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Chiara Baldin
Un Amore Impossibile... O Quasi
.
e
Es s e n za
Chiara Baldin
Un Amore Impossibile... O Quasi
ISBN
copyright 2013 Caosfera Edizioni
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soluzioni grafiche e realizzazione
Capitolo 1 - Un incontro inatteso
Milano, piazza del Duomo.
Sono troppo stanca e sovrapensiero per rendermi conto della
gente che mi passa affianco.
Ad un certo punto, infatti, sbadatamente urto qualcuno, mi
giro per scusarmi e, mentre questi raccoglie gli occhiali da
sole caduti durante lo scontro, i nostri occhi si incontrano;
arrossisco, imbarazzata... quegli occhi li riconoscerei tra mille,
non sono truccati, al contrario della prima volta che li ho visti dal
vivo, al concerto del 25 marzo 2010, ma non posso sbagliarmi,
sono i suoi!
Cerco invano di calmarmi mentre realizzo che davanti a me c’è
Bill Kaulitz in persona.
La prima reazione che avrebbe qualsiasi ragazza di fronte
a una visione del genere sarebbe inopportuna: grida, urli,
schiamazzi ma... non urlo, non svengo, non faccio niente che
potrebbe farlo scoprire o arrabbiare. Solo dopo mi accorgo che
ci sono tutti e quattro!
Penso che se avessi urlato il loro nome sarebbero stati
sommersi dalle fans e non avrebbero raggiunto la loro meta, a
me ovviamente sconosciuta; ci fissiamo per un momento che
sembra infinito, poi lui dice qualcosa che subito non riesco a
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capire e poi, così, improvvisamente, mi prende per mano e
comincia a correre per seguire gli altri per paura che qualcuno
oltre a me li abbia riconosciuti.
Tra l’agitazione e la corsa mi manca il fiato, ma al pensiero che
sto tenendo per mano Bill Kaulitz, come posso non correre?
Per fortuna la corsa è breve e di colpo ci fermiamo davanti a
due macchine, una nera, con i finestrini oscurati: la Cadillac
Escalede di Tom e la macchina di Gustav.
Tom sale sulla Cadillac, al posto dell’autista, e Bill mi tira per
il braccio per farmi salire con lui sui sedili posteriori; chiuse
le portiere mi accorgo che siamo immersi in un silenzio
imbarazzante, si sentono solo i nostri respiri affannati, e
mi sento la faccia viola dall’imbarazzo, non ho nemmeno il
coraggio di alzare gli occhi e guardarmi intorno.
Dopo pochi istanti che a me paiono interminabili i nostri
respiri ritornano regolari, solo il mio cuore continua a battere
all’impazzata e ho l’impressione che possano sentirlo, non
sono a mio agio, mi sento osservata e mi balenano migliaia
di domande e pensieri in testa, ma con tutta la calma che
riesco a trovare cerco di rallentare il respiro, calmare il cuore e
guardarmi attorno.
Pian piano decido di muovere il mio sguardo almeno per capire
dove sono (sì, lo so, sono nella macchina di Tom), ma subito
mi sento fissata, prendo il coraggio a quattro mani e mi giro
verso il mio vicino, che di colpo si volta come se non volesse
far intuire che mi stava fissando come fossi stata di un altro
pianeta. Decido di lasciarmi andare un po’, mi giro meglio verso
Bill e noto che ha un sorriso divertito stampato sul suo viso
angelico, do un’occhiata a Tom sul sedile anteriore e noto in lui
un’espressione divertita, mi sento presa in giro dalle persone
che di più amo a questo mondo.
Dopo essere salita in macchina non so cosa sia successo a
George e Gustav, probabilmente sono saliti nell’altra auto, e
soprattutto non mi sono nemmeno accorta che la macchina
era partita ma, guardando l’ora... il tempo che a me sembrava
infinito corrispondeva a tre miseri minuti.
Mi decido per l’ennesima volta a guardarmi intorno, prendo fiato,
ma molto probabilmente troppo rumorosamente e Tom ride...
basta! Mi decido, mi giro e stavolta Bill non si gira di scatto ma,
cosa che non mi aspettavo, resta lì a guardarmi come io guardo
lui (il problema è che io lo guardo come guarderei un angelo)...
