MODELLO 730 E UNICO 2012 Le novità in materia di reddito di impresa di Dulio Liburdi 4 Le dichiarazioni dei redditi da presentare nel corso del 2012, per quello che concerne il reddito di impresa, non contengono delle novità di grandissimo spessore. Ciò in quanto, nonostante il succedersi di provvedimenti normativi, gli interventi in questione hanno riguardato, in particolare, le politiche di accertamento. A questo proposito, dunque, un ruolo fondamentale sarà rivestito dalla applicazione degli studi di settore la cui congruità e coerenza, a partire dal periodo di imposta 2011, rappresenterà una sorta di patente di correttezza fiscale a fronte della quale il contribuente conseguirà rilevanti vantaggi. Da un punto di vista sostanziale, invece, devono essere di fatto segnalati tre elementi la nuova disciplina in materia di società non operative, l’applicazione dell’ACE e l’esordio, nella dichiarazione dei redditi delle nuove modalità di gestione e trattamento delle perdite pregresse. In relazione al primo aspetto va detto che le novità decorrono, nella sostanza, dal periodo di imposta 2012 ma già in questo modello viene richiesta l’evidenziazione dell’ipotesi della cosiddetta perdita sistemica e cioè l’avere dichiarato perdite per tre periodi di imposta consecutivi ovvero perdite in due periodi di imposta e nel terzo un reddito imponibile al di sotto del minimo. Ciò in quanto, in caso di periodo di imposta non coincidente con l’anno solare ed iniziato dopo il 17 settembre 2011, sarà questo il modello di dichiarazione da utilizzare. Appare dunque importante segnalare la novità in questione analogamente agli altri due interventi in materia di reddito di impresa. 1. LE SOCIETÀ DI COMODO CONFERME E NOVITÀ NEI MODELLI DI DICHIARAZIONE In relazione alla disciplina delle società non operative, il modello Unico 2012 contiene una previsione nell’ambito del prospetto che tiene conto delle novità introdotte con il decreto legge n. 138 del 2011, vale a dire con l’introduzione, nell’ambito di applicazione della norma, dell’ipotesi delle cosiddette società anti economiche che vengono considerate tali nel momento in cui dichiarano perdite per tre periodi di imposta consecutivi ovvero perdite per due periodi di imposta e per il terzo un reddito inferiore a quello minimo. Oltre ad incrementare, per le “vecchie” società di comodo, l’aliquota IRES sino alla misura del 38 per cento. Nell’ambito della modulistica, si tiene conto delle nuove disposizioni soprattutto in relazione a situazioni nelle quali il contribuente debba presentare il modello Unico società di capitali per i periodi di imposta a cavallo o comunque iniziati dopo il 17 settembre 2011. 1. I CASI DI ESCLUSIONE: LA DISCIPLINA PRECEDENTE ALLA LEGGE N. 244 DEL 2007 La disciplina delle società non operative elenca una serie di condizioni il cui verificarsi comporta la non applicazione automatica della normativa in esame senza che occorra a tal fine fornire la prova contraria. Rimangono pertanto estranei applicazione della disciplina sulle società non operative, sin da prima delle modifiche MODELLO 730 E UNICO 2012 5 MODELLO 730 E UNICO 2012 6 MODELLO 730 E UNICO 2012 normative apportate all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 dalla legge n. 244 del 2007: 1. i soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali; 2. i soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta. Al riguardo, il Ministero delle Finanze, con la circolare 48/E del 1997, ha precisato che: “...il primo periodo d’imposta è quello di inizio di attività, coincidente con l’apertura della partita IVA, a prescindere dall’inizio dell’attività produttiva”; 3. le società in amministrazione controllata o straordinaria, relativamente ai periodi di imposta interessati da tali procedure; 4. le società ed enti che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché alle stesse società ed enti quotati ed alle società da essi controllate, anche indirettamente; 5. le società esercenti pubblici servizi di trasporto Da subito vi è da notare come, per effetto di quanto disposto dal decreto legge n. 223 del 2006, non sia più prevista come causa di esclusione, di carattere soggettiva, quella riferita alle società che non si trovano in un periodo di normale attività (ipotesi che sarà in seguito commentata). Al “semplice” verificarsi delle fattispecie evidenziate, i soggetti interessati possono determinare le imposte sul proprio reddito, senza attribuire alcuna importanza alla determinazione del reddito minimo imponibile ovvero proporre istanza di disapplicazione delle norme contenute nell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 come ricordato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 5 /E del 2 febbraio 2007. 