PARTE DODICESIMA
CAPITOLO VIII PRIMO PIANO
L’età dell’imperialismo: le avanguardie (1903-1925)
La coscienza di Zeno, A6
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Italo Svevo
Lo scambio di funerale
[La coscienza di Zeno,
dal capitolo Storia di
un’associazione
commerciale]
da I. Svevo, Opera omnia, vol. II:
I romanzi, Dall’Oglio, Milano 1968.
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Guido, col denaro mandatogli dall’Argentina dal padre, ha fondato una società commerciale, la cui attività si rivela presto in perdita. Zeno, che gli fa gratuitamente da contabile, non si accorge di alcuni gravi errori che egli compie nella conduzione dell’azienda. Con un tentativo di suicidio, Guido ricatta la moglie per farsi prestare una grossa somma, con la quale possa far figurare che il bilancio dell’azienda è in
pareggio. Poi, per rifarsi rapidamente del denaro perduto, sotto l’influenza di un agente di cambio, il Nilini, comincia a giocare in Borsa. Dopo qualche vincita iniziale, perde rovinosamente. Si rivolge di nuovo alla moglie per chiederle un prestito e questa glielo nega. Guido ricorre ancora al ricatto del suicidio,
ma non mette nel conto l’imprevedibilità di alcune circostanze. Un forte temporale e una serie di equivoci, alla base dei quali sta il fatto che la moglie non crede più alla serietà delle sue minacce, fanno sì che
i soccorsi arrivino quando Guido è già morto. Approfittando del fatto che del suicidio del cognato ancora non si ha notizia in Borsa, Zeno gioca per suo conto e vince, ripianando i debiti e ricostituendo un attivo, corrispondente alla metà del capitale iniziale di Guido.
Così s’iniziarono per me le cinquanta ore di massimo lavoro cui abbia atteso in tutta la mia vita. Dapprima e fino a sera restai a misurare a grandi passi su e giù l’ufficio in attesa di sentire se i miei ordini fossero stati eseguiti. Io temevo che alla Borsa si fosse risaputo del suicidio di Guido e che il suo nome non venisse più ritenuto buono per impegni ulteriori. Invece per varii giorni non si attribuì quella morte a suicidio.
Poi, quando il Nilini finalmente poté avvisarmi che tutti i miei ordini erano stati eseguiti, incominciò per me una vera agitazione, aumentata dal fatto che al momento di ricevere gli stabiliti,1 fui
informato che su tutti io perdevo già qualche frazione abbastanza importante. Ricordo quell’agitazione come un vero e proprio lavoro. Ho la curiosa sensazione nel mio ricordo che ininterrottamente, per cinquanta ore, io fossi rimasto assiso al tavolo da giuoco succhiellando le carte.2 Io non conosco nessuno che per tante ore abbia saputo resistere ad una fatica simile. Ogni movimento di prezzo
fu da me registrato, sorvegliato, eppoi (perché non dirlo?) ora spinto innanzi ed ora trattenuto, come
a me, ossia al mio povero amico, conveniva.3 Persino le mie notti furono insonni.
Temendo che qualcuno della famiglia avesse potuto intervenire ad impedirmi l’opera di salvataggio
cui m’ero accinto, non parlai a nessuno della liquidazione di metà del mese quando giunse. Pagai tutto
io, perché nessun altro si ricordò di quegli impegni, visto che tutti erano intorno al cadavere che attendeva la tumulazione. Del resto, in quella liquidazione era da pagare meno di quanto fosse stato stabilito
a suo tempo, perché la fortuna m’aveva subito assecondato. Era tale il mio dolore per la morte di Guido,
che mi pareva di attenuarlo compromettendomi in tutti i modi tanto con la mia firma che con l’esposizione del mio denaro. Fin qui m’accompagnava il sogno di bontà che avevo fatto lungo tempo prima accanto a lui.4 Soffersi tanto di quell’agitazione, che non giuocai mai più in Borsa per conto mio.
