Archeologia Medievale
XXXVII, 2010, pp. 385-396
Fede Berti, Davide Mengoli, Maurizio Molinari
Iasos (Turchia). Relazione preliminare sulle ricerche archeologiche
compiute nel castello dell’acropoli
1. IL CASTELLO DELL’ACROPOLI
destinato a presidiare l’accesso alla penisola dall’entroterra) è da poco allo studio dell’équipe della Facoltà di
Architettura “Valle Giulia” dell’Università La Sapienza
di Roma che fa capo ad Alessandro Viscogliosi9.
Anche su queste fortificazioni, di genesi forse diversa,
riposano infatti le testimonianze delle più tarde vicende
del sito, che negli anni 1337 e 1375 costituiva lo scalo
di navi veneziane per l’acquisto di allume (due trattati
commerciali sono firmati dal Duca di Candia e dal Bey
residente a Becin Kale) e che in epoca ancora posteriore
contava – pare – su un piccolo gruppo stanziale, come
suggeriscono gli oggetti che corredano alcune inumazioni
della necropoli dell’agora10.
Alla fortificazione che circonda la sommità della penisola su cui sorse Iasos (fig. 1), fino ad epoca recente,
sono state prestate assai scarse attenzioni in confronto
a quelle destinate agli edifici di età ellenistica e romana,
i cui resti, pure essi in taluni casi ancora imponenti, si
susseguono o concentrano in altri settori della città.
Il perimetro fortificato è indicato come medioevale1,
bizantino2, ottomano 3, dei Cavalieri, attribuzione questa
che, prospettata da Doro Levi anche in base ad “alcuni
stemmi” osservati in occasione degli iniziali sopralluoghi
all’interno del castello, ha poi trovato un certo consenso4.
Per E. Pagello risalirebbe al periodo compreso tra XIV e
XVI secolo5; per N. Masturzo al XII-XIII secolo6.
Nel Piri Re’is Bahrie (1521), la costruzione del
“castello” di Asin (Iasos) è attribuita a «un signore
dell’Islam»7.
L’analisi del complesso, avviata dapprima mediante il
rilievo e la fotogrammetria dell’intero circuito murario
(2006 e 2007), quindi (2007 e 2009) con lo scavo (per
ora intrapreso in corrispondenza dell’accesso principale,
del primo ambiente interno alla sinistra della porta (torre
B compresa) e dell’ambiente d’angolo simmetrico alla
torre Q8), intende acquisire elementi utili a dare risposta
a numerosi interrogativi.
Il momento sembra particolarmente propizio in
quanto anche il “castello dell’istmo” (fortilizio, questo,
F.B.
2. BREVE DESCRIZIONE DEL COMPLESSO (fig. 2)
Il perimetro quadrilatero irregolare, rinforzato da 15
torri, delimita uno spazio di ca. 10.000 m². L’accesso
principale si apre a Settentrione, ovvero verso la città e
l’entroterra, mentre un secondo, più piccolo passaggio,
sul versante opposto, doveva consentire di raggiungere
rapidamente la sottostante insenatura del porto occidentale.
L’ingresso settentrionale è difeso da una coppia di
torri a pianta quadrata; l’altro era forse sovrastato da un
cassero. Le restanti torri, alternativamente quadrate e a
ferro di cavallo, si susseguono abbastanza regolarmente ad Oriente e Meridione, essendo il lato occidentale,
costruito lungo la balza rocciosa, munito di due soli
contrafforti: una torre a pianta quadrata e una sorta
d’avancorpo semicircolare.
Il sistema d’accesso alla cinta e alle torri, ben conservato, comporta 13 scale (quattro contrapposte) ricavate
nel muro stesso (di spessore compreso tra 1,60 e 2,00 m);
sono inoltre conservati gli accessi agli ambienti posti al
primo piano delle torri. Tali ambienti avevano feritoie;
una delle torri si innalza ancor oggi fino a ca. 6 m.
Alle mura si addossavano numerose costruzioni. Lo
si ricava non soltanto dall’accumulo delle macerie, più
consistenti in taluni settori piuttosto che in altri, ma
anche (e sopra tutto) dai fori di inserimento nelle mura
Judaich 1890, passim.
Guidi 1924, pp. 345-6.
3
Bean, Cook 1957, p. 101.
4
Levi 1963, p. 507. Negli archivi della Scuola Archeologica Italiana di Atene una fotografia mostra lo “stemma” a cui accenna Levi;
trattasi, in realtà, di uno dei plutei (ora esposto nel Balık Pazarı) della
basilica dell’acropoli.
