Libro Bianco sulla Creatività
Commissione sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia
(D.M. 30 Novembre 2007)
Sotto la Presidenza di
Walter Santagata
II
Michelangelo Pistoletto
“ConTatto”
1962-2007
Serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio, 22 x16 x 23 cm.
Edizione per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Foto: J.E.S.
III
Indice
Premessa
Sintesi
Parte prima
1.
Creatività, Cultura, Industria: un modello italiano
1.
2.
3.
4.
5.
2.
Introduzione
Creatività e qualità sociale: verso un modello italiano
I. L’inarrestabile progresso delle industrie culturali e creative
II. Cultura e creatività
1. Perché produrre cultura é un obiettivo irrinunciabile
2. Una definizione minima di creatività
3. Il mondo della creatività
4. Stili e modelli di produzione culturale e di creatività
III. Cultura e creatività per la qualità sociale nell’esperienza italiana
1. La qualità sociale
2. La creatività come mezzo e non come fine
3. La cultura come storia e territorio
a. Le città e gli spazi creativi
b. I distretti culturali
IV. La conoscenza tecnologica e l’innovazione come frontiera nelle industrie culturali in
Italia
Il Macrosettore delle industrie culturali e della creatività in Italia
I. Definizione e metodologia per lo studio del Macrosettore
1. Definizione dei settori
2. Identificazione della catena della produzione del valore
3. Aggregazione e stima dei dati statistici
II. Il valore economico del Macrosettore
Analisi comparata degli approcci alla creatività e produzione di cultura
I. Approcci alla definizione e misurazione delle industrie culturali e creative
II. I settori culturali e creativi nel mondo
Creatività e Unione Europea: le politiche europee per la creatività e la produzione di
cultura
I. Creatività culturale, Stati Membri, Unione Europea
II. La strategia della Commissione
III. Implicazioni della riflessione comunitaria sul piano interno
Le Città Creative e il Territorio
• Il quadro delle trasformazioni dei sistemi urbani nel XX° secolo
o L’urbanizzazione della società e la metamorfosi dell’oggetto urbano
o La recessione dei confini e la nascita della meta città
o Le nuove popolazioni urbane e la nascita dell’entertainment city
o Nuove forme di divisione del lavoro
o Tecnologie della mobilità e tecnologie dell’informazione
o Tecnologie e cultura della mobilità
o Ora ma non qui: tempo, spazio e tecnologia nella meta-città
o E-governance il governo della città nella transizione alla terza fase
• La “geografia della creatività” ed il ruolo delle città
IV
o
La città neòll’era della conoscenza e l’emergere delle città creative
• Città come luoghi di attrazione, consumo e socialità
o Il consumo di beni e attività culturali nelle città – trend e caratteristiche
o Le città e le nuove classi creative
• Città come luoghi di produzione e diffusione
• Oltre la produzione eil consumo: come coltivare gli ambienti creativi
• Rischi e dilemmi delle città creative
• Le città italiane: un modello di creatività ?
• Alcune idee
Parte seconda
Eccellenze italiane: potenziali, recenti, attuali e strategiche
3.
Design e Cultura Materiale: un Binomio Italiano
•
•
•
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•
4.
Moda
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•
•
•
•
•
•
•
5.
Introduzione: verso una definizione di design
Chi fa design in Italia e dove?
Il design nei distretti culturali metropolitani
Il design nei distretti industriali
I rapporti di collaborazione tra designer e imprese
Un caso emblematico: Milano e gli attori del design nel settore
dell’arredamento
La formazione del designer e la tutela della professione
La moda come sistema di sistemi
o I beni di moda: beni simbolici, identitari, relazionali
La moda e il sistema della produzione
La moda e il mondo della creatività
Il quadro quantitativo e statistico: struttura e trend
o La ripresa: 2006–07
o Moda e territorio
Il settore del fashion design: dalla concezione alla distribuzione
o Grande distribuzione, prezzi popolari, ottimo design e bassa qualità: la
debolezza italiana
o Milano: global fashion city
Il mercato della moda e le sue trasformazioni
o Moda etica
o Moda e tecnologia
Il cambio generazionale e le case di alta moda
L’industria del lusso
La proprietà intellettuale e la contraffazione
Moda, musei, mostre
Moda e formazione professionale
Le politiche per la moda
Architettura
•
•
•
•
•
•
•
•
La sfera creativa
Creatività e qualità architettonica
Qualità architettonica e sviluppo
Il modello italiano
I mattoni della creatività
Le ali della creatività
La committenza pubblica di qualità
La circolazione delle idee
V
•
•
•
•
•
•
•
6.
Computer, Software e ICTs
•
•
•
•
7.
•
•
Il pregresso dell’esperienza italiana in materia di comunicazione e pubblicità
Creatività e comunicazione in Italia oggi
o Nel solco di alcune continuità
o Attuali esperienze creative
o Media e creatività
o Tendenze della comunicazione di impresa
o Tendenze della comunicazione pubblica
o Gli investimenti
o Creatività e identità competitiva
Proposte e raccomandazioni
Cinema
•
•
•
•
•
•
•
9.
Introduzione
Le origini delle tecnologie dell’informazione
Il caso italiano
o Box 1 Eccellenza italiane: Etna Valley e ST Microelectronics
o Box 2 Eccellenze italiane: Mobile digital entertainment
Conclusioni
Branding, Comunicazione e Pubblicità
8.
Expo, mostre e biennali di architettura
I concorsi
L’aspettativa di realizzare l’opera
I premi di architettura
La formazione
La dimensione interculturale
La ricerca e l’innovazione tecnologica – Architettura e brevetti
Il cinema italiano: un rimbalzo promettente
E’ cambiato il modello di business
Sono più chiare le aspettative degli spettatori
Il mercato del cinema
o L’andamento dei film in sala
Una panoramica sull’Europa
La situazione italiana
La rilevanza della distribuzione
o Al di là della sala cinematografica
I film in Televisione
I film in home video
La produzione di fiction televisiva e la sua ricaduta sul territorio
L’attività delle film commision
Alcune possibili linee di azione
Televisione, Radio, Editoria
•
•
Osservazioni generali
o Le dimensioni di impresa
o Le caratteristiche delle imprese
o Le dimensioni del mercato
o La geografia della produzione
o Ultime osservazioni
I singoli settori
o Editoria: Debolezze del mercato
o L’editoria. La filiera produttiva
o Il broadcasting: alcune caratteristiche generali
VI
•
10.
o La radio
o La televisione
Una riflessione finale
Industria del Gusto
Teoria e pratica dell’industria del gusto
o I beni di gusto: problemi di definizione
o L’evoluzione del mondo del gusto tra tradizione e innovazione
o Innovazione creativa: la filosofia di Slow Food
Box
Il pomodoro di Pachino ed il Farro due creazioni di successo
• La geografia del gusto
• La filiera
o I prodotti
o Le imprese e gli addetti
o La produzione di beni e servizi
o La distribuzione, comunicazione e promozione
o Gli operatori e la formazione
o La produzione, diffusione e trasmissione delle conoscenze
•
La tutela
o I segni del prodotto e i segni del territorio: le differenze e controlli
o Pirateria agro-alimentare: tra sofisticazioni e violazioni del disciplinare
Box La cucina italiana nel mondo
•
11.
Arte Contemporanea
•
•
•
•
•
•
•
•
12.
L’arte contemporanea come motore e specchio del cambiamento postindustriale
Effetti di selezione: l’Italia nel contesto internazionale
Elementi per una politica del contemporaneo in Italia
I riflessi sul collezionismo
Le aziende e l’arte contemporanea
Le difficoltà dei giovani artisti italiani spiegate attraverso le carenze del sistema
formativo
Un radicale cambiamento di linguaggio
Per concludere: alcune semplici misure di azione
Il Patrimonio Culturale: dalla creatività alla produzione di
cultura
•
Creatività, patrimonio culturale e industria culturale
o Il patrimonio come risorsa per la creatività
o Le nuove tecnologie per i beni culturali e il patrimonio
o Dal patrimonio alla produzione delle industrie culturali
•
Il patrimonio culturale italiano
o La consistenza del patrimonio storico artistico italiano
o Il pubblico di musei, monumenti e aree archeologiche italiane
o Mostre, fiere d’arte e un grande assente: il paesaggio
•
Turismo culturale e città d’arte
o Il turismo nelle città d’arte: il mercato estero e il mercato domestico
o Turismo culturale verso turismo creativo: quale evoluzione per il futuro?
•
L’impatto economico delle istituzioni e degli eventi culturali
o Premessa: da peso a carico della collettività a risorse produttive e volano di
sviluppo
o La diffusione degli studi sull’impatto economico delle istituzioni e degli eventi
culturali in Italia
o La diffusione all'estero
o Un ragionevole cambio di prospettiva
VII
o
•
13.
L’impatto economico degli eventi culturali
L’aumento della domanda di visitatori
o Elogio della gratuità
o Contro la gratuità
o Di quanti soldi stiamo parlando?
o La libertà di accesso alle collezioni permanenti
o Come trovare 100 milioni di euro per l’ingresso gratuito ai musei?
o Effetti sulla gestione dei muse
o Congestione e prenotazione obbligatoria
o Una moratoria per sperimentare la libertà di ingresso e i suoi effetti
Musica e spettacolo: il palcoscenico dimezzato
•
•
•
•
•
•
•
Spettacolo dal vivo e creatività: una premessa
L’opera lirica. Italiana ma non troppo
La struttura produttiva: fasti di scena e blocchi sindacali
Entrate e spese delle fondazioni liriche
Lo spettacolo dal vivo. Riflettori sulla burocrazia
La formazione per lo spettacolo: “Un somaro, ma solenne!”
Verso una Legge di riforma
o
Parte Terza
14.
Italia Creativa
Strategie e Azioni per la crescita e il posizionamento internazionale dell’Italia
nell’economia della creatività e delle industrie culturali
VIII
Autori e collaboratori
Creatività, Cultura, Industria: un modello italiano - a cura di Walter
Santagata, Enrico Bertacchini, Paola Borrione e Aldo Buzio; Con la
collaborazione di Arnaldo Bagnasco
Creatività e Unione Europea: a cura di Gian Paolo Manzella e Emanuela
Scridel.
Le Città Creative e il Territorio - a cura di Guido Martinotti e Irene Tinagli. Con
la collaborazione di Pier Luigi Sacco
Design e Cultura Materiale: un Binomio Italiano - a cura di Tiziana Cuccia e
Pier-Jean Benghozi. Con la collaborazione di Andrea Granelli.
Moda: una eccellenza reale e di grandissima visibilità internazionale – a
cura di Walter Santagata e Paola Borrione. Con la collaborazione di Christian
Barrère
Architettura - a cura di Erminia Sciacchitano.
Economia della Conoscenza, Computer software e ICTs - a cura di Cristiano
Antonelli e Francesco Quatraro. Con la collaborazione di Aldo Buzio
Branding, Comunicazione e Pubblicità – a cura di Stefano Rolando e Ariela
Mortara.
Opinioni di Gianluigi Falabrino, Mauro Ferraresi, Mario Abis, Annamaria Testa,
Alberto Abruzzese, Adriana Mavellia, Roberto Grandi, Daniele Comboni,
Francesco Morace.
Cinema - a cura di Severino Salvemini. Con la collaborazione di Francesco
Casetti, Armando Fumagalli e Andrea Rocco.
Editoria Libraria, Radio e Televisione - a cura di Peppino Ortoleva.
Industria del Gusto - a cura di Annalisa Cicerchia, Caterina Federico. Con la
collaborazione di Christian Barrère e Priscilla Astili.
Arte Contemporanea - a cura di Pier Luigi Sacco e Angela Vettese.
Il Patrimonio Culturale: come produrre cultura con Musei, Turismo e
Esposizioni temporanee– a cura di Martha Friel, Guido Guerzoni e Walter
Santagata. Con la collaborazione di Paolo Leon e Andrea Granelli.
Musica e Spettacolo – a cura di Michele Trimarchi e Alessandra Puglisi.
