Archeologia Medievale XXXVII, 2010, pp. 385-396 Fede Berti, Davide Mengoli, Maurizio Molinari Iasos (Turchia). Relazione preliminare sulle ricerche archeologiche compiute nel castello dell’acropoli 1. IL CASTELLO DELL’ACROPOLI destinato a presidiare l’accesso alla penisola dall’entroterra) è da poco allo studio dell’équipe della Facoltà di Architettura “Valle Giulia” dell’Università La Sapienza di Roma che fa capo ad Alessandro Viscogliosi9. Anche su queste fortificazioni, di genesi forse diversa, riposano infatti le testimonianze delle più tarde vicende del sito, che negli anni 1337 e 1375 costituiva lo scalo di navi veneziane per l’acquisto di allume (due trattati commerciali sono firmati dal Duca di Candia e dal Bey residente a Becin Kale) e che in epoca ancora posteriore contava – pare – su un piccolo gruppo stanziale, come suggeriscono gli oggetti che corredano alcune inumazioni della necropoli dell’agora10. Alla fortificazione che circonda la sommità della penisola su cui sorse Iasos (fig. 1), fino ad epoca recente, sono state prestate assai scarse attenzioni in confronto a quelle destinate agli edifici di età ellenistica e romana, i cui resti, pure essi in taluni casi ancora imponenti, si susseguono o concentrano in altri settori della città. Il perimetro fortificato è indicato come medioevale1, bizantino2, ottomano 3, dei Cavalieri, attribuzione questa che, prospettata da Doro Levi anche in base ad “alcuni stemmi” osservati in occasione degli iniziali sopralluoghi all’interno del castello, ha poi trovato un certo consenso4. Per E. Pagello risalirebbe al periodo compreso tra XIV e XVI secolo5; per N. Masturzo al XII-XIII secolo6. Nel Piri Re’is Bahrie (1521), la costruzione del “castello” di Asin (Iasos) è attribuita a «un signore dell’Islam»7. L’analisi del complesso, avviata dapprima mediante il rilievo e la fotogrammetria dell’intero circuito murario (2006 e 2007), quindi (2007 e 2009) con lo scavo (per ora intrapreso in corrispondenza dell’accesso principale, del primo ambiente interno alla sinistra della porta (torre B compresa) e dell’ambiente d’angolo simmetrico alla torre Q8), intende acquisire elementi utili a dare risposta a numerosi interrogativi. Il momento sembra particolarmente propizio in quanto anche il “castello dell’istmo” (fortilizio, questo, F.B. 2. BREVE DESCRIZIONE DEL COMPLESSO (fig. 2) Il perimetro quadrilatero irregolare, rinforzato da 15 torri, delimita uno spazio di ca. 10.000 m². L’accesso principale si apre a Settentrione, ovvero verso la città e l’entroterra, mentre un secondo, più piccolo passaggio, sul versante opposto, doveva consentire di raggiungere rapidamente la sottostante insenatura del porto occidentale. L’ingresso settentrionale è difeso da una coppia di torri a pianta quadrata; l’altro era forse sovrastato da un cassero. Le restanti torri, alternativamente quadrate e a ferro di cavallo, si susseguono abbastanza regolarmente ad Oriente e Meridione, essendo il lato occidentale, costruito lungo la balza rocciosa, munito di due soli contrafforti: una torre a pianta quadrata e una sorta d’avancorpo semicircolare. Il sistema d’accesso alla cinta e alle torri, ben conservato, comporta 13 scale (quattro contrapposte) ricavate nel muro stesso (di spessore compreso tra 1,60 e 2,00 m); sono inoltre conservati gli accessi agli ambienti posti al primo piano delle torri. Tali ambienti avevano feritoie; una delle torri si innalza ancor oggi fino a ca. 6 m. Alle mura si addossavano numerose costruzioni. Lo si ricava non soltanto dall’accumulo delle macerie, più consistenti in taluni settori piuttosto che in altri, ma anche (e sopra tutto) dai fori di inserimento nelle mura Judaich 1890, passim. Guidi 1924, pp. 345-6. 3 Bean, Cook 1957, p. 101. 4 Levi 1963, p. 507. Negli archivi della Scuola Archeologica Italiana di Atene una fotografia mostra lo “stemma” a cui accenna Levi; trattasi, in realtà, di uno dei plutei (ora esposto nel Balık Pazarı) della basilica dell’acropoli. 