Quarta Commissione “Sanità e politiche sociali” Indagine conoscitiva “Ruolo, funzioni e prospettive dei consultori della Regione toscana” Relazione conclusiva Febbraio 2012 Indagine conoscitiva “Ruolo, funzioni e prospettive dei consultori della Regione toscana” SOMMARIO PREMESSA p 2 LE ATTIVITÀ SVOLTE DALLA COMMISSIONE p 4 Le iniziative attivate nel corso dell‟indagine LO STATO DELL‟ARTE dei CONSULTORI p 4 p 6 Lo sviluppo dei consultori attraverso le norme e gli atti di attuazione p 6 L‟articolazione territoriale e gli organismi di coordinamento e consultivi p 10 Le figure professionali p 11 La rete regionale e i flussi informativi p 12 LE CRITICITA‟ e LE PROSPETTIVE p 13 I giovani e gli adolescenti p 14 Interruzione volontaria di gravidanza – IVG p 15 Le problematiche delle nuove famiglie p 17 La violenza di genere e sui minori p 17 La nuova accoglienza dei consultori p 18 Le risorse umane e le figure professionali p 20 L‟ipotesi di riqualificazione del Consultorio familiare p 21 CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI p 22 ALLEGATI: Allegato A - Raccolta delle trascrizioni delle audizioni Allegato B - Raccolta documentazione fornita dagli uffici della G.R. 1 PREMESSA I consiglieri Stefano Mugnai, Marco Carraresi e Gianluca Lazzeri, rispettivamente vicepresidente e commissari della IV commissione, hanno richiesto al Presidente della commissione, in data 12 ottobre 2010, lo svolgimento di un‟indagine conoscitiva in merito al ruolo, alle funzioni e prospettive dei consultori nella nostra regione. Nella seduta del 18 novembre 2010 l‟ufficio Presidenza del Consiglio regionale ha espresso, ai sensi dell‟articolo 50 comma 1 del regolamento interno, il proprio consenso allo svolgimento dell‟indagine. Nella seduta dell‟8 febbraio 2011 la Quarta Commissione ha approvato il programma operativo e finanziario dell‟indagine sottoposto all‟autorizzazione, ai sensi dell‟articolo 50 comma 2 del regolamento, dell‟ufficio Presidenza del Consiglio regionale nella seduta del 9 febbraio 2011. Nella stessa seduta la Commissione ha nominato un gruppo di lavoro interno costituito dai consiglieri Marco Carraresi, Stefano Mugnai, Maria Teresa Chincarini e Lucia Matergi, quest'ultima con funzioni di coordinamento. Obbiettivi principali dell‟indagine: 1) verifica dell‟attuazione degli atti di programmazione socio-sanitaria regionale e delle direttive di settore volte alla definizione del ruolo e delle funzioni dei consultori sul territorio regionale; 2) attuazione e verifica della rete dei servizi presenti nelle strutture dei consultori con la specifica rilevazione di: Tipologia dei consultori familiari attivati nella regione Toscana, loro organizzazione e sviluppo, ricognizione delle strutture consultoriali operanti sul territorio e dei servizi collegati attivati presso ciascuna ASL. Politiche e strategie attivate dalla Giunta regionale per il potenziamento delle funzioni socio-sanitarie dei consultori. Stato dell‟arte e implementazione della rete dei consultori familiari in Toscana.. Attuazione e sviluppo, nei consultori operanti sul territorio, delle attività previste dalla legge istitutiva Legge del 29 luglio 1975, n, 405 e le successivamente attività attribuite. Il Programma operativo e finanziario (approvato dall’Ufficio Presidenza C.R. il 9. 2.2011) Indagine conoscitiva “Ruolo, funzioni e prospettive dei consultori della Regione toscana” In data 18 novembre 2010 l’Ufficio Presidenza del Consiglio regionale ha autorizzato la IV Commissione a svolgere un’indagine conoscitiva su “Ruolo, funzioni e prospettive dei consultori della Regione toscana”. Obiettivo dell‟indagine è la verifica dell‟attuazione degli atti di programmazione sociosanitaria regionale e delle direttive di settore volte alla definizione del ruolo e delle funzioni dei consultori sul territorio regionale. Attuazione e verifica della rete dei servizi presenti nelle strutture dei consultori. Argomenti oggetto dell‟indagine: Tipologia dei consultori familiari attivati nella regione Toscana, loro organizzazione e sviluppo, ricognizione delle strutture consultoriali operanti sul territorio e dei servizi collegati attivati presso ciascuna ASL. Politiche e strategie attivate dalla Giunta regionale per il potenziamento delle funzioni socio-sanitarie dei consultori. Stato dell‟arte e implementazione della rete dei consultori familiari in Toscana. 2 Attuazione e sviluppo, nei consultori operanti sul territorio, delle attività previste dalla legge istitutiva Legge del 29 luglio 1975, n.405 e le attività successivamente attribuite con la Legge 19 febbraio 2004, n. 40 in materia di procreazione medicamente assistita: l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile; la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti; la tutela della salute della donna e del concepito; la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso; l'informazione e l'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; l'informazione sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare. Inoltre: le tipologie di intervento attivate dai consultori e verifica del loro stato di attuazione: tutela sociale della maternità, assistenza agli adolescenti, assistenza agli extracomunitari ecc; l‟informazione all‟educazione all‟affettività e sessualità consapevole; l‟attuazione della legge 194/78, nell‟operatività dei consultori pubblici, con particolare riferimento agli articoli 2, 4 e 5; la definizione di protocolli e procedure condivise all‟interno dei luoghi di assistenza e dei servizi territoriali; il finanziamento di progetti e programmi di azione e riqualificazione delle attività consultoriali; la realizzazione di un sistema strutturato di collegamento in rete dei servizi consultoriali; le figure professionali operanti all‟interno dei consultori - organizzazione e sviluppo; la promozione della formazione degli operatori e l‟aggiornamento professionale costante sulla base delle evidenze scientifiche per un miglioramento continuo della qualità. Strumenti Saranno promosse audizioni con: 1.uffici della Giunta regionale competenti per i diversi profili: Direzione generale Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale, Area di coordinamento Sistema socio-sanitario regionale, settore Servizi alla persona sul territorio e Area di coordinamento inclusione sociale, Settore Politiche per il contrasto al disagio sociale; 2. Commissione regionale per le attività consultoriali; 3. Coordinamento regionale per le attività consultori ali 4. direttori generali e/o responsabili di settore delle aziende sanitarie locali, delle Aree Vaste ed eventuali altre strutture convenzionate e/o accreditate in Toscana; 5. ordini professionali, organizzazioni sindacali e associazioni rappresentanti degli operatori sanitari coinvolti nelle strutture dei consultori; 6. Commissione Pari Opportunità Regionale; 7. realtà consultoriali gestite da associazioni del volontariato e da altri soggetti del privato 3 sociale; 8. altre eventuali audizioni che si rendessero necessarie nel corso dell‟indagine. Saranno organizzate visite: 1. in alcune delle strutture scelte dalla commissione degli oltre 200 consultori presenti sul territorio toscano ed altre eventuali strutture convenzionate e/o accreditate in Toscana; 2. a progetti pilota di altre regioni; 3. altre eventuali visite che vorranno indicare i Consiglieri. Altre iniziative. 1. eventuale organizzazione di un convegno sulle tematiche oggetto dell‟indagine. Tempi L‟indagine conoscitiva dovrebbe svolgersi presumibilmente nell‟arco di un anno e si concluderà comunque il 31 dicembre 2011. Impegno finanziario (articolo 50, comma 2, del regolamento interno del Consiglio regionale) L‟impegno finanziario da porre a carico del bilancio del Consiglio regionale (art. 50 comma 7) riguarderà essenzialmente la copertura di quanto dovuto dalla normativa vigente per le visite sopra elencate. La IV Commissione si riserva la possibilità di proporre aggiornamenti motivati, sia al programma operativo che a quello finanziario. LE ATTIVITA’ SVOLTE DALLA COMMISSIONE Le iniziative attivate nel corso dell’indagine La Commissione ha incentrato il suo intervento sulle audizioni, ritenendo di poter trarre da esse le informazioni più significative ai fini della ricognizione dovuta. In questo senso alle audizioni espressamente previste dal programma si è infatti ritenuto opportuno aggiungerne, in particolare in riferimento al progetto attivato dalla Regione Toscana “Conoscere per prevenire” per l‟inserimento delle donne straniere nei servizi, per cui una specifica audizione è stata dedicata alle mediatrici culturali e alle associazioni di tutela che hanno seguito i progetti con le aziende sanitarie. Audizioni effettuate: Data 6 aprile 2011 14 luglio 2011 Soggetti invitati Uffici della Giunta regionale: -Settore Politiche per il contrasto al disagio sociale dell’ Area di coordinamento inclusione sociale della Giunta regionale; -Settore Servizi alla persona sul territorio dell’Area di coordinamento Sistema socio-sanitario regionale della Giunta regionale; Coordinamento regionale degli affari consultoriali afferenti all’Area Vasta Centro Soggetti intervenuti Lorenzo Roti responsabile del Settore Servizi alla persona sul territorio dell‟Area di coordinamento Sistema socio-sanitario regionale della Giunta regionale Giancarlo Galardi responsabile del Settore Politiche per il contrasto al disagio sociale dell‟ Area di coordinamento inclusione sociale della Giunta regionale ASL 3 di Pistoia ASL 4 di Prato ASL 10 di Firenze ASL 11 di Empoli Zone: Valdinievole, Piastoiese, Pratese, Fiorentina NO, Fiorentina SE, Mugello, Firenze, Empolese Valdarno inf. 4 25 luglio 2011 Coordinamento regionale degli affari consultoriali afferenti all’Area Vasta Nord Ovest ASL 1 Massa e Carrara ASL 2 Lucca ASL 5 Pisa ASL 6 Livorno ASL 12 Versilia Zone: Apuane, Lunigiana, Valle del Serchio, Piana di Lucca, Valdera, Alta Val di cecina, Pisana, Livornese, Bassa Val di cecina, Val di Cornia, Elba, Versilia. 