PRESENTAZIONE
Sebbene la Romagna non sia più da tempo il baricentro della peschicoltura italiana e la
drammatica crisi dei mercati ne abbia svalutato la valenza e in parte l’interesse degli operatori, le due
Camere di Commercio di Forlì-Cesena e Ravenna, con un sussulto di orgoglio, hanno organizzato qui a
Cesena, con la collaborazione di Cesena Fiera, la XXVI edizione del Convegno Peschicolo, nato a
Ravenna nel lontano 1955. Ciò in quanto è opportuno offrire ai tecnici, agli imprenditori agricoli e
soprattutto a chi deve assumere decisioni politiche, un’analisi descrittiva dello stato dell’arte della
peschicoltura, o meglio dell’intera filiera peschicola, sia per gli aspetti relativi alle tecniche in uso e alle
innovazioni in arrivo o auspicabili, sia per ciò che concerne gli aspetti economici, organizzativi e di
mercato. Cosa si può e si deve fare per la sopravvivenza di un comparto produttivo ancora così
importante per la tenuta del settore agricolo nazionale? Il convegno, strutturato in due giornate di intensi
lavori, dovrà dare indicazioni, se non risposte precise in merito e formulare proposte.
Nella prima giornata viene fatto il punto su ciascuna delle cinque branche fondamentali del
comparto produttivo e cioè: miglioramento genetico e nuove varietà, efficienza degli impianti e forme di
allevamento adatte ad esaltare la qualità delle pesche, gestione del suolo, della concimazione e
dell’irrigazione, difesa e certificazione sanitaria, post-raccolta, definizione e mantenimento della qualità.
Quali accorgimenti tecnici è possibile introdurre per contenere i costi, migliorare il processo produttivo
(non solo attraverso i disciplinari di produzione), portare la qualità verso l’eccellenza, in modo da poter
competere sui mercati? Compito, quest’ultimo, quasi impossibile in annate come il 2009, quando i
prezzi all’origine, in azienda, hanno registrato quotazioni tali da non riuscire a coprire in molti casi i costi
di produzione.
Nella seconda giornata si affrontano quindi le tematiche connesse al mercato, alla competitività
del sistema produttivo, nazionale e regionale, all’organizzazione commerciale e ai consumi. In
particolare, si analizzano i punti di forza e di debolezza del comparto, nonché le opportunità e le
minacce che possono caratterizzarlo, alla luce anche di quanto espresso dalle normative comunitarie in
materia (nuova OCM ortofrutta), recentemente recepite dal PSN (piano strategico nazionale) 20092013. La giornata si chiude con una tavola rotonda che vuole riunire coloro che, a diverso livello,
operano nella filiera peschicola, dalle APO ai rappresentanti della GDO fino all’Unione Nazionale
Consumatori; da tale incontro, attraverso un confronto delle diverse posizioni, si cercherà di mettere in
luce eventuali criticità e potenzialità del sistema su cui agire per prevenire possibili future disfunzioni
dello stesso.
Siamo purtroppo tornati alle problematiche di quattro-cinque anni fa, per cui occorre non solo
fronteggiare la crisi con interventi strutturali, come il ridimensionamento dell’offerta, ma anche agire
energicamente nel comparto produttivo per aiutare le aziende ad introdurre gli strumenti innovativi
necessari per l’adeguamento tecnologico attraverso le OP e loro Associazioni, contributi OCM e PSR,
assistenza tecnica, crediti di esercizio, tutela commerciale e di mercato. Molto dipenderà anche dalla
capacità di azione delle OP, attraverso cui sono erogati i contributi europei, per organizzare offerta e
distribuzione e la gestione della massa critica; occorre programmare gli investimenti per la promozione
di mercato e quelli per ridurre il forte divario fra prezzi al dettaglio e alla produzione.
Se, nonostante i necessari interventi, nei prossimi due anni la situazione dei mercati e dei
consumi non consentirà un riequilibrio nella formazione dei prezzi, molte aziende potrebbero
scomparire, creando nel Paese rilevanti problemi socio-economici e strutturali e facendo aumentare le
nostre dipendenze agricole e frutticole dall’estero. Un guaio non da poco, da evitare con tutto l’impegno
necessario.
Tiziano Alessandrini
Gianfranco Bessi
Domenico Scarpellini
Carlo Pirazzoli - Silviero Sansavini
Presidente Camera di Commercio di Forlì-Cesena
Presidente Camera di Commercio di Ravenna
Presidente Cesena Fiera spa
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
XXVI CONVEGNO PESCHICOLO
Prima giornata
5 novembre 2009
TECNICHE INNOVATIVE PER LA GESTIONE INTEGRATA E
LA QUALITA’ DEL PRODOTTO
Coordinatore S. Sansavini
Relazione introduttiva
I. Iglesias
pag.
1
1a Sessione
Genetica e miglioramento varietale (Chairman C. Fideghelli)
pag.
4
2a Sessione
Interazione ambientale e governo dei pescheti
(Chairman L. Corelli Grappadelli)
pag.
23
3a Sessione
Gestione risorse suolo (Chairman P. Inglese)
pag.
30
4a Sessione
Difesa e sostenibilità della coltura (Chairman A. Contessi)
pag.
38
5a Sessione
Post-raccolta e qualità dei frutti (Chairman G. Costa)
pag.
46
XXVI CONVEGNO PESCHICOLO
Seconda giornata
6 novembre 2009
ECONOMIA – MERCATO –
ORGANIZZAZIONE – ASSOCIAZIONISMO
Coordinatore C. Pirazzoli
6a Sessione
Competitività e mercato (Chairman D. Regazzi)
pag.
59
7a Sessione
Associazionismo e organizzazione (Chairman D. Regazzi)
pag.
64
Relazione introduttiva
La coltivazione del pesco in Spagna
Situazione produttiva, innovazione varietale e tecnologia della coltivazione
I. Iglesias
IRTA – Stazione sperimentale di Lerida (Spagna)
Il pesco è attualmente la specie frutticola più importante in Spagna, che è il secondo
paese produttore dell’Unione Europea. I miglioramenti delle tecnologie di produzione
mediante adozione di sistemi di allevamento efficienti, i miglioramenti dell’efficienza d’uso
dell’acqua, risorsa scarsa in molte zone produttrici, l’adozione della produzione integrata, i
miglioramenti dei sistemi di calibratura, imballaggio e conservazione, la certificazione delle
produzioni, del processo e della qualità, e l’implementazione della tracciabilità, hanno
incrementato la produttività e la competitività del sistema produttivo catalano e spagnolo in
generale. A tutto questo ha contribuito in grossa misura l’importante riconversione varietale
che ha reso possibile l’introduzione di nuove varietà con migliore presentazione e qualità e
miglior adattamento alle richieste del consumatore. Inoltre i costi di produzione in Spagna
continuano ad essere significativamente più bassi rispetto ai principali paesi concorrenti sui
mercati di esportazione, come Francia e Italia, fatto che momentaneamente conferisce alla
Spagna una maggiore competitività.
Nonostante i progressi menzionati, il consumo di pesche in Spagna continua a
diminuire, principalmente a causa della mancanza di qualità e all’irregolarità della stessa. In
un contesto di aumento progressivo delle produzioni e con l’Unione Europea sul filo della
sovrapproduzione, si considerano elementi chiave per il futuro tanto l’aumento del consumo
quanto quello delle esportazioni verso nuovi mercati, principalmente verso i paesi dell’Est.
Per questo motivo il miglioramento del livello di soddisfazione del consumatore è considerato
un fattore essenziale e non sarà possibile senza una tipicizzazione e identificazione del
prodotto in causa, specialmente per quanto riguarda il sapore del frutto. Inoltre dovranno
essere stabiliti i parametri di raccolta (fermezza, tenore in zuccheri, colore, ecc.) che
eviteranno raccolte anticipate, favorite da prezzi speculativi e dalla colorazione precoce della
maggior parte delle nuove varietà. Infine, il rinnovo varietale già avviato dovrà essere
continuato con varietà testate e adatte tanto alla produzione, buon comportamento
agronomico, quanto al consumo, soddisfazione del consumatore. La costante riduzione di
sostanze attive disponibili e dei relativi residui sui frutti, in seguito all’applicazione della
normativa comunitaria, costituisce una sfida importante per far fronte alle principali piaghe e
malattie, per le quali si ha una disponibilità sempre minore di prodotti efficaci e a costo
accessibile.
Come esposto in precedenza, le migliorie tecnologiche e l’innovazione varietale hanno
permesso l’incremento e la diversificazione dell’offerta, che copre un ampio periodo di
raccolta e va da metà di aprile in zone con numero limitato di ore di freddo (Andalusia) fino a
fine di ottobre (zone tardive della valle dell’Ebro).
Tra le varietà di pesco, la nettarina ha assunto un’importanza sempre maggiore: nel
2002 le superfici occupate in Spagna dalle nettarine a polpa gialla e a polpa bianca erano del
16% e 5% rispettivamente, mentre nel 2007 la nettarina ha rappresentato il 34% della
produzione e il fatto più rilevante dal punto di vista delle varietà negli ultimi 15 anni è stato
l’introduzione della varietà di sapore dolce “Big Top®”. Nell’ultimo decennio in Spagna
hanno visto la luce circa 12 programmi di miglioramento genetico, in gran parte privati,
pubblici o a partecipazione mista privata-pubblica. La costante immissione di nuove varietà di
sapore dolce e con una colorazione sempre maggiore è stata l’evento più rilevante
dell’innovazione varietale in tutti i gruppi.
Grazie al progetto europeo ISAFRUIT è stato scoperto che circa il 72% dei
consumatori di 5 stati membri dell’Unione Europea dove sono state testate 11 varietà di
pesche/nettarine, tra le diverse tipologie di frutto (dolce, equilibrato, acido) hanno preferito
varietà dolci, mentre il restante 28% ha apprezzato maggiormente le acide; le varietà di sapore
1
dolce, oltre ad essere accettate da un numero maggiore di consumatori, garantiscono
percentuali più alte di soddisfazione, la loro qualità gustativa è meno penalizzata da un
anticipo della data di raccolta e mantengono costanti i valori di fermezza nel periodo di
maturazione.
Tab. 1. Classificazione di varietà di pesche/nettarine in funzione dell’acidità totale del frutto.
Gruppo
Acidità titolabile
(g/l ac. mal./l)
Sub-acida / molto dolce
<3,3
Dolce / semidolce
3,3-6
Equilibrata
6-8
Acida
8-10
Molto acida
>10
Fonte: Iglesias y Echeverría, 2009.
Acidità titolabile
(meq./100 ml.)
<5
5-9
9-12
12-15
>15
Un gruppo che ha conosciuto una crescita importante nell’ultimo decennio in Spagna è
quello delle pesche piatte denominate “Paraguayo”. Nel 2008 ne sono state prodotte 51.000
ton. pari ad una superficie coltivata di 3.240 ha, prevedendo che la produzione si sarebbe
duplicata entro il 2010 grazie all’entrata in produzione delle nuove piantagioni. La maggior
parte si trova nella valle dell’Ebro (Catalogna e Aragona) e in Murcia. Circa l’80% della
produzione è destinata al mercato domestico e il resto viene esportato in vari paesi
dell’Unione Europea e in Russia. I prezzi percepiti dai produttori fino al 2008 sono stati da
1,5 a 3 volte superiori di quelli delle varietà di pesche e nettarine di periodi simili, ma anche i
costi di produzione e imballaggio (specialmente la potatura di formazione e la calibrazione dei
frutti) sono superiori.
L’interesse verso questo tipo di frutto è dovuto principalmente all’introduzione su
scala commerciale di nuove varietà con una colorazione maggiore, una buona chiusura della
cavità pistillare ed una maggiore resistenza a manipolazione rispetto alle varietà tradizionali.
La “Sweet Cap®” è stata la varietà più diffusa in Spagna, seguita dalla “UFO-3®” e dalla
“UFO-4®”. Successivamente sono state introdotte gradualmente diverse varietà dell’ASF
(“Flatprettycov”, “Flatnicecov”, “Flataugust cov”, “Flatprincesse cov”, ecc., della serie
“Regalcake®”), dell’INRA (“Ordigan cov”, “Orcino cov”, ecc.) e dell’INRA-Quartier Neuf
(“Platifirst cov”, “Platibelle cov”, ecc., della serie “Platty®”) e del CRA di Roma e di Forlì (serie
“UFO” e “IFF”). Attualmente nell’ambito della pesca piatta si dispone di un’ampia gamma
varietale che oscilla tra fine di maggio e fine di settembre, e la maggior parte è a polpa bianca.
Nella nettarina piatta la gamma varietale è ancora molto limitata e la sua produzione è ridotta
se comparata a quella della pesca piatta; viene coltivata principalmente nella zona di Lleida.
Le varietà coltivate provengono da Francia (ASF, INRA e INRA-Quartier Neuf), Italia (CRARoma) e Spagna (Agromillora). Dal 1996 oltre 60 nuove varietà sono state valutate dall’IRTA
e le informazioni relative al loro comportamento sono state trasferite al comparto produttivo.
Tecnologia di coltivazione
In tutte le aree produttive della Spagna, la forma di allevamento più diffusa (ca. 85%)
è il vaso, con diverse modalità a seconda della zona di produzione. Poiché gli innesti con
vigore medio-alto sono i più utilizzati, questo sistema a media-bassa densità consente un
maggior controllo del vigore rispetto a quelli più intensivi. Le distanze di piantagione più
comuni oscillano tra i 5 e 6 metri tra filari e tra i 2,5 e 3,5 metri tra le piante, corrispondenti ad
una densità di piantagione dai 476 agli 800 alberi per ettaro. Il “vaso catalano” sviluppato
nell’ultimo decennio, si forma principalmente mediante interventi di potatura verde (2
interventi annui: uno a giugno e l’altro ad agosto, anche meccanicamente eseguito con barre
2
falcianti) per la formazione della struttura portante durante i primi due anni.
Tab. 2. Allevamento a vaso catalano per densità di 5 x 3 m. Andamento della fruttificazione
fino al 4° anno, di due varietà di pesco a maturazione in luglio ed agosto.
Epoca
di
2° anno
maturazione
kg/albero t/ha
Luglio
5
3,3
Agosto
10
6,7
3° anno
kg/albero t/ha
20
13,3
30
20,0
4° anno
kg/albero t/ha
45
30,0
65
43,3
Il vaso catalano combina una densità media di piantagione ed un portinnesto di vigore
medio-alto, fatto che permette di occupare rapidamente lo spazio e raggiungere la piena
produzione al quarto anno per la maggior parte delle varietà. L’entrata in produzione è più
rapida in varietà la cui produzione è situata in rami misti e a floribundità medio-alta
(Nectaprimacov”, “Ambracov”, varietà di pesca piatta, ecc.) e più lenta in varietà che producono
sopra organi di più di un anno e a floribundità medio-bassa (“Big Top®”, “Honey Royale®”,
“O”Henry®”, ecc.). Questo sistema consente la raccolta della maggior parte della produzione
dal suolo e la potatura meccanizzata (“topping”), combinata con la potatura manuale. La
struttura dell’albero è costituita da 4-6 branche principali sui quali si formano i rami misti e
altri organi di fruttificazione. L’altezza dell’albero di solito non è inferiore a 2,2 metri, e ciò
permette di realizzare la maggior parte delle diverse tecniche colturali (potatura, potatura di
formazione, raccolta, ecc.) da terra. Lo schema di piantagione più comune con questo sistema
è di 5 x 3 m (667 alberi/ettaro), che porta ad una maggiore densità di piantagione rispetto al
vaso tradizionale (5,5 x 3,5 m).
Costi di produzione
I costi di produzione hanno visto un aumento considerevole negli ultimi anni in tutti i
paesi produttori dell’Unione Europea, arrivando a duplicarsi in soli 8 anni, per il forte
incremento di carburanti, concimi, energia elettrica, prodotti fitosanitari e manodopera. Da
dati del 2005 (Chambre d’Agriculture du Roussillon, Francia) il costo orario della
manodopera per la produzione di pesche era di 6,10, 10,80 e 11,50 €/h per Spagna, Italia
(Emilia Romagna) e Francia rispettivamente, mentre il costo totale di produzione per gli stessi
paesi e nello stesso ordine era di 0,38, 0,40 e 0,58 €/kg per una varietà di mezza stagione e
una produzione media di 25 ton./ha. Il costo totale di produzione più condizionamento in
centrale è stato dunque di 0,64; 0,76 e 1,08 €/kg rispettivamente. Ciò suppone una maggiore
competitività delle esportazioni spagnole rispetto a quelle italiane o francesi, visto che
l’esportazione è destinata agli stessi paesi (Regno Unito, Germania, Belgio, Olanda, paesi
dell’Est, ecc.).
3
Sessione 1a - Relazione
Il miglioramento genetico del pesco, nuove tipologie ed extra-stagionalità di
pesche e nettarine
D. Bassi, Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano
A. Liverani e D. Giovannini, CRA-FRF, Unità di ricerca per la Frutticoltura di Forlì
S. Foschi, Alimos Soc. Coop., Cesena (FC)
Rispetto alla fine del secolo appena trascorso, sono notevolmente diminuiti i
finanziamenti pubblici per i programmi di miglioramento genetico (MG) dei fruttiferi, pesco
compreso. A causa di tali ristrettezze, gli enti pubblici sono stati costretti a ridurre
drasticamente i progetti, ovvero ad avviare forme di collaborazione con enti privati, come le
associazioni di produttori (OO.PP.) e consorzi vivaistici. Indipendentemente dalla natura
privata o pubblica dei programmi di MG, questi sono sottoposti ad una duplice sfida. La
prima è la competizione internazionale con i numerosi programmi in corso nei principali paesi
frutticoli (USA, Francia, Spagna), che mettono continuamente a disposizione nuove cultivar.
La seconda è la disponibilità di materiale genetico di base che consenta di ottenere reali
‘novità’ varietali, che non siano semplici ‘copie’, con minime varianti, di cultivar già diffuse.
Questo solleva il problema del reperimento e della conservazione delle risorse genetiche, a
monte dei programmi di incrocio. A questo fine, particolarmente ampie sono le collezioni
presenti presso diversi enti pubblici (e qualche ente privato) che conservano germoplasma di
origine italiana o straniera. Inoltre, i contatti internazionali assicurati dagli enti di ricerca
consentono il reperimento di materiale genetico da ogni parte del mondo. Molto più critico è
invece l’aspetto della conservazione di tali risorse, notoriamente molto costoso trattandosi, e
non potrebbe essere altrimenti, di collezioni di alberi. E tale costo grava ovviamente sulle già
scarse risorse disponibili per il MG.
I filoni su cui i programmi di MG pubblico possono distinguersi da quelli sostenuti da
finanziamenti privati sono essenzialmente due: la resistenza alle avversità e lo sviluppo di
peculiarità del frutto di possibile interesse commerciale.
Riguardo a questo secondo filone, vengono illustrati alcuni obiettivi.
Tessitura della polpa fondente ad intenerimento rallentato (tipo nettarina ‘Big Top’ e pesche
serie ‘Rich’ e ‘Royal’.
Lo straordinario successo commerciale della nettarina ‘Big Top’ è da ricercare nelle
caratteristiche del frutto molto innovative: estesa e precoce sovraccolorazione della buccia,
polpa croccante a maturazione molto lenta e sapore sub-acido, carattere che lo rende
consumabile anche quando la maturazione fisiologica non è ancora completata.. Il carattere
più interessante dal punto di vista sia agronomico, sia della shelf-life riguarda l’intenerimento
lento (corretta descrizione di quello che viene definito comunemente ‘polpa molto soda’).
Tale carattere non è però esclusivo di questa nettarina, e possiamo osservarlo anche in pesche
di introduzione più (serie Royal) o meno (serie ‘Rich’) recente, senza parlare delle vecchie
‘Merril Gem’, a cui forse si deve l’introduzione di questo carattere nelle cultivar più recenti.
Sicuramente, l’associazione col carattere sub-acido è ciò ha consentito lo straordinario
successo di Big Top’. L’intenerimento della polpa al termine della maturazione, colloca
comunque Big Top nell’ambito della tipologia fondente. É stata accertata la probabile natura
monogenica di tale maturazione lenta, che si presenta come dominante in popolazioni ottenute
da incroci controllati. La difficoltà di accertare con sicurezza tale fenotipo sull’albero
ricorrendo alle sole valutazioni sensoriali rende necessaria la disponibilità di parametri
oggettivi. Indagini sull’individuazione di possibili marcatori del DNA a livello del gene della
endo-poligalatturonasi hanno portato a risultati interessanti, anche se non ancora applicabili
sul piano pratico.
Tessitura della polpa stony hard.
La polpa stony hard, diffusa in molte pesche di origine orientale, presenta caratteri di
grande interesse: mancato intenerimento, anche a sovramaturazione, elevatissima tenuta (fino
4
a tre settimane in pianta), con conseguente lunghissima ‘shelf-life’; polpa croccante (a
differenza della consistenza gommosa assunta dalle percoche, caratterizzate da polpa
duracina, cioè non fondente), mancata emissione di etilene, unico caso noto tra i diversi
fenotipi di tessitura di polpa nel pesco. Sebbene non ancora diffusa commercialmente, una
prima linea varietale (ottenuta dalla autoimpollinazione della coreana ‘Yumyeong’) è stata
diffusa dal CRA di Roma col nome di ‘Ghiaccio’, a motivo dell’aspetto del frutto (a polpa
bianca, con assenza di antociani). Tale linea è caratterizzata anche da un elevatissimo residuo
secco (oltre il 18-20%) a sovramaturazione. I limiti dello stony hard possono essere rinvenuti
o nella troppo scarsa acidità (i fenotipi noti sono tutti sub-acidi), che conferisce un sapore a
volte stucchevole, o nello scarso aroma di pesca. Nonostante si sappia già molto sulle
caratteristiche genetiche di tale carattere (mendeliano, recessivo al fondente, se pur epistatico
rispetto ad esso), ancora poco si conosce di possibili interazioni col fenotipo duracino o con
quello ad acidità normale.
Ottenimento di cultivar con frutti ‘mangiatutto’ a maturazione precocissima.
La produzione di frutti a maturazione extra-precoce trova sempre maggiori spazi di
mercato e nell’ambito delle drupacee si collocano le specie più suscettibili per lo sviluppo di
tali produzioni. In passato sono state ottenute due cultivar a maturazione precocissima (fine
maggio in Romagna), caratterizzate da una molto limitata lignificazione del nocciolo
(‘Borgia’ e ‘Lucrezia’). Tali frutti possono pertanto essere consumati interi, salvo due
limitazioni. (presenza di amigdalina nel seme, parziale lignificazione del nocciolo). Queste
limitazioni possono essere facilmente eliminate utilizzando negli incroci genotipi che non
presentano amigdalina all’interno del seme (carattere controllata da uno solo gene recessivo)
ed anticipando di qualche giorno la maturazione. I frutti delle due cultivar citate si presentano
infatti di consistenza appena cartilaginea quando i frutti sono raccolti a maturazione
commerciale, divenendo parzialmente lignificati solo a maturazione fisiologica completa.
Partendo da ‘Borgia’ e ‘Lucrezia’ è stato introdotto il carattere ‘seme a sapore neutro’
(presente allo stato omozigote in alcune nettarine, come ‘Fantasia’, ‘Claudia’, ‘Early
Sungrand’, ecc.). Attraverso cicli di incrocio e reincrocio si è riusciti ad ottenere selezioni
molto precoci (sia di pesche, sia di nettarine) a seme ‘neutro’. Il principale limite
nell’ottenimento di selezioni ‘mangiatutto’ è ora rappresentato dalla difficoltà di applicare
l’embriocoltura agli embrioni (di limitatissimo sviluppo) di tali selezioni precoci, al fine di
ottenere la necessaria segregazione per l’epoca di maturazione extra-precoce.
Resistenze alle avversità
Sono obiettivi che richiedono diverse generazioni d’incrocio per essere raggiunti,
specialmente se si vogliono combinare in un unico genotipo più resistenze e per questo sono
principalmente le Istituzioni pubbliche a perseguirli. Gli studi sul carattere della resistenza a
monilia (Monilinia spp.), hanno permesso di individuare diversi genotipi tolleranti, con
ampia variabilità delle caratteristiche merceologiche. Il DIPROVE dell’Università di Milano
utilizza la pesca ‘Contende’ perché unisce alle buone qualità del frutto una discreta tolleranza
al patogeno, trasmessa anche alle progenie. Il CRA-FRF ha di recente individuato
un’accessione con una resistenza, sia di campo che alle inoculazioni artificiali, decisamente
superiore a tutto il materiale sinora valutato, ma con caratteristiche estetiche decisamente da
migliorare. Per la resistenza ad oidio viene utilizzata la percoca di origine messicana ‘Oro A’,
caratterizzata da scarsissima sensibilità e che, incrociata con cultivar commerciali sia di pesco
che di nettarine, ha fornito progenie con una buona tolleranza al patogeno, anche se in misura
variabile. Un obiettivo entrato di recente nei programmi di miglioramento genetico del pesco
interessa la resistenza a sharka, dove si utilizzano come fonti di resistenza (non rinvenuta in
pesco) alcuni ibridi di pesco con P. davidiana e con P. dulcis.
5
Sessione 1° - Relazione
Il progetto MAS.PES a co-finanziamento pubblico-privato per il
miglioramento genetico di albicocco e pesco assistito da tecniche di biologia
molecolare
D. Bassi, Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano
S. Sansavini, S. Tartarini, L. Dondini, Dipartimento di Coltivazioni Arboree, Alma Mater
Università degli Studi di Bologna.
A. Vecchietti, Parco Tecnologico Padano, Lodi.
Dal 2003 le attività di miglioramento genetico albicocco e pesco coordinate dal CRPV e
co-finanziate dalla Regione Emila-Romagna e da quattro Organizzazioni dei Produttori
(OO.PP. Apofruit, Apo-Conerpo, Orogel e Terremerse) sono confluite in un unico programma
(denominato Miglioramento Genetico Drupacee).
Il progetto è mirato al miglioramento varietale di albicocco e pesco per la coltivazione
in Emilia-Romagna, valorizzando i caratteri di adattamento ambientale, qualità dei frutti e
resistenza ad alcune malattie.
Dal 2007 si è aggiunta una terza fonte di co-finanziamento (da parte delle Fondazioni
bancarie romagnole) grazie alla quale l’utilizzo dei marcatori molecolari del DNA viene
impiegato nello sviluppo di strategie di selezione assistita (MAS: molecular assisted
selection). In tal modo, il miglioramento genetico viene integrato e diviene MAB (marker
assisted breeding).
Gli obiettivi specifici del nuovo programma di miglioramento varietale mediante
selezione assistita sono stati concordati con i rappresentanti delle OO.PP. al fine di
selezionare gamme di cultivar di alto pregio qualitativo da proporre alla distribuzione con
continuità d’offerta.
Il progetto integra quindi tecniche tradizionali (incroci, allevamento in campo degli
alberi e relativa selezione agronomico-pomologica) e tecniche di selezione su base genomica.
Di conseguenza, mentre da un lato è continuata l’introduizone di nuove cultivar derivate dalla
precedente filera tradizionale (come la pesca gialla precoce ‘Bordò’ e le albicocche ‘Bora’,
‘Pieve’ e, recentemente, ‘Petra’), è già ad uno stadio molto avanzato l’individuazione di
marcatori del genoma che verranno utilizzati a breve per la selezione precoce, sulla base di
alcuni caratteri fondamentali come: epoca di maturazione, pezzatura del frutto, contenuto
(totale) di zuccheri e acidi), sovraccolore rosso della buccia, resistenza a marciume da monilia
ed oidio). In concreto, si tratta di ottenere popolazioni molto numerose (es.: oltre 1000
individui per incrocio), che verranno selezionate sulla base dei marcatori associati a caratteri
di interesse a partire dalle prime foglioline ottenute dopo la semina: in campo verranno quindi
messe a dimora solo quelle poche decine di semenzali che risultano portatori dei caratteri di
interesse. In tal modo la fase di selezione agronomico-commerciale verrà eseguita solo sui
semenzali potenziali portatori dei caratteri desiderati, con notevole aumento dell’efficienza di
selezione.
Alla fine del 2008 risultavano 23.600 semenzali di albicocco (di cui quasi 9.000 ancora
in vivaio) e poco meno di 20.000 di pesco (di cui circa 10.000 in vivaio), ottenuti dagli incroci
controllati effettuati negli anni precedenti. Di queste progenie, 76 (50 per l’albicocco e 26 per
il pesco) superano le 100 unità (fino ad oltre 1.000), rappresentando potenziali candidate per
studi di genetica e genomica.
Al fine di localizzare le regioni che sottendono ai caratteri di qualità del frutto, alla
componente aromatica e alla resistenza a patologie quali Monilia, tre popolazioni di pesco
(sotto riportate) sono state usate come materiale genetico. L’utilizzo di popolazioni segreganti
permette di identificare zone del genoma che concorrono con gradi differenti (caratteri
quantitativi) alla manifestazione del carattere (QTL). Per la mappatura dei QTL è stato
adottato un approccio integrato che prevede la raccolta di dati fenotipici e la costruzione di
mappe genetiche mediante marcatori molecolari. Avendo valutato le caratteristiche delle
6
popolazioni in esame e i sistemi di marcatori disponibili, si è scelto di utilizzare marcatori
SSR (Simple Sequence Repeats), già ampiamente utilizzati per la costruzione di mappe in
Prunus oltre che vantaggiosi in quanto co-dominanti, altamente riproducibili e automatizzabili
sulla Piattaforma Genomica del Parco Tecnologico Padano. Sono state generate 3 mappe
genetiche e i QTL dei caratteri di maggior interesse sono stati identificati.
Popolazioni di pesco
Bolero x OroA (BxO)
Tipo di popolazione e
dimensione
F1, 132
Contender x Ambra
(CxA)
F2, 322+45
Contender x Elegant
Lady (CxEL)
F1, 175
Caratteri analizzati
Frutto: peso, contenuto di zuccheri e
acidi, tessitura della polpa, composti
aromatici.
Resistenza: oidio
Frutto: peso, colore, contenuto di
zuccheri
e
acidi,
pubescenza
(pesca/nettarina).