5
Levi 1991, p. 488 ss.
6
Levi 1995, p. 182. Così pure Ruggieri 2005, p. 247 s.
7
Richiamato da Ragone 1993, p. 885, nota 50, per il quale il
kastro dell’acropoli potrebbe risalire al periodo dei Cavalieri e, in altra
traduzione, da Masturzo, l.c., p. 170, nota 24. In Ragone: «…Un grande
castello in rovina che chiamano Asin, al cui centro è stato costruito un
castello. Quest’ultimo dicono sia stato edificato per ordine di un sultano
vissuto non molto tempo fa, ed è ancora integro. Davanti a questi due
castelli c’è il porto artificiale, al cui ingresso il sultano Beyazid Han
fece costruire un bastione, che esiste ancora».
8
Allo scavo, al rilievo e alla documentazione fotografica hanno
lavorato Valentina Cabiale, Lucia Festa, Michele Giombini, Moreno Fiorini, Flavia Giberti, Giulia Lodi, Davide Mengoli, Maurizio
Molinari; alla fotogrammetria Mauro Giannini, Michele Cornieti e
Francesco Tioli (Facoltà di Architettura della Università di Firenze).
Laura Ruffoni e Anna Maria Monaco hanno realizzato i disegni dei
materiali, Devrim Bekret il loro restauro.
1
2
9
Le due relazioni preliminari del prof. Viscogliosi datano al 2009 e
2010. Si deve aggiungere che la stratigrafia dallo scavo in corso lungo
la stoa occidentale dell’agora, sulla quale il castello dell’istmo insiste
parzialmente, fornisce dati anche per le sue fasi iniziali.
10
Zachariadou 1983, s.v. Asinkalesi, Lasso, Iassos. Per la
necropoli dell’agora, costituitasi attorno alla basilica di età giustinianea, Berti c.s.
385
NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO
delle travature lignee dei coperti: singoli o affiancati in
numero da due a quattro, di tali edifici si rilevano tracce
più rade lungo il lato occidentale del perimetro (interessato, in realtà, da un esteso crollo che ne ha ridotto
fortemente l’altezza).
Quasi al centro, nel punto più alto, una grande cisterna rettangolare in origine coperta da una volta11,
all’interno della quale si scende da sud mediante una
breve scala, costituiva l’elemento di aggregazione di un
ulteriore gruppo di ambienti.
Per ciò che riguarda i materiali della costruzione va
precisato che l’uso del laterizio e di blocchi architettonici
(d’ordine dorico) si concentra in un tratto del lato esterno
orientale, precisamente tra le torri F e G.
F.B., M.M.
3. I SAGGI DI SCAVO
L’accesso principale della fortificazione (fig. 3)
La porta a nord si apre tra le torri A e B. Viste dall’esterno, queste appaiono pressoché identiche, tuttavia
la torre A è conservata per una altezza maggiore – pari
a 4,36 m dalla soglia rispetto a 3,41 m dell’altra – in
quanto il banco di roccia sul quale è fondata si trova ad
una quota inferiore dell’altro; il dislivello è massimo in
coincidenza dello spigolo nord-ovest. Un primo intervento ha interessato l’accesso alla porta mediante un
sondaggio longitudinale dal filo esterno delle due torri
fino a qualche metro all’interno della fortificazione. A
seguito del rinvenimento della soglia ancora in posto e
di una situazione stratigrafica ben conservata, si è dato
corso allo scavo dello spazio compreso tra le torri A e B,
del corridoio e della porzione contigua di strada interna12. L’area, all’esterno, era caratterizzata da un potente
strato di crollo degli alzati composto da elementi lapidei
e calce (us 2). Il crollo copriva il piano inclinato (us 5), in
appoggio e quasi a livello del filo superiore della soglia,
e raccordava i salti di quota della roccia degradante13
(us 11). Il piano di calpestio è costituito da un battuto di
terreno rossiccio con numerose scaglie ed elementi lapidei
disposti di piatto e coperto da un sottile strato con cenere
e carboni, in prevalenza localizzato vicino all’ingresso (us
6), che ha lasciato traccia anche sugli stipiti e per circa
1 m di altezza alla base delle torri (fig. 4). Lo scavo del
corridoio ha posto in evidenza le medesime caratteristiche
stratigrafiche dell’esterno, ovvero il crollo degli alzati (us
2) a copertura dei gradini di roccia (us 11) raccordati con
terreno di riporto (us 5). Anche in tale zona sono emerse
le tracce dell’incendio che precedette il crollo degli alzati
(us 12). La porta conserva la soglia e le porzioni inferiori
degli stipiti, costituiti da blocchi marmorei di reimpiego.
