specie reattive dell’ossigeno che inducono danni all’organismo. Lo scopo di questo nostro studio è stata quello di esaminare e comparare differenti genotipi di pesche misurando la loro capacità antiossidante totale (CAT) , il contenuto totale di polifenoli (TPH) immediatamente dopo la raccolta, in due casi anche dopo frigoconservazione (a -20°C), la relazione tra CAT e il rapporto zuccheri/acidi. Le pesche non si distinguono per una elevata capacità antiradicalica, ma bisogna considerare che per l’enorme panorama varietale disponibile, caratterizzato da diverse tipologie di frutto mancano studi approfonditi su questo importante carattere. L’attività antiossidante dei frutti, anche per il pesco come per gli altri frutti, è infatti prevalentemente influenzata dalla cultivar, dalla tecnica colturale, dall’interazione con il portinnesto, dall’epoca di maturazione, dalla tipologia e dai tempi di conservazione. L’attività antiossidante totale (CAT) del pesco in studi recenti è stata determinata con il metodo di analisi TEAC ed il contenuto totale di polifenoli (TPC) con il metodo di Folin Ciocalteu. Sono state analizzate 50 cultivar di pesche di cui 21 cultivars di pesche a polpa gialla (PG), 5 di pesche a polpa bianca (PB), 19 nettarine a polpa gialla (NG) e 5 nettarine a polpa bianca (NB). Per ogni cultivar è stato raccolto un campione di 50 frutti di cui 25 destinati alle analisi qualitativa (durezza, zuccheri e acidi) e 25 prontamente avviati alla congelazione (-20 °C) e utilizzati per le analisi nutrizionali. In generale tra le cultivar di pesche analizzate, il potere antiossidante (CAT) più elevato è stato rilevato nelle pesche a polpa bianca e gialla. Il contenuto in CAT e TPH nelle pesche indica che c’è una variabilità nei valori nutrizionali tra le diverse cultivar di pesche e le giuste valutazioni di queste parti possono portare a un’identificazione di un determinato numero di genotipi capaci di incentivare il futuro consumo di frutta. Nel confronto tra zuccheri/acidi e antiossidanti è interessante sottolineare che le cultivar che presentano valori elevati per entrambi i parametri (Emeraude NB, Maria Delizia PB, Flavorcrest PG, Jade NB e Silver Giant NB) possono rappresentare l’eccellenza per una valorizzazione commerciale e un punto di partenza per i breeder nel prossimo futuro. Lo studio condotto ha dimostrato l’importanza e la necessità di indagare in modo approfondito le caratteristiche nutrizionali di pesche e nettarine: infatti, il consumatore deve essere informato anche su proprietà che diventano di giorno in giorno qualificanti per il valore assoluto del prodotto da commercializzare. Questi risultati, quindi, possono essere considerati interessanti per valorizzare le varietà che si distinguono sia per le ottime qualità gustative del frutto sia per quelle nutrizionali. 52 Sessione 5a - Relazione Nuove possibilità di lotta al marciume bruno delle drupacee in post-raccolta M. Mari, F. Neri, I. Donati, R. Gregori CRIOF – Diproval, Università di Bologna,Via Gandolfi, 19 40057 Cadriano (Bologna) e-mail: [email protected] Nel corso degli ultimi decenni sono state intensificate le ricerche per individuare sistemi alternativi ai tradizionali fungicidi di sintesi, nella lotta al marciume bruno delle drupacee. Tra questi gli additivi alimentari con attività antifungina e la termoterapia hanno conseguito risultati di un certo interesse. Il trattamento a base di potassio sorbato (15 g L-1) ha evidenziato una riduzione delle infezioni naturali di Monilinia sp., infatti l’indice di efficacia è risultato oltre l’80 % in 4 prove su 5. Anche la termoterapia (immersione dei frutti in acqua a 60°C per 20 sec) ha permesso di inibire lo sviluppo del marciume bruno in maniera più che soddisfacente (IE> 84%). Entrambi i trattamenti non hanno influenzato i parametri qualitativi presi in considerazione (durezza, RSR, acidità) ed inoltre non hanno determinato fenomeni di fitotossicità sui frutti. Introduzione Fra tutte le alterazioni che colpiscono le drupacee nella fase post-raccolta, il marciume bruno causato da Monilinia sp. è attualmente la più grave. Il patogeno non è presente solo in campo, come noto, ma si sviluppa particolarmente nella fase post-raccolta (Bonaterra et al., 2003). Infatti è soprattutto sui frutti raccolti ed in particolare nella fase finale della distribuzione, nelle case dei consumatori che la malattia si manifesta in tutta la sua gravità. L’incidenza dell’alterazione non è prevedibile dipendendo da numerosi fattori interagenti tra loro: fra questi si annoverano la suscettibilità varietale, la quantità di inoculo sia in campo che in post-raccolta, le condizioni climatiche favorevoli alla moniliosi (temperature comprese tra i 15° i 25°C) e l’umidità relativa prossima alla saturazione. Per quanto riguarda la difesa essa è incentrata su interventi di campo poiché, in Europa, non sono ammessi trattamenti con fungicidi nella fase post-raccolta. Nel corso degli ultimi decenni gli sforzi compiuti dai ricercatori per individuare sistemi di difesa, alternativi ai tradizionali fungicidi di sintesi sono stati particolarmente intensi e hanno conseguito risultati di un certo interesse. Tra questi l’utilizzo di additivi alimentari (Biggs et al., 1997; Gregori et al., 2008) con attività antifungina e della termoterapia (Neri et al., 2009). sono stati oggetto di numerose sperimentazioni. GRAS (Generally Regarded as Safe) è una designazione utilizzata della Food and Drug Administration americana che indica tali sostanze sicure per la salute, tra queste carbonato e bicarbonato di sodio e potassio, cloruro di calcio, potassio sorbato calcio propionato, etc., possiedono caratteristiche come la bassa tossicità, l’elevata solubilità, il costo relativamente contenuto che le rendono particolarmente interessanti per un loro eventuale impiego nella tecnologia post-raccolta. La termoterapia può essere effettuata con acqua, aria o vapore. Gli effetti positivi di un trattamento con acqua calda possono essere riassunti in 4 punti: 1) di facile attuazione; 2) inibiscono la germinazione delle spore fungine sulla superficie del frutto; 3) sono relativamente economici; 4) salubri per l’ambiente e l’uomo. D’altra parte, la risposta fisiologica dei frutti può differenziarsi a seconda della varietà, della stagione e della localizzazione della coltura, pertanto è fondamentale stabilire un giusto tempo e una corretta temperatura di trattamento. In una prospettiva futura i trattamenti con il calore acquistano un’importanza fondamentale per le produzioni biologiche che, prive di trattamenti fungicidi, sono fortemente penalizzate nella fase post-raccolta. Materiali e Metodi Influenza del potassio sorbato su Monilinia sp. Il piano sperimentale prevedeva un trattamento dei frutti per immersione (2’) in una soluzione di