5 Levi 1991, p. 488 ss. 6 Levi 1995, p. 182. Così pure Ruggieri 2005, p. 247 s. 7 Richiamato da Ragone 1993, p. 885, nota 50, per il quale il kastro dell’acropoli potrebbe risalire al periodo dei Cavalieri e, in altra traduzione, da Masturzo, l.c., p. 170, nota 24. In Ragone: «…Un grande castello in rovina che chiamano Asin, al cui centro è stato costruito un castello. Quest’ultimo dicono sia stato edificato per ordine di un sultano vissuto non molto tempo fa, ed è ancora integro. Davanti a questi due castelli c’è il porto artificiale, al cui ingresso il sultano Beyazid Han fece costruire un bastione, che esiste ancora». 8 Allo scavo, al rilievo e alla documentazione fotografica hanno lavorato Valentina Cabiale, Lucia Festa, Michele Giombini, Moreno Fiorini, Flavia Giberti, Giulia Lodi, Davide Mengoli, Maurizio Molinari; alla fotogrammetria Mauro Giannini, Michele Cornieti e Francesco Tioli (Facoltà di Architettura della Università di Firenze). Laura Ruffoni e Anna Maria Monaco hanno realizzato i disegni dei materiali, Devrim Bekret il loro restauro. 1 2 9 Le due relazioni preliminari del prof. Viscogliosi datano al 2009 e 2010. Si deve aggiungere che la stratigrafia dallo scavo in corso lungo la stoa occidentale dell’agora, sulla quale il castello dell’istmo insiste parzialmente, fornisce dati anche per le sue fasi iniziali. 10 Zachariadou 1983, s.v. Asinkalesi, Lasso, Iassos. Per la necropoli dell’agora, costituitasi attorno alla basilica di età giustinianea, Berti c.s. 385 NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO delle travature lignee dei coperti: singoli o affiancati in numero da due a quattro, di tali edifici si rilevano tracce più rade lungo il lato occidentale del perimetro (interessato, in realtà, da un esteso crollo che ne ha ridotto fortemente l’altezza). Quasi al centro, nel punto più alto, una grande cisterna rettangolare in origine coperta da una volta11, all’interno della quale si scende da sud mediante una breve scala, costituiva l’elemento di aggregazione di un ulteriore gruppo di ambienti. Per ciò che riguarda i materiali della costruzione va precisato che l’uso del laterizio e di blocchi architettonici (d’ordine dorico) si concentra in un tratto del lato esterno orientale, precisamente tra le torri F e G. F.B., M.M. 3. I SAGGI DI SCAVO L’accesso principale della fortificazione (fig. 3) La porta a nord si apre tra le torri A e B. Viste dall’esterno, queste appaiono pressoché identiche, tuttavia la torre A è conservata per una altezza maggiore – pari a 4,36 m dalla soglia rispetto a 3,41 m dell’altra – in quanto il banco di roccia sul quale è fondata si trova ad una quota inferiore dell’altro; il dislivello è massimo in coincidenza dello spigolo nord-ovest. Un primo intervento ha interessato l’accesso alla porta mediante un sondaggio longitudinale dal filo esterno delle due torri fino a qualche metro all’interno della fortificazione. A seguito del rinvenimento della soglia ancora in posto e di una situazione stratigrafica ben conservata, si è dato corso allo scavo dello spazio compreso tra le torri A e B, del corridoio e della porzione contigua di strada interna12. L’area, all’esterno, era caratterizzata da un potente strato di crollo degli alzati composto da elementi lapidei e calce (us 2). Il crollo copriva il piano inclinato (us 5), in appoggio e quasi a livello del filo superiore della soglia, e raccordava i salti di quota della roccia degradante13 (us 11). Il piano di calpestio è costituito da un battuto di terreno rossiccio con numerose scaglie ed elementi lapidei disposti di piatto e coperto da un sottile strato con cenere e carboni, in prevalenza localizzato vicino all’ingresso (us 6), che ha lasciato traccia anche sugli stipiti e per circa 1 m di altezza alla base delle torri (fig. 4). Lo scavo del corridoio ha posto in evidenza le medesime caratteristiche stratigrafiche dell’esterno, ovvero il crollo degli alzati (us 2) a copertura dei gradini di roccia (us 11) raccordati con terreno di riporto (us 5). Anche in tale zona sono emerse le tracce dell’incendio che precedette il crollo degli alzati (us 12). La porta conserva la soglia e le porzioni inferiori degli stipiti, costituiti da blocchi marmorei di reimpiego. La soglia, parallelepipeda, spaccata circa a metà, con dimensioni di 180×29 cm, è posata a filo dell’esterno degli stipiti ed è più corta dell’apertura di 20 cm. Il portale era fig. 1 – Iasos. La pianta della città. La vide quasi intera G. Guidi; cfr. nota 2. Il caposaldo di riferimento delle quote (0.00) è stato posto sulla soglia. 