Italia Creativa. Strategie e Azioni per la crescita e il posizionamento
internazionale dell’Italia nell’economia della creatività e delle industrie
culturali – a cura di Paolo Leon, Annalisa Cicerchia, Tiziana Cuccia, Gian Paolo
Manzella, Stefano Rolando, Severino Salvemini, Walter Santagata, Emanuela
Scridel, Erminia Sciacchitano, Michele Trimarchi, Cristiano Antonelli, Enrico
Bertacchini, Martha Friel, Guido Guerzoni, Peppino Ortoleva, Pier Luigi Sacco,
Andrea Granelli.
Le immagini sono state scelte da Michelangelo Pistoletto.
IX
Commissione di studio ministeriale incaricata di produrre un
Rapporto sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia
Prof. Walter Santagata, Presidente
Prof. Tiziana Cuccia
Prof. Paolo Leon
Prof. Severino Salvemini
Prof. Irene Tinagli
Prof. Michele Trimarchi
Prof. Angela Vettese
Prof. Stefano Rolando, Coordinatore della Segreteria
Arch. Pio Baldi
Dott.ssa Annalisa Cicerchia
Dott. Giuliano da Empoli
Dott. Gian Paolo Manzella
Dott.ssa Emanuela Scridel
X
Premessa
Il decreto istitutivo della Commissione di studio incaricata di elaborare il presente Rapporto
sulla creatività e produzione di cultura in Italia chiede di analizzare i seguenti punti:
a)le caratteristiche di un modello italiano di creatività e produzione culturale;
b)la stima del valore economico delle industrie culturali italiane;
c)l’analisi e confronto tra le politiche culturali della UE e dei paesi membri;
d) le raccomandazioni per il rilancio della produzione di cultura.
Questo rapporto, di conseguenza, si propone due obiettivi. In primo luogo delineare il
profilo essenziale di un modello italiano di creatività e produzione culturale, nella
convinzione che si debba ritrovare la creatività per aiutare lo sviluppo del paese e per
valorizzarne la posizione nel contesto internazionale. In secondo luogo offrire un contributo
alla conoscenza e definizione del macro-settore delle industrie culturali che per la
diffusione, trasversalità e immaterialità di molte sue componenti non ha nel nostro paese
una identità statistica chiara e ben percepita.
Per contribuire al successo dell’industria culturale italiana il rapporto traccia, inoltre, alcune
strategie di azione coordinate, per superare sfide e vincoli che ne rafforzano o
indeboliscono i settori e i contesti: le città creative, il design e la cultura materiale, la moda,
l’architettura, l’economia della conoscenza, la pubblicità, il cinema, la tv, la radio, l’editoria,
l’industria del gusto, l’arte contemporanea, la musica e il patrimonio culturale. L’urgenza
dell’azione é quasi un monito: essere all’altezza della cultura materiale e umanistica del
nostro passato e non perdere il contatto con la cultura tecnologica del futuro.
Il cap. 1 definisce il quadro teorico e quantitativo sul modello italiano di creatività
Il cap. 2 aggiunge il riferimento alle città creative storica eccellenza della creatività italiana.
I capitoli 3-13 affrontano i problemi settoriali. Essi innanzitutto offrono una
rappresentazione dei diversi settori cogliendo i punti di forza e di debolezza sono in parte
orientati alla descrizione in parte alla problematica della produzione di cultura. Il legame
con la creatività è spesso esplicito e viene analizzato con cura, ma a volte è implicito nelle
strutture socioeconomiche che vengono descritte e di cui si presentato i problemi di
strategia. La creatività è sempre il primo prerequisito strategico per il successo del settore.
Il capitolo finale di questo Libro Bianco sulla Creatività contiene raccomandazioni e
indicazioni di politiche culturali attuabili sia nel lungo periodo (n. 18 Decisioni
Fondamentali) sia nel breve periodo e relative ai diversi settori culturali (n. 72 Azioni).
Si ringrazia il maestro Michelangelo Pistoletto, per aver scelto le immagini della copertina e
quelle introduttive di ogni capitolo. E’ stato un esempio eccellente di rapporto tra arte,
conoscenza e qualità sociale e al tempo stesso un monito creativo per tutti i collaboratori di
questo Rapporto.
XI
Sommario
1. In Italia il macrosettore delle industrie culturali e creative supera seppur di poco il 9
% del PIL e impiega più di 2,5 milioni di addetti (2004): é un macrosettore culturale
tra i più importanti al mondo ed in linea con altre esperienze internazionali.
2. In Italia la creatività si manifesta storicamente in un modello che privilegia la
qualità sociale e che si fonda non solo sulla capacità di innovazione tecnologica,
ma anche sullo sviluppo della cultura materiale, declinata in tutte le sue
articolazioni, estetiche, artistiche, storiche e di design.
3. Negli ultimi due decenni è grandemente cresciuta l’importanza delle industrie
culturali e della produzione di cultura secondo una catena di produzione del valore
che si articola in selezione degli artisti, concezione dei beni, conservazione,
produzione, distribuzione e consumo. Le industrie culturali e creative sono state
trainate dalla crescita della loro domanda globale, stimolata dalla New Economy e
da una nuova fase qualitativa dell’economia della cultura materiale o economia dei
beni per la persona e il suo habitat.
4. Lo sviluppo della New Economy delle ICT e della Net-Economy, che hanno origine
da alcune fondamentali innovazioni scientifiche, ha consentito di produrre
strumenti e macchine per il consumo di cultura audiovisuale disponibili e
accessibili a costi relativamente contenuti in ogni parte del mondo a miliardi di
persone. A sua volta la domanda di cultura ha registrato un rilevantissimo
incremento a seguito dello sviluppo dei processi di istruzione, dei nuovi fenomeni
di urbanizzazione, di creazione di meta-città e di aumento dei redditi e della
ricchezza individuali. Questa tendenza di dimensioni mondiali ha trainato la
domanda dei beni dell’industria dei contenuti (editoria, cinema, musica,
audiovisivo, musei, biblioteche), delle altre industrie culturali e dei servizi accessori
ai mercati dei beni culturali e creativi (pubblicità, sistemi legali, formazione).
5. Anche il sistema del commercio internazionale ha sviluppato nuove tendenze sia
in termini di incremento degli scambi, sia di varietà dei prodotti scambiati. Le
facilitazioni introdotte dai nuovi trattati hanno permesso di superare la vecchia
logica dello scambio tra risorse naturali e/o forza lavoro a basso costo, provenienti
dai paesi emergenti, e beni ad alta tecnologia o valore simbolico, prodotti dai paesi
industriali avanzati. L’enorme mercato dei beni della cultura materiale, ossia di tutti
i beni e servizi prodotti per la sopravvivenza, tutela, agio, divertimento, cultura e
benessere della persona umana, non solo si allarga e consolida, ma diventa più
fair e aperto. In particolare il mercato dei beni fondati sulla cultura materiale è in
radicale cambiamento, passando dalla concorrenza fondata sui bassi costi di
produzione alla competizione fondata sulla qualità dei prodotti, sul loro valore
simbolico e sulla qualità dell'esperienza che essi consentono; di conseguenza
l’immenso settore produttivo dei beni della cultura materiale, che in Italia in gran
parte corrisponde ai settori del Made in Italy (design, moda, casa, stili di vita,
turismo, industria eno-gastronomica, meccanica leggera) è trainato da un aumento
XII
della domanda per prodotti di qualità, che si esprime nell’estetica, decorazione,
design, e conoscenza tradizionale (traditional knowledge).
6. Il modello italiano di creatività si fonda inoltre sulle radicate nozioni di cultura e di
territorio.
7. La cultura è la nostra storia, il nostro tempo presente, il dono che lasciamo alle
generazioni future. La cultura è la nostra ricchezza inesauribile, un bene che più si
consuma, più cresce e fa crescere gli italiani, la loro identità, la loro maestria. La
cultura è un bene universale consolidato che siamo così abituati a considerare
nostro da sempre, da dimenticarci di valorizzarlo e di proteggerlo. In particolare
non la misuriamo, non ne conosciamo il valore in termini di mercato e di
produzione.
8. La creatività la ritroviamo nella nostra cultura, nel nostro territorio, nella qualità del
nostro vivere quotidiano e dei nostri prodotti. Non è un fine in sé, ma un processo,
un mezzo straordinario per produrre nuove idee. In questo senso creatività e
cultura sono un pilastro della qualità sociale, intesa come un contesto di comunità
libero, giusto, economicamente sviluppato, culturalmente vivo, e di alta qualità
della vita.
9. Creatività e cultura sono un binomio indissolubile, un meccanismo di successo
che può posizionare il Paese in un passaggio strategico del processo
internazionale di globalizzazione. L’Italia sa guardare ai paesi avanzati e alle loro
tecnologie, ma anche ai paesi in via di sviluppo e alla loro grande tradizione
culturale. Con i primi ha in comune storia e istituzioni, con i secondi la presenza di
forti legami familiari, territoriali e sociali, in cui la cultura si apprende in buona
misura per trasmissione tacita. Con i primi compete, se pur con difficoltà, per
innovazioni ed economia della conoscenza, con i secondi collabora per valorizzare
le loro culture e la loro creatività.
10. Lo sviluppo economico delle industrie culturali è fortemente debitore al fenomeno
della creatività. La creatività rappresenta uno degli asset dello sviluppo economico
per diverse ragioni:
i.
perché è un input dei processi estetici, decorativi e di design e quindi ha
un impatto sulla componente intangibile e di proprietà intellettuale dei
prodotti;
ii.
perché è un input dei processi tecnologici innovativi e quindi ha un
impatto sull’innovazione, sulla produttività e sulla qualità tecnica dei prodotti;
iii.
perché aggiunge ai prodotti una componente simbolica e quindi ha un
impatto sulla domanda e sulla competitività.
11. Nel corso degli ultimi anni nei principali ordinamenti europei è maturato un
cambiamento profondo in materia di politica culturale. L’esperienza inglese, in un
primo momento, quella dei Paesi Scandinavi subito dopo, hanno, infatti, dato un
primo importante contributo ad cambiamento di prospettiva che è per molti versi
ancora in corso. La cultura, in quegli ordinamenti, non è stata vista solo
esclusivamente secondo l’ottica tradizionale della preservazione del patrimonio e
della promozione dello spettacolo, quanto, invece, come un motore attraverso il
quale perseguire uno sviluppo di livello qualitativamente più elevato nell’economia
complessivamente considerata. E’ qui, in particolare, che è nata l’esperienza delle
industrie creative. Un concetto dai contorni non ben definiti che ha, tuttavia, avuto
il merito di ricondurre al concetto di “cultura” una serie di attività – dalla moda, al
design, sino alla costruzione di giochi per computer.
XIII
12. Se la creatività è una risorsa fondamentale per la società post-moderna, che ha
bisogno di crescenti capitali intellettuali per fronteggiare la sfida della società della
conoscenza, il punto è : si può produrre la creatività ? E se è possibile produrla,
come se ne mantiene un tasso sociale elevato o, detto diversamente, come si
trasmette alle generazioni future?
13. Il processo creativo è fortemente influenzato dall’atmosfera culturale in cui si
sviluppa. Questa è la chiave per la produzione di creatività. Infatti più l’ambiente
culturale (educativo o comunitario) è libero, interdisciplinare e stimolante,
maggiore è la produzione di creatività e di talenti. Qui sta l’importanza della
formazione di capitale umano creativo sia attraverso il sistema educativo che
attraverso la formazione tacita dell’apprendimento sul campo.
14. Cultura e creatività si combinano in modi diversi a seconda delle condizioni
storiche dei vari paesi dando luogo a modelli in parte differenti. In alcuni
prevalgono gli aspetti tecnologici e hanno un ruolo dominante le innovazioni
tecniche, in altri prevalgono gli aspetti economici relativi allo sviluppo dei mercati e
del business; in altri prevalgono gli aspetti giuridici e l’applicazione e sviluppo del
copyright, in altri ancora gli aspetti culturali, i richiami alle tradizione e alla qualità
sociale.