potassio sorbato (15 g L-1). I frutti usati sono stati pesche delle cultivar ‘May Crest’, ‘Maria Marta’, Elegant Lady’, Rich Lady’, ‘Springbelle’ e nettarine delle cultivar ‘Big Top’, I frutti provenienti da aziende localizzate in Romagna sono stati selezionati per 53 uniformità di calibro e assenza di ferite, inoltre non era prevista alcuna inoculazione artificiale. Al termine del trattamento i frutti sono stati conservati a 20°C per 4 gg. Il testimone era rappresentano da frutti immersi in acqua (2’). Al termine della conservazione sono stati effettuati i controlli rilevando l’incidenza dei frutti infetti e calcolando il relativo indice di efficacia. Le prove sono state effettuate su un campione di almeno 100 frutti per tesi. Al fine di valutare l’influenza del potassio sorbato sulla qualità dei frutti trattati, su un campione di 20 frutti sono state eseguite analisi di alcuni parametri fisico-chimi: durezza, acidità, RSR. Influenza della termoterapia su Monilinia sp. Al fine di determinare la giusta combinazione temperatura e tempo di contatto, sono state effettuate numerose prove preliminari, al termine delle quali è stato possibile individuare in un trattamento di 20 sec ad una temperatura costante di 60°C le condizioni più efficaci per il controllo del marciume bruno. La sperimentazione è poi proseguita su diverse varietà di pesche (‘Benedicta’, ‘Elegant Lady’, Rich Lady’, ‘Springbelle’) e nettarine (‘Big Top’ e Stark Redgold’); il testimone era rappresentato da frutti immersi in acqua a temperatura ambiente (testimone positivo) e frutti non bagnati (testimone negativo). L’unità campione era rappresentata da almeno 5 ripetizioni di 20 frutti ciascuna. Al termine del trattamento i frutti sono stati conservati a 20°C per 4 gg o in alcuni casi si è proceduto alla conservazione refrigerata per periodi variabili a seconda della varietà, seguita da un periodo di shelf-life (20°C) di altri 4 giorni. Al termine della conservazione sono stati effettuati i controlli rilevando l’incidenza dei frutti infetti e calcolando il relativo indice di efficacia. Risultati e Discussione Il trattamento a base di potassio sorbato ha evidenziato una riduzione significativa delle infezioni naturali di Monilinia sp., infatti l’indice di efficacia è risultato oltre l’80 % in 4 prove su 5 (Tab. 1). Tab. 1. Effetto del trattamento con potassio sorbato (15 g L-1) su infezioni naturali di Monilinia sp. dopo 4 gg a 20°C. Frutti infetti (%) Varietà Testimone Potassio Indice di sorbato Efficacia ‘May Crest’ (pesca) 45a** 29b 35,3 ‘Maria Marta’(pesca) 77,5a 6,2b 92 ‘Elegant Lady’(pesca) 81,2 8,3 89,8 ‘Springbelle’(pesca) 48,3 5 89,6 ‘Big Top’(nettarine) 42,5 5 88,2 Il patogeno infetta il frutto in campo, rimanendo latente e sviluppandosi durante la fase post-raccolta. Questi marciumi possono essere estremamente pericolosi poiché, come già accennato, in Europa non sono ammessi trattamenti fungicidi in post-raccolta sulle drupacee, la prevenzione del marciume bruno si attua unicamente con trattamenti fungicidi prima della raccolta, con risultati spesso insoddisfacenti. In Italia il programma di lotta alla Monilinia sp., sulle varietà precoci come ‘Springbelle’, ‘Rich Lady’, ‘Big Top’, prevede un unico trattamento fungicida al momento della fioritura, che risulta spesso inefficace in concomitanza con andamenti climatici favorevoli allo sviluppo del patogeno quali abbondanti piogge ed elevata umidità. Dai risultati emerge la possibilità di ridurre le infezioni di Monilinia sp. anche in presenza di elevate incidenza di marciume bruno nel testimone (p.e. ‘Elegant Lady’, 81,2%) i frutti trattati con potassio sorbato hanno evidenziato una riduzione delle infezioni di circa il 90%. 54 Il trattamento con il calore ha ridotto in modo significativo la percentuale di frutti infetti da Monilinia sp. con un indice di efficacia variabile ma sempre superiore all’80% in 4 prove su 5 (Tab. 2). Le condizioni di trattamento non hanno determinato la comparsa di fenomeni di tossicità sui frutti e dalle analisi qualitative non sono emerse differenze significative tra le varie tesi (dati non presentati). Pertanto la termoterapia si propone come una strategia estremamente utile nel controllo del marciume bruno su pesche e nettarine. Il meccanismo d’azione è in parte legato ad un effetto diretto del calore sul patogeno, ma non è da escludere l’induzione di resistenza in seguito a stress abiotico dei frutti con attivazione di risposte di difesa mediate dalle proteine da shock termico (heat shock proteins). Tab. 2. Effetto della termoterapia su infezioni naturali di Monilinia sp. dopo 4-6 gg a 20°C. Frutti infetti (%) Varietà Testimone non Testimone Termoterapia bagnato bagnato (20°C) (60°C per 20 sec) ‘Benedicta’ n.d. 32,9 4,2 ‘Elegant Lady’(pesca) 30.9b 36,3a 3,8c ‘Rich Lady’(pesca) n.d. 64a 10b ‘Springbelle’(pesca) 57,1a 43,3 5b ‘Big Top’(nettarina) n.d. 10a 0b ‘Stark Redgold’ (nettarine) 10b 25a 8c *nella stessa riga a lettere uguali corrispondono differenze non significative per P<0.05 (DMS test) Conclusioni I risultati riportati nel presente lavoro hanno evidenziato che il trattamento con potassio sorbato (15 h L-1) e la termoterapia (60°C per 20 sec) sono entrambi dei potenziali mezzi alternativi ai fungicidi di sintesi nella lotta al marciume bruno delle pesche e nettarine. Essi risultano particolarmente promettenti per le produzione biologiche che vogliono mantenere questa caratteristica anche dopo la raccolta, fino alla casa del consumatore. Ciononostante ulteriori indagini sono necessarie per ottimizzare le condizioni di trattamento, in vista di un loro futuro impiego in condizioni commerciali. 55 Sessione 5 - Poster Indagini di composti aromatichi in pesche (Prunus persica) M. Bavcon Kralj, T. Jug, E. Komel, N. Fajt Istituto di Agricoltura e Forestali di Nova Gorica, Pri hrastu 18, 5000 Nova Gorica Il consumatore è messo, secondo le basi economiche della domanda – richiesta, al centro del commercio mondiale. La percezione delle qualità degli alimenti, e sottomessa alle variazioni della società stessa. La valutazione sensoriale della qualità è indispensabile ed è anche un parametro di comunicazione comune tra i produttori e l’industria alimentare. Comunque, i principali problemi sono l’individualità della valutazione ed il tempo della raccolta dei frutti, che spesso sono raccolti immaturi. La determinazione degli aromi, dei sapori e del gusto si effettua sia con strumentazione analitica (technice cromatografice), sia con competenze umane (tecniche sensoriali). Il primo elenco di molecole volatili, all’inizio degli anni ‘70, contava meno di 1.500 composti aromatici. La scoperta di nuovi composti aromatici è direttamente proporzionale allo sviluppo strumentale. Oggi, infatti, il numero di volatili conosciuti ha gia raggiunto il numero di 