28 luglio 2011 Coordinamento regionale degli affari consultoriali afferenti all’Area Vasta Sud Est ASL 7 Siena ASL 8 Arezzo ASL 9 Grosseto Zone: Valdelsa, Valdichiana senese, Senese, Amiata senese, Valdarno, Valdichiana Aretina, Casentino, Aretina, Valtiberina, Colline metallifere, Colline d‟Albegna, Amiata Grossetana, Area grossetana. 20 ottobre 2011 27 ottobre 2011 10 novembre 2011 Organizzazioni sindacali, Ordini, Collegi professionali e Associazioni di categoria OOSS confederali e di categoria Ordini e collegi professionali Associazioni delle categoria di psicologi, medici in ginecologia, ostetriche e assistenti sociali -Centri consultoriali e ai Punti di Centri consultoriali e punti di ascolto delle associazioni di volontariato ascolto privati sedi per -Centri antiviolenza donne provincia (misericordie, curie e associazioni laiche) Centri antiviolenza sul territorio sedi per provincia -Commissione pari opportunità del Rossella Pettinati presidente Consiglio Regionale CPO -Mediatici culturali e associazioni di Mediatici culturali e tutela associazioni di tutela coinvolte nelle progettualità aziendali rivolte al sostegno e alla tutela della gravidanza, della maternità e della salute delle donne straniere La trascrizione da fonoregistrazione delle audizioni svolte è integralmente riportata nell‟allegato A. 5 LO STATO DELL’ARTE dei CONSULTORI in TOSCANA Lo sviluppo dei consultori attraverso le norme e gli atti di attuazione La normativa nazionale e regionale La legge 29 luglio 1975, n. 405 (Istituzione dei consultori familiari) istituisce a livello nazionale i consultori, con i seguenti scopi: “l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile; la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti; la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.” Con legge regionale 12 marzo 1977, n. 18 (Istituzione del servizio di assistenza alla famiglia, alla maternità, all‟infanzia e ai giovani in età evolutiva) la Regione Toscana ha recepito la legge nazionale nelle tipologie di intervento da essa definite come da elenco di seguito riportato: “assistenza psicologica e sociale rivolta ai singoli, alla coppia e alla famiglia, anche in ordine sia alla problematica minorile, sia alla preparazione alla maternità e alla paternità responsabile; somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile; divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi e i farmaci adatti a ciascun caso; educazione sessuale del singolo, della coppia e della comunità, anche in collaborazione con le strutture scolastiche; iniziative di educazione sociale e sanitaria tendenti, in particolare, alla divulgazione delle informazioni necessarie alla conoscenza dei problemi connessi alla procreazione responsabile, all‟individuazione di eventuali problemi di natura genetica, all‟igiene della gravidanza e alla protezione dell‟infanzia; tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento con riguardo alla prevenzione prenatale, alla gravidanza e alla maternità, nonché assistenza e tutela della prima infanzia, potenziando le apposite strutture esistenti o promuovendone, ove necessario, la formazione; informazione sui casi in cui l‟interruzione della gravidanza è consentita dalla legge e sui servizi legalmente consentiti ed idonei ad intervenire; assistenza medica, psicologica e sociale nei casi predetti. il servizio assicura inoltre interventi di natura preventiva e di assistenza sociale e sanitaria in favore dei minori, con particolare riferimento all‟assistenza, consulenza e collaborazione per l‟adozione e l‟affidamento, nel quadro degli interventi disposti dalla L.R. 7 aprile 1976, n. 15; alla medicina preventiva dell‟età scolare; alla riabilitazione e inserimento sociale dei soggetti in età evolutiva con minorazioni di carattere fisico, psichico e sensoriale.” 6 Successivamente, la legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza) ha attribuito ai consultori familiari un ruolo fondamentale nell'assistenza alle donne che decidono di ricorrere all'IVG. La legge prevede che la donna in stato di gravidanza sia assistita: “informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; attuando direttamente o proponendo all'ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui al primo punto; contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza.” La legge inoltre ha previsto che i consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La Legge 28 marzo 2001, n. 191 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell‟adozione e dell‟affidamento dei minori”, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile) e successivamente la Legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) hanno allargato il quadro di intervento dei servizi consultoriali e riaffermato, in particolar modo per l‟affidamento, il ruolo di sostegno socio-educativo e psicologico dei servizi consultoriali e per la procreazione medicalmente assistita l‟integrazione dell'informazione e l'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e l'informazione sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare. Infine la legge regionale 16 novembre 2007, n. 59 (Norme contro la violenza di genere) impone alle aziende sanitarie l‟attivazione per i presidi ospedalieri e per i consultori di almeno un centro di coordinamento per i problemi della violenza di genere su ogni zona. La funzione di coordinamento è sottolineata e specificata nelle linee guida della legge (Delibera G.R. delll‟8 marzo 2010, n. 291) in relazione agli interventi di comunicazione e sensibilizzazione, all‟attività di formazione degli operatori e all‟organizzazione dell‟attività del tavolo di lavoro permanente del governo regionale per contrastare la violenza su donne e bambini. I Piani regionali Con i piani sanitari e i piani integrati sociali di cui all‟articolo 19 della legge regionale 24 febbraio 2005 n. 40 (Disciplina del servizio sanitario regionale) nel corso degli anni sono stati individuati gli obiettivi dei Consultori, nell‟ambito degli obiettivi generali di salute e di benessere da assumere per la programmazione locale, le strategie di sviluppo e le linee di governo all‟interno del servizio sanitario regionale e dei servizi socio assistenziali. La legge regionale 24 febbraio 2005 n. 41 (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale) ha ulteriormente ribadito il ruolo dei consultori familiari quali centri di funzioni di prevenzione, educazione e promozione del benessere 7 psico-fisico-relazionale del singolo, della coppia e della famiglia e centri in cui è assicurata l'integrazione delle attività socio-sanitarie con quelle sociali gestite dai comuni. La legge inoltre riconosce, nel rispetto del principio di sussidiarietà, il ruolo che le organizzazioni del volontariato e l'associazionismo di settore, comprese le esperienze di auto-organizzazione e di mutuo aiuto, hanno nella attuazione degli interventi. Il programma politico 2006-2010 “Il welfare che vogliamo” individuava alcuni punti di riflessione sul ruolo dei Consultori familiari in contrapposizione alla loro evidente impronta medicalizzata assunta negli anni. In particolare si proponeva di: recuperare le originali finalità dei Consultori che devono caratterizzarsi per il sostegno alla maternità e paternità consapevole, svolgendo quindi un‟azione di prevenzione, e al contempo devono ricoprire una funzione educativa attraverso l‟aiuto ai nuovi genitori prima e dopo la nascita del bambino e, in modo particolare, nel momento della nascita del primo figlio; spostare l‟ottica del lavoro dalla individuazione dei fattori di rischio o di debolezza all‟interno della famiglia alla valorizzazione delle potenzialità e delle risorse del nucleo familiare, coinvolgendo i membri nella ricerca delle modalità di superamento delle difficoltà; lavorare, quindi, con la famiglia nella prospettiva di “prevenzione formativa”, con interventi in primo luogo di carattere educativo, incentrati sulla “normalità” piuttosto che sulla “patologia”. Già con il Piano sanitario 1999-2001 si individuava per ogni zona - distretto sanitario l‟istituzione delle unità funzionale “Attività consultoriali” quale equipe multi professionale, assicurando la presenza di sei figure professionali: ostetrica, ginecologo, psicologo, assistente sociale, pediatra, infermiere professionale o assistente sanitario. Presso il Consultorio era prevista l'unità funzionale, mentre presso i vari presidi distrettuali periferici, per agevolare la fruibilità dei servizi, si attivavano altrettante proiezioni del Consultorio. Il Piano integrato sociale regionale 2002-2004 e il piano sanitario 2005-2007 hanno puntato principalmente sulla tutela del materno-infantile ed il rafforzamento del percorso nascita e dei servizi collegati e quindi sul ruolo dei Consultori inseriti in una rete territoriale di servizi che potesse garantire il monitoraggio delle attività ed un livello omogeneo di prestazioni sul territorio. Il Piano sanitario 2008-2010, oltre al consolidamento degli interventi previsti sul Materno infantile, ha successivamente previsto uno specifico paragrafo sull‟offerta consultoriale per le immigrate, rispondendo così al registrato aumento negli anni dell‟afflusso delle donne straniere per le nascite e per l‟IVG. Il piano ha dato un ruolo rilevante alla mediazione culturale quale servizio trasversale per soddisfare più esigenze, muovendosi nell‟ottica dell‟integrazione, anche attraverso la creazione di una rete regionale della mediazione culturale. Gli atti di attuazione Di seguito le principali Delibere della Giunta regionale che tracciano il percorso di potenziamento dei servizi consultoriali definito nella programmazione regionale: DGR 259/2006 “Leggi n. 405/75 e n. 194/78. Programma di interventi di riqualificazione dei servizi consultoriali e di educazione e formazione finalizzati alla diffusione ed al consolidamento di una cultura della maternità e paternità responsabile e di una sessualità 8 consapevole”. Con tale delibera si approva un programma di interventi di riqualificazione dei servizi consultoriali, in particolare riguardo ad attività di informazione, formazione ed educazione