15. Anche se le differenze tra modelli internazionali di creatività e di industrie culturali
si esprimono molto più in termini di accentuazioni, che di diversità di contenuti, si
possono quantomeno disegnare due distinti profili:
i. Creatività per l’innovazione: la creatività e la produzione di cultura
sono considerati input della società della conoscenza, secondo la
strategia dell’Agenda di Lisbona, delle tecnologie della comunicazione,
delle innovazioni e delle industrie di contenuto. La creatività è definita in
relazione all’innovazione, e a un modello industriale di produzione dei
contenuti culturali. Il fuoco dell’impostazione sono la ricerca scientifica, i
mercati, il business, la commercializzazione dei prodotti e servizi
creativi. Le industrie culturali e creative prese in considerazione
diventano la sottoclasse di quelle che si basano sulla assegnazione di
copyright: il settore audiovisivo, cinema, musica, software, spettacolo
dal vivo, editoria.
ii. Creatività per la Qualità Sociale: la creatività e la produzione di
cultura servono come input della Qualità Sociale. Il suo riferimento
principale é alle manifestazioni della cultura e del vivere sociale, e ai
settori che le esprimono. Particolare considerazione é dedicata al
mondo della cultura materiale, ossia a quel insieme di beni e servizi che
l'uomo ha prodotto dall'alba dell'umanità per modificare il suo rapporto
con la natura e la società in divenire; oggi la nozione di cultura
materiale, originalmente propria dell'antropologia, si estende all'analisi
sociologica ed economica ed abbraccia l'enorme varietà dei mercati dei
beni e servizi per la persona. Allo stesso modo costituiscono importanti
fattori di progresso della qualità sociale, lo sviluppo delle industrie dei
contenuti (cinema, radio TV, editoria, software, pubblicità) e la
valorizzazione del patrimonio culturale (archivi, biblioteche, musei,
monumenti, musica, arte e spettacolo).
XIV
16. I due modelli sono anche un esempio di distribuzione geografica nord-sud della
questione creativa iscritta nell’agenda internazionale. Infatti mentre il modello della
Creatività per l’innovazione e la sua insistenza sugli aspetti tecnologici è tipico dei
paesi nord-europei e nord-americani, Il modello della Creatività per la qualità
sociale e il suo riferimento a cultura, territorio, società, distretti culturali e città
creative sembra meglio interpretare la direzione dei processi creativi dei paesi del
Mediterraneo, africani, latino americani ed asiatici. In questa divisione del mondo
secondo modelli di creatività l’Italia ha una interessante posizione di cerniera e di
raccordo tra chi aspira a muovere verso nuovi successi la frontiera della
innovazione tecnologica e chi vuole che il progresso della creatività sia modellato
costantemente dalle ragioni etiche e dalla qualità estetica e sociale del vivere
comune.
17. La qualità sociale può essere definita come la misura in cui le persone sono
capaci di partecipare alla vita sociale, economica e culturale e allo sviluppo delle
loro comunità in condizioni che migliorano il benessere e il potenziale individuale.
Al tempo stesso la qualità sociale può essere definita come ciò che consente agli
individui di accedere alla cultura nelle sue diverse manifestazioni e al patrimonio
culturale, accedere ai beni fondamentali della cittadinanza, godere di buona
salute, accrescere il capitale umano,– o complessi – partecipare alla vita della
comunità, aumentare la propria progettualità.
18. La cultura rappresenta una componente importante per la qualità sociale. In primo
luogo perché la sua produzione e consumo quotidiani favoriscono una
valorizzazione del tessuto sociale in termini di coesione della comunità, qualità
delle relazioni umane, sentimento di fiducia, disponibilità alla cooperazione, senso
di identità. Tutto ciò modifica i vincoli e le opportunità della vita quotidiana
rendendo i primi meno stringenti e le seconde migliori e più numerose.
19. La creatività è un input fondamentale per la produzione di cultura. Tuttavia la
creatività non é un fine in sé, tout court. Se fosse un fine in sé, dovrebbe potersi
accettare anche incorporata in attività che esprimono valori non socialmente
condivisi. Se non è un fine, il mezzo deve essere interpretato e filtrato dalla cultura
della comunità di riferimento. Così intesa, la creatività è il modo per perseguire
obiettivi dotati di valore e socialmente condivisi, anche in campo culturale e
tecnologico.
20. L’Italia con i suoi pregi e difetti è il paese che forse più di altri è in grado di filtrare
la produzione di nuovi beni, la creatività e le innovazioni, anche tecnologiche, con
il vaglio della sua cultura, della sua etica, della sua arte e della sua storia. Come
per la naked technology, non basta l’originalità o l’astratta bellezza della creatività.
Perché diventi qualità sociale la creatività deve passare la prova della cultura e
dell’arte.
21. Il cuore del modello italiano è il legame della nostra creatività e produzione di
cultura con la storia e il territorio. Tempo e spazio sono le dimensioni storiche di
straordinarie ondate di creatività che hanno accompagnato la storia del nostro
paese. Le industrie culturali e la creatività sono fortemente segnate dal territorio
che per il modello italiano vuol dire soprattutto, produzione di cultura materiale,
spazio urbano e spazio distrettuale di impresa.
XV
22. Le origini territoriali di una cultura e dei beni e servizi della conseguente
produzione culturale non seguono modelli standard, ma dopo un avvio casuale, si
rafforzano e si manifestano intorno al sistema delle economie di agglomerazione.
Le nostre città storiche, moltissimi dei nostri distretti industriali, il nostro spettacolo
e in misura minore le nostre innovazioni tecnologiche hanno una lunga storia di
accumulazione di conoscenze ed esperienze.
23. Muovere verso la frontiera della conoscenza, dove innovazioni tecnologiche,
informazioni, contenuti, comunicazioni e proprietà intellettuale sono le nuove
risorse strategiche, è al contrario di quanto accade nelle industrie della cultura
materiale un fattore di parziale ritardo nell’esperienza italiana. Cinema, industria
audiovisiva, software, editoria, tv e radio comunicano contenuti che l’azione
italiana riesce a portare con fatica al successo nei mercati internazionali.
24. Il modello di creatività e industrie culturali appena presentato trova riscontro sotto
il profilo quantitativo in un Macrosettore del sistema economico italiano di ingente
importanza. Spesso non è considerato nei documenti ufficiali sia per la sua
trasversalità intersettoriale difficile da far emergere nei dati statistici sia per la sua
contemporaneità, non ancora oggetto di valutazione contabile e quantitativa.
25. In base all’approccio utilizzato in questo rapporto è possibile individuare tre sfere
in cui la creatività si declina nei processi economici caratterizzati dalla produzione
di cultura.
i. In primo luogo, la creatività è associata al Patrimonio storico ed artistico
di un paese, che è sia il capitale culturale frutto della creatività delle
generazioni passate, ma anche la produzione artistica delle generazioni
presenti.
ii. In secondo luogo, la creatività è un input per produzione e comunicazione
di contenuti delle industrie culturali che forniscono beni e servizi ad alto
contenuto simbolico.
iii. In terzo luogo, il processo creativo è fortemente presente nella sfera della
cultura materiale, espressione del territorio e delle comunità. In questo
caso la creatività è frutto principalmente di un processo collettivo, locale e
cumulativo, dove l’elemento culturale è inserito inestricabilmente da beni
artigianali e di uso quotidiano.
26. In base a questa classificazione è possibile individuare 12 settori economici
caratterizzati da creatività e produzione di cultura.
I Settori delle Industrie Culturali e Creative
Moda
Cultura materiale
Design Industriale e Artigianato
Industria del Gusto
Software
Produzione di
Editoria
contenuti,
TV e Radio
informazione e
Pubblicità
comunicazioni
Cinema
Patrimonio Culturale
Musica e Spettacolo
Patrimonio storico e
artistico
Architettura
Arte Contemporanea
XVI
27. Nell’analisi di ogni settore è inoltre possibile individuare le fasi di una comune
catena di produzione del valore. Le fasi di Concezione, Produzione e Distribuzione
e Attività Connesse rappresentano i momenti centrali della generazione del valore:
a. la Concezione è caratterizzata dall’ideazione, dalla concezione dei
prodotti, la loro tutela in termini di proprietà intellettuale, la loro violazione
in termini di mercati illegali;
b. la Produzione traduce in beni e servizi commerciali il contenuto creativo o
il bene/attività culturale;
c. la Distribuzione è intesa come rete di diffusione dei prodotti e servizi ed
usa canali tradizionali o di nuova generazione.
d. Le Attività Connesse rappresentano le attività che forniscono gli input
intermedi e le attività connesse alla produzione (ad esempio i tessuti per
la moda) o i settori che forniscono beni di supporto necessari a rendere la
distribuzione e il consumo dei beni culturali possibili (lettori di supporti
digitali, apparecchi radio-televisivi, computer).
28. Utilizzando i dati forniti dall’Istituto G. Tagliacarne relativi all’anno 2004 è stato
possibile compiere un esercizio di stima su alcune variabili del Macrosettore, in
particolare il valore aggiunto e addetti.
Dati 2004 su Valore Aggiunto e Addetti dei settori per l’intera Catena di formazione
del Valore
Valore
Aggiunto
(mln. )
Cultura Materiale
Industria dei
Contenuti,
dell'informazione
e delle
comunicazioni
Patrimonio
Storico e
Artistico
TOTALE
Moda
Design
Industriale e
Artigianato
Industria del
Gusto
Software
Editoria
TV e Radio
Pubblicità
Cinema
Patrimonio
Culturale
Architettura
Musica e
Spettacolo
Arte
Contemporane
a
Addetti
(migliaia
unità)
% VA su
PIL
% addetti
su
occutazione
totale
38.024,2
1.112,6
3,04%
4,59%
19.659,7
520,7
1,57%
2,15%
5.054,8
125,1
0,40%
0,52%
14.641,4
10.781,8
4.070,8
2.405,8
282,7
224,9
89,4
64,9
1,17%
0,86%
0,33%
0,19%
1,17%
0,93%
0,37%
0,27%
1.929,8
37,6
0,15%
0,16%
7.811,0
6.683,5
105,4
172,3
0,63%
0,54%
0,44%
0,71%
5.186,2
120,2
0,42%
0,50%
357,2
-
0,03%
-
116.606,2
2.855,9
9,31%
11,79%
29. Se si considera l’intera filiera produttiva il Macrosettore vale nel 2004 il 9,31% del
PIL italiano e impiega più di 2,8 milioni di lavoratori. Le industrie culturali e
creative in Italia, in base a questa classificazione, hanno un peso rilevante
nell’economia italiana e maggiore di altri settori quail ad esmpio quello dei
XVII
Trasporti (7,66% del PIL), delle Poste e Telecomunicazioni (2,31% del PIL) e
dell’Energia (2,01% del PIL).
30. Le tabella mette in luce alcune caratteristiche peculiari delle industrie creative e
culturali in Italia.
In primo luogo, la Moda è il settore economicamente più rilevante delle industrie
culturali e creative. Questo dato è anche confermato dal fatto che i settori della
sfera della Cultura Materiale (Moda, Design Industriale e Artigianato, Industria del
Gusto) contribuiscono per più del 50% al valore dell’intero Macrosettore.
In secondo luogo, il settore del Computer e Software ha un peso considerevole tra
le industrie dei contenuti, dell’informazione e delle comunicazioni. La sua
importanza dimostra come l’economia italiana, sebbene con alcuni ritardi sia
orientata verso le tecnologie informatiche e le ICT.
CITTA’ CREATIVE E TERRITORIO
31. Le tendenze osservate di recente nei sistemi urbani della maggior parte delle
economie avanzate stanno subendo una trasformazione profonda, le cui
caratteristiche cominciano ora a essere tracciate con approssimazione, ma le cui
conseguenze sono ben lontane dall’essere comprese.