2. LE NUOVE CAUSE DI ESCLUSIONE Sulla disciplina delle cause di esclusione è poi intervenuta in modo rilevante la legge n. 244 del 2007 che ha introdotto, con decorrenza dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, come precisato dalla circolare n. 9 del 2008 e dal Provvedimen- 7 MODELLO 730 E UNICO 2012 to del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 febbraio 2008, nuove ipotesi oltre a correggerne alcune già esistenti con la finalità di ridurre in modo sostanziale, la numerosità delle istanze di disapplicazione della norma in commento. Più in generale, la circolare dell’agenzia delle entrate ha precisato che, con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, le nuove ipotesi di esclusione (che giuridicamente hanno decorrenza dal periodo di imposta successivo a quello sopra evidenziato), costituiscono delle ipotesi di disapplicazione automatica della norma in questione senza la necessità, dunque, di presentare istanza di interpello. 2.1. SOCIETÀ CON NUMERO DI SOCI NON INFERIORE A 50 8 Tale clausola di esclusione, con riferimento alla numerosità della compagine sociale non inferiore a 100 soci, è stata introdotta dall’art. 4, comma 1-ter, D.L. 11 marzo 1997, n. 50 con l’evidente intento di non dare rilevanza alla normativa nei confronti di società che per il solo numero di soci coinvolti difficilmente si potrebbero ritenere in qualche modo comprese nella categoria dei soggetti “a rischio” a cui si rivolge la normativa delle società non operative. Per effetto della modifica apportata al prima citato punto 6) del comma 1 dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 ad opera della legge n. 244 del 2007, sono escluse dall’ambito di applicazione della disciplina sulle società non operative le società che abbiano un numero di soci non inferiore a 50 (la previgente formulazione richiedeva un numero non inferiore a 100). Come chiarito dalla circolare n. 9 del 2008 “ Il numero dei soci richiesto dalla norma è stato sensibilmente ridotto in considerazione del fatto che la soglia di cinquanta soci esprime una “dimensione” in sé sufficiente per escludere – relativamente alle società non quotate – la presunzione di non operatività. Si precisa che il requisito richiesto dalla norma per l’esclusione “automatica” dalla disciplina - ossia la soglia minima di cinquanta so- ci – debba sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta” 2.2. SOCIETÀ CHE NEI DUE ESERCIZI PRECEDENTI HANNO AVUTO UN NUMERO DI DIPENDENTI MAI INFERIORE ALLE DIECI UNITÀ Questa nuova causa di esclusione riguarda le società che nei due anni precedenti hanno avuto alle dipendenze un numero di unità lavorative mai inferiore a 10, in tal modo palesando una vitalità che - secondo la legge – è incompatibile con lo status di società non operativa. L’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 9 del 14 febbraio 2008, ha ritenuto che il numero minimo di dipendenti richiesto dalla norma debba sussistere per tutti i giorni compresi nell’arco temporale oggetto di osservazione. Ancorché la disposizione richieda - ai fini dell’esclusione - la verifica del numero minimo dei dipendenti nei “due esercizi precedenti”, è implicito e coerente con la ratio della causa di esclusione ritenere che tale valore debba sussistere anche nell’esercizio per il quale debba effettuarsi il test di operatività. La circolare citata i precisa, inoltre, che tra i dipendenti rientrano i lavoratori subordinati (con contratto a tempo determinato o indeterminato), mentre ne sono esclusi quelli che percepiscono redditi assimilati a quelli da lavoro dipendenti, come i collaboratori a progetto o gli amministratori. 2.3. SOCIETÀ IN STATO DI FALLIMENTO, ASSOGGETTATE A PROCEDURE DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIARIA, DI LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA E IN CONCORDATO PREVENTIVO L’esclusione in esame era stata in parte già individuata in via interpretativa nella circolare n. 25/E del 4 maggio 2007. Inoltre, a livello di prassi, l’agenzia delle entrate aveva ribadito con la risoluzione n. 209 dell’8 agosto 2007, l’esclusione dall’ambito di applicazione delle norme in materia di società di comodo quelle società in liquidazione giudiziaria. La vera novi- MODELLO 730 E UNICO 2012 tà contenuta nella legge n. 244 del 2007 riguarda dunque le società in concordato preventivo 2.4. SOCIETÀ CHE PRESENTANO UN AMMONTARE COMPLESSIVO DEL VALORE DELLA PRODUZIONE SUPERIORE AL TOTALE ATTIVO DELLO STATO PATRIMONIALE L’esclusione trova giustificazione nella necessità di esonerare dal test di operatività le società che esprimono una elevata produttività