10.000 composti (D’Acampora Zellner et al., 2008). Conoscere i componenti aromatici è un compito importante nella filiera di produzione e distribuzione della frutta. Se prendiamo in considerazione, che la frutta d’oggi è raccolta immatura, immagazzinata troppo a lungo, meccanicamente lavorata, imballata, etc. E’ normale che ne subisca le conseguenze e queste si riflettano sullo sviluppo degli aromi. Le pesche sono tra le specie di frutta molto esposte ai rapidi cambiamenti, a causa delle esigenze del mercato. L’“up-grade” di analisi della valutazione sensoriale classica, è certamente l’analisi della fase vaporosa, o la combinazione della estrazione vaporosa utilizzando fibre (HS-SPME) Dalla prima applicazione della tecnica SPME nell anno 1990 (Plutowska e Wardencki, 2007) fino ad oggi, diversi tipi e tecnologie di fibre sono stati lanciati sul mercato. Oggi sono commercialmente disponibili 7 tipi di fibre (Stashenko e Martinez, 2007). Quelli di composizione non-polare (poly (dimethylsiloxane) - PDMS), fibre polari (poliacrilico (PA), Carbowax (Car) / divinylbenzene (DVB), Carbowax) e fibre di polarità mista (PDMS / DVB, Car / PDMS, DVB / Car / PDMS). In caso di estrazione di composti aromatici nelle albicocche, gli autori (Solis-Solis et al., 2007) hanno scelto 65 µm Carboxen / PDMS, mentre Guillot e collaboratori hanno testato 3 tipi di fibre microestrazione sulle albicocce (65 µm PDMS / DVB, 100 µm PDMS e 75 µm Car / PDMS) (Guillot et al., 2006). Comunque si nota in letteratura una mancanza di utilizzazione di SPME in analisi di pesche. Non sono disponibili dati sul confronto tra le fibre in diversi studi di aromi delle pesche. Il gruppo, che ha studiato l’effetto del freddo sulla qualità di pesche in camera di stoccaggio ha utilizzato bastoncini (solid bar) in PDMS (Raffo et al., 2008). Il nostro compito è stato, quindi, di confrontare le fibre, effettuare una ricerca per la prestazione ottimale delle fibre, e proporre la fibra, che, quale detector, coprirà il mantenimento del maggior numero possibile di composti aromatici. Abbiamo realizzato un’indagine sull’idoneità di estrazione di sostanze volatili con fibre polari, non polari e altre di mista polarità. Le maggiori costituenti dell’aroma di pesca sono state raccolte in gruppi: le parti che rappresentano l’aroma di pesce immaturi (gruppi di alcoli e aldeidi) e le parti che rappresentano il profumo di pesche mature (gruppi di esteri, lattoni e terpeni). Il contenuto dei volatili più importanti sono stati determinati ed espressi in equivalenti di standard interno ed il metodo di aggiunta dell’ standard. Per lo standard interno ,1-ottanolo è stato scelto come rappresentante di un composto con caratteristiche polari (gruppo ossidrile) e non-polari (C8 – lunga catena). Per l’estrazione di composti altamente volatili a bassa massa molecolare, fibre in PA non sono del tutto affidabili (in anticipo), mentre per i non-polari con elevata massa molecolare e inferiore volatilità, fibre in PDMS sono più favorevoli. Le fibre miste rappresentano il compromesso tra polari e non polari, offrendo così dati analitici più riproducibili. 56 Sessione 5 - Poster Produttività e qualità dei frutti di California e Royal Glory® Zaifer in un areale meridionale. M. Palasciano*, G. Cataldi*, L. Gaeta*, P. Losciale** (*) Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali - Università di Bari (**) Dipartimento di Colture Arboree - Università di Bologna e-mail: [email protected] I comprensori peschicoli meridionali, a differenza di quelli centro-settentrionali, sono in grado di soddisfare le esigenze ecologiche di un’ampia gamma di varietà, dalle più precoci alle più tardive, per le particolari condizioni climatiche di cui possono disporre: regimi luminosi non limitanti e prolungati, minori tassi di umidità e favorevoli decorsi delle temperature per lunghi periodi dell’anno. Lo studio, pertanto, ha avuto come oggetto la valutazione di una pesca a polpa gialla a maturazione precoce, “Royal Glory® Zaifer”, e di una nettarina a polpa gialla a maturazione molto tardiva, “California”, in un’area della Puglia centrale. Le risposte produttive ottenute hanno evidenziato la buona adattabilità della cultivar “California” all’ambiente di prova, mentre per la pesca “Royal Glory® Zaifer” sono state osservate produzioni inferiori alla media in annate precedute da inverni particolarmente miti. I risultati relativi a peso medio, colore dell’epicarpo, consistenza della polpa, contenuto in solidi solubili e acidità titolabile del succo suggeriscono che le condizioni ambientali della prova hanno positivamente influenzato la qualità dei frutti di entrambe le cultivar (Tab. 1). Buona è stata inoltre la risposta dei frutti alla frigoconservazione, premessa indispensabile per una prolungata permanenza in magazzino e/o per trasporti a lunga distanza. Tabella n 1. Caratteristiche dei frutti registrate nel biennio 2006/2007 in corrispondenza dello stadio di maturazione commerciale tipo “esportazione” Consistenza della Acidità Peso medio Solidi Solubili polpa titolabile Cultivar (g) (kg) (°Brix) (meq/L) California 213,4 6,2 12,5 183,0 Royal Glory® Zaifer 136,6 4,9 11,8 47,3 Parole chiave: P. persica, consistenza della polpa, solidi solubili 57 Sessione 6a - Relazione Strategie per acquisire e consolidare vantaggi competitivi sul mercato nazionale ed internazionale del pesco A. Castellini, C. Pirazzoli Dip. Economia e Ingegneria agrarie – Alma Mater Studiorum Università di Bologna [email protected] La peschicoltura italiana ha evidenziato nell’ultimo decennio momenti di profonda crisi, spesso in occasione di raccolti superiori alle capacità di assorbimento del mercato e conseguentemente di quotazioni non soddisfacenti. A ciò si unisce la crescente intensità di competizione sui mercati esteri ad opera di produzioni provenienti da nuovi partner comunitari capaci di registrare costi di produzione inferiori (es. i raccolti dell’Europa orientale) o portatori di caratteristiche preferite a quelle del raccolto nostrano (es. pesche e nettarine iberiche). Tale competizione si va allargando, però, anche sui banchi di vendita nazionali. Una siffatta dinamica ha comportato una revisione del comparto, tuttora da più parti in corso, al fine di individuarne le possibilità di miglioramento e le capacità competitive o i motivi a giustificazione dell’abbandono dell’attività. Sull’onda di queste e altre considerazioni, il lavoro che si presenta vuole avviare una riflessione in chiave strategica in merito alla peschicoltura italiana individuando alcune possibili proposte risolutive per il suo potenziale rilancio sul mercato. A tale proposito, si precisa che quando si parla di mercato si fa riferimento non soltanto a quello nazionale ma a quello cosiddetto globale. Infatti, è inefficiente pensare di sviluppare