32. Le stime sull’andamento demografico a cavallo dei secoli XX e XXI indicano che
proprio in questo periodo si sta verificando un fenomeno di portata planetaria: per
la prima volta da quando ha fatto la sua comparsa, come prodotto fisico della
organizzazione umana da 50 a 120 secoli, la popolazione urbana del pianeta è
diventata maggioranza sulla terra.
33. L’aspetto più rilevante della realtà urbana contemporanea riguarda i cambiamenti
nella morfologia fisica e sociale delle città. Risulta ormai evidente che in ogni parte
del mondo la città tradizionale e la “metropoli di prima generazione” hanno ceduto
il passo a un tipo del tutto diverso di morfologia urbana, che sta producendo una
serie di quelle che i rapporti ufficiali delle Nazioni Unite chiamano Grandi Regioni
Urbane (MUR. Mega Urban Regions) in cui forme diverse di insediamenti umani si
mescolano inestricabilmente, fino a costituire una entità urbana nuova, ma non
ancora ben definita.
34. Le trasformazioni urbane del ventesimo secolo hanno visto un importante
cambiamento nella morfologia sociale degli insediamenti urbani. Oggi l’economia
delle città si basa sempre più sui consumi di popolazioni mobili che non risiedono
nelle stesse aree in cui lavorano. Inoltre, una quarta popolazione metropolitana si
sta delineando. E’ una popolazione piccola ma molto specializzata di uomini
d'affari metropolitani. Persone che raggiungono le città centrali per fare
commercio e/o stabilire contatti professionali: uomini d'affari e professionisti che
visitano i loro clienti, mobili per definizione, consulenti e responsabili internazionali.
35. La città, intese come luoghi in cui un elevato numero di persone diverse vivono e
lavorano in stretta prossimità fisica, si configura già di per sé come un coacervo di
persone, attività e idee diverse e si presta quindi in modo quasi naturale ad essere
un laboratorio per la creazione di nuove idee, saperi, interazioni, e per l’emergere
di nuove combinazioni economiche e sociali.
XVIII
36. Oggi questo ruolo della città come “laboratorio di innovazione e creatività” , é
tornato alla ribalta grazie alle dinamiche economiche mondiali, e alla rinnovata
enfasi che accademici, politici e amministratori pongono su fattori come
l’innovazione, la creazione e la diffusione di nuove conoscenze, di saperi e
informazioni, la creatività: tutti processi che tendono a beneficiare molto dalla
prossimità fisica e dalla diversità che le città - e in particolare le grandi città – sono
in grado di offrire.
37. Le industrie creative hanno un ruolo chiave nei processi di crescita e di sviluppo
delle città. Un legame a doppio filo che possiamo sinteticamente illustrare
attraverso l’analisi di due funzioni critiche della città rispetto alle industrie creative
e culturali: consumo da un lato, ma anche nuove forme di “produzione” dall’altro.
38. La presenza di numerose e variegate attività culturali e ricreative é importante non
solo per un generale impatto economico sui consumi, ma anche per l’effetto che
esse hanno su alcuni processi sociali che hanno luogo nelle città, nonché sulla
loro attrattività nei confronti di alcune specifiche categorie di persone e di profili
professionali. Infatti la possibilità di avere accesso ad attività culturali e ricreative
contribuisce a rendere l’ambiente urbano particolarmente attraente per le persone
con più elevati livelli di istruzione e in particolare quelle persone impegnate in
attività intellettuali, creative. E poiché queste sono le categorie di persone più
critiche per lo sviluppo e la crescita di un luogo, essere in grado di attrarle e
trattenerle diviene un obiettivo critico per ogni città o regione.
39. Proprio grazie alla loro capacità di attrarre e mischiare persone con background
diversi e con crescenti bisogni di consumo legati a cultura e creatività, le città
favoriscono inoltre lo sviluppo di tutte quelle “produzioni” in cui l’elemento creativo,
umano e culturale ha un ruolo preponderante: dalla musica al teatro, dalle arti
visive al cinema, ma anche moda, design, e tutti i processi di utilizzo e
valorizzazione dei beni culturali (sistema museale, per esempio).
40. Non sempre le città con maggiori tradizioni culturali sono le più creative, cosi’
come possono non esserlo le città in cui le industrie creative sono più sviluppate.
Possono infatti esservi periodi, nella storia di una città, in cui la cultura non trova
un clima sociale ed economico tale da alimentare effettivi processi creativi, cosiì
come possono esservi momenti in cui le industrie che nascono attorno a
determinati prodotti culturali e creativi perdono le loro radici e le fonti più profonde
di ispirazione e di rigenerazione creativa.
41. Il ruolo dell’apertura culturale nei confronti di persone e idee diverse é un
elemento cruciale per coltivare e mantenere dei “climi creativi” perché é
soprattutto dagli influssi esterni che si stimolano contesti esistenti a confrontarsi e
rigenerarsi continuamente, impedendo la cristallizzazione di norme e abitudini che
col tempo divengono obsolete e imbrigliano la creatività.
42. Se le città sono tornate ad avere un ruolo di primo piano nel nuovo sistema
economico, grazie al loro ruolo non solo di attrazione di talenti, ma più in generale
di grande laboratorio vivente dove si incrociano storia, bellezza, cultura e idee, le
città italiane potrebbero veramente rappresentare un modello di creatività e un
esempio per il mondo.
XIX
43. Sicuramente le città italiane presentano delle peculiarità importanti che le rendono
un asset prezioso per tutto il paese e un modello per gli altri. Possiamo identificare
tre punti di forza più evidenti del nostro territorio
i. L’esistenza di una molteplicità di centri storici e di identità urbane forti e
definite che altre città e paesi stranieri, come per esempio gli Stati Uniti,
stanno cercando con fatica di ricostruire nel tentativo di rilanciare centri
urbani svuotati di abitanti e di identità nel corso degli anni Sessanta e
Settanta.
ii. La presenza di patrimoni artistici e architettonici di grandissimo rilievo che
danno la possibilità alle nostre città di contare su elementi di “attrattività”
forti e di partire, in un certo senso, avvantaggiate.
iii. La presenza di contesti sociali fortemente coesi che, cosi’ come celebrato
da numerosi sociologi italiani e stranieri, danno l’opportunità
44. Tuttavia a fianco di questi assets vi sono anche difficoltà e problemi che si
riflettono nella situazione di generale ritardo di molte nostre realtà (e dell’Italia più
in generale) ad affermarsi e ad emergere nello scenario competitivo
internazionale; difficoltà che impongono riflessioni ed interventi.
i. Da un punto di vista economico-funzionale si fa riferimento alla necessità,
per le città di oggi, di fornire una quantità – e una qualità- di servizi e
opportunità di consumo, ricreazione e attività culturali che richiedono
necessariamente una certa massa critica che i centri medio-piccoli (come
sono la maggior parte delle nostre città) fanno fatica a raggiungere.
ii. Da un punto di vista culturale si fa riferimento alla stessa struttura sociale
della miriade di piccoli centri che caratterizzano il nostro territorio – realtà
che, se da un lato presentano i vantaggi di comunità compatte e fortemente
coese, dall’altro però finiscono spesso per divenire comunità chiuse rispetto
ad influssi esterni. Questa chiusura impedisce il rinnovo di idee, lo scambio
generazionale e interculturale, e finisce per far sentire intrappolati e
desiderosi di fuggire proprio i più giovani e brillanti.
DESIGN E CULTURA MATERIALE
45. Le analisi del design e della cultura materiale costituiscono il primo dei capitoli che
analizzano i singoli settori dell’industria culturale e creativa.
46. Il design e la sua sottostante componente creativa, sono sicuramente un asset
fondamentale della produzione dell’economia post-industriale in Italia, in cui la
qualità e l'unicità del prodotto costituiscono variabili su cui misurare il grado di
competitività sui mercati internazionali, al pari della tecnologia e del prezzo.
47. Secondo le stime presentate in questo rapporto sulle attività economiche collegate
alla valorizzazione del patrimonio culturale, la categoria "design e cultura
materiale", ha generato nel 2004, nelle fasi di creazione e produzione, un valore
aggiunto pari a 19.659,7 milioni di euro, corrispondenti allo 1,57% del PIL. In
questa categoria, rientrano 28 attività economiche tra cui l'attività dei designer e
XX
molte altre attività produttive selezionate soprattutto sulla base delle loro origini,
che normalmente affondano nella cultura materiale del territorio (fabbricazione di
tulle, illuminazione, ricami, lavorazione del vetro, lavorazione di pietre preziose,
fabbricazione di prodotti in ceramica, di articoli di coltelleria e posateria, di
strumenti musicali, fabbricazione di mobili, ecc.). Complessivamente, nelle fasi di
concezione e produzione del "design e cultura materiale" operano 345.000 addetti,
pari all'1.14% del totale degli occupati in Italia.
48. Vi è una vastità e varietà di attori che partecipano al successo del design italiano.
E' infatti opinione condivisa che soprattutto nel design di prodotto operino sia
soggetti che rientrano ufficialmente nella categoria dei designer - per il percorso
formativo compiuto e l'attività svolta presso studi specializzati - ma anche tutta una
serie di operatori che non sono meri esecutori del concept del designer ma
partecipano attivamente alla realizzazione del prototipo.
49. Questi due mondi del design comprendono operatori con un diverso grado di
consapevolezza del loro ruolo, che hanno anche una diversa localizzazione sul
territorio: gli uni, i designer, per così dire professionisti, si localizzano
preferibilmente in poche grandi aree urbane; gli altri, artigiani e tecnici,
costituiscono l'espressione tangibile della ricchezza delle nostre aree a vocazione
distrettuale e operano pertanto nei contigui centri urbani di piccole e medie
dimensioni che tipicamente caratterizzano i distretti italiani.
50. La complementarietà di queste due categorie di attori costituisce l'aspetto
idiosincratico del design italiano: il design infatti non è nato in Italia ma nei paesi
del Nord Europa di più antica industrializzazione ma si è diffuso in Italia nei primi
decenni del Novecento proprio quando ancora il nostro processo di
industrializzazione non era particolarmente avanzato.
51. Gli studi di progettazione individuali o associati, come sempre di più sta
avvenendo proprio per l'esigenza di avvalersi di competenze specialistiche
sempre più variegate, sono fortemente concentrati nelle grandi città: in Italia, si
può tranquillamente affermare che il sistema del design si identifica tuttora con la
città di Milano.
52. Il cosiddetto meta-distretto del design lombardo, che si sviluppa su
sessantacinque Comuni di sei Province lombarde, Como, Milano, Bergamo,
Brescia, Mantova e Lecco, per un totale di 46.054 addetti, una popolazione di
2.407.050 abitanti, e registra la presenza di undici centri di ricerca. Si stima che il
fatturato annuo del meta-distretto ammonti a circa 250 milioni di euro e circa il
40% della produzione è destinato alle esportazioni.
53. Molti prodotti italiani di successo, tuttavia, sono nati non dal contributo di un
professionista del design ma dalla collaborazione di diverse figure professionali
che operano all'interno della medesima impresa o nell'ambito della filiera integrata
verticalmente che caratterizza i distretti industriali.
54. La possibilità di attingere ad un sistema stratificato di conoscenze diffuse nel
territorio che si trasmettono più in forma tacita che in modo codificato di
generazione in generazione, e che si incarnano in quelle figure di artigiani, tecnici
specializzati ed operai depositari, spesso inconsapevoli, del patrimonio di cultura
XXI
materiale di un territorio è al tempo stesso un elemento di forza e di debolezza. E'
un elemento di forza poiché ciò esprime l'idiosincraticità del design italiano; è un
elemento di debolezza perché proprio questi meccanismi di trasmissione di un
patrimonio di conoscenze che costituiscono un bene pubblico locale pongono dei
problemi di sostenibilità nel lungo periodo intesa come preservazione e
valorizzazione del patrimonio stesso.