La soglia, parallelepipeda, spaccata circa a metà, con dimensioni di 180×29 cm, è posata a filo dell’esterno degli
stipiti ed è più corta dell’apertura di 20 cm. Il portale era
fig. 1 – Iasos. La pianta della città.
La vide quasi intera G. Guidi; cfr. nota 2.
Il caposaldo di riferimento delle quote (0.00) è stato posto sulla
soglia.
13
Il taglio di approfondimento praticato lungo la base della torre
B ha permesso di osservare che l’allettamento in calce della muratura
fu eseguito direttamente sulla roccia.
11
12
fig. 2 – Iasos. Pianta del castello dell’acropoli con localizzazione
degli scavi.
386
NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO
fig. 3 – Iasos, castello dell’acropoli. L’ingresso settentrionale, l’edificio 1 e la torre B.
fig. 4 – Iasos, castello dell’acropoli. La porta settentrionale in corso di scavo.
387
NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO
fig. 5 – Iasos, castello dell’acropoli. L’interno della
porta settentrionale.
a tutto sesto, con un architrave che dava probabilmente
alla porta la dimensione di 2×2,50 m14. La porta aveva due
battenti incardinati alla base, come indicato dai fori dei
perni (fig. 5). Di forma emisferica, questi furono praticati
nell’angolo est direttamente sulla roccia, di fronte sopra
un concio squadrato sporgente dalla muratura ed incassato sotto lo stipite. Sui muri laterali interni alla porta, a
80 cm d’altezza dalla soglia e a 10 cm di distanza dagli
stipiti, si vedono i fori quadrati contrapposti utilizzati per
bloccare la porta con una trave orizzontale che rientrava
a scomparsa nello spessore del muro, ad ovest. La cavità
ad est ha il lato di circa 18 cm (usm negativa 23); quella
opposta è più ampia per consentire l’inserimento di un
fermo a cuneo, con una corsia profonda oltre 3 m (usm
negativa 21). Alle spalle degli stipiti, nello strato di carboni
e cenere (us 12), si sono rinvenuti numerosi chiodi da legno
piegati e fasce metalliche con fori, parte probabilmente
della corazzatura della porta, la cui lunghezza, rapportata
alle dimensioni dei fori dei cardini e alla distanza tra gli
stipiti e le cavità del trave passante, permette di ricavare
che lo spessore dei battenti era pari a ca. 10 cm.
con scaglie (us 7). Il primo strato, costituito dal crollo
del paramento difensivo (us 2), copriva parzialmente il
crollo dei muri (us 15) e, in sequenza, lo strato originato
dal disfacimento degli alzati in terra (us 15b). Lo strato
us 10, sopra al piano d’uso (us 17b), era caratterizzato
da accumuli ad alta concentrazione di legni carbonizzati,
regolari come trama, disposti longitudinalmente, da interpretarsi come il residuo della carpenteria del tetto (us
17). Sulla base della posizione dei fori visibili nel muro
di fondo (uussmm 33, 34 e 35) indicanti l’innesto delle
travature, si può ritenere che il tetto avesse un’unica falda
e fosse coperto con materiali vegetali e limo16. I residui
carbonizzati del tetto giacevano sopra ad un sottilissimo
strato, anch’esso ridotto in cenere, che costituiva probabilmente il residuo di quanto (strame o paglia) si era
andato depositando nel periodo d’uso17 (us 17b). Sopra
a tale strato sono state rinvenute numerose lamelle di
ferro, alcune con borchie in rame, frammenti di vasi e una
pentola, schiacciata ma completa. La pentola si trovava
di fronte ad una nicchia formata dal muro, interpretabile
come la base di un camino (fig. 7). Il piano di calpestio
(us 18) era costituito dalla roccia nativa, alta a ridosso
della cinta, e da scaglie di calcare frammiste a terriccio
rossastro; nell’angolo sud-est, una zona di circa 1 m quadrato, con calce spalmata sul pavimento, potrebbe aver
avuto una funzione particolare. La presenza della roccia
ha determinato nel piano dislivelli di circa 30 cm verso est
e di altrettanti in direzione dell’entrata, verso sud. I muri
L’edificio 1 (fig. 6)
L’edificio, ubicato alla sinistra dell’ingresso e addossato
alle mura, misura 6,20×3,75/4,00 m e mostra un’apertura
di circa 2 m al centro del lato ovest15. I muri, conservati per
un’altezza di 1 m nel tratto più alto, con spessore variabile
tra i 35 e 45 cm, sono costruiti con blocchi di reimpiego
(calcare) legati con terriccio rossastro e regolarizzati
16
Vista la discreta lunghezza dell’edificio è probabile che le travature portanti del tetto (di cui non si sono ritrovate tracce) fossero disposte
lungo i lati corti. Per la copertura potrebbe essere stato utilizzato materiale vegetale elastico, isolante e robusto. Il limo marino rinvenuto in
grumi tra i residui carboniosi del crollo potrebbe avere avuto lo scopo
di isolare la struttura contro azioni incendiarie dall’esterno.
