Roma, 5 giugno 2012 Sintesi per la stampa 5° Rapporto sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia Con la pubblicazione del 5° Rapporto di aggiornamento, il Gruppo CRC intraprende un nuovo ciclo di monitoraggio dell’attuazione, nel nostro Paese, della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) e dei suoi Protocolli Opzionali, a partire dalla pubblicazione delle nuove Osservazioni del Comitato ONU indirizzate all’Italia nell’ottobre 2011 fino al prossimo appuntamento con il Comitato ONU nel 2017. Negli oltre dieci anni di lavoro comune, la partecipazione al Gruppo CRC è stata allargata a nuove associazioni, (dalle 44 iniziali si è passati ad 85), consentendo così di ampliare il monitoraggio sui diritti dell’infanzia a nuove tematiche. I Rapporti CRC hanno un’ampia distribuzione su tutto il territorio nazionale e rappresentano un punto di riferimento – per i contenuti aggiornati e i riferimenti puntuali a norme e prassi - non solo per le associazioni ma anche per le istituzioni e gli operatori del settore. La loro pubblicazione annuale testimonia la costanza e l’impegno assunto dalle associazioni nel garantire un aggiornamento puntuale dell’attuazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese, anche quando i diversi livelli istituzionali non sempre sono riusciti a mantenere i diritti dell’infanzia al centro dell’agenda politica. I temi affrontati dal Rapporto seguono e ricalcano i diritti sanciti dalla Convenzione ONU. In particolare: misure generali di attuazione della CRC, principi generali della CRC (non discriminazione, partecipazione, superiore interesse del minore e diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo), diritti civili e libertà (diritto alla cittadinanza, libertà di coscienza e religione, tortura), ambiente familiare e misure alternative (minori fuori famiglia, adozione nazionale ed internazionale, minori in comunità, ecc..), salute e assistenza, educazione gioco e attività culturali e misure speciali per la tutela dei minori (minori stranieri, sfruttamento del lavoro minorile, tratta e prostituzione, pedo-pornografia, minori rom e sinti, ecc.). Il Rapporto CRC, attraverso le raccomandazioni poste alla fine di ogni paragrafo, fornisce alle istituzioni competenti indicazioni concrete e soprattutto attuabili per promuovere un cambiamento. Il 5° Rapporto di monitoraggio pone all’attenzione del Governo alcune questioni essenziali per un’effettiva attuazione della Convenzione, come richiesto dallo stesso Comitato Onu nelle Osservazioni conclusive pubblicate ad ottobre 2011. Le criticità La mancanza di risorse per l’infanzia e l’adolescenza in Italia Il 5° Rapporto CRC evidenzia come nel nostro Paese sia difficile riuscire a capire come e dove vengono allocate le risorse dedicate ai minori e agli adolescenti e quali saranno gli effetti delle leggi e delle manovre economiche nazionali e degli interventi a livello regionale e degli Enti Locali. Il Gruppo CRC ritiene quindi necessario redigere un rapporto articolato entro il 2012 sullo stato complessivo delle risorse per l’infanzia e l’adolescenza. In Italia si continuano a tagliare le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza e la mancanza di strumenti perequativi a livello nazionale, come i livelli essenziali delle prestazioni sociali, aumentano la discriminazione a livello regionale e non garantiscano a tutti i bambini uguale accesso ai propri diritti. Forte preoccupazione si esprime per la cancellazione del Fondo Nazionale Straordinario per i Servizi Socio educativi per la prima infanzia e per la mancata previsione delle allocazioni delle risorse per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. E’ stato rilevato che il Piano Nazionale Infanzia e Adolescenza 2010/2011, promulgato nel gennaio 2011, non prevede alcuna copertura finanziaria. La situazione, aggiornata al 2011, con una previsione per gli anni 2011-2013 2012 2008 2009 2010 2011 (mln (mln €) (mln €) (mln €) (mln €) €) Fondi specifici per l’infanzia e l’adolescenza Fondo infanzia e adolescenza (solo 15 città ex 43.9 285/97) Fondo servizi prima infanzia 100.0 2013 (mln €) 43.9 40.0 35.2 40.0 40.0 100.0 0.0 0.0 0.0 0.0 Fondo per le politiche sociali (FSN) 2009 € 1.420.580.157 € 583,9 mln 2010 € 1.289,3 mln € 435.257.959 2011 2012 2013 / / / / € 218.084.045 € 69.954.000 € 44.590.000 ALTRI FONDI (nella previsione del 2011) Fondo per le politiche della famiglia (mln €) 2009 186.600 2010 185.300 2011 51.475 2012 52.536 2013 31.391 Il