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DOSSIER
S
in alute
L’epilessia
DOSSIER
Ma le crisi non sono tutte uguali
Una distinzione fondamentale è quella tra le crisi epilettiche generalizzate, che coinvolgono l’intero cervello, e le crisi epilettiche focali, che comportano sintomi diversi in relazione all’area del cervello interessata. L’epilessia può essere il sintomo di una specifica patologia cerebrale, che quindi
va affrontata insieme alle crisi stesse. Purtroppo, però, in un certo numero di pazienti anche gli
accertamenti più sofisticati non permettono di stabilire con certezza quale sia la causa che provoca le crisi.
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smettendo e ricevendo impulsi bioelettrici. Le crisi possono insorgere
spontaneamente o come risposta del
cervello a diversi tipi di danno.
Per questo l’epilessia può essere provocata da molte cause differenti.
Una diagnosi di epilessia richiede che
il paziente abbia avuto come minimo
due crisi epilettiche: quindi avere una
singola crisi non significa soffrire di
epilessia. Questo ha importanti implicazioni sia cliniche (ad esempio la
necessità di instaurare o meno una
terapia cronica) che sociali (ad esempio la determinazione dell’idoneità
del paziente alla guida).
Le crisi epilettiche possono essere di
diversi tipi: per distinguerle, è stato
elaborato un sistema internazionale di
classificazione basato su vari criteri.
Esistono fondamentalmente due categorie di crisi epilettiche: quelle generalizzate e quelle focali (un tempo
dette anche parziali). Il tipo di crisi
generalizzata più conosciuto, comunemente definito crisi di “grande
male”, coinvolge tutte le zone dei due
lati del cervello simultaneamente e si
manifesta con una perdita di coscienza seguita da un irrigidimento diffuso
dei muscoli, con arresto del respiro,
che dura 10-20 secondi (fase tonica).
Seguono una serie di scosse ritmiche
muscolari della durata di 30-40 secondi (fase clonica). Durante la crisi si
può verificare la perdita del controllo
sfinterico e quando la crisi cessa il
paziente rimane scarsamente reattivo
o in uno stato confusionale anche per
diversi minuti (fase post-critica).
Chi assiste ad una crisi di “grande
male” deve aiutare il paziente a stendersi, sistemare un cuscino o un indumento morbido sotto il capo, togliendo eventuali occhiali e slacciando il
colletto; inoltre la persona va adagiata
su un fianco per facilitare l’uscita
delle secrezioni dalla bocca; bisogna
anche evitare urti con oggetti acuminati o taglienti durante la convulsione. Non bisogna introdurre in bocca
nessun oggetto, perché ciò rischia di
provocare una frattura o una lussazione della mandibola, molto più grave
di una eventuale ferita alla lingua. Al
termine della crisi il paziente va tranquillizzato, aiutato e rassicurato; non
si devono somministrare bevande o
cibi finché non si è completamente
ripreso.
Un altro tipo di crisi generalizzata è
l’assenza, tipica del cosiddetto “piccolo male”. L’assenza consiste in un
improvviso arresto motorio seguito da
una breve (10-30 secondi) perdita di
coscienza. Durante queste brevi crisi
il soggetto può presentare piccole
scosse muscolari (mioclonie) che gli
fanno cadere gli oggetti dalle mani.
Anche in questo caso è importante
rimanere vicino al paziente finché la
crisi non è terminata, tranquillizzarlo
e successivamente spiegargli l’accaduto, riducendo la sua preoccupazione. A differenza di quelle generalizzate, le crisi focali coinvolgono un circoscritto gruppo di cellule nervose
situate in uno dei due emisferi del
cervello (focolaio epilettico); da qui si
possono propagare al resto del cervello, trasformandosi quindi in crisi
generalizzate. Le crisi focali sono
caratterizzate da segni e sintomi
diversi a seconda della parte di cervello coinvolta. Ad esempio possiamo
avere scosse muscolari quando è coinvolta l’area che governa il movimento,
oppure sintomi visivi o uditivi quando sono coinvolte le aree destinate a
ricevere questi stimoli sensoriali. Non
c’è vera perdita di coscienza, anche se
talvolta quest’ultima può risultare
compromessa in modo più o meno
esteso. Anche durante le crisi focali i
pazienti vanno protetti da eventuali
urti o incidenti, ma senza cercare di
bloccare i loro movimenti. Eventuali
comportamenti “strani” messi in atto
durante la crisi non vanno scherniti o
rimproverati.