Ma a forza di «succhiellare» (questa era la mia occupazione precipua) finii col non intervenire al
funerale di Guido.5 La cosa avvenne così. Proprio quel giorno i valori in cui eravamo impegnati fecero un balzo in alto. Il Nilini ed io passammo il nostro tempo a fare il calcolo di quanto avessimo ricu-
1 gli stabiliti: i titoli che aveva dato ordine di acquistare.
2 succhiellando le carte: nel gergo degli agenti di Borsa
dell’epoca, «succhiellare le carte» significava probabilmente osservare con attenzione ininterrotta gli importi
dei titoli acquistati, calcolando il continuo variare dei
guadagni e delle perdite.
3 come...conveniva: Per una sorta di lucida superstizione,
Zeno ha l’impressione di poter regolare i movimenti di
prezzo dei titoli con il suo desiderio.
4 il sogno di bontà...a lui: la «bontà» di Zeno è molto equivoca: per «bontà» Zeno sorveglia gli amori di Guido con
la bella segretaria Carmen (alla quale peraltro fa anche
lui delle avances, prontamente respinte dalla ragazza), e
si premura di farne un rendiconto ad Augusta, che, come
prevedibile, ne informa Ada, la quale trae dal tradimento
motivo per negare aiuto finanziario al marito; per «bontà»
scopre un grosso ammanco nella contabilità di Guido, e
ne informa, sempre attraverso Augusta, la famiglia Malfenti; per «bontà», infine, offre il proprio aiuto finanziario
a Guido – ma troppo tardi – e facendo comunque pesare questa sua generosità che contrasta con il fermo atteggiamento negativo di Ada.
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura
5 finii...Guido: è un clamoroso «atto mancato». L’«atto mancato», secondo Freud, è un atto il cui risultato coscientemente perseguito non viene raggiunto, ma viene sostituito da un altro, voluto dall’inconscio. Nella Psicopatologia della vita quotidiana Freud dimostra che gli atti mancati sono, così come i sintomi nevrotici, formazioni di
compromesso tra l’intenzione cosciente del soggetto e il
desiderio rimosso. Zeno coscientemente vuole partecipare al funerale di Guido, che egli non perde mai l’occasione di proclamare suo «amico», ma finisce con non parteciparvi perché in realtà lo odia.
[G. B. PALUMBO EDITORE]
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perato della perdita. Il patrimonio del vecchio Speier figurava ora solamente dimezzato.6 Un magnifico risultato che mi riempiva di orgoglio.Avveniva proprio quello che il Nilini aveva preveduto in tono molto dubitativo bensì ma che ora, naturalmente, quando ripeteva le parole dette, spariva ed egli
si presentava quale un sicuro profeta. Secondo me egli aveva previsto questo e anche il contrario. Non
avrebbe fallato mai, ma non glielo dissi perché a me conveniva ch’egli restasse nell’affare con la sua
ambizione. Anche il suo desiderio poteva influire sui prezzi.
Partimmo dall’ufficio alle tre e corremmo perché allora ricordammo che il funerale doveva aver
luogo alle due e tre quarti.
All’altezza dei volti di Chiozza, vidi in lontananza il convoglio e mi parve persino di riconoscere
la carrozza di un amico mandata al funerale per Ada. Saltai col Nilini in una vettura di piazza, dando
ordine al cocchiere di seguire il funerale. E in quella vettura il Nilini ed io continuammo a succhiellare. Eravamo tanto lontani dal pensiero al povero defunto che ci lagnavamo dell’andatura lenta della
vettura. Chissà quello che intanto avveniva alla Borsa non sorvegliata da noi? Il Nilini, a un dato momento, mi guardò proprio con gli occhi e mi domandò perché non facessi alla Borsa qualche cosa per
conto mio.
– Per il momento – dissi io, e non so perché arrossissi,7 – io non lavoro che per conto del mio povero amico.