17
La superficie delle lamelle a contatto con lo strato conserva la
trama di sottili elementi vegetali.
14
Dopo un sondaggio sono stati scavati i 3/4. Nella parte superiore
destra, appena sotto l’attacco della volta del portale, è visibile il foro
irregolare causato dallo strappo dell’architrave.
15
L’accesso aveva in posto la parte inferiore dello stipite sinistro
(blocco di riutilizzo di marmo), altri frammenti del quale stavano nel
crollo.
388
NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO
fig. 6 – Iasos, castello dell’acropoli. L’edificio 1 e la torre B da sud-ovest.
cata di lato rispetto alla linea mediana ma in asse con il filo
interno del muro orientale della torre, doveva affacciarsi
su un ballatoio ligneo (se ne conservano i fori quadrati
d’innesto sul muro) che permetteva l’accesso al vano, a cui
si saliva tramite una scala dall’edificio 1 o scendeva dal
camminamento di ronda. In base alla posizione dei fori,
quattro a sinistra e uno a destra dell’apertura (uussmm
negative 15, 16, 17, 18 e 14), non si esclude che il ballatoio
potesse proseguire fino a raggiungere un ambiente posto
sopra l’ingresso. Lo scavo del vano ha posto in evidenza
i fori delle travature del solaio (ussmm 24, 25, 26, 27,
28, 29, 30 e 31), disposti sui lati corti ad una distanza
media di 60 cm. La loro presenza e la rasatura dei giunti
nel paramento interno della torre permettono di ipotizzare che vi fosse una camera sottostante, servita da una
scala interna. Non è stato possibile raggiungere il fondo
del vano; a circa 2 m dal livello del corridoio e quindi a
circa più 1,90 m dalla quota della soglia, si è viceversa
rimosso parte del crollo interno. Tra le macerie (us 14) si
segnala la presenza di un frammento di ciotola ingobbiata
e invetriata verde, molto simile ad un altro rinvenuto sul
pavimento dell’edificio 1.
La torre A, alla destra dell’ingresso, forma un corpo
unico con la cinta e non presenta aperture, per quanto il
suo lato interno raggiunga all’incirca la stessa quota di
quello della torre B – rispetto alla soglia poco più di 5 m
la prima e 4,80 m l’altra – (fig. 8). Ha tre muri di spessore
variabile da 1 a 1,20 m, mentre il quarto lato, che fa corpo
unico con la cinta, raggiunge i 2 m. Sebbene non siano state
individuate tracce di feritoie, come in quasi tutte le restanti
torri, le macerie all’interno fanno ipotizzare che vi fosse
fig. 7: Iasos. Castello dell’acropoli. Edificio 1, il piano d’uso e
il muro meridionale.
s’impostano sul piano di scaglie, quindi la loro costruzione
seguì un’acconcia predisposizione del suolo.
La torre B
Il sondaggio della torre B ha interessato l’intero corridoio d’accesso e circa un quarto del vano interno. Il
corridoio (2×0,95 m), conservato solo nella parte inferiore,
attraversa il muro di cinta mettendo in comunicazione il
vano con l’interno della fortificazione18. L’apertura, ubi18
Anche qui sul piano di calpestio in calce si è osservato uno strato
di cenere e carbone, residuo forse di un incendio.
389
NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO
fig. 8 – Iasos, castello dell’acropoli. Fotogrammetria dell’ingresso settentrionale dall’interno della fortificazione.
un vano di circa 2,35×3,50 m, probabilmente accessibile
dagli spalti. A questo si doveva giungere anche per mezzo
della lunga scalinata, una tra le meglio conservate, posta
da ovest verso est sul lato interno della cinta.