Resistenza: Monilinia
Per l’albicocco, su una popolazione di 118 semenzali (dall’incrocio ‘Lito’ x
‘BO81604311’ di cui è disponibile una mappa genetica saturata di microsatelliti) sono state
condotte analisi fenotipiche per lo studio di vari caratteri correlati alla qualità dei frutti, in
analogia con quanto fatto per il pesco. Campioni di polpa sono stati raccolti per eseguire più
approfondite analisi al gas-cromatografo ed identificare il contenuto degli acidi organici e
zuccheri il cui bilanciamento determina la qualità organolettica del frutto di albicocco. Sono
stati identificati una serie di QTL per le dimensioni dei frutti, la data di maturazione, il
sovraccolore della buccia, il contenuto totale di acidi organici e zuccheri della polpa. La
presenza di un QTL molto forte per l’acidità della polpa è stata seguita con particolare
attenzione, con l’ottica di uno sviluppo di marcatori maggiormente associati al carattere,
attraverso l’uso di una libreria genomica di Lito (la cultivar in cui è presente il QTL). Dallo
screening via PCR dei 30000 cloni della libreria sono stati identificati 6 cloni in cui è
verosimilmente presente il marcatore attualmente più vicino al gene che determina il carattere.
Le verifiche sono attualmente in corso.
7
Sessione 1a - Relazione
Il Progetto “DRUPOMICS” per il sequenziamento internazionale del
genoma del pesco
I. Verde ed il Consorzio per il Sequenziamento del Genoma del Pesco.
Il pesco [Prunus persica (L.) Batsch] è tra le specie frutticole più importanti per il nostro
paese ed è considerata una specie modello per la famiglia delle Rosacee in quanto presenta diversi
vantaggi dal punto di vista genetico e riproduttivo. E’, infatti, una specie diploide con un genoma
molto contenuto. Al contrario di altre specie frutticole ha un periodo improduttivo molto limitato
(2-3 anni). E’ una specie autogama e sono disponibili diverse linee diaploidi omozigoti a tutti i
loci. Negli ultimi anni sono stati svilppati in pesco diversi strumenti genomici (mappe genetiche e
fisiche, collezioni di EST) che consentono indagini molecolari molto approfondite. L’avvento
dell’era del seqenziamento ha aperto nuove frontiere per la genomica delle piante. Diversi
organismi sono stati già sequenziati (Arabidopsis, riso, pioppo, vite papaya) e molti altri sono in
via di sequenziamento. In questo contesto il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e
Forestali ha finanziato un progetto nazionale “DRUPOMICS” allo scopo di affiancare l’iniziativa
internazionale, coordinata da Istituzioni di ricerca degli Stati Uniti d’America, per il
sequenziamento del genoma della specie.
Il progetto italiano DRUPOMICS è coordinato dal CRA Centro di Ricerca per la
Frutticoltura di Roma e viene sviluppato con la collaborazione di 14 Istituzioni di Ricerca.
Operativamente il progetto si articola in 4 Linee di Ricerca.
- Nella Linea di ricerca 1 (Sequenziamento del Genoma), come contributo al sequenziamento
internazionale, è prodotta in Italia una sequenza con copertura 2X mediante metodologia WGS.
In totale il consorzio internazionale ha prodotto una sequenza WGS con una copertura 8X. Il
progetto italiano contribuirà anche all’assemblaggio ed all’annotazione del genoma della
specie. Il genotipo individuato per il sequenziamento è un doppio aploide della cultivar
‘Lovell’. La scelta di un diaploide è motivata dal fatto che un individuo omozigote a tutti i loci
rende più semplice la fase di assemblaggio della sequenza.
- Nella Linea di Ricerca 2 (Mappe genetico-molecolari di associazione: arricchimento e
allineamento alla mappa di sequenza. Risequenziamenti), che si svolge in parallelo con la
Fase 1, si completano mappe molecolari di associazione. Le sequenze assemblate verranno
ancorate alle mappe genetico-molecolari usando ponti SNPs o SSR al fine di ricondurle alla
loro collocazione cromosomica. Il genoma è coperto con marcatori (principalmente SNP), con
una densità di un marcatore ogni 0,5 cM. Questa fase include l’individuazione di SNP da EST e
la loro localizzazione sulle mappe genetico-molecolari. Il risequenziamento dei parentali delle
popolazioni segreganti (TxE, PxF, CxA) o dei loro ibridi F1 permetterà l’isolamento di ulteriori
SNP che saranno localizzati sulle mappe molecolari. I parentali delle progenie di mappa
verranno risequenziati con tecnologia Illumina con una copertura 20X. I marcatori individuati
mediante risequenziamento dei parentali di mappa consentono l’allineamento diretto tra le
mappe genetiche e la sequenza. Inoltre, allo scopo di analizzare la variabilità esistente nel
germoplasma della specie ed individuare SNP utili un panel di accessioni di pesco, individuati
per la loro ampia variabilità genetica, fenotipica e geografica, verrà risequenziato con
tecnologia Illumina con una copertura di 3X.
- Nella Linea di Ricerca 3 (Gestione Informatica dei dati ed analisi strutturale del genoma)
si realizzano gli strumenti bioinformatici per la gestione informatica di tutto il progetto. In
particolare si sviluppano ed adottano algoritmi per l’analisi della sequenza genomica, e si
sviluppa tutta l’attività bioinformatica necessaria a consolidare le mappe integrate geneticomolecolari e di sequenza.
- La Linea di Ricerca 4 (Qualità della Drupa: Approcci genomici e post-genomici) abbraccia
aspetti legati alla qualità del frutto di pesco quali intenerimento della polpa, vie metaboliche
degli zuccheri, acidi organici, carotenoidi e ABA e loro interazioni. A questo scopo verranno
utilizzati approcci genomici, trascrittomici, proteomici e metabolomici.
8
Sessione 1a - Relazione
Orientamenti nelle scelte varietali del Gruppo di Lavoro CRA-MIPAAF Nuove opportunità territoriali
A. Liverani1, E. Bellini2, V. Nencetti2, L. Conte3, O. Insero4
1) CRA, Unità di ricerca per la Frutticoltura di Forlì
2) Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura Università di Firenze
3) CRA, Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma
4) CRA, Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta
Il progetto MiPAAF – Regioni, “Liste di Orientamento Varietale in Frutticoltura”, ha lo
scopo di fornire ai frutticoltori informazioni e dati oggettivi sul comportamento delle
principali cultivar di pesco, nettarine e percoche, attraverso la loro valutazione in numerosi
campi sperimentali situati nelle principali aree produttive italiane. Nel corso dei 16 anni di
attività sono state complessivamente valutate oltre 400 cultivar, contribuendo in maniera
significativa all’orientamento di tecnici e peschicoltori nel sempre più complicato compito
della scelta varietale. A fronte, infatti, di un numero crescente di cultivar introdotte
annualmente in commercio, anche oltre 100/anno, vanno tenuti in considerazione altri due
aspetti che contribuiscono a rendere difficili le scelte. La coltivazione si va espandendo nelle
aree meridionali, con una diversa distribuzione territoriale a seguito della contemporanea
contrazione produttiva nelle aree centro-settentrionali. Le anomalie delle condizioni
climatiche con inverni miti, estati più lunghe, incrementi delle temperature medie (2°C negli
ultimi 40 anni), diminuzione e distribuzione più irregolare della piovosità, sono solo alcuni
degli aspetti che si riflettono in maniera inequivocabile sull’adattabilità dei genotipi
all’ambiente di coltivazione. È, quindi, sempre più difficoltoso fornire delle indicazioni chiare
e precise sul comportamento varietale, ma il Progetto, forte di un solido e collaudato
protocollo sperimentale, continua nel puntuale aggiornamento delle varietà giudicate
positivamente, nell’areale di coltivazione di riferimento.
Le liste varietali 2009
Sono circa un centinaio le cultivar, che la sperimentazione ha valutato positivamente sul
territorio italiano, che ha nelle pesche a polpa gialla il gruppo numericamente più consistente,
atto a coprire un calendario molto esteso, dalla prima metà del mese di maggio a fine
settembre. Di poco inferiore è il gruppo delle nettarine gialle, con un calendario di circa 4
mesi, leggermente più ridotto rispetto a quello del pesco, ma che presenta maggiori
cambiamenti e più dinamicità. Ridotta è la presenza delle polpe bianche sia di pesco che di
nettarine, con ampi periodi del calendario produttivo scoperti.
Il gruppo delle percoche è concentrato, ormai, da anni sulle stesse cultivar, che nel
periodo precoce si rivolgono essenzialmente al mercato del fresco, esclusiva delle regioni del
Sud, mentre migliore è la situazione nell’epoca di maturazione intermedia e tardiva con valide
cultivar atte a soddisfare le esigenze della trasformazione industriale.
Dal confronto delle valutazioni nei campi sperimentali del Nord e del Sud emergono
evidenti differenze. Complessivamente sono 96 le cultivar in lista per gli ambienti del Sud e
solo 58 quelle in lista al Nord (Tab. 1). Certamente in questa diversa accettabilità influisce la
valutazione commerciale (il Nord produce di più per l’esportazione, per cui le varietà devono
essere dotate di una migliore shelf-life), così sono solo 15 le cultivar a polpa bianca (pesche e
nettarine) presenti nelle liste del Nord, contro le 26 del Sud, o 4 le cultivar di percoche per la
sola per la trasformazione industriale al Nord contro le 12 del Sud (destinate anche al
consumo fresco interno).
9
Tab. 1 Numero di cultivar presenti nelle liste 2009 del pesco negli ambienti del Nord e del
Sud
Nord
Pesche gialle
Pesche bianche
Nettarine Gialle
Nettarine Bianche
Percoche
Totale
Sud
21
9
18
6
4
58
29
16
24
10
12
91
Ma le maggiori differenze si riscontrano soprattutto nei periodi di maturazione più
estremi del calendario produttivo. Se è vero che nei periodi a maturazione intermedia le
cultivar consigliate sono le stesse per gli ambienti del Nord e del Sud (16 al Nord 18 al Sud
fra pesche e nettarine gialle) decisamente inferiore è il numero delle pesche e nettarine
precoci e tardive presenti nella lista del Nord rispetto a quella del Sud. Sono soprattutto le
cultivar tardive e molto tardive che trovano al Sud le migliori condizioni atte ad esaltarne le
caratteristiche qualitative.
Differenziazione territoriale delle scelte
Numerose le nuove accessioni provenienti da recenti e mirati programmi di
miglioramento genetico che vanno ad arricchire la gamma varietale in particolare delle
nettarine (39 cultivar in fase iniziale di valutazione) e pesche (24 cultivar). Tra queste si
segnalano quelle a basso fabbisogno di freddo invernale, quindi potenzialmente adatte agli
ambienti meridionali, in grado di anticipare il calendario di raccolta fino ad un mese, grazie
alla coltura forzata, necessaria anche per l’epoca precocissima di fioritura. Molte le novità,
specialmente di nettarine, in valutazione con frutti dolci molto zuccherini e bassa acidità a
favore di un più equilibrato e aromatico sapore (gusto «miele», serie «honey», ecc.), nuove
tipologie particolarmente apprezzate dai consumatori. Diverse di queste nuove accessioni,
alcune frutto del miglioramento genetico italiano, presentano anche altre innovative
caratteristiche del frutto come la estesa sovraccolorazione, la forma molto regolare e
simmetrica, la polpa croccante, a lenta maturazione. Altre presentano tipologie con frutti
deantocianici, polpa «stony hard» con elevata tenuta di maturazione e frutti piatti di tutte le
tipologie pomologiche.
Anche le liste non ufficiali, formulate da singole organizzazioni ed associazioni di
produttori riflettono in gran parte questi contenuti: l’ampliamento del calendario di
maturazione, la diversificazione delle tipologie di frutto, l’introduzione di peculiari caratteri di
salubrità e di qualità organolettica sono caratteri sempre più ricercati nelle nuove introduzioni,
che permetteranno di offrire al consumatore un prodotto in grado di soddisfarlo pienamente.
10
Sessione 1a - Poster
Progetto MAS.PES per il miglioramento genetico del pesco:
1) criteri di selezione
D. Bassi1, S. Foschi2, M. Rizzo3 e L. Castellari4
1
Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop.,
Cesena (FC); 3già dipendente CRPV;4ASTRA, Faenza, Ravenna
Nell’ambito delle attività di miglioramento genetico del pesco coordinate dal CRPV e
co-finanziate dalla Regione Emila-Romagna, da quattro Organizzazioni dei Produttori
(Apofruit, Apo-Conerpo, Orogel e Terremerse) e dalle Fondazioni Bancarie della Romagna,
gli obiettivi specifici vengono concordati con i rappresentanti delle OO.PP., al fine di
selezionare gamme di cultivar di alto pregio qualitativo da proporre alla distribuzione con
continuità d’offerta. Nelle tabelle che seguono sono riportati, schematicamente, i criteri-guida
di riferimento per il lavoro di selezione.
Obiettivi specifici per pesche e nettarine (ideotipi nuove cultivar)
Obiettivo specifico
Descrizione
Interesse in funzione
Pesche e nettarine gialle: interesse prioritario
della tipologia
Nettarine polpa bianca: interesse secondario
Pesche polpa bianca: interesse limitato
Percoche da industria: interesse marginale
A frutto piatto (platicarpe): interesse secondario
Albero
Portamento: regolare, espanso, di facile gestione in funzione della
organizzazione aziendale (vaso o palmetta)
Epoca di maturazione: dal 1-06 al 15-09
Frutto
Forma: rotonda, regolare
Pezzatura (in ordine di priorità): A, AA, B (uniforme nella chioma)
Maturazione: contemporanea nell’albero
Tessitura:
- fondente, a lento intenerimento (tipo ‘Big Top’ per le nettarine
e ‘Rich Lady’ per le pesche)
- stony hard: interesse marginale
- duracine (percoca): interesse limitato
Sovraccolore: rosso brillante sulla maggior parte della superficie, su
fondo giallo
Nocciolo: spiccagnolo (non staccato), o aderente
Caratteri organolettici Polpa: succosa.
Residuo secco rifrattometrico (valore minimo in Brix°): 12
(precoci), 14 (medie), 16 (tardive); piatte: 18.
Acidità (valore massimo in meq): 10-12 (tipologia “equilibrata”), 57 (tipologia “sub-acida”).
Conservabilità
A temperatura ambiente (shelf-life): 5-7 gg
In frigorifero: 21 gg
11
Sessione 1a - Poster
Tipologie varietali di riferimento per il miglioramento genetico di pesche e nettarine
CARATTERE
NOTE
CULTIVAR DI RIFERIMENTO
Aspetto
Forma rotonda, colore
brillante(fondo giallo) ed
esteso, senza rugginosità
nettarine
pesche
Intenerimento lento
Consistenza
elevata (tipo
fondente)
nettarine
pesche
Pezzatura
uniforme
nettarine
pesche
Sapore
nettarine tradizionale
sub-acido
pesche tradizionale
sub-acido
Diamond Bright
Bordò, Rich Lady e simili
Big Top e simili
Rich Lady e simili
Diamond Ray, Rebus 2 (BO 96028038)
BO 96013046 (Bolero x Rich Lady)
Diamond Bright
Big Top
Redhaven
Grenat, Dulcebo (BO 02009035)
12
Sessione 1a - Poster
Progetto MASPES per il miglioramento genetico del pesco:
2) protocollo operativo per l’ottenimento di materiale virus-esente
C. Buscaroli (1), V. Vicchi (2), A. Babini (2), E. Ulivi (1), M. Lama(3)
(1) CRPV, Cesena , (2)Serivizio Fitosanitario Regionale Regione Emilia Romagna
(3) Astra , Innovazione e sviluppo
Introduzione
La conservazione e gestione del materiale genetico esente dai principali patogeni, è
attualmente uno dei problemi organizzativi più
complessi per i costitutori. In particolare per le drupacee, la diffusione epidemica del
virus Sharka (PPV), così come di altri agenti virali e virus-simili impone controlli molto
accurati in ogni fase di selezione. E’ stato perciò messo a punto un protocollo che prevede
indexaggi, analisi di laboratorio e
monitoraggi
dal
momento
dell’introduzione delle accessioni
utilizzate per gli incroci fino alla
costituzione delle nuove varietà.
Materiali e metodi
In collaborazione con il Servizio
Fitosanitario Regionale dell’Emilia
Romagna, è stato predisposto un
apposito protocollo che definisce le
metodologie di controllo e analisi nelle
varie fasi di selezione:
accessioni introdotte: vengono
sottoposte ad indexaggio (GF
305) ed ELISA; il materiale
sano viene innestato in vivaio
su portinnesti virus-esenti;
semenzali
selezionati:
osservazioni visive in campo;
esecuzione di saggi con GF 305
ed ELISA:
a) saggi ELISA o biologici positivi:
¾ patogeni da quarantena: si
procede alla distruzione o
isolamento e risanamento;
¾ virus trasmissibili per polline: le accessioni vengono mantenute in vaso, in tunnel con
rete anti afidi, per poi procedere al risanamento;
b) saggi ELISA e biologici negativi:
¾ il semenzale viene innestato su portinnesti VE;
¾ gli astoni sono collocati nei campi di selezione di 2° e 3°livello e oggetto di ispezioni
ufficiali.
¾ due piante vengono conservate in screen house.
- selezioni pre-commerciale vengono inviate ai Centri riconosciuti per la costituzione delle
fonti primarie (DM del 24 luglio 2003 e DM del 20novembre 2006) per avviare la
produzione di materiali certificati.
Risultati
Le nuove cultivar vengono inserite nel canale delle certificazione genetico-sanitaria
come materiale virus-esente.
13
Sessione 1a - Poster
Progetto “MASPES” per il miglioramento genetico del pesco:
3) primi ottenimenti: le nettarine gialle della linea Dolcesoda
D. Bassi1, S. Foschi2 e M. Rizzo3
1
Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop.,
Cesena (FC);3 già dipendente CRPV
‰
‰
‰
‰
Sapore molto dolce con adeguato tenore in acidità, sebbene di tipo sub-acido
Elevata ‘tenuta’ in pianta (tipologia ‘Big Top’)
Pezzatura elevata e forma rotonda, regolare
Sovraccolore brillante
DULCIS 1 (BO 02024028)
Origine: Max 7 x Big Top
Data di raccolta 2009: 10 agosto
Albero: portamento standard
Vigoria: media
Pezzatura: AA
Residuo secco rifratt.: 16.4 °Brix
Acidità: 7 meq Durezza: 2 kg/cm2
LUGLIO
10
15
AGOSTO
20
25
31
Big Top
5
10
15
20
25
31
BO 02024028
BO 02024014
BO 02002015
DULCIS 2 (BO 020240214)
Origine: Max7 x Big Top
Data di raccolta 2009: 19 agosto
Albero: portamento standard
Vigoria: media
Pezzatura: AA-A
Residuo secco rifratt.: 16.2 °Brix
Acidità: 3.6 meq
Durezza: 4.16 kg/cm2
DULCIVA (BO 02002015)
Origine: Big Top x Ambra
Data di raccolta 2009: 28 agosto
Albero: portamento standard
Vigoria: media
Pezzatura: AA
Residuo secco rifratt.: 17.2 °Brix
Acidità: 4.45 meq
Durezza: 3 98 kg/cm2
14
Sessione 1a - Poster
Progetto “MASPES” per il miglioramento genetico del pesco:
4) primi ottenimenti: le pesche gialle della linea Dolcesoda
D. Bassi1, S. Foschi2 e M. Rizzo3
1
Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop.,
Cesena (FC);3 già dipendente CRPV
‰
‰
‰
‰
Sapore molto dolce con adeguato tenore in acidità, sebbene di tipo sub-acido
Polpa spicca, con elevata ‘tenuta’ in pianta, tipo serie ‘Rich’ e ‘Royal’
Forma rotonda regolare
Sovraccolore brillante ed esteso
BO 02009066
Data di raccolta 2009: 23 luglio
Albero a portamento standard
Vigoria: media
Pezzatura: AA-A
Residuo secco rifratt.: 14.4 °Brix
Acidità: 4.02 meq
Durezza: 3.96 kg/cm2
BO 02009009
Data di raccolta 2009: 25 luglio
Albero: portamento standard-assurgente
Vigoria: medio-bassa
Pezzatura: AA-A
Residuo secco rifratt.: 16.2 °Brix
Acidità: 3.54 meq
Durezza: 2.6 kg/cm2
BO 02009035
Data di raccolta 2009: 29 luglio
Albero: portamento standard
Vigoria: media
Pezzatura: A-AA
Residuo secco rifratt.: 15.4 °Brix
Acidità: 2 meq
Durezza: 3 kg/cm2
Le selezioni che verranno ritenute meritevoli saranno licenziate con la denominazione
commerciale DULCEBO
15
Sessione 1a - Poster
Progetto MAS.PES per il miglioramento genetico del pesco:
5) l’utilizzo del carattere stony hard per l’individuazione di nuove tipologie
di prodotto - LA LINEA DOLCE E CROCCANTE
D. Bassi1, S. Foschi2 e M. Rizzo3
1
Dipartimento di Produzione Vegetale, Università degli Studi di Milano; 2Alimos Soc. Coop.,
Cesena (FC);3 già dipendente CRPV
Nell’ambito dei programmi di miglioramento genetico del pesco (ora MAS.PES) che da
anni il Di.Pro.Ve. di Milano coordina in collaborazione con il CRPV e la Regione EmiliaRomagna, dal 1996 sono iniziati una serie di incroci focalizzati all’utilizzo del carattere stony
hard (polpa croccante) per l’individuazione di nuove tipologie commerciali. I genotipi
portatori di tale carattere sono selezioni provenienti dagli USA (Università di Rutgers, NJ):
‘NJ 307’ e ‘D41-62’.
La selezione in campo ha portato all’individuazione di due famiglie molto interessanti
per determinati caratteri e che potrebbe prefigurare l’individuazione di linee commerciali
dedicate.
Linea ROSATA (polpa fondente)
Deriva dall’incrocio di BO 92039108 (nettarina gialla sub-acida) x ‘D41-62’ (pesca
gialla stony hard, sub-acida) e codificata come BO 04042.
Popolazione composta da circa 70 semenzali che maturano da fine luglio a metà agosto;
la tipologia di frutto è una pesca gialla fondente con polpa consistente ad elevata ‘tenuta’; il
sapore è sub-acido.
Sono state avviate alla sperimentazione pre-commerciale tre selezioni, mentre su altri
semenzali è stata effettuata l’autoimpollinazione, allo scopo di individuare nettarine stony
hard.
Linea DURANTE ( polpa croccante)
Deriva dalla autoimpollinazione della selezione ‘D41-62’ (pesca gialla stony hard, subacida) e codificata BO 05030.
Famiglia composta da circa 150 semenzali che maturano contemporaneamente, nella
seconda decade di luglio (19.7 nel 2009); la tipologia di frutto è una pesca gialla stony hard
ad elevata tenuta sia in pianta (circa tre settimane, con pochissima cascola, mantenendo
ottimali caratteristiche organolettiche) sia nel post raccolta; il sapore è sub-acido.
Sono state avviate alla sperimentazione pre-commerciale le selezioni BO 05030046,
BO 05030133 e BO 05030136, caratterizzate da un livello produttivo elevato.
BO 05030133 (polpa stony hard)
Albero: portamento standard
Vigoria: media
Data di raccolta 2009 (inizio): 19 luglio
Pezzatura: A-AA
Sapore: sub-bacido
Residuo secco rifratt.: 14.9 °Brix
Acidità: 2.2 meq
Durezza: 4.7 kg/cm2
16
Sessione 1a - Poster
Nuovi e differenti caratteri del frutto nel programma di miglioramento
genetico del pesco presso il Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma
(CRA-FRU)
L. Conte, A. Di Cintio, A. Sartori, M. Terlizzi
CRA-FRU Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via di Fioranello 52 – 00134 Roma
e-mail: [email protected]
Presso il CRA-FRU sono state costituite, varietà di pesche e nettarine di forma piatta,
pesche di sapore subacido e aromatico e pesche con polpa molto soda e buccia depigmentata.
Si tratta di varietà con tipologie di frutto nuove e differenti, caratterizzate da sapori peculiari
oltre che dalle elevate qualità organolettiche e gustative, sostenute anche da buone
caratteristiche produttive. Attualmente si sta inoltre lavorando per l’ottenimento di selezioni
con polpa sanguigna ad elevata presenza di antociani.
La serie UFO, 9 pesche a forma piatta (Prunus persica var. platicarpa), 5 a polpa
bianca e 4 a polpa gialla, copre un notevole arco di maturazione del pesco che va esattamente
da 43 giorni prima a 74 giorni dopo Redhaven. Tale serie è caratterizzata oltre che
dall’insolito aspetto del frutto schiacciato ai poli, da caratteristiche organolettiche gustative
quale sapore, dolcezza e aromi, particolarmente apprezzati. Sono prive degli ancestrali difetti
di questa tipologia di pesco (spaccature della buccia e della polpa, distacco di buccia con o
senza polpa all’atto della raccolta, scarsa produttività, ecc.).
Attualmente sono in ultima fase di studio 11 selezioni avanzate di pesche piatte (Ufo
α), tutte a polpa bianca, che sono da considerarsi complementari alla precedente serie UFO: in
tal modo l’intero periodo di maturazione delle pesche piatte a polpa bianca o a polpa gialla è
coperto. La prima matura 6 giorni prima della UFO 1 mentre le altre maturano a intervalli
regolari di una settimana fino a 44 giorni dopo Redhaven.
Le PLATINET rappresentano le uniche varietà di nettarine a forma piatta costituite in
Italia; esse hanno un elevato contenuto zuccherino e le qualità gustative e organolettiche sono
eccellenti. La consistenza della polpa è molto elevata e quindi la resistenza alle manipolazioni
è ottima. PLATINET 1 (-22) a polpa bianca e PLATINET 2 (-18) a polpa gialla precedono
PLATINET 3 e PLATINET 4 che maturano rispettivamente 11 e 26 giorni dopo Redhaven.
Le GHIACCIO rappresentano un nuovo tipo di frutto, caratterizzato da una totale
depigmentazione sia della polpa sia della buccia, da un contenuto zuccherino molto elevato
(17-22 °Brix), da ottime caratteristiche organolettiche e da una polpa molto consistente. Le tre
GHIACCIO, coltivandole insieme e gestendo opportunamente la raccolta, possono dare una
produzione continua per un arco di tempo di 50-60 giorni; i frutti, inoltre, possono essere
conservati in frigorifero per un periodo notevolmente più lungo rispetto alle varietà standard,
senza che perdano consistenza della polpa o vi siano alterazioni del colore della buccia e della
polpa o variazioni del contenuto di zuccheri e del sapore. Data la loro rusticità e, in genere
maggiore resistenza alle crittogame, sembrano particolarmente idonee alla coltivazione
biologica.
Le quattro varietà subacide KALOS maturano in un intervallo che va da 26 giorni
prima di Redhaven a 7 giorni dopo; esse si inseriscono in epoche, dove non vi sono cultivar
molto valide in commercio. Il frutto delle KALOS è molto bello con una colorazione della
buccia rosso vivo sul 100% della superficie, grossa e omogenea pezzatura, forma rotonda e
simmetrica. L’habitus vegetativo dell’albero è standard e presenta una elevata e costante
efficienza produttiva.
L’interesse del breeding del Centro, anche se abbastanza di recente, si è rivolto allo
sviluppo di cultivar di pesco e nettarine a polpa rosso violacea (sanguigna) ricca di antociani.
Nel materiale in avanzata fase di valutazione, la pigmentazione rossa all’interno della polpa è
legata a bassi valori di acidità, sapori e aromi particolarmente gradevoli, con polpa soda
fondente e succosa.
17
Sessione 1a - Poster
La valutazione delle nuove varietà per la peschicoltura marchigiana
G. Boraccini*, F. Capocasa**, M. Rossi** e B. Mezzetti**
*ASSAM – Agenzia Settore Agroalimentare delle Marche
**Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali - Università Politecnica
delle Marche
Negli ultimi anni, si è assistito ad un profondo rinnovamento del panorama varietale del
pesco: nuove cultivar che si sono diffuse e contemporaneamente varietà un tempo ampiamente
coltivate si sono fortemente ridimensionate o addirittura sono scomparse. Inoltre, si è assistito ad
una contrazione complessiva del numero delle varietà coltivate, con vantaggi commerciali
evidenti. Nel medio Adriatico, possiamo distinguere poche zone vocate per la produzione
frutticola. Nelle Marche occorre segnalare sicuramente la Valdaso, posta tra le nuove province di
Fermo e Ascoli Piceno dove si concentra l’80% della produzione frutticola Regionale che
corrisponde a 1,2% della produzione peschicola nazionale. Tale vallata, lunga complessivamente
circa 35 km, consente la coltivazione di tutte le varietà di pesco, dalle più precoci situate a ridosso
del mare per arrivare alle più tardive spostate verso l’entroterra. Oltre al pesco, abbastanza diffuse
sono anche le altre drupacee (Albicocco, Susino e Ciliegio) che contribuiscono a fornire una
buona diversificazione commerciale della produzione frutticola del territorio. Negli ultimi anni
sono state introdotte molte nuove cultivar con risultati non sempre positivi. L’attenzione dei
frutticoltori e soprattutto dei consumatori si è però soffermata solo su alcune di esse, divenute in
breve tempo assai diffuse e conosciute. Ne diamo ora una breve descrizione.
Tra le cultivar di pesco a polpa gialla, a maturazione precoce ed extra precoce, occorre
segnalare sicuramente le varietà Rich May e May Crest che rappresentano le primizie della zona,
pur con forti limiti sulla pezzatura e nella tenuta del frutto. Nell’epoca precoce, oltre alle oramai
affermate Crimson Lady e Springbelle, si affiancano Lolita e Rubyrich. Nel periodo intermedio, le
classiche Royal Glory e Rich lady sono state affiancate da Vista Rich, Summer Rich, Zee Lady,
molto simili per colore e sapore. Ancora poco diffuse ma interessanti appaiono anche Alix,
Azurite, Kaweah, Velvet Sisters e Sweet Fire. Tutte quante, sono caratterizzate da ottima
consistenza e buon sovracolore. Per le pesche a maturazione tardiva, si segnala Guglielmina,
Lucie, Fairtime, tutte caratterizzate da buona pezzatura ma sensibili a Monilia e Cydia. Per
quanto riguarda le pesche a polpa bianca sono da segnalare le cultivar Summer Sweet e Kevina
che sembrano però difettare in pezzatura. La cultivar Gladis invece si distingue per il buon sapore
e buona produzione.