MODA
55. I beni di moda sono tra i più specifici e peculiari sul mercato dei beni basati sulla
cultura materiale. La loro principale caratteristica si può ricondurre al concetto di
personalizzazione che li rende diversi dai classici beni standard analizzati
dall’economia tradizionale. Per questa ragione, si sono analizzati con cura i
seguenti tratti dei beni di moda:
- beni di moda come beni simbolici
- beni di moda come beni con caratteristiche semiotiche
- beni di moda come beni mimetici
- beni di moda come beni generazionali
- beni di moda come beni a produzione congiunta
- beni di moda come beni relazionali: dall'individuo al gruppo
- beni di moda come beni di appartenenza: dalla generalità all'identità
56. La trasmissione della creatività tra le generazioni è uno degli obiettivi principali di
una politica industriale a favore della moda. Lo sviluppo della creatività è la base
programmatica di ogni iniziativa che tenda a produrre e a mantenere un elevato
tasso sociale di creatività e a raccontare, se non a rafforzare, l’identità collettiva di
una comunità, per quanto vasta possa essere.
57. La moda è l’industria culturale italiana più importante e rappresenta circa il 3,6%
del Prodotto Interno Lordo e il 4,6 % degli addetti. La catena di produzione del
valore nel campo della moda vede prevalere in termini valore aggiunto il comparto
della produzione con 16,5 miliardi di EURO, di cui la fabbricazione di calzature
rappresenta il 28,1%, ossia 4,6 miliardi di euro. La distribuzione è il secondo
comparto con 13,2 miliardi di euro. Questo risultato conferma l’emergere della
distribuzione come comparto chiave della costruzione dell’immagine e del brand
della moda.
58. La moda è un fenomeno complesso che si manifesta alla congiunzione di due
sistemi:
• quello del bisogno materiale, del consumo e della produzione
• quello simbolico e immateriale della creatività, del segno e dell’identità.
59. Il sistema della moda deve rapportarsi al sistema produttivo e a quello simbolico e
creativo esistenti su un dato territorio. La sua missione è di conseguenza duplice:
•
Fornire un servizio al mondo della produzione in termini di stile, creazione di
immagine collettiva, di reputazione internazionale, assistenza archivistica, di
XXII
sperimentazione con bassi rischi di impresa e formazione di profili professionali
speciali. La moda è l’immagine simbolica dell’industria tessile, della confezione
e degli accessori.
•
Offrire al territorio input di creatività e identità collettiva, con ricadute
economiche in termini di promozione e valorizzazione culturale, ma anche di
attrazione turistica attraverso la creazione di eventi internazionali (esposizioni,
sfilate di alta moda) e la messa a disposizione di luoghi privilegiati di
distribuzione (shop, outlet, negozi monomarca).
60. L’Italia ha solide e antiche tradizioni di eccellenza nel campo della moda, della
confezione e della produzione tessile, che ne hanno fatto in un passato recente un
Centro mondiale della Moda. Tutti i passaggi della catena del valore contribuisco
ad un settore che è trainato sia dalla creatività della concezione e dallo stilismo,
che dalla creatività delle formule produttive, come i distretti industriali, che dalla
evoluzione della distribuzione.
61. Oltre l'88% delle imprese tessili italiane è situato in cinque regioni: Lombardia,
Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana . Secondo il Censimento
dell'Industria e dei Servizi 2001, l'ultimo disponibile, la regione in cui hanno sede la
maggior parte delle imprese è la Lombardia, seguita da Toscana ed Emilia
Romagna. La parte preponderante della produzione tessile e di moda italiana si
compie all'interno dei distretti industriali. Buona parte dei distretti sono legati alla
produzione di abbigliamento e a quella calzaturiera, anche se alcune delle aree
più forti sono quelle specializzate nella produzione tessile (come i distretti laniero
di Biella e quello di Prato).
62. Le attività strategiche della filiera sono in questa situazione la concezione del
prodotto e la distribuzione: gli elementi immateriali, quali l'immagine del prodotto,
la sua dimensione simbolica e di identificazione, gli showroom e gli spazi dedicati
alla vendita acquisiscono una importanza crescente.
63. Oggi, il settore distributivo vede il grande successo del segmento dedicato al
pubblico dei giovani consumatori cui si offrono prodotti di buon design a prezzi
contenuti, che riflettono una qualità medio bassa. Gli esempi dei marchi spagnoli
Zara, Mango; dello svedese H&M, del francese Promod; dell’americano Gap, sono
poco seguiti nel settore distributivo italiano che per altro ha prodotto leader come
Benetton. Il loro successo è legato ad una formula che integra distribuzione e
produzione. Si tratta di imprese in grado di controllare molto efficacemente i
cambiamenti di gusto dei giovani consumatori e di rifornire gli sbocchi commerciali
periferici in tempi sufficienti per catturare e soddisfare ogni nascente domanda.
64. Come si è detto, uno dei nodi strategici quindi per favorire la vitalità e produttività
del settore è il mantenimento della qualità da una generazione a quella
successiva, e con la qualità anche la reputazione, le quote di mercato, la
leadership dei grandi marchi. Un ambiente creativo è un fattore cruciale per
l'emergere e l'evolversi di talenti creativi, e un ambiente capace di accogliere nuovi
talenti, anche stranieri, può trarre da questi la linfa necessaria a rinnovarsi, come
vedremo in seguito per l'industria della moda e del lusso francese, che forse per
prima ha dovuto affrontare la sfida della successione generazionale dei couturier.
65. Se il modo più valido e tradizionalmente italiano di trasmettere e produrre
creatività è l’apprendimento sul campo (learning by doing), l’educazione
professionale ed accademica è una via altrettanto importante. Anche in questo
XXIII
campo l’esperienza italiana può contare sull’evoluzione delle Università e dei
Politecnici), delle Accademia di Belle Arti, e di istituzioni private.
ARCHITETTURA
66. La creatività italiana in architettura è un carattere distintivo, che caratterizza il
paese anche a livello internazionale. Una reputazione solida, guadagnata nei
secoli grazie ad opere e personalità eccezionali e a un patrimonio architettonico di
qualità diffuso estensivamente e riconosciuto universalmente dalla critica, che
merita di essere adeguatamente valorizzato.
67. Forse in nessun paese l’architettura è associata alla cultura come in Italia, che ha
ben 41 siti iscritti nella lista del patrimonio dell’Umanità UNESCO e ha riconosciuto
il valore del proprio paesaggio tutelando il 46% dell’intero territorio nazionale e ha
perseguito un’estensiva politica di restauro e recupero del proprio patrimonio
architettonico.
68. L’Italia è un paese di architetti. Da qualunque parte si imbocca la via dell’analisi e
confronto dei dati internazionali si giunge a questa conclusione. Dai dati del
Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori emerge che
l’Italia ha maggior numero di iscritti all’ordine professionale (123.083, uno ogni 470
abitanti a fronte di una media europea di uno ogni 1.148) e il maggior numero di
iscritti alle facoltà di Architettura (76.041, uno ogni 761 abitanti, il 5% della
popolazione universitaria italiana), distribuiti in 17 Facoltà.
69. Fra le 16 nazioni che hanno dato i natali a architetti premiati con il Pritzker Prize,
assegnato dal 1979, siamo fra le poche ad aver ottenuto il riconoscimento per due
architetti, insieme a Brasile e Francia. Più di noi soltanto il Giappone (3), il Regno
Unito (4) e gli Stati Uniti d’America (8).
70. Può quindi sorprendere che, nonostante questo grande amore per l’architettura, il
dibattito scientifico, la qualità riconosciuta, il numero di addetti, non compaia
nessuno studio di architettura italiano sia tra i primi 100 studi di architettura
mondiale per dimensione e fatturato. Il modello italiano di architettura si rivela
infatti un sistema diffuso dove gli studi di architettura e di ingegneria sono
prevalentemente di piccola dimensione, la libera professione individuale è la meta
più ambita, sono scarsi gli studi multidisciplinari, di architettura e ingegneria al
massimo troviamo studi di architetti associati.
71. Esiste un’innegabile relazione fra dimensione dell’impresa, investimento in ricerca
e sviluppo e quindi innovazione e competitività. Con questo modello è chiaro che
gli architetti italiani hanno difficoltà ad innovare. E per lo stesso motivo partecipano
con difficoltà a gare e concorsi internazionali, anche perché incontrano altre
barriere dovute a carenza di informazione, lingua, difficoltà di comprensione dei
contesti normativi locali.
72. Per individuare quali politiche possono favorire lo sviluppo creativo dell’architetto
occorre analizzarne l’ambito di attività, assai diverso da quello dell’artista, che per
esprimere la propria poetica personale è condizionato da minori elementi:
materiali, tecniche, finanziamenti.
73. Per la costruzione di un clima che favorisce la creatività occorre riflettere sui
condizionamenti che in qualche modo contribuiscono a “frenarla”: blocchi culturali
dovuti alla tendenza degli individui a conformarsi agli standard del momento,
difficoltà economiche che costringono ad accettare condizioni di lavoro non ideali o
XXIV
restrizioni eccessive alle quali diventa impossibile sottrarsi, blocchi intellettuali o
emozionali, incapacità di rinnovarsi, tutti fattori che spingono verso un
atteggiamento “conservatore”, a ripetere piuttosto che innovare come chi tende a
replicare il modello della casa dei propri genitori.
74. Sicuramente lo strumento del concorso di architettura stimola la competizione e la
creatività, produce qualità architettonica. Il confronto fra idee fa emergere la
migliore soluzione, fa risaltare quella più innovativa. Anche se la legge sulla qualità
architettonica e urbana, lungamente attesa, non è ancora stata approvata, grazie
ad un’intensa opera di promozione da parte del MiBAC e degli ordini professionali
il numero dei concorsi in Italia è molto cresciuto, passando da 19 nel 1995 a 223
nel 2007.
COMPUTER, SOFTWARE E ICT
75. Negli ultimi decenni si è venuto affermando un nuovo paradigma economico, che
si configura come il superamento dell’organizzazione di carattere fordista che
aveva caratterizzato le più avanzate economie occidentali nel corso del
Novecento, e che viene ormai comunemente definito come il modello
dell’economia della conoscenza.
67. L’affermazione di questo modello si fonda su due elementi portanti. Da un lato si
osserva un evidente processo di cambiamento strutturale caratterizzato dalla
progressiva erosione di quote di occupazione e valore aggiunto nei settori
manifatturieri a favore dei settori del terziario, cioè i settori dei servizi. D’altro canto
si rileva che il forte impatto in termini di produttività non avrebbe potuto dispiegarsi
senza la massiccia adozione delle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (ICT).
68. Le imprese possono produrre nuova conoscenza solo se funzionano meccanismi
di interazione tra imprese, all’interno delle imprese e tra le imprese e l’apparato
istituzionale articolato in meccanismi di regolamentazione, formazione e
educazione, sistema della ricerca pubblica. Determinanti sono le relazioni
industriali nella definizione della capacità delle singole imprese di valorizzare i
processi di apprendimento interni attraverso i processi di apprendimento nel fare e
nel usare.
69. Il caso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) in questo
contesto può essere considerato emblematico. La produzione di software ha una
duplice rilevanza, poiché da un lato può essere considerato come un bene
intermedio che incorpora un elevato contenuto di conoscenza, e dall’altro è
chiaramente un output. Il caso del software fornisce un chiaro esempio di come le
ICT siano un fattore chiave nella transizione verso l’economia basata sulla
conoscenza.
70. La concezione, disegno, elaborazione e implementazione di un software
applicativo hanno un costo particolarmente elevato. Si tratta di spese anticipate
che l’impresa sostiene e che si spalmano su grandezze di attività variabili.
XXV
71. Nel contesto italiano, il profondo processo di cambiamento strutturale in corso e la
transizione accelerata verso un’economia della conoscenza plasmata sul modello
dell’economia della conoscenza coglie il sistema economico in una fase di
particolare debolezza.