La torre B presenta proporzioni molto simili a quelle
della torre A, da cui si differenzia per le dimensioni
inferiori dell’ambiente interno (2×3,10 m) e per un corridoio al primo piano. Sopra l’arcata a tutto sesto del
portale era forse presente un vano al quale si giungeva
dal ballatoio retrostante la torre B. I paramenti murari
delle torri mostrano un largo uso di conci di reimpiego
alternati con calcare recuperato e sbozzato in loco, legati
con malta di calce e spessorati con molte scaglie e qualche
frammento di laterizio. I blocchi, più o meno regolari, di
medie e grandi dimensioni, furono utilizzati con più rigore selettivo negli spigoli; il riempimento a sacco consiste
in prevalenza di materiale irregolare, spezzato, immerso
e battuto con abbondante malta. Le inclinazioni dei corsi
si adattano all’inclinazione della roccia di base, come si
osserva lungo il lato settentrionale e occidentale della
torre A. Le irregolarità sembrano indicare che non vi fu
una selezione preventiva dei materiali, forse per la necessità di procedere rapidamente alla costruzione. I muri
delle torri, ben ammorsati a quello della cinta, indicano
un’unica fase costruttiva. I giunti, ora fortemente abrasi
dagli agenti atmosferici, hanno spessore irregolare ma
dovevano apparire rasati e con spalmatura della calce
fuoriuscita durante la costruzione (come si è notato nei
tratti interrati sia all’esterno e sia all’interno). La malta
utilizzata è chiara, molto compatta ed è composta di sabbia fine con piccole conchiglie e granuli, frustoli laterizi
e finissimi nuclei di grassello. La sequenza costruttiva
vede dapprima la sistemazione e il raccordo dei salti
di roccia, poi la costruzione del perimetro difensivo e
dell’edificio 119. La chiazza di un rogo all’esterno dell’entrata, i resti delle ante bruciate della porta in posizione
aperta, l’incendio della copertura dell’edificio 1 e quello
del corridoio d’accesso all’interno della torre B sembrano
indicare un evento violento e terminale.
rilievi e sondaggi20. Si tratta probabilmente di un edificio
di circa 16 m di lunghezza suddiviso in quattro ambienti, disposto dall’angolo alla prima scala a sinistra della
torre A, con copertura ad unica falda (a tettoia). Il lato
anteriore non doveva essere rettilineo bensì con tratti
rientranti in corrispondenza delle stanze, in conseguenza
del fatto che i muri di cinta formano un angolo di 105
gradi. Il vano A (interessato dallo scavo), quadrilatero,
più lungo di circa 1 m (us 107b) rispetto al limitrofo,
ha una superficie di 23 m quadrati (circa 4,6×5 m), con
accesso di 95 cm di larghezza disposto di lato. I muri,
di spessore variabile tra 55 e 65 cm, sono composti con
blocchi di calcare di piccole e medie dimensioni e scaglie
legati con terriccio rossastro. Come nell’edificio 1, sulle
strutture basali in pietra gli alzati erano forse in materiali leggeri; il camino era al centro del muro di facciata,
lontano dalla torre.
Il sondaggio, eseguito a ridosso del muro di cinta (fig.
10), ha portato all’individuazione di un piano d’uso costituito da un gradone di roccia (us 111), con fessurazioni
colmate da terriccio rossastro e raccordate con calce (us
106), con un dislivello, nella parte più profonda (coperta
anch’essa da calce), di una cinquantina di cm. Un muretto
a secco (us 104), collassato nella parte superiore, doveva
forse innalzarsi per 1,30 m fino a giungere all’altezza
dei due fori allineati sul muro di cinta e probabilmente
destinati ad un impalcato ligneo.
Sul piano di calce sono stati rinvenuti numerosi
frammenti di vasi da cucina e da mensa, una quantità
di malacofauna marina e di fauna. La giacitura dei materiali e le caratteristiche dello strato fanno pensare ad
un immondezzaio.
Sul paramento interno della cinta (fig. 11) sono visibili
le tracce di due interventi che modificarono l’accesso alla
torre (usm negativa 102): quello originario era più basso
di circa 1,10 m rispetto al successivo (conservato solo in
minima parte: usm negativa 101). L’apertura, tamponata
(usm 103), si trovava in posizione più vicina all’angolo
della cinta. La ristrutturazione fu dettata probabilmente
dall’innalzamento della torre e dalla necessità di dare agli
ambienti interni una diversa disposizione. La stessa forma
della torre, l’unica pentagonale, potrebbe rappresentare il
risultato di un poderoso intervento di rifacimento.
Il vano dell’edificio 11 (fig. 9)
Nel settore interno dell’angolo nord occidentale del
castello vi è una costruzione in cui sono stati eseguiti
D.M., M.M.
