8 DOSSIER S in alute L’epilessia DOSSIER Ma le crisi non sono tutte uguali Una distinzione fondamentale è quella tra le crisi epilettiche generalizzate, che coinvolgono l’intero cervello, e le crisi epilettiche focali, che comportano sintomi diversi in relazione all’area del cervello interessata. L’epilessia può essere il sintomo di una specifica patologia cerebrale, che quindi va affrontata insieme alle crisi stesse. Purtroppo, però, in un certo numero di pazienti anche gli accertamenti più sofisticati non permettono di stabilire con certezza quale sia la causa che provoca le crisi. segue da pagina 7 smettendo e ricevendo impulsi bioelettrici. Le crisi possono insorgere spontaneamente o come risposta del cervello a diversi tipi di danno. Per questo l’epilessia può essere provocata da molte cause differenti. Una diagnosi di epilessia richiede che il paziente abbia avuto come minimo due crisi epilettiche: quindi avere una singola crisi non significa soffrire di epilessia. Questo ha importanti implicazioni sia cliniche (ad esempio la necessità di instaurare o meno una terapia cronica) che sociali (ad esempio la determinazione dell’idoneità del paziente alla guida). Le crisi epilettiche possono essere di diversi tipi: per distinguerle, è stato elaborato un sistema internazionale di classificazione basato su vari criteri. Esistono fondamentalmente due categorie di crisi epilettiche: quelle generalizzate e quelle focali (un tempo dette anche parziali). Il tipo di crisi generalizzata più conosciuto, comunemente definito crisi di “grande male”, coinvolge tutte le zone dei due lati del cervello simultaneamente e si manifesta con una perdita di coscienza seguita da un irrigidimento diffuso dei muscoli, con arresto del respiro, che dura 10-20 secondi (fase tonica). Seguono una serie di scosse ritmiche muscolari della durata di 30-40 secondi (fase clonica). Durante la crisi si può verificare la perdita del controllo sfinterico e quando la crisi cessa il paziente rimane scarsamente reattivo o in uno stato confusionale anche per diversi minuti (fase post-critica). Chi assiste ad una crisi di “grande male” deve aiutare il paziente a stendersi, sistemare un cuscino o un indumento morbido sotto il capo, togliendo eventuali occhiali e slacciando il colletto; inoltre la persona va adagiata su un fianco per facilitare l’uscita delle secrezioni dalla bocca; bisogna anche evitare urti con oggetti acuminati o taglienti durante la convulsione. Non bisogna introdurre in bocca nessun oggetto, perché ciò rischia di provocare una frattura o una lussazione della mandibola, molto più grave di una eventuale ferita alla lingua. Al termine della crisi il paziente va tranquillizzato, aiutato e rassicurato; non si devono somministrare bevande o cibi finché non si è completamente ripreso. Un altro tipo di crisi generalizzata è l’assenza, tipica del cosiddetto “piccolo male”. L’assenza consiste in un improvviso arresto motorio seguito da una breve (10-30 secondi) perdita di coscienza. Durante queste brevi crisi il soggetto può presentare piccole scosse muscolari (mioclonie) che gli fanno cadere gli oggetti dalle mani. Anche in questo caso è importante rimanere vicino al paziente finché la crisi non è terminata, tranquillizzarlo e successivamente spiegargli l’accaduto, riducendo la sua preoccupazione. A differenza di quelle generalizzate, le crisi focali coinvolgono un circoscritto gruppo di cellule nervose situate in uno dei due emisferi del cervello (focolaio epilettico); da qui si possono propagare al resto del cervello, trasformandosi quindi in crisi generalizzate. Le crisi focali sono caratterizzate da segni e sintomi diversi a seconda della parte di cervello coinvolta. Ad esempio possiamo avere scosse muscolari quando è coinvolta l’area che governa il movimento, oppure sintomi visivi o uditivi quando sono coinvolte le aree destinate a ricevere questi stimoli sensoriali. Non c’è vera perdita di coscienza, anche se talvolta quest’ultima può risultare compromessa in modo più o meno esteso. Anche durante le crisi focali