POLITICHE PER LA FAMIGLIA
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http://www.secondowelfare.it/primo-welfare/il-lavoro-e-la-cura-della-prima-infanzia-litalia-al-bivio-.html
Livello di efficacia del congedo parentale
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Un utile strumento di comparazione tra le legislazioni nazionali in materia di congedi
parentali è rappresentato dal “livello di efficacia del congedo parentale”, di cui si
serve anche il rapporto del Centro di Ricerca dell’Unicef presso l’Istituto degli
Innocenti di Firenze.
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L’indicatore è dato dalla moltiplicazione della durata del congedo per la percentuale
del salario corrisposto : questi due fattori (lunghezza e trattamento economico) hanno
un impatto molto significativo sulla decisione della madre di rimanere sul mercato del
lavoro e su quella del padre di usufruire di parte del congedo.
Nel grafico che segue sono riportati i congedi effettivi nei paesi dell’area OCSE, ricostruiti
nello studio Starting Strong II (2006), sulla base dei lavori di Plantenga e Siegel
[2004]. Come si può notare, i paesi in cui il congedo è meglio retribuito, in ragione
della durata, sono Svezia, Ungheria e Finlandia. Seguono con un certo distacco
Francia e Germania, mentre si confermano assolutamente sfavorevoli le legislazioni
di Stati Uniti, Irlanda e Olanda.
Congedi parentali: ITALIA
In Italia, ad un congedo di maternità obbligatorio di 5 mesi, la legge 53/2000 ha
affiancato una disciplina del congedo parentale facoltativo che riconosce a ciascun
genitore un periodo di 6 mesi, fino a 10 mesi complessivi per la coppia, da utilizzare
entro i primi 8 anni di vita del bambino.
I genitori soli hanno diritto ad usufruire di 10 mesi, L’istituto è stato concepito in modo
flessibile, infatti può essere fruito contemporaneamente dai genitori, ed è frazionabile
fino ad 1 giorno [Confalonieri, 2009]. Esiste poi un incentivo al suo utilizzo da parte dei
padri, in ragione del fatto che, se quest’ultimo chiede un congedo di almeno tre mesi,
l’ammontare complessivo per la coppia sale da 10 a 11 mesi.
La minore efficacia del congedo parentale previsto in Italia, rispetto a quello di molti altri
paesi europei (si veda il Grafico 1), dipende dal livello esiguo dell’indennità, cioè il
30% del salario. Si tratta di una remunerazione che scoraggia il suo utilizzo da parte di
molte madri lavoratrici e, soprattutto, da parte della quasi totalità dei padri (solo il 6,9%
contro il 45,3% delle donne, secondo una rilevazione Istat del 2010).
Non è del resto previsto, nel caso italiano, il ricorso al part-time come diritto dei genitori
nel periodo di congedo parentale, istituto invece consolidato in Svezia ed introdotto
recentemente dalla riforma tedesca del 2007. Questo strumento di policy potrebbe
invece rivelarsi particolarmente utile per contemperare, nei primi anni di vita del
bambino, il bisogno di quest’ultimo di essere accudito dai propri genitori e la necessità
degli stessi, in quanto lavoratori, di evitare fenomeni di de-skilling, legati all’interruzione
totale dell’attività per un certo numero di mesi.
Congedi parentali “effettivi” nell’area OCSE, Starting Strong II, 2006
Spesa sociale per funzioni.
UE15 UE27 e Italia
Valori percentuali
Fonte: Eurostat, ESSPROS database
anno 2008
Struttura della spesa per protezione sociale
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L’Italia, rispetto a quasi tutti gli altri paesi Ue, destina risorse residuali alle funzioni di
protezione sociale dedicate all’esclusione sociale, alla disoccupazione, alle
famiglia e alle persone con disabilità.
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In particolare si colloca all’ultimo posto (0,2 per cento rispetto alla media Ue pari
all’1,4 per cento) per le risorse destinate al sostegno al reddito, alle misure di
contrasto alla povertà o alle prestazioni in natura a favore di persone a rischio di
esclusione sociale. Al sostegno per la disoccupazione e alle politiche attive per il
lavoro è allocato solo l’1,9 per cento della spesa, contro il 5,2 per cento dell’Europa.
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Per la famiglia il nostro sistema di protezione sociale impiega solo il
4,7 per cento della spesa, quota che ci colloca al penultimo posto della
graduatoria Ue.