Molto interessante per una produzione quasi di nicchia, ma in crescita, la tipologia
platicarpa che con la serie Ufo, Stark Saturn e Sweet Cup, sono in grado di coprire un periodo di
maturazione abbastanza lungo e per la loro forma particolare sembrano risultare facilmente
riconoscibili e gradite dal consumatore. Frequentemente però presentano fessurazioni all’apice,
scarsa tenuta del frutto e lesioni nella zona peduncolare al momento della raccolta. Particolare
interesse sembra ora rivolto a Concettina, una nuova varietà di nettarina platicarpa recentemente
selezionata in questo areale. In generale, ed in particolare per le nettarine, la cultivar più diffusa
nel comprensorio è sicuramente Big Top, che presenta ottime caratteristiche gustative, e risulta
affidabile, apprezzata dal mercato e dalla distribuzione grazie all’elevata tenuta in post-raccolta.
In evidenza alcune nuove cv come Amber Sisters dal buon sovracolore, Big Bang di buona
pezzatura, Alitop in corso di prima valutazione, Antony con forma del frutto leggermente
allungata, Amiga che presenta una buona pezzatura ma difetta in sapore, California a maturazione
tardiva. Tra le Nettarine Bianche, sono da segnalare Neve, a maturazione precoce dalle buone
caratteristiche organolettiche, Snow Ball e Magique.
In conclusione, occorre far notare come pur tra mille difficoltà, in questo areale il settore
risulta comunque vivace e dinamico. Ciò è testimoniato dal fatto che circa l’11% degli impianti di
pesco e circa il 22% degli impianti di nettarine sia di età inferiore a 5 anni. Questo dato, unito al
forte rinnovamento varietale e all’incremento notevole della qualità delle produzioni, porta a
guardare al futuro della frutticoltura del medio adriatico con moderato ottimismo e tranquillità.
18
Sessione 1a - Poster
“Percoca di Turi”. Caratteristiche qualitative per aspirare all’IGP
G. Russo
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, Università di Bari - Via Amendola,
165/A, 70126-Bari, Italy - E-mail: [email protected]
Del germoplasma frutticolo presente in Puglia, è stata evidenziata, per alcune specie,
l’esistenza di una ricca biodiversità la cui salvaguardia è di indubbia importanza. Tra queste
specie vi è il pesco, per il quale è stata riscontrata la presenza di ecotipi di elevato pregio che
rischiano la scomparsa poiché sostituiti con varietà di recente acquisizione. In particolare, un
ecotipo di percoca conosciuta come “Percoca di Turi”, presente nell’areale barese, merita
molta considerazione per le ottime caratteristiche qualitative dei frutti che, oltre al mercato del
consumo fresco, potrebbero essere destinati all’industria di trasformazione ed alla
preparazione di frutta di quarta gamma. Le osservazioni effettuate sulle caratteristiche bioagronomiche e produttive effettuate su piante nella fase di piena maturità indicano un ecotipo
caratterizzato da buona produttività e resistenza a diverse fisiopatie. Riguardo alle
problematiche del post-raccolta, il frutto presenta una buona adattabilità alla conservazione ed
alle manipolazioni e per questo potrebbe essere inserito nel comparto del biologico.
Introduzione
L’osservazione del germoplasma frutticolo presente in Puglia ha messo in evidenza
l’esistenza di biodiversità la cui salvaguardia (Rotundo et Al., 1997) merita particolare
attenzione. Fra le diverse specie frutticole c’è da annoverare il pesco (Baldini e Scaramuzzi,
1981), la cui diffusione, in Italia, ha subito notevoli incrementi produttivi (Atti Conv. Int.,
1984; Della Strada et Al.,1984-86). La coltura si ritrova sia nelle aree costiere della regione
che negli ambienti collinari, ove è stata riscontrata la presenza di ecotipi con caratteristiche
bio-agronomiche di particolare pregio qualitativo e merceologico, che rischiano la scomparsa
a causa della loro progressiva sostituzione con cultivar di recente acquisizione. Particolare
attenzione merita la “Percoca di Turi”, coltivata limitatamente all’areale di Turi, comune in
provincia di Bari; essa merita la dovuta considerazione per lo squisito sapore ed aroma,
nonché per alcune caratteristiche tecnologiche dei frutti che, oltre al consumo fresco,
potrebbero essere destinati all’industria di trasformazione.
Conclusioni
I risultati della presente ricerca, fanno presagire che la “Percoca di Turi”, considerate le
caratteristiche bio-agronomiche complessive, è sicuramente interessante per la peschicoltura
meridionale e soprattutto pugliese. Ciò deve spingere la ricerca verso una maggiore attenzione
per la biodiversità esistente, che, se salvaguardata, studiata e valorizzata, potrebbe evidenziare
ulteriori ecotipi di pregio. Dalle osservazioni effettuate, emerge che la “Percoca di Turi”
costituisce un ecotipo idoneo per la qualificazione delle produzioni di pesche tardive in
Puglia, con il vantaggio di essere utilizzata sia per il consumo fresco che per l’industria di
trasformazione, quindi può essere definita a “duplice attitudine”. La resistenza alle
manipolazioni ed ai trasporti la rende buona anche per il commercio non solo locale, ma
anche nazionale. Riguardo alle problematiche del post-raccolta, il frutto presenta una buona
adattabilità alla conservazione e alle manipolazioni e per questo potrebbe essere inserito nel
settore del biologico.
Parole chiave: pesco, germoplasma, qualità, “Percoca di Turi”
19
Sessione 1a - Poster
Concettina: una nuova varietà di nettarina platicarpa selezionata nelle
Marche
F. Capocasa*, S. Concetti**, B. Mezzetti*
*Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali – Università Politecnica
delle Marche
** Az. Agr. Concetti Bruno e Sergio
Recentemente sono state introdotte diverse varietà di pesco a frutto piatto in Italia
suscitando da parte del consumatore un notevole interesse principalmente per le buone
caratteristiche qualitative, (sapore subacido, profumo e aroma) e per la facilità di consumo. Le
poche varietà presenti nel panorama varietale italiano al momento sono la serie UFO (pesche),
la cultivar Sweet Cap® Maillarflat* e la vecchia cultivar Stark® Saturn e varie accessioni di
germoplasma locale (tabacchiere). Per quanto riguarda le nettarine, le uniche novità
conosciute riguardano la nuova serie Platinet di prossima diffusione (CRA Roma) ed alcune
varietà ottenute e commercializzate da vivaisti privati.
“Concettina” a differenza di tutte le altre nuove varietà ottenute da incrocio anche con
pesche e nettarine non platicarpe, deriva da una mutazione stabile di Stark Saturn e ne
presenta le stesse caratteristiche per quanto riguarda il colore della polpa (a pasta bianca), il
sapore subacido molto gradevole, ottime caratteristiche qualitative, organolettiche e di
rusticità.
Origine: “Concettina” deriva da mutazione gemmaria stabile della cultivar Stark Saturn
scoperta nel 1997 presso l’Az. Concetti Bruno e Sergio di Montefiore dell’Aso (AP). La
porzione mutata è stata propagata per innesto nel 1999 su GF677 e valutata in campo
collezione presso l’Az. Did. Sperimentale P. Rosati di Agugliano (AN) dell’Università
Politecnica delle Marche e presso campi di III livello nella stessa azienda di origine.
Domanda di privativa comunitaria, accettata nel 2007 (Application date: 19/12/2007;
File number: 20072925), in corso di presentazione.
Albero: vigoroso, rustico, resistente alle principali malattie, habitus di fruttificazione
standard.
Fioritura: intermedia (2-3 gg dopo Redhaven), di elevata entità, non soggetta a ritorni
di freddo.
Epoca di maturazione: intermedia, una settimana dopo Stark Saturn (+4 Redhaven; 19
luglio media triennio 2006-2008), uniforme e abbondante.
Frutto: di dimensioni medio-elevate, (peso medio 100-110 g; circonferenza 210 mm)
di sovracolore rosso brillante esteso sul 90-100% della superficie di consistenza elevata e
resistente alle manipolazioni. Polpa bianca di tessitura fine. Sapore ottimo, subacido, (solidi
solubili: 14,2 °Brix; Acidità: 52,5 meq/l).
Valutazione agronomica: Pianta di buona vigoria, rustica. Frutto che raramente
presenta spaccature nella zona apicale anche con ridotto carico della pianta e poco soggetto a
danni nella zona peduncolare durante la raccolta (tipica di alcune cv platicarpe). La
produzione in piante al 7° anno di fruttificazione allevate a palmetta in combinazione con
GF677 è molto elevata.
Giudizio complessivo: Cultivar platicarpa nettarina bianca interessante per aspetto
attraente del frutto, epoca di maturazione, caratteristiche organolettiche e rusticità della
pianta.
20
Sessione 2a - Relazione
Interazione ambientale e gestione risorse energetiche nel pesco
L. Corelli Grappadelli1*, B. Dichio2, A. Motisi3
1
Dipartimento Colture Arboree, Università di Bologna
2
Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali Forestali e dell’Ambiente, Università degli
Studi della Basilicata
3
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Palermo
Nel settore dell’ecofisiologia, gli studi più recenti circa l’interazione di chiome e frutti
con l’ambiente suggeriscono nuove direzioni su cui orientare l’innovazione di processo, alla
ricerca di un aumento dell’efficienza produttiva del pescheto che consenta di mantenere una
competitività economica ma anche ecologica (sostenibilità, tipicità, ultimo miglio, ecc.) alle
produzioni. La necessità di rendere i frutteti più efficienti nell’utilizzo delle risorse e meno
“pesanti” sull’ambiente pone l’accento sull’importanza della valorizzazione della
vocazionalità ambientale e dell’uso sinergico di risorse rinnovabili come luce e acqua. Le
conoscenze circa le relazioni tra temperatura e fenologia della pianta, e quelle sulla fisiologia
della fotosintesi e dei meccanismi con cui i frutti accumulano sostanza secca e acqua
contribuiscono a definire modelli di coltivazione in cui, oltre alla scelta delle cv da coltivare
in funzione delle caratteristiche ambientali, occorre mettere a frutto le conoscenze in via di
acquisizione da parte dei ricercatori circa le interazioni tra la fisiologia dell’acqua e quella
della luce. Occorre infatti valorizzare le sinergie possibili tra lo sfruttamento “illuminato”
della risorsa luce e a quella dell’acqua, abbassando i fabbisogni di questo fattore di
produzione senza compromettere i livelli di qualità e di produttività richiesti dalle condizioni
economiche per la sopravvivenza dei pescheti italiani.
Tra i parametri ambientali, la temperatura è senz’altro tra quelli più a lungo studiati, per
le implicazioni che ne discendono per quanto riguarda l’adattabilità di un ambiente alla
coltivazione della specie pesco. Tuttavia, la modellizzazione delle risposte alla temperatura di
fenomeni come il soddisfacimento del fabbisogno in freddo, il germogliamento, la crescita dei
frutti è ancora oggetto di intenso studio, che ha ripreso vigore negli ultimi anni per la
crescente rilevanza data allo studio di scenari di crescita nell’ipotesi di aumento delle
temperature nei decenni futuri.
In parallelo, le conoscenze sui meccanismi di accumulo di sostanza secca nei frutti
stanno rivelando l’importanza di temperature elevate nell’assicurare elevati flussi traspiratori
dai frutti, che sono alla base del meccanismo passivo di scaricamento del floema in questi
organi. Anche i frutti infatti rivelano importanti interazioni con l’ambiente: essi crescono
grazie all’accumulo di biomassa che giunge attraverso il floema e lo xilema. I frutti di specie
diverse si sono evoluti adottando meccanismi fisiologici diversi, basati sia su trasportatori di
membrana (sistemi attivi, poiché richiedono energia) che su sistemi passivi. La pesca ha
evoluto un metodo di accumulo passivo, largamente dipendente dalle condizioni ambientali:
occorrono condizioni di elevato deficit di pressione di vapore (VPD, dipendente dalla
temperatura e dal contenuto di vapore d’acqua nell’atmosfera) che determinino un’attiva
traspirazione attraverso l’epidermide del frutto. Questo consente lo scaricamento di linfa
floematica nel frutto, che a sua volta crea il potenziale osmotico necessario per attivare un
voluminoso afflusso di acqua xilematica (soprattutto nelle ore notturne), che costituisce circa
il 70% dell’accrescimento giornaliero della pesca. La riduzione dell’entità del flusso
traspiratorio (in chiome eccessivamente ombreggiate, ad esempio), o il suo incremento
attraverso teli riflettenti nel frutteto, si possono tradurre in variazioni in calo o in aumento
della crescita del frutto. Questa dipendenza della crescita del frutto dall’interazione con le
condizioni ambientali sottolinea l’importanza di conoscere questi meccanismi, per poter
gestire le chiome in modo adeguato. Con il progredire di queste conoscenze si può inoltre
ipotizzare la selezione di nuove cultivar dotate di caratteristiche di permeabilità
dell’epidermide più elevate, per aumentare le dimensioni del frutto sfruttandone il
meccanismo fisiologico.
21
La produzione di frutti è stata posta da molti autori in relazione alla luce intercettata
(fig. 1). Questa è una delle conoscenze di base che ha guidato l’evoluzione dei frutteti ad alta
densità: un numero più elevato di piante per ettaro consente una maggior intercettazione
iniziale, quando le chiome non sono ancora completamente sviluppate, consentendo maggiori
produzioni nei primi anni del frutteto. Oggi si può considerare il dogma della
massimizzazione della intercettazione luminosa come troppo semplicistico e non applicabile
“tout-court” a tutti gli ambienti di coltivazione e a tutte le condizioni: in frutteti caratterizzati
da elevato indice di area fogliare (LAI) e conseguentemente alta intercettazione luminosa,
occorre considerare l’entità di danni foto-ossidativi e il costo in termini di risorse
fotosintetiche che la riparazione dei danni richiede. Da un punto di vista delle relazioni
idriche, l’esposizione delle foglie ad intensità luminose elevate comporta consumi elevati di
acqua legati al bisogno di termoregolazione della foglia, e non invece a quello di mantenere
una elevata conduttanza stomatica, che favorirebbe l’assimilazione del carbonio. Dunque, in
chiome dense e soggette ad alta intensità luminosa, si favorisce l’instaurazione di un consumo
“di lusso” di acqua da parte della chioma, che andrebbe evitato. Questo fenomeno non è tanto
ascrivibile a specifiche forme di allevamento, quanto alla costituzione di chiome molto dense.
Strategie di potatura che privilegino chiome aperte, con una buona penetrazione della luce
vanno nella direzione di distribuire il carico radiante su un numero più elevato di foglie.
Anche apprestamenti protettivi come reti antigrandine possono assumere importanza da
questo punto di vista, poiché si possono ridurre anche significativamente i livelli di irradianza
sulle foglie senza perdere in produttività fotosintetica, ma diminuendo in modo elevato i
livelli di consumo idrico.
90
t ha-1
75
60
45
30
15
15
30
45
Luce (%)
60
Fig. 1. Relazione tra produzione di mele (t ha-1) (Jonagold e Marshall McIntosh, fusetto, 1429
p ha-1) e frazione di luce disponibile (% rispetto a quella incidente) (rielaborato da Wünsche e
Lakso, 2000).
22
Sessione 2a - Relazione
Efficienza del frutteto, portinnesti, forme di allevamento e potatura per
ridurre i costi e migliorare la qualità
Neri D., Giovannini D., Massai R., Di Vaio C., Sansavini S.,
Del Vecchio G., Mennone C., Abeti D., Colombo R., Guarino F.
In Romagna, un terzo dei nuovi pescheti è realizzato con il fusetto, che ha conosciuto
una rapida espansione a partire dai primi anni 2000 (fig. 1); in costante contrazione è la
palmetta (prevalentemente anticipata e candelabro), sebbene ancora utilizzata in oltre il 30%
dei nuovi impianti, mentre sostanzialmente stabile rimane il vaso, prevalentemente nella
versione del vasetto ritardato; scarsissima la diffusione dell’ipsilon trasversale.
70
%
60
fusetto
palmetta
vaso
ipsilon trasversale
50
40
30
20
10
Figura 1. Incidenza (%) delle
diverse forme di allevamento
nei pescheti romagnoli degli
ultimi
venti
anni
(elaborazione relativa a più
di 4.000 ha di nuovi impianti
realizzati dal 1991 ad oggi
presso i soci Apofruit e
Agrintesa).
0
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
20
05
20
06
20
07
20
08
Diverso è invece il quadro
della peschicoltura nel Sud
d’Italia. Pur essendo nettamente prevalenti gli impianti a bassa densità, conformati a vaso
nelle sue diverse espressioni, in alcune aree si sono diffuse anche tipologie ad
elevata/elevatissima densità d’impianto (1100-2000 alberi/ha), riconducibili alla categoria
delle doppie pareti inclinate: ipsilon trasversale, Tatura trellis, V. I nuovi impianti di pesco
riflettono questo dualismo.
Nel panorama italiano, molto variegato dal punto di vista ambientale e socio-economico, è
evidente che le soluzioni tecniche per garantire la redditività degli impianti possono essere
molteplici. La ricerca di un’unità di misura in base alla quale indicizzare la validità di una
tipologia d’impianto è di conseguenza molto difficile.
1. Efficienza dell’albero e confronto Nord-Sud
L’efficienza dell’albero, in condizioni normali o di restrizione dell’apparato radicale e della
chioma per la riduzione dei sesti d’impianto, varia anzitutto in forza del binomio
varietà/portinnesto e dell’interazione della pianta bimembre con l’ambiente di coltivazione.
Per fare un confronto tra Nord e del Sud, abbiamo considerato le performance di impianti a
vaso della medesima combinazione d’innesto – ‘Suncrest’/GF677 – sui quali è stato misurato
il quantitativo complessivo di biomassa (sostanza secca) investito dall’albero negli organi
riproduttivi (frutti) e in quelli vegetativi (radici, strutture permanenti, materiale di potatura e
foglie) studiandone le relazioni (figg. 2, 3 e 4). La latitudine delle principali zone produttive
italiane non sembra influire sull’efficienza produttiva (figg. 2 e 3). La massima produzione di
frutti si ha laddove il rapporto fra peso della parte aerea e quello delle radici è più basso.
Questa indicazione sottolinea la difficoltà del pesco a produrre molto quando le piante non
garantiscono un adeguato rinnovo vegetativo, soprattutto di rami misti e brindilli ben esposti
alla luce. Una elevata quantità di legno di potatura rispetto alla crescita radicale incide
negativamente sulla produzione di frutti. Nella frutticoltura intensiva già nei primi anni
dall’impianto si possono ottenere produzioni significative ed è quindi indispensabile favorire
la costituzione iniziale di un buon apparato radicale per garantire il mantenimento di livelli
23
produttivi consistenti negli anni successivi. La produzione di frutti, conseguente alla diversa
fertilità dell’ambiente, risulta strettamente correlata in modo lineare con la biomassa degli
organi vegetativi, ma con modalità diversa per radici e parte aerea. In particolare si nota che la
pendenza delle rette di correlazione con la biomassa dei frutti è massima per le radici e
minima per le foglie, ovvero per raddoppiare la produzione di frutti passando da ambienti a
minore fertilità (Pisa, Forlì, fig. 2) a quelli migliori (Cuneo, Metaponto) bastano piccoli
cambiamenti della crescita radicale, mentre aumenta molto la superficie fogliare che risulta
quindi poco efficiente in condizioni di elevata fertilità. Da non sottovalutare poi il fatto che
questa minore efficienza dell’apparto fogliare può esprimersi anche in una bassa efficienza
dell’uso dell’acqua a causa del maggior tasso traspirativo specifico per ogni chilogrammo di
frutta prodotta. La correlazione fra biomassa dei rami asportati con la potatura e produzione di
frutti si avvicina di più a quella delle radici. La conseguenza è che la massima produzione di
frutti si ha laddove il rapporto aereo radicale è più basso ma l’efficienza fotosintetica della
chioma è sensibilmente inferiore (fig. 3).
Correlazione fra biomassa frutti e organi vegetativi (kg / pianta)
in Suncrest allevata a vaso a diverse latitudini
RADICI
POTATURA
FOGLIE
44,23° Cuneo
30
25
40,22° Metaponto
20
43,43° Pisa
44,14° Forlì
15
y = 2,99x + 4,8095
R2 = 0,9742
y = 1,9486x - 11,41
R2 = 0,976
y = 1,2718x - 14,209
R2 = 0,8954
10
0
5
10
15
20
25
30
Biomassa secca radici o potatura (kg/pt)
35
Fig. 2. Correlazioni fra la biomassa secca dei
frutti e degli organi vegetativi prodotta da
piante di ‘Suncrest’/GF 677 in 10 anni di
accrescimento in 4 località italiane.
Biomassasecca
secca
frutti
Biomassa
frutti
(k (kg/pt)
Biomassa
(k (kg/pt)
Biomassasecca
seccafrutti
frutti
35
Correlazione fra biomassa frutti e rapporto aereo radicale in
Suncrest allevate a vaso
35
44,23° Cuneo
30
FOGLIE E POTATURA /
RADICI
40,22° Metaponto
25
FOGLIE / RADICI
43,43° Pisa
20
44,14° Forlì
15
y = -4,0516x + 56,09
R2 = 0,9467
y = -6,2667x + 54,992
R2 = 0,958
10
2
4
6
8
10
12
Rapporto aereo radicale
Fig. 3. Correlazioni fra biomassa secca dei
frutti e rapporto aereo radicale, espresso in
diversi modi, calcolate in 4 diverse località
italiane. I valori rappresentano la media di sei
portinnesti.
2. Efficienza dell’impianto e fattori correlati: densità d’impianto, forma di allevamento e
sistemi di potatura
Il principio sopra espresso è generalizzabile sia per sistemi ad alta densità (HDP, es.
fusetto a 1100 pt/ha) che per quelli a bassa densità (LDP, es. vaso a 400 pt/ha). I sistemi LDP
sono caratterizzati da piante di maggiori dimensioni; in queste condizioni i portinnesti
vigorosi trasformano il potenziale radicale nella produzione di più frutti (fig. 4). Con
portinnesti meno vigorosi bisogna ridurre le distanze d’impianto per avere produzioni per
ettaro consistenti. I sistemi HDP producono una quantità maggiore di biomassa a ciclo breve
(foglie, potatura) per ettaro e possono raggiungere prima la piena produzione. In questo caso i
portinnesti vigorosi tendono ad accentuare il fenomeno e, se non gestiti accortamente,
incrementano l’impiego di manodopera per ettaro e il rischio di perdite qualitative. Se si
esprimono i dati su base ettariale, il fusetto tende a produrre più biomassa secca a ciclo breve,
ma non è altrettanto efficiente nell’aumentare la produzione dei frutti, probabilmente a causa
dei conseguenti ombreggiamenti. Ciò si traduce a maturità in una quantità di rami da asportare
con la potatura anche tre volte superiore a quella del vaso. L’intensificazione colturale
presuppone quindi la scelta di portinnesti meno vigorosi per un migliore utilizzo dello spazio
24
e per evitare l’ombreggiamento. E’ importante indirizzare la maggiore parte della produzione
di biomassa a ciclo breve a favore dei frutti per evitare di vanificare l’intensificazione
colturale.
Dall’analisi dei dati produttivi di
numerosi impianti del Nord e del Sud
RADICI
FOGLIE
POTATURA
Italia, diversi per numero di piante/ha,
Biomassa secca frutti (kg/pt)
25
varietà, forma di allevamento e sistema
Suncrest a vaso
400 piante ha
di
potatura,
risulta
come
la
20
produttività/ha è massima quando si
impiegano
varietà
molto
fertili
Flavorcrest a fusetto
15
(‘Ambra’,
‘Venus’),
portinnesti
vigorosi
1.111 piante ha
(GF 677) e sistemi d’impianto con un
10
elevato investimento di piante/ha. Nella
0
10
20
30
40
50
60
70
80
fig. 5, che evidenzia la relazione
Biomassa secca organi vegetativi (kg/pt)
positiva tra densità d’impianto e
produzione/ha in diverse realtà peschicole italiane, livelli produttivi elevatissimi (>70 t/ha)
sono realizzati in Calabria con l’ipsilon (tipo Sibari) e V, sistemi le cui chiome prevedono la
copertura pressoché totale del terreno e la massima intercettazione luminosa. Confrontando
pescheti con investimento di piante simile (densità d’impianto tra le 400 le 1500 piante/ha),
tuttavia, non sembra di poter evidenziare differenze produttive imputabili alla latitudine. È
dunque quanto meno dubbio poter affermare, con i nostri soli dati, che al Sud, anche negli
ambienti più vocati, le rese produttive a parità di condizioni siano superiori rispetto al Nord.
Correlazione fra biomasse di frutti e parti vegetative a ciclo breve
in tre differenti portinnesti e due forme (in kg / pianta)
30
GF 677
‐1
Barrier 1
Ishtara
‐1
GF 677
Barrier 1
Ishtara
Calabria
80
Campania
Basilicata
Romagna
Produzione t/ha
60
Fig. 5. Relazione tra densità
d’impianto e livelli produttivi del
pescheto in diverse realtà peschicole
italiane.
40
.
3. Qualità dei rami, tipologia delle
20
gemme e nutrienti fogliari
Per quanto riguarda la tecnica di
0
0
500
1000
1500
2000
2500
potatura, la velocità di crescita
densità d'impianto (n° alberi /ha)
primaverile dei germogli condiziona la
qualità delle gemme nella zona
prossimale dei rami. Elevati ritmi di accrescimento determinano la formazione di internodi
più lunghi in prossimità delle branche, con un numero minore di gemme a disposizione per
rivestimenti futuri. L’allungamento eccessivo del germoglio inoltre favorisce
l’ombreggiamento interno della chioma. La nutrizione (fogliare o al terreno) può modificare il
numero dei nodi fertili all’interno delle tipologie di ramo (quindi avere % diverse delle varie
tipologie) o modificare la lunghezza degli internodi influenzando la velocità di crescita. In
impianti ad alta densità si presentano due problemi congiunti: il controllo del vigore della
cima e il rafforzamento della parte basale. Questo secondo fattore deve essere considerato sia
per mantenere il rivestimento che per migliorare la qualità della produzione in una zona
tendenzialmente poco performante. A fine stagione si possono ottenere, a livello
macroscopico, piante completamente diverse.
4. Efficienza della gestione del pescheto
Dalla nostra indagine risulta che in Meridione l’impegno complessivo di manodopera è più
elevato (da 530 a 1840 ore/ha) rispetto al Nord (da 370 a 530 ore/ha) (tab. 1). La modalità di
25
gestione del pescheto che sta prendendo piede in alcuni ambienti romagnoli,
indipendentemente dalla forma di allevamento scelta, risponde infatti al criterio di
massimizzazione dell’efficienza della manodopera (EM: rapporto tra numero totale di ore di
manodopera/ha e produttività dell’impianto (t/ha)). Non potendo ridurre l’impegno per la
raccolta, proporzionale all’entità del carico produttivo, le operazioni su cui si tende a
risparmiare sono il diradamento e la potatura. Il numero di tagli in fase di allevamento si è
drasticamente ridotto: sulla giovanissima pianta non vengono asportati neanche i rami molto
vigorosi, che si allungano, si rivestono con la nuova vegetazione, si piegano per il carico
produttivo fin quasi a toccare per terra (grondacci); questi verranno poi asportati in prossimità
dell’inserzione sull’asse dell’albero quando ormai sono sfruttati a sufficienza. A supporto
dell’esigenza di anticipare il rientro delle spese, l’innovazione tecnica acquisita a livello
vivaistico consente la produzione di astoni perfettamente rivestiti di anticipati sin dalla base;
questi, lasciati pressoché intatti all’impianto, sono in grado di produrre oltre 30 kg/albero di
frutti di buon calibro commerciale già a 18 mesi d’impianto. Naturalmente, l’accrescimento e
la carica produttiva dell’albero devono essere sostenute da disponibilità idrica e nutritiva
adeguata, pena l’aumento della percentuale di frutti di calibro commerciale inferiore.
Tabella 1. Manodopera impiegata per la gestione della chioma (valori assoluti e relativi delle
operazioni di potatura invernale, estiva, diradamento e raccolta) ed efficienza (EM, ore/t)
delle principali tipologie d’impianto. I valori, distinti per provenienza e tipologia d’impianto,
sono media di dati relativi ad impianti adulti di varietà di diversa epoca di maturazione.
densità Produzio
(alb/ha) ne t/ha
Forma
Vaso tradizionale
400
17,3
1111-1480 33,8
Sibari Y
2222
38,6
V
potat_inv
(ore/ha)
112
174
151
Vaso catalano
Palmetta
Tatura
Sibari Y
V
666
740
909
1111
1778
30,9
35,4
27,8
51,9
76,7
709
1229
970
1429
1840
97
228
209
318
405
Vaso ritardato
Palmetta
Y trasversale
417
741
1111
32,5
30,0
35,0
758
884
938
97
121
130
417
28,7
635
40,2
1235-1480 40,0
372
495
530
48
85
47
Vaso ritardato
x
Candelabro
Fusetto
X
manod_tot
(ore/ha)
529
825
886
potat_est
dirad
(ore/ha) (ore/ha)
79
119
93
218
77
287
CAMPANIA
59
206
16
370
130
224
118
232
74
386
CALABRIA
39
245
55
288
52
311
BASILICATA
13
100
13
85
13
170
ROMAGNA
raccolta
(ore/ha)
220
340
371
potatura potatura dirada raccolta
EM
inv%
est% mento
%
(ore/ton)
21
15
23
41
31,3
21
11
26
41
24,5
17
9
32
42
22,9
348
616
408
760
975
14
19
22
24
22
9
2
13
10
4
31
30
23
16
21
47
50
42
51
53
23,2
34,7
37,2
31,4
24,0
377
420
445
13
14
14
5
6
6
32
33
33
50
48
47
24,1
29,5
26,8
210
312
300
13
17
9
4
3
3
27
17
31
57
63
57
13,2
12,4
13,3
Tipo di palmetta ad un solo palco e 3 branche
In conclusione, massimizzare l’efficienza della manodopera nella gestione della chioma è un
importante obiettivo dei nuovi impianti, indipendentemente dalla forma di allevamento scelta.