alla diffusione ed al consolidamento di una cultura della maternità e paternità responsabili e di una sessualità consapevole; si individuano inoltre gli obiettivi degli interventi, che consistono in: creazione di una Rete Regionale di Consultori Principali, con l‟istituzione dell‟Unità funzionale consultoriale e l‟assegnazione nominativa del personale; istituzione di un consultorio principale in ogni zona-distretto; definizione dei percorsi di accesso ai consultori; DGR 787/2007 relativa al rafforzamento degli interventi sociali previsti a sostegno della genitorialità e volta a potenziare gli interventi sociali a favore delle famiglie; DGR 874/2007 relativa alla individuazione di specifici settori di intervento per la riorganizzazione dei consultori familiari finalizzata a potenziare principalmente gli interventi sociali in favore delle famiglie. Trasmissione al Ministero delle Politiche per la Famiglia delle bozze di schede progettuali sugli interventi a favore delle famiglie, ai fini della sottoscrizione dell`accordo previsto dal decreto 2 luglio 2007 della presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento delle Politiche per la Famiglia. Recepisce il Decreto 2 luglio 2007 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia, con il quale sono state ripartite le risorse afferenti al Fondo per le Politiche per la Famiglia per l‟anno 2007 nei seguenti settori di intervento: riorganizzazione dei consultori familiari, finalizzata a potenziare gli interventi sociali e in favore delle famiglie; qualificazione del lavoro delle assistenti familiari; sperimentazione di iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con numero di figli pari o superiore a quattro; DGR 1039/2008 “Progetto regionale „Conoscere per Prevenire‟ in materia di prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e delle mutilazioni genitali femminili (MGF) fra le donne immigrate; il progetto dedica particolare attenzione ai cambiamenti demografici e alla prevenzione delle IVG nella popolazione straniera; DGR 1139/2008 “Approvazione di azioni regionali per la riorganizzazione dei consultori per potenziare gli interventi socio-sanitari a favore delle famiglie”. In coerenza con gli obiettivi e le finalità di intervento della DGR 874/2007, definisce le linee progettuali sulla base delle quali le Aziende sono tenute a presentare specifici progetti per interventi di; sostegno alla genitorialità, da svilupparsi anche nell‟ambito dei corsi di preparazione alla nascita, per il potenziamento delle capacità relazionali, per favorire il rapporto tra genitori e figli adolescenti, per sostenere gli orientamenti sessuali dei figli; sostegno alle famiglie in difficoltà, a rischio psico-sociale, anche attraverso i servizi di mediazione familiare finalizzati alla prevenzione dell‟allontanamento temporaneo dei minori e al loro rientro in famiglia nel caso di affidamenti già attivati; prevenzione, trattamento e cura del danno rivolti a donne e minori che sono stati vittime di forme di violenza, di maltrattamento o abuso e attivazione del Centro di coordinamento previsto dalla L.R. 59/2007; accoglienza, orientamento e accompagnamento dei cittadini immigrati che prevedano il ricorso allo strumento della mediazione culturale; attivazione del percorso regionale “Mamma Segreta” finalizzato alla prevenzione dell‟abbandono traumatico alla nascita e all‟affermazione del diritto del parto in 9 anonimato, attraverso la costituzione di équipe multidisciplinare per l‟informazione, l‟orientamento e l‟accompagnamento della donna e del neonato. Il percorso continua con DGR 1318/2009, perfezionata dalla DGR successiva 1172/2010, che prevede azioni regionali per la riorganizzazione del sistema dei consultori familiari aziendali e per il consolidamento degli interventi socio-sanitari a favore delle famiglie. DGR 660/2009 approva le schede progettuali per la prosecuzione degli interventi sperimentali rivolti al potenziamento delle funzioni sociali dei consultori familiari, al fine di offrire un sostegno integrato alla donna, alle coppie e alla famiglia. Si tratta del proseguimento del percorso di riorganizzazione dell‟attività dei consultori avviato in attuazione dell‟Accordo 2007 e dello sviluppo di azioni in continuità con le linee progettuali individuate con la Delibera della GR1139/2008: riqualificazione delle funzioni sociali e socio-sanitarie dei consultori (percorso in continuità con il potenziamento dei servizi per il consolidamento della maternità/paternità responsabili e per la sessualità consapevole); sostegno alla genitorialità (progetti specifici); sostegno alle famiglie in difficoltà e/o a rischio psico-sociale (progetti specifici); prevenzione/cura danno per vittime di violenza, abuso, maltrattamento (progetti specifici); accoglienza/orientamento cittadini immigrati (progetti specifici); percorso regionale “Mamma Segreta” per la prevenzione degli abbandoni traumatici alla nascita (progetti specifici); progetti mirati per l‟attività di sostegno alla donna e alla famiglia nella fase post partum, per la diffusione dell‟allattamento al seno e per l‟orientamento e l‟informazione alle famiglie di immigrati; sviluppo delle azioni derivanti dai rapporti di collaborazione con il volontariato e il Terzo Settore. L’articolazione territoriale e gli organismi di coordinamento e consultivi Le funzioni istituzionali rendono il Consultorio una struttura prevalentemente flessibile ed adattabile alle esigenze territoriali. I Consultori del territorio toscano si differenziano tra loro in maniera rilevante, da questo la scelta di suddividerli in tre categorie, Principale, Secondario, Proiezione, differenti in base alla stabilità del personale assegnato: Principale: è il consultorio in cui si ha la presenza delle 4 figure professionali: ostetrica, ginecologo, psicologo e assistente sociale; Principale stabile: è il consultorio in cui si ha la presenza stabile di tutte le 4 figure professionali: ostetrica, ginecologo, psicologo e assistente sociale; Principale non stabile: è il consultorio in cui si ha la presenza di tutte le 4 figure professionali: ostetrica, ginecologo, psicologo e assistente sociale. A differenza del consultorio principale stabile le figure professionali stabili risultano meno di 4. Secondario: è il consultorio in cui necessariamente si ha la presenza di almeno 2 delle seguenti figure professionali quali: ostetrica, ginecologo, psicologo e assistente sociale. Necessariamente una delle due figure professionali presenti deve essere la figura professionale della ostetrica o del ginecologo. Si distingue dal consultorio principale per l‟assenza di almeno una figura professionale delle 4 considerate. 10 Secondario stabile: è il consultorio in cui necessariamente si ha la presenza stabile di almeno una delle seguenti figure professionali: ginecologo e ostetrica. Secondario non stabile: è il consultorio secondario in cui le figure professionali dell’ostetrica e/o ginecologo, quando presenti, risultano essere non stabili. Proiezione del consultorio: è un consultorio distaccato in cui operano le figure professionali già assegnate ad una sede secondaria o principale che garantiscono il raccordo con l’équipe consultoriale della sede. Le proiezioni si distinguono in due tipologie: Proiezione 1: è il consultorio in cui necessariamente si ha la presenza di una delle seguenti figure professionali: ginecologo e ostetrica. Non sono previste le figure professionali dello psicologo e assistente sociale Proiezione 2: è il consultorio in cui necessariamente si ha la presenza di almeno una delle seguenti figure professionali: psicologo e assistente sociale. Non sono previste le figure professionali ginecologo ed ostetrica. Sono inoltre costituiti organismi consultivi e di raccordo: Il Coordinamento Regionale per le Attività Consultoriali che riunisce i responsabili delle attività consultoriali di ogni zona-distretto e i Rappresentanti delle Società della Salute ed è chiamato a partecipare ai momenti di programmazione, di verifica, di acquisizione di dati epidemiologici e di operatività comune; La Commissione Regionale per le Attività Consultoriali di composizione più ristretta. Comprende rappresentanze aziendali per le attività consultoriali e rappresentanze delle Società della Salute. Esprime pareri e proposte in ordine alle tematiche legate alle aree di intervento consultoriale e ad esprimere rappresentanti presso tavoli di lavoro regionali intorno a tematiche comuni all‟attività consultoriale. A seguito della DGR 259/2006 ogni zona distretto ha previsto la costituzione di un consultorio principale e l‟istituzione dell‟Unità funzionale consultoriale. In realtà dall‟indagine emerge che, se pur ogni zona abbia costituito il Consultorio principale, la grande maggioranza delle sedi sono di tipo “secondario”, mancando spesso le figure dello psicologo e dell‟assistente sociale che potrebbero garantire l‟esistenza di quella équipe su cui si fonda il Consultorio stesso così come descritto negli atti normativi nazionali e regionali e che dovrebbe assicurare soprattutto una presa in carico di situazioni complesse legate non solo alla maternità e alla paternità responsabili ma anche alle dinamiche familiari e di coppia. Per quanto riguarda l‟organizzazione e la costituzione delle Unità funzionali non c‟è ancora un‟attuazione completa, aspetto che comporta la mancanza di un‟assegnazione fissa di personale ai consultori. Da ciò discende che sia per ginecologi e ostetriche (dipendenti ASL), sia per le assistenti sociali (dipendenti dei Comuni) si verifica un‟assegnazione part–time divisa tra ospedale e territorio o tra servizi assistenziali sul territorio e consultori. Le figure professionali Per lo svolgimento dei molteplici compiti previsti dalle normative vigenti, nel consultorio familiare possono operare diverse figure professionali dell'area sanitaria, sociale ed educativa, che variano in base ai bisogni specifici del territorio. Da ciò consegue che la loro presenza varia in base alle tipologie delle zone, articolandosi secondo le seguenti professionalità: 