rispetto al valore dei propri asset. Per avvalersi della esclusione in esame, le società interessate dovranno porre a raffronto, nell’esercizio di riferimento: • il totale del valore della produzione, così come risulta dal raggruppamento A dello schema di conto economico ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile, e • il totale dell’attivo dello schema di stato patrimoniale, ex articolo 2424 del codice civile Per le società in contabilità semplificata, la causa di esclusione in esame deve essere verificata tenendo conto degli stessi elementi e valori richiesti dalla norma, evidenziati in un apposito prospetto economico-patrimoniale redatto sulla base delle risultanze contabili. Va osservato come l’esclusione in esame abbia una finalità chiara che è quella di “premiare” con la esclusione dalla disciplina delle società non operative quelle società con riferimento alle quali sono verificati come profittevoli i rendimenti dei beni iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale. A questo fine, peraltro, i valori da assumere sono quelli di natura civilistica e non quelli fiscali in quanto la norma richiama espressamente le disposizioni del codice civile e non quelle di cui all’articolo 110, comma 1, del TUIR 2.5 SOCIETÀ PARTECIPATE DA ENTI PUBBLICI ALMENO NELLA MISURA DEL 20 PER CENTO DEL CAPITALE SOCIALE La causa di esclusione in esame si fon- da sulla considerazione che la presenza di un “controllo” pubblico possa escludere a priori la natura di comodo della società. Con riguardo a tale ipotesi, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9 del 2008 ha precisato che il requisito della soglia di partecipazione pubblica non inferiore al 20 per cento del capitale, nel caso di raggiungimento di tale valore nel corso dell’esercizio, deve sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta. 2.6. SOCIETÀ CHE RISULTANO CONGRUE E COERENTI AI FINI DEGLI STUDI DI SETTORE L’esclusione ha per oggetto le società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore. Si tratta, dunque, di una tipologia di esclusione che, potenzialmente, appare quella di maggiore interesse già con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 Secondo quanto chiarito dalla circolare dell’agenzia delle entrate n. 9 del 2008, vanno considerate congrue le società che, anche per effetto dell’adeguamento in dichiarazione, dichiarano ricavi di importo non inferiore a quello puntuale di riferimento derivante dalla applicazione Gerico e comprensivo dei maggiori ricavi che si ottengono dalla applicazione degli specifici indicatori di normalità economica. Per quanto riguarda, invece, il requisito della coerenza l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che lo stesso possa considerarsi sussistente solo quando la società risulti correttamente posizionata nei confronti di tutti gli indicatori di coerenza economica applicabili nei suoi confronti. Tali indicatori, diversi dagli indicatori di normalità economica che influenzano i livelli di congruità ai quali si è fatto precedentemente riferimento, sono quelli tradizionalmente presi in considerazione dagli studi di settore. Considerato il dato letterale della disposizione la esclusione, secondo quanto chiarito dall’agenzia delle entrate, non si applica nei confronti delle società alle quali si applicano i parametri, anche qualora le stesse dichiarino ricavi congrui. L’agenzia 9 MODELLO 730 E UNICO 2012 10 delle entrate ha poi fatto presente infine, che la condizione di esclusione in esame deve essere verificata nel solo esercizio di riferimento e non anche nel triennio utilizzato per il calcolo dei ricavi del test di operatività. In relazione a tale causa di esclusione, si deve comunque osservare come una qualche perplessità potrebbe derivare dal fatto che la non coerenza rispetto agli indicatori tradizionali (e non rispetto agli indicatori di normalità economica), rischia di riportare al periodo di imposta 2006 l’applicazione delle norme in materia di società di comodo. Posto che infatti gli indicatori di coerenza non possono essere alterati (pur in presenza di congruità) e considerato che gli stessi hanno di fatto sempre rappresentato, di fatto, un criterio di selezione, il contribuente che si troverà in questa situazione sarà obbligato alla presentazione dell’istanza di interpello. In caso di diniego, inoltre, un eventuale adeguamento non produrrà alcun effetto sulla disciplina della società di comodo con conseguente ed eventuale necessità di procedere ad adeguamento anche al reddito minimo. Una conseguenza negativa, dunque, che potrebbe derivare da una situazione per certi versi identica a quella di società che, in virtù della