Come si evince dalla tabella 1, l’impegno di manodopera per tonnellata di prodotto
commerciale ottenuto può variare enormemente, da un minimo di 12 ad un massimo di 37
ore/t. Probabilmente, è proprio sull’efficienza della manodopera che, nel prossimo futuro, si
baserà principalmente la scelta della tipologia d’impianto da parte dei produttori più che su
concetti di efficienza fotosintetica, importanti dal punto di vista ecofisiologico ma meno legati
alla redditività degli impianti. La gestione della qualità dei frutti, che in alcune combinazioni
d’innesto può non raggiungere livelli soddisfacenti, rende comunque necessario migliorare le
tecniche colturali per sostenere l’intensificazione degli impianti e la riduzione degli interventi
manuali.
26
Sessione 2a - Poster
Prova di portinnesti del pesco in Slovenia
M. Hudina1, F. Štampar1, N. Fajt2
1
University of Ljubljana, Biotechnical Faculty, Department of Agronomy, Jamnikarjeva 101,
1000 Ljubljana, Slovenia, E-mail: [email protected]
2
Agricultural and Forestry Chamber of Slovenia, Agricultural and Forestry Institute of Nova
Gorica, Fruit Growing Centre Bilje, Pri hrastu 18, 5000 Nova Gorica, Slovenia
Per studiare il comportamento agronomico nelle condizioni ambientali della
peschicoltura slovena è stata avviata la prova sperimentale con 11 portinnesti del pesco
(Prunus persica L.): GF 677 come standard, franco da seme, Monegro, Barrier, Cadaman,
Adesoto, Mrs 2/5, Julior, Isthara, Penta e Tetra con la varietà ‘Redhaven’. I portinnesti sono
stati piantati in primavera del 2005 e innestati in agosto dello stesso anno. La vigoria e la
produzione sono stati osservati nel 2008 e 2009. Nel primo anno di fertilità non sono state
notate differenze durante il periodo di fioritura. I più deboli sono stati gli alberi sui portinnesti
Isthara e Tetra. Le differenze di circonferenza del tronco sono statisticamente significative e
differiscono dai portinnesti Julior, Adesoto, MrS 2/5, Monegro, Barrier e Cadaman. I più
vigorosi sono stati i portinnesti Cadaman, Barrier e Monegro che differiscono
significativamente dai portinnesti Isthara, Tetra, franco, Penta e GF 677. In termini della
circonferenza del tronco, i portinnesti si dividono in tre gruppi: i portinnesti che inducono una
vigoria scarsa: Isthara e Tetra; vigoria media : GF 677, franco, Penta, Julior, Adesoto e Mrs
2/5; e portinnesti che favoriscono una vigoria elevata: Monegro, Barrier e Cadaman. Gli alberi
sui portinnesti Mrs 2/5, Barrier, Cadaman e Penta hanno indotto un aumento significativo
della fruttificazione (n°) rispetto agli alberi con altri portinnesti.
70
Produzione (t/ha)
60
50
40
anno 2009
anno 2008
30
20
10
Ad
es
ot
o
G
F
67
7
Ca
da
m
an
Pe
nt
a
Ba
rr i
er
M
rs
2/
5
Te
tra
Ju
li o
r
Is
th
ar
a
M
on
eg
ro
Fr
an
co
0
Portinnesti
Fig. 1. Produzione media (t/ha) su vari portinnesti per varietà ‘Redhaven’; Bilje, nel 2008 e
2009.
La produzione cumulata nei primi due anni è stata inferiore a 50 t/ettaro sugli alberi
innestati sul franco, Monegro e Tetra. La produzione più elevata all’albero e all’ettaro si
registra sugli alberi innestati sul portinnesto MrS 2/5, dove la produzione totale è stata di 64
t/ettaro. Scarsa efficienza produttiva (da 0.4 a 0.6 kg/cm2) hanno avuto gli alberi sui
portinnesti Monegro, franco, Cadaman e Barrier, mentre elevata efficienza produttiva (oltre a
0.8 kg/cm2) è stata conseguita dai portinnesti Penta, GF 677 e Isthara. Redhaven, sugli altri
portinnesti, ha dimostrato una efficienza produttiva media,da 0.6 a 0.8 kg/cm2.
Parole chiave: portinnesti del pesco, GF 677, franco, Monegro, Barrier 1*, Cadaman®
Avimag*, Adesoto 101® - Puebla*, Isthara® Ferciana*, Penta*, Tetra*, MrS 2/5, Julior®
Ferdor, vigore, produzione, efficienza produttiva.
27
Sessione 2a - Poster
Comportamento vegeto-produttivo di portinnesti del pesco in prove
condotte nel Metapontino
C. Mennone*, A. Silletti*, G. R. Quinto**
* AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata
**Università degli Studi di Basilicata
In questo lavoro, condotto presso l’Azienda Pantanello di Metaponto (Basilicata), si
riportano i dati di una prova sperimentale che rientra nel progetto Mipaaf-Regioni “Liste di
orientamento varietale dei fruttiferi” sottoprogetto Portinnesti Pesco.
Nel campo sono stati posti a confronto 7 portinnesti Penta, Tetra, Sirio, Cadaman, Fire,
Montclar, GF 677. La varietà innestata è Suncrest. L’impianto è stato realizzato al sesto di
5x5 m, allevato a vaso libero, con impianto di irrigazione a goccia con erogatori della portata
di 16 l/h.
Sono stati effettuati i seguenti rilievi fenologici: fioritura, germogliamento, presenza di
polloni, l’altezza e la larghezza della pianta, la circonferenza del tronco sopra al punto di
innesto, il peso del legno di potatura, eventuali disaffinità. Su ogni pianta e per ogni
portinnesto, ad ogni passaggio di raccolta, è stato rilevato il numero dei frutti, il peso della
produzione. Infine, su 10 frutti per pianta è stato rilevato il peso medio, il °Brix e l’acidità.
Nel campo si sono verificate delle fallanze per i portinnesti Sirio, Fire, GF 677
fisiologiche per tutti tranne per il Sirio e il Fire probabilmente dovuti a scarsa qualità del
materiale di propagazione.
Da queste prime osservazioni, rispetto a quanto già maturato in precedenti
sperimentazioni, oltre al GF 677 risulta interessante il CADAMAN sia per gli aspetti
produttivi che vegetativi. Anche il MONTCLAR si comporta in maniera soddisfacente in
linea con quanto osservato in altre prove. Tra i nuovi portinnesti in osservazione un certo
interesse potrebbe esserci per i susini TETRA e PENTA mentre per FIRE e SIRIO è stata
osservata una forte moria delle piante e dati vegeto-produttivi non soddisfacenti.
28
Sessione 2a - Poster
Frutto di pesco: dinamica giornaliera di accrescimento
B. Morandi, L. Manfrini, M. Zibordi, P. Losciale, L. Corelli Grappadelli
Dipartimento Colture Arboree, Università di Bologna.
Il tasso di crescita di un frutto dipende dal bilancio tra la materia fresca in entrata e
quella in uscita. I flussi di floema e xilema costituiscono i principali flussi in entrata, mentre
la traspirazione dell’epidermide ne costituisce il principale flusso in uscita.
In questo lavoro gli andamenti giornalieri di crescita ed i flussi di floema, xilema e
traspirazione da e verso il frutto sono stati determinati durante fase I e fase III su alberi di
pesco (cv. Redhaven) e nettarina (cv. Red Gold) diradati commercialmente. I flussi vascolari
e la traspirazione sono stati quantificati secondo il metodo di Lang, che prevede la misura
accurata ed il confronto della variazione diametrale di frutti progressivamente sottoposti a tre
diverse condizioni: intatti, successivamente anulati ed infine staccati. Il monitoraggio è
avvenuto mediante sensori auto- costruiti per la misurazione in continuo del diametro del
frutto
Frutto intero (g frutto-1 giorno-1)
Fase
G
T
I
0.56±0.13
-1.05±0.06
III
3.6±0.25
-4.74±0.51
P
0.38±0.10
2.63±0.43
X
1.24±0.08
5.72±0.47
Tab. 1. Tasso di crescita giornaliero (G) e flussi di traspirazione (T), floema (P) e xilema(X)
da e verso il frutto (cv. Red Gold), durante le fasi I e III. I valori riportati costituiscono la
medie (±SE) di 6 frutti.
FASE I
0.7
Xilema
0.5
0.8
floema
0.3
Tasso di crescita
0.6
VPD
0.1
0.4
-0.10.00
3.00
6.00
9.00
12.00
15.00
18.00
21.00
0.2
-0.3
-0.5
0
Ora solare
FASE III
0.15
2.5
0.1
Flusso (mg g-1 min-1)
VPD (kPa)
Traspirazione
2
0.05
0
0.00
1.5
1
3.00
6.00
9.00
12.00
15.00
-0.05
-0.1
18.00
VPD (kPa)
Flusso (mg g-1 min-1)
1
21.00
0.5
Ora solare
0
Fig 1. Andamento giornaliero del tasso di
crescita relativo (RGR) e dei flussi di
traspirazione, floema, xilema da e verso il
frutto (cv. Red Gold) durante le fasi I (a) e
III (b)
Durante le fasi monitorate, xilema e floema
contribuiscono rispettivamente per il 70%
ed il 30% dei flussi in entrata, mentre circa
il 50% dell’acqua importata viene persa per
traspirazione.
Su scala giornaliera i frutti non crescono o
si restringono durante le ore centrali della
giornata,
mentre
crescono
molto
velocemente durante il pomeriggio e la
notte. L’analisi dei flussi in entrata ed in
uscita dal frutto ha permesso di spiegare i
fattori fisiologici alla base di queste
variazioni.
I risultati hanno mostrato come pesche e
nettarine abbiano adottato la stessa
strategia di crescita, molto diversa da frutti
di altre specie come melo o actinidia. Tale
strategia è basata su alti tassi di
traspirazione
dell’epidermide
che
permettono al frutto di abbassare il suo
potenziale idrico e quindi di richiamare
acqua e sostanza secca da xilema e floema.
Lo spostamento di ingenti volumi idrici
dall’albero al frutto e dal frutto
all’atmosfera sembra quindi alla base degli
alti tassi di crescita tipici di questa specie.
29
Sessione 3a - Relazione
Gestione dell’irrigazione e della nutrizione: migliorare l’efficienza dell’uso
delle risorse e ripristinare la fertilità chimica e microbiologica dei terreni
C. Xiloyannis1 e M. Toselli2
1
Dipartimento Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente, Università degli Studi
della Basilicata
2
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale Fanin, 46 - 40127 Bologna
La fertilità del suolo dipende in gran parte dal contenuto di sostanza organica, per cui
alla luce del suo livello tendenzialmente basso (∼1-2%), è fondamentale definire, fin dalla
messa a dimora del pescheto, un adeguato piano di ammendamento utilizzando ad es. letame,
ammendante compostato misto, prodotti vegetali freschi, questi ultimi però caratterizzati da
un basso rapporto C/N e scarsa capacità di formare humus (Giovannini et al., 2001).
Nella formulazione del corretto piano di concimazione azotata bisogna considerare la
fertilità del terreno, lo stato nutrizionale dell’albero, la cinetica di assorbimento da parte della
coltura e le asportazioni (100-150 kg N/ha). Quest’ultime andrebbero attentamente valutate al
netto di eventuali dosi di N “riciclate” (es. foglie, materiale potatura trinciato) o apportate con
l’acqua di irrigazione (circa una decina di kg/ha, Montanaro et al., 2009).
In primavera l’albero utilizza le proprie riserve azotate fino a caduta petali; l’eccessiva
disponibilità di N in questa fase determina la schiusura di gemme latenti e l’eccessivo
sviluppo di germogli (Lobit et al., 2001). Dalla fase di caduta petali e fino all’indurimento del
nocciolo, il pesco assorbe dal terreno circa il 25% del suo fabbisogno di N (in massima parte
ripartito verso i giovani frutti e gli apici vegetativi in rapida crescita), che diventa 50%
dall’indurimento del nocciolo fino all’arresto dell’allungamento dei germogli (necessario per
l’accrescimento dei frutti e lo sviluppo vegetativo). Il restante 25% di N viene assorbito prima
del riposo vegetativo per ripristinare le riserve azotate degli organi legnosi.
Le dosi di fertilizzante devono essere stabilite sulla base dell’N nitrico presente nel
terreno (Tagliavini et al., 1995) che, nelle diverse fasi fenologiche del ciclo vegeto-produttivo
del pescheto, non dovrebbe essere inferiore a 10 ppm. Nel caso si ricorra alla fertirrigazione,
tali dosi possono essere ridotte di circa il 30% considerata l’alta efficienza distributiva di tale
tecnica. L’inizio della ripresa vegetativa è una fase critica per la nutrizione azotata in quanto
essendo il processo di mineralizzazione rallentato dalle temperature del suolo relativamente
basse, l’N nitrico è disponibile a basse dosi. Inoltre, l’azoto potrebbe essere assorbito dal
cotico erboso che in marzo-aprile solitamente è in fase vegetativa più avanzata rispetto alla
coltura arborea.
Nel caso la dotazione di K del suolo sia ritenuta normale, si consiglia di apportare la
quota di K asportata annualmente dai frutti. Se invece la concentrazione di K è inferiore alle
100-130 ppm, allora sarà necessario integrare la dose con una quota base (20-40 kg/ha) al fine
di ripristinare la fertilità del suolo. In presenza di una disponibilità di K elevata (>200 ppm) la
fertilizzazione può essere sospesa per alcuni anni, al fine di evitare spiacevoli fenomeni di
competizione con Ca e del Mg. In questo caso è preferibile il ricorso alla concimazione
fogliare con formulati a base di K, tecnica adatta anche nei casi di suoli ricchi della frazione
argillosa, responsabile del sequestro del K.
L’adozione di portinnesti tolleranti al calcare attivo (ibridi pesco x mandorlo)
rappresenta la strategia più efficace e duratura per prevenire i sintomi di clorosi ferrica,
tradizionalmente controllata con l’applicazione al suolo (es. Fe-EDDHA o Fe-EDDHMA) o
alla chioma (Fe-EDTA, Fe-DTPA) di chelati di ferro sintetici (10-15 g di formulato per
albero). La farina di sangue, utilizzata soprattutto in frutticoltura biologica come fonte di N
prontamente mineralizzabile, può essere utilizzata anche nella cura della clorosi ferrica,
poiché presenta mediamente una concentrazione di Fe di 20-30 g kg-1 ss sotto forma di Fe2+
chelato al gruppo eme della molecola di emoglobina. L’iniezione al suolo di vivianite
sintetica, un fosfato ferroso analogo alla vivianite naturale, ottenuto mescolando 150 kg di
30
solfato ferroso eptaidrato (97% di purezza) e 50 kg di fosfato mono-ammonico o biammonico
(90% di purezza) in 1000 litri d’acqua (Rosado et al., 2002), consente di prevenire
efficacemente l’insorgenza della clorosi ferrica del pesco (Rombolà et al., 2003). Così come
l’inerbimento del frutteto con specie graminacee (Poa spp., Lolium spp. e Festuca spp.), in
grado di rilasciare nel suolo fitosiderofori, sostanze chelanti naturali che aumentano la
disponibilità di ferro anche a vantaggio delle piante arboree (Cesco et al., 2006; Ma et al.,
2003).
Prove di lungo termine (9 anni), condotte nel ravennate, hanno dimostrato come sia
possibile la gestione della nutrizione del pesco attraverso l’utilizzo in copertura di sostanza
organica derivata da letame maturo, ma soprattutto da ammendante compostato misto alla
dose di 10 t/ha di ss. Tale strategia ha permesso di mantenere livelli produttivi simili o
superiori alla concimazione suggerita dai Disciplinari di Produzione Integrata della Regione
Emilia-Romagna, di aumentare la sostanza organica, la concentrazione di N, P e K e la
biomassa microbica del terreno senza il temuto rischio di lisciviazione dei nitrati e di aumento
dei metalli pesanti.
Nella moderna peschicoltura i metodi irrigui devono essere necessariamente a
microportata, e progettati per distribuire anche i concimi mediante la fertirrigazione.
Le esigenze idriche di un frutteto dipendono prevalentemente dal clima (temperatura ed
umidità relativa dell’aria, vento, radiazione, piovosità) che incide sulla traspirazione delle
foglie e sull’evaporazione dal suolo della specie. Tali effetti sono “inglobati” nel parametro Kc
(coefficiente colturale) impiegato proprio per il calcolo del fabbisogno irriguo. Il Kc deve
essere quindi accurato e tener conto anche di caratteristiche tipiche della cultivar (es. epoca di
maturazione) al fine di un eventuale applicazione dello stress idrico controllato (Dichio et al.,
2007)
In un ottica di gestione sostenibile di un pescheto, è necessario porre in atto delle
strategie con l’obiettivo di aumentare la quantità di acqua immagazzinata nel volume di suolo
interessato dall’apparato radicale, e soprattutto durante il periodo delle piogge. Tale obiettivo
si può raggiungere attraverso il miglioramento della fertilità del suolo e della sua struttura.
Aumentando l’acqua immagazzinata nel suolo si ottiene il duplice vantaggio di 1)
dilavamento dei sali accumulati nel suolo durante la stagione irrigua e 2) riduzione degli
apporti irrigui.
Durante la stagione irrigua, per la determinazione dei turni e dei volumi di
adacquamento, deve essere considerata l’acqua immagazzinabile nel volume di suolo
interessato dall’irrigazione ed esplorato dalle radici che dipende dalle caratteristiche
idrologiche del suolo stesso (Montanaro et al., 2009). L’acqua “facilmente” utilizzabile dalle
piante, contenuta nel volume di suolo interessato dall’irrigazione (metodo a goccia), può
oscillare da 40 a 180 m3 ha-1. Tali informazioni sono indispensabili sia per la progettazione
dell’impianto irriguo (disposizione, portata e numero degli erogatori, ecc.) sia per la corretta
gestione della fertirrigazione (Xiloyannis et al., 2005).
Nei pescheti in fase di allevamento, è necessario considerare che nei primi due-tre anni
dall’impianto gli apparati radicali sono ancora in fase di sviluppo ed esplorano un volume di
suolo ridotto. Ne consegue che il volume di suolo soggetto all’irrigazione è inferiore rispetto a
quello di un impianto in piena produzione. È consigliabile, quindi, una disposizione
“dinamica” dei gocciolatori, aumentando il loro numero e la distanza da tronco durante i primi
anni dall’impianto (Xiloyannis et al., 2005). Infine la scelta dell’architettura della chioma e
della sua corretta gestione (in particolare le potature verdi) incidono in maniera rilevante
sull’efficienza dell’uso dell’acqua da parte della pianta.
31
Sessione 3a - Relazione
Sistemi Esperti per la gestione dell’acqua in regime di risparmio idrico
P.Mannini, S. Anconelli, R.Genovesi
Consorzio di bonifica di secondo grado per il Canale Emiliano Romagnolo – Bologna
e-mail: [email protected]
In Italia l’agricoltura preleva oltre il 60% dell’ammontare dell’acqua complessivamente
attinta dai fiumi e dalle falde, e quindi entra spesso in competizione per l’uso della risorsa con
gli altri settori idroesigenti. Attualmente si stima che oltre 300.000 ettari di frutteto e quasi
185.000 ettari di vigneto siano irrigati, con un impiego d’acqua irrigua valutabile attorno a
1,25 -1,50 miliardi di metri cubi all’anno. L’irrigazione dei frutteti è ormai diventata una
tecnica imprescindibile per l’ottenimento di buoni risultati quanti-qualitativi e per la
sostenibilità economica delle aziende frutticole, ma il notevolissimo volume d’acqua
impiegato in irrigazione determina l’esigenza di impiegare la risorsa idrica in modo molto
attento, oculato ed efficiente.
Un’attenta gestione delle irrigazioni, basata su una buona simulazione del bilancio
idrico della coltura, è la forma più “potente” di risparmio idrico, occorre cioè conoscere in
ogni momento del ciclo biologico del frutteto e tenendo conto del clima, del terreno e del
sistema irriguo: quando irrigare e con quale esatto volume irriguo.
L’attività di ricerca e sperimentazione che il Consorzio CER ha condotto negli ultimi
quaranta anni ha avuto proprio questi obbiettivi, e con i risultati raccolti sono stati messi a
punto due sistemi esperti, IRRINET e TECNIRRI, capaci di aiutare gli agricoltori nelle
decisioni irrigue. Con l’uso dei due sistemi si rende l’irrigazione una pratica efficace
economica ed impiegata con razionalità e senza sprechi.
Il sistema IRRINET è stato messo a punto dal CER ed è oggi fruibile gratuitamente su
Internet da tutti gli agricoltori regionali. IRRINET elabora il “consiglio irriguo” sulle
principali colture della regione utilizzando i dati meteorologici del Servizio Meteorologico
Regionale, i dati dei terreni del Servizio Geologico dei Suoli ed i parametri colturali messi a
punto con l’attività sperimentale del CER. Sulla base dei dati richiesti all’agricoltore viene
calcolato in maniera precisa il Bilancio Idrico della coltura che indica la data dell’irrigazione
ed il volume irriguo da somministrare alla coltura.
Il modello di bilancio idrico computa tutte le uscite e le entrate d’acqua nel sistema
colturale ed effettua numerose operazioni per arrivare alla stima dei consumi delle colture:
• Calcola quanta acqua piovana si infiltra effettivamente nel terreno
• Simula la crescita dell’apparato radicale e l’andamento della fenologia delle colture
• Stima l’eventuale stato di stress idrico della coltura
• Stima l’apporto di falda ipodermica
• Calcola il flusso dell’acqua attraverso 3 strati di suolo
• Calcola l’esatto volume d’acqua presente nello strato di terreno occupato dalle radici delle
colture nel giorno in cui viene effettuata l’interrogazione.
In questo modo è sempre nota la quantità d’acqua a disposizione delle colture e viene
consigliato il giusto volume di irrigazione ed il giorno in cui distribuirlo.
Accedere al servizio è semplice; entrando nel Servizio per la prima volta si accede ad
un Sistema Geografico che permette di individuare la posizione dell’azienda agricola ed
attribuire i corretti dati meteorologici, di falda e di tipologia di terreno. Per semplificare
l’accesso a Irrinet, alcuni Consorzi hanno anche attivato Irri-SMS, che consente di inviare
l’informazione su quando e quanto irrigare ogni coltura aziendale sul telefonino cellulare
dell’agricoltore che, in tal caso, può fare a meno del computer (fig. 1).
Elaborazioni molto attendibili hanno quindi accertato che l’uso delle indicazioni di
IRRINET consentono di risparmiare circa il 20% dell’acqua sulle colture senza deprimere le
rese; il sistema è impiegato su circa il 23% della superficie irrigua regionale determinando un
risparmio stimato in 40-50 milioni di metri cubi d’acqua l’anno. Per conseguire risultati
32
ancor più incisivi il Consorzio per il Canale Emiliano Romagnolo ha oggi messo in rete il
Sistema IRRINET-PLUS che stima se il costo dell’irrigazione che si sta per effettuare sarà
ripagato, o meno, dall’incremento produttivo dato dall’acqua.
Fig. 1. Con il sistema IRRINET
le informazioni possono anche
arrivare
sul
cellulare
dell’agricoltore
Per fornire informazioni sul
sistema microirriguo ottimale il
CER ha anche predisposto il
sistema TECNIRRI. Si tratta di un
supporto di assistenza tecnica di
impiantistica irrigua che si
compone di diversi programmi utili
per selezionare i migliori materiali
microirrigui, decidere il numero e
la posizione degli erogatori,
calcolare
il
corretto
dimensionamento delle condotte,
scegliere e dimensionare la
stazione di filtrazione dell’acqua
per evitare ostruzioni agli impianti
irrigui a goccia.
Il risparmio idrico determinato dal sistema TECNIRRI deriva quindi dalla possibilità di
dimensionare ed ottimizzare l’impianto irriguo in ogni sua componente, condizione senza la
quale qualsiasi tentativo di risparmio idrico in frutticoltura viene vanificato.
33
Sessione 3a - Poster
Impiego di composti organici in alternativa alla concimazione chimica del
pesco
E. Baldi, M. Toselli, G. Marcolini, A. Innocenti e B. Marangoni
Dipartimento di Colture Arboree - Università di Bologna
I terreni dell’area sud orientale dell’Emilia-Romagna risultano spesso carenti di
sostanza organica (S.O.) a causa della specializzazione/intensificazione delle coltivazioni e
della scarsa reperibilità di ammendanti di qualità. L’apporto di fertilizzanti organici può
essere una valida soluzione per innalzare il tenore di S.O. e migliorare le caratteristiche
chimico-fisiche del suolo. Tuttavia, le dinamiche di rilascio dei nutrienti da parte delle matrici
organiche non sempre coincidono con la cinetica di assorbimento radicale. Lo scopo della
presente sperimentazione è stato quello di verificare la possibilità di utilizzare fertilizzanti
organici di qualità al posto della tradizionale concimazione minerale nella gestione della
fertilizzazione di un pescheto commerciale. Lo studio, tuttora in corso, è iniziato nel 2001
presso l’azienda sperimentale M. Marani (Ravenna) su un pescheto di Stark RedGold
innestato su GF 677, allevato a vaso e inerbito a strisce. Durante la sperimentazione sono state
messe a confronto, secondo uno schema a blocchi randomizzati, le seguenti tesi: 1. controllo
non concimato; 2. concimazione minerale all’impianto con 100 kg/ha di P2O5 e 200 kg/ha di
K2O, e somministrazione annua di 70-130 kg ha-1 di N frazionata in maggio (60 %) e
settembre (40%); 3. ammendante compostato misto (compost) all’impianto (10 t ss ha-1) e dal
2004 somministrato in un’unica applicazione in primavera (5 t ss ha-1); 4. letame all’impianto
(10 t ss ha-1) e dal 2004 somministrato una sola volta in primavera (5 t ss ha-1); 5. compost
alla dose di 5 t ss ha-1 anno–1; 6. compost alla dose di 10 t ss ha-1 anno–1, le tesi 5 e 6 sono state
suddivise in due interventi in maggio (40 %) e settembre (60 %). L’ammendante compostato
misto, certificato dal consorzio italiano compostatori (CIC) è stato ottenuto da residui organici
umidi domestici miscelati a legno di potatura del verde urbano e/o residui di processi agroindustriali, previa stabilizzazione aerobica di 90 giorni. La distribuzione di compost alla dose
di 10 t ha-1 ha determinato un aumento del contenuto di sostanza organica (di circa 3 punti
percentuali), azoto (N) totale, fosforo e potassio e dell’attività microbica del suolo, senza
peraltro incidere significativamente sulla concentrazione di N-nitrico che, solo nell’estate del
2003 e 2004 è aumentata rispetto alla tesi non concimata. La concentrazione di N-nitrico del
suolo riscontrata nel corso della sperimentazione è risultata molto variabili in tutte le tesi a
confronto e compresa fra 2 e 30 ppm di N-NO3-. L’applicazione di ammendate compostato
misto non ha influenzato la stabilità degli aggregati, lo stato nutrizionale e lo sviluppo
vegetativo degli alberi, mentre ha aumentato la presenza di acidi umici e fulvici nel suolo. La
produzione è risultata più elevata nella tesi trattata con compost frazionato alla dose
maggiore, ma le differenze sono risultate statisticamente significative solo a partire dal 2006.
Il peso medio dei frutti e i principali parametri qualitativi non sono stati influenzati dal
trattamento fertilizzante. In conclusione dalla presente prova è emerso come l’applicazione di
ammendante compostato misto di qualità costituisca un’interessante alternativa alla
concimazione minerale permettendo di incrementare la concentrazione di sostanza organica
mantenendo le piante in un ottimo stato produttivo, nutrizionale e vegetativo. Il ricorso
all’ammendante compostato misto permette da un lato di sfruttare il residuo valore di un
prodotto di scarto delle utenze domestiche e/o dell’industria agro-alimentare e
contemporaneamente offre una via di smaltimento che oltre ad essere ecosostenibile,
potenzialmente permette anche di sequestrare quantità significative di carbonio, trasformando
il frutteto in una coltivazione a bilancio positivo di CO2.
34
Sessione 3a - Poster
Bilancio energetico e consumi idrici in risposta a diversi regimi luminosi in
pesco
P. Losciale, E. Pierpaoli, M. Zibordi, L. Manfrini, B. Morandi e L. Corelli Grappadelli
Dipartimento Colture Arboree - Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Viale G. Fanin, 46 - 40127 Bologna (Italy)
[email protected]
Il processo di fotosintesi, alla base dell’assimilazione di sostanza secca nelle piante, è
legato linearmente all’intensità luminosa fino al raggiungimento di una soglia di irradianza
(punto di saturazione) al di sopra della quale il tasso fotosintetico non mostra alcun ulteriore
incremento. La fascia climatica di tutto il bacino del Mediterraneo è caratterizzata da assolate
giornate primaverili ed estive in cui si registrano livelli di irradianza ben più alti di quelli
saturanti. L’energia radiante in eccesso oltre ad enfatizzare le perdite dovute ai processi di
fotoinattivazione e fotoprotezione (Non Photochemical Quenching, trasporti elettronici
alternativi e fotorespirazione), determina un incremento della temperatura ed un relativo
aumento dei consumi idrici dovuti alla traspirazione fogliare. Una possibile strategia che la
pianta opera per contrastare le perdite idriche consiste nel modulare l’apertura stomatica,
sebbene questo possa comportare una riduzione della fotosintesi ed un incremento della
temperatura interna che si ripercuote negativamente sugli organi fotosintetici.