11 Medico specialista in ginecologia e ostetricia Psicologo Infermiere o Infermiere pediatrico (Vigilatrice d'infanzia) Ostetrico Puericultore Dirigente di comunità Assistente sociale Assistente sanitario Educatore Il complesso normativo inerente al Consultorio già nella sua ricca articolazione testimonia l‟importanza attribuita a questa struttura, che nasce in risposta a precisi e verificati bisogni della popolazione ed evolve successivamente per una volontà evidente di mantenerne l‟efficacia a fronte di domande sempre nuove e diverse. Tale funzione di supporto operativo necessita, ai fini di un efficace svolgimento, dello scambio costante di dati e risultati, per cui la normativa si è evoluta nel senso della promozione di un sistema di rete, volto a garantire il rapporto tra le esperienze diffuse nei vari territori regionali. La rete regionale e i flussi informativi Con le delibere n. 439 e 1042 del 2004 sono stati istituiti tre flussi informativi, finalizzati a fornire per la prima volta dati omogenei sulla tipologia dei consultori e sulle prestazioni erogate. Tale metodologia a tutt’oggi non ha risolto se non parzialmente i problemi di codifica delle sedi, essendo inevitabilmente in relazione con la mancanza di un sistema omogeneo di codifica a livello nazionale. Il sistema informativo messo in atto dalla Regione Toscana nasce dalla volontà di garantire il flusso omogeneo dei dati in base alle prestazioni usufruite dall‟utenza, ma l‟indagine ha messo in evidenza numerose difficoltà e carenze. Spesso le modalità d‟inserimento dei dati sono diverse da zona a zona anche perché non si riscontra omogeneità di valutazione delle prestazioni da parte degli operatori. Una carenza che porta alla difficoltà di comparazione dei dati sul territorio regionale. Questa stessa criticità inoltre attenua l‟efficacia del flusso informativo per quanto attiene la sua funzione di servizio rispondente alle esigenze emergenti del territorio e calibrato sui suoi bisogni rilevati e significativi. A titolo di esempio basti pensare che il sistema informativo non risponde a quesiti oggi fondamentali, come la conoscenza dei dati di affluenza delle donne straniere e della loro etnia o la quantificazione degli accessi al consultorio giovani e adolescenti. Ad oggi l‟unica indagine strutturata ed esauriente, capace cioè di produrre dati oggettivamente comparabili, è quella che riguarda il percorso della gravidanza, curata dal laboratorio MES del Sant‟Anna e pubblicata annualmente, ma essa rappresenta solo uno spaccato del sistema. Uno dei motivi principali di tale persistente difficoltà di raccogliere dati omogenei e attendibili è costituito dal fatto che le figure dello psicologo e dell‟assistente sociale, quando esistono anche solo per un piccolo numero di ore dedicate, sfuggono spesso alla rilevazione. Ciò accade perché, specialmente laddove non è stato attuato quanto disposto nella DGR 259/2006 in merito all‟istituzione delle Unità Funzionali Consultoriali, questi professionisti non si reputano “assegnati” al consultorio e registrano le loro prestazioni solo presso la propria rispettiva unità operativa di appartenenza. Sfuggono quindi alla rilevazione tutta una 12 serie di prestazioni svolte in supporto all‟attività consultoriale, anche in relazione alla pratica della certificazione IVG. Altro fattore di disorganicità informativa è costituito dalla perdurante debolezza del sistema di rete, che dovrebbe unire il Consultorio con tutta una serie di servizi sanitari, sociali, con gli enti locali e le organizzazioni del volontariato; di fatto esso non risulta ancora omogeneo sul territorio. LE CRITICITA’ e LE PROSPETTIVE I consultori familiari, istituiti nel 1975, sono stati realizzati sul territorio nazionale con tempi e modalità diversi, in seguito all'approvazione delle relative leggi regionali. Nella Regione Toscana la legge istitutiva risale a trentacinque anni fa (1977). L'originalità dei servizi consultoriali (multidisciplinarietà, non direttività, visione di genere) è sempre stata vista come patrimonio unico da non disperdere, tanto è vero che, quando a partire dalla fine degli anni Ottanta, le varie commissioni nazionali promosse dai Ministri della Sanità hanno prodotto linee di indirizzo per la riqualificazione e potenziamento dei consultori familiari, quella toscana relativa al Progetto Obiettivo Materno Infantile, è poi divenuta Programma Nazionale 1998-2000. In ambito internazionale, inoltre, la valutazione critica dei risultati raggiunti nel programma dell'OMS pone l'accento sull'importanza di allestire servizi di salute primaria, caratterizzati da un approccio integrato, secondo un modello sociale di salute, sostenuto da modalità operative basate sull'offerta attiva, operanti mediante relazioni di comunicazione determinate dalla presa di coscienza; una proposta che recupera il modello dei consultori familiari italiani, che in Toscana trovano una loro realizzazione coerente. Alla luce di quanto riferito, nel nostro paese e in primo luogo nella nostra regione, nell'ambito della programmazione sanitaria e sociale, visto il patrimonio positivo di esperienza consultoriale, validata dai ricorrenti riconoscimenti sovranazionali, diventa importante ripensare ai Consultori come soggetti che forniscano una offerta attiva ai cittadini, e non si limitino a riferirsi solo a coloro che spontaneamente si presentano allo sportello. Un‟offerta rivolta dunque non al singolo, quanto piuttosto alla comunità, con un impegno programmato di informazione capillare e mirata, al fine di garantire una fruizione la più possibile diffusa dei servizi attivati. Una simile nuova visione propositiva potrebbe avere un impatto importante in settori strategici di attività dei consultori familiari, quali il percorso nascita, la prevenzione dei tumori femminili e l'educazione alla salute riproduttiva per gli adolescenti. Il Consultorio familiare, inoltre, si qualifica come servizio polifunzionale al quale possono attribuirsi ulteriori scopi rispetto a quelli per i quali esso nacque negli anni ‟70 e che, pur rimanendo validi, sono oggi affiancati da altri obiettivi, individuati sulla base dei nuovi bisogni sanitari e sociosanitari dei vari territori. Da ciò deriva l‟opportunità di prevedere collaborazioni con enti pubblici e organizzazioni private nonché con associazioni di volontariato o singoli operatori volontari, al fine di potenziare un‟offerta di salute coerente rispetto ai bisogni sempre più complessi della popolazione toscana. Per i servizi con finalità di prevenzione, promozione ed educazione per la salute, si accede al Consultorio liberamente, senza la prescrizione del medico di medicina generale. Questa caratteristica rende il Consultorio particolarmente indicato a cogliere i bisogni delle famiglie ed a intervenire preventivamente rispetto ai problemi specifici, mettendo in campo quella 13 attività di prevenzione e di educazione sanitaria attribuita alla medicina d‟iniziativa di cui si fa cardine il nuovo piano sanitario e sociale integrate 20011-2015. Di seguito le principali aree di intervento attribuibili ai servizi consultoriali: Informazioni e consulenze per la procreazione responsabile; Procreazione medicalmente assistita e sterilità; Prescrizione contraccettivi orali e applicazione contraccettivi meccanici; Consulenza psicologica e sessuale; Consulenza psicopedagogica di supporto alla genitorialità; Informazione per la prevenzione dei rischi e per il controllo della gravidanza a rischio; Consulenze sull‟interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.); Corsi di preparazione alla nascita; Servizi per l‟età evolutiva; Mediazione familiare; Informazione sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare (in collaborazione con i servizi sociali comunali, cui competono le procedure di adozione e affido dei minori); Consulenza per la salute della donna in gravidanza in ambito lavorativo; Prevenzione dei fenomeni di maltrattamento e abuso a danno dei minori e delle donne; Visite mediche ginecologiche e pediatriche. Siamo di fronte ad un orizzonte vasto di compiti, che richiedono un altrettanto ricco patrimonio di competenze, ognuna delle quali rappresenta il portato di bisogni essenziali per la vita delle nostre comunità sempre più complesse, caratterizzate da istanze che chiedono risposte chiare ed efficaci, accomunate da una generale richiesta di ascolto e sostegno dialogico. Proprio in considerazione della ricchezza sostanziale delle varie voci, che impedisce una loro trattazione sintetica, pena l‟inevitabile sommarietà, si ritiene opportuno focalizzare l‟attenzione su alcuni ambiti particolarmente significativi, il cui potenziamento possa comunque avere ricadute positive generali I giovani e gli adolescenti Si annota che, per quanto riguarda gli interventi per gli adolescenti, è stata premiante l’attività svolta nelle scuole dal personale dell’équipe consultoriale, spesso integrata con figure ad hoc (es. psicosessuologi) e nella maggior parte dei casi svolta attraverso esperienze educative condotte sulla linea della peer education. Purtroppo, come per esempio sta accadendo nella zona di Arezzo, diverse realtà devono fare i conti con una riduzione del personale a contratto per cui iniziative anche strutturate da più di un decennio rischiano di sparire del tutto. Gli interventi nelle scuole sembrano essere di fatto le azioni che meglio veicolano negli adolescenti la caratterizzazione del consultorio e le tipologie di operatori e di accoglienza che questo può loro offrire. Un intervento di prevenzione di gravidanze indesiderate passa pertanto attraverso l’esperienza acquisita in questo tipo di azioni. Diverse realtà hanno rilevato come spesso nella popolazione adolescente sia il “passa-parola” la chiave di accesso al consultorio-giovani. Ma se vogliamo affrontare il tema decisivo del rapporto sistematico con il mondo giovanile, al fine di strutturare coerentemente le azioni in relazione ai veri bisogni diffusi, senza limitarci alla ristretta fascia degli abituali fruitori, e con la possibilità di