i pazienti vanno protetti da eventuali urti o incidenti, ma senza cercare di bloccare i loro movimenti. Eventuali comportamenti “strani” messi in atto durante la crisi non vanno scherniti o rimproverati. La maggior parte delle crisi epilettiche dura da pochi secondi ad un massimo di 3-5 minuti, ma può accadere che si verifichi una serie di crisi in rapida successione, senza interruzione o senza ripresa della coscienza. Questo viene definito stato di male epilettico, e può rappresentare un pericolo per la vita. Benché si parli di epilessia come se si trattasse di un’unica condizione, in realtà esistono differenti sindromi epilettiche, distinte in base ai diversi tipi di crisi, alle diverse condizioni LE MOLTE CAUSE SCATENANTI DELLE CRISI La maggior parte delle crisi si verifica in modo assolutamente imprevedibile; tuttavia in alcuni casi è possibile identificare dei fattori scatenanti, specifici per ciascun soggetto. Questi comprendono: alcool: un abuso o un’improvvisa sospensione di alcool possono scatenare una crisi anche in persone senza epilessia. stress: alcuni soggetti presentano crisi durante periodi di ansia o stress. Questo può essere legato al fatto che in questi periodi anche gli schemi del sonno possono essere disturbati. TV-video giochi: circa il 10% dei cliniche in cui queste si sviluppano e alle cause sottostanti. Si conoscono oltre 40 sindromi epilettiche, ciascuna delle quali deve essere affrontata in modo specifico per quanto riguarda la terapia. È quindi corretto parlare di epilessie al plurale anziché di epilessia. Le sindromi epilettiche si possono classificare in base alle cause da cui sono provocate. Si definiscono epilessie idiopatiche quelle in cui le crisi sono il principale o addirittura l’unico problema neurologico presentato dal paziente. In questi casi le crisi epilettiche compaiono in bambini o adulti con una situazione neurologica e neuropsichica normale, in assenza di lesioni cerebrali e spesso per un periodo di tempo limitato della vita. Alla base di queste forme di epilessia vi sono meccanismi genetici oggi sempre meglio conosciuti e definiti grazie agli enormi progressi compiuti dalle tecniche di analisi della genetica molecolare. Gli aspetti non del tutto chiari circa le basi genetiche delle epilessie sono tuttavia ancora molti, ma a questo proposito siamo già in grado di sfata- pazienti presenta un’epilessia fotosensibile, caratterizzata dal fatto che le crisi possono essere scatenate da una stimolazione luminosa intermittente come quella che si percepisce davanti a un monitor. privazione di sonno: questo è un fattore scatenante di frequente riscontro per diversi tipi di crisi e di sindromi. patologie intercorrenti: più frequentemente nei bambini, la febbre e/o una patologia intercorrente possono aumentare la probabilità che si verifichi una crisi. ormoni: in molte donne le crisi sono legate al ciclo mestruale, anche se l’esatta causa non è nota. farmaci:alcuni farmaci possono scatenare una crisi in soggetti predisposti. re il luogo comune molto diffuso secondo cui l’epilessia sarebbe quasi sempre una malattia ereditaria. In realtà, la possibilità di ereditare questo disturbo è decisamente bassa, inferiore in media al 10% dei casi. Quando, come accade nella maggior parte dei casi, le crisi epilettiche sono causate da lesioni più o meno estese del cervello, si parla di epilessie sintomatiche. Le cause che possono produrre epilessie di questo tipo sono le sofferenze cerebrali perinatali, i traumi cranici, le patologie vascolari del cervello, le malformazioni cerebrali, le infezioni del sistema nervoso centrale, i tumori cerebrali ed i disturbi tossici e metabolici dell’encefalo. 