19
Un riporto di schegge di calcare (us 20) per colmare i salti della
roccia è stato osservato al centro dell’ambiente 1 e, nello stesso ambiente, alla base della scala.
20
Lo scavo ha interessato circa un terzo del vano, la cui perimetrazione è stata ottenuta con la pulizia della testa dei muri.
390
NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO
fig. 9 – Iasos, castello dell’acropoli. Il vano A dell’edificio 11.
fig. 10 – Iasos, Castello dell’acropoli. Il vano A a scavo ultimato:
la roccia a gradoni e, in basso, il piano di calce.
fig. 11 – Iasos, Castello dell’acropoli. Prospetti dell’angolo interno del muro in corrispondenza della torre Q e del vano A.
391
NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO
4. I MATERIALI
Di più fine pasta rosata è un boccale dal corpo
ovoidale percorso da cordonature che dal collo, quasi
cilindrico, breve e terminante in un orlo semplice, non
raggiungono la base26.
Una coppia di bottiglie è documentata dal peculiare,
lungo collo sagomato da nervature in cui s’innesta il manico
(tav. 2). Il più completo presenta in alto (dove l’imboccatura
si restringe) e in basso una sorta di fascia; l’altro è caratterizzato da pennellate diagonali di colore crema. L’impasto
di entrambi è rossiccio, granuloso, scabro in frattura27.
Vi sono inoltre cinque ciotole di capacità diversa,
invetriate e ingobbiate, e un vasetto globulare con breve
spalla ricurva solcata da cordonature, labbro molto svasato e vetrina interna di colore verde data parzialmente
su ingobbio anche all’esterno28.
La pasta di quest’ultimo gruppo di vasi (tav. 3) è rossa,
più e meno depurata, identica (Munsell 5 YR 6/6) in due
esemplari; il colore verde dell’invetriatura delle ciotole
mostra intensità e sfumatura diverse.
Le terraglie da fuoco e da dispensa trovano confronti
tra i materiali della fortezza bizantina di Zeytinli Bahçe,
non tanto per la forma (là prevalgono i vasi mono e biansati dal profilo biconico), quanto per il tipo d’impasto
e per la semplicità delle decorazioni incise o impresse di
preferenza alla base del collo.
La stessa, minuscola bugna posta sul bordo del boccale (tav. 1, 3) evoca, mi sembra, un particolare gusto
per le ornamentazioni applicate (in genere sulle anse)
diffusosi tra i secoli X e XIII29.
La presenza di un pithos dal corpo allungato simile
a quello rinvenuto nell’edificio 11 (e i confronti addotti)
porta l’ultima fase insediativa di Zeytinli Bahçe, avviata tra
il tardo XII e gli inizi del XIII secolo, fino agli inizi del XIV;
il carattere militare dell’avamposto, dislocato al pari di Tille
Hüyük, Gritille e Samsat lungo l’Eufrate, si sarebbe quindi
mantenuto fino al periodo Selgiuchide-Mamelucco30.
Per le stesse motivazioni (la forma, ad esempio quella
del tegame ansato con fondo concavo o piano; la decorazione quando, ad esempio, ricorre ad incisioni ondulate
oblique) appaiono significative sul piano tipologico le
ceramiche Coarse e Fine Red Ware di Amorium, le quali
tuttavia provengono da strati datati ad epoca più antica
(comunque non anteriori all’XI secolo)31, e di Asvan Kale
(II e III fase), datate tra XII e XIV secolo32.
Quanto rinvenuto nello scavo dell’accesso settentrionale alla fortificazione è precipuamente costituito da
elementi metallici appartenenti ai battenti lignei della
porta: un certo numero di chiodi di ferro (fig. 12) con
testa schiacciata e fusto di sezione quadrata, di lunghezza
che varia da 7/9 a 10/13 cm, in alcuni casi ribattuti così
da consentire di ricavarne lo spessore dell’assito, e alcune
fasce con fori, anch’esse di ferro.
Dall’edificio 1 provengono una pentola di grandi dimensioni, dal fondo leggermente concavo, decorata da incisioni
(tratti obliqui irregolari in corrispondenza dell’attacco superiore delle anse, sotto coppia di linee) (fig. 13), un orcio
o pithos, dotato di una fascia appena rilevata sulla spalla e
di un robusto orlo sagomato (fig. 14), il piede ad anello di
una ciotola invetriata (con superficie deteriorata a causa del
calore) e frammenti di un contenitore acromo con cerchielli
impressi che si compongono in linee e segmenti obliqui21.