Non ho idea di quanto tempo passiamo a guardarci ma a me
sembra interminabile... ad un certo punto, mi sento troppo
imbarazzata ma tento di guardare i suoi meravigliosi occhi, non
coperti dagli occhiali da sole, resisto ben poco nel reggere il
suo sguardo penetrante, ma nell’attimo in cui vorrei abbassare
lo sguardo, mi sorride... non posso fare a meno di voltarmi
verso il finestrino scuro dall’imbarazzo, ma dopo poco riesco a
voltarmi verso di lui e ricambiare il sorriso, però la presenza di
Tom mi mette in ansia, non riesco a vederlo in volto ma so per
certo che sorride malizioso.
Viaggiamo per molto tempo tra sguardi penetranti e sorrisi
intimiditi, quando la macchina si ferma; Tom ha parcheggiato
in un posto che non dà troppo nell’occhio vicino ad un autogrill,
scende e si allontana, Bill invece non dà segni di voler
scendere, ora sono più imbarazzata che mai, sola in macchina
con il ragazzo che da anni popola i miei sogni!
Mi sento un solletico in gola, dovrei tossire ma mi sento immobile,
ho troppa paura di fare qualsiasi movimento, non so perché ma
mi vergogno tantissimo... all’improvviso la necessità di tossire
si trasforma in uno starnuto assurdo che fa un rumore davvero
imbarazzante. Ora sono più imbarazzata di prima, ma sento che
il mio improbabile vicino mi biascica una parola in una lingua
che non capisco, poi ripete in inglese «God bless you.»
Imbarazzata mormoro: «Thank you.»
Mi volto verso di lui, se è davvero il ragazzo che ho conosciuto
tramite le interviste e le meravigliose parole delle sue canzoni,
non dovrebbe essere un trauma parlarci, soprattutto perché
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anche lui sembra abbastanza timido... ma, nel momento in cui
mi volto verso di lui le portiere anteriori si aprono ed entrano
Georg e Gustav che mi sorridono e poi cominciano a parlare in
tedesco con Bill.
Ad un certo punto Gustav mi porge la mano e in un italiano un
po’ incerto: «Piacere, Gustav»
Io prendo il coraggio a quattro mani e, perché mi capisca,
dato che conosco abbastanza l’inglese prendo la sua mano e
ricambio il saluto con un quasi deciso: «Nice to meet you, I’m
Chiara»
Mi sorride e lascia il posto alla mano di Georg che, anche
lui sorridente, si presenta in inglese. Rimane solo Bill, che
dopo queste presentazioni sembra sentirsi in dovere di fare
altrettanto: mi porge la mano imbarazzato dicendo: «I’m Bill,
nice to meet you»
Io, molto più imbarazzata di lui gli porgo la mano tremante,
arrossendo come mai in vita mia: «I’m Chiara. Nice to meet
you too!»
Ovviamente so che lui è Bill, come sapevo che gli altri erano
Georg e Gustav, ma dirlo sarebbe stato come affermare la mia
stupidità in presenza di ragazzi per cui provo qualcosa.
Cala di nuovo un silenzio imbarazzante che nessuno sa come
rompere, quando all’improvviso ritorna Tom, che invece di salire
in macchina fa scendere George per chissà quale motivo e se
lo porta dietro, Gustav e Bill alla vista di questa scena ridono e
parlottano tra loro; ad un certo punto anche Gustav decide di
scendere per cercare di capire come mai Tom si sia tirato dietro
Georg in quel modo. Ed ecco che mi ritrovo di nuovo sola con
il più improbabile ragazzo che avessi immaginato di incontrare
e di nuovo piombo in una solitudine imbarazzante che dopo
pochissimi secondi viene rotta dal mio pensiero più assurdo:
parlare con lui, perché dovrei perdermi questa splendida
possibilità che il destino mi ha offerto?