Quindi, dopo una lieve esitazione, aggiunsi:
– Poi penserò a me stesso. – Volevo lasciargli la speranza di poter indurmi al giuoco sempre nello
sforzo di conservarmelo interamente amico. Ma fra me e me formulai proprio le parole che non osavo dirgli: «Non mi metterò mai in mano tua!». Egli si mise a predicare.
– Chissa se si può cogliere un’altra simile occasione! – Dimenticava d’avermi insegnato che alla
Borsa v’era l’occasione ad ogni ora.
Quando si arrivò al posto dove di solito le vetture si fermano, il Nilini sporse la testa dalla finestra
e diede un grido di sorpresa. La vettura continuava a procedere dietro al funerale che s’avviava al cimitero greco.
– Il signor Guido era greco? – domandò sorpreso.
Infatti il funerale passava oltre al cimitero cattolico e s’avviava a qualche altro cimitero, giudaico,
greco, protestante o serbo.
– Può essere che sia stato protestante! – dissi io dapprima, ma subito mi ricordai d’aver assistito al
suo matrimonio nella chiesa cattolica.
– Dev’essere un errore! – esclamai pensando dapprima che volessero seppellirlo fuori di posto.
Il Nilini improvvisamente scoppiò a ridere di un riso irrefrenabile che lo gettò privo di forze in
fondo alla vettura con la sua boccaccia spalancata nella piccola faccia.
– Ci siamo sbagliati! – esclamò. Quando arrivò a frenare lo scoppio della sua ilarità, mi colmò di
rimproveri. Io avrei dovuto vedere dove si andava perché io avrei dovuto sapere l’ora e le persone ecc.
Era il funerale di un altro!
Irritato, io non avevo riso con lui ed ora m’era difficile di sopportare i suoi rimproveri. Perché non
aveva guardato meglio anche lui? Frenai il mio malumore solo perché mi premeva più la Borsa, che il
funerale.8 Scendemmo dalla vettura per orizzontarci meglio e ci avviammo verso l’entrata del cimitero cattolico. La vettura ci seguì. M’accorsi che i superstiti dell’altro defunto ci guardavano sorpresi
6 dimezzato: Zeno, con la sua fortunata speculazione, ha
annullato i debiti contratti da Guido in conseguenza dell’attività commerciale e di quella in Borsa, e ha inoltre
ricostituito metà dell’ingente capitale iniziale del cognato suicida. Il futuro della vedova e dei figli è quindi assicurato. Il successo conseguito da Zeno è strepitoso, se si
considera che Ada e tutti i Malfenti erano ormai convinti
che non solo il patrimonio di Guido fosse distrutto interamente, ma che il suo nome fosse destinato a rimanere
infangato dalla inevitabile dichiarazione di fallimento e
dalla rivelazione della scorretta amministrazione di cui
Guido era responsabile.
7 e...arrossissi: si arrossisce per vergogna, e proviamo vergogna quando diamo di noi agli altri un’immagine che
non corrisponde alla nostra vera identità. Zeno cerca di
presentarsi come sollecito verso il suo «povero amico»,
ma il lettore attento si è certamente accorto che egli non
si è adoperato affatto per il bene di Guido; anzi, c’è da
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supporre che abbia dato un valido, anche se sotterraneo, apporto alla sua rovina. L’inconscio di Zeno questo
lo sa benissimo, e non è quindi strano che egli, suo magrado, arrossisca.
8 più la Borsa che il funerale: Zeno lo dichiara apertamente: a lui interessava la Borsa, non il funerale. Perché
in Borsa stava ottenendo un successo strepitoso, che
avrebbe dovuto cancellare definitivamente anche l’immagine di Guido agli occhi di Ada.
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non sapendo spiegarsi perché dopo aver onorato fino a quell’estremo limite quel poverino lo abbandonassimo sul più bello.
Il Nilini spazientito mi precedeva. Domandò al portiere dopo una breve esitazione:
– Il funerale del signor Guido Speier è già arrivato?