La nicchia per il focolare sul muro meridionale e la
dotazione della stanza (vasi per cuocere e per conservare
aridi o liquidi, il piatto) concorrono ad indicarne le funzioni nel momento in cui le attività che vi si svolgevano
vennero interrotte.
Il vano non è completamente scavato e non si può
escludere che non sussistano altri frammenti di ciò che
è stato ritrovato in pezzi; il caso sarebbe apprezzato in
modo particolare per il contenitore acromo, la cui forma
risulta ben poco perspicua22.
Dall’edificio 1 proviene inoltre, in dispersione, un
gruppo di lamine di ferro (fig. 15), alcune di forma
lievemente trapezoidale, alcune fornite – lungo uno dei
margini – di fitti ribattini a testa circolare, ora più lunghe, ora più corte, un poco diverse l’una dall’altra anche
nell’altezza: che esse andassero applicate a un corpetto di
cuoio come piastre di una corazza resta, allo stato della
ricerca, ipotesi da confermare23.
Più folto è il numero di vasi proveniente dall’ambiente
1 dell’edificio 11, tanto da far ritenere di essere di fronte
ad uno vero e proprio scarico. La frammentarietà dei
vasi può dipendere, anche in questo caso, dalla parzialità
dello scavo.
Le forme da cucina o dispensa (tav. 1) comprendono
tre olle monoansate, due delle quali, con fondo piano,
hanno incisi sul collo segmenti ondulati e coppie di linee
in corrispondenza dell’attacco inferiore del manico24 e
due contenitori biansati con fondo concavo (meglio adatti alla fiamma, il cui contatto ha annerito le superfici),
che presentano il medesimo tipo d’impasto (bruno-grigiastro-rossiccio, poco depurato) e un analogo, semplice
sistema decorativo25.
Inventario numero 8184.
Inventari numero 8345 e 8346.
28
Inventari numero 8177, 8180, 8178, 8201, 8179; il vasetto
globulare ha il numero 8181.
29
Cfr. nota 15. Per applicazioni di “cordoni” fittili sulle anse si
vedano Mercen, Deveci 2001, p. 377.
30
Vroom 2004, pp. 204-206, con rimandi ai ritrovamenti di Tille
Hüyük, Gritille, Samsat e Alvaro 2004, pp. 206-212, il quale peraltro
osserva una certa discrepanza cronologica tra i materiali di Zeytinli
Bahçe ritrovati in alcune sepolture e datati non oltre il XIII secolo e il
più recente vasellame recuperato tra le strutture della fase 4 del campo.
Pithoi dall’orlo simile al nostro in Asvan Kale: Cfr. Mitchell 1980,
numeri 1293, 1356, 1402, figg. 105, 107, 109 (fasi II e III, ovvero dal
XII al XIV secolo e oltre).
31
Bölendorf-Arslan 2007, in particolare fig. 9, 41, 42 (per le
forme) e 39 (per la decorazione: su frammento di pithos). Per vaso
simile, datato al XIII secolo, dagli scavi di Mezraa Höyük, si vedano
Yalcikli, Tekinalp 2003, p. 378, fig. 5.
32
Mitchell 1980, pp. 72 ss. e 255.
26
27
Rispettivi numeri d’inventario: 8203, 8202, 7844 e 7845.
Cfr. Alvaro, Balossi, Vroom 2004, fig. 13, per un frammento
di parete con foro dal bordo ispessito analogo al nostro.
23
Qualche confronto in Cortellazzo, Lebole Di Gangi 1991,
pp. 209-210, figg. 116, 6-9 e 117 e Sogliano 1995, p. 51, fig. 30,
con precedenti rimandi. Il passaggio dalla cotta di maglia alla corazza
metallica dovrebbe essere avvenuto tra XIV e XV secolo. Alcune delle
piastre rinvenute a Iasos hanno la lieve curvatura che, se l’ipotesi si
rivelerà corretta, consentiva l’adattamento al torace.
24
Numeri d’inventario: 8183, 8182, 8185. Sull’orlo dell’olla 8151,
in posizione opposta all’attacco dell’ansa, vi è una bugna.
25
Numeri d’inventario: 8204 e 8344.
21
22
392
NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO
fig. 12 – Iasos, castello dell’acropoli. Chiodi dagli strati di
abbandono dell’ingresso settentrionale.
fig. 15 – Iasos, castello dell’acropoli. Piastra con borchie dall’edificio 1.