13 Il taglio di approfondimento praticato lungo la base della torre B ha permesso di osservare che l’allettamento in calce della muratura fu eseguito direttamente sulla roccia. 11 12 fig. 2 – Iasos. Pianta del castello dell’acropoli con localizzazione degli scavi. 386 NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO fig. 3 – Iasos, castello dell’acropoli. L’ingresso settentrionale, l’edificio 1 e la torre B. fig. 4 – Iasos, castello dell’acropoli. La porta settentrionale in corso di scavo. 387 NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO fig. 5 – Iasos, castello dell’acropoli. L’interno della porta settentrionale. a tutto sesto, con un architrave che dava probabilmente alla porta la dimensione di 2×2,50 m14. La porta aveva due battenti incardinati alla base, come indicato dai fori dei perni (fig. 5). Di forma emisferica, questi furono praticati nell’angolo est direttamente sulla roccia, di fronte sopra un concio squadrato sporgente dalla muratura ed incassato sotto lo stipite. Sui muri laterali interni alla porta, a 80 cm d’altezza dalla soglia e a 10 cm di distanza dagli stipiti, si vedono i fori quadrati contrapposti utilizzati per bloccare la porta con una trave orizzontale che rientrava a scomparsa nello spessore del muro, ad ovest. La cavità ad est ha il lato di circa 18 cm (usm negativa 23); quella opposta è più ampia per consentire l’inserimento di un fermo a cuneo, con una corsia profonda oltre 3 m (usm negativa 21). Alle spalle degli stipiti, nello strato di carboni e cenere (us 12), si sono rinvenuti numerosi chiodi da legno piegati e fasce metalliche con fori, parte probabilmente della corazzatura della porta, la cui lunghezza, rapportata alle dimensioni dei fori dei cardini e alla distanza tra gli stipiti e le cavità del trave passante, permette di ricavare che lo spessore dei battenti era pari a ca. 10 cm. con scaglie (us 7). Il primo strato, costituito dal crollo del paramento difensivo (us 2), copriva parzialmente il crollo dei muri (us 15) e, in sequenza, lo strato originato dal disfacimento degli alzati in terra (us 15b). Lo strato us 10, sopra al piano d’uso (us 17b), era caratterizzato da accumuli ad alta concentrazione di legni carbonizzati, regolari come trama, disposti longitudinalmente, da interpretarsi come il residuo della carpenteria del tetto (us 17). Sulla base della posizione dei fori visibili nel muro di fondo (uussmm 33, 34 e 35) indicanti l’innesto delle travature, si può ritenere che il tetto avesse un’unica falda e fosse coperto con materiali vegetali e limo16. I residui carbonizzati del tetto giacevano sopra ad un sottilissimo strato, anch’esso ridotto in cenere, che costituiva probabilmente il residuo di quanto (strame o paglia) si era andato depositando nel periodo d’uso17 (us 17b). Sopra a tale strato sono state rinvenute numerose lamelle di ferro, alcune con borchie in rame, frammenti di vasi e una pentola, schiacciata ma completa. La pentola si trovava di fronte ad una nicchia formata dal muro, interpretabile come la base di un camino (fig. 7). Il piano di calpestio (us 18) era costituito dalla roccia nativa, alta a ridosso della cinta, e da scaglie di calcare frammiste a terriccio rossastro; nell’angolo sud-est, una zona di circa 1 m quadrato, con calce spalmata sul pavimento, potrebbe aver avuto una funzione particolare. La presenza della roccia ha determinato nel piano dislivelli di circa 30 cm verso est e di altrettanti in direzione dell’entrata, verso sud. I muri L’edificio 1 (fig. 6) L’edificio, ubicato alla sinistra dell’ingresso e addossato alle mura, misura 6,20×3,75/4,00 m e mostra un’apertura di circa 2 m al centro del lato ovest15. I muri, conservati per un’altezza di 1 m nel tratto più alto, con spessore variabile tra i 35 e 45 cm, sono costruiti con blocchi di reimpiego (calcare) legati con terriccio rossastro e regolarizzati 16 Vista la discreta lunghezza dell’edificio è probabile che le travature portanti del tetto (di cui non si sono ritrovate tracce) fossero disposte lungo i lati corti. Per la copertura potrebbe essere stato utilizzato materiale vegetale elastico, isolante e robusto. Il limo marino rinvenuto in grumi tra i residui carboniosi del crollo potrebbe avere avuto lo scopo di isolare la struttura contro azioni incendiarie dall’esterno. 