Il portiere non sembrò sorpreso della domanda che a me parve comica.9 Rispose che non lo sapeva. Sapeva solo dire che nel recinto erano stati nell’ultima mezz’ora due funerali.
Perplessi ci consultammo. Evidentemente non si poteva sapere se il funerale si trovasse già dentro
o fuori. Allora decisi per mio conto. A me non era permesso d’intervenire alla funzione forse già cominciata e turbarla. Dunque non sarei entrato in cimitero.10 Ma d’altronde non potevo rischiare d’imbattermi nel funerale, ritornando. Rinunziavo perciò ad assistere all’interramento e sarei ritornato in
città facendo un lungo giro oltre Servola. Lasciai la vettura al Nilini che non voleva rinunziare di far
atto di presenza per riguardo ad Ada ch’egli conosceva.
Con passo rapido, per sfuggire a qualunque incontro, salii la strada di campagna che conduceva
al villaggio. Oramai non mi dispiaceva affatto di essermi sbagliato di funerale e di non aver reso gli
ultimi onori al povero Guido. Non potevo indugiarmi in quelle pratiche religiose. Altro dovere m’incombeva: dovevo salvare l’onore del mio amico e difenderne il patrimonio a vantaggio della vedova
e dei figli. Quando avrei informata Ada ch’ero riuscito di ricuperare tre quarti della perdita (e riandavo con la mente su tutto il conto fatto tante volte: Guido aveva perduto il doppio del patrimonio del
padre e, dopo il mio intervento, la perdita si riduceva a metà di quel patrimonio. Era perciò esatto. Io
avevo ricuperato proprio tre quarti della perdita), essa certamente m’avrebbe perdonato di non essere intervenuto al suo funerale.11
Quel giorno il tempo s’era rimesso al bello. Brillava un magnifico sole primaverile e, sulla campagna ancora bagnata, l’aria era nitida e sana. I miei polmoni, nel movimento che non m’ero concesso
da varii giorni, si dilatavano. Ero tutto salute e forza. La salute non risalta che da un paragone. Mi paragonavo al povero Guido e salivo, salivo in alto con la mia vittoria nella stessa lotta nella quale egli
era soggiaciuto. Tutto era salute e forza intorno a me. Anche la campagna dall’erba giovine. L’estesa e
abbondante bagnatura, la catastrofe dell’altro giorno,12 dava ora solo benefici effetti ed il sole luminoso era il tepore desiderato dalla terra ancora ghiacciata. Era certo che quanto più ci si sarebbe allontanati dalla catastrofe, tanto più discaro sarebbe stato quel cielo azzurro se non avesse saputo oscurarsi a tempo.13 Ma questa era la previsione dell’esperienza ed io non la ricordai; m’afferra solo ora
che scrivo. In quel momento c’era nel mio animo solo un inno alla salute mia e di tutta la natura; salute perenne.
Il mio passo si fece più rapido. Mi beavo di sentirlo tanto leggero. Scendendo dalla collina di Servola s’affrettò fin quasi alla corsa. Giunto al passeggio di Sant’Andrea, sul piano, si rallentò di nuovo,
ma avevo sempre il senso di una grande facilità. L’aria mi portava.
Avevo perfettamente dimenticato che venivo dal funerale del mio più intimo amico. Avevo il passo e il respiro del vittorioso. Però la mia gioia per la vittoria era un omaggio al mio povero amico nel
cui interesse ero sceso in lizza.
Andai all’ufficio a vedere i corsi di chiusa. Erano un po’ più deboli, ma non fu questo che mi tolse
la fiducia. Sarei tornato a «succhiellare» e non dubitavo che sarei arrivato allo scopo.14
9 Il portiere...comica: l’impassibilità di un personaggio
estraneo rivela a Zeno la comicità della situazione che sta
vivendo, e della quale finora non si è accorto.
10 A me...in cimitero: questa giustificazione che Zeno adduce non è convincente, e comunque sottolinea la sua
estraneità e la sua indifferenza al destino del povero Guido. In realtà Zeno non vuole assistere al funerale del cognato.