congruità derivante anche da un adeguamento agli indicatori di normalità, è invece del tutto esclusa dalla disciplina relativa alle società non operative. Va infatti ricordato come la società che non rientri nella causa di esclusione in esame debba, laddove riscontri la propria non operatività: • - richiedere se del caso la disapplicazione della norma mediante apposita istanza di interpello disapplicativa; • - laddove la stessa non sia accolta ed il contribuente provveda all’adeguamento alle risultanze di Gerico ovvero dei parametri, tale adeguamento non produrrà comunque una situazione di operatività; • - l’adeguamento in questione potrebbe essere utile ai fini del superamento del livello di reddito mini- mo ma, laddove tale incremento di ricavi non raggiunga tale obiettivo, dovrà essere effettuato un ulteriore adeguamento al reddito minimo previsto dall’articolo 30 della legge n. 724 del 1994. 3. PERIODO DI NON NORMALE SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ L’amministrazione finanziaria, nell’ambito della circolare n. 5/E del 2 febbraio 2007, ha comunque rinviato, per l’esame delle istanze di disapplicazione, alla valutazione della ricorrenza del periodo di non normale svolgimento dell’attività nelle situazioni già illustrate nella prassi conosciuta in materia di società non operative. Anche considerando ciò appare utile ricordare quanto sostenuto in vigenza della precedente regolamentazione legislativa dalla prassi amministrativa e, in un caso, anche dalla giurisprudenza della Cassazione. La prassi amministrativa nella già citata circolare 48/E del 1997 ha fornito alcune precisazioni relativamente al concetto di periodo anormale di attività ed ha elencato una serie di ipotesi in cui non può considerarsi integrato il requisito della normalità. In particolare, “...va considerato periodo di normale svolgimento dell’attività quello in cui è stata svolta l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale” ed inoltre non è da considerare periodo normale di svolgimento dell’attività: • quello da cui decorre la messa in liquidazione ordinaria ovvero l’inizio delle procedure di liquidazione coatta amministrativa o del fallimento. Ne consegue, quindi, che l’attività svolta in tali periodi non è, infatti, da considerare “normale”, in quanto finalizzata alla definizione dei rapporti della società con i terzi per consentire la ripartizione del patrimonio residuo tra i soci. Va osservato come l’esclusione normativa della causa soggettiva legata al periodo di MODELLO 730 E UNICO 2012 non normale svolgimento dell’attività va a coinvolgere situazioni quali quella di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento nella quale appare evidente come il periodo di attività non possa essere in alcun caso normale. Al contrario il periodo che precede quello in cui ha avuto inizio la liquidazione è considerato normale (e pertanto assoggettato alle regole che presiedono la disciplina delle società non operative) anche se di durata inferiore a quella prevista ordinariamente dall’atto costitutivo. In merito alle operazioni di liquidazione si segnala che ai fini della disciplina delle società non operative la fattispecie in questione si pone in sostanziale contrasto con altre previsioni di legge o di carattere operativo. In particolare: • è noto che ai fini della applicazione degli studi di settore, il periodo di imposta in cui il soggetto è in liquidazione, è considerato a tali fini come periodo di non normale svolgimento dell’attività; • seppure in relazione ad altra fattispecie, appare opportuno richiamare quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate in materia di participation exemption e cessione di una partecipazione di società in liquidazione. E’ noto che uno dei requisiti per la utile applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 87 del Tuir, è quella prevista dal comma 1, lettera d) in base al quale deve esservi l” esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio d’impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l’attività agricola”. Tale requisito, a norma del comma 2, deve sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso. In relazione a tale problematica, con particolare riferimento alla posizione delle società in liquidazione, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 10 /E del 16 marzo 2005 ha precisato come il requisito prima evidenziato deve essere verificato non con riferimento al momento del realizzo della partecipazione, ma con riferimento all’inizio della fase di liquidazione della società partecipata. Pertanto, seppure con riferimento ad altra finalità, è la stessa amministrazione finanziaria a riconoscere che