attivare un osservatorio professionalmente efficace, diventa inderogabile 14 ripensare al sistema di informazione nel suo complesso, individuando l‟uso dei canali di comunicazione in funzione dei giovani destinatari, non escludendo pertanto nessun mezzo o strumento, a partire da quelli normalmente utilizzati da questa fascia di utenza, come Internet e i social network. Altra leva su cui impegnarsi per incoraggiare l‟accesso al Consultorio da parte dei giovani è l‟ampliamento dei tempi di apertura, da realizzarsi anche con un‟eventuale rotazione degli operatori, al fine di venire incontro alle emergenze di una fascia di popolazione a cui è necessario dare risposte e la cui efficacia è legata spesso direttamente alla tempestività della consulenza e dell‟intervento. Le maggiori criticità riscontrate dalle Aziende per quanto riguarda il consultorio giovani concernono il problema della contraccezione nei minori, problema non tutelato dalla normativa esistente (L.194/1978 e l.r. 18/1977), nonché la questione delle malattie sessualmente trasmesse. Sono temi che possono costituire un problema molto delicato visto il coinvolgimento dei familiari del minore sia per gli accertamenti sia per l‟eventuale terapia da intraprendere. La possibilità di somministrare contraccettivi all‟interno dei consultori, o comunque di renderne gratuito l‟accesso per queste fasce di popolazione, potrebbe aiutare il lavoro degli operatori dei consultori e in questo senso sarebbe auspicabile un intervento della Regione. E‟ evidente comunque che l‟approccio con la popolazione giovanile comporta un potenziamento della componente sociale del Consultorio, la cui valorizzazione potrebbe contribuire a mettere in evidenza e a focalizzare una serie di problematiche non espressamente considerate dai Consultori ma che stanno emergendo in maniera crescente nella nostra popolazione giovanile, come l'attenuazione del rispetto della dignità della persona, che si esprime nella crescente stigmatizzazione delle diversità, a partire dall'omosessualità, come si evince dai ricorrenti fenomeni di omofobia e di caduta della solidarietà e del senso di responsabilità sociale, che richiedono con urgenza percorsi condivisi di formazione ed orientamento. In analoga prospettiva di rinforzo sociale emerge l'esigenza di focalizzare l'attenzione su temi come la fisiologia della maternità, i diversi orientamenti sessuali, le malattie veneree, la crescente casistica di infertilità maschile e femminile. La complessità delle tematiche e la particolare fascia di età dei destinatari delle azioni richiedono con urgenza percorsi condivisi di formazione ed orientamento. In questo senso sono da incoraggiare tutti quei progetti volti a creare o a potenziare intorno al Consultorio le sinergie utili con quei settori del volontariato sociale, dai consultori privati al terzo settore, capaci di proporre strategie d‟intervento di particolare qualità, tali da produrre una positiva integrazione con quelle già in atto nelle strutture pubbliche. Interruzione volontaria di gravidanza -IVG In merito alla gestione della L. 194/1978 relativa all‟interruzione volontaria di gravidanza è da segnalare la riduzione, in questi anni di applicazione della legge, del ricorso all‟IVG. La verifica dei dati conferma la decrescita del ricorso all‟interruzione volontaria di gravidanza almeno nell‟ambito delle cittadine italiane e l‟incidenza di crescita sul dato recentemente rilevata, seppur in misura ridotta, risulta dovuta alla presenza forte e diffusa delle donne immigrate. Gli stessi dati ancora ci dicono che quando l‟informazione e la formazione funzionano si riduce il ricorso all‟IVG anche nelle donne straniere, per cui essi si dimostrano i migliori strumenti e antidoti contro il ricorso all‟interruzione volontaria. Da questa evidenza emerge che una delle problematiche più allarmanti legate all‟interruzione volontaria di gravidanza è costituita dal fatto che la donna possa ripetere più volte l‟interruzione senza la possibilità di recepire alcun messaggio educativo di prevenzione; sono infatti proprio le donne 15 straniere le più soggette alla ripetizione di IVG perché più difficilmente raggiungibili da tale messaggio. Diventa pertanto inderogabile per i servizi consultoriali accompagnare alla fornitura di un servizio pubblico che garantisca a tutte le donne indistintamente di poter usufruire di una legge nazionale, l‟impegno a indirizzare verso una procreazione attenta e consapevole; in questo senso, infatti, l‟educazione alla contraccezione si pone anche come strumento di limitazione dell‟IVG. Sono da incoraggiare tutti gli apporti informativi ed educativi, secondo il dettato della legge 194, da quelli offerti dalle istituzioni scolastiche a quelli proposti dal mondo dell'associazionismo e del privato sociale, formali e non formali, tali da supportare l'opera svolta dal Consultorio pubblico per guidare alla procreazione intesa come scelta. La creazione di tale rete integrata di coinvolgimento può offrire alla donna in difficoltà un luogo di incontro e di ascolto come del resto stabilito all‟articolo 2 della legge 194 che recita: “I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) omissis b) omissis c) omissis d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all‟interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.” Dall'indagine emerge come dato significativo il crescente numero dei medici che manifestano l'obiezione di coscienza, in coerenza altresì con il dettato della legge 194 che ne sancisce la natura di diritto intangibile. La tematica dell‟aumento dei medici obiettori impone al servizio pubblico una riflessione ed un‟attenzione particolari, dato il suo carattere di fenomeno non solo regionale, ma parimenti registrato a livello nazionale con una percentuale del 70% di medici obbiettori. In questo senso nel corso delle varie audizioni attuate durante l‟indagine, da parte delle operatrici dei servizi consultoriali del territorio toscano, la IV Commissione ha raccolto più volte un esplicito invito affinché la Regione Toscana si attivi perché in ogni presidio ospedaliero possa essere garantita la pari opportunità per le donne e l‟applicazione di un diritto sancito dalla legge. A prescindere infatti dall'obiezione di coscienza dei singoli medici, la struttura sanitaria è in ogni caso obbligata, come stabilito dalla legge 194, a garantire la possibilità di scelta individuale e il servizio di interruzione di gravidanza nel rispetto del diritto alla salute della donna quale benessere fisico, psichico e sociale. Per arginare il problema sono da registrare alcune esperienze significative, ma non sufficienti, attuate presso alcune aziende (es. Arezzo) con le creazione di due pools a livello aziendale, di cui uno ospedaliero per l‟attuazione del raschiamento per IVG e l‟altro per la certificazione, in rete tra loro, che girando per le singole zone effettuano interventi e attuano le prime misure di sicurezza. Risulta opportuno pertanto che la Regione toscana si attivi in questo settore al fine di predisporre linee guida efficaci di concerto con l‟ordine dei medici. 16 Le problematiche delle nuove famiglie Una delle specificità dei servizi consultoriali è da sempre stata ed è la presa in carico della famiglia in toto e l‟assunzione delle problematiche del disagio psicologico e sociale familiare nel senso più ampio. Tra gli elementi più significativi del processo di riqualificazione dei servizi di questi ultimi anni si colloca l‟apertura alle nuove problematiche della vita della famiglia, con particolare riferimento alla coppia, in cui si intersecano profondamente anche altri fenomeni sociali e culturali tra i quali l‟immigrazione, per cui molte richieste di aiuto provengono da donne immigrate che mettono insieme, nella loro condizione di vita spesso difficile dal punto di vista economico, una condizione relazionale e affettiva molto problematica. L‟indagine svolta ha messo a fuoco in questo ambito, da parte di alcune aziende sanitarie, l‟implementazione di esperienze più o meno significative di mediazione familiare, di consulenza e sostegno alle famiglie “fragili”, attraverso la specializzazione di figure capaci di prestazioni professionalmente appropriate e specifiche per quelle coppie che vivono esperienze di separazioni particolarmente problematiche e che possono essere utilmente sostenute nel superare la fase conflittuale di questa scelta, soprattutto a tutela dei minori. Quella della problematicità delle nuove famiglie si sta rilevando come una sfida importante che, oltre alla mediazione familiare e alla sperimentazione di spazi famiglia specificatamente dedicati alle coppie in crisi prima della separazione, ha bisogno di nuovi e più significativi interventi di sostegno alla normale attività di mediazione familiare. In questo ambito può essere opportuno stimolare il rafforzamento dell‟intervento consultoriale, anche di concerto con la rete dei consultori afferenti al privato sociale e al volontariato, di cui diventa importante valorizzare i contributi segnati da esperienze specifiche di ascolto e contatto diretto. Significativa in questo senso l‟esperienza da sempre caratterizzante i servizi del volontariato sociale, delle pubbliche assistenze e dei centri di ascolto che hanno da sempre aggiunto alle figure del ginecologo, psicologo quella del consulente legale, specifica per la mediazione familiare. La ricchezza di tali attività del volontariato operanti sul territorio regionale è da considerare e valorizzare con la creazione di sinergie e integrazioni con il pubblico. La violenza di genere e sui minori Relativamente alla violenza di genere e alla violenza sui minori si registra l‟estrema complessità di un campo che più di altri deve evitare la totale sanitarizzazione, visto che si connota molto chiaramente come tematica attinente al sociale. La peculiarità di questo tipo di problematica è quella dell‟esigenza di un ascolto molto privato e molto intimo che le donne tendono a individuare molto spesso nell‟associazionismo e nel volontariato. Il privato sociale è pertanto