17 La superficie delle lamelle a contatto con lo strato conserva la trama di sottili elementi vegetali. 14 Dopo un sondaggio sono stati scavati i 3/4. Nella parte superiore destra, appena sotto l’attacco della volta del portale, è visibile il foro irregolare causato dallo strappo dell’architrave. 15 L’accesso aveva in posto la parte inferiore dello stipite sinistro (blocco di riutilizzo di marmo), altri frammenti del quale stavano nel crollo. 388 NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO fig. 6 – Iasos, castello dell’acropoli. L’edificio 1 e la torre B da sud-ovest. cata di lato rispetto alla linea mediana ma in asse con il filo interno del muro orientale della torre, doveva affacciarsi su un ballatoio ligneo (se ne conservano i fori quadrati d’innesto sul muro) che permetteva l’accesso al vano, a cui si saliva tramite una scala dall’edificio 1 o scendeva dal camminamento di ronda. In base alla posizione dei fori, quattro a sinistra e uno a destra dell’apertura (uussmm negative 15, 16, 17, 18 e 14), non si esclude che il ballatoio potesse proseguire fino a raggiungere un ambiente posto sopra l’ingresso. Lo scavo del vano ha posto in evidenza i fori delle travature del solaio (ussmm 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 e 31), disposti sui lati corti ad una distanza media di 60 cm. La loro presenza e la rasatura dei giunti nel paramento interno della torre permettono di ipotizzare che vi fosse una camera sottostante, servita da una scala interna. Non è stato possibile raggiungere il fondo del vano; a circa 2 m dal livello del corridoio e quindi a circa più 1,90 m dalla quota della soglia, si è viceversa rimosso parte del crollo interno. Tra le macerie (us 14) si segnala la presenza di un frammento di ciotola ingobbiata e invetriata verde, molto simile ad un altro rinvenuto sul pavimento dell’edificio 1. La torre A, alla destra dell’ingresso, forma un corpo unico con la cinta e non presenta aperture, per quanto il suo lato interno raggiunga all’incirca la stessa quota di quello della torre B – rispetto alla soglia poco più di 5 m la prima e 4,80 m l’altra – (fig. 8). Ha tre muri di spessore variabile da 1 a 1,20 m, mentre il quarto lato, che fa corpo unico con la cinta, raggiunge i 2 m. Sebbene non siano state individuate tracce di feritoie, come in quasi tutte le restanti torri, le macerie all’interno fanno ipotizzare che vi fosse fig. 7: Iasos. Castello dell’acropoli. Edificio 1, il piano d’uso e il muro meridionale. s’impostano sul piano di scaglie, quindi la loro costruzione seguì un’acconcia predisposizione del suolo. La torre B Il sondaggio della torre B ha interessato l’intero corridoio d’accesso e circa un quarto del vano interno. Il corridoio (2×0,95 m), conservato solo nella parte inferiore, attraversa il muro di cinta mettendo in comunicazione il vano con l’interno della fortificazione18. L’apertura, ubi18 Anche qui sul piano di calpestio in calce si è osservato uno strato di cenere e carbone, residuo forse di un incendio. 