la commercialità non può essere aspetto significativo in relazione ad una società in liquidazione che, dunque, in linea di principio non appare nella condizione di produrre un ammontare minimo di ricavi previsto dalla norma. Per quel che concerne il caso di revoca della liquidazione, invece, il Ministero delle Finanze, nella precedente circolare 140/E del 1995, ebbe a precisare che l’esclusione dall’applicazione della disciplina sulle società non operative non avrebbe dovuto operare “...relativamente a tutti i periodi d’imposta interessati dallo scioglimento medesimo...”; ad analoga conclusione pervenne anche con riferimento all’ipotesi di periodi di liquidazione superiori ai 5 anni. • quelli successivi al primo periodo d’imposta, qualora la società, negli stessi periodi, non abbia ancora avviato l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale perché: - la costruzione dell’impianto da utilizzare per lo svolgimento dell’attività si è protratta oltre 11 MODELLO 730 E UNICO 2012 12 il primo periodo d’imposta, per cause non dipendenti dalla volontà dell’imprenditore; - non sono state concesse le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell’attività, a condizione che le stesse siano state tempestivamente richieste; - viene svolta esclusivamente un’attività di ricerca propedeutica allo svolgimento di altra attività produttiva di beni e servizi, semprechè l’attività di ricerca non consenta di per se la produzione di beni e servizi e quindi la realizzazione di proventi. Di contro, è stato specificato che deve considerarsi periodo normale di attività: • quello relativo ad un esercizio di durata inferiore a quella stabilita dall’atto costitutivo a causa di intervenute modifiche che determinano l’interruzione della durata dell’esercizio medesimo, senza comunque incidere sul tipo di attività svolta, come, per esempio, nei casi di fusione, scissione e trasformazione; • quello in cui la società ha affittato o concesso in usufrutto l’unica azienda posseduta (a differenza di quanto previsto in materia di studi di settore con riferimento ai quali anche tale seconda ipotesi genera periodo di non normale svolgimento dell’attività). La circolare n. 5/E dell’Agenzia delle Entrate aveva previsto l’applicabilità della normativa in commento (anche) alle società in stato di fallimento e liquidazione coatta amministrativa; situazioni che, come appena ricordato, davano luogo, per definizione, a svolgimenti “anormali” dell’attività aziendale. Nella successiva circolare n. 14/E del 15 marzo l’Agenzia delle Entrate ha opportunamente rivisto la sua posizione, affermando che, “al pari dei soggetti in amministrazione straordinaria, esclusi espressamente dall’ambito di applicazione della disciplina delle società non operative ai sensi dell’articolo 30, comma 1, ultimo periodo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724…. anche le società in stato di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa possono ritenersi esonerate dall’onere di presentare l’istanza di disapplicazione. In considerazione del loro status e delle speciali regole dettate dall’articolo 183 del TUIR per la determinazione del loro reddito, può infatti ritenersi – in deroga alle indicazioni fornite con circolare n. 5 del 2007 – che nei confronti dei predetti soggetti non trovi applicazione la disciplina di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994”. Con la circolare n. 25/E del 2007 l’Agenzia ha poi ulteriormente esteso la sua interpretazione, coinvolgendo nell’ambito della causa di esclusione automatica anche “le società interessate da procedure di liquidazione giudiziaria”. Continuano ad essere, invece, incluse nell’ambito di potenziale applicazione della disciplina sulle società non operative le società in stato di liquidazione volontaria nonché quelle ammesse alla procedura di concordato preventivo per le quali, dunque, come vedremo, risulta necessario provare in positivo l’impossibilità del conseguimento dei livelli minimi di ricavi e reddito presunti. Sul punto, peraltro, si rinvia da un lato a quanto osservato in merito alle cause di esclusione previste a far data dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 nonché a quanto verrà successivamente esaminato 4. L’USCITA DALLA DISCIPLINA DELLE SOCIETÀ NON OPERATIVE: LA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA DI INTERPELLO DISAPPLICATIVA I contribuenti possono sottoporre all’attenzione dell’Agenzia delle entrate, attraverso la procedura di interpello, la verifica delle circostanze per le quali si intende fornire prova contraria per disapplicare la disciplina in questione. In tale ambito può essere ricondotta anche la causa di esclusione