11 perdonato...funerale: attraverso lo stile indiretto libero lo
Zeno narratore riferisce le opinioni dello Zeno al momento
dell’azione. Zeno, come sempre quando ha a che fare
con Ada, si sbaglia.
12 L’estesa...giorno: il nubifragio che, ostacolando e rendendo tardivo il soccorso, indirettamente aveva provocato la morte di Guido.
13 Era certo…a tempo: quest’affermazione esemplifica il
principio enunciato poche righe prima: «La salute non risalta che da un paragone». (Principio che potremmo definire leopardiano, pur che si sostituisca «salute» con «felicità»: si pensi a La quiete dopo la tempesta). La «salute» è una condizione non destinata a permanere; anzi,
essa non è nemmeno di per sé definibile, ma è definibi-
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le solo per contrasto. Il cielo azzurro è una manifestazione effimera che non può durare, così come il trionfo di Zeno. Passata l’eccitazione, il cielo azzurro gli ricorderà la
sua illusione di salute e di felicità, e quindi gli sarà «discaro».
14 non dubitavo…scopo: il valore dei titoli acquistati da Zeno per conto di Guido è leggermente diminuito, ma Zeno,
preso dall’entusiasmo per il successo ottenuto, ha la fiducia superstiziosa che, tornando a registrare accuratamente l’andamento dei cambi, gli sarà possibile farlo risalire.
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Dovetti finalmente recarmi alla casa di Ada.Venne ad aprirmi Augusta. Mi domandò subito:
– Come hai fatto a mancare al funerale, tu, l’unico uomo della nostra famiglia?15
Deposi l’ombrello e il cappello, e un po’ perplesso le dissi che avrei voluto parlare subito anche con
Ada per non dover ripetermi. Intanto potevo assicurarla che avevo avute le mie buone ragioni per
mancare dal funerale. Non ne ero più tanto sicuro e improvvisamente il mio fianco s’era fatto dolente forse per la stanchezza.16 Doveva essere quell’osservazione di Augusta, che mi faceva dubitare della possibilità di far scusare la mia assenza che doveva aver causato uno scandalo; vedevo dinanzi a me
tutti i partecipi alla mesta funzione che si distraevano dal loro dolore per domandarsi dove io potessi essere.
Ada non venne. Poi seppi che non era stata neppure avvisata ch’io l’attendessi. Fui ricevuto dalla
signora Malfenti che incominciò a parlarmi con un cipiglio severo quale non le avevo mai visto. Cominciai a scusarmi, ma ero ben lontano dalla sicurezza con cui ero volato dal cimitero in città. Balbettavo. Le raccontai anche qualche cosa di meno vero in appendice della verità, ch’era la mia coraggiosa iniziativa alla Borsa a favore di Guido, e cioè che poco prima dell’ora del funerale avevo dovuto spedire un dispaccio a Parigi per dare un ordine e che non m’ero sentito di allontanarmi dall’ufficio prima di aver ricevuta la risposta. Era vero che il Nilini ed io avevamo dovuto telegrafare a Parigi,
ma due giorni prima, e due giorni prima avevamo ricevuto anche la risposta. Insomma comprendevo che la verità non bastava a scusarmi fors’anche perché non potevo dirla tutta e raccontare dell’operazione tanto importante cui io da giorni attendevo, cioè a regolare col mio desiderio i cambii mondiali. Ma la signora Malfenti mi scusò quando sentì la cifra cui ora ammontava la perdita di Guido.
Mi ringraziò con le lacrime agli occhi. Ero di nuovo non l’unico uomo della famiglia, ma il migliore.17
15 come hai fatto...famiglia?: una visione più realistica della situazione s’impone a Zeno in seguito all’ovvia domanda di Augusta, che suona inevitabilmente come un
rimprovero.