Come guidata da fili invisibili e comandata da un pensiero
che non è il mio, mi volto e senza troppi ripensamenti inizio a
parlare in inglese: «Mi dispia...»
All’improvviso, sparato a tutto volume, si sente il ritornello
di Noise, e Bill ancora leggermente imbarazzato diventa
paonazzo, cerca il suo telefono e risponde: «Hallo? Ja... Ja...
Nein»
E dopo una serie di parole che non capisco esce fuori un:
«Und... Ehm... Ja» che mi fa sorridere; dopo qualche minuto
la telefonata finisce con un «Danke» e Bill si gira lentamente
verso di me, mi guarda e sorride come mai aveva fatto prima,
sorride divertito per la figura che si è fatto, io non resisto al suo
sorriso e ricambio lasciandomi andare un po’.
Mi perdo nei suoi occhi e nel suo sorriso per molto tempo quando
di colpo parla (sempre in inglese): «Cosa stavi cercando di dire
prima?»
Presa alla sprovvista cerco di ricordarmi cosa fosse successo
prima che il suo sorriso mi abbagliasse... Ah, sì, ecco: «Ehm...
volevo scusarmi per esserti venuta addosso prima in piazza,
se non fossi stata così sbadata non sarebbe successo niente e
ora non saremmo in questa situazione.»
Di colpo mi guarda come per dire “ma sei matta?”: «Cosa ti fa
pensare che io non voglia essere qui?»
«Beh, non parli, guardi nel vuoto... sembri scocciato dalla mia
presenza!»
«No, ma figurati... stavo solo pensando...»
«A cosa... se posso chiedere?»
«Certo, a Tom... cosa voglia combinare sta volta»
«Aah... io credo... che abbia adocchiato una bella ragazza!»
«Può darsi, ma quei due che c’entrano? Speriamo non facciano
cazzate.»
E si mette a ridere, con la sua risata brillante e il suo sorriso che
nemmeno riesco a descrivere.
Poi riprende a parlare, più lentamente: «Una piccola idea di
questo comportamento c’è l’avrei... però... è stupida!»
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«Quale idea? » Chiedo sorridendo perché mi sembrava restio
a parlare con me.
«Ma no niente, una cosa stupida... ultimamente Tom, ecco, lui
tenta di lasciarmi solo con tutte le ragazze che incontro perché
spera che io mi innamori...»
(Imbarazzo totale)
«Ah, beh ma... questo... è impossibile...»
«E perché?»
«È letteralmente impossibile, perché... come potresti, tu,
innamorarti... di una come me?»
«Cosa ci sarebbe di strano e impossibile?»
«Io... sono una semplice ragazza, e sembro farlo apposta, ma
io... vi seguo da tanto... e il mio sogno più grande era incontrarvi,
incontrarti... e sinceramente ho presente come sono, mi vedo
allo specchio e...»
«E io sono sinceramente felice che tu sia una nostra fan ma
questo l’avevo capito dalla tua reazione nella piazza e in
macchina fino a un po’ di minuti fa, e... riguardo l’altro motivo...
la bellezza viene da dentro»
Non avrei mai immaginato di parlare di queste cose con Bill e
mai avrei immaginato che potesse dirmi una cosa del genere,
ma devo cercare di respirare, sono nel pieno imbarazzo e non
riesco a trovare parole da dire, non riesco e non voglio trovare
motivi per parlare e rovinare le sue ultime parole, anche se so
che le ha dette per gentilezza perché nessun ragazzo, o quasi,
dà conto all’aspetto interiore.
Come se si avverasse un desiderio Tom rientra in macchina,
così non sono più obbligata a finire quel discorso.
Prima di ripartire sposta lo specchietto per vedere in faccia suo
fratello chiedendogli qualcosa in tedesco, in cui riconosco solo
poche parole, e subito dopo Bill diventa tutto rosso e quindi
capisco che cosa gli ha chiesto Tom e che la sua intuizione
precedente era azzeccata.
Tom mette in moto la macchina che si accende con un rombo
del motore, e parte per una meta ancora a me sconosciuta.