ad oggi l‟ambito che più frequentemente ed efficacemente garantisce l‟accoglienza e che soffre moltissimo, al tempo stesso, della precarietà dei finanziamenti. Vista comunque la particolare connotazione di questo campo e i bisogni finora espressi da parte della popolazione colpita, non risulta opportuno cercare soluzioni alla precarietà attuale nel trasferimento di questa domanda di ascolto nel consultorio; la paura dell‟istituzionalizzazione va infatti intercettata, capita e rispettata. Il ruolo delle associazioni e dei centri antiviolenza rimane pertanto fondamentale purché sia svolta un‟attività di rete che eviti duplicazioni e implementi spazi e settori meno affrontati. La progettazione finanziata dalla Regione Toscana in questo campo prevede molti interventi per il sostegno alle vittime della violenza, individuando il Consultorio come uno degli snodi fondamentali di una rete complessa dove tanti sono gli attori e i soggetti coinvolti, dove molto 17 è stato fatto storicamente dal privato sociale anche nella direzione progettuale e dove il Consultorio si prefigura principalmente come centro di coordinamento. Gli obiettivi fondamentali del progetto regionale sono infatti il coordinamento tra i soggetti implicati e la loro integrazione, per arrivare a rinforzare i percorsi di controllo e cura; di fatto, al momento l‟attenzione si concentra sull‟atto di violenza, ma sono ancora scarse le azioni volte a monitorare le situazioni ex ante ed ex post. Il Consultorio dovrebbe essere potenziato per riuscire a svolgere su questo tema un ruolo centrale nella rete di protezione, come luogo della presa in carico e di messa in rete; spostare sul Pronto Soccorso questo ruolo, come in molti territori si sta verificando, significa dare risposte nell‟immediato, ma contemporaneamente accentuare la sanitarizzazione di un problema che non è sanitario, o almeno non lo è totalmente. Il coordinamento quale gruppo multidisciplinare in collegamento tra servizi territoriali (consultori) e ospedale, ma anche servizi territoriali e Procura per i soggetti deboli, servizi consultoriali e centri antiviolenza, rappresenta una fondamentale rete di tutela sia per la donna che per i minori. Il centro di coordinamento zonale previsto dalla legge 59 della Regione Toscana e definito nelle linee Guida della medesima legge costituisce ancora un elemento da ribadire e rafforzare. Tali centri di coordinamento, infatti, si sono costituiti sul territorio regionale a macchia di leopardo e, in molte zone, sono rimasti lettera morta. La prospettiva è la loro costituzione in quei consultori principali delle zone non ancora interessate e il loro potenziamento là dove sono risultati deboli e carenti. In questo senso si sottolinea la gravità del mancato rifinanziamento per il 2011 della L.R.59/2007 sulla violenza di genere, a fronte di un aumento dei casi rilevati e denunciati che, sebbene non testimonino di per sé un aumento della violenza quanto piuttosto una crescita di consapevolezza da parte delle donne, ci dicono quanto il problema sia vivo e distante dalla soluzione. Nello specifico, tra le varie forme di violenza risulta da segnalare quella esercitata sui minori, con tutte le difficoltà di intercettazione e di risposta che essa esige, data la varietà e complessità delle sue forme, alcune delle quali scarsamente rilevate; tra queste emerge la violenza subita dai bambini e dagli adolescenti in quanto testimoni di violenza in famiglia, situazione di cui non viene sufficientemente percepita la pericolosità. Al contrario visto l‟incremento di questa problematica sarà utile potenziare le presenze di figure professionali dedicate, a partire dai professionisti con formazione specifica universitaria. La nuova accoglienza dei consultori Per quanto riguarda gli interventi rivolti alla popolazione immigrata la scelta operata in Toscana nella maggior parte delle Aziende Sanitarie è stata quella di non “ghettizzare” istituendo consultori dedicati ma di dotarsi della possibilità di intervento di mediatori culturali, laddove è stato individuato un particolare bisogno. E‟ però accaduto in alcune realtà che la popolazione immigrata si sia autonomamente orientata in particolari giorni od orari tanto da creare le condizioni per calibrare ed orientare l‟offerta del Consultorio stesso. Il Consultorio svolge attualmente un ruolo significativo per le donne straniere, che tenderebbero a vederlo anche come luogo di incontro, oltre che come struttura specializzata e di servizio. Attualmente la componente straniera costituisce il 65% delle utenti, per cui l‟accentuazione del ruolo “socializzante” darebbe al consultorio un valore importante all‟interno del processo di accoglienza e di convivenza plurietnica che il presente richiede. 18 Parlare di donne straniere significa anche riflettere sulla nuova fisionomia della nostra società italiana e toscana, per arrivare ad intercettare i bisogni di una nuova tipologia di utenza che chiede risposte diversificate all‟interno dei singoli territori. Oggi la popolazione straniera si diversifica sul territorio toscano con una concentrazione di comunità variamente distribuita nelle zone (un esempio è la comunità cinese concentrata nella piana di Prato). All‟interno di questo mondo si articola una serie di culture che, se vogliamo integrarle, devono essere affrontate con strumenti diversi per evitar un‟integrazione formale e non sostanziale. Ciò vuol dire entrare dentro i bisogni delle donne straniere e proporre un‟offerta di salute non solo in base a ciò che secondo i nostri parametri risulta la soluzione migliore, bensì promuovendo il confronto sistematico per capire quale sia la forma migliore per le donne, quella che garantisce maggiore integrazione e quindi maggiore efficacia dei servizi. Ancora di più questo metodo diventa opportuno oggi, vista necessità impellente di calibrare le risorse sempre più esigue, con l‟efficacia dei servizi; in questa prospettiva la scelta di facilitare la comprensione linguistica e culturale diventa la prima garanzia di efficacia. Il tema dell‟integrazione culturale comporta anche quello della necessità di una mappatura sul territorio delle esigenze e tipicità, delle peculiarità specifiche a seconda del gruppo etnico di appartenenza, per poter dare risposte mirate. Ad esempio criticità significative sono rappresentate dalla Asl di Prato dove oltre il 50% delle nascite registrate negli ultimi anni sono di stranieri, in primo luogo cinesi, spesso non residenti e quindi clandestini, così l‟incremento della domanda consultoriale contrasta con le difficoltà di spazi e orari dei servizi. A fronte della necessità di allungamento degli orari dei punti puerperali e di quelli dedicati all‟allattamento, si riscontra in realtà che si allungano i tempi per la presa incarico delle donne, dato che la struttura consultoriale non si è modificata in rapporto alla trasformazione della popolazione. In questo senso la mediazione culturale e linguistica sperimentata in questi anni all‟interno dei Consultori è fondamentale per focalizzare gli interventi e non disperdere le energie. La figura della mediatrice culturale deve acquistare un ruolo più significativo, uscendo dalla marginalità in cui attualmente si trova; ad essa dovrebbe essere rivolta una formazione più specifica, tale da non ridurre il suo ruolo all‟informazione sui servizi consultoriali, ma da renderla capace di svolgere la funzione di cerniera tra mondi diversi, con la disponibilità ad ascoltare i bisogni derivanti dalle culture di provenienza, che nei momenti di particolare complessità nella vita della donna, come quelli legati alla procreazione, emergono e costituiscono perciò una preconoscenza indispensabile per un sostegno utile ed effettivo. Tale rafforzamento potrebbe infatti contribuire ad accompagnare l‟uscita da fenomeni preoccupanti di prevaricazione e illegalità cui tante donne straniere soggiacciono. Alla figura del puro mediatore linguistico in loco deve dunque sostituirsi un mediatoreeducatore di comunità; tale figura, già sperimentata in Inghilterra da dieci anni con effettivi riscontri sul territorio, potrebbe creare un collegamento diretto tra il servizio e la comunità dei cittadini migranti migliorando la comunicazione e lo stesso coinvolgimento dei cittadini stranieri in quanto loro stessi si fanno portavoce nelle comunità e portatori di interessi specifici nell‟Azienda Sanitaria. L‟esigenza di questo tipo di professionalità emerge nelle audizioni, da parte degli operatori con esperienza consultoriale diretta, i quali evidenziano quanto tale bisogno si scontri con l‟evidenza di contratti a brevissimo termine e a ridotto numero di ore, per cui è difficile arrivare all‟alto livello di formazione specialistica richiesta. Si verifica quindi che i mediatori specializzati delle associazioni tendono a spostarsi su altre opportunità di lavoro, che garantiscono contratti più nutriti e più duraturi, abbandonando per necessità i Consultori, che di conseguenza risultano impoveriti di una risorsa decisiva per l‟efficacia di tante loro azioni. Le mediatrici culturali impegnate nelle associazioni, tra cui l‟Arci tra le italiane e Nosotras tra quelle nate dagli stranieri in Italia, evidenziano la necessità di dare assistenza nelle fasi pre o post partum e di dotarsi più marcatamente di figure professionali legate alla sfera del sociale ( 19 assistenti sociali, psicologi), sempre all‟interno del consultorio e non nella domiciliarità, idea rifiutata per lo più dalle straniere, data la criticità della maggior parte delle abitazioni. Inoltre si sottolinea la necessità di predisporre materiale informativo dedicato, da distribuire nei luoghi più facilmente frequentati dalle donne straniere, come ad esempio quelli in cui avviene la scelta del medico di base. Figura determinante dovrebbe assumere lo stesso medico di base con l‟assunzione di un ruolo fondamentale nell‟approccio con lo straniero in quanto già rappresenta il primo contatto con il possibile utente. Gli stessi medici di medicina generale dovrebbero veicolare per primi l‟informazione