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Le persone con disabilità possono contare su meno del 6 per cento delle risorse
complessive per trasferimenti e servizi in loro favore; tale quota ci colloca al 23esimo
posto in Europa.
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Il nostro Paese si colloca al di sotto della media europea anche per la percentuale di
spesa dedicata alla sanità, per i trasferimenti monetari in caso di malattia o infortunio.
Tale ultima funzione assorbe il 26,4 per cento delle risorse, contro il 29,7 per cento
del resto dei Paesi europei.
Offerta di lavoro – La decisione sulle ore di lavoro
Figura 1-6 Decisione lavoro – tempo libero
Un lavoratore che massimizza l’utilità sceglie il paniere di consumo – tempo libero dato dal
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punto P, nel quale la curva di indifferenza è tangente alla retta di bilancio.
Offerta di lavoro - Le preferenze del lavoratore:
Esistono differenze soggettive di genere nelle curve di indifferenza?
Alto costo
opportunità del
tempo libero
Basso valore monetario
(costo opportunità) al
tempo libero
Figura 1-4 Differenze nelle preferenze dei lavoratori
(a) Le curve di indifferenza di Anna sono relativamente ripide, indicando che chiede una notevole
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ricompensa per rinunciare ad un’ora addizionale di tempo libero. (b) Le curve di indifferenza di Silvia
sono relativamente piatte, indicando che dà un valore molto più basso al suo tempo libero.
Offerta di lavoro – La decisione sulle ore di
lavoro:Effetti di una variazione del salario
Figura 1-8 L’effetto di un cambiamento del salario sulle ore di lavoro
Una variazione del salario fa ruotare la retta di bilancio intorno al punto delle
dotazioni E. Un aumento del salario sposta il lavoratore dal punto P al punto R e può
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causare sia un aumento che una riduzione delle ore di lavoro.
Offerta di lavoro – La decisione sulle ore di lavoro
Figura 1-9 Scomposizione di una variazione del salario in effetto reddito e effetto sostituzione
Un aumento nel salario genera sia effetto reddito che effetto sostituzione. L’effetto
reddito (lo spostamento dal punto P al punto Q) riduce le ore di lavoro, l’effetto di
sostituzione (lo spostamento da Q a R) aumenta le ore di lavoro.
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Offerta di lavoro – Lavorare o non lavorare?
I servizi per l’infanzia a costi variabili riducono il salario (da Y a X)
Confrontando il punto X con il punto E
(salario di riserva) è possibile che
si scelga di non lavorare
Figura 1-10 Il salario di riserva
Se una persona sceglie di non lavorare, può rimanere nel punto della dotazione
iniziale E e avere U0 unità di utilità. Ad un salario basso (wlow) preferisce non lavorare
mentre ad un salario alto preferisce lavorare. Il salario di riserva è dato dall’inclinazione della
curva di indifferenza nel punto della dotazione iniziale.
Offerta di lavoro – La curva di offerta di lavoro
Se i costi
dei
servizi
per
l’infanzia
riducono
il salario,
l’effetto
sull’offert
a dipende
dal
“livello di
partenza”
del
salario”
Figura 1-11 La curva d’offerta di lavoro del lavoratore
La curva d’offerta di lavoro descrive la relazione tra il salario e le ore di lavoro. Per i salari
inferiori al salario di riserva (10€), non lavoriamo. Per i salari superiori a 10€, entriamo nel
mercato del lavoro. Nel segmento rivolto verso l’alto della curva di offerta di lavoro, gli effetti di
sostituzione sono più forti all’inizio; nel segmento rivolto all’indietro gli effetti reddito finiscono
per dominare.
Sussidi all’occupazione
-IMPOSTA NEGATIVA SUL REDDITO (NIT)
-IN WORK BENEFIT (IWB)
Tassa negativa sul reddito
NIT
Sussidi di occupazione
(in work benefit)
Prestazioni ridotte di una %
dell’aumento del reddito da lavoro
Sussidi variabili in entrata e in uscita
A
E
F
D
O
B
Reddito lordo
Incentivano a lavorare ma per un orario
ridotto (a sinistra di B)
Phase in
A
piatta
B
Phase out
Reddito lordo
Sussidio crescente fino al max di EA, poi
costante fino FB e decrescente in uscita dal
sussidio
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Livello di efficacia del congedo parentale