72. La debolezza dell’apparato scientifico e tecnologico, la carenza di relazioni
strutturate tra imprese e università, il carattere prevalentemente tacito della
conoscenza tecnologica disponibile, la mancanze di procedure sistematiche di
valorizzazione dei processi di apprendimento, il basso livello del capitale umano
codificato disponibile, l’inadeguatezza delle strutture organizzative interne,
diventano elementi pregiudiziali che mettono a repentaglio l’efficienza stessa dei
processi di reazione creativa messi in atto dalle imprese, che non sembrano in
grado di far fronte alla forte discontinuità nei processi di utilizzazione delle nuove
conoscenze tecnologiche legate al sistema delle tecnologie dell’informazione.
73. Inoltre, il caso italiano, è caratterizzato dalla elevata frammentazione dell’apparato
produttivo e dell’apparato distributivo. La produzione e la distribuzione di beni e
servizi in Italia è basata su una miriade di piccole imprese con specifiche proprie e
quindi elevati livelli di varietà che operano in una varietà di mercati intermedi.
74. La diffusione dei nuovi software operativi, su cui si basa oggi gran parte della
crescita dell’economia, risulta allora drammaticamente rallentata dalla sostanziale
assimilazione del software alla conoscenza. Con l’evidente risultato che i costi
unitari dei software applicativi su cui si basa l’adozione delle tecnologie digitali nel
caso italiano risultano molto più elevati di quanto non capiti in paesi caratterizzati
dalla grande dimensione operativa delle imprese.
75. La situazione pare ancora più paradossale se si considera che all’interno delle
industrie culturali e creative in Italia l’industria del software è terza in termini di
percentuale di valore aggiunto sul PIL e di percentuale di occupati (entrambi
all’1,17%). Il sistema produttivo pare quindi dotato di una base su cui innestare la
creazione di un’offerta coerente e sistematica, al momento ancora carente proprio
a causa dell’inadeguato sviluppo della domanda.
76. Nel caso italiano, la nascita e la crescita di un’industria dei servizi informatici che
riesca a far fronte alla capillarità del tessuto dei potenziali adottatori è condizione
indispensabile per colmare il ritardo nella diffusione delle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione con essa il gap che si venuto allargando
tra i livelli di produttività italiani e quelli dei paesi che hanno saputo trarre
vantaggio dalle economie di densità digitali.
77. La creazione di piattaforme che consentano di metter in comune pezzi di software
applicativi e quindi di trarre vantaggi parziale dalle economie di densità, almeno
per componenti centrali e snodi dei programmi di software potrebbe favorire
questo processo. Particolare rilevanza hanno naturalmente i diritti della proprietà
intellettuale che non a caso sono stati significativamente rafforzati negli ultimi anni.
La diffusione dell’Open Source, inteso come meccanismo organizzativo che,
attraverso l’apertura del codice sorgente dei modelli di software applicativo a
comunità di ‘artigiani applicativi’, consente la socializzazione di soluzioni
incrementali potrebbe giocare un ruolo importante nella diffusione delle nuove
tecnologie dell’informazione nell’economia italiana.
XXVI
BRANDING, COMUNICAZIONE E PUBBLICITA’
78. Il settore della comunicazione in Italia costituisce un’area di circa cento profili
professionali accertati, con un perimetro occupazionale che supera le 300 mila
unità, ancora in fase di moderato assorbimento di risorse e comunque in
evoluzione sia per effetto combinato dell’allargamento disciplinare dell’area del
marketing sia, soprattutto, per incidenza dell’evoluzione tecnologica e di continue
nuove superfici di operatività. Questi dati forniscono dunque una cornice
occupazionale più articolata rispetto al settore delle sole agenzie pubblicitarie.
79. Tra le nuove tendenze del settore si riscontra un ingresso di soggetti pubblici,
politici e sociali sono entrati anche nel campo della comunicazione, dove
l’accelerazione del marketing territoriale ha creato sviluppi comunicativi in capo a
rapporti sinergici tra istituzioni locali e associazioni o consorzi economici e di
categoria. Inoltre, lo scenario dei consumi fa poi segnare mutamenti profondi di
stili, scelte, predominanza di prodotti rispetto a quelli di una volta.
80. La comunicazione d’impresa, ovvero l’insieme di tutti i flussi comunicativi emessi
nei confronti dei diversi stakeholder siano essi interni che esterni, non può
prescindere dal concetto di integrazione; la comunicazione integrata infatti fa
riferimento alla capacità dell’azienda di coordinare tutti gli strumenti di
comunicazione- dalla pubblicità, alle relazioni pubbliche, dalla visual identity
(gestione coordinata di logo, marchio e lettering) al sito internet, dalle
sponsorizzazioni alle promozioni – che devono essere orchestrati per contribuire a
creare un’immagine unica e distintiva dell’azienda che si imprima in maniera
indelebile nella mente dei diversi interlocutori.
81. La pubblicità però non è solo quella legata alla promozione della notorietà della
marca. Esiste, come è noto, anche il ben strutturato settore della comunicazione
così detta pubblica o di pubblica utilità o, ancora, comunicazione non profit, che
comprende “l’insieme di attività di comunicazione, messe in atto da un soggetto
pubblico o privato, volte a promuovere finalità non lucrative”. In quest’ambito
rientrano le strutture della Pubblica Amministrazione, gli enti parastatali, le grandi
istituzioni, i partiti politici, il sistema associativo e i soggetti della rappresentanza e
le organizzazioni non profit. A fianco di questi soggetti si trovano però anche
aziende pubbliche o private, che operano quindi all’interno del mercato, con
iniziative non profit.
82. Gli obiettivi della comunicazione sociale – individuabili prevalentemente nella
comunicazione della propria identità, nell’aumento del livello di notorietà, nelle
attività di fundraising e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica in merito a
temi e problemi di carattere sociale (valori/diritti) – si raggiungono con l’utilizzo
degli strumenti tipici della comunicazione commerciale, con gli stessi media e,
spesso, anche servendosi delle stesse agenzie di pubblicità.
83. Ed è proprio nelle campagne sociali che è stato possibile individuare un tentativo
di creatività fuori dalla traduzione italiana. Si pensi alle campagne realizzate da
Oliviero Toscani per la Benetton (anche se non si trattava di pubblicità sociale in
senso canonico), sicuramente non tradizionali e non conformiste, ma anche alle
XXVII
prime campagna di sensibilizzazione realizzate da Pubblicità Progresso nella
seconda metà degli anni ’70 che utilizzavano una modalità enunciativa
estremamente forte e diretta, ben lontana dall’edulcorata realtà proposta dagli spot
commerciali.
84. Per quanto riguarda le risorse del settore pubblicitario, si riscontra la netta
predominanza degli investimenti in comunicazione televisiva e questo nonostante
la dichiarata obsolescenza dei mezzi classici, che non consento l’interazione con il
pubblico e che sono meno flessibili e incapaci di adattare codici e modelli alle
mutate esigenze del target. Di contro si può notare l’incremento notevole degli
investimenti nel canale Internet che testimonia la presa di coscienza degli utenti
della volontà dello spettatore di avere un ruolo attivo anche nell’ambito della
comunicazione, con il superamento della fruizione passiva. Internet, come si è
detto, ha permesso la partecipazione alla ‘produzione’ dell’informazione, grazie
alla fruizione dei nuovi media interattivi e alla presenza di format partecipativi
(come i blog e i forum).
CINEMA
85. Ripresa la strada dello sviluppo alle soglie del 2000, la cinematografia italiana ha
avuto un momento di particolare brio negli ultimi due anni. Il rimbalzo ha fatto
credere ad un vero e proprio rinascimento e molti elementi causali dimostrano che
la crescita non è solo un’improvvisa congiuntura. Nel corso del 2007 gli spettatori
in sala sono stati circa 120 milioni, tornando numerosi quanto nel 1986 e le
pellicole italiane hanno favorito la crescita del 12% rispetto al 2006. E nei primi
due mesi del 2008 la quota di mercato dei film domestici è addirittura arrivata al
36,3%, doppiando il dato dell’intero 2007 che è stato di circa il 32%.
86. Tra i principali fattori di questa ripresa si possono elencare:
a. l’avvenuto passaggio generazionale dei produttori che, dopo un lungo
periodo di sopravvivenza “assistita” e di una imprenditorialità tentennante
e non sempre convinta, hanno dimostrato una sensibilità superiore verso
la delicata sfida di conciliare il prodotto artistico con il mercato.
b. Un rinnovamento nella comunità degli autori (registi e sceneggiatori), in
cui anche qui l’avvicendamento d’età ha portato ad una nuova attenzione
al racconto, aperto a storie ispirate a generi prediletti dal pubblico
nazionale, tutt’altro che autoreferenziale e in grado di interessare fasce
più ampie di spettatori.
c. Il mutamento di gusto del pubblico, sicuramente condizionato dall’abissale
cambiamento avvenuto nello spettatore televisivo di fronte alla continua
offerta di fiction.
d. Il recupero dello star system, e cioè di un elemento che a detta di molti ci
mancava, se si apriva il paragone con il cinema hollywoodiano.
87. Dal punto di vista della produzione cinematografica, invece, l’Italia produce in
media un elevato numero di film, inferiore solo alla Francia e alla Gran Bretagna.
Come si può notare nella figura 5, infatti, l’Italia tra il 1995 ed il 2005 ha prodotto in
media 105 film all’anno (con un massimo di 138 nel 2004), il Regno Unito 108 (con
massimo di 143 nel 2003) e la Spagna 96 (massimo di 137 nel 2002).
XXVIII
88. Il supporto di una efficace casa distributrice è sicuramente un fattore critico di
successo. La distribuzione rappresenta un vero e proprio collo di bottiglia per il
settore, in quanto i principali distributori controllano ampie quote di mercato in
termini di numero di film distribuiti, di incassi e di presenze. Negli ultimi anni,
inoltre, la distribuzione cinematografica ha vissuto un processo costante di
riduzione degli operatori attivi sul mercato, il quale ha aumentato ulteriormente la
concentrazione del potere distributivo. Di conseguenza, non tutti i film prodotti
riescono ad arrivare nelle sale e quelli che escono in poche sale periferiche, nei
periodi di bassa stagione o con un investimento limitato nel numero di copie
sembrano essere destinati fin dall’inizio a risultati assolutamente marginali.
89. Pertanto, gli investimenti promozionali e le tecniche di comunicazione adottate dai
distributori per il lancio di un film sono molto importanti. Il successo di un film
sembra essere fortemente correlato con la capacità del distributore di adottare
metodi di marketing moderni e raffinati in termini, ad esempio, di investimenti
adeguati, modalità innovative di comunicazione e capacità di collaborare con gli
esercenti per fidelizzare gli spettatori e realizzare eventi promozionali ad hoc.
90. Una peculiarità del tutto italiana è costituita dal fatto che la televisione, oltre ad
essere un importante canale di fruizione, è anche di fatto uno dei principali
finanziatori del cinema. Il piccolo schermo, infatti, non solo rappresenta una delle
principali fonti di ricavo attraverso il cosiddetto “diritto d’antenna”, il quale viene
spesso riconosciuto ai produttori ancora prima dell’uscita del film nelle sale, ma
assai sovente interviene, direttamente o tramite società collegate, anche nella
coproduzione delle pellicole.
91. Se il ruolo della televisione italiana garantisce, da un lato, una maggiore
tranquillità economico-finanziaria ai produttori cinematografici, dall’altro pone
alcuni problemi. Attraverso l’intervento diretto nella coproduzione, la televisione
può condizionare e indirizzare, secondo logiche non sempre coincidenti con quelle
del mercato cinematografico tradizionale, la scelta delle storie, dei generi e dei
cast dei progetti filmici.
92. Il difficile rapporto tra cinema italiano e televisione è confermato anche dall’analisi
dell’anno di produzione dei prodotti filmici trasmessi dalle reti nazionali. La
televisione generalista riserva molto più spazio a quelli che potremmo definire film
classici, cioè quelli prodotti fino agli anni ’70 compresi, i quali costituiscono oltre il
60% del totale delle pellicole italiane trasmesse. I film classici sono anche quelli
con il numero più alto di passaggi televisivi, a testimonianza di come il pubblico
televisivo sembri essere molto legato all’immagine più tradizionale del cinema
italiano.