Intanto è calato un silenzio imbarazzante che poco tempo
prima eravamo riusciti a rompere, e che mi lascia pensare: non
riesco ancora a capire perché mi abbiano trascinata con loro,
né dove abbiano intenzione di portarmi dato che sono in visita
turistica a Milano per qualche giorno ma abito in provincia di
Torino; di male non ho fatto niente se non sbattere addosso a
Bill, non penso di avergli fatto così male da dovergli pagare il
danno...
Rido con me stessa per aver pensato a questa cosa ma
davvero non capisco il motivo di questo “viaggio”.
Di nuovo Tom sembra leggermi nel pensiero perché in inglese
mi chiede: «Non sei nemmeno leggermente curiosa di sapere
perché sei qui?»
«Beh ... ecco veramente mi stavo chiedendo proprio questo!»
«Eheh! Io non te lo dico...»
Questa risposta mi sconcerta un po’ ma mi metto a ridere, e
con sollievo noto che anche Bill è divertito, allora riprendo a
parlare: «Ma daiii... che cattivo... uff»
E metto il broncio, allora Bill si volta verso di me, mi sorride e
finalmente smette di essere così rigido come è stato fino a poco
prima e si siede un po’ più comodo, allora anche io mi decido a
sciogliermi un po’.
Cerco di pensare a qualcosa di carino e allo stesso tempo
divertente da dire ma quando sto per aprire bocca di nuovo Tom
sembra prevenire le mie azioni e spara Schrei a tutto volume.
Io, in quanto fan da molti anni, non posso fare a meno di cantare
in un tedesco molto italianizzato la loro canzone, ovviamente a
bassa voce, ma comunque Bill se ne accorge e sorride, la mia
unica reazione si nota sul mio viso diventato color pomodoro,
poiché non sono per niente intonata.
Schrei finisce e piano cominciano le note di Spring nicht, la
mia ossessione, la adoro... ma mai una volta che sia riuscita
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a cantarla senza sembrare una deficiente quindi mi conviene
stare zitta, ma stavolta è Bill a leggermi nel pensiero dicendo
sempre in inglese: «Sai parlare tedesco?»
«Ehm, parlare no... però qualcosa so»
«Tipo?»
«Tipo... Ich liebe Tokio Hotel»
«Ahah, che carina»
«Nein, du ist sehr schön...»
«Ahah! E che ne dici se cantassimo qualcosa in tedesco?»
«Oh, mamma, io sono peggio di una campana...»
«Ma va, non ci credo»
«Oh, sì, credici pure!»
«Ok, come vuoi tu, ma a nessuno importa niente... cantiamo?»
«Ehm... ja»
«Ahah, ok, rimetti Spring nicht Tom?»
«Subito, fratello mio»
Ecco, proprio quella, proprio la canzone che non sarei mai
riuscita a cantare... mi aspettava una bella figura.
Le prime note della canzone e la voce di Bill, la voce reale di
Bill, non quella del cd, riempie la macchina.
La sua voce soave e al contempo alta, acuta, dolce mi entra
nella testa, mi inonda, mi inebria come una droga, e piano
anche il mio intero corpo prende il lento ritmo della canzone
tedesca, canzone che ha sempre avuto per me un significato
profondo, che rispecchia quello che i due gemelli provano l’uno
per l’altro: sarebbero morti pur di salvare l’altro... un amore
fraterno indistruttibile, un amore che solo due gemelli, due
gemelli come loro avrebbero potuto provare.
Si avvicina il ritornello, la voce di Bill e il sottofondo della voce
di Tom mi riempiono le orecchie... non canto, per non perdermi
nemmeno un attimo di quella canzone.
Sono presa dalla voce di Bill che incomincia a cantare Heilig,
quando la macchina rallenta e gira.
Senza distrarmi dalla sua voce mi perdo a guardare fuori dal
finestrino, non ho idea di dove siamo, ci sono campi e cascine,
aperta campagna. Percorriamo ancora un po’ di strada, poi
Tom rallenta e parcheggia nel grande cortile di una casa di
campagna, un’enorme casa di campagna.
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