389 NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO fig. 8 – Iasos, castello dell’acropoli. Fotogrammetria dell’ingresso settentrionale dall’interno della fortificazione. un vano di circa 2,35×3,50 m, probabilmente accessibile dagli spalti. A questo si doveva giungere anche per mezzo della lunga scalinata, una tra le meglio conservate, posta da ovest verso est sul lato interno della cinta. La torre B presenta proporzioni molto simili a quelle della torre A, da cui si differenzia per le dimensioni inferiori dell’ambiente interno (2×3,10 m) e per un corridoio al primo piano. Sopra l’arcata a tutto sesto del portale era forse presente un vano al quale si giungeva dal ballatoio retrostante la torre B. I paramenti murari delle torri mostrano un largo uso di conci di reimpiego alternati con calcare recuperato e sbozzato in loco, legati con malta di calce e spessorati con molte scaglie e qualche frammento di laterizio. I blocchi, più o meno regolari, di medie e grandi dimensioni, furono utilizzati con più rigore selettivo negli spigoli; il riempimento a sacco consiste in prevalenza di materiale irregolare, spezzato, immerso e battuto con abbondante malta. Le inclinazioni dei corsi si adattano all’inclinazione della roccia di base, come si osserva lungo il lato settentrionale e occidentale della torre A. Le irregolarità sembrano indicare che non vi fu una selezione preventiva dei materiali, forse per la necessità di procedere rapidamente alla costruzione. I muri delle torri, ben ammorsati a quello della cinta, indicano un’unica fase costruttiva. I giunti, ora fortemente abrasi dagli agenti atmosferici, hanno spessore irregolare ma dovevano apparire rasati e con spalmatura della calce fuoriuscita durante la costruzione (come si è notato nei tratti interrati sia all’esterno e sia all’interno). La malta utilizzata è chiara, molto compatta ed è composta di sabbia fine con piccole conchiglie e granuli, frustoli laterizi e finissimi nuclei di grassello. La sequenza costruttiva vede dapprima la sistemazione e il raccordo dei salti di roccia, poi la costruzione del perimetro difensivo e dell’edificio 119. La chiazza di un rogo all’esterno dell’entrata, i resti delle ante bruciate della porta in posizione aperta, l’incendio della copertura dell’edificio 1 e quello del corridoio d’accesso all’interno della torre B sembrano indicare un evento violento e terminale. rilievi e sondaggi20. Si tratta probabilmente di un edificio di circa 16 m di lunghezza suddiviso in quattro ambienti, disposto dall’angolo alla prima scala a sinistra della torre A, con copertura ad unica falda (a tettoia). Il lato anteriore non doveva essere rettilineo bensì con tratti rientranti in corrispondenza delle stanze, in conseguenza del fatto che i muri di cinta formano un angolo di 105 gradi. Il vano A (interessato dallo scavo), quadrilatero, più lungo di circa 1 m (us 107b) rispetto al limitrofo, ha una superficie di 23 m quadrati (circa 4,6×5 m), con accesso di 95 cm di larghezza disposto di lato. I muri, di spessore variabile tra 55 e 65 cm, sono composti con blocchi di calcare di piccole e medie dimensioni e scaglie legati con terriccio rossastro. Come nell’edificio 1, sulle strutture basali in pietra gli alzati erano forse in materiali leggeri; il camino era al centro del muro di facciata, lontano dalla torre. Il sondaggio, eseguito a ridosso del muro di cinta (fig. 10), ha portato all’individuazione di un piano d’uso costituito da un gradone di roccia (us 111), con fessurazioni colmate da terriccio rossastro e raccordate con calce (us 106), con un dislivello, nella parte più profonda (coperta anch’essa da calce), di una cinquantina di cm. Un muretto a secco (us 104), collassato nella parte superiore, doveva forse innalzarsi per 1,30 m fino a giungere all’altezza dei due fori allineati sul muro di cinta e probabilmente destinati ad un impalcato ligneo. Sul piano di calce sono stati rinvenuti numerosi frammenti di vasi da cucina e da mensa, una quantità di malacofauna marina e di fauna. La giacitura dei materiali e le caratteristiche dello strato fanno pensare ad un immondezzaio. Sul paramento interno della cinta (fig. 11) sono visibili le tracce di due interventi che modificarono l’accesso alla torre (usm negativa 102): quello originario era più basso di circa 1,10 m rispetto al successivo (conservato solo in minima parte: usm negativa 101). L’apertura, tamponata (usm 103), si trovava in posizione più vicina all’angolo della cinta. La ristrutturazione fu dettata probabilmente dall’innalzamento della torre e dalla necessità di dare agli ambienti interni una diversa disposizione. La stessa forma della torre, l’unica pentagonale, potrebbe rappresentare il risultato di un poderoso intervento di rifacimento. Il vano dell’edificio 11 (fig. 9) Nel settore interno dell’angolo nord occidentale del castello vi è una costruzione in cui sono stati eseguiti D.M., M.M. 19 Un riporto di schegge di calcare (us 20) per colmare i salti della roccia è stato osservato al centro dell’ambiente 1 e, nello stesso ambiente, alla base della scala. 