collegata alla esistenza di un periodo non normale di attività”. In conclusione, quindi: • ai fini dell’uscita dalle disposizio- MODELLO 730 E UNICO 2012 ni normative in materia di società di comodo, diviene necessario, con le eccezioni che saranno esaminate di seguito, la presentazione di una istanza di disapplicazione della norma; • l’istanza in questione dovrà essere supportata dalla dimostrazione della circostanza oggettiva che non ha consentito il superamento del test di operatività; • nel concetto di circostanza oggettiva rientra anche il caso di non normale svolgimento dell’attività 5. LA DISAPPLICAZIONE AUTOMATICA DELLA NORMA SENZA LA NECESSITÀ DI PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA DI INTERPELLO Come precedentemente accennato, la legge n. 244 del 2007 ha introdotto nell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994, un nuovo comma 4 ter in base al quale si rinviava ad un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione di situazioni oggettive già regolate per legge che, in fatto, consentono la disapplicazione della norma in materia di società di comodo senza la necessità di presentazione dell’istanza di interpello disapplicativa. Quindi, a far data dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007: • sono ampliate le ipotesi di esclusione; • vengono individuate alcune ipotesi che non necessitano di presentazione di istanza di disapplicazione. Il provvedimento in questione è il n. 23681 del 14 febbraio 2008 oggetto di commento ad opera della circolare n. 9 del 14 febbraio 2008. L’individuazione di ipotesi che non obbligano alla presentazione di istanza di interpello, in quanto ipotesi di disapplicazione automatica della disciplina delle società di comodo che operano a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 sono state così individuate: 1) società in stato di liquidazione, cui non risulti applicabile la disciplina dello scioglimento o trasformazione agevolata di cui al comma 129 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che con impegno assunto in dichiarazione dei redditi richiedono la cancellazione dal registro delle imprese a norma degli articoli 2312 e 2495 del codice civile entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi successiva; la disapplicazione opera con riferimento al periodo di imposta in corso alla data di assunzione del predetto impegno, a quello precedente e al successivo, ovvero con riferimento all’unico periodo di imposta di cui all’articolo 182, commi 2 e 3, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni ed integrazioni Come chiarito dalla circolare n. 9 del 2008, le società in liquidazione che manifestano nella dichiarazione dei redditi la volontà di porre termine alla procedura di liquidazione e di cancellarsi dal registro imprese entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva a quella in cui hanno assunto l’impegno in tal senso, sono esonerate dall’onere di presentare istanza di interpello e, conseguentemente, possono disapplicare la disciplina delle società non operative. La ratio della disposizione risiede nella volontà di favorire le predette società, esonerandole dall’applicazione della disciplina delle società non operative in considerazione del loro particolare status, subordinatamente, tuttavia, all’assunzione, da parte delle stesse, del preciso impegno di estinguersi entro un determinato lasso temporale, circostanza che comproverebbe l’effettività della procedura liquidatoria. A titolo esemplificativo, la circolare ipotizza il caso in cui l’assemblea dei soci abbia deliberato la messa in liquidazione di una società in data 13 aprile 2003 e che pertanto, come si dirà in appresso, non può accedere alla disciplina dello scioglimento agevolato. La stessa società, che ha l’esercizio coincidente con l’anno solare, assume il suddetto impegno nella dichiarazione dei redditi Unico 2008, 13 MODELLO 730 E UNICO 2012 14 ottenendo la disapplicazione automatica dalla disciplina in esame, per il periodo d’imposta precedente (2007), per il periodo d’imposta in corso alla data in cui ha assunto l’impegno (2008) e per il periodo d’imposta successivo (che si chiude alla data, non successiva al 31 luglio 2009, di cancellazione dal registro delle imprese). Resta fermo, infatti, l’obbligo per tale società di chiedere la cancellazione al registro imprese, entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi Unico 2009. Nella ipotesi negativa, si ripristina l’obbligo di assoggettarsi alla disciplina delle società non operative fin dal periodo d’imposta 2007. La scelta del provvedimento è stata dunque quella di non ancorare la disapplicazione automatica della norma alla durata