una filiera senza considerare il comportamento degli altri attori coinvolti, a qualunque livello (consumatori, frutticoltori, distributori e così via), italiani, comunitari e extra-Ue. Passando all’analisi della filiera pesco (salvo altra precisazione, in tale dizione sono sempre incluse anche le nettarine) italiana, essa presenta i caratteri che vengono ritenuti tipici del settore agroalimentare (Frascarelli, 2008): la fase alla produzione caratterizzata dai connotati di un mercato frammentario (numerose imprese di dimensioni medio piccole, senza un vero leader e quindi capacità contrattuale limitata) mentre la distribuzione/trasformazione si presenta decisamente più concentrata, con un numero ridotto di componenti e la possibilità, quindi, di imporre il proprio parere e di incidere sulle decisioni di prezzo. Per comprenderne meglio gli aspetti peculiari, si è ritenuto necessario, in primis, effettuare un inquadramento, anche se sintetico, della peschicoltura italiana in termini statistici descrittivi. L’Italia, come media del triennio 2005-071, ha detenuto una quota pari a quasi il 10% del raccolto mondiale di pesche e di nettarine ed è seconda soltanto alla Cina, seppure a distanza rilevante (il raccolto cinese ha rappresentato nello stesso periodo oltre il 44% del totale mondiale); inoltre, il nostro paese contribuisce a poco meno della metà della produzione comunitaria complessiva di queste frutta, raggiungendo nel 2008 quasi 1,6 milioni di tonnellate. Secondo i dati ISTAT, oltre il 36% del totale nazionale è rappresentato da nettarine ma la maggior parte sono ancora pesche. Negli ultimi tre anni (2006-08), nonostante il calo dei raccolti (-4,5%), la superficie nazionale dedicata alla coltivazione della drupacea ha mantenuto la sua consistenza (+0,2%). L’Emilia-Romagna si conferma la regione principale per la produzione di pesche e nettarine (con oltre 480 mila tonnellate nel 2008), seguita dalla Campania (371 mila tonn), Piemonte (quasi 140 mila tonn) e Sicilia (oltre 100 mila tonn). Nel triennio considerato, gli altri andamenti regionali, ad eccezione della Calabria (+12,2% in ha e +13,4% in tonn), segnano soprattutto dei decrementi di superficie e raccolto nelle principali aree di produzione mentre gli aumenti riguardano principalmente zone dove gli impianti sono ancora poco diffusi. 1 La disparità di periodo tra i dati statistici mondiali e quelli nazionali è dovuta alle differenti fonti di riferimento: FAO nel primo caso e ISTAT nel secondo. 58 I problemi percepiti dal comparto delle pesche si sono ripercossi anche sull’universo aziendale italiano che dal 2003 al 2007 ha perso quasi 16 mila unità (-28%) mentre quelle dedite come orientamento principale alla coltivazione di nettarine hanno evidenziato un trend più oscillante con una decisa ripresa nel 2007 (+17% rispetto al 2003 e +51% circa rispetto al 2005), forse anche per assorbimento degli imprenditori che da pesche si sono convertiti a nettarine. La realtà emiliano-romagnola ha confermato appieno tale evoluzione perdendo circa 2.800 aziende peschicole e acquistandone 500 impegnate nella coltivazione di nettarine. Lo studio si è articolato in due fasi procedurali principali: un approfondimento necessario della teoria relativa alla strategia competitiva e l’applicazione della stessa alla peschicoltura italiana. L’approccio teorico di partenza si è basato essenzialmente sullo studio della strategia competitiva elaborato da M. Porter, che rappresenta ancora oggi uno dei capisaldi di tale disciplina. La performance economica aziendale viene influenzata dal vantaggio competitivo di cui un’impresa può essere portatrice e dall’azione di cinque principali forze concorrenziali che agiscono all’interno di un settore e perciò vanno studiate e approfondite. Esse sono: la concorrenza, le potenziali nuove entrate, i prodotti sostitutivi, i fornitori, i clienti. L’ipotesi di partenza è che la filiera peschicola italiana possa essere assimilata ad un’azienda in cui tutti i componenti ai diversi livelli della catena diventano divisioni/comparti dell’impresa. Successivamente all’analisi obiettiva e approfondita delle forze concorrenziali si aprono per l’azienda (alias, la filiera peschicola italiana) tre opportunità strategiche. La prima è focalizzata sulla conquista di mercato attraverso una pura azione di price competition quando l’azienda cioè riesce a ottenere economie di costo e le traduce in un prezzo di vendita inferiore alla media. La seconda riguarda la differenziazione del prodotto, in particolare nelle sue componenti aggiuntive (non si differenzia certo nelle funzioni di base) e di servizio, distinguendosi dai concorrenti e cercando di acquisire una identità propria che soddisfi il consumatore al punto tale da conquistarne la fedeltà. La terza strategia, secondo Porter, prevede che si scelga una delle due modalità di azione sopra riportate (o entrambe) e la si applichi in un’area ristretta di mercato (geografica, di prodotto, di clienti). Ritenendo che una strategia di differenziazione sia quella che risponda meglio, si sono approfonditi i caratteri della filiera pesco alla luce di tale opzione, individuando le aree da migliorare e le potenzialità già presenti. Al termine dell’analisi strategica si sono compiute alcune riflessioni e proposte per la peschicoltura italiana, tra cui si evidenziano la necessità di: una gestione organizzata dell’offerta: controllo della massa critica (tramite le OP e loro Associazioni), studio e predisposizione di cultivar adatte agli areali italiani e in grado di coprire tutto il calendario possibile di raccolta e selezione varietale in base ai desiderata della distribuzione e del consumo eliminando le tipologie non più idonee; accordi di filiera a vario livello per contenere i rischi di mercato e l’incertezza dei risultati della campagna, piani strategici di carattere interprofessionale; sviluppare una mirata e attenta attività di marketing incentrata sia su azioni strategiche di studio e segmentazione dei consumatori sia su aspetti operativi di comunicazione e marketing mix. La filiera deve evolversi e diventare “sistema” tramite l’adozione di un approccio relazionale e non di antagonismo e grazie all’impegno degli operatori ai diversi livelli. E’, infine, indispensabile anche ampliare l’ambito territoriale poiché la valorizzazione del “locale” non è risolutiva per un prodotto purtroppo a rischio di banalizzazione e non omogeneo come le pesche e le nettarine. 