20 Lo scavo ha interessato circa un terzo del vano, la cui perimetrazione è stata ottenuta con la pulizia della testa dei muri. 390 NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO fig. 9 – Iasos, castello dell’acropoli. Il vano A dell’edificio 11. fig. 10 – Iasos, Castello dell’acropoli. Il vano A a scavo ultimato: la roccia a gradoni e, in basso, il piano di calce. fig. 11 – Iasos, Castello dell’acropoli. Prospetti dell’angolo interno del muro in corrispondenza della torre Q e del vano A. 391 NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO 4. I MATERIALI Di più fine pasta rosata è un boccale dal corpo ovoidale percorso da cordonature che dal collo, quasi cilindrico, breve e terminante in un orlo semplice, non raggiungono la base26. Una coppia di bottiglie è documentata dal peculiare, lungo collo sagomato da nervature in cui s’innesta il manico (tav. 2). Il più completo presenta in alto (dove l’imboccatura si restringe) e in basso una sorta di fascia; l’altro è caratterizzato da pennellate diagonali di colore crema. L’impasto di entrambi è rossiccio, granuloso, scabro in frattura27. Vi sono inoltre cinque ciotole di capacità diversa, invetriate e ingobbiate, e un vasetto globulare con breve spalla ricurva solcata da cordonature, labbro molto svasato e vetrina interna di colore verde data parzialmente su ingobbio anche all’esterno28. La pasta di quest’ultimo gruppo di vasi (tav. 3) è rossa, più e meno depurata, identica (Munsell 5 YR 6/6) in due esemplari; il colore verde dell’invetriatura delle ciotole mostra intensità e sfumatura diverse. Le terraglie da fuoco e da dispensa trovano confronti tra i materiali della fortezza bizantina di Zeytinli Bahçe, non tanto per la forma (là prevalgono i vasi mono e biansati dal profilo biconico), quanto per il tipo d’impasto e per la semplicità delle decorazioni incise o impresse di preferenza alla base del collo. La stessa, minuscola bugna posta sul bordo del boccale (tav. 1, 3) evoca, mi sembra, un particolare gusto per le ornamentazioni applicate (in genere sulle anse) diffusosi tra i secoli X e XIII29. La presenza di un pithos dal corpo allungato simile a quello rinvenuto nell’edificio 11 (e i confronti addotti) porta l’ultima fase insediativa di Zeytinli Bahçe, avviata tra il tardo XII e gli inizi del XIII secolo, fino agli inizi del XIV; il carattere militare dell’avamposto, dislocato al pari di Tille Hüyük, Gritille e Samsat lungo l’Eufrate, si sarebbe quindi mantenuto fino al periodo Selgiuchide-Mamelucco30. Per le stesse motivazioni (la forma, ad esempio quella del tegame ansato con fondo concavo o piano; la decorazione quando, ad esempio, ricorre ad incisioni ondulate oblique) appaiono significative sul piano tipologico le ceramiche Coarse e Fine Red Ware di Amorium, le quali tuttavia provengono da strati datati ad epoca più antica (comunque non anteriori all’XI secolo)31, e di Asvan Kale (II e III fase), datate tra XII e XIV secolo32. Quanto rinvenuto nello scavo dell’accesso settentrionale alla fortificazione è precipuamente costituito da elementi metallici appartenenti ai battenti lignei della porta: un certo numero di chiodi di ferro (fig. 12) con testa schiacciata e fusto di sezione quadrata, di lunghezza che varia da 7/9 a 10/13 cm, in alcuni casi ribattuti così da consentire di ricavarne lo spessore dell’assito, e alcune fasce con fori, anch’esse di ferro. Dall’edificio 1 provengono una pentola di grandi dimensioni, dal fondo leggermente concavo, decorata da incisioni (tratti obliqui irregolari in corrispondenza dell’attacco superiore delle anse, sotto coppia di linee) (fig. 13), un orcio o pithos, dotato di una fascia appena rilevata sulla spalla e di un robusto orlo sagomato (fig. 14), il