RADIO, TELEVISIONE EDITORIA
93. L'editoria libraria, la radio, la televisione, costituiscono, con il cinema il disco e la
stampa quotidiana e periodica i principali settori di quella che con finalità critiche
più che analitico-descrittive venne definita fin dagli anni Quaranta “industria
culturale”.
XXIX
94. L'editoria libraria è non solo il più antico dei settori dell'industria culturale ma
anche quello che ha storicamente il compito di promuovere e diffondere testi, a
carattere letterario o scientifico, educativo o strumentale (dalle guide turistiche ai
manuali per le più varie attività professionali o amatoriali): la sua salute e il suo
andamento sono pertanto tra i sintomi più rilevanti della vita culturale di un paese,
intesa in senso ampio. La radio e la televisione sono fin dagli anni tra le due
guerre la prima, dagli anni Cinquanta la seconda, i principali strumenti di diffusione
culturale in generale.
95. Sia in campo editoriale, sia in campo radiofonico e televisivo (e per quanto
riguarda quest'ultimo, sia nel settore dell'emittenza che in quello distinto, seppure
non nettamente separato, della produzione) si nota un fortissimo squilibrio: da un
lato un grande numero di imprese piccole e piccolissime o addirittura virtuali
(editori che non pubblicano libri, “emittenti” che si limitano alle attività
indispensabili per potere occupare le frequenze) dall'altro un numero molto limitato
di imprese di grandi dimensioni che occupano da sole percentuali elevatissime del
mercato.
96. Sia l'editoria libraria, sia la televisione, sia quella parte della programmazione
radiofonica che non è puramente musicale (e quando lo è, è per una componente
significativa d'importazione) sono legati a una lingua nazionale, l'italiano, diversa
da quella parlata dai paesi confinanti: fattore essenziale d'identità per i nostri
cittadini, differenza e problema di reciproca comprensibilità per gli altri.
97. Non è forse esagerato dire che la lingua italiana, pur con le sue straordinarie
tradizioni, costituisce oggi uno dei maggiori problemi della vita culturale del nostro
paese, problema che non può certo essere risolto con le ricorrenti e consolatorie
notizie giornalistiche sull'aumento degli studenti di italiano nel mondo.
98. I paesi con una limitata diffusione linguistica, come è il caso del nostro, hanno per
l'esportazione diretta mercati limitatissimi; non solo ma sono condizionati anche in
modo indiretto: perché un'industria culturale decida di acquistare e tradurre un
prodotto di lingua diversa dalla propria occorre che disponga di qualcuno in grado
di capirlo; oppure che le imprese produttrici si assumano i costi e i rischi del farli
tradurre e promuovere.
99. Per quanto riguarda la geografia della produzione, la matrice geografica
dell'editoria italiana discende soprattutto dalle tradizioni in sé importanti e ricche
delle “cento città”, e infatti dei maggiori gruppi editoriali diversi sono basati in città
differenti da Milano (Giunti a Firenze, Sellerio a Palermo), e molti marchi tra i più
prestigiosi ancora altrove, dal Mulino (Bologna) a Laterza (Bari e Roma) a Einaudi
e Utet (Torino), ma il vero “distretto dell'editoria” resta Milano, dove per altro non è
chiaro se non si arriva a un'indagine approfondita quanto pesi per esempio nella
formazione di società di service l'editoria libraria e quanto quella periodica. Anche
per quanto riguarda la radio esiste una grande dispersione geografica che fa sì che
alcuni dei maggiori gruppi abbiano sedi come Napoli, Bologna, ecc. Per la
televisione, mentre le grandi emittenti sono concentrate a Roma e Milano e lo
stesso le produttrici “indipendenti” che sembrano vincolate a seguirne le sorti,
esistono grandi impianti anche in altre aree per la prestazione di servizi
specializzati: si pensi alla torinese-canavesana Telecity che costituisce uno dei poli
più importanti, certo il maggiore fuori da Roma e Milano, per il doppiaggio e gli
adattamenti delle serie straniere.
XXX
100. Nel contesto della formazione, è necessario sottolineare l'attenzione
relativamente scarsa dedicata fino a tempi recenti alla formazione professionale
specifica. Mentre nel campo del cinema l'Italia ha da un settantennio una delle
scuole più qualificate del mondo, lo sviluppo di scuole per la formazione delle
professionalità dell'editoria è stato molto più incerto. Il modello tuttora prevalente è
la formazione on the job in particolare nella forma dell'affiancamento, cosa che
tiene conto naturalmente del carattere ancora in buona parte artigianale del settore
ma rischia di penalizzare la creatività e le spinte innovative. Per ciò che riguarda le
professioni radiofoniche e televisive la cosa è anche più evidente, soprattutto per
tutte quelle professionalità che non sono ricollegabili a modelli consolidati come la
produzione di fiction (nella sua vicinanza al cinema) o il giornalismo.
INDUSTRIA DEL GUSTO
101. Il sistema del Gusto, rappresenta un “nuovo” settore delle industrie culturali, nel
quale convergono identità, tradizione, territorio, storia e paesaggio, ma anche
creatività, ricerca e innovazione tecnologica. Un settore in crescita e caratterizzato,
più di altri, da una forte integrazione con le comunità e le culture locali.
102. I beni del gusto appartengono alla categoria dei beni culturali, anche se la
dimensione sociale e quindi culturale del gusto è, come mostrano gli etnologi, gli
storici e i sociologi, generalmente dissimulata tramite un processo di
naturalizzazione del gusto. Il gusto alimentare, ritenuto il più vicino alla « natura » e
all' « istinto », è il più semplice da rappresentare come un dato oggettivo (il sapore)
che la percezione si accontenterebbe meramente di registrare, più o meno bene a
seconda della finezza del gusto, esattamente come il sordo non percepisce il
suono, sentendolo male o parzialmente.
103. Sono pochi i settori produttivi nei quali il “marchio” Italia continua a detenere un
primato universalmente riconosciuto come nelle produzioni enogastronomiche e, in
parte almeno, agroalimentari. Nell’immaginario internazionale, italian food e italian
wine sono spesso presentati come una sorta di doni di natura, più che come
risultati di un lungo processo produttivo che ha radici territoriali molto precise, ma
anche una elevata capacità di coniugare queste radici con l’innovazione, in un
sistema nel quale domina l’elemento creativo.
104. Fra gli elementi che si è scelto di considerare significativi per la definizione dei
contorni del settore, il più importante è il criterio della tutela, ovvero dell’esistenza
di diritti collettivi tutelati. Nell’intero paese, esistono 694 prodotti, tutelati nelle
diverse categorie DOC, DOCG, DOP, IGP e IGT. I vini italiani che possono
fregiarsi dei segni docg sono 36, 324 doc, con in più 124 vini igt. Gli oli dop e igp
sono 40, i formaggi dop 56, carni e salumi 59; nelle sole aree protette del paese
sono stati rilevati 475 prodotti tipici.
105. Fra le caratteristiche salienti dell’industria del gusto in Italia, spiccano la
straordinaria numerosità dei prodotti e il loro radicamento nel tessuto identitario
delle realtà locali. E’ un settore complesso, che unisce a un peso economico
importante caratteristiche di intangibilità proprie del patrimonio culturale. La piccola
e piccolissima dimensione delle imprese costituisce un altro elemento distintivo,
che allo stesso tempo ha elementi di forza e punti di debolezza e vulnerabilità.
XXXI
106. Si tratta di un settore certamente non labour-intensive, dove però il capitale
umano svolge un ruolo strategico, non solo nella fase della ideazione e della
creatività in senso stretto, ma anche nei processi produttivi e nel legame con la
comunità locale. Il legame col territorio rende la produzione alimentare di qualità
un’attività sostenibile e, dati alla mano, economicamente soddisfacente. La
trasmissione intergenerazionale delle conoscenze, che pure si fonda in larghissima
parte su componenti non formali, sembra sposarsi con successo con l’introduzione
di innovazioni procedurali, tecnologiche e organizzative. Ciò ha favorito la nascita
di nuove professionalità competenti e specializzate e corsi di formazione ad hoc.
107. L’industria del gusto riflette visibilmente la geografia del Paese, che conta, ad
oggi, 560 città del vino, 300 città dell’olio, 70 comuni dei sapori, 127 “Borghi più
belli d’Italia”, 137 strade del vino, dell’olio e dei sapori, 933 enoteche e cantine. Il
sistema del sapere annovera 787 piatti tipici, 99 scuole, 80 professioni e mestieri
con i loro percorsi formativi, 123 musei, 40 riviste e una bibliografia di base di oltre
500 titoli.
108. La riscoperta delle tipicità regionali ha favorito, tra le altre cose, l’emergere di un
nuovo tipo di turisti alla ricerca di alimenti e vini di pregio, che, in qualche caso,
sono stati etichettati come gastronauti. Il turismo eno-gastronomico,
quantitativamente di nicchia rispetto ai segmenti tradizionali ma declinanti, come il
balneare, presenta notevoli potenzialità di crescita. L’apparire di questo tipo di
turismo si caratterizza, intorno alla prima metà degli anni ’90, per l’iniziativa di
alcuni pionieri, legati soprattutto ai grandi sistemi territoriali, come Condotte e
Presidi Slow Food o il circuito delle Città del Vino.
109. Per quanto riguarda la distribuzione, la maggior parte dei prodotti tipici regionali,
data la dimensione delle imprese (la media degli addetti per le industrie alimentari
è di 6,5), vengono venduti direttamente nel luogo di produzione. La quasi totalità
dei prodotti è destinata ad altre regioni piuttosto che al mercato locale e regionale.
Questo significa che vengono privilegiati i canali medi di distribuzione.
110. Uno dei maggiori problemi del settore è rappresentato dall’Agropirateria.
Secondo stime recenti, all'estero è falso piu' di un prodotto alimentare “italiano”. La
pirateria agroalimentare internazionale utilizza impropriamente parole, colori,
località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per il
commercio di prodotti contraffatti, che non hanno nulla a che fare con la realtà
nazionale. Le esportazioni dall'Italia raggiungevano nel 2006 il valore di 16,7
miliardi di euro, un terzo del mercato mondiale delle imitazioni di prodotti
alimentari Made in Italy, che vale oltre 50 miliardi di euro.
ARTE CONTEMPORANEA
111. L’arte contemporanea è in sé pura creatività e parlare dell’una equivale evocare
l’altra. Ma entrando nel mondo delle arti visive si scopre anche quanto le relazioni
sociali, il mercato, la produzione e le istituzioni contino e modifichino il senso
stesso del concetto di creatività.
112. All’interno del contesto italiano il sistema dell’arte contemporanea soffre di
alcune debolezze strutturali che penalizzano notevolmente i nostri artisti e che
costringono questi ultimi, se davvero vogliono aspirare ad una chance di successo
internazionale, ad andare a vivere e lavorare altrove.
XXXII
113. In primo luogo, la mancanza di un collezionismo e di una committenza
istituzionale e aziendale di qualità, che è ciò che permette a sistemi dell’arte
tradizionalmente deboli sul piano del collezionismo privato di offrire agli artisti
opportunità professionalmente qualificanti ed economicamente redditizie,
aumentando il loro status sociale e dando loro una base reddituale
sufficientemente solida da consentire un pieno investimento sulla carriera artistica
senza bisogno di disperdere energie in attività accessorie e necessarie per
garantirsi la sopravvivenza economica.
114. In secondo luogo, un punto debole dell’azione pubblica sta nelle modalità stesse
di promozione degli artisti italiani sul piano internazionale. Di solito, la promozione
dell’arte italiana si concretizza nell’organizzazione di mostre spesso ospitate in
luoghi relativamente marginali di capitali internazionali dell’arte, e in ogni caso
tipicamente ‘paracadutate’ in tali contesti senza intraprendere un reale dialogo
preparatorio con la scena locale, che aiuti gli artisti in mostra ad interagire e a farsi
conoscere da chi, se eventualmente interessato al loro lavoro, potrà in seguito
aprire per loro spazi e opportunità.