59 Sessione 6a - Relazione Comparazione economica tra i principali sistemi produttivi europei: costi di produzione e analisi finanziarie all’impresa produttrice, costi di distribuzione e prezzi di mercato A. Palmieri*, C. Pirazzoli** *Dipartimento di Economia e Ingegneria agrarie **Alma Mater Studiorum – Università di Bologna L’attuale realtà di mercato, caratterizzata da forte concorrenzialità e da una strutturale sovrapproduzione, impone un’attenta e puntuale conoscenza dei sistemi produttivi che si fronteggiano, al fine di valutarne il potenziale competitivo e di programmare idonee politiche di governo del comparto. Lo studio ha pertanto determinato e comparato i risultati economici dei principali sistemi produttivi europei, offrendo un dettagliato quadro competitivo della peschicoltura nelle rispettive aree. In particolare, i sistemi produttivi individuati e messi a confronto sono quelli di Italia, Spagna e Grecia e, più nello specifico, i principali areali di produzione rilevabili al loro interno, cioè il Piemonte, il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Basilicata e la Sicilia per l’Italia, la Catalogna e l’Aragona per la Spagna e la Macedonia per la Grecia. L’indagine è stata condotta per mezzo di numerosi rilievi aziendali che hanno permesso di determinare i costi medi di produzione delle più importanti varietà di pesche e nettarine per ciascuna area: tramite il confronto con i prezzi medi riconosciuti al prodotto sono state successivamente valutate le performances economiche delle imprese frutticole. Dal momento che la competitività di un sistema produttivo non può essere valutata solamente dal confronto a livello agricolo, l’indagine rileva anche, limitatamente ad alcuni casi esemplificativi, i costi che si originano lungo l’intera filiera distributiva del prodotto destinato all’esportazione sul mercato tedesco. Lo studio delinea un quadro apprezzabilmente differenziato tra le realtà territoriali indagate, sia tra i diversi paesi considerati, sia nell’ambito delle regioni italiane: in particolare, la differenza più evidente è in termini di ambiente economico-sociale, che si traduce per le imprese del sud Italia, per quelle spagnole e, soprattutto, per quelle greche, nella possibilità di acquisire lavoro manuale a prezzi più contenuti. Va tuttavia evidenziato come sia in atto una tendenza all’allineamento dei sistemi produttivi indagati, i cui parametri economici risultano meno distanti rispetto al passato: tale tendenza non stupisce in relazione alla sempre più incisiva globalizzazione dei mercati da tempo in atto e ai cambiamenti economico-sociali in atto, in primo luogo la disponibilità di manodopera proveniente da paesi stranieri. Si evidenzia inoltre una progressiva specializzazione delle aree peschicole sulle cultivar maggiormente richieste dai mercati di riferimento e che meglio sfruttano le potenzialità offerte dalle proprie condizioni pedo-climatiche. Le forme di allevamento e le tecniche agronomiche risultano piuttosto diversificate tra le aree indagate, con prevalenza di forme in parete ed impianti ad alta densità e produttività nelle regioni del Nord Italia, dove i più alti costi di produzione per unità di superficie impongono di fatto tale scelta alle imprese frutticole professionali, ed impianti in volume, meno densi e più limitati nelle rese nel Sud Italia, in Spagna ed in Grecia. I risultati finali in termini di costo per unità di prodotto, che determinano in ultima analisi il potenziale competitivo, tendono ad un sostanziale riequilibrio, sebbene apprezzabili differenze siano evidenti. Nello specifico, gli impianti della Grecia risultano i più competitivi in termini di costo, con situazioni anche molto nette, come nel caso delle pesche precoci. Buona competitività registrano anche gli impianti spagnoli che si collocano nella quasi totalità dei casi su livelli intermedi tra le osservazioni greche e quelle italiane. Va sottolineato l’equilibrio registrato soprattutto per le produzioni a media maturazione, in particolare le nettarine, dove l’affermazione della cultivar Big Top è piuttosto netta e gli effetti conseguenti alle caratteristiche delle forme di allevamento tendono sostanzialmente a compensarsi: da 60 segnalare comunque la maggior dispendiosità rilevabile in Emilia-Romagna, dove le tariffe per la manodopera sono ancora tra le più alte fra le zone indagate. Un giudizio definitivo circa la sostenibilità economica del comparto peschicolo si presenta alquanto difficoltoso, alla luce delle forti oscillazioni di prezzo che si registrano di anno in anno: la campagna recentemente conclusasi con quotazioni estremamente basse è stata infatti preceduta da tre annate, dal 2006 al 2008, caratterizzate da livelli di prezzo accettabili, a loro volta precedute da un biennio, 2004 e 2005, in cui si originarono quotazioni particolarmente basse e assolutamente non remunerative. Per tale ragione assume particolare rilievo la valutazione della redditività non limitata ad un singolo anno, ma estesa all’intera durata dell’impianto frutticolo, considerando lo stesso come un investimento di durata definita e valutandolo quindi in un’ottica finanziaria. Nella seconda parte dello studio sono stati pertanto analizzati i principali parametri finanziari che caratterizzano l’investimento frutticolo nell’area Romagnola, per mezzo di un’elaborazione costi-ricavi. Tale metodologia prevede il calcolo del flusso annuo di entrate ed uscite e consente di valutare il rendimento tramite alcuni indicatori, tra i quali il Valore Attuale Netto (VAN), il rapporto ricavi/costi (R/C) ed il Saggio di Rendimento Interno (SRI) dell’investimento. In funzione di diversi livelli di prezzo ipotizzati si può quindi determinare il rendimento economico-finanziario dell’impianto frutticolo e definire quale sia il prezzo medio minimo che ne assicura la sostenibilità. È inoltre possibile calcolare il tempo di ritorno dei capitali investiti e, nell’ipotesi di prezzi non sufficienti a garantire il recupero dei capitali stessi, determinare la resa produttiva media necessaria a raggiungere tale obiettivo. In sintesi, l’analisi costi-ricavi permette di conoscere quale prezzo è necessario garantire nel medio-lungo periodo per assicurare la sostenibilità della peschicoltura e, nel caso questo non sia raggiungibile, quale resa minima deve ottenere il produttore per assicurarsi la sostenibilità stessa. Il raggiungimento dell’obiettivo di una resa equilibrata tra qualità e quantità è compito delle imprese e della loro specializzazione e professionalità, nonché dell’assistenza tecnica e della ricerca, mentre la garanzia di un prezzo minimo che remuneri gli alti costi di produzione, peraltro difficilmente comprimibili, deve essere raggiunta tramite un riequilibrio tra domanda e offerta ed una migliore programmazione di quest’ultima, che sottragga il mercato alle tensioni costantemente 61 Sessione 6a - Relazione Accordi commerciali della filiera produttivo-distributiva : il punto di vista della DM tedesca U. Spieckermann La situazione - La situazione internazionale delle risorse – il bacino del Mediterraneo - La competizione tra i vari paesi produttori