piede ad anello di una ciotola invetriata (con superficie deteriorata a causa del calore) e frammenti di un contenitore acromo con cerchielli impressi che si compongono in linee e segmenti obliqui21. La nicchia per il focolare sul muro meridionale e la dotazione della stanza (vasi per cuocere e per conservare aridi o liquidi, il piatto) concorrono ad indicarne le funzioni nel momento in cui le attività che vi si svolgevano vennero interrotte. Il vano non è completamente scavato e non si può escludere che non sussistano altri frammenti di ciò che è stato ritrovato in pezzi; il caso sarebbe apprezzato in modo particolare per il contenitore acromo, la cui forma risulta ben poco perspicua22. Dall’edificio 1 proviene inoltre, in dispersione, un gruppo di lamine di ferro (fig. 15), alcune di forma lievemente trapezoidale, alcune fornite – lungo uno dei margini – di fitti ribattini a testa circolare, ora più lunghe, ora più corte, un poco diverse l’una dall’altra anche nell’altezza: che esse andassero applicate a un corpetto di cuoio come piastre di una corazza resta, allo stato della ricerca, ipotesi da confermare23. Più folto è il numero di vasi proveniente dall’ambiente 1 dell’edificio 11, tanto da far ritenere di essere di fronte ad uno vero e proprio scarico. La frammentarietà dei vasi può dipendere, anche in questo caso, dalla parzialità dello scavo. Le forme da cucina o dispensa (tav. 1) comprendono tre olle monoansate, due delle quali, con fondo piano, hanno incisi sul collo segmenti ondulati e coppie di linee in corrispondenza dell’attacco inferiore del manico24 e due contenitori biansati con fondo concavo (meglio adatti alla fiamma, il cui contatto ha annerito le superfici), che presentano il medesimo tipo d’impasto (bruno-grigiastro-rossiccio, poco depurato) e un analogo, semplice sistema decorativo25. Inventario numero 8184. Inventari numero 8345 e 8346. 28 Inventari numero 8177, 8180, 8178, 8201, 8179; il vasetto globulare ha il numero 8181. 29 Cfr. nota 15. Per applicazioni di “cordoni” fittili sulle anse si vedano Mercen, Deveci 2001, p. 377. 30 Vroom 2004, pp. 204-206, con rimandi ai ritrovamenti di Tille Hüyük, Gritille, Samsat e Alvaro 2004, pp. 206-212, il quale peraltro osserva una certa discrepanza cronologica tra i materiali di Zeytinli Bahçe ritrovati in alcune sepolture e datati non oltre il XIII secolo e il più recente vasellame recuperato tra le strutture della fase 4 del campo. Pithoi dall’orlo simile al nostro in Asvan Kale: Cfr. Mitchell 1980, numeri 1293, 1356, 1402, figg. 105, 107, 109 (fasi II e III, ovvero dal XII al XIV secolo e oltre). 31 Bölendorf-Arslan 2007, in particolare fig. 9, 41, 42 (per le forme) e 39 (per la decorazione: su frammento di pithos). Per vaso simile, datato al XIII secolo, dagli scavi di Mezraa Höyük, si vedano Yalcikli, Tekinalp 2003, p. 378, fig. 5. 32 Mitchell 1980, pp. 72 ss. e 255. 26 27 Rispettivi numeri d’inventario: 8203, 8202, 7844 e 7845. Cfr. Alvaro, Balossi, Vroom 2004, fig. 13, per un frammento di parete con foro dal bordo ispessito analogo al nostro. 23 Qualche confronto in Cortellazzo, Lebole Di Gangi 1991, pp. 209-210, figg. 116, 6-9 e 117 e Sogliano 1995, p. 51, fig. 30, con precedenti rimandi. Il passaggio dalla cotta di maglia alla corazza metallica dovrebbe essere avvenuto tra XIV e XV secolo. Alcune delle piastre rinvenute a Iasos hanno la lieve curvatura che, se l’ipotesi si rivelerà corretta, consentiva l’adattamento al torace. 24 Numeri d’inventario: 8183, 8182, 8185. Sull’orlo dell’olla 8151, in posizione opposta all’attacco dell’ansa, vi è una bugna. 25 Numeri d’inventario: 8204 e 8344. 