9 S in alute L’epilessia Diagnosi e terapia, due tappe ugualmente delicate Come si diagnostica l’epilessia Per formulare una diagnosi di epilessia ci si deve basare contemporaneamente su due criteri: la presenza di una crisi di sicura natura epilettica e la tendenza delle crisi a ripetersi. Il primo e fondamentale passo è la raccolta della storia clinica. Il medico deve insistere per ottenere dai familiari un resoconto dettagliato e preciso del “prima”, “durante” e “dopo” la crisi, con l’esatta sequenza cronologica delle manifestazioni, per potersi fare un’idea il più possibile completa di una manifestazione breve ed improvvisa alla quale probabilmente lui non avrà mai la possibilità di assistere. te come gli altri. Inoltre non sempre è EPILESSIA E INFANZIA Raccolta la storia clinica ed effetNel 50% dei casi l’epilessia si manifesta possibile conciliare un controllo soddituata la visita neurologica, sulla prima dell’età adulta e, nonostante i cla- sfacente delle crisi con effetti indesidebase dei dati ottenuti verranno poi morosi progressi diagnostici della medi- rati che i farmaci possono avere sull’atprescritti gli esami necessari alla cina, in oltre il 65% delle epilessie del tenzione, la vigilanza e la memoria, funprecisazione diagnostica, tra cui il bambino non si riesce a identificare una zioni “critiche” sia per lo sviluppo che più importante è l’elettroencefalocausa specifica della malattia. Anche la per l’apprendimento. Il medico in questi gramma (EEG). Questo esame conscelta del farmaco, in questa fascia casi svolge un ruolo complesso ma d’età, è molto delicata e può condiziona- determinante, poiché non si tratta solo siste in una registrazione delle di dominare le crisi, ma anche di garanre in modo determinante la prognosi. onde elettriche emesse dal cervello L’epilessia pone spesso per il bambino tire al bambino uno sviluppo il più possie può essere effettuato in stato di seri problemi di tipo socio-educativo: bile normale, aiutando inoltre la famiglia veglia, in sonno, durante 12 o 24 può essere difficile per lui accettare il a vincere le paure e la tendenza alla proore (tramite un piccolo registratore disturbo riuscendo a vivere serenamen- tezione eccessiva del piccolo paziente. portatile), o in altre situazioni particolari. È assolutamente indolore e innocuo. Esami più sofisticati sono quelli neuroradiologici (TAC e/o Risonanza Magnetica), che servono per localizzare le eventuali aree di danno cerebrale responsabili delle crisi. Altri accertamenti che possono essere richiesti dal medico sono: esami ematochimici, approfondimenti di tipo genetico, screening metabolici, completamento dei dati neurofisiologici (elettromiografia, potenziali evocati). Particolarmente utili, soprattutto per l’età infantile, sono i test neuropsicologici, che forniscono informazioni su eventuali deficit cognitivi e, quando necessario, pongono le basi per una riabilitazione individualizzata riguardante, per esempio, la memoria, il linguaggio e l’attenzione. L’impostazione della terapia L’epilessia è una malattia come tante altre, caratterizzata però da disturbi imprevedibili ed improvvisi che si ripetono nel tempo; questo pone il paziente EPILESSIA E MATERNITÀ: UN mente sani. ed i familiari in uno stato Anche l’allattamento, che un tempo veniva BINOMIO IMPOSSIBILE? d’animo di insicurezza. Per precluso alle madri con epilessia, oggi L’epilessia non impedisce in assoluto ad questo il primo compito del viene nella maggior parte dei casi consiuna donna di avere figli. Tuttavia bisogna medico è quello di rassicuragliato, poiché la dose di farmaci che passa tener presente che l’epilessia comporta un re il paziente e spiegare come nel latte materno è molto limitata. rischio in qualche misura superiore di metNei primi mesi dopo il parto, tensione, stanno le cose. tere al mondo un figlio con una malformastanchezza ed eventuali privazioni di zione genetica. È anche importante consiLa terapia viene generalsonno possono aumentare il rischio di derare il problema dei farmaci: la terapia mente prescritta dopo due o crisi: i neogenitori devono quindi essere antiepilettica non va assolutamente sospepiù crisi epilettiche spontaistruiti su come evitare queste situazioni. sa in gravidanza, ma dosi e tipi di farmaci nee ed ha lo scopo di preveTutti i metodi contraccettivi naturali ed artivanno adattati sotto stretto controllo medinire l’insorgenza delle crisi ficiali possono essere