di pesche – nettarine - I legami commerciali, oggi, domani e nel futuro Il prodotto - La strada del prodotto dal frutteto verso il punto di vendita - Il rispetto per il prodotto, la difesa delle caratteristiche tipiche - Prodotto e immagine del prodotto (Francia) - Il marketing da parte della produzione - La scelta delle varietà - Le innovazioni - Le regole fitosanitarie - La stagionalita` La commercializzazione - L’autodisciplina nella commercializzazione - Obiettivi e politica di qualità - Creazione di partnership di continuità - Programmazione delle produzioni - Deflusso e vendita dei prodotti in modo programmato - La politica dei marchi propri , la personalizzazione come filtro e garanzia L’orientamento per il futuro - Garanzia sulla salubrità del prodotto > shelflife - Sapori e aromi tipici - Quantità con caratteristiche qualitative continui e stabili - Programmazione delle produzioni - creazione di partnership 62 Sessione 7a - Relazione La OCM sul pesco in Emilia-Romagna: applicazioni e riflessioni per il decennio 1998-2008 F. Foschi, F. Ramini, M Cestaro, A. Dianati Servizio Produzioni Vegetali – Regione Emilia Romagna In uno scenario agricolo regionale generale che evidenzia una forte esigenza all’aggregazione dell’offerta, il comparto ortofrutticolo che interessa oltre 117 mila ettari e vede il coinvolgimento di circa 30 mila aziende produttrici, presenta una superficie media che nel 55% del totale delle aziende, non supera i 5 ettari,. In questo contesto il settore ortofrutticolo regionale ha sviluppato un forte processo di aggregazione. Un forte impulso in questo senso è stato fornito dalla politica di settore della Unione europea attraverso la definizione di uno specifico regolamento di sostegno che portato alla creazione delle Organizzazioni dei Produttori (OP) e delle Associazioni di Organizzazioni dei Produttori (AOP) previste oggi dal Regolamento (CE) 1234/07. Gli elementi strategici attivati dal sistema OCM per aumentare l’incisività del settore sul mercato sono, la ottimizzazione della programmazione produttiva in relazione alle necessità di mercato, lo sviluppo del ruolo del sistema organizzato come strumento fondamentale di concentrazione dell’offerta, la definizione di strumenti per la prevenzione e gestione delle crisi di mercato e lo sviluppo di pratiche colturali e tecniche di produzione che rispettino l’ambiente. Attualmente, in Emilia-Romagna, si contano 24 OP con una linea di tendenza verso l’aggregazione di livello superiore in AOP (5 sono quelle operative oggi) a carattere interregionale e internazionale. Fig. 1. Le OP regionali La D i a m a n t i n a O.P. CHIARA OPERA OP MINGUZZI FUNGHI delle TERRE di ROMAGNA MODERNA Le aziende ortofrutticole regionali in esse associate sono oltre 14.000 e rappresentano il 50% circa del totale delle imprese produttrici di frutta e ortaggi della regione, contro appena il 30% che si registra a livello nazionale. Significativa è anche l’aggregazione di produttori di altre Regioni (oltre 3.000) e fuori Italia (oltre 400) che hanno scelto di associarsi alle Organizzazioni dei produttori della regione. L’AOP rappresenta l’innovativo modello di sviluppo del settore, poiché, attraverso la gestione in un unico programma operativo delle azioni delle OP associate, si generano sinergie a livello operativo che determinano una riduzione dei costi amministrativi e gestionali delle singole OP. Attraverso l’acquisto centralizzato, infatti, si è favorita la standardizzazione della qualità del materiale vegetale, la selezione dei fornitori, il contenimento dei prezzi di acquisto e ciò ha permesso un contenimento dei costi. Con tali risorse le imprese regionali possono continuare nel percorso dell’innovazione al fine di avvicinare la produzione al mercato. 63 Le strategie, realizzate nell’ambito dell’OCM per una migliore organizzazione della produzione, in termini di innovazione e di efficacia rispetto al mercato, si possono distinguere fra quelle realizzate a livello delle singole aziende agricole e quelle di gestione del sistema (OP). Nell’ultimo decennio le azioni rivolte alle aziende agricole complessivamente hanno totalizzato una spesa pari a circa 300 mil. di euro. milioni di euro . 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Le azioni di sviluppo di gestione del sistema organizzato, nell’ultimo decennio, hanno evidenziato una spesa pari a circa 295 mil. di euro. milioni di euro . 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 In tale contesto, la peschicoltura, con oltre 23.000 ha di produzione ed una P.L.V di oltre 240 milioni di Euro rappresenta un importante comparto nel più generale ragionamento frutticolo regionale. 64 Sessione 7a - Relazione Internazionalizzazione della peschicoltura e proposte dell’Areflh L. Trentini- Areflh/Cso E. Macchi- Cso Areflh nasce nel 1999 in Aquitania (Francia)e rappresenta l’Associazione delle Regioni Ortofrutticole Europee. I paesi aderenti oggi sono Francia, Italia, Spagna, Portogallo, mentre alcune regioni della Grecia partecipano in veste di osservatori. Scopo principale della associazione è la difesa e la promozione della filiera ortofrutticola europea. Le regioni socie oggi sono 27 posizionate prevalentemente nella fascia mediterranea. Areflh è composta da due organismi principali: il Collegio delle Regioni, organo politico decisionale dell’associazione, ed il Collegio dei Produttori che rappresenta le Organizzazioni dei Produttori e dalle quali raccoglie le esigenze per trasferirle all’Organo politico dell’UE. Le iniziative poste in atto riguardano temi di attualità quali: - la riforma dell’OCM , - la promozione ed il consumo di frutta ed ortaggi, - la ricerca, - le questioni relative ai limiti dei residui, - le tecniche di coltivazione con tecniche eco compatibili, - le barriere fitosanitarie messe in atto oggi sia dai paesi della UE che extra UE, - le questioni commerciali e le norme di qualità - l’apertura della nuova area di libero scambio dell’Euromediterraneo. Nel caso delle pesche e nettarine in Areflh operano insieme Catatonia Qualitat (Spagna), CSO (Italia), e l’AOP pesche e nettarine in Francia, con l’obiettivo di monitorare la produzione dei differenti paesi aderenti, rilevare i calendari di produzione e le informazioni di mercato attraverso uno specifico osservatorio di mercato. L’osservatorio, coordinato da CSO, si realizza attraverso incontri e riunioni telefoniche settimanali a cui partecipano esperti del settore produttivo e commerciale. Le informazioni che emergono dagli incontri sono raccolti in un rapporto settimanale divulgato via internet nel sito Areflh (www.areflh.org). Relativamente all’ attività di supporto alle Organiz-zazioni dei Produttori, che operano secondo le norme previste dalla specifica OCM, Areflh a più riprese ha chiesto alla UE di mettere in