21 22 392 NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO fig. 12 – Iasos, castello dell’acropoli. Chiodi dagli strati di abbandono dell’ingresso settentrionale. fig. 15 – Iasos, castello dell’acropoli. Piastra con borchie dall’edificio 1. Alla diffusione che conobbe la ceramica di pasta rossiccia con decorazione suddipinta (in bianco o beige) corrisponde un ampio excursus cronologico: a Hierapolis sembra scomparire nella seconda metà dell’XI secolo, a Belgrado appare invece dopo la conquista Ottomana. Nessuno dei due gruppi comprende tuttavia forme simili alle nostre, sebbene a Belgrado vi sia un nutrito gruppo di brocche che, per quanto prive di decorazione, potrebbero costituirne un corrispettivo33. Nel caso in esame trattasi – come suppongo – del tipo denominato ibrik, che nella recente analisi dei materiali “ottomani” di Aphrodisias viene datato a partire dal XV secolo e che è già noto a Iasos per due esemplari (interi, non decorati e per il vero di forma del tutto diversa) da tombe della necropoli dell’agora34. Le differenze che contraddistinguono le ciotole invetriate monocrome si evincono dall’osservazione dell’impasto, dell’ingobbio (più o meno visibile all’esterno), della conformazione dell’orlo e della stesso colore-base dell’invetriatura. Il diametro ricostruibile delle tre con bordo arrotondato estroverso è di 18, 21 e 26 cm, di 19 cm quello dell’esemplare con bordo segnato esternamente da una scanalatura. Sulla base del profilo e del colore sembrano riconducibili anch’esse ad un gruppo ben documentato ad Aphrodisias a partire dal XV secolo, luogo dove corrisponde alle prime fasi d’insediamento post-bizantino e post-selgiuchide35. In nessuna delle ciotole è conservato il piede, presente invece sia nell’esemplare dell’edificio 1, sia nel frammento con vetrina di colore azzurro pallido ritrovato nella torre B36. 33 Si vedano Cottica 2007 e Bikic 2007, figg. 3, 4-6 e 5, 6-10 e p. 521 per diffusione della produzione suddipinta in area balcanica; in entrambi i lavori la bibliografia precedente. In Bikic 2007 il frammento fig. 5, 12 (un collo con terminazione “a fascia”) sembrerebbe simile all’esemplare 8345. 34 Francois 2001, p. 159. 35 Ibid., pp. 165 con tavv. 9, 87; 10, 11, 89-95, 97-98, 105, 107 (vaisselle à glaçure monochrome), 169, 185. Si veda anche Özkül Findik 2003, p. 105, che nella “monochrome glaze ware” di Amorium ravvisa aspetti tecnici riconducibili alla produzione di Iznik del XIV secolo. 36 Inventario numero 7793. figg. 13-14 – Iasos, castello dell’acropoli. La pentola e il pithos dall’edificio 1. 393 NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO 1 2 3 4 5 6 tav. 1 – Iasos, castello dell’acropoli. Materiali fittili dal vano A dell’edificio 11. Praticamente senza confronti rimane, allo stato della ricerca, il vasetto globulare37. In sintesi: le prime ricerche archeologiche condotte a Iasos, all’interno del castello dell’acropoli, e l’analisi intrapresa delle strutture e dei materiali prospettano con chiarezza più che i risultati conseguiti (fonti di valutazioni ora puramente preliminari) la complessità del quadro storico che dettò l’esigenza della fortezza. Mancano allo stato delle cose elementi per datarne la costruzione. 37 La (incerta) citazione per un possibile confronto: Francois 2003, pp. 292 e 297, 35, tav. 2. 394 NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO 1 2 tav. 2 – Iasos, castello dell’acropoli. La coppia di bottiglie dal vano A dell’edificio 11. 2 1 3 4 5 6 tav. 3 – Iasos, castello dell’acropoli. I vasi invetriati. Il copioso materiale fittile presente in due aree abbastanza circoscritte delle numerose costruzioni che si addossavano al perimetro difensivo appartiene alle ultime fasi d’uso, come suggeriscono anche altri dati dello scavo. Sulla scorta dei repertori tipologici a disposizione, ricavati dai siti (in realtà lontani dalla costa) con insediamenti protrattisi nel tempo (e non dimenticando i documenti menzionati all’inizio38), una parte del vasellame dovrebbe risalire all’inoltrato XIV e al XV secolo, senza escludere, con ciò, un più ampio arco cronologico. F.B. 38 395 Si veda la nota 10. NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO BIBLIOGRAFIA Masturzo N., 1995, La torre del porto occidentale e le fortificazioni post-classiche di Iasos, in Iasos di Caria. Un contributo ferrarese alla archeologia microasiatica. Progetti e lavori di restauro, suppl. al volume 71 degli Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara, anno accademico 1993-1994, Ferrara, pp. 155-183. 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