utilizzati dalla donna co in modo da minimizzare il rischio di malcon la minor quantità possicon epilessia, tuttavia alcuni farmaci antieformazioni per il bambino; inoltre è spesso bile di effetti indesiderati. pilettici possono ridurre l’effetto contracnecessario aggiungere in terapia l’acido L’opportunità di iniziare cettivo della pillola, per cui è opportuno folico. Con queste precauzioni il rischio di precisare al ginecologo la terapia antiepicomunque la terapia anche malformazioni non supera il 10%, il che lettica per decidere con lui il metodo più significa che almeno il 90% dei bambini dopo una sola crisi, così efficace. nati da donne con epilessia sono perfettacome la possibilità di sospendere il trattamento, va Una corretta diagnosi è il primo passo per affrontare la malattia epilettica. Il medico dovrà innanzitutto escludere che le crisi siano dovute a cause diverse dall’epilessia; si tratterà poi di stabilire qual è il tipo di epilessia di cui soffre il paziente. I farmaci sono generalmente efficaci per tenere sotto controllo le crisi, a condizione che vengano assunti con la massima regolarità e mai sospesi senza l’autorizzazione dello specialista. Quando le cure farmacologiche non danno i risultati sperati, è oggi possibile prendere in considerazione un intervento neurochirurgico che, in un certo numero di casi selezionati, può essere risolutivo. discussa di volta in volta con lo specialista. È importante, nel momento in cui si decida di intraprendere il trattamento, spiegare bene che la terapia antiepilettica prevede tempi lunghi e non ammette interruzioni improvvise. Il trattamento dell’epilessia va personalizzato sia in termini di scelta di farmaco che di dosaggio. È indispensabile che eventuali effetti indesiderati siano prontamente comunicati al medico per poter modificare la terapia nella maniera più opportuna. La sospensione della terapia La sospensione della terapia può essere presa in considerazione nei pazienti che non presentano crisi da almeno 2-3 anni (secondo alcuni, 5 anni). Il paziente (o i genitori, in caso di minore) deve essere reso partecipe della decisione e informato innanzitutto del rischio di ricaduta, variabile in rapporto a diversi fattori, tra cui il tipo di epilessia. La riduzione della terapia dovrebbe essere effettuata gradualmente nel corso di vari mesi, possibilmente con controlli clinici ed elettroencefalografici periodici. È opportuno, in una fase delicata come quella della sospensione, evitare tutti i fattori che potrebbero scatenare le crisi, come ad es. la privazione di sonno e l’uso eccessivo di bevande alcoliche, ed evitare anche le situazioni e le attività potenzialmente pericolose in caso di ricomparsa delle crisi. La terapia chirurgica Circa il 70% dei pazienti con epilessia di recente insorgenza trattata con i farmaci antiepilettici ottiene un completo controllo delle crisi. Solo nel 20-30% dei casi si ha a che fare con una forma di epilessia refrattaria al trattamento, che viene definita “farmacoresistente”. Una certa percentuale (20% circa) di persone con epilessia farmacoresistente può essere curata con un intervento neurochirurgico, che ha lo scopo di asportare la parte di tessuto cerebrale in cui ha sede il focolaio epilettico. Si tratta quindi di un intervento potenzialmente risolutore, tanto è vero che attualmente circa il 70% dei pazienti risulta libero da crisi dopo l’operazione, e un altro 5% di pazienti non ha più alcuna crisi proseguendo, dopo l’intervento, la terapia medica. È però necessaria una completa valutazione prechirurgica per accertarsi che l’asportazione del focolaio non provocherà deficit neurologici o neuropsicologici inaccettabili. La chirurgia dell’epilessia viene oggi sempre più spesso applicata anche su bambini e neonati affetti da epilessie a prognosi assai severa (le cosiddette epilessie “catastrofiche”). In questi casi, considerati gli effetti deleteri delle crisi sullo sviluppo cerebrale e d’altro canto la notevole plasticità del cervello stesso, l’intervento precoce può offrire importanti benefici.