La maggior parte delle crisi epilettiche
dura da pochi secondi ad un massimo
di 3-5 minuti, ma può accadere che si
verifichi una serie di crisi in rapida
successione, senza interruzione o
senza ripresa della coscienza. Questo
viene definito stato di male epilettico,
e può rappresentare un pericolo per la
vita.
Benché si parli di epilessia come se
si trattasse di un’unica condizione,
in realtà esistono differenti sindromi
epilettiche, distinte in base ai diversi
tipi di crisi, alle diverse condizioni
LE MOLTE CAUSE SCATENANTI
DELLE CRISI
La maggior parte delle crisi si verifica
in modo assolutamente imprevedibile;
tuttavia in alcuni casi è possibile identificare dei fattori scatenanti, specifici
per ciascun soggetto. Questi comprendono:
alcool: un abuso o un’improvvisa
sospensione di alcool possono scatenare una crisi anche in persone senza
epilessia.
stress: alcuni soggetti presentano
crisi durante periodi di ansia o stress.
Questo può essere legato al fatto che
in questi periodi anche gli schemi del
sonno possono essere disturbati.
TV-video giochi: circa il 10% dei
cliniche in cui queste si sviluppano e
alle cause sottostanti. Si conoscono
oltre 40 sindromi epilettiche, ciascuna delle quali deve essere affrontata in
modo specifico per quanto riguarda la
terapia. È quindi corretto parlare di
epilessie al plurale anziché di epilessia. Le sindromi epilettiche si possono classificare in base alle cause da
cui sono provocate. Si definiscono
epilessie idiopatiche quelle in cui le
crisi sono il principale o addirittura
l’unico problema neurologico presentato dal paziente. In questi casi le crisi
epilettiche compaiono in bambini o
adulti con una situazione neurologica
e neuropsichica normale, in assenza
di lesioni cerebrali e spesso per un
periodo di tempo limitato della vita.
Alla base di queste forme di epilessia
vi sono meccanismi genetici oggi
sempre meglio conosciuti e definiti grazie
agli enormi progressi
compiuti dalle tecniche
di analisi della genetica
molecolare.
Gli aspetti non del tutto
chiari circa le basi genetiche
delle
epilessie sono
tuttavia
ancora
molti, ma a
questo proposito siamo già
in grado di
sfata-
pazienti presenta un’epilessia fotosensibile, caratterizzata dal fatto che
le crisi possono essere scatenate da
una stimolazione luminosa intermittente come quella che si percepisce
davanti a un monitor.
privazione di sonno: questo è un fattore scatenante di frequente riscontro
per diversi tipi di crisi e di sindromi.
patologie intercorrenti: più frequentemente nei bambini, la febbre e/o una
patologia intercorrente possono
aumentare la probabilità che si verifichi una crisi.
ormoni: in molte donne le crisi sono
legate al ciclo mestruale, anche se l’esatta causa non è nota.
farmaci:alcuni farmaci possono scatenare una crisi in soggetti predisposti.
re il luogo comune molto diffuso
secondo cui l’epilessia sarebbe quasi
sempre una malattia ereditaria. In
realtà, la possibilità di ereditare questo disturbo è decisamente bassa, inferiore in media al 10% dei casi.
Quando, come accade nella maggior
parte dei casi, le crisi epilettiche sono
causate da lesioni più o meno estese
del cervello, si parla di epilessie sintomatiche. Le cause che possono produrre epilessie di questo tipo sono le
sofferenze cerebrali perinatali, i traumi cranici, le patologie vascolari del
cervello, le malformazioni cerebrali,
le infezioni del sistema nervoso centrale, i tumori cerebrali ed i disturbi
tossici e metabolici dell’encefalo.