Nel presente lavoro sono state valutate e confrontate le performance produttive,
fotosintetiche, i consumi idrici e l’entità dei meccanismi fotoprotettivi e di fotoinattivazione di
piante di pesco (cv Alice col.) sottoposte a regimi luminosi di piena luce e di moderato
ombreggiamento (40%) attraverso apprestamenti protettivi. La riduzione della radiazione
incidente di circa il 40% non ha fatto registrare alcun decremento della fotosintesi netta
mentre, in combinazione con il relativo abbassamento della temperatura occorso sotto rete
ombreggiante, ha determinato il decremento della traspirazione ed il corrispettivo incremento
dell’efficienza d’uso dell’acqua. La radiazione incidente in eccesso è stata indirizzata
principalmente al processo fotoprotettivo di Non Photochemical Quenching, capace di
dissipare fino al 68% della luce assorbita dalle foglie, coadiuvato dai trasporti elettronici
alternativi e dalla fotorespirazione. Inoltre, nelle tesi in piena luce la quantità di fotosistemi
danneggiati (fotoinattivazione) è risultata essere doppia rispetto alle piante sotto rete
ombreggiante. Gli alberi sottoposti a regime di moderato ombreggiamento hanno mostrato
produzioni più elevate attribuibili, probabilmente, ad un miglior stato idrico degli alberi ed
alle mancate perdite di fotosintati determinate dai processi fotoprotettivi e di
fotoinattivazione.
I risultati ottenuti suggeriscono che in pesco, soprattutto nelle zone ad elevata
insolazione come quelle del bacino mediterraneo, la moderata riduzione della radiazione
incidente genererebbe effetti positivi sulla produzione e sul impiego della sempre più limitata
risorsa idrica; tuttavia ulteriori approfondimenti si ritengono necessari al fine di valutare
l’effetto del moderato ombreggiamento sul comportamento delle piante nel lungo periodo.
Parole chiave: efficienza d’uso dell’acqua, fotoinattivazione, fotoprotezione, fotosintesi,
Quenching partitioning.
35
Sessione 3a - Poster
La “stanchezza del terreno” su pesco: problematiche e mezzi di intervento
Stefano Foschi
Alimos,Soc. Coop., Cesena (FC) - mail: [email protected]
La frutticoltura moderna, basata su realtà aziendali ad alta specializzazione colturale e
superficie disponibile medio-bassa, risulta fortemente esposta a tutte le problematiche connesse ai
continui reimpianti; tutti i fenomeni ascrivibili al termine “stanchezza del terreno” si vengono a
verificare quando una stessa specie si succede per più cicli colturali sullo stesso terreno. Le cause
di questo fenomeno sono di tipo chimico-nutrizionale, biologico e attinenti ad errate tecniche
colturali. In Emilia-Romagna, regione a forte vocazione frutticola, le specie che ad oggi
evidenziano problemi evidenti sono pesco, pero, melo e actinidia; i problemi specifici sono
ascrivibili ad uno stress da trapianto, ad una lenta crescita delle piante con conseguente ritardata
entrata in produzione, a una disomogeneità all’interno del frutteto e ad una forte incidenza di
morie causate da attacchi di patogeni fungini, principalmente Armillaria mellea. In questa nota
vengono riportati i dati relativi all’attività intrapresa su pesco, con prove sperimentali che hanno
visto l’impegno tecnico e finanziario della regione Emilia-Romagna, del CRPV attraverso il
coordinamento delle aziende sperimentali Alimos, Astra e Marani, e di ditte private fornitrici dei
mezzi tecnici testati.
Le sperimentazioni condotte in Emilia-Romagna sui portinnesti indicano come unica
alternativa al GF677 il portinnesto Adesoto® 101 Puebla*, clone di Prunus insititia di origine
spagnola che negli anni ha evidenziato buona tolleranza nelle situazioni caratterizzate da forti
morie dovute ad Armillaria mellea. La vigoria indotta nelle piante è di circa il 20-25% minore
rispetto a GF677, e la maturazione dei frutti leggermente anticipata. Per quanto concerne la
possibilità di intervenire con un trattamento di disinfestazione del terreno prima dell’impianto,
negli ultimi anni tale pratica si è discretamente diffusa nelle aree frutticole italiane ed emiliano
romagnole in particolare. Il bromuro di metile è stato sostituito negli ultimi anni dall’applicazione
simultanea di Cloropicrina e 1.3D; l’applicazione di questi due principi attivi, confermando
quanto osservato in altri paesi esteri dove viene utilizzata in maniera sistematica per questa
tipologia di intervento (USA, Nuova Zelanda), determina un abbassamento del livello dei
patogeni del suolo, con conseguente vantaggio per la coltura impiantata; ad esso si aggiunge una
maggiore crescita per le piante soggette a trattamento, che risultano più produttive nei primi anni,
con un precoce raggiungimento della fase di piena produzione.
80
Fig. 1. piante
morte (%) al
7° anno;
reimpianto su
terreno con
forte carica di
A. mellea
58
60
36
% 40
38
25
18
20
0
GF677
Cadaman® Avimag*
% piante morte al IV° anno
60
190
MrS2/5
Adesoto® 101 Puebla*
q/ha di produzione cumulata al IV° anno
200
55
180
50
160
140
40
120
100 q/ha
% 30
80
20
10
Ishtarà® Ferciana*
10
51
60
40
Fig. 2. Confronto tra
terreno non trattato ed
un intervento di
disinfestazione pre
trapianto
20
0
0
1,3D + Cloropicrina
non trattato
36
Sessione 3a - Poster
Evoluzione della peschicoltura nel litorale ionico
C. Mennone*, P. Gioia*, M. Troiano*, G. Santangelo*
* AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata
La peschicoltura metapontina ha avuto uno sviluppo moderno a partire dalla fine degli
anni 60 quando si introdussero le varietà americane. Il rinnovamento nelle varietà, nelle forme
di allevamento e di conduzione è stato continuo, stimolato dall’attenzione costante, da parte
degli imprenditori agricoli, alle richieste che venivano dai mercati, che hanno condizionato le
scelte di campo per le epoche di produzione, la tipologia pomologica e la forma di
conduzione.
Per fare il punto sullo stato tecnico-produttivo della nostra peschicoltura è stata
effettuata un’indagine che ha interessato 141 aziende, per una superficie totale di 583 ha.
La fase produttiva più importante è quella extraprecoce e precoce, anche con
l’inserimento negli ultimi anni delle varietà a basso fabbisogno in freddo. La fase di
maturazione intermedia e tardiva non risulta particolarmente interessante per questo areale
produttivo.
Rispetto alla tipologia coltivata negli ultimi anni prevalgono le nettarine sulle pesche,
quelle a polpa gialla sulle bianche; nei fondovalle irrigui dei fiumi Agri e Sinni dove viene
coltivata la percoca anche con ecotipi locali come il Percoco di Tursi e S. Arcangelo.
Il portinnesto utilizzato è il GF 677, anche se per i ristoppi, necessita, anche per la
frammentazione della proprietà, la sua sostituzione con altri soggetti che assicurino le
medesime performance produttive.
La forma di allevamento più diffusa è il vaso ritardato, minore è la diffusione delle altre
forme come l’ipsilon trasversale e la palmetta. Negli ultimi anni si sta praticando il vaso
catalano, con sesti più stretti.
Interessante è la pratica della conduzione biologica, grazie all’affermazione sui mercati
nazionali, con marchi di vendita che hanno acquisito una buona fetta di mercato.
37
Sessione 4a - Relazione
Nuova regolamentazione d’uso fitofarmaci: sostenibilità dell’impiego
G.P. Reggidori, G. Ceredi
APO CONERPO, Villanova di Castenaso, Bologna
Dalla Difesa Guidata, passando per la Difesa Integrata, fino alla Produzione Integrata
L’andamento generale del consumo di ortofrutta, aldilà delle fluttuazioni periodiche, resta
saldamente orientato verso prodotti dal marcato profilo salutistico che siano in grado di rassicurare il
consumatore in relazione soprattutto alla tracciabilità e all’impiego di fitofarmaci.
Le produzioni che definiamo integrate vanno esattamente in questa direzione e rappresentano
pertanto per gli operatori commerciali oltre che una necessità anche una grande opportunità. Esistono
disposizioni legislative europee e nazionali che definiscono e regolamentano tali produzioni, tuttavia i
margini interpretativi lasciati dalle normative e la sovrapposizione di ulteriori vincoli, mossi
soprattutto dai protagonisti della Grande Distribuzione Organizzata, rendono i contorni della
Produzione Integrata più difficili da definire e spesso la percezione che i consumatori hanno di essa
appare incerta e distorta da una parziale informazione.
Il DM 2722 del 17 aprile 2008, recependo il Reg. Ce 1974/06 definisce integrato un Sistema di
Produzione Agroalimentare che utilizza tutti i metodi e i mezzi produttivi e di difesa dalle avversità
delle produzioni agricole, volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a
razionalizzare la fertilizzazione e l’uso dell’acqua irrigua, nel rispetto dei principi ecologici, economici
e tossicologici. Tale definizione, come le innumerevoli che si sono succedute nel corso degli anni,
assumono tuttavia un senso solo quando si riempiono di contenuti ed hanno alle spalle un sistema
strutturato e condiviso. Non è un caso infatti che sin dagli albori quando la Difesa Integrata ha cercato
di proporre un metodo diverso per affrontare le problematiche fitosanitarie in contrapposizione al
cosiddetto metodo convenzionale, le istituzioni regionali più lungimiranti abbiano puntato innanzi
tutto su una corposa azione di formazione di un servizio di assistenza tecnica, coordinato in maniera
decentrata sul territorio ed affiancato da importanti attività di supporto come quella di ricerca e
sperimentazione. Attorno a questa organizzazione, ispirata da motivazioni che si sono dimostrate
vincenti nel corso degli anni, si è creato in alcune regioni come l’Emilia Romagna un sistema che ha
coinvolto istituzioni pubbliche e private, tuttora in grado di affrontare i continui mutamenti di
prospettiva cui la Difesa Integrata è sottoposta. Se infatti oltre vent’anni fa il principale obbiettivo di
una difesa non convenzionale era quello di contrastare l’impiego irrazionale di vecchi fitofarmaci
attraverso un approccio mirato sulle problematiche fitosanitarie, l’inserimento di soglie di intervento e
l’applicazione dei primi sistemi di monitoraggio, oggi la Produzione Integrata deve affrontare e farsi
carico di questioni più ampie ed in un contesto più complesso e articolato. Sia le normative che
l’evoluzione nel comparto fitoiatrico hanno di fatto rivoluzionato il panorama di questo settore con
indubbi benefici per la sicurezza degli operatori ma con l’introduzione di sostanze attive
particolarmente specifiche nel target e nel timing di intervento. Le stesse problematiche fitosanitarie si
evolvono rapidamente per tipologia e virulenza, specie in un settore della frutticoltura, quale quello
peschicolo, in cui il ricambio varietale è estremamente rapido. Conseguentemente tutta l’attività di
supporto ai programmi di Difesa Integrata, finalizzata alla valutazione di nuove sostanze attive, al
perfezionamento di strategie di intervento ma soprattutto alla definizione e validazione di modelli
previsionali di sviluppo biologico per fitofagi e patogeni, ha assunto nel tempo, anche grazie ai
progressi ottenuti, un ruolo sempre maggiore. Un approccio integrato alla difesa non può prescindere
inoltre da una gestione dei fitofarmaci che ignori il ricorrente problema dell’insorgenza delle
resistenze così come spesso costituisce un efficace apripista nell’applicazione di metodi di lotta
alternativi (confusione sessuale) o un efficiente canale attraverso il quale si possono diffondere una
serie di buone pratiche relative al corretto uso dei fitofarmaci, alla loro distribuzione ed al loro
stoccaggio in magazzino.
Il metodo di produzione integrata difficilmente si è potuto sottrarre alle sfide che ha incontrato
in 30 anni di storia, tuttavia la delicata questione dei residui di fitofarmaci, sulla quale si stanno
concentrando sia la doverosa attenzione dei consumatori, che le diverse richieste della GDO, ha
assunto ormai il ruolo di una discriminante. Questa, imponendo arbitrariamente limiti diversi da quelli
stabiliti dalle legge e sovrapponendo ad una buona Produzione Integrata una pletora di certificazioni di
mero carattere commerciale, rischia in futuro di compromettere o quantomeno di confondere il senso
ed i principi fondanti delle Difesa integrata.
38
Il nuovo Regolamento CE per l’autorizzazione al commercio e all’impiego dei fitofarmaci e la
Direttiva sull’Uso Sostenibile degli stessi
La Direttiva 414/91 che fino a ieri è stata alla base delle norme nazionali in materia di
autorizzazione alla commercializzazione e impiego dei fitofarmaci sarà sostituita da un Regolamento
CE sempre in materia, già scritto e approvato nella versione definitiva e in fase di pubblicazione.
Come Regolamento avrà il vantaggio dell’applicazione diretta come tale negli Stati Membri della UE
e quindi uniformerà molti aspetti delle cosiddette “registrazioni dei fitofarmaci” che fin a ieri erano
realizzate con modalità piuttosto diverse da paese a paese. La possibilità della “registrazione” comune
per tutti gli Stati Membri in realtà non è pienamente raggiunta, però la possibilità di farlo all’interno di
ciascuna delle 3 macro aree nelle quali è stata divisa l’Europa, come da Regolamento, permette di
uniformare in paesi aventi condizioni di indirizzo colturale, di coltivazione e pedoclimatiche
abbastanza comuni, le disponibilità degli stessi fitofarmaci e le transazioni commerciali alle quali
vanno soggetti. L’Italia appartiene all’area del Sud Europa, costituita da quelli che si affacciano sul
Mediterraneo, stati isola compresi. Importante sarà che il riconoscimento della “registrazione” di un
fitofarmaco fatta in un paese della macro area, sia estesa agli altri della stessa area in tempi veloci e
modalità semplici. La revisione dei fitofarmaci autorizzati con la Direttiva 414/91 e prevista dalla
stessa ha portato negli ultimi anni alla revoca di varie classi chimiche di fitofarmaci e di molti prodotti
ieri disponibili. Il nuovo Regolamento adotta principi più restrittivi per l’accesso al commercio e
all’impiego dei fitofarmaci, per cui avremo un discreto periodo di tempo transitorio che vede già da
ora rivoluzionarsi il pacchetto delle disponibilità. Per questo motivo diventa sempre più importante
aggiornare la logica delle pratiche agronomiche adottabili, soprattutto per la parte della difesa delle
piante, adottando tutte le possibili alternative che possano favorirla.
A fianco del Regolamento indicato viene inoltre promulgata una Direttiva CE (anch’essa già
approvata e in uscita ufficiale) che disciplinerà l’uso definito “sostenibile” dei fitofarmaci. In pratica,
disciplinerà una serie di adempimenti sulle modalità d’impiego dei fitofarmaci per la salvaguardia
degli operatori e dell’ambiente, oltre alla maggior sicurezza alimentare. Introduce vari adempimenti
che fortunatamente in Italia sono in parte già applicati a seconda del livello d’intervento normativo di
livello Nazionale, più in particolare di livello Regionale. A differenza di un Regolamento occorre
considerare che una Direttiva non è recepita tal quale dagli Stati Membri, ma viene proposta con
norma interna che esplicita gli adempimenti, pur nel rispetto delle linee di riferimento indicate dalla
Direttiva stessa. L’aspettativa degli agricoltori è che al di là della buona logica che muove il
legislatore in relazione alla sicurezza degli operatori e della salvaguardia ambientale, nonché della
sicurezza dei consumatori, gli adempimenti previsti siano di tipo sostanziale pratico-applicativo e non
“burocratizzati” tali da indurre all’evasione a priori. Proponiamo alcuni degli adempimenti che la
nuova Direttiva prevederà, con un accenno a quello che già si sta facendo in Italia e soprattutto in
alcune regioni:
a. Formazione dei produttori agricoli, sia di base che di aggiornamento, in merito alle conoscenze
delle caratteristiche dei fitofarmaci e delle modalità di gestione e d’uso. In questo caso in Italia
esiste già l’obbligo di formazione e aggiornamento all’interno degli adempimenti per conseguire
e mantenere il “patentino” per l’acquisto e la manipolazione dei fitofarmaci.
b. Individuazione dei soggetti “abilitati” all’acquisto, manipolazione ed esecuzione degli interventi
con fitofarmaci. Adempimento da noi realizzato con il cosiddetto “patentino”
c. Stoccaggio dei fitofarmaci con applicazione di adempimenti specifici e individuazione del
responsabile dell’accesso agli ambienti e della manipolazione. Adempimenti che devono tener
conto anche di accorgimenti per evitare inquinamenti puntiformi o locali in caso di fughe o
perdite accidentali di prodotto. Le norme nostre sulla gestione delle sostanze pericolose o tossiconocive contemplano già adempimenti precisi.
d. Informazioni in loco per gli addetti, ma anche per i visitatori, relative alla presenza di sostanze
pericolose come i fitofarmaci. Cartelli indicatori di pericolo o portanti informazioni leggibili. In
Italia le norme sulla sicurezza del lavoro e sulla manipolazione di sostanze pericolose impone già
vari adempimenti fra quelli indicati e anche in maniera stringente.
e. Informazioni in loco per gli addetti, ma anche per i visitatori, facilitanti la richiesta d’intervento in
caso di assistenza media, informazioni dai centri antiveleno, incendio, inquinamento accidentale
di falde e/o corsi d’acqua, pronto soccorso, ecc… . Le norme vigenti sulla sicurezza del lavoro e
sulla manipolazione di sostanze pericolose contemplano già questi aspetti.
39
f.
L’obbligo di strumenti di protezione degli operatori che impediscano il diretto contatto con la
soluzione distribuita. Dalla cabinato intero, o al trattore cabinato, o alla maschera con filtri
certificati dalla norma, fino agli indumenti protettivi come tute, stivali, guanti, ecc… . Oggi le
nostre norme sulla sicurezza dei lavoratori (sezione strumenti protettivi) hanno già previsto una
serie di adempimenti in materia d’impiego dei fitofarmaci e/o sostanze pericolose.
g. Una dinamica più stringente nella preparazione precisa della soluzione da distribuire, onde evitare
percolazione nel terreno per sversamento accidentale. La predisposizione di precisi dosaggi con
strumenti adeguati per evitare eccessi d’impiego oltre quelli consentiti in etichetta. Quindi
specifico uso di dosatori, bilance pesa dose, ecc… .
h. Modalità di distribuzione più razionali, fitofarmaco per fitofarmaco, legate alle caratteristiche
d’impatto ambientale dello stesso. Quindi distanze di rispetto dai corsi d’acqua indicate in
etichetta, eventualmente variabili in base al tipo di fitofarmaco; modalità diverse d’impiego in
relazione ai rischi di deriva o alla vicinanza di luoghi abitati o d’interesse faunistico. Questo è
l’aspetto che si teme di più perché se la normativa scenderà troppo nello specifico delle modalità
d’applicazione per ogni fitofarmaco, l’agricoltore diventerà un “ragioniere” della distribuzione
che per le troppe complicanze potrebbe “fondere mentalmente” e non rispettare più neanche le
cose più semplici. Per questo adempimento è preferibile che già a monte nella fase di
registrazione del fitofarmaco si impongano specifiche alle modalità d’impiego dello stesso
(riduzioni di dosi, aggiunte di antideriva, ecc…) che indicano in etichetta alcune ulteriori
specifiche d’uso.
i. Modalità di gestione, recupero o riutilizzo della soluzione rimanente, dopo un trattamento, alfine
di escludere il suo “sversamento” su terreno o altro ambiente che finirebbe per essere inquinato.
Anche in questo caso ci sono adempimenti e accorgimenti previsti in molte regioni che val la
pena di prendere ad esempio.
j. Specifico controllo dell’efficienza delle macchine distributrici, con due adempimenti importanti:
l’iniziale “taratura”, valida un certo numero di anni (oggi 5) finalizzata a stabilire esattamente la
velocità corretta del mezzo, la quantità distribuita, l’uniformità di bagnatura, il corretto
funzionamento degli strumenti meccanici e tecnologici (anche di misura) della macchina. Poi la
manutenzione ordinaria annuale, atta a verificare il normale funzionamento della macchina, la
sostituzione di pezzi invecchiati, il funzionamento degli strumenti di misura come manometri,
ventole, cardani, ugelli o diffusori, ecc… Oggi in Italia questi adempimenti sono previsti
soprattutto dai programmi d’applicazione delle Discipline di Produzione Integrata e dalla
certificazione delle aziende agricole Globalgap.
k. L’obbligo della registrazione di tutti gli impieghi, compresi avversità trattata, formulato
commerciale impiegato, dose, volume distribuito, evidenza del tempo di sicurezza e altre
informazioni a piacere. Con evidenza oggettiva del sito trattato e relative varietà della coltura.
Oggi in Italia esiste già l’obbligo del “quaderno di campagna” dove registrare le informazioni
suddette.
l. L’obbligo dello smaltimento dei vuoti dei fitofarmaci, secondo modalità da stabilire dalla
normativa nazionale. In Italia esistono già esperienze in tal senso che val la pena di replicare in
tutto il paese, comunque perseguendo quelle che agevolano l’agricoltore nella gestione.
m. Obbligo dell’inserimento di tecniche di coltivazione afferenti alla Produzione Integrata. In questo
caso val proprio la pena di riproporre l’esperienza di varie regioni italiane come l’Emilia
Romagna e soprattutto la definizione di un riferimento simile, con una linea Guida Europea che
eviti il proliferare di sistemi troppo diversi fra loro. Su questo campo non c’è niente da inventare
di nuovo salvo quello che migliora l’esistente. Sarà importante adottare una forma di
comunicazione, comprensibile per i consumatori, che permetta loro di comprenderne il significato
e le garanzie offerte: tecniche di coltivazione e di gestione post raccolta a basso impatto
ambientale, sicurezza alimentare, tracciabilità, origine definita come luogo di coltivazione e
riconoscibile. Una “certificazione di processo” che probabilmente dovrà cambiare nome:
“Agricoltura Sostenibile” o “Produzione Agricola Sostenibile” o altro logo valido.
Queste sono le principali tematiche che costituiranno l’ossatura della Direttiva. Sono già corpose
e quindi si ripete l’invito a renderle di pratica applicazione e soprattutto di non reinventarle rispetto a
quelle esistenti. Migliorarle si, ma stravolgerle per il gusto di fare i “certosini” non è il caso.
40
Sessione 4a - Relazione
La sharka delle drupacee: aggiornamento legislativo per il controllo e la
prevenzione
A. Contessi, V. Vicchi, A.R. Babini
Servizio Fitosanitario Regionale – Regione Emilia Romagna
Sulla G.U. n. 235 del 9 ottobre 2009 è stato pubblicato il Decreto del Ministero delle Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali 28 luglio 2009, concernente la “Lotta obbligatoria per il controllo del
virus Plum pox virus (PPV), agente della «Vaiolatura delle drupacee» (Sharka)”.
Tre sono le considerazioni che ispirano il nuovo decreto:
1. in alcune aree del territorio nazionale il virus è da ritenersi insediato e non più eradicabile;
2. per assicurare che il materiale vivaistico non sia contaminato dal virus è necessario prevedere
condizioni più rigorose di quelle precedentemente in vigore;
3. al fine di prevenire la diffusione della malattia è necessario incentivare l’uso di materiale con
le massime garanzie dal punto di vista fitosanitario, cioè quello certificato.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Le principali novità introdotte sono:
le definizioni, per chiarire di cosa si sta parlando;
il fatto che i monitoraggi vengano eseguiti conformemente agli standard tecnici definiti dal
Servizio fitosanitario centrale, non più quindi secondo i criteri stabiliti da ciascun Servizio
fitosanitario regionale;
che sulla base dei risultati dei monitoraggi i Servizi fitosanitari regionali debbano definire lo
stato fitosanitario del territorio, delimitando le “aree contaminate” (il campo o il vivaio in cui è
stata accertata la presenza del virus, il cosidetto “focolaio”), le “zone tampone” (zona di almeno
1 km di larghezza, di separazione fra una zona indenne e un’area contaminata o fra una zona
indenne e una zona di insediamento) ed eventualmente le “zone di insediamento” (il territorio
dove il virus è in grado di perpetuarsi nel tempo e la sua diffusione è tale da renderne
tecnicamente impossibile l’eradicazione);
l’istituzione delle zone di insediamento nelle regioni in cui la malattia è largamente diffusa
consentirà ai Servizi fitosanitari regionali di concentrare i propri sforzi nelle “zone tampone” e
nelle “zone indenni”, in modo da contenerne l’ulteriore diffusione e solvaguardare l’attività
vivaistica, nell’interesse dei produttori agricoli;
nelle aree contaminate ogni pianta ospite con sintomi sospetti del virus PPV deve essere
estirpata senza necessità di ulteriori analisi, le piante per le quali è stata prescritta l’estirpazione
devono essere capitozzate o disseccate, in modo tale da impedire l’emissione di polloni, entro 15
giorni dalla data di notifica della prescrizione ufficiale ed estirpate per intero entro l’inizio della
stagione vegetativa successiva;
i Servizi fitosanitari regionali debbono disporre l’estirpazione dell’intero campo quando la
percentuale di piante sintomatiche è uguale o superiore al 10%, tale misura può essere applicata
anche in presenza di percentuali inferiori;
viene vietato il prelievo di materiale di moltiplicazione dalle piante di drupacee suscettibili
presenti nelle aree contaminate, nelle zone di insediamento e nelle zone tampone, tranne che tale
attività sia svolta in serra con un sistema di protezione antiafidi «screen-house» e in assenza di
piante di drupacee nel raggio di 100 metri. Tale distanza può essere ridotta fino a 20 metri
quando l’assenza di PPV nell’area sia stata confermata da uno specifico controllo definito dal
Servizio fitosanitario ed effettuato con oneri a carico del produttore su tutte le piante di drupacee
suscettibili poste nel raggio di 100 metri;
nelle zone tampone e nelle zone di insediamento è vietato l’esercizio dell’attività vivaistica per
la produzione di piante e materiale di moltiplicazione di specie suscettibili al virus PPV, fatto
salvo che tale attività non venga svolta in «screen-house», alle stesse condizioni previste per il
prelievo del materiale di moltiplicazione;
i nuovi campi di produzione vivaistica, di norma collocati nelle zone indenni, devono essere
distanti almeno 300 metri da frutteti di piante di drupacee suscettibili; tale distanza può essere
ridotta fino a 20 metri a condizione che l’assenza di PPV nell’area sia confermata da uno
specifico controllo definito dal Servizio fitosanitario ed effettuato con oneri a carico del
produttore su tutte le piante di drupacee suscettibili poste nel raggio di 300 metri;
41
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
in caso di produzione di varietà locali, il Servizio fitosanitario regionale può autorizzare, sotto
controllo ufficiale, l’autoproduzione, l’attività vivaistica e l’allevamento di piante madri,
all’interno di zone di insediamento e di zone tampone;
per la produzione di piante di drupacee in vivaio deve essere impiegato materiale certificato ai
sensi del decreto ministeriale 20 novembre 2006 o portainnesti ottenuti da seme. E’ tuttavia
consentito utilizzare innesti non certificati a condizione che le piante madri da cui si preleva il
materiale si trovino in aree indenni, siano dichiarate al Servizio fitosanitario regionale, siano
singolarmente contrassegnate e controllate con ispezioni visive ed analisi di laboratorio a cura e
spese del vivaista e che il vivaista invii al Servizio fitosanitario regionale competente, prima del
prelievo, i risultati delle analisi di laboratorio, nonché la quantità di materiale di moltiplicazione
che intende prelevare da ciascuna pianta madre contrassegnata;
i costitutori di nuove varietà di drupacee, prima di cedere a terzi a qualunque titolo il materiale
di moltiplicazione selezionato, devono controllare le piante madri, in applicazione degli standard
tecnici emanati dal Servizio fitosanitario centrale e devono inviare ai Servizi fitosanitari
competenti i risultati delle analisi di laboratorio previste;
qualora nei campi di piante madri si riscontri la presenza di PPV, oltre alla istituzione dell’area
contaminata, si dovrà procedere alla distruzione delle piante presenti in vivaio ottenute con
materiale prelevato dalle piante risultate infette;
i vivaisti e gli agricoltori che utilizzano materiale di moltiplicazione proveniente da altri Paesi,
devono darne comunicazione al Servizio fitosanitario regionale competente;
l’autoproduzione effettuata dagli agricoltori é consentita esclusivamente utilizzando materiale di
moltiplicazione certificato, fatta salva la deroga concessa per la produzione di varietà locali;
qualora in un vivaio si riscontri la presenza di PPV le piante appartenenti al lotto risultato infetto
devono essere distrutte. Per il restante materiale di propagazione presente nel vivaio é sospesa
l’autorizzazione all’uso del passaporto delle piante CE fino alla dichiarazione ufficiale di
eradicazione dell’area contaminata. Tuttavia i Servizi fitosanitari regionali possono autorizzare
lo spostamento o la commercializzazione delle restanti piante presenti in vivaio verso zone di
insediamento del virus PPV, a condizione che le analisi su campioni asintomatici, ufficialmente
prelevati dal Servizio fitosanitario regionale abbiano dato esito negativo;
nel caso in cui un vivaio, precedentemente costituito, venga a trovarsi all’interno di una zona
tampone, per tutte le piante e tutti i materiali di moltiplicazione di drupacee presenti nel vivaio é
sospesa l’autorizzazione all’uso del passaporto delle piante CE fino all’eradicazione dell’area
contaminata. Tuttavia anche in questo caso i Servizi fitosanitari regionali possono autorizzare lo
spostamento o la commercializzazione delle piante verso le zone di insediamento del virus PPV
o verso zone per cui i servizi fitosanitari del territorio di destinazione e di confine interessati,
abbiano dato parere favorevole, a condizione che nel vivaio di produzione e nel raggio di 300
metri dallo stesso non vi siano piante infette e che le analisi su campioni asintomatici,
ufficialmente prelevati dal Servizio fitosanitario regionale, abbiano dato esito negativo, oppure
che la coltivazione delle drupacee sia stata effettuata in serra con un sistema di protezione
antiafidi «screen-house»;
al di fuori delle zone di insediamento é fatto obbligo a chiunque di segnalare ogni caso sospetto
di PPV. L’obbligo vale anche per le ditte che commercializzano, le industrie di trasformazione e
gli incaricati delle attività di certificazione qualitativa sui prodotti ortofrutticoli, nonché per i
laboratori pubblici e privati, ivi compresi quelli di ricerca, che accertino la presenza di PPV;
il materiale vivaistico in produzione al momento dell’entrata in vigore del decreto, potrà essere
commercializzato entro due anni, cioè fino al 10 ottobre 2011, nel rispetto delle disposizioni
preesistenti e previa autorizzazione del Servizio fitosanitario regionale;
Le regioni, al fine di prevenire gravi danni per l’economia di una zona agricola, possono
stabilire misure di sostegno alle aziende frutticole e vivaistiche alle quali é stata prescritta dal
Servizio fitosanitario l’estirpazione o la distruzione obbligatoria a causa della presenza di PPV.