16 il mio fianco...stanchezza: il senso di colpa di Zeno prende di regola la forma di un dolore fisico.
17 il migliore: è naturale che la prima a perdonare Zeno sia
la suocera, che impersona l’etica borghese, al centro della quale c’è il denaro.
guida alla lettura
Un atto mancato
È questo uno degli episodi più famosi della Coscienza, e quello in
cui è più immediatamente visibile l’influenza delle teorie di Freud.
Anche il dottor Weiss, che pure aveva frustrato l’ambizione di Svevo di aver scritto un romanzo psicanalitico, concedeva che questo
episodio avesse qualcosa a che fare con la psicanalisi. Lo sbaglio
di funerale compiuto da Zeno, che lo porta a non assistere agli
estremi onori tributati al cognato suicida, è un esempio emblematico di “atto mancato”, che ben avrebbe potuto figurare nella Psicopatologia della vita quotidiana dello stesso Freud. Zeno non as-
siste al funerale del cognato perché in realtà non vuole, dato che
non ha affatto amicizia per Guido, ma lo odia, e al suo odio dà libero sfogo con quest’ultimo atto di disprezzo. Si può osservare semmai che l’inconscio di Zeno, per realizzare il proprio obiettivo, non
segue vie tanto nascoste: al contrario, la comicità che caratterizza
l’episodio nasce proprio dalla divergenza esplicita tra l’obiettivo palese e quello nascosto. La narrazione non presenta punti d’ombra,
ma ha l‘evidenza allucinata e l’andamento incalzante di una sequenza surreale.
L’umanità di Zeno
Zeno deve salvare col gioco in Borsa il patrimonio di Guido perché questo soddisfa il suo narcisismo, confermandolo nel ruolo riconosciutogli
di «miglior uomo della famiglia», e perché il maneggio del denaro, di cui
la Borsa è l’emblema, è il grande giocattolo della società borghese,
che fa sentire gratificati e potenti e di fronte al quale la morte è un incidente trascurabile. Il contemplativo Zeno, amato per questa sua qualità da Augusta e per questa sua stessa qualità irriso dal suocero Malfenti (suo sostituto paterno), si rivela uno spregiudicato ed efficientissimo uomo d’azione. La società delle Borse e degli affari offre di queste strabilianti sorprese, che rendono la vita veramente «originale» («La
vita non è né brutta né bella, ma è originale!», dice Zeno). L’unica con-
dizione per godere del paese dei giocattoli è l‘abbandono della dimensione etica. Trascurabile condizione, parrebbe, almeno per un personaggio come Zeno, che ama ostentare spregiudicatezza. Ma l’irriducibile dolore di Ada gli dà una spinta in senso contrario, rimettendolo in
una condizione di crisi, e proponendo di lui un’immagine diversa, per la
quale può ottenere il perdono: «Che ci avresti fatto tu al suo funerale?
Tu che non lo amavi? Buono come sei, avresti potuto piangere per me,
per le mie lacrime, ma non per lui che tu... odiavi! Povero Zeno! Fratello mio!». La vita è originale, ma può essere anche tragica. Questa possibilità latente, evidenziata da Ada, ridà spessore a Zeno, che risulta
perciò personaggio complesso: figura umana, non burattino.
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esercizi
Analizzare e interpretare
1
L’attivismo di Zeno in borsa per salvare il patrimonio di Guido è originato dalla «bontà», come egli dichiara, o da rivalità
e competizione?
2
Individua le bugie e gli autoinganni di Zeno.
3
Perché Zeno, dopo aver sbagliato funerale, si rifiuta anche di
entrare nel cimitero? Quali sentimenti egli rivela verso Guido morto?
4
Spiega l’affermazione di Zeno: «Ero tutto salute e forza» e il
valore che essa assume nel contesto.
5
Rileva l’inversione di ruoli tra Zeno e Guido e la trasformazione dell’inetto in lottatore.
6
Confronta questa evoluzione di Zeno con lo scacco di Alfonso e di Emilio.
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