Gruppo CRC raccomanda: Fondo pari opportunità Fondo politiche giovanili (mln €) (mln €) 40.00 79.8 38.7 48 (*) 17.156 12.788 17.198 13.432 al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di definire il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali per il 2012, coerentemente con il fatto che lo stesso eredita gran parte del Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza. La mancanza di banche dati In Italia mancano sistemi di raccolta dati centrati sui minorenni rappresentativi ed uniformi tra le varie Regioni in modo da essere comparabili e aggiornati puntualmente. In particolare si segnala la mancanza di dati certi su alcune questioni specifiche: per il contrasto della pedofilia e pornografia minorile (Legge 38/2006), i minori adottabili (avvio dell’operatività della «Banca Dati dei Minori Adottabili e dei Genitori in attesa di adozione»,ex. art. 40 Legge 149/01 e la raccolta dei dati disaggregati in riferimento alle diverse tipologie di adozioni in casi particolari ex. art. 44;) e per i minori fuori dalla famiglia, la cui modalità di raccolta dati – frammentaria e disomogenea – rende difficile la costruzione di un sistema informativo nazionale. Non esiste infine un sistema nazionale di raccolta e analisi dei dati sulla violenza e maltrattamento dei minori e sui bambini con disabilità, inclusi quelli di età compresa dai 0 ai 6 anni. Il Gruppo CRC raccomanda: al Governo e alle Regioni, un impegno concreto per realizzare un sistema di raccolta dati. Il coordinamento L’attuazione della Convenzione richiede un coordinamento settoriale incrociato visibile al fine di riconoscere e attuare i diritti dei bambini all’interno del Governo, tra i differenti livelli di governo e tra Governo e società civile. In Italia, invece, se da un lato si moltiplicano i luoghi di coordinamento sulla promozione dei diritti dei minori che spesso non dialogano o si sovrappongono, dall’altro vi sono strutture importanti che subiscono gravi battute d’arresto. Molte criticità derivano proprio dall’assenza di un collegamento strutturato e quindi di un coordinamento tra l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e le altre figure istituzionali incaricate di monitorare lo stato di attuazione dei diritti dell’infanzia e l’adolescenza (es. Garante Nazionale e Garanti Regionali). Vi é soprattutto una difficoltà cronica nel recuperare e comparare i dati necessari ad effettuare il monitoraggio e una difficoltà nella lettura dei dati forniti da Ministeri, Regioni e Amministrazioni in generale, rispetto alla spesa effettivamente sostenuta per l’infanzia e l’adolescenza a causa di diversi modi di classificazione delle spese nei diversi capitoli di bilancio. Il Gruppo CRC raccomanda: al Governo, di assicurare la continuità del lavoro dell’Osservatorio Nazionale, terminare il monitoraggio del Piano Infanzia 2010-2011 nei tempi previsti e di programmare da subito i lavori per la stesura del nuovo Piano Infanzia, auspicando la previsione di fondi per la sua stessa implementazione. Selezione dei temi e delle Raccomandazioni tratte dal 5° Rapporto Lavoro minorile E’ ancora assente in Italia un monitoraggio istituzionale per conoscere, prevenire e contrastare il lavoro minorile illegale, quell’insieme di attività svolte dai minori di 16 anni. I più esposti al fenomeno sono i minori maschi, in un età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, di nazionalità straniera, che vivono in una famiglia monogenitoriale o in un nucleo con più minori, e risiedono in un territorio con un alto tasso di disoccupazione. Sulla valutazione dei possibili legami tra il rischio di povertà infantile e lavoro precoce, l’Isfol evidenzia come in Italia l’incidenza di minori a rischio di povertà sia al di sopra della media europea (il 24% contro il 19%). L’Italia si trova in una posizione di svantaggio rispetto agli altri Paesi avanzati, con una percentuale di bambini che vivono in famiglie con reddito inferiore al 50% della mediana nazionale prossima al 17%, e soprattutto con un trend in crescita di 2,6 punti percentuali per l’intero arco degli anni ’90. Non solo, quindi, l’Italia ha un valore di povertà minorile elevato in termini assoluti e comparativi rispetto agli altri Paesi avanzati, ma non ha registrato neanche un andamento decrementale di tale fenomeno, piuttosto di avanzamento. In tal senso, il lavoro precoce rappresenterebbe una misura non solo della povertà materiale infantile in senso stretto, quanto di una combinazione generale