42
Sessione 4a - Poster
Suscettibilità alla bolla (Taphrina deformans berk. tul.) di cultivar di pesco
con diversa origine genetica
G. Padula, A. Ferri, D. Morelli, E. Bellini, V. Nencetti, E. Giordani
Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura – Polo Scientifico e Tecnologico - Università degli
Studi di Firenze
La bolla del pesco, il cui agente causale è Taphrina deformans (Berkeley) Tulasne,
rappresenta sicuramente una delle malattie più temute di questa specie. Le piante sensibili a
questo fungo manifestano i sintomi alla ripresa vegetativa a danno delle giovani foglie che
appena schiuse presentano consistenti bollosità, che con il passare del tempo tendono a
ispessirsi, ad assumere consistenza carnosa e colorazione rossastra determinando infine il
completo accartocciamento e disseccamento dell’intera foglia, nonché del giovane germoglio,
con immaginabili ripercussioni sulla produzione. Nei casi più gravi vengono danneggiati
anche i frutti, che perdono qualunque valora commerciale. Obiettivo della ricerca è stato
quello di valutare la suscettibilità al patogeno di 241 genotipi, ciascuno rappresentato da 3
repliche allevate a vaso presso l’Az. agricola Montepaledi dell’Università di Firenze (S.
Casciano Val di Pesa – FI), comprendenti sia vecchie varietà toscane, che nuove cultivar
ottenute da programmi di miglioramento genetico italiani ed esteri. L’intensità dell’attacco è
stata valutata attribuendo un punteggio compreso tra 0 e 5 (0 = nessun sintomo; 1 = poche
foglie colpite; 2 = da poche foglie al 10% delle foglie colpite; 3 = dall’11 al 30% di foglie
colpite; 4 = dal 31 al 50% di foglie colpite; 5 = oltre il 50% di foglie colpite) per tre anni
consecutivi. Le osservazioni sono state condotte a partire dalla ripresa vegetativa,
concomitante alla comparsa dei primi sintomi (prima decade di aprile), e si sono ripetute, con
una cadenza bisettimanale, per tutto il periodo in cui il fungo ha manifestato la sua presenza
(ultima decade di maggio).
La suscettibilità media riscontrata sulle 241 cultivar è pari a 4. Dalla ripartizione in
classi di suscettibilità risulta che soltanto 4 genotipi risultano in classe 0, 25 in classe 1, 20 in
classe 2, 30 in classe 3, 71 in classe 4 e 91 in classe 5. Le varietà tolleranti sono
sostanzialmente cultivar di origine italiana e di interesse esclusivamente locale, tranne
‘Regina d’Ottobre’ di rilevanza nazionale. Lo stesso può essere affermato per quelle in classe
1 dove, ad eccezione di ‘Benedicte’, ‘Jungerman’ e ‘Redhaven’, troviamo principalmente
varietà di origine italiana, tra cui i gruppi delle Cotogne e delle Burrone Fiorentine, tipiche
varietà toscane. Anche in classe 2 e 3 prevalgono le cultivar di origine italiana rispetto a
quelle di origine estera. Nelle classi a suscettibilità superiore il numero di cultivar di origine
estera aumenta sensibilmente con oltre il 30% in classe 4 e il 50% in classe 5, mentre
scompaiono del tutto le cultivar di interesse prettamente locale. Differenze statisticamente
significative (ANOVA, test di Duncan) sono state riscontare per la suscettibilità alla bolla del
pesco tra le nettarine (valore medio della suscettibilità 4,6) e le pesche comuni (suscettibilità
media pari a 3,2). Nessuna differenza invece è emersa in funzione del colore della polpa dei
frutti e rispetto alla tipologia delle glandole fogliari.
43
Sessione 4a - Poster
Indagine sulla suscettibilità di alcune cultivar di pesco e nettarina nei
confronti dell’agente virale PPV-M (Plum Pox virus ceppo M) o Sharka
S. Zampini, V. Girolami, N. Mori
Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università degli Studi di
Padova – Agripolis Legnaro (Pd)
Riscontrato la prima volta in Italia (Bolzano) nel 1973 su albicocco il Plum Pox Virus
agente della Vaiolatura delle Drupacee o Sharka rappresenta uno dei più gravi fitovirus delle
drupacee (pesche in particolare) trasmesso da afidi e materiale di propagazione infetto.
Segnalato su piante di pesco nel 1996 in provincia di Verona, si è subito diffuso nel principale
areale peschicolo Veneto e l’applicazione della Normativa sui patogeni da quarantena, (D.M.
29/11/1996) ha portato sino ad oggi all’estirpo di circa 180.000 piante, con riduzione della
superficie peschicola di 2.000 Ha.
Per contrastare la elevata diffusione del virus di tipo endemico - non più epidemico - la
Regione Veneto, attraverso l’Unità Periferica Servizi Fitosanitari, oltre alle misure di
monitoraggio e controllo ha promosso anche una serie di sperimentazioni e progetti di ricerca,
di cui il presente lavoro fa parte.
Di estrema applicazione pratica risultava monitorare la diversa suscettibilità varietale,
dopo qualche anno dall’insediamento del virus, nelle condizioni di campo, al fine di stilare un
indicativo elenco di varietà di pesche e nettarine più o meno sensibili alla Sharka.
Presso 9 aziende agricole veronesi localizzate nelle principali zone di diffusione del
virus, in base ad un protocollo predefinito, sono stati eseguiti per due anni consecutivi, (20042005), da aprile a settembre, rilievi mensili sintomatologici ed analisi sierologiche, su foglie e
frutti virosati. Sono state per questo scelte 20 varietà infette da 3-5 anni sintomatiche e
rappresentative dell’areale peschicolo veronese, individuando 20 piante ogni cultivar .
Dall’elaborazione dei dati si sono dimostrate meno sintomatiche 5 varietà tra le 20
analizzate e sono emersi elementi utili per comprendere i diversi comportamenti di singole
varietà alla Vaiolatura delle drupacee.
Per far fronte alla necessità di convivere con la malattia della Sharka nell’areale
peschicolo veronese, gli esiti di questa indagine rappresentano una prima indicazione sulle
varietà meno suscettibili che possono essere utilizzate per i reimpianti. Tuttavia i risultati
emersi necessitano di ulteriori conferme per un periodo di tempo più esteso.
44
Sessione 4a - Poster
Sensibilità al virus dalla vaiolatura delle drupacee di varietà e selezioni di
pesco: risultati delle prove del biennio 2007-2009
F. Fontana1, A.R. Babini3, C. Ratti2, V. Vicchi3, C. Poggi Pollini2 e L. Giunchedi2
1
Alimos, az. Martorano 5, Cesena, Italia; 2Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Agroambientali (DiSTA)-Patologia Vegetale, Università di Bologna, Bologna, Italia;
3
Servizio Fitosanitario Regionale (SFR), Regione Emilia Romagna, Bologna, Italia –
email:[email protected]
L’impiego di varietà resistenti/tolleranti risulta attualmente l’unico mezzo per poter
coltivare il pesco in modo remunerativo nelle aree interessate da PPV. La selezione varietale da
parte dei diversi costitutori non può più prescindere dalla valutazione del comportamento nei
confronti di PPV delle nuove varietà .
Per questo, nel corso del 2007 è stata allestita, presso l’azienda Martorano 5 di Cesena, una
collezione costituita da 37 varietà di recente diffusione e da 10 selezioni in fase di avanzata
valutazione della specie pesco. 4 piante innestate sul portainnesto GF 677 per ciascuna
varietà/selezione in prova sono state piantate direttamente nel terreno, all’interno di una struttura
anti afidi (screen house). Nel febbraio 2008, prima della ripresa vegetativa, 3 piante di ogni
varietà/selezione sono state inoculate con il virus della Sharka (Plum pox virus = PPV) mediante
chip-budding sopra il punto di innesto con porzioni di tessuto corticale prelevate da piante di
pesco GF 305 infette con PPV ceppo M, isolato 0019 UBA.; una pianta è stata lasciata come
testimone non inoculato. L’inoculazione è stata ripetuta sulle branche principali delle piante in
prova, mediante inserzione di porzioni di tessuto infetto da PPV dello stesso isolato sopra
menzionato, sia in settembre 2008 che in giugno 2009, che a 6 mesi dal primo inoculo non
presentavano sintomi. I controlli per la comparsa dei sintomi, effettuati nel corso del 2008 e 2009,
hanno riguardato dapprima i rametti, quindi i fiori di tipo rosaceo, le foglie e, da giugno fino al
momento della raccolta, i frutti. Alcune piante che manifestavano sintomi tipici di PPV e tutte
quelle che invece non mostravano sintomi, sono state sottoposte al saggio sierologico DAS
ELISA, per accertare l’eventuale presenza di PPV. I rilievi sulla vegetazione primaverile hanno
evidenziato la comparsa, su differenti organi di molte delle piante inoculate, di sintomi ascrivibili
a PPV, di differente intensità.
Per quanto riguarda le 37 varietà, 7 di queste già a febbraio mostravano anulature
clorotiche e a contorno rossastro tipiche del PPV, sui rametti di un anno (19%). Fra le 34 varietà a
fiori rosacei, 23 hanno manifestato sintomi consistenti in caratteristiche striature/rotture di colore
(68%), così come l’unica selezione con fiori rosacei (9 di queste hanno fiori campanulacei). Da
aprile a giugno sono stati rilevati sintomi sulle foglie di quasi tutte le piante di pesco inoculate.
Maculature ad andamento sinuoso e/o anulature clorotiche per lo più adiacenti alle nervature
apparivano in modo più o meno marcato con fiammeggiature ed aloni verde chiaro che poi, con il
proseguire della stagione vegetativa, viravano in molti casi al rosso-bruno. Talvolta interessavano
solo le foglie di pochi rami della chioma, in altri casi erano presenti sulla quasi totalità dei rami
anche se le foglie interessate dai sintomi erano per lo più quelle collocate nella parte basale.
Riferendosi alle 47 varietà e selezioni di pesco in prova, sintomi fogliari di diversa intensità sono
apparsi su 44 biotipi (94%). Sintomi di diversa foggia e intensità ( variabili da leggere chiazzature
e anulature fino a evidenti deformità) sono stati rilevati sui frutti di 27 varietà e selezioni di pesco
(57%). Su 3 selezioni ed 1 varietà di pesco non sono comparsi sintomi in nessun organo
vegetativo e le foglie di tali piante sono risultate negative al test DAS ELISA. Queste ultime, così
come 13 varietà che hanno reagito all’inoculazione di PPV manifestando deboli sintomi sulle
foglie e nessun sintomo sui frutti, sono da considerare le più promettenti per una possibile
caratteristica di tolleranza al PPV. Questo comportamento dovrà essere confermato dalle
osservazioni della prossima stagione vegetativa, quando verrà valutata l’eventuale presenza di
PPV nelle piante senza sintomi mediante saggi biomolecolari ripetuti sui diversi organi vegetativi
(fiori, foglie tessuto corticale dei rametti di un anno).
Attività realizzata con il supporto del CRPV, sulla base di finanziamenti della Regione Emilia-Romagna, L.R.
28/98.
45
Sessione 5a - Relazione
Tecnologie per miglioramento, qualità e conservazione della qualità e della
maturazione delle pesche
C. H. Crisosto
Università della California. Department of Plant Sciences, Davis, USA
e-mail: [email protected]
Slides 1-4. Un importante test di gradimento tra i consumatori (1.552 consumatori),
recentemente condotto negli USA, ha evidenziato che frutti troppo teneri, deperibili e privi di
sapore (“sensorialmente danneggiati”) rappresentano i fattori limitanti all’acquisto di pesche,
nettarine e susine californiane sul mercato degli USA. La prevenzione dei fattori che
determinano la perdita di qualità e che si sviluppano in post-raccolta (Tab. 1) durante la
conservazione, potrebbe rappresentare un approccio utile al fine di incrementare il consumo di
frutta, visto che i principali problemi di qualità sensoriale (intenerimento della polpa e
sgradevolezza o assenza del gusto) occorrono durante le operazioni di manipolazione dei
frutti.
Tab. 1. Principali motivazioni indicate come responsabili della riduzione degli acquisti di
pesche, nettarine e susine in California (2005)
Pesche
1.
2.
3.
4.
5.
Eccessiva tenerezza
Rapida deteriorabilità
Costo elevato
Sovramaturazione
Scarsa dolcezza
6. Non sufficientemente
gustose
7. Non pronte per il consumo
8. Scarsa abitudine
Nettarine
Susine
1. Costo elevato
2. Eccessiva tenerezza
3. Rapida deteriorabilità
4. Scarsa dolcezza
5. Non sufficientemente
gustose
6. Scarsa abitudine
1.
2.
3.
4.
5.
7.
8.
9.
10.
7. Scarsa abitudine
8. Sovramaturazione
9. Non pronte per il consumo
Sovramaturazione
Non pronte per il consumo
Eccessiva acidità
Eccessiva astringenza
Costo elevato
Eccessiva tenerezza
Scarsa dolcezza
Non sufficientemente gustose
Eccessiva acidità
6. Rapida deteriorabilità
Sterling-Rice Group. 2006. What Are Your Customers Thinking Project: Why Not?
Prepared for the California Tree Fruit Agreement, October 26.
Oltre agli attributi sul gusto, esiste un crescente interessamento da parte dei consumatori
nei confronti dei parametri nutrizionali (es. vitamine, minerali, contenuto in fibre) e salutistici
(es. antiossidanti) dei frutti, che vengono inclusi nel concetto di qualità della frutta; questi
fattori stanno divenendo importanti nelle preferenze dei consumatori. Il frutto di pesco
possiede acido ascorbico (vitamina C), carotenoidi (pro-vitamina A) e composti fenolici, i
quali rappresentano una buona fonte di antiossidanti. La maggior parte dei composti con
attività potenzialmente antiossidante è confinata alla buccia; si raccomanda perciò, di
mangiare le pesche con la buccia, al fine di assumere la maggior quantità possibile di
antiossidanti. La capacità antiossidante (AC) della pesca varia notevolmente in funzione della
cultivar. Inoltre, l’attività antiossidante totale delle pesche è simile a quella riportata per le
pere, mele e pomodoro ma è significativamente più bassa rispetto a quella osservata nei
mirtilli e nelle susine rosse. La capacità antiossidante (AC) di 100 ml di vino rosso = 100 g di
‘Snow Skin’ o ‘September Sun’ = 1000 g di Flavorcrest’
Studi clinici, epidemiologici e sperimentali evidenziano che la dieta assume un ruolo
fondamentale nella prevenzione delle malattie croniche degenerative, come i tumori, le
malattie cardiovascolari e l’artereosclerosi. Si suppone, infatti, che il consumo di frutta fresca
e vegetali eserciti un ruolo di protezione nei confronti di tali patologie. I cambiamenti nella
46
definizione di qualità della frutta, in accordo con le richieste dei consumatori, possono
contribuire ad aumentare il consumo di pesche qualora siano avviati idonei programmi di
promozione e di educazione alimentare. Considerando che la qualità delle pesche non può
essere migliorata dopo la raccolta, è importante comprendere il ruolo dei fattori in preraccolta nelle preferenze del consumatore e nella durata commerciale del prodotto stesso.
Slides 5-9 Nell’ultimo decennio, i frutti si stanno diversificando e caratterizzando in funzione
del sapore (gusto), del colore, della consistenza della polpa e dell’aspetto estetico. Abbiamo
utilizzato tecniche di valutazione sensoriale al fine di classificare in maniera rappresentativa i
frutti di diverse cultivar di pesco in classi di gusto (bilanciato, acido, dolce, aromatico).
È auspicabile sviluppare un indice minino di accettabilità all’interno di ogni gruppo sensoriale
(classi di gusto) classificato, anziché usare un indice minimo di qualità generico e inaffidabile
basato sulla concentrazione degli zuccheri solubili (RSR).
Contemporaneamente, mediante un panel test esperto per l’individuazione degli attributi di
danneggiamento sensoriale, stiamo studiando la perdita di sapore (gusto) durante la frigoconservazione riconducibile alla cultivar, alla gestione della temperatura, ai fattori agronomici
del frutteto ed a nuove tecnologie in post-raccolta.
Slides 10-15. La contrazione nelle preferenze da parte del consumatore è associata alla perdita
del gusto, all’assenza di succosità e del sapore. Queste perdite vengono attribuite alla cultivar
e alla temperatura di conservazione.
Noi studiamo i fenomeni di disfacimento interno della polpa (IB) e i danni da freddo (CI) in
frigoconservazione. Stiamo affrontando tale problematica attraverso diverse metodologie,
utilizzando strumenti di genomica quale approccio multi-disciplinare e di lungo termine
grazie anche al supporto fornito da diversi Enti tra cui l’USDA NRI, l’UC Discovery
(BioSTAR), la BARD, la California Cling Peach Board e della California Tree Fruit
Agreement, che sta sviluppando la “super pesca”.
Abbiamo studiato anche il ruolo dei fattori agronomici del frutteto (includendo portinnesti,
cultivar, nutrienti, ecc.). Stiamo valutando portinnesti completamente compatibili con il
pesco, tolleranti ai nematodi galligeni delle radici ed in grado di ridurre il vigore della pianta.
La taglia di riferimento dell’albero è quella di Nemaguard da seme con Controller 5 come
intermedio. Le due nuove selezioni di portinnesto precedentemente identificate e con la
capacità di controllare la vigoria (HBOK 10 e 32) hanno fornito una buona risposta offrendo
una dimensione dell’albero approssimativamente pari al 60 -70 % rispetto agli alberi di
Nemaguard e con carico produttivo, pezzatura dei frutti e attributi qualitativi dei frutti
accettabili.
Slides 16-21 Da apposite prove su deficit nutrizionali è emerso che l’imbrunimento e la
consistenza farinosa della polpa si sono sviluppati con 3 settimane di anticipo durante la
frigoconservazione nei frutti con basso contenuto in fosforo P e potassio K. A 6 settimane, i
frutti con bassa concentrazione di P e K hanno evidenziato un’incidenza più elevata nella
consistenza farinosa della polpa. I frutti delle piante che hanno ricevuto limitato apporti di
fosforo (P) hanno avuto approssimativamente 3 settimane in meno di vita sul mercato.
Al fine di massimizzare il “potenziale qualitativo del frutteto”, tutti i fattori in pre-raccolta
che influenzano la qualità devono essere studiati da fisiologi e pomologi insieme, per
controllare la qualità
L’opzione più efficace a disposizione dei produttori per ridurre la suberosità dei frutti è la
riduzione degli apporti azotati e gli interventi di potatura verde. Interventi energici di potatura
verde realizzati approssimativamente 60 giorni prima la raccolta, hanno ridotto
significativamente la suberosità interna ed esterna dei frutti. Probabilmente, la potatura estiva
riduce la competizione tra i germogli in crescita ed i frutti in fase di ingrossamento,
consentendo ai fotosintetati di accumularsi nei frutti. Evitare l’eccessivo vigore delle piante.
Le macchie nere e/o scure limitate alla buccia dove si localizzano i pigmenti rappresentano la
conseguenza delle reazioni chimiche che si innescano tra i pigmenti rilasciati dalla buccia e i
metalli pesanti depositati sulla superficie esterna del frutto stesso.
47
Slides 22 - 25. Nei frutteti dove la decolorazione dei frutti rappresenta un problema è
necessario ritardare le operazioni di imballaggio di circa 48 h al fine di selezionare ed
eliminare, prima dell’imballaggio, i frutti con difetto.
La discolorazione da scottatura della buccia, sulle pesche e nettarine a polpa bianca, è simile
alla comparsa di macchie (inking). Tuttavia, tali danni appaiono successivamente
nell’imballaggio-refrigerazione. Sulla base delle nostre esperienze, appare che la scottatura
della buccia nelle cv a polpa bianca è innescata dalla combinazione di danni di natura fisica
durante le fasi di raccolta-trasporto in combinazione con lo stress da post-raccolta.
Gli stress da post-raccolta, come l’esposizione dei frutti ad eccessive correnti d’aria durante la
refrigerazione forzata (FAC), la velocità dell’aria calda e l’elevato pH dell’acqua durante le
operazioni di lavaggio e pulizia determinano l’insorgenza di tali danni sui frutti.
Slides 26 -39. Aggiornamenti sul post-raccolta.
L’impiego delle tecniche di atmosfera controllata (CA) e/o atmosfera modificata
nell’imballaggio (MAP) hanno offerto limitati benefici nel prolungare la durata in postraccolta di pesche e nettarine. L’efficacia dell’atmosfera controllata (CA) è in relazione alla
cultivar, a fattori in pre-raccolta, danni da freddo, temperatura, pezzatura del frutto, epoca
commerciale e tempi di consegna. Lo sviluppo dei sintomi da danni da freddo rappresenta il
fattore limitante alla conservazione di lungo periodo di molte cultivar di nettarine.
L’atmosfera controllata mantenuta con 2 kPa O2 + 5 kPa CO2 a 0 oC, ha mostrato effetti
limitati sul contenimento della farinosità della polpa durante la consegna delle cultivar di
pesche a polpa gialla. Inoltre, condizioni di atmosfera controllata mantenute a 6 kPa O2 + 17
kPa CO2 a 0°C hanno mostrato effetti limitati sul contenimento della farinosità della polpa
durante la conservazione delle cultivar di pesche a polpa gialla e bianca.
Al momento, è in fase di studio l’applicazione della tecnologia che modifica l’atmosfera
nell’imballaggio (MAP) come ad esempio contenitori di cartone foderato ed isolato
internamente o il pallet completamente isolato.
Circa l’impiego di 1-MCP su pesche quale regolatore della maturazione dei frutti e tecnica per
rallentare il processo di ammorbidimento dei frutti durante la vita di scaffale, l’applicazione
sotto forma di gas sui frutti imballati e conservati risulta più efficace nel mantenere la
consistenza della polpa, se dato prima del pre-condizionamento (per non alterare i gusti della
pesca).
Il sistema di imballaggio a “vassoio sospeso” è stato messo a punto per consentire ai frutti
teneri di essere consegnati ed esposti al punto vendita minimizzando i danni meccanici. I
danni da vibrazioni durante il trasporto sono così prevenuti.
Slides 40-41. Ipotesi di nuove tecniche di manipolazione dei frutti.
Si sta mettendo a punto un sistema di bombolette per rilascio di etilene durante il lungo
trasporto. Si potranno così trattare interi containers con pallet scoperti (si arriverà cioè
all’attivazione a distanza per regolare la maturazione durante la fase di distribuzione.
Tecnica RFID (Identificazione per mezzo di frequenze radio - microchip): I codici
migliorano la logistica, fornendo vantaggiose opportunità per i punti vendita al dettaglio e di
distribuzione alimentare.
Utilizzando sensori di temperatura senza filo, monitoraggio a distanza (RFID), algoritmi e
diagnostica, la shelf life della frutta può potenzialmente essere calcolata automaticamente ed
in tempo reale attraverso sistemi di modellistica informatizzata.
Infine, le tecnologie non-distruttive per la qualità. Per la determinazione della consistenza
della polpa e del gusto si stanno testando nuovi metodi in prove commerciali, al fine di
valutare la loro applicabilità su grande scala. Il nostro obiettivo sarà di fornire uno strumento
ai frutticoltori e/o operatori del settore al fine di selezionare e rimuovere i frutti immaturi e
sovramaturi. In questo modo potranno direzionare con successo la raccolta verso frutti più
maturi e di conseguenza più gustosi evitando però il rischio di incorrere in frutti
sovrammaturi.
48
Sessione 5a - Relazione
L’impiego della spettroscopia vis/NIR semplificata per determinare lo
stadio di maturazione e migliorare la gestione del post-raccolta
G. Costa(1), M. Noferini(1), E. Bonora(1), L. Piccinini(1), G. Fiori(1), F. Gottardi(2), M.
Brasina(2), C. Mazzini(2), G. Donati(3), M. Lorini(3), E. Foschini(3), E. Samorì(3)
(1)
Dipartimento di Colture Arboree, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna
(2)
COOP Italia, Casalecchio di Reno (BO)
(3)
Granfrutta Zani, S. Andrea (RA)
I consumatori si stanno disaffezionando al prodotto “pesca” poiché i frutti che
acquistano nei punti vendita della grande distribuzione spesso non rispondono alle loro
aspettative essendo caratterizzati da una maturazione a volte molto eterogenea. Il consumatore
non è quindi in grado di valutare né il momento migliore per consumarli né per quanto tempo
questi frutti manterranno inalterate le loro caratteristiche. I motivi di una tale situazione sono
probabilmente causati in buona misura da una errata epoca di raccolta. Peraltro, sebbene sia
noto che il livello di maturazione raggiunto dai frutti alla raccolta ne condiziona la qualità al
consumo ed anche la durata della shelf-life, i frutti vengono raccolti precocemente per
possedere una elevata durezza della polpa onde limitare i danni che le operazioni di selezione
possono determinare.
La selezione eseguita sui frutti raccolti riguarda soprattutto il colore, la pezzatura e la
presenza di difetti e quindi non è in grado di raggruppare i frutti in relazione in classi
omogenee di maturazione. La determinazione delle caratteristiche organolettiche inoltre è
limitata al contenuto in solidi solubili, alla durezza della polpa ed al tenore in acidità eseguita
forzatamente su campione e ricorre a metodi distruttivi dei frutti esaminati.
L’introduzione nel mercato di strumentazioni che non sono invasive potrebbe
contribuire a risolvere il problema consentendo di raggruppare i frutti in classi di maturazione
omogenea.
Recentemente, il Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Bologna ha
brevettato e messo a punto il DA-Meter, uno strumento portatile, di costo contenuto che
praticamente non richiede complesse operazioni di calibrazione. Il DA-Meter misura un
indice (IDA = differenza di assorbanza), che è in grado di monitorare le modificazioni
fisiologiche che intervengono durante la maturazione del frutto di pesco. Il DA-Meter
potrebbe trovare un utile impiego “in pieno campo” sui frutti ancora in pianta per determinare
il momento opportuno di raccolta, “in magazzino” per stabilire la migliore strategia di
conservazione e di gestione dei frutti, “presso i punti vendita della distribuzione” per
prevedere la durata della shelf-life e per offrire ai consumatori partite di frutti caratterizzati da
una maturazione omogenea.
Si è quindi ritenuto interessante valutare i vantaggi offerti dall’impiego del DA-Meter
lungo la filiera produttiva coinvolgendo la cooperativa Granfrutta Zani per stabilire in campo
presso i loro impianti il momento più opportuno per effettuare la raccolta e per suddividere in
magazzino i frutti in relazione al loro grado di maturazione. Infine presso la grande
distribuzione (COOP-Italia) è stato valutato il gradimento dei consumatori verso i frutti così
suddivisi.
49
Sessione 5a - Relazione
Caratterizzazione varietale delle pesche e nettarine in funzione di una shelflife sostenibile per la distribuzione e il consumo
F. Neri, S. Brigati, P. Bertolini
CRIOF-Dipartimento di Protezione e Valorizzazione Agroalimentare – Università di Bologna
Email: [email protected]
Le pesche e le nettarine sono caratterizzate da una vita post-raccolta relativamente
breve, per la rapida insorgenza di fenomeni di sovra-maturazione e l’elevata suscettibilità alle
alterazioni infettive. Le maggiori perdite sono dovute alle infezioni fungine, e tra queste il
marciume bruno (principale agente di malattia in Europa: Monilinia laxa) causa le perdite più
ingenti (Mari et al., 2009). Le infezioni possono manifestarsi in magazzino, ma più spesso,
nei punti vendita e nelle case dei consumatori. Il divieto all’utilizzo dei fungicidi in postraccolta rende più difficile la difesa da queste alterazioni in Europa rispetto ad altri paesi ove
invece il trattamento è autorizzato (es. USA). Le perdite idriche, dovute alla traspirazione del
frutto, determinano poi una diminuzione di peso dei frutti (“calo peso”). Queste perdite di
umidità riducono inoltre la turgidità dei tessuti, la sensazione di freschezza e possono
comportare anche la manifestazione di sintomi di avvizzimento, che squalificano
notevolmente il prodotto (Neri, 2008). Ulteriori perdite possono derivare dal deterioramento
dei caratteri organolettici del frutto legati all’insorgenza di sovra-maturazione. Dopo la
raccolta le pesche subiscono trasformazioni nella struttura cellulare e nella composizione
chimica inizialmente necessarie per il conseguimento dello stadio edule (intenerimento della
polpa, aumento di succosità e dei composti aromatici che conferiscono il tipico aroma
fruttato), ma che portano nel tempo ad un progressivo deterioramento del prodotto. Le
alterazioni organolettiche si palesano inizialmente attraverso un appiattimento del sapore e,
successivamente, con la comparsa di odore e sapore fermentato.
Le perdite in post-raccolta possono in parte essere limitate dalla scelta di un idoneo
standard di maturazione e dal razionale impiego delle tecnologie del freddo (Neri et al., 2003;
Neri, 2004). L’utilizzo di GAPs (good agricultural practices) e lo sviluppo tecnologico in
post-raccolta hanno consentito nei paesi più sviluppati di ridurre gli scarti dalla raccolta al
magazzino. Ancora critico risulta invece il controllo delle perdite nella parte finale della
filiera (punti vendita e luoghi di consumo). L’innalzamento della temperatura dovuto
all’interruzione della catena del freddo determina infatti un rapido incremento della crescita
dei patogeni e comporta l’aumento dell’attività metabolica del frutto. D’altra parte il
mantenimento delle pesche per un certo periodo a temperatura ambiente dopo la raccolta
(preferenzialmente 20°C) è indispensabile per il raggiungimento della fase edule dei frutti
(maturazione di consumo).