e allo stesso tempo essere messi in grado di poter rispondere ai bisogni dell‟utente straniero, elemento che presume una formazione specifica del medico, che deve essere coinvolto nel compito di mediazione culturale. Diffondere l‟informazione significa aggredire gravi problemi emergenti, a partire da quello degli alti numeri delle IVG tra le donne straniere, che evidenziano per contrasto la significativa diminuzione dei numeri relativi alle italiane, i cui casi sono scesi in Toscana dai 6300 nel 2001 ai 4200 nel 2010. Nonostante la lieve e pur incoraggiante inversione di tendenza, registrata nell‟ultimo decennio, che conduce dal 32% nel 2001 al 24% nel 2010, le percentuali di IVG tra le donne straniere rimangono comunque alte e richiedono un impegno specifico per aumentare la capacità di informare ed educare anche per vie non convenzionali, quelle che possono coinvolgere anche le irregolari. Informazione ed educazione alla maternità responsabile risultano infatti gli strumenti più efficaci per contrastare il ricorso all‟IVG come metodo di controllo delle nascite cui ricorrono le straniere; un fenomeno preoccupante, che risulterebbe ulteriormente aggravato, almeno per alcune comunità orientali, come quella indiana e quella cinese, dalla prassi della selezione eugenetica. Il cosiddetto “genericidio”, cioè l‟aborto selettivo dei feti di sesso femminile, sarebbe praticato anche in Italia e dunque anche in Toscana. Benché i dati raccolti sulla questione siano ancora scarsi, tuttavia la tendenza che ne emerge suscita evidente allarme, soprattutto se si considera che in alcune regioni del mondo il rapporto naturale dei sessi alla nascita risulterebbe considerevolmente alterato, per cui sarebbe opportuno che la Regione Toscana promuovesse una ricerca mirata, per arrivare ad una verifica fondata su campionature attendibili ed oggettive. L‟ARS potrebbe essere l‟agenzia più indicata per svolgere tale ricerca, premessa indispensabile per attivare azioni specifiche di controllo ed educazione rivolte alle donne e alle famiglie, da affidarsi ai Consultori, nel loro ruolo di riferimento della rete di supporto alla famiglia e alla maternità. Le risorse umane e le figure professionali L‟attenzione forte al valore dell‟accoglienza e delle risposte multi professionali, caratteristica dei servizi consultoriali, presuppone una particolare attenzione al ruolo e la presenza di professionalità specifiche, forze e risorse umane che invece sono andate impoverendosi negli ultimi anni. Se da un lato si è rimarcata sull‟importanza ed il valore accresciuto della presenza della figura di un legale all‟interno delle strutture consultoriali, per altre figure storiche dei consultori si è segnalata comunque l‟esigenza di un rafforzamento e di una loro riqualificazione. Ormai, infatti, per rispondere adeguatamente ai bisogni complessi della popolazione che si riferisce al Consultorio risulta necessario integrare la presenza del personale dipendente dall‟Azienda sanitaria con altre figure a convenzione, soprattutto di connotazione sociale. A tal proposito risulta non rinviabile una programmazione organica relativa al personale specialistico del Consultorio, che stabilisca relazioni stabili tra risorse finanziarie e umane, al fine di evitare la discontinuità dei servizi e la sanitarizzazione degli stessi. In particolare, si rappresentano le evidenze emerse riguardo alle seguenti figure professionali: 20 L’ostetrica La figura dell‟ostetrica può essere il punto di riferimento per la donna in un percorso nascita in cui la fase del parto e dell‟ospedalizzazione è una tappa intermedia, tra la gravidanza e il puerperio assistiti anche per via domiciliare. Perché ciò avvenga con il massimo di appropriatezza è importante esaminare la tipologia dell‟utenza dei singoli territori, in cui la presenza delle straniere con le loro peculiari culture costituisce un fattore di diversificazione di cui tener conto ed esige risposte diversificate. Nei servizi territoriali è registrata una scarsa presenza delle ostetriche, che sono poche nei consultori, per cui le loro funzioni risultano residuali, con un‟inappropriata valorizzazione della loro professionalità, mentre sarebbe utile impegnarle in attività di tipo assistenziale sia dal punto di vista della gestione della gravidanza fisiologica, con l‟implementazione degli ambulatori dedicati, che anche da quello dell‟implementazione di tutte le attività a carattere educativo /informativo sul tema della promozione della salute Le assistenti sociali Si riconosce la necessità di valorizzare la componente sociale all‟interno del consultorio, per superare la tendenza alla totale sanitarizzazione, che ne altera il ruolo originario. Il potenziamento delle figure di ambito specialistico sociale è finalizzato a renderne efficace la presenza, attraverso due strumenti fondamentali: da una parte l‟alta formazione non solo da verificare come presupposto di base, ma anche da implementare in itinere, per ottenere un adeguamento continuo rispetto ai bisogni emergenti, sempre nuovi e di crescente complessità; dall‟altra, il loro legame con i servizi territoriali, al fine di facilitare la creazione di reti di informazioni, di procedure, di risposte. La rilevanza di una serie di azioni a evidente connotato sociale richiede che il servizio sociale professionale operi stabilmente all‟interno del Consultorio, in base ad una programmazione concertata con gli enti dipendenti del servizio sanitario regionale e con gli enti Locali, cui spetta anche la responsabilità di valutare la ricaduta delle azioni consultoriali. Tale potenziamento degli obiettivi e delle azioni del Consultorio, in risposta alle richieste diffuse provenienti da operatori, utenti e territori, presuppone necessariamente due riferimenti fondamentali: da una parte, una nuova organizzazione dei servizi consultoriali, tale da adeguarli alle nuove tipologie di domanda; dall‟altra, una salda cabina di regia socio sanitaria, per la ottimizzazione delle risorse professionali ed economiche. L’ipotesi di riqualificazione del Consultorio familiare La programmazione regionale sanitaria e sociale dal 2000 in poi si è andata incentrando su interventi riqualificazione dei servizi consultoriali e a partire dal 2006 fino ad oggi è stato fatto un percorso piuttosto importante, teso non solo a valorizzare le attività tipiche del consultorio familiare e del consultorio adolescenti, implementandole e rafforzandole, ma anche ad arricchire la dimensione di lavoro di équipe che nel tempo si era via progressivamente ridotta per carenza di personale. L‟indagine conoscitiva ha evidenziato che questo processo non si è pienamente completato e non ha avuto un‟attuazione omogenea sul tutto il territorio regionale. Oggi più che mai si avverte la necessità di puntare alla valorizzazione dei servizi consultoriali, superare la fase della progettualità e della sperimentazione per impegnarsi in azioni conseguenti a scelte appropriate e mirate verso la continuità assistenziale. E‟ tempo di intendere i Consultori come unità complesse a fronte delle quali si richiede una stabilizzazione delle risorse, del personale con i suoi compiti e le sue competenze secondo il criterio dell‟appropriatezza. Appropriatezza e ottimizzazione sono scelte doverose in un 21 momento di carenza di risorse e di contenimento della spesa pubblica: non si tratta di moltiplicare le presenze, ma di renderle più efficaci. In questo senso va la richiesta di razionalizzazione delle sedi e delle risorse esistenti per arrivare a disporre di luoghi qualitativamente e quantitativamente consoni al ruolo di ascolto e presa in carico dei consultori. Altro tema molto importante già svolto dai consultori, ma destinato ad estendersi è quello dei protocolli di integrazione tra ospedale e territorio poiché due particolari percorsi, come il percorso nascita e il percorso IVG necessitano di questo rapporto organico anche nell‟ottica della rimodulazione dell‟offerta stessa dei punti nascita ospedalieri. Da sollecitare, inoltre, input progettuali ed operativi per i Consultori a livello di Area Vasta, in coerenza con le linee programmatiche del Piano Regionale Integrato Sociale e Sanitario, in base alle quali il potenziamento di tale area non significa cancellazione delle singole specificità ma un sistema che mette in rapporto, a confronto e in relazione utile le varie esperienze. CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI L‟indagine ha evidenziato una sua evidente opportunità fin dal suo inizio, immediatamente caratterizzato da molteplici disponibilità e da grande interesse suscitato. Importante si rivela dunque il contributo di chi l‟ha proposta e richiesta, come occasione di analisi concreta, derivante dalla volontà di ascoltare, capire e proporre in coerenza con il quadro effettivo della realtà indagata. Un interesse e un‟attenzione che hanno coinvolto da subito l‟intera IV Commissione, già impegnata in un percorso di conoscenza della situazione sociosanitaria regionale, intesa come precondizione per il lavoro sul Piano regionale sociosanitario integrato, in parallelo con quello della Giunta. In questo percorso l‟indagine sui Consultori familiari costituisce un tassello prezioso per la composizione di un mosaico articolato e veritiero, ideale per l‟intento comune, quello di contribuire alla stesura di un Piano il più rispondente possibile ai bisogni di salute dei cittadini toscani. Per arrivare a questo risultato, nell‟ottica di un‟economia progettuale del lavoro, che significa valorizzazione delle azioni già utilmente praticate e recupero dei positivi percorsi intrapresi, rivisitati alla luce delle trasformazioni della società e dei suoi conseguenti bisogni, per non disperdere un patrimonio di idee e buone pratiche, bensì per ottimizzarne le ricadute, la riflessione sull‟attuale stato del Consultorio familiare in Toscana risulta un banco di prova ideale. E‟ innegabile, infatti, il profondo cambiamento che dal 1975, anno cui risale la legge istitutiva dei Consultori, ha investito la famiglia, nucleo centrale di