di scarsità di mezzi economici e di beni culturali, che può tradursi nel tempo, così come più volte evidenziato nelle indagini citate, in una situazione di svantaggio sociale, cognitivo e relazionale difficilmente colmabile, il cui esito può essere spesso rappresentato dal circuito dei lavori poveri adulti. Il Gruppo CRC raccomanda: al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di intraprendere un monitoraggio del lavoro minorile, livello nazionale e locale, attraverso l’implementazione di un Sistema statistico; di attivare strumenti operativi di promozione di policy ed interventi sul tema; di concludere l’aggiornamento e la sottoscrizione della nuova «Carta di impegni contro lo sfruttamento del lavoro minorile», comprensiva di un Piano d’Azione contro le forme peggiori di lavoro minorile secondo quanto previsto dalla Convenzione ILO. Minori stranieri in Italia La prima questione aperta è quella del diritto alla protezione e all’accoglienza in Italia dei minori stranieri non accompagnati (MNA), che al 31 dicembre 2011 risultano essere 7.750, di cui 1.791, alla stessa data, risultano irreperibili. La maggior parte dei MNA segnalati al Comitato Minori Stranieri (7.333) sono ragazzi di età compresa tra i 16 (2.006) ed i 17 anni (4.207) e sono stati collocati in strutture per minori (6.844). A livello legislativo manca un unico testo legislativo di riferimento per la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Un punto critico è rappresentato anche dalle inadeguate condizioni di prima accoglienza e dalla mancanza di un sistema nazionale di accoglienza. I luoghi in cui i minori vengono accolti al loro arrivo o rintraccio sul territorio sono inidonei, soprattutto per un periodo prolungato e manca un sistema nazionale di accoglienza che consenta di individuare in tempi rapidi se e in quali Comuni ci sono posti disponibili in comunità per minori e che chiarisca la competenza e la responsabilità, anche economica, ad effettuare il collocamento del minore. Tra le questioni più critiche rispetto alla protezione e all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati resta quella dall’accertamento dell’età. Nel tentativo di accertare l’età dichiarata dai migranti si dovrebbe infatti ricorrere ad esami medici soltanto come extrema ratio, ovvero solo qualora emergano dubbi palesi e fondati rispetto alla dichiarazione resa e non sia possibile stabilire l’età in altro modo, ad esempio tramite la richiesta dei documenti alle Autorità consolari del paese di origine. Nella prassi, accade che si utilizzino esami medici prima e/o in luogo di altri strumenti e, perlopiù, anche quando non sussistono dubbi fondati, essendo la maggiore o la minore età palese. Il Gruppo CRC raccomanda: al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Ministero dell’Interno e d’intesa con la Conferenza StatoRegioni, di adottare a livello nazionale procedure omogenee per l’accertamento dell’età basate indagini multidisciplinari e a tal fine individuare le strutture idonee a svolgere tali accertamenti medici, chiarendo che vi si deve ricorrere solo in caso di dubbio fondato sull’età e solo qualora non sia possibile determinare altrimenti l’età del soggetto; al Governo, di creare un sistema nazionale per la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, finanziato con uno specifico fondo pluriennale, che tenga conto dei posti disponibili su tutto il territorio nazionale e sia collegato a meccanismi di monitoraggio degli standard di accoglienza. Il profilo di salute dei minori stranieri e condizionato da molteplici fattori ed eventi, che li interessano congiuntamente ai loro genitori o che sono specifici della loro condizione di minori. Li possiamo oggi definire “determinanti sociali”, e comprendono tra gli altri la possibilità di avvenuta esposizione nel paese di provenienza a eventuali specifici fattori di rischio (ambientali, microbiologici, culturali e/o comportamentali); il percorso migratorio, a volte particolarmente logorante sul piano fisico e psicologico; al momento dell’arrivo nel paese ospite, la capacità di accoglienza della società – condizionata dallo status giuridico – e il grado di accessibilità e fruibilità dei servizi socio-assistenziali. L’essere soli, ricongiunti in rapporto all’età, nati in Italia, adottati o figli di irregolari condizionerà significativamente il loro profilo di salute e le possibilità di intervento. A fronte di una popolazione in crescita che, realisticamente, rappresenta il futuro