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L’epilessia
Diagnosi e terapia,
due tappe ugualmente delicate
Come si diagnostica l’epilessia
Per formulare una diagnosi di epilessia ci si deve basare contemporaneamente su due criteri: la presenza di una crisi di sicura natura epilettica e la tendenza delle crisi a
ripetersi. Il primo e fondamentale
passo è la raccolta della storia clinica. Il medico deve insistere per
ottenere dai familiari un resoconto
dettagliato e preciso del “prima”,
“durante” e “dopo” la crisi, con l’esatta sequenza cronologica delle
manifestazioni, per potersi fare
un’idea il più possibile completa di
una manifestazione breve ed
improvvisa alla quale probabilmente lui non avrà mai la possibilità di
assistere.
te come gli altri. Inoltre non sempre è
EPILESSIA E INFANZIA
Raccolta la storia clinica ed effetNel 50% dei casi l’epilessia si manifesta possibile conciliare un controllo soddituata la visita neurologica, sulla
prima dell’età adulta e, nonostante i cla- sfacente delle crisi con effetti indesidebase dei dati ottenuti verranno poi
morosi progressi diagnostici della medi- rati che i farmaci possono avere sull’atprescritti gli esami necessari alla
cina, in oltre il 65% delle epilessie del tenzione, la vigilanza e la memoria, funprecisazione diagnostica, tra cui il
bambino non si riesce a identificare una zioni “critiche” sia per lo sviluppo che
più importante è l’elettroencefalocausa specifica della malattia. Anche la per l’apprendimento. Il medico in questi
gramma (EEG). Questo esame conscelta del farmaco, in questa fascia casi svolge un ruolo complesso ma
d’età, è molto delicata e può condiziona- determinante, poiché non si tratta solo
siste in una registrazione delle
di dominare le crisi, ma anche di garanre in modo determinante la prognosi.
onde elettriche emesse dal cervello
L’epilessia pone spesso per il bambino tire al bambino uno sviluppo il più possie può essere effettuato in stato di
seri problemi di tipo socio-educativo: bile normale, aiutando inoltre la famiglia
veglia, in sonno, durante 12 o 24
può essere difficile per lui accettare il a vincere le paure e la tendenza alla proore (tramite un piccolo registratore
disturbo riuscendo a vivere serenamen- tezione eccessiva del piccolo paziente.
portatile), o in altre situazioni particolari. È assolutamente indolore e
innocuo.
Esami più sofisticati sono quelli
neuroradiologici
(TAC
e/o
Risonanza Magnetica), che servono
per localizzare le eventuali aree di
danno cerebrale responsabili delle
crisi. Altri accertamenti che possono essere richiesti dal medico sono:
esami ematochimici, approfondimenti di tipo genetico, screening
metabolici, completamento dei dati
neurofisiologici (elettromiografia,
potenziali evocati).
Particolarmente utili, soprattutto
per l’età infantile, sono i test neuropsicologici, che forniscono informazioni su eventuali deficit cognitivi e, quando necessario, pongono
le basi per una riabilitazione individualizzata riguardante, per esempio, la memoria, il linguaggio e l’attenzione.
L’impostazione della terapia
L’epilessia è una malattia come tante altre, caratterizzata però da disturbi imprevedibili ed improvvisi che si ripetono nel tempo; questo pone il paziente
EPILESSIA E MATERNITÀ: UN mente sani.
ed i familiari in uno stato
Anche l’allattamento, che un tempo veniva
BINOMIO IMPOSSIBILE?
d’animo di insicurezza. Per
precluso
alle
madri
con
epilessia,
oggi
L’epilessia non impedisce in assoluto ad
questo il primo compito del
viene nella maggior parte dei casi consiuna donna di avere figli. Tuttavia bisogna
medico è quello di rassicuragliato, poiché la dose di farmaci che passa
tener presente che l’epilessia comporta un
re il paziente e spiegare come
nel latte materno è molto limitata.
rischio in qualche misura superiore di metNei primi mesi dopo il parto, tensione,
stanno le cose.
tere al mondo un figlio con una malformastanchezza ed eventuali privazioni di
zione genetica. È anche importante consiLa terapia viene generalsonno possono aumentare il rischio di
derare il problema dei farmaci: la terapia
mente prescritta dopo due o
crisi: i neogenitori devono quindi essere
antiepilettica non va assolutamente sospepiù crisi epilettiche spontaistruiti
su
come
evitare
queste
situazioni.