destinazione delle azioni e dei servizi consultoriali. Attualmente sono varie le tipologie di questa, sempre più complessi i suoi bisogni, come specchio di una società italiana, e dunque anche toscana, profondamente mutata sia per gli apporti di diverse culture, sia per le dinamiche relazionali interne, continuamente messe in discussione da molteplici fattori, da quelli lavorativi, sempre più trasversali, a quello dei ruoli, con la conseguente necessità di diversa distribuzione del carico di lavoro di cura familiare, 22 legata sia alla generalizzata occupazione femminile, sia alla progressiva consapevolezza dei propri diritti da parte delle donna. L‟indagine può produrre i suoi effetti sulla redazione del Piano regionale nella misura in cui fornisce un contributo di conoscenza da una parte di ciò che oggi il Consultorio rappresenta, dall‟altra dei nuovi bisogni, con l‟obiettivo di proporre strumenti di relazione positiva tra il primo e i secondi. Nel corso dell‟indagine, i cui tempi estesi trovano la propria necessità nell‟esigenza di sondare con attenzione e ampiezza di spettro, è stato possibile verificare da parte di dirigenti, professionisti, operatori, associazioni, un generalizzato e non formale interesse per l‟iniziativa, unito ad un‟apprezzabile volontà di fornire contributi utili per valorizzare un‟istituzione alla quale evidentemente si riconosce senso e validità e che per ciò stesso merita di essere recuperata nelle sue espressioni vitali e semmai potenziata negli ambiti ormai indeboliti o implementata per renderla adeguata a bisogni prima inesistenti o inespressi. Dalla fase di ascolto è emerso un quadro composito, in cui le luci descritte e spesso rivendicate con giusto orgoglio professionale convivono con ampie zone d‟ombra, che meritano attenzione e attendono risposte appropriate, conseguenti alla ponderatezza che caratterizza le domande degli “addetti ai lavori”. Anche questa verificata disponibilità alla partecipazione può essere assunta come indicatore oggettivo dell‟utilità dell‟indagine, interpretata da tutti nel corretto spirito di contributo ad un rinnovamento nella continuità che deve animare il nuovo Piano socio-sanitario regionale integrato. In questa prospettiva risultano illuminanti molte proposte emerse nel corso delle audizioni e capaci di delineare nuovi percorsi o correttivi utili, talvolta risolutivi e non necessariamente legati all‟utilizzo di maggiori risorse, bensì frutto di una verifica pratica che in quanto tale riesce ad individuare le dispersioni e a sostituirle con procedimenti più efficaci perché avvalorati dal confronto quotidiano e dalla conoscenza unita all‟esperienza. L‟indagine ha prodotto un materiale documentativo ampio e ricco di informazioni, estendendosi ad una vasta gamma di interlocutori la cui consapevolezza ha stimolato a propria volta ulteriori interrogativi che non erano stati considerati fin dall‟inizio ma che, suggeriti dalle conoscenze nel tempo accumulate, hanno determinato l‟esigenza di nuovi ascolti. Un circuito virtuoso, dunque, che permette di affermare che l‟indagine è andata al di là delle aspettative degli stessi commissari.. Dal complesso dei contributi, già precedentemente illustrati in una sintesi volta a valorizzare efficacemente i dati più significativi e maggiormente condivisi, si possono recuperare alcuni elementi di conoscenza validi come indispensabili premesse di indirizzo operativo. In positivo si può affermare che attualmente il Consultorio familiare della Regione Toscana mantiene il proprio ruolo di riferimento territoriale per le tematiche sociosanitarie legate alla donna e alla famiglia. Come tale è riconosciuto con chiarezza: lì si riversa un‟utenza costante, lì si danno alcune risposte importanti, legate alle problematiche di adolescenza e maternità, lì nel tempo si sono trovate soluzioni positive, molte delle quali legate alla capacità progettuale e alla disponibilità degli operatori. In parallelo rispetto a questi punti fermi, testimoni di una vitalità da non disperdere, si regista una cospicua serie di criticità che meritano attenzione ed approfondimento, visto che rischiano, se irrisolte, di invalidare le potenzialità del Consultorio, per la loro stretta connessione con i nuovi bisogni emergenti da una società che vuole chiarezza dell‟accesso e risposte di salute complesse. In questo senso vale la pena di soffermarsi sul fatto che il 23 Consultorio oggi non ha totale certezza di professionisti; le sue azioni si incrociano con quelle analoghe di altri soggetti; si rischia la sua totale sanitarizzazione; non si arriva adeguatamente ad un certo tipo di utenza; la componente sociale cresce senza un adeguato bilanciamento nei professionisti; è insufficiente il raccordo con i centri antiviolenza; è debole il rapporto con le strutture private. A fronte di questo quadro complessivo così variegato e per la consapevolezza acquisita, frutto di una verifica che è stata estesa e opportunamente approfondita, vista l‟importanza che per il Consiglio Regionale riveste la costruzione del Piano Integrato Socio Sanitario, la IV Commissione Consiliare ha acquisito un livello di conoscenze che, senza pretesa di esaurire l‟intero campo delle esperienze consultoriali, contengono in sé gli strumenti adeguati ad una sintesi propositiva caratterizzata dai necessari spunti di innovazione, coerenti rispetto alle linee progettuali ormai note come cardini del nuovo Piano regionale e che si possono riassumere nei concetti di appropriatezza dell‟accesso e integrazione. Con questi obiettivi va raccolta l‟indicazione pervenuta in misura sostanzialmente unanime di implementare la componente sociale del Consultorio, dotandolo anche di figure professionali nuove, indispensabili per governare efficacemente le attuali complesse dinamiche generazionali e familiari e orientate alla soluzione dei problemi, con la finalità di accentuare la funzione dell‟ascolto e dell‟informazione, attingendo anche dai soggetti del privato sociale presente nei territori, qualora si individuino vuoti di presenza e competenza che questo possa contribuire a colmare con modalità specifiche e non mutuabili. Di conseguenza è richiesto l‟impegno a garantire al Consultorio la certezza delle risorse e delle figure professionali; a questo scopo la via da intraprendere non può che essere quella di raccogliere in questa struttura tutte le varie azioni territoriali legate alla famiglia, attualmente molto diffuse in vari ambiti, con conseguente concentrazione dei professionisti dedicati. Ciò produrrà due esiti positivi: da una parete la disponibilità continua dei professionisti e l‟ottimizzazione della loro presenza, con possibilità di confronti tra diversi specialisti e conseguente reale integrazione; dall‟altra si potrà arrivare ad un‟evidente semplificazione e appropriatezza dell‟accesso, garantita dall‟unicità della struttura. Un‟informazione svolta su canali aggiornati ed effettivamente praticabili, calibrata sulle varie tipologie dei destinatari, diventa condizione indispensabile per accentuare la chiarezza delle risposte e la loro efficacia. Per ottenere questi risultati risulta essenziale contare su una cabina di regia sociale e sanitaria in grado di sintetizzare risorse e professionalità di varia provenienza, dagli enti locali alle aziende sanitarie, dal mondo dell‟associazionismo al volontariato e al privato sociale. Un coordinamento la cui autorevolezza si esplichi sia nella garanzia della certezza delle risorse destinate ai Consultori familiari, premessa inderogabile per programmazioni consapevoli e attuabili, sia nella responsabilità di monitoraggi e verifiche. Il consultorio potrebbe giocare un ruolo importante quale luogo più idoneo alla promozione della salute e degli stili di vita dei cittadini cardini della nuova sanità, visto che il suo intervento più tipico è quello relativo a tutto l‟arco del ciclo riproduttivo della donna che va dalla pubertà, alla gravidanza e alla menopausa. Un intervento non propriamente effettuata nella fase acuta ma realizzato in quell‟azione oggi a buon diritto considerata sempre più determinante per la salute, cioè la prevenzione, la tutela del benessere e la salvaguardia della salute complessiva della persona, arrivando a intercettare così al meglio i bisogni e intervenendo sulle situazioni anche prima di una loro esplicita manifestazione. Fondamentale diventa la valorizzazione della parte sociale già esistente nei Consultori, intesa come superamento dell‟eccessiva sanitarizzazione, oggi registrata, per arrivare ad una presa in carico della persona, in cui la componente sociale recuperi il suo ruolo di indirizzo. Altrettanto importante risulta evitare l‟uso improprio dei consultori per screening sanitari e attività specialistiche che non sono proprie della natura consultoriale. Rimane comunque 24 necessario mantenere la contiguità tra le strutture del consultorio e quelle ambulatoriali specialistiche, vista la varietà dei bisogni dell‟utenza, molti dei quali richiedono risposte anche medicalizzate. Nel complesso risulta urgente implementare le competenze sociali e tra esse sia quelle storicamente nate con i consultori, cioè le azioni di educazione e informazione ma anche di promozione di stili di vita, sia quelle competenze di nuova generazione, come l‟affido o l‟adozione che, in questi ultimi anni, stanno emergendo nell‟attività dei servizi, in risposta a nuove e pressanti domande. In definitiva, nel clima generale di attenzione alla corrispondenza tra costi e servizi, in coerenza con la necessaria ricerca di un efficace bilanciamento tra bisogni emergenti tra i cittadini e risposte appropriate delle istituzioni, il Consultorio familiare dovrebbe assurgere al ruolo di avamposto principale e cerniera delle politiche sociali e sanitarie integrate, facendosi modello di buone pratiche e tornando a recuperare il suo ruolo di riferimento nazionale conseguente ad una sua peculiare centralità all‟interno del Piano Regionale Socio Sanitario che proprio dell‟integrazione fa il proprio punto di forza e di garanzia di coesione sociale. 25