dell’Italia, la risposta della politica è incerta e in ambito sanitario il tema della salute degli immigrati è stato ignorato nell’ultimo Piano sanitario nazionale. Inoltre, proposte specifiche di politiche sanitarie migliorative espresse da rappresentative società scientifiche non sono state prese in considerazione. In ambito locale, con il progressivo decentramento amministrativo, particolarmente avanzato nel campo della sanità, si registra una forte disomogeneità anche nell’applicazione delle normative nazionali in ambito di accessibilità dei servizi sanitari da parte dei minori stranieri e delle loro famiglie, cosa che si ripercuote sulle loro condizioni di salute. La conseguenza di politiche nazionali incerte e di politiche locali disomogenee, sono le disuguaglianze nell’accesso ai servizi da parte dei minori stranieri e delle loro famiglie. In particolare sulla nascita si sono concentrati i maggiori studi e in tutti si evidenziano esiti peggiori tra gli stranieri: prevalenza di nati pretermine, di nati con basso peso e di punteggio Apgar a 5 inferiore a 8 (indice di sofferenza neonatale) e anche un eccesso di natimortalità. Il Gruppo CRC raccomanda: al Ministero della Salute, di recepire quanto gli operatori di settore ed i tecnici delle Regioni propongono e cioè prevedere l’iscrizione obbligatoria al SSN, o almeno garantire il Pediatra di libera scelta e il Medico di medicina generale a tutti i minori stranieri presenti sul territorio nazionale, a prescindere dalla loro condizione giuridica. Cittadinanza Il Gruppo CRC chiede che di intraprendere una riforma legislativa che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori e di riformare la Legge 91/1992 al fine di garantire percorsi agevolati di acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia e per i minori arrivati nel nostro Paese in tenera età. Secondo i più recenti dati ISTAT, la popolazione straniera residente in Italia al 31 dicembre 2010 contava 4.570.317 persone, di cui circa il 22% (993.238 unità) minorenni. Tra questi circa 650.000 sono nati in Italia (le c.d. seconde generazioni); nel 2010 sono nati da entrambi i genitori stranieri (comunitari e non comunitari) circa 78.000 bambini. Nell’anno scolastico 2010-2011, infine, sono stati 711.046 gli alunni di cittadinanza non italiana iscritti nel sistema scolastico nazionale, il che equivale al 7,9% del totale della popolazione scolastica. Se si confrontano questi dati con quelli relativi alle acquisizioni di cittadinanza, in particolare per i neo diciottenni di origine straniera nati in Italia, risulta evidente lo scarto tra la presenza sempre più significativa delle seconde generazioni e il numero relativamente modesto di acquisizioni di cittadinanza. Nel 2010, infatti, secondo il Ministero dell’Interno le cittadinanze concesse a seguito di residenza o matrimonio sono state 40.084, mentre quelle concesse dai Comuni sono state 25.854. Secondo un’indagine condotta nell’autunno del 2011, 7 adolescenti su 10, sia italiani che di origine straniera, non sono a conoscenza della legislazione relativa all’acquisizione della cittadinanza italiana, percentuale pressoché invariata anche quando la domanda è stata posta a un target adulto. Inoltre, la maggior parte degli adolescenti italiani (67%) e la quasi totalità di quelli di origine straniera (91,7%) sono risultati d’accordo nel concedere di diritto la cittadinanza a chiunque nasca in Italia, anche da genitori stranieri. Nell’anno scolastico 2010-2011 gli studenti di cittadinanza straniera sono stati 709.826: il 37,1% nel Nord Ovest, il 28,4% nel Nord Est, il 23,3% nel Centro, il 7,9% nel Sud e il 3,4% nelle Isole. Le cittadinanze rappresentate nella scuola italiana sono 188, portatrici di differenze che si configurano da un lato come apporti innovativi al contesto socio-scolastico, e dall’altro come specifiche esigenze poste all’organizzazione scolastica. Oltre alla dimensione quantitativa e al ritmo di aumento, un altro fattore di rilevante importanza è il legame territoriale, tramite la nascita in Italia, di quelli che continuano a essere chiamati minori stranieri. Al 1° gennaio 2011, tra i 4.570.317 stranieri residenti, i minori sono stati 993.238 e i nati in Italia quasi 650.000, pari al 13% degli immigrati residenti (1 ogni 8). La nascita in Italia è la condizione del 78,4% degli iscritti stranieri della scuola dell’infanzia (3 su 4) e del 53,1% di quelli frequentanti la scuola primaria (circa 2 su 4). La scuola quindi va sollecitata