atto un sistema di prevenzione e gestione delle crisi più efficace, capace di difendere il reddito dei produttori. In particolare è stato chiesto alla UE di costituire fondi gestiti dalle OP di più paesi che, insieme ed in maniera sinergica, operino per garantire in futuro un prezzo di mercato sufficientemente remunerativo. Dopo l’esperienza di questi anni, ed in particolare dopo un 2009 molto difficile per il sistema ortofrutticolo, AREFLH chiede alla Commissione alcuni adeguamenti immediati, rivolti principalmente ai prodotti altamente deperibili ( pesche nettarine) per rendere più incisive le azioni previste dai vigenti regolamenti. Quest’anno modesti surplus produttivi di pesche e nettarine, hanno provocato gravi turbative di mercato che hanno penalizzato pesantemente i produttori agricoli che non hanno potuto remunerare i costi di produzione, pur essendo i consumi pressoché stabili. Areflh chiede quindi: - di aumentare la percentuale massima dei prodotti ritirabili dal 5 al 10%; - di adeguare i massimali di aiuto per i prodotti ritirabili. - di autorizzare la costituzioni di “filiali” o altro soggetto giuridico che operano per concertare e gestire fra le OP aderenti, di differenti paesi europei, situazioni di crisi per sovrapproduzione o crisi dei prezzi; - di innalzare l’aiuto finanziario comunitario per le azioni collettive realizzate a livello transnazionali per le azioni di prevenzione e gestione delle crisi; - di favorire le azioni volte a implementare le azioni di beneficenza. Per ridurre i rischi commerciali è necessario oltre che dare vita ad una attenta programmazione conquistare nuovi mercati, con prodotti qualitativamente migliori e 65 soprattutto sicuri, ottenuti con tecniche rispettose dell’ambiente e della salute dei consumatori. Il modello sostenuto da AREFLH è quello della Produzione Integrata che oggi in Europa non trova un metodo di riferimento comune. Le produzioni ortofrutticole di oggi sono coltivate in differenti territori, da produttori che adottano proposte tecniche diverse e che hanno origine da protocolli differenti sia pubblici che privati. In questo caso AREFLH ha creduto fosse necessaria una “Linea Guida Europea sulla Produzione Integrata” che oggi è in via di discussione presso la Commissione Europea. La proposta di regolamento identifica principi ed obiettivi per la definizione di un disciplinare di produzione che è considerato lo strumento utile alla sostenibilità del metodo. Le linee tecniche specifiche, invece, sono definite considerando le caratteristiche delle differenti aree produttive europee. La registrazione degli interventi sul disciplinare consentono di disporre di un efficace strumento di tracciabilità a garanzia della sicurezza alimentare ed utilizzabile come strumento di valorizzazione. Areflh partecipa, attraverso il CSO, al gruppo di lavoro di esperti frutta ed ortaggi, più specificamente per pesche e nettarine e pere, istituito dalla Commissione Europea 66 Sessione 7a - Relazione Il consumo delle pesche e il progetto promozionale europeo del CSO E.Macchi – L. Trentini – CSO Centro Servizi Ortofrutticoli Negli anni duemila gli acquisti di pesche da parte delle famiglie italiane risultano in forte calo, almeno fino al 2005. In questo primo quinquennio i volumi sono infatti scesi progressivamente da 287.000 tonnellate a 240.000 tonnellate, registrando una diminuzione di ben 17 punti percentuali. Nel triennio successivo si è però registrata un’inversione di tendenza, tuttora in atto, che ha portato gli acquisti nel 2008 a circa 258.000 tonnellate, +8% rispetto al valore minimo del 2005. Nei primi sette mesi del 2009 si conferma il buon andamento, con un +3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nonostante questi recenti segnali, positivi almeno per quello che riguarda la capacità di assobimento del mercato interno, i volumi acquistati sono comunque nettamente inferiori a quelli dei primi anni duemila, -10%. Discorso diverso per le nettarine, per le quali si registra in Italia una crescita costante degli acquisti dal 2000 al 2008, quando sono saliti da 90.000 tonnellate a oltre 109.000 tonnellate, +21%. Nei primi sette mesi del 2009 si conferma questo positivo trend, con un 6% in più rispetto al medesimo periodo del 2008. Il maggior consumo di nettarine non ha però compensato il calo degli acquisti di pesche, tanto che, per il complesso della specie, si registra nel 2008 un -3% rispetto al 2000. Lo scenario quindi, anche se non appare del tutto negativo, specie se confrontato con l’andamento dei consumi di altre specie frutticole, non è comunque da leggere in chiave del tutto positiva, in quanto, a fronte di un elevato potenziale produttivo italiano ed europeo, il mercato interno non sembra al momento possedere la capacità di assorbire nel breve periodo quote di prodotto significativamente maggiori rispetto alle attuali. E’ inevitabile pertanto la necessità di collocare parte della produzione sui mercati esteri, in modo particolare nella vicina Europa, considerando l’alta deperibilità del prodotto. E’ però sui mercati esteri dove la produzione italiana si scontra con la forte concorrenza di altri grandi paesi produttori, in primis la Spagna. Da ciò discende la necessità di mettere in campo azioni di promozione e valorizzazione del prodotto a sostegno del consumo aventi dunque la duplice funzione: - da una parte ampliare gli spazi di mercato per quei prodotti che presentano una potenzialità produttiva elevata e in crescita - dall’altra favorire il consumo di frutta, in linea con le indicazioni sugli effetti benefici derivanti dal consumo di frutta. E’ per questi motivi che CSO, attraverso il programma europeo MR Fruuitness, ha focalizzato e concentrato le azioni di promozione sulla frutta in Germania, Austria, Regno Unito, Svezia e Polonia, paesi in cui i consumi di ortofrutta risultano essere molto contenuti o in diminuzione rispetto alle indicazioni sulla quantità giornaliera consigliata. L’Austria presenta una forte propensione all’import, in quanto le produzioni si aggirano mediamente su circa 8.000 tonnellate, di cui circa 3.000 vengono esportate. In questo paese il consumo apparente di pesche e nettarine (inteso come produzione +import-export) da valori attorno alle 40.000 tonnellate dei primi anni duemila è sceso recentemente su circa 30.000 tonnellate, registrando così un 25% in meno nel passaggio dal 2000 dal 2008. Il consumo pro-capite apparente sempre di pesche e nettarine da oltre 5 chilogrammi del 2000 oggi non raggiunge i 4 chilogrammi annui per persona. L’importanza della Germania come destinazione delle nostre esportazioni è nota, essendo questo paese il nostro principale mercato di riferimento per quanto riguarda l’export non solo di pesche e nettarine, ma di tutta l’ortofrutta. Questo paese relativamente alle pesche