115. In terzo luogo, le gallerie, che in Italia sono tante e spesso molto vivaci, faticano
a crescere e di conseguenza ad investire sui propri artisti in modo adeguato a
garantirne un efficace lancio internazionale. In questo caso, l’iniziativa più
necessaria, al di là del già ricordato potenziamento del collezionismo pubblico e
aziendale (che potrebbe essere fiscalmente incentivato) è l’abbattimento dell’iva,
che come più volte richiesto andrebbe portata dall’attuale 20% al 4% prevalente
nella maggior parte dei paesi europei.
116. Infine, un ulteriore motivo per cui gli artisti italiani stentano ad affermarsi
all’estero almeno in quanto categoria – ci sono casi di successo eclatante, ma
sempre raggiunto come caso isolato e mai in quanto membri di una cordata
nazionale - può essere riscontrato nella mancanza di strutture adeguate dal punto
di vista formativo.
117. Il sistema delle Accademie di Belle Arti in Italia propone ancora e soprattutto un
sapere centrato sulla tecnica a cui si aggiunge il prolungato tempo di esposizione
di un ragazzo giovane ad un solo docente. Una questione importante, soprattutto
quando non sia garantita una qualità alta e omogenea dei docenti: per quattro
anni consecutivi il ragazzo si confronta sostanzialmente con una modalità creativa
e con un solo approccio alla disciplina.
118. Riguardo all’offerta di arte contemporanea nei musei, nonostante la grande
spinta data dagli anni novanta alla creazione di nuove istituzioni, si è oramai
perduta in Italia la possibilità di avere una collezione coerente di arte del XX
secolo. Ciò nonostante il fatto che l’Italia sarebbe stato il paese con maggiori
possibilità di costruirlo, almeno per la seconda metà del secolo, considerando che
tutte le più importanti tendenze artistiche e tutti gli autori di rilievo degli ultimi
settant’anni sono passati dalla Biennale di Venezia in tempi rapidi, tempestivi,
quando le loro opere non costavano che poche migliaia di dollari. Purtroppo
nessun organo dello Stato e nessun museo si è fatto carico di una politica di
acquisti alla Biennale anche a basso costo, ma oculata e capace di precorrere i
tempi. I prezzi dell’arte contemporanea sono a tal punto cresciuti, soprattutto dagli
anni Ottanta in poi che una sistemazione del “buco” non è più proponibile. L’Italia
potrà avere un museo del XXI secolo se emenderà questo errore, con i riflessi
prevedibili nel campo della formazione del pubblico.
XXXIII
PATRIMONIO CULTURALE
119. Nella costruzione della catena di produzione del valore delle industrie culturali la
creatività svolge il ruolo di input per le tecnologie e la qualità sociale, i due modelli
che sono stati analizzati come sfondo interpretativo di questo lavoro.
120. Il patrimonio culturale, a sua volta, è una risorsa per la creatività e il suo
contributo risale l’intera filiera alimentando l'innovazione economica, la ricerca
storico-artistica, il cambiamento del gusto, le tecniche per mantenere, restaurare,
sorvegliare, ricostruire e riprodurre i beni culturali. In altre parole il patrimonio
storico e artistico accumulato da tutte le generazioni del passato è parte essenziale
di quel contesto culturale che essendo in grado di produrre stimoli positivi
interagisce con le capacità di apprendimento dei singoli.
121. Le nuove tecnologie permettono inoltre la riproposizione di una applicazione
creativa al patrimonio. Se il patrimonio è una risorsa per lo sviluppo della creatività,
è anche vero il contrario, ossia che la creatività è uno strumento di grande valore
nella costruzione di un patrimonio. Inoltre, ricordando che la creatività può essere
incorporata negli oggetti, nelle tecnologie e nelle organizzazioni economiche
acquista particolare significato il suo impiego nello sviluppo delle tecnologie e
forme organizzative nuove per i beni culturali.
122. Se si considera il patrimonio storico e artistico italiano dal punto di vista delle
industrie culturali, i maggiori problemi che lo riguardano sono quelli della sua
gestione efficiente, dell’allargamento della domanda, della valorizzazione delle
economie di scopo, in particolare della produzione di turismo culturale, e della
capacità di aumentare l’impatto socio-economico positivo sul sistema
dell’economia locale e sul suo sviluppo.
123. A fronte di un’offerta sostanzialmente stabile, dal 2001 al 2006 i visitatori dei
musei, circuiti museali, monumenti e aree archeologiche appartenenti allo stato
sono passati da 29,5 milioni a 34,6, con un incremento percentuale del 17%.
Questo aumento è in gran parte attribuibile agli istituti con ingresso gratuito (3,3
milioni) mentre, per musei e monumenti a pagamento, sono i circuiti museali tipologia in forte espansione sia per numero sia per bacino d’utenza- a fare la parte
del leone con una crescita, dal 2001, di 3,2 milioni di visitatori.
124. Tra i fenomeni che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’offerta culturale italiana
e internazionale ma anche una trasformazione nelle abitudini di consumo, quello
delle mostre temporanee è senz’altro uno dei più interessanti. Nell’estate 2007
sono state organizzate, in quello che è stato definito il “mostrificio italiano”, almeno
650 mostre e, nel corso del 2006, le esposizioni temporanee sono state visitate
complessivamente da oltre 7 milioni di visitatori.
125. Ciò sta comportando una trasformazione del tradizionale ruolo dei musei che si
sono trovati nelle condizioni di dover in parte ripensare e adattare la propria
struttura e la propria organizzazione al moltiplicarsi di nuove funzioni, talvolta in un
rapporto dialettico e di riscoperta con la collezione permanente talvolta, invece,
come semplice involucro di contenuti “altri”.
126. È ormai largamente riconosciuto che le risorse culturali - siano esse tangibili,
intangibili o materiali - sono oggi un “fattore produttivo” sostanziale per l’industria
turistica.Il turismo culturale – fenomeno spesso non facilmente definibile rappresenta infatti una declinazione sempre più importante nel mondo dei viaggi e
XXXIV
delle vacanze, soprattutto in Italia. Nel 2006, solo per citare alcuni dati, dei 308
milioni di presenze registrati nella Penisola, 92 hanno riguardato città di interesse
storico e artistico con una crescita, nel periodo 2001-2006, del +22,5% per gli arrivi
e del +13,4% per le presenze.
127. Gli eventi culturali forniscono inoltre un contributo importante allo sviluppo
economico dei territori su cui insistono; tuttavia, per quantificare l’entità e il segno
positivo o negativo dell’impatto economico, è necessario seguire un iter
metodologico preciso, che nelle prime fasi passa attraverso un meticoloso
processo di raccolta di informazioni di carattere qualitativo e quantitativo, poiché gli
eventi culturali generano impatti diversi: culturali, sociali, economici, fiscali,
occupazionali, ambientali, immobiliari.
128. Sotto il profilo dell’aumento della domanda dei beni culturali, strutturalmente
debole in Italia, l’esperienza internazionale presenta i primi bilanci di alcuni anni di
applicazione della formula dell’ingresso gratuito e del contributo volontario. I
risultati positivi emersi confermano la correttezza del modello soprattutto per la sua
capacità di tener conto degli aspetti del benessere generale e dello sviluppo della
qualità sociale del paese.
129. La proposta di una moratoria definita in termini di luoghi e tempi e sperimentale
nell’applicazione del sistema della gratuità e della contribuzione volontaria, potrà
offrire indicazioni ai decisori politici.
MUSICA E SPETTACOLO
130. Nell’opera e nello spettacolo dal vivo la creatività compare come un input
rilevante fin dalle fasi tecniche della preparazione, attraverso il disegno e la
manifattura di scene e costumi, la cui realizzazione tecnica spesso è il frutto di
innovazioni creative sul piano del processo o su quello del prodotto. Allo stesso
modo, l’infrastruttura teatrale deve la propria qualità a una combinazione di
tecnologia ed estetica in cui le componenti creative appaiono determinanti, tanto
nell’elaborare soluzioni tecniche quanto nel disegnare l’aspetto esteriore della sala
teatrale e delle sue pertinenze.
131. La passione per la lirica, mai del tutto spenta, si è cristallizzata velocemente in
una sorta di musealizzazione del genere; mentre i nostri musicisti e qualche
compositore straniero (Bizet, Wagner, Mozart e pochi altri) vengono regolarmente
eseguiti in allestimenti nuovi di titoli ormai passati alla storia, la produzione
contemporanea di opere rallenta notevolmente, in quanto non più foraggiata dalla
garanzia di un pubblico numeroso e interessato. I compositori del Novecento si
rivolgono agli addetti ai lavori e agli specialisti, non certamente al grande pubblico.
132. In un settore musealizzato e caratterizzato da uno scarso peso di nuove opere, il
versante creativo si colloca sui profili interpretativi, essenzialmente la direzione
d’orchestra e il canto da una parte, e la triade regia-scene-costumi dall’altra. Si
tratta di un processo del tutto fisiologico, che in qualche misura tiene conto
dell’evoluzione del pubblico e offre una chiave di lettura tendenzialmente capace di
rispettare l’originale adeguandone la confezione finale alle aspettative percettive e
cognitive del pubblico contemporaneo.
XXXV
133. Erede di un impresariato snello, flessibile e aggressivo, la lirica soffre oggi di una
struttura organizzativa pletorica e ridondante. L’elemento – certamente
imprescindibile – della garanzia di sostegno pubblico si è andato trasformando nel
corso dei decenni in una gabbia dorata nella quale i produttori d’opera godono di
una condizione istituzionale privilegiata, a prezzo di una pervasiva avversione al
rischio.
134. Ciò genera il paradosso di una gamma produttiva sensibilmente più limitata in
Italia che in altri Paesi europei e negli Stati Uniti, di una vistosa renitenza
all’innovazione, di una rilevante barriera all’ingresso per gli artisti lirici all’inizio della
propria carriera.
135. La struttura produttiva, la rigidità delle risorse umane e lo scarso livello di
imprenditorialità fa sì che le fondazioni liriche, modello cui tentano
progressivamente di rifarsi le altre organizzazioni dell’opera e dello spettacolo dal
vivo lungo le linee della cosiddetta fondazione di partecipazione, riflettono la stasi
di un modello non più adeguato al contesto culturale, sociale ed economico nel
quale opera.
136. Se si estende l’analisi dalla lirica a tutto lo spettacolo dal vivo il quadro non muta
sostanzialmente. Le caratteristiche di fondo dei settori che riversano la propria
creatività sul palcoscenico appaiono piuttosto simili: staticità, burocratizzazione,
clonazione dell’azione pubblica tra i diversi livelli di governo, meccanismi di
sostegno del tutto privi di incentivi, connivenza istituzionale nei confronti del
sommerso.
137. Si deve rilevare che il sistema istituzionale dello spettacolo dal vivo è
caratterizzato anche da un meccanismo di sostegno che favorisce l’eccellenza in
termini di selezione qualitativa secondo le valutazioni di commissioni tecniche con
potere consultivo. Va osservato che ciò produce un drenaggio di lungo periodo
sulla fertilità creativa del sistema, dal momento che anziché sostenere lo sviluppo
e il consolidamento di un sistema produttivo diffuso e diversificato si limita a
identificare le organizzazioni produttive di maggiori dimensioni e di più visibile
adesione alla tradizione. In questo modo si è andata creando, nel corso dei
decennî, un settore chiuso e con forti barriere all’ingresso.
138. I programmi di studio sono rimasti troppo lungamente ancorati al passato,
cristallizzati su un repertorio chiuso alle rivoluzioni del linguaggio musicale,
dominati da un eccesso di tecnicismo che reprime le risorse creative per inseguire
il mito del virtuosismo solistico. In tale contesto formativo, la frustrazione del
talento creativo è purtroppo consuetudine. Le attività di ideazione e di scrittura
creativa, o più semplicemente di improvvisazione, sono relegate alla scuola di
composizione e ad alcuni specifici corsi di specializzazione.
XXXVI
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