Alla diffusione che conobbe la ceramica di pasta
rossiccia con decorazione suddipinta (in bianco o beige)
corrisponde un ampio excursus cronologico: a Hierapolis
sembra scomparire nella seconda metà dell’XI secolo, a
Belgrado appare invece dopo la conquista Ottomana.
Nessuno dei due gruppi comprende tuttavia forme simili
alle nostre, sebbene a Belgrado vi sia un nutrito gruppo di
brocche che, per quanto prive di decorazione, potrebbero
costituirne un corrispettivo33.
Nel caso in esame trattasi – come suppongo – del tipo
denominato ibrik, che nella recente analisi dei materiali
“ottomani” di Aphrodisias viene datato a partire dal XV
secolo e che è già noto a Iasos per due esemplari (interi,
non decorati e per il vero di forma del tutto diversa) da
tombe della necropoli dell’agora34.
Le differenze che contraddistinguono le ciotole invetriate monocrome si evincono dall’osservazione dell’impasto, dell’ingobbio (più o meno visibile all’esterno),
della conformazione dell’orlo e della stesso colore-base
dell’invetriatura.
Il diametro ricostruibile delle tre con bordo arrotondato estroverso è di 18, 21 e 26 cm, di 19 cm quello
dell’esemplare con bordo segnato esternamente da una
scanalatura. Sulla base del profilo e del colore sembrano
riconducibili anch’esse ad un gruppo ben documentato
ad Aphrodisias a partire dal XV secolo, luogo dove corrisponde alle prime fasi d’insediamento post-bizantino
e post-selgiuchide35.
In nessuna delle ciotole è conservato il piede, presente
invece sia nell’esemplare dell’edificio 1, sia nel frammento con vetrina di colore azzurro pallido ritrovato nella
torre B36.
33
Si vedano Cottica 2007 e Bikic 2007, figg. 3, 4-6 e 5, 6-10 e p.
521 per diffusione della produzione suddipinta in area balcanica; in
entrambi i lavori la bibliografia precedente. In Bikic 2007 il frammento
fig. 5, 12 (un collo con terminazione “a fascia”) sembrerebbe simile
all’esemplare 8345.
34
Francois 2001, p. 159.
35
Ibid., pp. 165 con tavv. 9, 87; 10, 11, 89-95, 97-98, 105, 107
(vaisselle à glaçure monochrome), 169, 185. Si veda anche Özkül
Findik 2003, p. 105, che nella “monochrome glaze ware” di Amorium ravvisa aspetti tecnici riconducibili alla produzione di Iznik del
XIV secolo.
36
Inventario numero 7793.
figg. 13-14 – Iasos, castello dell’acropoli. La pentola e il pithos
dall’edificio 1.
393
NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO
1
2
3
4
5
6
tav. 1 – Iasos, castello dell’acropoli. Materiali fittili dal vano A dell’edificio 11.
Praticamente senza confronti rimane, allo stato della
ricerca, il vasetto globulare37.
In sintesi: le prime ricerche archeologiche condotte
a Iasos, all’interno del castello dell’acropoli, e l’analisi
intrapresa delle strutture e dei materiali prospettano con
chiarezza più che i risultati conseguiti (fonti di valutazioni ora puramente preliminari) la complessità del quadro
storico che dettò l’esigenza della fortezza.
Mancano allo stato delle cose elementi per datarne
la costruzione.
37
La (incerta) citazione per un possibile confronto: Francois 2003,
pp. 292 e 297, 35, tav. 2.
394
NOTIZIE PRELIMINARI DAL BACINO DEL MEDITERRANEO
1
2
tav. 2 – Iasos, castello dell’acropoli. La coppia di bottiglie dal vano A dell’edificio 11.
2
1
3
4
5
6
tav. 3 – Iasos, castello dell’acropoli. I vasi invetriati.
Il copioso materiale fittile presente in due aree abbastanza circoscritte delle numerose costruzioni che si addossavano al perimetro difensivo appartiene alle ultime
fasi d’uso, come suggeriscono anche altri dati dello scavo.
Sulla scorta dei repertori tipologici a disposizione, ricavati dai siti (in realtà lontani dalla costa) con insediamenti
protrattisi nel tempo (e non dimenticando i documenti
menzionati all’inizio38), una parte del vasellame dovrebbe
risalire all’inoltrato XIV e al XV secolo, senza escludere,
con ciò, un più ampio arco cronologico.
F.B.
38
395
Si veda la nota 10.
NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO
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396
Scarica

(Turchia). Relazione preliminare sulle ricerche archeologiche