e nettarine, con produzioni pressochè irrisorie, copre il fabbisogno interno quasi esclusivamente con le importazioni, che però negli anni 67 duemila sono scese da oltre 300.000 tonnellate a circa 260.000 tonnellate, in calo quindi del 16%. Di conseguenza il consumo apparente di pesche e nettarine è sceso da valori attorno a 300.000 tonnellate dei primi anni duemila a circa 250.000 tonnellate degli anni più recenti. In questo caso si nota inoltre, oltre al calo dei consumi, un consumo pro-capite molto contenuto, pari a poco oltre i 2 chilogrammi annui per persona. La Polonia, entrata più di recente nell’Unione Europea, potenzialmente rappresenta un mercato dalle grandi prospettive, con un consumo medio pro-capite che fatica ad arrivare ai 2 chilogrammi annui per persona. Anche in questo caso l’offerta interna è contenuta e peraltro in riduzione e le importazioni di pesche e nettarine, nel complesso, sono arrivate a sfiorare le 100.000 tonnellate. Il consumo di pesche e nettarine in Svezia si riferisce esclusivamente al prodotto importato nel paese. In questo caso il consumo apparente si presenta piuttosto stabile, ma scarso risulta il consumo medio pro-capite, variabile intorno ai due chilogrammi annui per persona. Infine il Regno Unito che con oltre 60.000.000 di abitanti, un consumo pro-capite che recentemente è sceso a poco oltre il chilogrammo per persona, con importazioni che negli anni duemila si sono quasi dimezzate, presenta gli spazi maggiori di crescita. Mr Fruitness è un programma di informazione e promozione triennale cofinanziato al 70% dalla Comunità europea (50%) e da AGEA (20%) con lo scopo di promuovere il consumo della frutta in generale, con focus su pesche e nettarine, pere, kiwi e susine nei 5 differenti Paesi europei. Il programma triennale, di 4 milioni di euro, iniziato nel 2006 e conclusosi ad aprile di quest’anno, ha ottenuto il rifinanziamento per un altro triennio (settembre 2009 – settembre 2012) che permetterà di riproporre le azioni di promozione nei medesimi Paesi con un budget complessivo di 3,5 milioni di euro. Tutte le attività hanno come target i bambini in età scolare, gli adolescenti e le loro famiglie. Inoltre anche ai responsabili acquisto della distribuzione organizzata e dei mercati all’ingrosso vengono rivolte attività informative sul programma per incrementare la presenza di frutta nei punti vendita attraverso il programma Mr Fruitness. In specifico, le principali attività sono le promozioni a punto vendita delle più importanti catene della grande distribuzione europea e sul canale Normal Trade. La dinamica delle promozioni prevede la distribuzione di materiali informativi redatti con un linguaggio semplice, ludico ed accattivante, che anche attraverso il gioco possa attirare l’attenzione anche dei più piccoli e far consumare la frutta in modo divertente. E’ prevista la presenza di promoter che, istruite sui contenuti, oltre a distribuire i materiali, possono far degustare la frutta e dare tutte le informazioni. Il programma prevede anche un’attività di comunicazione e Public Relation attraverso l’ufficio stampa ed il sito web www.fruitness.eu. Il sito web ha ottenuto oltre 1 milione di visitatori in oltre 60 Paesi del Mondo. Infine, il programma prevede l’organizzazione di eventi meeting rivolti principalmente agli operatori, durante i quali i rappresentati del mondo produttivo, delle Istituzioni nazionali e comunitarie fanno il punto della situazione, rimarcando l’importanza di incrementare i consumi di ortofrutta presso le fasce più giovani per prevenire il dilagante fenomeno dell’obesità infantile: i giovani consumatori di oggi saranno i futuri consumatori. I risultati positivi ottenuti nel primo triennio, hanno convinto le istituzioni a rifinanziare le attività per un ulteriore triennio, offrendo così un’opportunità al mondo produttivo di affrontare la difficile situazione di mercato che il settore sta attraversando. 68 Sessione 7a - Poster Caratterizzazione della tipologia di polpa nel pesco mediante un metodo non distruttivo A. Berardinelli*, C. Cevoli, A. Fabbri, L. Ragni, F. A. Silaghi Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie, Università degli Studi di Bologna - P.za Goidanich, 60 – 47023 Cesena (FC) - e-mail: [email protected] La presente sperimentazione si propone di mettere a punto un metodo non distruttivo basato sugli impatti meccanici per la caratterizzazione di diverse tipologie (e sotto-tipi) di polpa indipendentemente dal grado di maturazione. Si tratta di una prima indagine esplorativa che intende valutare se l’analisi nel dominio del tempo del comportamento meccanico dell’epidermide e dei primi strati sottoepidermici della polpa contiene informazioni circa le caratteristiche tissutali di diverse cultivar di pesche. E’ ben noto che i processi di raccolta e post-raccolta dei frutti sono condizionati dalla struttura e tessitura della polpa. La valutazione è stata condotta su due tipologie di polpa, “fondente” (Melting, MF), e “Stony Hard”. Per la tipologia “fondente” sono state prese in esame cultivar caratterizzate da un’evoluzione dell’intenerimento rapido (Redhaven), medio (Glohaven), e lento (Big Top e Rich Lady); per la “Stony Hard” è stata scelta la serie Ghiaccio a maturazione molto lenta. Ogni cultivar è stata analizzata subito dopo la raccolta effettuata a due stadi di maturazione: invasatura e maturazione fisiologica. Gli impatti meccanici, condotti da un’altezza pari a 10 mm a mezzo di un’attrezzatura per caduta libera equipaggiata con cella di carico, sono stati registrati in tre diversi punti del frutto, due a livello equatoriale ed uno vicino al peduncolo. Dopo l’acquisizione dei segnali elettrici, in prossimità di ciascun punto, è stata determinata la durezza Magness-Taylor della polpa mediante penetrometro manuale digitale. Al fine di poter discriminare tra campioni di frutti e di stimarne la durezza, i dati spettrali sono stati in seguito elaborati mediante appropriati modelli statistici multivariati quali PCA (Principal Component Analysis), SIMCA (Soft Independent Modeling by Class Analogy), PLS (Partial Least Squares Regression). In generale, dall’analisi PCA e SIMCA è emerso che i campioni analizzati presentano un caratteristico andamento spettrale ben distinguibile tra una cultivar e l’altra indipendentemente dallo stadio di maturazione. Buone correlazioni tra l’informazione spettrale e la durezza Magness-Taylor della polpa sono state inoltre osservate per i frutti in esame. Anche se preliminari, i risultati della presente sperimentazione pongono le basi per ulteriori approfondimenti sulla possibilità di poter distinguere frutti con diverse caratteristiche strutturali a mezzo di attrezzature impattive non distruttive da utilizzare in campo durante la raccolta o nei processi post-raccolta. 69