sa in gravidanza, ma dosi e tipi di farmaci
nee ed ha lo scopo di preveTutti i metodi contraccettivi naturali ed artivanno adattati sotto stretto controllo medinire l’insorgenza delle crisi
ficiali possono essere utilizzati dalla donna
co in modo da minimizzare il rischio di malcon la minor quantità possicon epilessia, tuttavia alcuni farmaci antieformazioni per il bambino; inoltre è spesso
bile di effetti indesiderati.
pilettici possono ridurre l’effetto contracnecessario aggiungere in terapia l’acido
L’opportunità di iniziare
cettivo della pillola, per cui è opportuno
folico. Con queste precauzioni il rischio di
precisare al ginecologo la terapia antiepicomunque la terapia anche
malformazioni non supera il 10%, il che
lettica per decidere con lui il metodo più
significa che almeno il 90% dei bambini
dopo una sola crisi, così
efficace.
nati da donne con epilessia sono perfettacome la possibilità di sospendere il trattamento, va
Una corretta diagnosi è il primo passo per affrontare la malattia
epilettica. Il medico dovrà innanzitutto escludere che le crisi siano
dovute a cause diverse dall’epilessia; si tratterà poi di stabilire
qual è il tipo di epilessia di cui soffre il paziente. I farmaci sono
generalmente efficaci per tenere sotto controllo le crisi, a condizione che vengano assunti con la massima regolarità e mai sospesi senza l’autorizzazione dello specialista. Quando le cure farmacologiche non danno i risultati sperati, è oggi possibile prendere in considerazione un intervento neurochirurgico che, in un
certo numero di casi selezionati, può essere risolutivo.
discussa di volta in volta con lo
specialista. È importante, nel momento in cui si decida di intraprendere il trattamento, spiegare bene
che la terapia antiepilettica prevede tempi lunghi e non ammette interruzioni improvvise. Il trattamento dell’epilessia va personalizzato
sia in termini di scelta di farmaco
che di dosaggio. È indispensabile
che eventuali effetti indesiderati
siano prontamente comunicati al
medico per poter modificare la terapia nella maniera più opportuna.
La sospensione della terapia
La sospensione della terapia può
essere presa in considerazione nei
pazienti che non presentano crisi
da almeno 2-3 anni (secondo alcuni, 5 anni).
Il paziente (o i genitori, in caso di
minore) deve essere reso partecipe
della decisione e informato innanzitutto del rischio di ricaduta,
variabile in rapporto a diversi fattori, tra cui il tipo di epilessia. La
riduzione della terapia dovrebbe
essere effettuata gradualmente nel
corso di vari mesi, possibilmente
con controlli clinici ed elettroencefalografici periodici. È opportuno,
in una fase delicata come quella
della sospensione, evitare tutti i fattori che potrebbero scatenare le crisi, come ad es. la privazione di sonno e l’uso eccessivo di bevande alcoliche, ed evitare anche le situazioni e le attività potenzialmente
pericolose in caso di ricomparsa
delle crisi.
La terapia chirurgica
Circa il 70% dei pazienti con epilessia di recente insorgenza trattata
con i farmaci antiepilettici ottiene
un completo controllo delle crisi.
Solo nel 20-30% dei casi si ha a che
fare con una forma di epilessia
refrattaria al trattamento, che viene
definita “farmacoresistente”. Una
certa percentuale (20% circa) di
persone con epilessia farmacoresistente può essere curata con un
intervento neurochirurgico, che ha
lo scopo di asportare la parte di tessuto cerebrale in cui ha sede il focolaio epilettico. Si tratta quindi di
un intervento potenzialmente risolutore, tanto è vero che attualmente
circa il 70% dei pazienti risulta
libero da crisi dopo l’operazione, e
un altro 5% di pazienti non ha più
alcuna crisi proseguendo, dopo
l’intervento, la terapia medica. È
però necessaria una completa valutazione prechirurgica per accertarsi che l’asportazione del focolaio
non provocherà deficit neurologici
o neuropsicologici inaccettabili.
La chirurgia dell’epilessia viene
oggi sempre più spesso applicata
anche su bambini e neonati affetti
da epilessie a prognosi assai severa
(le cosiddette epilessie “catastrofiche”). In questi casi, considerati gli
effetti deleteri delle crisi sullo sviluppo cerebrale e d’altro canto la
notevole plasticità del cervello
stesso, l’intervento precoce può
offrire importanti benefici.
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