Le perdite finali di prodotto sono state fino ad oggi scarsamente tenute in
considerazione, tuttavia possono causare grande insoddisfazione nel consumatore ed
influenzare negativamente la propensione al consumo di frutta. In questo contesto, alcune
ricerche svolte nell’ambito del Progetto Interregionale “Frutticoltura Post-raccolta” hanno
avuto lo scopo di studiare le evoluzioni delle principali cause di perdita di pesche e nettarine
durante la fase distributiva e portare ad una caratterizzazione delle cv in base alla loro “shelflife”. Con questo termine (letteralmente, vita di scaffale) si indica la vita di mercato, la durata
sostenibile durante la fase distributiva, ossia il periodo di tempo (generalmente a temperatura
ambiente) cui un prodotto può essere sottoposto senza eccessive perdite quantitative o
decadimenti qualitativi, rimanendo così idoneo per il consumo. La simulazione della fase
distributiva è stata realizzata ponendo i frutti alla temperatura di 20°C dopo la raccolta o al
termine di un periodo di conservazione di circa 10 giorni a 0°C.
Nella maggior parte delle cv saggiate (pesche Springcrest, Springbelle, Suncrest, Zee
Lady, Summerset e nettarine Big Top, Guerriera, Diamond Ray, Venus, Orion, Sweet Red), la
maturazione di consumo (durezza della polpa compresa tra 1.3-0.5 Kg) è stata raggiunta dopo
50
Sessione 5a - Relazione
4-5 giorni di mantenimento dei frutti a 20°C per la maturazione effettuata subito dopo la
raccolta, oppure dopo 2-3 giorni a 20°C se i frutti venivano prima conservati a 0°C. Le pesche
‘Royal Gem’ e le nettarine ‘Laura’ e ‘Spring Bright’ sono intenerite più velocemente,
raggiungendo la maturazione di consumo dopo 2-3 giorni a 20°C. Al contrario, le nettarine di
recente introduzione ‘Big Bang’, ‘Magique’ ( a polpa bianca), ‘Honey Royal’ e ‘Honey Glo’
hanno mostrato un intenerimento della polpa più lento, raggiungendo la maturazione di
consumo dopo 7-8 giorni a 20°C se maturate subito dopo la raccolta o dopo 4 giorni a 20°C se
prima frigoconservate. Una volta raggiunto la completa maturazione, alcune cv (‘Springbelle’,
‘Rich Lady’, ‘Summerset’, ‘Guerriera’, Magique’, ‘Orion’, ‘Sweet Red’) hanno mantenuto un
idoneo standard di qualità (calo peso <10%, infezioni <15%, assenza di alterazioni
organolettiche) per ulteriori 3-5 giorni a 20°C. Altre cv (‘Royal Gem’, ‘Spring Bright’ e ‘Big
Top’) hanno manifestato minore serbevolezza, manifestando elevate incidenze di infezioni
(19-54%) già dopo 3 o 5 giorni dalla raccolta.
La ricerca ha messo in luce come, insieme ad altri caratteri tipici quale il gusto
prevalente o l’aroma, anche la shelf-life possa differenziarsi tra le cv di pesche e nettarine. I
risultati potrebbero fornire elementi utili per segmentare le cv in gruppi omogenei per shelflife e migliorare la gestione e la differenziazione delle partite sul mercato. Informazioni circa
la durata del prodotto potrebbero inoltre guidare il consumatore al momento dell’acquisto e
del consumo di frutta.
51
Sessione 5a - Relazione
Caratteristiche nutrizionali delle pesche e nettarine: le proprietà
antiossidanti quali possibili parametri di qualità
M. Battino*, S. Romandini*, F. Capocasa**, B. Mezzetti**
* Dipartimento di Biochimica Biologia e Genetica – Università Politecnica delle Marche
** Dipartimento SAPROV - Università Politecnica delle Marche
Da lungo tempo è riconosciuto il ruolo cruciale della frutta nel prevenire le malattie
cronico-degenerative grazie al suo contenuto in antiossidanti. Studi epidemiologici globali
mettono in correlazione la prevalenza di certe patologie con le abitudini alimentari e conferma
una relazione inversa tra il consumo di frutta e l’incidenza di molte malattie croniche in
particolare per il ruolo svolto nella protezione delle malattie cardiovascolari degenerative e
antiproliferative ma anche per il generale benessere a cui la frutta può contribuire. Benché il
risultato degli studi epidemiologici non è sempre inequivocabile, ci sono convincenti evidenze
che i grandi benefici della frutta sono dovuti ai loro specifici composti di rilevanza
nutrizionale. Tra la frutta in questione, ci siamo occupati di caratterizzare le pesche dal punto
di vista nutrizionale. Questo frutto ha parte nella dieta umana da secoli, e rappresenta
potenzialmente un importante contributo al consumo di frutta fresca per la popolazione. Le
pesche sono anche tra i frutti più consumati, particolarmente d’estate, insieme ad altri frutti
sono una importante fonte di fibre e nutrienti come le vitamine nella dieta e giocano un ruolo
rilevante nella protezione del corpo umano dai radicali liberi e dalle specie reattive
dell’ossigeno che inducono danni all’organismo.
Lo scopo di questo nostro studio è stata quello di esaminare e comparare differenti
genotipi di pesche misurando la loro capacità antiossidante totale (CAT) , il contenuto totale
di polifenoli (TPH) immediatamente dopo la raccolta, in due casi anche dopo frigoconservazione (a -20°C), la relazione tra CAT e il rapporto zuccheri/acidi. Le pesche non si
distinguono per una elevata capacità antiradicalica, ma bisogna considerare che per l’enorme
panorama varietale disponibile, caratterizzato da diverse tipologie di frutto mancano studi
approfonditi su questo importante carattere. L’attività antiossidante dei frutti, anche per il
pesco come per gli altri frutti, è infatti prevalentemente influenzata dalla cultivar, dalla tecnica
colturale, dall’interazione con il portinnesto, dall’epoca di maturazione, dalla tipologia e dai
tempi di conservazione. L’attività antiossidante totale (CAT) del pesco in studi recenti è stata
determinata con il metodo di analisi TEAC ed il contenuto totale di polifenoli (TPC) con il
metodo di Folin Ciocalteu. Sono state analizzate 50 cultivar di pesche di cui 21 cultivars di
pesche a polpa gialla (PG), 5 di pesche a polpa bianca (PB), 19 nettarine a polpa gialla (NG) e
5 nettarine a polpa bianca (NB). Per ogni cultivar è stato raccolto un campione di 50 frutti di
cui 25 destinati alle analisi qualitativa (durezza, zuccheri e acidi) e 25 prontamente avviati alla
congelazione (-20 °C) e utilizzati per le analisi nutrizionali. In generale tra le cultivar di
pesche analizzate, il potere antiossidante (CAT) più elevato è stato rilevato nelle pesche a
polpa bianca e gialla. Il contenuto in CAT e TPH nelle pesche indica che c’è una variabilità
nei valori nutrizionali tra le diverse cultivar di pesche e le giuste valutazioni di queste parti
possono portare a un’identificazione di un determinato numero di genotipi capaci di
incentivare il futuro consumo di frutta. Nel confronto tra zuccheri/acidi e antiossidanti è
interessante sottolineare che le cultivar che presentano valori elevati per entrambi i parametri
(Emeraude NB, Maria Delizia PB, Flavorcrest PG, Jade NB e Silver Giant NB) possono
rappresentare l’eccellenza per una valorizzazione commerciale e un punto di partenza per i
breeder nel prossimo futuro.
Lo studio condotto ha dimostrato l’importanza e la necessità di indagare in modo
approfondito le caratteristiche nutrizionali di pesche e nettarine: infatti, il consumatore deve
essere informato anche su proprietà che diventano di giorno in giorno qualificanti per il valore
assoluto del prodotto da commercializzare. Questi risultati, quindi, possono essere considerati
interessanti per valorizzare le varietà che si distinguono sia per le ottime qualità gustative del
frutto sia per quelle nutrizionali.
52
Sessione 5a - Relazione
Nuove possibilità di lotta al marciume bruno delle drupacee in post-raccolta
M. Mari, F. Neri, I. Donati, R. Gregori
CRIOF – Diproval, Università di Bologna,Via Gandolfi, 19 40057 Cadriano (Bologna)
e-mail: [email protected]
Nel corso degli ultimi decenni sono state intensificate le ricerche per individuare
sistemi alternativi ai tradizionali fungicidi di sintesi, nella lotta al marciume bruno delle
drupacee. Tra questi gli additivi alimentari con attività antifungina e la termoterapia hanno
conseguito risultati di un certo interesse. Il trattamento a base di potassio sorbato (15 g L-1) ha
evidenziato una riduzione delle infezioni naturali di Monilinia sp., infatti l’indice di efficacia
è risultato oltre l’80 % in 4 prove su 5. Anche la termoterapia (immersione dei frutti in acqua
a 60°C per 20 sec) ha permesso di inibire lo sviluppo del marciume bruno in maniera più che
soddisfacente (IE> 84%). Entrambi i trattamenti non hanno influenzato i parametri qualitativi
presi in considerazione (durezza, RSR, acidità) ed inoltre non hanno determinato fenomeni di
fitotossicità sui frutti.
Introduzione
Fra tutte le alterazioni che colpiscono le drupacee nella fase post-raccolta, il marciume
bruno causato da Monilinia sp. è attualmente la più grave. Il patogeno non è presente solo in
campo, come noto, ma si sviluppa particolarmente nella fase post-raccolta (Bonaterra et al.,
2003). Infatti è soprattutto sui frutti raccolti ed in particolare nella fase finale della
distribuzione, nelle case dei consumatori che la malattia si manifesta in tutta la sua gravità.
L’incidenza dell’alterazione non è prevedibile dipendendo da numerosi fattori interagenti tra
loro: fra questi si annoverano la suscettibilità varietale, la quantità di inoculo sia in campo che
in post-raccolta, le condizioni climatiche favorevoli alla moniliosi (temperature comprese tra i
15° i 25°C) e l’umidità relativa prossima alla saturazione. Per quanto riguarda la difesa essa è
incentrata su interventi di campo poiché, in Europa, non sono ammessi trattamenti con
fungicidi nella fase post-raccolta. Nel corso degli ultimi decenni gli sforzi compiuti dai
ricercatori per individuare sistemi di difesa, alternativi ai tradizionali fungicidi di sintesi sono
stati particolarmente intensi e hanno conseguito risultati di un certo interesse. Tra questi
l’utilizzo di additivi alimentari (Biggs et al., 1997; Gregori et al., 2008) con attività
antifungina e della termoterapia (Neri et al., 2009). sono stati oggetto di numerose
sperimentazioni. GRAS (Generally Regarded as Safe) è una designazione utilizzata della
Food and Drug Administration americana che indica tali sostanze sicure per la salute, tra
queste carbonato e bicarbonato di sodio e potassio, cloruro di calcio, potassio sorbato calcio
propionato, etc., possiedono caratteristiche come la bassa tossicità, l’elevata solubilità, il costo
relativamente contenuto che le rendono particolarmente interessanti per un loro eventuale
impiego nella tecnologia post-raccolta. La termoterapia può essere effettuata con acqua, aria o
vapore. Gli effetti positivi di un trattamento con acqua calda possono essere riassunti in 4
punti: 1) di facile attuazione; 2) inibiscono la germinazione delle spore fungine sulla
superficie del frutto; 3) sono relativamente economici; 4) salubri per l’ambiente e l’uomo.
D’altra parte, la risposta fisiologica dei frutti può differenziarsi a seconda della varietà, della
stagione e della localizzazione della coltura, pertanto è fondamentale stabilire un giusto tempo
e una corretta temperatura di trattamento. In una prospettiva futura i trattamenti con il calore
acquistano un’importanza fondamentale per le produzioni biologiche che, prive di trattamenti
fungicidi, sono fortemente penalizzate nella fase post-raccolta.
Materiali e Metodi
Influenza del potassio sorbato su Monilinia sp.
Il piano sperimentale prevedeva un trattamento dei frutti per immersione (2’) in una
soluzione di potassio sorbato (15 g L-1). I frutti usati sono stati pesche delle cultivar ‘May
Crest’, ‘Maria Marta’, Elegant Lady’, Rich Lady’, ‘Springbelle’ e nettarine delle cultivar ‘Big
Top’, I frutti provenienti da aziende localizzate in Romagna sono stati selezionati per
53
uniformità di calibro e assenza di ferite, inoltre non era prevista alcuna inoculazione
artificiale. Al termine del trattamento i frutti sono stati conservati a 20°C per 4 gg. Il
testimone era rappresentano da frutti immersi in acqua (2’). Al termine della conservazione
sono stati effettuati i controlli rilevando l’incidenza dei frutti infetti e calcolando il relativo
indice di efficacia. Le prove sono state effettuate su un campione di almeno 100 frutti per tesi.
Al fine di valutare l’influenza del potassio sorbato sulla qualità dei frutti trattati, su un
campione di 20 frutti sono state eseguite analisi di alcuni parametri fisico-chimi: durezza,
acidità, RSR.
Influenza della termoterapia su Monilinia sp.
Al fine di determinare la giusta combinazione temperatura e tempo di contatto, sono
state effettuate numerose prove preliminari, al termine delle quali è stato possibile individuare
in un trattamento di 20 sec ad una temperatura costante di 60°C le condizioni più efficaci per
il controllo del marciume bruno. La sperimentazione è poi proseguita su diverse varietà di
pesche (‘Benedicta’, ‘Elegant Lady’, Rich Lady’, ‘Springbelle’) e nettarine (‘Big Top’ e Stark
Redgold’); il testimone era rappresentato da frutti immersi in acqua a temperatura ambiente
(testimone positivo) e frutti non bagnati (testimone negativo). L’unità campione era
rappresentata da almeno 5 ripetizioni di 20 frutti ciascuna. Al termine del trattamento i frutti
sono stati conservati a 20°C per 4 gg o in alcuni casi si è proceduto alla conservazione
refrigerata per periodi variabili a seconda della varietà, seguita da un periodo di shelf-life
(20°C) di altri 4 giorni. Al termine della conservazione sono stati effettuati i controlli
rilevando l’incidenza dei frutti infetti e calcolando il relativo indice di efficacia.
Risultati e Discussione
Il trattamento a base di potassio sorbato ha evidenziato una riduzione significativa delle
infezioni naturali di Monilinia sp., infatti l’indice di efficacia è risultato oltre l’80 % in 4
prove su 5 (Tab. 1).
Tab. 1. Effetto del trattamento con potassio sorbato (15 g L-1) su infezioni naturali di
Monilinia sp. dopo 4 gg a 20°C. Frutti infetti (%)
Varietà
Testimone
Potassio
Indice di
sorbato
Efficacia
‘May Crest’ (pesca)
45a**
29b
35,3
‘Maria Marta’(pesca)
77,5a
6,2b
92
‘Elegant Lady’(pesca)
81,2
8,3
89,8
‘Springbelle’(pesca)
48,3
5
89,6
‘Big Top’(nettarine)
42,5
5
88,2
Il patogeno infetta il frutto in campo, rimanendo latente e sviluppandosi durante la fase
post-raccolta. Questi marciumi possono essere estremamente pericolosi poiché, come già
accennato, in Europa non sono ammessi trattamenti fungicidi in post-raccolta sulle drupacee,
la prevenzione del marciume bruno si attua unicamente con trattamenti fungicidi prima della
raccolta, con risultati spesso insoddisfacenti. In Italia il programma di lotta alla Monilinia sp.,
sulle varietà precoci come ‘Springbelle’, ‘Rich Lady’, ‘Big Top’, prevede un unico
trattamento fungicida al momento della fioritura, che risulta spesso inefficace in
concomitanza con andamenti climatici favorevoli allo sviluppo del patogeno quali abbondanti
piogge ed elevata umidità. Dai risultati emerge la possibilità di ridurre le infezioni di
Monilinia sp. anche in presenza di elevate incidenza di marciume bruno nel testimone (p.e.
‘Elegant Lady’, 81,2%) i frutti trattati con potassio sorbato hanno evidenziato una riduzione
delle infezioni di circa il 90%.
54
Il trattamento con il calore ha ridotto in modo significativo la percentuale di frutti infetti
da Monilinia sp. con un indice di efficacia variabile ma sempre superiore all’80% in 4 prove
su 5 (Tab. 2). Le condizioni di trattamento non hanno determinato la comparsa di fenomeni di
tossicità sui frutti e dalle analisi qualitative non sono emerse differenze significative tra le
varie tesi (dati non presentati). Pertanto la termoterapia si propone come una strategia
estremamente utile nel controllo del marciume bruno su pesche e nettarine. Il meccanismo
d’azione è in parte legato ad un effetto diretto del calore sul patogeno, ma non è da escludere
l’induzione di resistenza in seguito a stress abiotico dei frutti con attivazione di risposte di
difesa mediate dalle proteine da shock termico (heat shock proteins).
Tab. 2. Effetto della termoterapia su infezioni naturali di Monilinia sp. dopo 4-6 gg a 20°C.
Frutti infetti (%)
Varietà
Testimone non
Testimone
Termoterapia
bagnato
bagnato (20°C) (60°C per 20 sec)
‘Benedicta’
n.d.
32,9
4,2
‘Elegant Lady’(pesca)
30.9b
36,3a
3,8c
‘Rich Lady’(pesca)
n.d.
64a
10b
‘Springbelle’(pesca)
57,1a
43,3
5b
‘Big Top’(nettarina)
n.d.
10a
0b
‘Stark Redgold’ (nettarine)
10b
25a
8c
*nella stessa riga a lettere uguali corrispondono differenze non significative per P<0.05 (DMS
test)
Conclusioni
I risultati riportati nel presente lavoro hanno evidenziato che il trattamento con potassio
sorbato (15 h L-1) e la termoterapia (60°C per 20 sec) sono entrambi dei potenziali mezzi
alternativi ai fungicidi di sintesi nella lotta al marciume bruno delle pesche e nettarine. Essi
risultano particolarmente promettenti per le produzione biologiche che vogliono mantenere
questa caratteristica anche dopo la raccolta, fino alla casa del consumatore. Ciononostante
ulteriori indagini sono necessarie per ottimizzare le condizioni di trattamento, in vista di un
loro futuro impiego in condizioni commerciali.
55
Sessione 5 - Poster
Indagini di composti aromatichi in pesche (Prunus persica)
M. Bavcon Kralj, T. Jug, E. Komel, N. Fajt
Istituto di Agricoltura e Forestali di Nova Gorica, Pri hrastu 18, 5000 Nova Gorica
Il consumatore è messo, secondo le basi economiche della domanda – richiesta, al
centro del commercio mondiale. La percezione delle qualità degli alimenti, e sottomessa alle
variazioni della società stessa. La valutazione sensoriale della qualità è indispensabile ed è
anche un parametro di comunicazione comune tra i produttori e l’industria alimentare.
Comunque, i principali problemi sono l’individualità della valutazione ed il tempo della
raccolta dei frutti, che spesso sono raccolti immaturi.
La determinazione degli aromi, dei sapori e del gusto si effettua sia con strumentazione
analitica (technice cromatografice), sia con competenze umane (tecniche sensoriali). Il primo
elenco di molecole volatili, all’inizio degli anni ‘70, contava meno di 1.500 composti
aromatici. La scoperta di nuovi composti aromatici è direttamente proporzionale allo sviluppo
strumentale. Oggi, infatti, il numero di volatili conosciuti ha gia raggiunto il numero di 10.000
composti (D’Acampora Zellner et al., 2008). Conoscere i componenti aromatici è un compito
importante nella filiera di produzione e distribuzione della frutta. Se prendiamo in
considerazione, che la frutta d’oggi è raccolta immatura, immagazzinata troppo a lungo,
meccanicamente lavorata, imballata, etc. E’ normale che ne subisca le conseguenze e queste si
riflettano sullo sviluppo degli aromi. Le pesche sono tra le specie di frutta molto esposte ai
rapidi cambiamenti, a causa delle esigenze del mercato.
L’“up-grade” di analisi della valutazione sensoriale classica, è certamente l’analisi della
fase vaporosa, o la combinazione della estrazione vaporosa utilizzando fibre (HS-SPME)
Dalla prima applicazione della tecnica SPME nell anno 1990 (Plutowska e Wardencki, 2007)
fino ad oggi, diversi tipi e tecnologie di fibre sono stati lanciati sul mercato. Oggi sono
commercialmente disponibili 7 tipi di fibre (Stashenko e Martinez, 2007). Quelli di
composizione non-polare (poly (dimethylsiloxane) - PDMS), fibre polari (poliacrilico (PA),
Carbowax (Car) / divinylbenzene (DVB), Carbowax) e fibre di polarità mista (PDMS / DVB,
Car / PDMS, DVB / Car / PDMS). In caso di estrazione di composti aromatici nelle
albicocche, gli autori (Solis-Solis et al., 2007) hanno scelto 65 µm Carboxen / PDMS, mentre
Guillot e collaboratori hanno testato 3 tipi di fibre microestrazione sulle albicocce (65 µm
PDMS / DVB, 100 µm PDMS e 75 µm Car / PDMS) (Guillot et al., 2006). Comunque si nota
in letteratura una mancanza di utilizzazione di SPME in analisi di pesche. Non sono
disponibili dati sul confronto tra le fibre in diversi studi di aromi delle pesche. Il gruppo, che
ha studiato l’effetto del freddo sulla qualità di pesche in camera di stoccaggio ha utilizzato
bastoncini (solid bar) in PDMS (Raffo et al., 2008). Il nostro compito è stato, quindi, di
confrontare le fibre, effettuare una ricerca per la prestazione ottimale delle fibre, e proporre la
fibra, che, quale detector, coprirà il mantenimento del maggior numero possibile di composti
aromatici. Abbiamo realizzato un’indagine sull’idoneità di estrazione di sostanze volatili con
fibre polari, non polari e altre di mista polarità. Le maggiori costituenti dell’aroma di pesca
sono state raccolte in gruppi: le parti che rappresentano l’aroma di pesce immaturi (gruppi di
alcoli e aldeidi) e le parti che rappresentano il profumo di pesche mature (gruppi di esteri,
lattoni e terpeni). Il contenuto dei volatili più importanti sono stati determinati ed espressi in
equivalenti di standard interno ed il metodo di aggiunta dell’ standard. Per lo standard interno
,1-ottanolo è stato scelto come rappresentante di un composto con caratteristiche polari
(gruppo ossidrile) e non-polari (C8 – lunga catena). Per l’estrazione di composti altamente
volatili a bassa massa molecolare, fibre in PA non sono del tutto affidabili (in anticipo),
mentre per i non-polari con elevata massa molecolare e inferiore volatilità, fibre in PDMS
sono più favorevoli. Le fibre miste rappresentano il compromesso tra polari e non polari,
offrendo così dati analitici più riproducibili.
56
Sessione 5 - Poster
Produttività e qualità dei frutti di California e Royal Glory®
Zaifer in un areale meridionale.
M. Palasciano*, G. Cataldi*, L. Gaeta*, P. Losciale**
(*) Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali - Università di Bari
(**) Dipartimento di Colture Arboree - Università di Bologna
e-mail: [email protected]
I comprensori peschicoli meridionali, a differenza di quelli centro-settentrionali, sono
in grado di soddisfare le esigenze ecologiche di un’ampia gamma di varietà, dalle più precoci
alle più tardive, per le particolari condizioni climatiche di cui possono disporre: regimi
luminosi non limitanti e prolungati, minori tassi di umidità e favorevoli decorsi delle
temperature per lunghi periodi dell’anno.
Lo studio, pertanto, ha avuto come oggetto la valutazione di una pesca a polpa gialla a
maturazione precoce, “Royal Glory® Zaifer”, e di una nettarina a polpa gialla a maturazione
molto tardiva, “California”, in un’area della Puglia centrale.
Le risposte produttive ottenute hanno evidenziato la buona adattabilità della cultivar
“California” all’ambiente di prova, mentre per la pesca “Royal Glory® Zaifer” sono state
osservate produzioni inferiori alla media in annate precedute da inverni particolarmente miti.
I risultati relativi a peso medio, colore dell’epicarpo, consistenza della polpa,
contenuto in solidi solubili e acidità titolabile del succo suggeriscono che le condizioni
ambientali della prova hanno positivamente influenzato la qualità dei frutti di entrambe le
cultivar (Tab. 1). Buona è stata inoltre la risposta dei frutti alla frigoconservazione, premessa
indispensabile per una prolungata permanenza in magazzino e/o per trasporti a lunga distanza.
Tabella n 1. Caratteristiche dei frutti registrate nel biennio 2006/2007 in corrispondenza dello
stadio di maturazione commerciale tipo “esportazione”
Consistenza della
Acidità
Peso medio
Solidi Solubili
polpa
titolabile
Cultivar
(g)
(kg)
(°Brix)
(meq/L)
California
213,4
6,2
12,5
183,0
Royal Glory®
Zaifer
136,6
4,9
11,8
47,3
Parole chiave: P. persica, consistenza della polpa, solidi solubili
57
Sessione 6a - Relazione
Strategie per acquisire e consolidare vantaggi competitivi sul mercato
nazionale ed internazionale del pesco
A. Castellini, C. Pirazzoli
Dip. Economia e Ingegneria agrarie – Alma Mater Studiorum Università di Bologna
[email protected]
La peschicoltura italiana ha evidenziato nell’ultimo decennio momenti di profonda
crisi, spesso in occasione di raccolti superiori alle capacità di assorbimento del mercato e
conseguentemente di quotazioni non soddisfacenti. A ciò si unisce la crescente intensità di
competizione sui mercati esteri ad opera di produzioni provenienti da nuovi partner
comunitari capaci di registrare costi di produzione inferiori (es. i raccolti dell’Europa
orientale) o portatori di caratteristiche preferite a quelle del raccolto nostrano (es. pesche e
nettarine iberiche). Tale competizione si va allargando, però, anche sui banchi di vendita
nazionali.
Una siffatta dinamica ha comportato una revisione del comparto, tuttora da più parti in
corso, al fine di individuarne le possibilità di miglioramento e le capacità competitive o i
motivi a giustificazione dell’abbandono dell’attività.
Sull’onda di queste e altre considerazioni, il lavoro che si presenta vuole avviare una
riflessione in chiave strategica in merito alla peschicoltura italiana individuando alcune
possibili proposte risolutive per il suo potenziale rilancio sul mercato. A tale proposito, si
precisa che quando si parla di mercato si fa riferimento non soltanto a quello nazionale ma a
quello cosiddetto globale. Infatti, è inefficiente pensare di sviluppare una filiera senza
considerare il comportamento degli altri attori coinvolti, a qualunque livello (consumatori,
frutticoltori, distributori e così via), italiani, comunitari e extra-Ue.
Passando all’analisi della filiera pesco (salvo altra precisazione, in tale dizione sono
sempre incluse anche le nettarine) italiana, essa presenta i caratteri che vengono ritenuti tipici
del settore agroalimentare (Frascarelli, 2008): la fase alla produzione caratterizzata dai
connotati di un mercato frammentario (numerose imprese di dimensioni medio piccole, senza
un vero leader e quindi capacità contrattuale limitata) mentre la distribuzione/trasformazione
si presenta decisamente più concentrata, con un numero ridotto di componenti e la possibilità,
quindi, di imporre il proprio parere e di incidere sulle decisioni di prezzo. Per comprenderne
meglio gli aspetti peculiari, si è ritenuto necessario, in primis, effettuare un inquadramento,
anche se sintetico, della peschicoltura italiana in termini statistici descrittivi.
L’Italia, come media del triennio 2005-071, ha detenuto una quota pari a quasi il 10%
del raccolto mondiale di pesche e di nettarine ed è seconda soltanto alla Cina, seppure a
distanza rilevante (il raccolto cinese ha rappresentato nello stesso periodo oltre il 44% del
totale mondiale); inoltre, il nostro paese contribuisce a poco meno della metà della produzione
comunitaria complessiva di queste frutta, raggiungendo nel 2008 quasi 1,6 milioni di
tonnellate. Secondo i dati ISTAT, oltre il 36% del totale nazionale è rappresentato da nettarine
ma la maggior parte sono ancora pesche.
Negli ultimi tre anni (2006-08), nonostante il calo dei raccolti (-4,5%), la superficie
nazionale dedicata alla coltivazione della drupacea ha mantenuto la sua consistenza (+0,2%).
L’Emilia-Romagna si conferma la regione principale per la produzione di pesche e nettarine
(con oltre 480 mila tonnellate nel 2008), seguita dalla Campania (371 mila tonn), Piemonte
(quasi 140 mila tonn) e Sicilia (oltre 100 mila tonn). Nel triennio considerato, gli altri
andamenti regionali, ad eccezione della Calabria (+12,2% in ha e +13,4% in tonn), segnano
soprattutto dei decrementi di superficie e raccolto nelle principali aree di produzione mentre
gli aumenti riguardano principalmente zone dove gli impianti sono ancora poco diffusi.
1
La disparità di periodo tra i dati statistici mondiali e quelli nazionali è dovuta alle differenti fonti di riferimento:
FAO nel primo caso e ISTAT nel secondo.
58
I problemi percepiti dal comparto delle pesche si sono ripercossi anche sull’universo
aziendale italiano che dal 2003 al 2007 ha perso quasi 16 mila unità (-28%) mentre quelle
dedite come orientamento principale alla coltivazione di nettarine hanno evidenziato un trend
più oscillante con una decisa ripresa nel 2007 (+17% rispetto al 2003 e +51% circa rispetto al
2005), forse anche per assorbimento degli imprenditori che da pesche si sono convertiti a
nettarine. La realtà emiliano-romagnola ha confermato appieno tale evoluzione perdendo circa
2.800 aziende peschicole e acquistandone 500 impegnate nella coltivazione di nettarine.
Lo studio si è articolato in due fasi procedurali principali: un approfondimento
necessario della teoria relativa alla strategia competitiva e l’applicazione della stessa alla
peschicoltura italiana.
L’approccio teorico di partenza si è basato essenzialmente sullo studio della strategia
competitiva elaborato da M. Porter, che rappresenta ancora oggi uno dei capisaldi di tale
disciplina. La performance economica aziendale viene influenzata dal vantaggio competitivo
di cui un’impresa può essere portatrice e dall’azione di cinque principali forze concorrenziali
che agiscono all’interno di un settore e perciò vanno studiate e approfondite. Esse sono: la
concorrenza, le potenziali nuove entrate, i prodotti sostitutivi, i fornitori, i clienti.