a maturare un’acquisizione più piena della dimensione strutturale dell’immigrazione, ormai fondamentale nella società italiana di oggi e del futuro. Il Gruppo CRC raccomanda: al Parlamento, una riforma che garantisca il diritto alla registrazione per tutti i minori indipendentemente dalla situazione amministrativa dei genitori e di garantire percorsi agevolati di acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia e per i minori arrivati nel nostro Paese in tenera età; al MIUR, di assicurare una rapida inclusione dei minori stranieri nelle scuole italiane, superando le rigidità derivanti dall’applicazione di criteri meramente quantitativi nella formazione delle classi, insistendo sulla predisposizione di materiale informativo e della modulistica in diverse lingue straniere, nonché sull’istituzione ordinaria di un protocollo e di una commissione di accoglienza dei minori di origine straniera e sulla presenza stabile nelle scuole dei mediatori culturali; al Ministero dell’Interno e alle Prefetture, di garantire che le pratiche di ricongiungimento familiare siano celeri e al minore la possibilità di arrivare in Italia prima dell’inizio dell’attività scolastica, così da poter avviare la formazione alla lingua italiana con tempestività; all’ISTAT, di raccogliere e rendere pubblici i dati sulle cittadinanze concesse dai Comuni ai neo maggiorenni di origine straniera nati in Italia. Comunità di accoglienza per minori Gli ultimi dati disponibili, aggiornati al 31 dicembre 2008, evidenziano la presenza di 15.500 bambini e ragazzi accolti in servizi residenziali, dato che rimane stabile se confrontato con la prima indagine avvenuta nel 1998 da parte del Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, ma in crescita del 34,2% rispetto agli ultimi dati del 2005. Tra bambini e ragazzi accolti in servizi residenziali spicca come negli ultimi dieci anni sia aumentata in maniera più che significativa la presenza di minori stranieri (passando dal 18% del 1998 al 32% del 2008) divenendo addirittura maggioritaria in alcune regioni del Centro e del Nord. Questo aumento di minori stranieri è imputabile in larga parte all’alto numero di minori stranieri non accompagnati, che rappresentano in alcune regioni più della metà dei minori stranieri accolti. Rispetto all’età di inserimento dei bambini, le fasce estreme di età, ovvero quella dei bambini particolarmente piccoli, di 0-2 anni, e quella dei ragazzi a ridosso della maggiore età di 15-17 anni, rappresentano una più alta incidenza di ricorso all’inserimento nei servizi residenziali piuttosto che all’affidamento familiare. Rimane problematica la questione della raccolta dati dei minori collocati in comunità, la situazione infatti appare ancora disomogenea sul territorio nazionale, con situazioni critiche in Abruzzo e in Calabria, dove non risultano attive esperienze di monitoraggio, ed esperienze poco soddisfacenti in Sardegna e in Sicilia, dove non sono a disposizione veri e propri sistemi di raccolta dati. Solo in sette casi su diciasette i dati a disposizione delle Amministrazioni regionali sono riferiti al singolo bambino collocato in comunità, mentre nelle restanti Regioni i dati sono aggregati. Le modalità di raccolta dati, così frammentate e disomogenee a livello nazionale, portano ad una scarsa comparabilità delle informazioni e quindi alla difficile costruzione di una banca dati nazionale, che sarebbe necessaria per avere un serio monitoraggio dei minori fuori dalla famiglia come raccomandato dal Comitato ONU. Il Gruppo CRC raccomanda: alle Procure della Repubblica, per i minorenni il monitoraggio costante circa la situazione dei minori in comunità, in attuazione di quanto previsto dalla Legge 184/1983 e s.m., ex art. 9 comma 2 e 3 e art. 25 CRC, al fine di rendere effettivo ed esigibile al minore il diritto alla famiglia. Altri temi trattati nel 5° Rapporto 3° Protocollo Opzionale alla CRC L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il 19 dicembre 2011 un nuovo «Protocollo Opzionale» alla CRC sulla «procedura di presentazione di comunicazioni» che prevede, per la prima volta, rimedi contro le violazioni dei diritti fondamentali dei minori riconosciuti dalla CRC. Il Protocollo consentirà la difesa dei diritti dei minorenni attraverso la presentazione di segnalazioni o di vere e proprie denunce al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, con sede a Ginevra. Il Comitato avrà dunque nuove competenze e dovrà presentare un rapporto biennale