L’ipotesi di partenza è che la filiera peschicola italiana possa essere assimilata ad
un’azienda in cui tutti i componenti ai diversi livelli della catena diventano divisioni/comparti
dell’impresa. Successivamente all’analisi obiettiva e approfondita delle forze concorrenziali si
aprono per l’azienda (alias, la filiera peschicola italiana) tre opportunità strategiche.
La prima è focalizzata sulla conquista di mercato attraverso una pura azione di price
competition quando l’azienda cioè riesce a ottenere economie di costo e le traduce in un
prezzo di vendita inferiore alla media. La seconda riguarda la differenziazione del prodotto, in
particolare nelle sue componenti aggiuntive (non si differenzia certo nelle funzioni di base) e
di servizio, distinguendosi dai concorrenti e cercando di acquisire una identità propria che
soddisfi il consumatore al punto tale da conquistarne la fedeltà. La terza strategia, secondo
Porter, prevede che si scelga una delle due modalità di azione sopra riportate (o entrambe) e la
si applichi in un’area ristretta di mercato (geografica, di prodotto, di clienti).
Ritenendo che una strategia di differenziazione sia quella che risponda meglio, si sono
approfonditi i caratteri della filiera pesco alla luce di tale opzione, individuando le aree da
migliorare e le potenzialità già presenti.
Al termine dell’analisi strategica si sono compiute alcune riflessioni e proposte per la
peschicoltura italiana, tra cui si evidenziano la necessità di:
una gestione organizzata dell’offerta: controllo della massa critica (tramite le OP e loro
Associazioni), studio e predisposizione di cultivar adatte agli areali italiani e in grado di
coprire tutto il calendario possibile di raccolta e selezione varietale in base ai desiderata della
distribuzione e del consumo eliminando le tipologie non più idonee;
accordi di filiera a vario livello per contenere i rischi di mercato e l’incertezza dei
risultati della campagna, piani strategici di carattere interprofessionale;
sviluppare una mirata e attenta attività di marketing incentrata sia su azioni strategiche
di studio e segmentazione dei consumatori sia su aspetti operativi di comunicazione e
marketing mix.
La filiera deve evolversi e diventare “sistema” tramite l’adozione di un approccio
relazionale e non di antagonismo e grazie all’impegno degli operatori ai diversi livelli. E’,
infine, indispensabile anche ampliare l’ambito territoriale poiché la valorizzazione del
“locale” non è risolutiva per un prodotto purtroppo a rischio di banalizzazione e non
omogeneo come le pesche e le nettarine.
59
Sessione 6a - Relazione
Comparazione economica tra i principali sistemi produttivi europei: costi di
produzione e analisi finanziarie all’impresa produttrice, costi di
distribuzione e prezzi di mercato
A. Palmieri*, C. Pirazzoli**
*Dipartimento di Economia e Ingegneria agrarie
**Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
L’attuale realtà di mercato, caratterizzata da forte concorrenzialità e da una strutturale
sovrapproduzione, impone un’attenta e puntuale conoscenza dei sistemi produttivi che si
fronteggiano, al fine di valutarne il potenziale competitivo e di programmare idonee politiche
di governo del comparto.
Lo studio ha pertanto determinato e comparato i risultati economici dei principali
sistemi produttivi europei, offrendo un dettagliato quadro competitivo della peschicoltura
nelle rispettive aree. In particolare, i sistemi produttivi individuati e messi a confronto sono
quelli di Italia, Spagna e Grecia e, più nello specifico, i principali areali di produzione
rilevabili al loro interno, cioè il Piemonte, il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Basilicata e la
Sicilia per l’Italia, la Catalogna e l’Aragona per la Spagna e la Macedonia per la Grecia.
L’indagine è stata condotta per mezzo di numerosi rilievi aziendali che hanno permesso di
determinare i costi medi di produzione delle più importanti varietà di pesche e nettarine per
ciascuna area: tramite il confronto con i prezzi medi riconosciuti al prodotto sono state
successivamente valutate le performances economiche delle imprese frutticole. Dal momento
che la competitività di un sistema produttivo non può essere valutata solamente dal confronto
a livello agricolo, l’indagine rileva anche, limitatamente ad alcuni casi esemplificativi, i costi
che si originano lungo l’intera filiera distributiva del prodotto destinato all’esportazione sul
mercato tedesco.
Lo studio delinea un quadro apprezzabilmente differenziato tra le realtà territoriali
indagate, sia tra i diversi paesi considerati, sia nell’ambito delle regioni italiane: in particolare,
la differenza più evidente è in termini di ambiente economico-sociale, che si traduce per le
imprese del sud Italia, per quelle spagnole e, soprattutto, per quelle greche, nella possibilità di
acquisire lavoro manuale a prezzi più contenuti. Va tuttavia evidenziato come sia in atto una
tendenza all’allineamento dei sistemi produttivi indagati, i cui parametri economici risultano
meno distanti rispetto al passato: tale tendenza non stupisce in relazione alla sempre più
incisiva globalizzazione dei mercati da tempo in atto e ai cambiamenti economico-sociali in
atto, in primo luogo la disponibilità di manodopera proveniente da paesi stranieri.
Si evidenzia inoltre una progressiva specializzazione delle aree peschicole sulle cultivar
maggiormente richieste dai mercati di riferimento e che meglio sfruttano le potenzialità
offerte dalle proprie condizioni pedo-climatiche. Le forme di allevamento e le tecniche
agronomiche risultano piuttosto diversificate tra le aree indagate, con prevalenza di forme in
parete ed impianti ad alta densità e produttività nelle regioni del Nord Italia, dove i più alti
costi di produzione per unità di superficie impongono di fatto tale scelta alle imprese
frutticole professionali, ed impianti in volume, meno densi e più limitati nelle rese nel Sud
Italia, in Spagna ed in Grecia.
I risultati finali in termini di costo per unità di prodotto, che determinano in ultima
analisi il potenziale competitivo, tendono ad un sostanziale riequilibrio, sebbene apprezzabili
differenze siano evidenti. Nello specifico, gli impianti della Grecia risultano i più competitivi
in termini di costo, con situazioni anche molto nette, come nel caso delle pesche precoci.
Buona competitività registrano anche gli impianti spagnoli che si collocano nella quasi totalità
dei casi su livelli intermedi tra le osservazioni greche e quelle italiane. Va sottolineato
l’equilibrio registrato soprattutto per le produzioni a media maturazione, in particolare le
nettarine, dove l’affermazione della cultivar Big Top è piuttosto netta e gli effetti conseguenti
alle caratteristiche delle forme di allevamento tendono sostanzialmente a compensarsi: da
60
segnalare comunque la maggior dispendiosità rilevabile in Emilia-Romagna, dove le tariffe
per la manodopera sono ancora tra le più alte fra le zone indagate.
Un giudizio definitivo circa la sostenibilità economica del comparto peschicolo si
presenta alquanto difficoltoso, alla luce delle forti oscillazioni di prezzo che si registrano di
anno in anno: la campagna recentemente conclusasi con quotazioni estremamente basse è
stata infatti preceduta da tre annate, dal 2006 al 2008, caratterizzate da livelli di prezzo
accettabili, a loro volta precedute da un biennio, 2004 e 2005, in cui si originarono quotazioni
particolarmente basse e assolutamente non remunerative.
Per tale ragione assume particolare rilievo la valutazione della redditività non limitata
ad un singolo anno, ma estesa all’intera durata dell’impianto frutticolo, considerando lo stesso
come un investimento di durata definita e valutandolo quindi in un’ottica finanziaria. Nella
seconda parte dello studio sono stati pertanto analizzati i principali parametri finanziari che
caratterizzano l’investimento frutticolo nell’area Romagnola, per mezzo di un’elaborazione
costi-ricavi.
Tale metodologia prevede il calcolo del flusso annuo di entrate ed uscite e consente di
valutare il rendimento tramite alcuni indicatori, tra i quali il Valore Attuale Netto (VAN), il
rapporto ricavi/costi (R/C) ed il Saggio di Rendimento Interno (SRI) dell’investimento. In
funzione di diversi livelli di prezzo ipotizzati si può quindi determinare il rendimento
economico-finanziario dell’impianto frutticolo e definire quale sia il prezzo medio minimo
che ne assicura la sostenibilità. È inoltre possibile calcolare il tempo di ritorno dei capitali
investiti e, nell’ipotesi di prezzi non sufficienti a garantire il recupero dei capitali stessi,
determinare la resa produttiva media necessaria a raggiungere tale obiettivo.
In sintesi, l’analisi costi-ricavi permette di conoscere quale prezzo è necessario garantire
nel medio-lungo periodo per assicurare la sostenibilità della peschicoltura e, nel caso questo
non sia raggiungibile, quale resa minima deve ottenere il produttore per assicurarsi la
sostenibilità stessa.
Il raggiungimento dell’obiettivo di una resa equilibrata tra qualità e quantità è compito
delle imprese e della loro specializzazione e professionalità, nonché dell’assistenza tecnica e
della ricerca, mentre la garanzia di un prezzo minimo che remuneri gli alti costi di
produzione, peraltro difficilmente comprimibili, deve essere raggiunta tramite un riequilibrio
tra domanda e offerta ed una migliore programmazione di quest’ultima, che sottragga il
mercato alle tensioni costantemente
61
Sessione 6a - Relazione
Accordi commerciali della filiera produttivo-distributiva : il punto di vista
della DM tedesca
U. Spieckermann
La situazione
- La situazione internazionale delle risorse – il bacino del Mediterraneo
- La competizione tra i vari paesi produttori di pesche – nettarine
- I legami commerciali, oggi, domani e nel futuro
Il prodotto
- La strada del prodotto dal frutteto verso il punto di vendita
- Il rispetto per il prodotto, la difesa delle caratteristiche tipiche
- Prodotto e immagine del prodotto (Francia)
- Il marketing da parte della produzione
- La scelta delle varietà
- Le innovazioni
- Le regole fitosanitarie
- La stagionalita`
La commercializzazione
- L’autodisciplina nella commercializzazione
- Obiettivi e politica di qualità
- Creazione di partnership di continuità
- Programmazione delle produzioni
- Deflusso e vendita dei prodotti in modo programmato
- La politica dei marchi propri , la personalizzazione come filtro e garanzia
L’orientamento per il futuro
- Garanzia sulla salubrità del prodotto > shelflife
- Sapori e aromi tipici
- Quantità con caratteristiche qualitative continui e stabili
- Programmazione delle produzioni - creazione di partnership
62
Sessione 7a - Relazione
La OCM sul pesco in Emilia-Romagna: applicazioni e riflessioni per il
decennio 1998-2008
F. Foschi, F. Ramini, M Cestaro, A. Dianati
Servizio Produzioni Vegetali – Regione Emilia Romagna
In uno scenario agricolo regionale generale che evidenzia una forte esigenza
all’aggregazione dell’offerta, il comparto ortofrutticolo che interessa oltre 117 mila ettari e
vede il coinvolgimento di circa 30 mila aziende produttrici, presenta una superficie media che
nel 55% del totale delle aziende, non supera i 5 ettari,.
In questo contesto il settore ortofrutticolo regionale ha sviluppato un forte processo di
aggregazione. Un forte impulso in questo senso è stato fornito dalla politica di settore della
Unione europea attraverso la definizione di uno specifico regolamento di sostegno che portato
alla creazione delle Organizzazioni dei Produttori (OP) e delle Associazioni di Organizzazioni
dei Produttori (AOP) previste oggi dal Regolamento (CE) 1234/07.
Gli elementi strategici attivati dal sistema OCM per aumentare l’incisività del settore
sul mercato sono, la ottimizzazione della programmazione produttiva in relazione alle
necessità di mercato, lo sviluppo del ruolo del sistema organizzato come strumento
fondamentale di concentrazione dell’offerta, la definizione di strumenti per la prevenzione e
gestione delle crisi di mercato e lo sviluppo di pratiche colturali e tecniche di produzione che
rispettino l’ambiente.
Attualmente, in Emilia-Romagna, si contano 24 OP con una linea di tendenza verso
l’aggregazione di livello superiore in AOP (5 sono quelle operative oggi) a carattere
interregionale e internazionale.
Fig. 1. Le OP regionali
La D i a m a n t i n a
O.P. CHIARA
OPERA
OP MINGUZZI
FUNGHI delle TERRE
di ROMAGNA
MODERNA
Le aziende ortofrutticole regionali in esse associate sono oltre 14.000 e rappresentano il
50% circa del totale delle imprese produttrici di frutta e ortaggi della regione, contro appena
il 30% che si registra a livello nazionale. Significativa è anche l’aggregazione di produttori di
altre Regioni (oltre 3.000) e fuori Italia (oltre 400) che hanno scelto di associarsi alle
Organizzazioni dei produttori della regione.
L’AOP rappresenta l’innovativo modello di sviluppo del settore, poiché, attraverso la
gestione in un unico programma operativo delle azioni delle OP associate, si generano
sinergie a livello operativo che determinano una riduzione dei costi amministrativi e
gestionali delle singole OP.
Attraverso l’acquisto centralizzato, infatti, si è favorita la standardizzazione della qualità
del materiale vegetale, la selezione dei fornitori, il contenimento dei prezzi di acquisto e ciò
ha permesso un contenimento dei costi.
Con tali risorse le imprese regionali possono continuare nel percorso dell’innovazione al
fine di avvicinare la produzione al mercato.
63
Le strategie, realizzate nell’ambito dell’OCM per una migliore organizzazione della
produzione, in termini di innovazione e di efficacia rispetto al mercato, si possono distinguere
fra quelle realizzate a livello delle singole aziende agricole e quelle di gestione del sistema
(OP).
Nell’ultimo decennio le azioni rivolte alle aziende agricole complessivamente hanno
totalizzato una spesa pari a circa 300 mil. di euro.
milioni di euro
.
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Le azioni di sviluppo di gestione del sistema organizzato, nell’ultimo decennio, hanno
evidenziato una spesa pari a circa 295 mil. di euro.
milioni di euro
.
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
In tale contesto, la peschicoltura, con oltre 23.000 ha di produzione ed una P.L.V di oltre 240
milioni di Euro rappresenta un importante comparto nel più generale ragionamento frutticolo
regionale.
64
Sessione 7a - Relazione
Internazionalizzazione della peschicoltura e proposte dell’Areflh
L. Trentini- Areflh/Cso
E. Macchi- Cso
Areflh nasce nel 1999 in Aquitania (Francia)e rappresenta l’Associazione delle Regioni
Ortofrutticole Europee. I paesi aderenti oggi sono Francia, Italia, Spagna, Portogallo, mentre
alcune regioni della Grecia partecipano in veste di osservatori. Scopo principale della
associazione è la difesa e la promozione della filiera ortofrutticola europea.
Le regioni socie oggi sono 27 posizionate prevalentemente nella fascia mediterranea.
Areflh è composta da due organismi principali: il Collegio delle Regioni, organo politico
decisionale dell’associazione, ed il Collegio dei Produttori che rappresenta le Organizzazioni
dei Produttori e dalle quali raccoglie le esigenze per trasferirle all’Organo politico dell’UE. Le
iniziative poste in atto riguardano temi di attualità quali:
- la riforma dell’OCM ,
- la promozione ed il consumo di frutta ed ortaggi,
- la ricerca,
- le questioni relative ai limiti dei residui,
- le tecniche di coltivazione con tecniche eco compatibili,
- le barriere fitosanitarie messe in atto oggi sia dai paesi della UE che extra UE,
- le questioni commerciali e le norme di qualità
- l’apertura della nuova area di libero scambio dell’Euromediterraneo.
Nel caso delle pesche e nettarine in Areflh operano insieme Catatonia Qualitat (Spagna),
CSO (Italia), e l’AOP pesche e nettarine in Francia, con l’obiettivo di monitorare la
produzione dei differenti paesi aderenti, rilevare i calendari di produzione e le informazioni di
mercato attraverso uno specifico osservatorio di mercato. L’osservatorio, coordinato da CSO,
si realizza attraverso incontri e riunioni telefoniche settimanali a cui partecipano esperti del
settore produttivo e commerciale. Le informazioni che emergono dagli incontri sono raccolti
in un rapporto settimanale divulgato via internet nel sito Areflh (www.areflh.org).
Relativamente all’ attività di supporto alle Organiz-zazioni dei Produttori, che operano
secondo le norme previste dalla specifica OCM, Areflh a più riprese ha chiesto alla UE di
mettere in atto un sistema di prevenzione e gestione delle crisi più efficace, capace di
difendere il reddito dei produttori. In particolare è stato chiesto alla UE di costituire fondi
gestiti dalle OP di più paesi che, insieme ed in maniera sinergica, operino per garantire in
futuro un prezzo di mercato sufficientemente remunerativo.
Dopo l’esperienza di questi anni, ed in particolare dopo un 2009 molto difficile per il
sistema ortofrutticolo, AREFLH chiede alla Commissione alcuni adeguamenti immediati,
rivolti principalmente ai prodotti altamente deperibili ( pesche nettarine) per rendere più
incisive le azioni previste dai vigenti regolamenti. Quest’anno modesti surplus produttivi di
pesche e nettarine, hanno provocato gravi turbative di mercato che hanno penalizzato
pesantemente i produttori agricoli che non hanno potuto remunerare i costi di produzione, pur
essendo i consumi pressoché stabili.
Areflh chiede quindi:
- di aumentare la percentuale massima dei prodotti ritirabili dal 5 al 10%;
- di adeguare i massimali di aiuto per i prodotti ritirabili.
- di autorizzare la costituzioni di “filiali” o altro soggetto giuridico che operano per
concertare e gestire fra le OP aderenti, di differenti paesi europei, situazioni di crisi
per sovrapproduzione o crisi dei prezzi;
- di innalzare l’aiuto finanziario comunitario per le azioni collettive realizzate a livello
transnazionali per le azioni di prevenzione e gestione delle crisi;
- di favorire le azioni volte a implementare le azioni di beneficenza.
Per ridurre i rischi commerciali è necessario oltre che dare vita ad una attenta
programmazione conquistare nuovi mercati, con prodotti qualitativamente migliori e
65
soprattutto sicuri, ottenuti con tecniche rispettose dell’ambiente e della salute dei consumatori.
Il modello sostenuto da AREFLH è quello della Produzione Integrata che oggi in Europa non
trova un metodo di riferimento comune. Le produzioni ortofrutticole di oggi sono coltivate in
differenti territori, da produttori che adottano proposte tecniche diverse e che hanno origine da
protocolli differenti sia pubblici che privati.
In questo caso AREFLH ha creduto fosse necessaria una “Linea Guida Europea sulla
Produzione Integrata” che oggi è in via di discussione presso la Commissione Europea.
La proposta di regolamento identifica principi ed obiettivi per la definizione di un
disciplinare di produzione che è considerato lo strumento utile alla sostenibilità del metodo.
Le linee tecniche specifiche, invece, sono definite considerando le caratteristiche delle
differenti aree produttive europee.
La registrazione degli interventi sul disciplinare consentono di disporre di un efficace
strumento di tracciabilità a garanzia della sicurezza alimentare ed utilizzabile come strumento
di valorizzazione.
Areflh partecipa, attraverso il CSO, al gruppo di lavoro di esperti frutta ed ortaggi, più
specificamente per pesche e nettarine e pere, istituito dalla Commissione Europea
66
Sessione 7a - Relazione
Il consumo delle pesche e il progetto promozionale europeo del CSO
E.Macchi – L. Trentini – CSO Centro Servizi Ortofrutticoli
Negli anni duemila gli acquisti di pesche da parte delle famiglie italiane risultano in
forte calo, almeno fino al 2005. In questo primo quinquennio i volumi sono infatti scesi
progressivamente da 287.000 tonnellate a 240.000 tonnellate, registrando una diminuzione di
ben 17 punti percentuali.
Nel triennio successivo si è però registrata un’inversione di tendenza, tuttora in atto, che
ha portato gli acquisti nel 2008 a circa 258.000 tonnellate, +8% rispetto al valore minimo del
2005. Nei primi sette mesi del 2009 si conferma il buon andamento, con un +3% rispetto allo
stesso periodo dell’anno precedente.
Nonostante questi recenti segnali, positivi almeno per quello che riguarda la capacità di
assobimento del mercato interno, i volumi acquistati sono comunque nettamente inferiori a
quelli dei primi anni duemila, -10%.
Discorso diverso per le nettarine, per le quali si registra in Italia una crescita costante
degli acquisti dal 2000 al 2008, quando sono saliti da 90.000 tonnellate a oltre 109.000
tonnellate, +21%. Nei primi sette mesi del 2009 si conferma questo positivo trend, con un 6%
in più rispetto al medesimo periodo del 2008.
Il maggior consumo di nettarine non ha però compensato il calo degli acquisti di
pesche, tanto che, per il complesso della specie, si registra nel 2008 un -3% rispetto al 2000.
Lo scenario quindi, anche se non appare del tutto negativo, specie se confrontato con
l’andamento dei consumi di altre specie frutticole, non è comunque da leggere in chiave del
tutto positiva, in quanto, a fronte di un elevato potenziale produttivo italiano ed europeo, il
mercato interno non sembra al momento possedere la capacità di assorbire nel breve periodo
quote di prodotto significativamente maggiori rispetto alle attuali.
E’ inevitabile pertanto la necessità di collocare parte della produzione sui mercati esteri,
in modo particolare nella vicina Europa, considerando l’alta deperibilità del prodotto.
E’ però sui mercati esteri dove la produzione italiana si scontra con la forte concorrenza
di altri grandi paesi produttori, in primis la Spagna.
Da ciò discende la necessità di mettere in campo azioni di promozione e valorizzazione
del prodotto a sostegno del consumo aventi dunque la duplice funzione:
- da una parte ampliare gli spazi di mercato per quei prodotti che presentano una
potenzialità produttiva elevata e in crescita
- dall’altra favorire il consumo di frutta, in linea con le indicazioni sugli effetti benefici
derivanti dal consumo di frutta.
E’ per questi motivi che CSO, attraverso il programma europeo MR Fruuitness, ha
focalizzato e concentrato le azioni di promozione sulla frutta in Germania, Austria, Regno
Unito, Svezia e Polonia, paesi in cui i consumi di ortofrutta risultano essere molto contenuti o
in diminuzione rispetto alle indicazioni sulla quantità giornaliera consigliata.
L’Austria presenta una forte propensione all’import, in quanto le produzioni si aggirano
mediamente su circa 8.000 tonnellate, di cui circa 3.000 vengono esportate.
In questo paese il consumo apparente di pesche e nettarine (inteso come produzione
+import-export) da valori attorno alle 40.000 tonnellate dei primi anni duemila è sceso
recentemente su circa 30.000 tonnellate, registrando così un 25% in meno nel passaggio dal
2000 dal 2008.
Il consumo pro-capite apparente sempre di pesche e nettarine da oltre 5 chilogrammi
del 2000 oggi non raggiunge i 4 chilogrammi annui per persona.
L’importanza della Germania come destinazione delle nostre esportazioni è nota,
essendo questo paese il nostro principale mercato di riferimento per quanto riguarda l’export
non solo di pesche e nettarine, ma di tutta l’ortofrutta.
Questo paese relativamente alle pesche e nettarine, con produzioni pressochè irrisorie,
copre il fabbisogno interno quasi esclusivamente con le importazioni, che però negli anni
67
duemila sono scese da oltre 300.000 tonnellate a circa 260.000 tonnellate, in calo quindi del
16%.
Di conseguenza il consumo apparente di pesche e nettarine è sceso da valori attorno a
300.000 tonnellate dei primi anni duemila a circa 250.000 tonnellate degli anni più recenti. In
questo caso si nota inoltre, oltre al calo dei consumi, un consumo pro-capite molto contenuto,
pari a poco oltre i 2 chilogrammi annui per persona.
La Polonia, entrata più di recente nell’Unione Europea, potenzialmente rappresenta un
mercato dalle grandi prospettive, con un consumo medio pro-capite che fatica ad arrivare ai 2
chilogrammi annui per persona.
Anche in questo caso l’offerta interna è contenuta e peraltro in riduzione e le
importazioni di pesche e nettarine, nel complesso, sono arrivate a sfiorare le 100.000
tonnellate.
Il consumo di pesche e nettarine in Svezia si riferisce esclusivamente al prodotto
importato nel paese. In questo caso il consumo apparente si presenta piuttosto stabile, ma
scarso risulta il consumo medio pro-capite, variabile intorno ai due chilogrammi annui per
persona.
Infine il Regno Unito che con oltre 60.000.000 di abitanti, un consumo pro-capite che
recentemente è sceso a poco oltre il chilogrammo per persona, con importazioni che negli
anni duemila si sono quasi dimezzate, presenta gli spazi maggiori di crescita.
Mr Fruitness è un programma di informazione e promozione triennale cofinanziato al
70% dalla Comunità europea (50%) e da AGEA (20%) con lo scopo di promuovere il
consumo della frutta in generale, con focus su pesche e nettarine, pere, kiwi e susine nei 5
differenti Paesi europei.
Il programma triennale, di 4 milioni di euro, iniziato nel 2006 e conclusosi ad aprile di
quest’anno, ha ottenuto il rifinanziamento per un altro triennio (settembre 2009 – settembre
2012) che permetterà di riproporre le azioni di promozione nei medesimi Paesi con un budget
complessivo di 3,5 milioni di euro.
Tutte le attività hanno come target i bambini in età scolare, gli adolescenti e le loro
famiglie. Inoltre anche ai responsabili acquisto della distribuzione organizzata e dei mercati
all’ingrosso vengono rivolte attività informative sul programma per incrementare la presenza
di frutta nei punti vendita attraverso il programma Mr Fruitness.
In specifico, le principali attività sono le promozioni a punto vendita delle più importanti
catene della grande distribuzione europea e sul canale Normal Trade. La dinamica delle
promozioni prevede la distribuzione di materiali informativi redatti con un linguaggio
semplice, ludico ed accattivante, che anche attraverso il gioco possa attirare l’attenzione
anche dei più piccoli e far consumare la frutta in modo divertente. E’ prevista la presenza di
promoter che, istruite sui contenuti, oltre a distribuire i materiali, possono far degustare la
frutta e dare tutte le informazioni.
Il programma prevede anche un’attività di comunicazione e Public Relation attraverso
l’ufficio stampa ed il sito web www.fruitness.eu. Il sito web ha ottenuto oltre 1 milione di
visitatori in oltre 60 Paesi del Mondo. Infine, il programma prevede l’organizzazione di eventi
meeting rivolti principalmente agli operatori, durante i quali i rappresentati del mondo
produttivo, delle Istituzioni nazionali e comunitarie fanno il punto della situazione,
rimarcando l’importanza di incrementare i consumi di ortofrutta presso le fasce più giovani
per prevenire il dilagante fenomeno dell’obesità infantile: i giovani consumatori di oggi
saranno i futuri consumatori.
I risultati positivi ottenuti nel primo triennio, hanno convinto le istituzioni a rifinanziare
le attività per un ulteriore triennio, offrendo così un’opportunità al mondo produttivo di
affrontare la difficile situazione di mercato che il settore sta attraversando.
68
Sessione 7a - Poster
Caratterizzazione della tipologia di polpa nel pesco mediante un metodo
non distruttivo
A. Berardinelli*, C. Cevoli, A. Fabbri, L. Ragni, F. A. Silaghi
Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie, Università degli Studi di Bologna - P.za
Goidanich, 60 – 47023 Cesena (FC) - e-mail: [email protected]
La presente sperimentazione si propone di mettere a punto un metodo non distruttivo
basato sugli impatti meccanici per la caratterizzazione di diverse tipologie (e sotto-tipi) di
polpa indipendentemente dal grado di maturazione. Si tratta di una prima indagine esplorativa
che intende valutare se l’analisi nel dominio del tempo del comportamento meccanico
dell’epidermide e dei primi strati sottoepidermici della polpa contiene informazioni circa le
caratteristiche tissutali di diverse cultivar di pesche. E’ ben noto che i processi di raccolta e
post-raccolta dei frutti sono condizionati dalla struttura e tessitura della polpa.
La valutazione è stata condotta su due tipologie di polpa, “fondente” (Melting, MF), e
“Stony Hard”. Per la tipologia “fondente” sono state prese in esame cultivar caratterizzate da
un’evoluzione dell’intenerimento rapido (Redhaven), medio (Glohaven), e lento (Big Top e
Rich Lady); per la “Stony Hard” è stata scelta la serie Ghiaccio a maturazione molto lenta.
Ogni cultivar è stata analizzata subito dopo la raccolta effettuata a due stadi di maturazione:
invasatura e maturazione fisiologica.
Gli impatti meccanici, condotti da un’altezza pari a 10 mm a mezzo di un’attrezzatura
per caduta libera equipaggiata con cella di carico, sono stati registrati in tre diversi punti del
frutto, due a livello equatoriale ed uno vicino al peduncolo. Dopo l’acquisizione dei segnali
elettrici, in prossimità di ciascun punto, è stata determinata la durezza Magness-Taylor della
polpa mediante penetrometro manuale digitale. Al fine di poter discriminare tra campioni di
frutti e di stimarne la durezza, i dati spettrali sono stati in seguito elaborati mediante
appropriati modelli statistici multivariati quali PCA (Principal Component Analysis), SIMCA
(Soft Independent Modeling by Class Analogy), PLS (Partial Least Squares Regression).
In generale, dall’analisi PCA e SIMCA è emerso che i campioni analizzati presentano
un caratteristico andamento spettrale ben distinguibile tra una cultivar e l’altra
indipendentemente dallo stadio di maturazione. Buone correlazioni tra l’informazione
spettrale e la durezza Magness-Taylor della polpa sono state inoltre osservate per i frutti in
esame.
Anche se preliminari, i risultati della presente sperimentazione pongono le basi per
ulteriori approfondimenti sulla possibilità di poter distinguere frutti con diverse caratteristiche
strutturali a mezzo di attrezzature impattive non distruttive da utilizzare in campo durante la
raccolta o nei processi post-raccolta.
69
Scarica

Sintesi Relazioni - Camera di Commercio di Forlì-Cesena