all’Assemblea Generale dell’ONU sulle funzioni esercitate. Nella versione finale del Protocollo non è stata inclusa la possibilità di presentare denunce «collettive». Questo rappresenta un forte limite, visto che in Italia non esistono strumenti adeguati per la difesa dei diritti e interessi «diffusi» (di una categoria di soggetti non individuati) e «collettivi» (di una pluralità di soggetti individuati), né esistono, in particolare, meccanismi che consentano la difesa dei diritti della CRC in via sistematica da parte di organizzazioni e associazioni di categoria. Il nuovo Protocollo apre comunque nuovi scenari per la difesa dei diritti dei minori, perché nella procedura individuale il minore non deve necessariamente essere accompagnato da un proprio rappresentate legale. Il Gruppo CRC raccomanda: al Parlamento, di ratificare il nuovo protocollo opzionale della CRC; al Governo e al Parlamento, di provvedere, in occasione della ratifica, anche alle dichiarazioni opzionali che consentiranno di ricevere segnalazioni da altri Stati e di consentire nei propri confronti la procedura d’inchiesta in caso di violazioni gravi o sistematiche; al Governo e a tutti i Ministeri competenti, di diffondere il contenuto del nuovo Protocollo. Convenzione di Lanzarote L’armonizzazione delle leggi tra i vari paesi, è fondamentale per attuare interventi di contrasto efficaci, tuttavia permangano ancora molte differenze. La stessa definizione di pedopornografia varia da paese a paese, e in alcuni casi, come in Italia, il sistema giuridico non prevede ancora una sua definizione, che per contro viene nuovamente sollecitata dal Comitato ONU. Un adeguamento in questo senso sarebbe possibile in tempi rapidi grazie alla ratifica della Convenzione di Lanzarote da parte dell’Italia. Il disegno di legge è ancora in discussione in Parlamento, ma si segnala che tra le misure recepite, si prevede l’introduzione di una definizione in linea con la Convenzione e di nuove fattispecie di reato come «l’adescamento on line». Parte del fenomeno della pedopornografia su Internet non è connesso ad aspetti commerciali e di profitto. Si tratta di attività attraverso le quali i potenziale abusanti cercano di mettersi in contatto con i minori, attraverso i canali di comunicazione che gli stessi usano su Internet o attraverso i cellulari: social network, chat, forum, blog e newsgroup. In questo caso la sensibilizzazione e l’educazione dei minori sono strumenti di prevenzione essenziali, ribaditi anche in seno all’Agenda Digitale Europea, che sottolinea il ruolo fondamentale che la scuola può esercitare in questo senso e la necessità di attrezzarsi per poterlo fare nel modo più efficace possibile. E’ importante, altresì investire sulla formazione degli educatori e degli insegnanti, per introdurre nei programmi di formazione e di aggiornamento elementi che consentano di conoscere il fenomeno dell’abuso sessuale dei minori attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie e le relative implicazioni, sia in termini preventivi che di presa in carico delle vittime. In particolare, è necessario un approfondimento delle dinamiche dell’abuso on line che consentano valutazioni appropriate e programmi terapeutici in grado di includere gli aspetti psicologici caratterizzanti il vissuto dei minori vittime di abuso attraverso le nuove tecnologie che si possono aggiungere e sovrapporre a quelle dell’abuso sessuale di per sé e rientrare nei programmi di formazione e aggiornamento destinati agli operatori socio-sanitari e dei professionisti che lavorano con l’infanzia. Il Gruppo CRC raccomanda: al Dipartimento Pari Opportunità, di garantire la piena operatività dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, in particolare in merito alla raccolta sistematica dei dati relativi ai reati di natura pedofilia, al fine di avviare analisi specifiche del fenomeno e conseguentemente adottare misure idonee di contrasto, di prevenzione al fenomeno e di supporto alle vittime ed agli abusanti (anche minorenni); al Governo e alla nuova «cabina di regia» incaricata di costruire e avviare un piano di implementazione dell’Agenda Digitate Italiana, di includere misure finalizzata alla tutela online dei minori nelle strategie di sviluppo che verranno adottate; al Parlamento, di approvare le legge di ratifica delle Convenzione di Lanzarote, assicurando la validità delle misure da essa adottate sul cybercrime. E’ possibile scaricare il Rapporto completo dal sito: www.gruppocrc.net