della procedura di liquidazione secondo le disposizioni di cui all’articolo 182 del TUIR ma di consentire la disapplicazione automatica a fronte della impossibilità di accedere alla procedura di scioglimento agevolato ovvero di trasformazione in società semplice. In linea di principio è questa una scelta che potrebbe privilegiare le liquidazioni in essere da più tempo ovvero quelle procedure liquidatorie che si sono aperte tra il 1 giugno 2007 ed il 31 dicembre 2007 che non rientrano né nelle disposizioni di cui alla legge n. 296 del 2006 che nelle disposizioni di cui alla legge n. 244 del 2007. Tale indicazione vale anche in relazione a posizioni soggettive che, indipendentemente dalla apertura della procedura di liquidazione, non consentono di accedere alla liquidazione agevolata ovvero alla trasformazione in società semplice (si pensi alla società non partecipata da sole persone fisiche o società semplici) 2) società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria e di liquidazione coatta amministrativa; società in concordato preventivo e in amministrazione straordinaria. La disapplicazione opera con riferimento ai periodi d’imposta precedenti all’inizio delle predette procedure, i cui termini di presentazione delle dichiarazioni dei redditi scadono successivamente all’inizio delle procedure medesime. La precisazione contenuta nel provvedimento è importante in quanto si abbina l’ipotesi di esclusione in costanza di procedura con la disapplicazione automatica in relazione al periodo precedente a quello di apertura della procedura 3) società sottoposte a sequestro penale o a confisca ai sensi degli articoli 2-sexies e 2-nonies della legge 31 maggio 1965 n. 575, nonché altri casi in cui il Tribunale in sede civile abbia disposto la nomina di un amministratore giudiziario, con riferimento al periodo di imposta nel corso del quale è emesso il relativo provvedimento di nomina dell’amministratore giudiziario ed ai successivi periodi di imposta nei quali permane l’amministrazione giudiziaria. 4) società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in locazione ad enti pubblici ovvero locati a canone vincolato in base alla legge 9 dicembre 1998 n. 431 o ad altre leggi regionali o statali. La disapplicazione opera limitatamente ai predetti immobili 5) società che detengono partecipazioni in: 1) società considerate non di comodo ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994; 2) società escluse dall’applicazione della disciplina di cui all’articolo 30 anche in conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione; 3) società collegate residenti all’estero cui si applica il regime dell’articolo 168 del TUIR. La disapplicazione opera limitatamente alle predette partecipazioni 6) società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in relazione ad un precedente periodo di imposta sulla base di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza che non hanno subito modificazioni nei periodi di imposta successivi. La disapplicazione opera limitatamente alle predette circostanze oggettive. Come chiarito nella circolare n. 9 del 2008, nelle ipotesi di cui ai numeri 4, 5 e 6, sono individuate determinate fattispecie di “disapplicazione parziale”, in pre- MODELLO 730 E UNICO 2012 senza delle quali il contribuente è esonerato dall’applicazione della disciplina in commento, limitatamente alle fattispecie medesime. Infatti, al verificarsi di una o più delle fattispecie suddette è consentito al contribuente di non tenere conto dei relativi asset in sede di determinazione del test di operatività e di calcolo del reddito minimo presunto. Più in particolare, sarà cura del contribuente, “neutralizzare”, l’effetto delle predette fattispecie, non applicando i coefficienti di reddittività sul valore degli asset interessati dalla disapplicazione né considerando gli eventuali ricavi iscritti a conto economico e direttamente correlabili agli asset medesimi. In relazione ad eventuali altri asset, il contribuente sarà assoggettato comunque alla disciplina di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994, ivi inclusa la possibilità di presentare apposita istanza di disapplicazione qualora ricorrano situazioni oggettive che abbiano reso impossibile il conseguimento dei ricavi e del reddito minimo previsto dalla normativa. Inoltre, il provvedimento include tra le situazioni oggettive che consentono la disapplicazione della disciplina sulle società non operative, senza necessità di presentare istanza al Direttore regionale, le medesime cause di esclusione indicate all’articolo 1, comma 128, lettere b) e c), della legge finanziaria 2008. Detta inclusione vale ad estendere alle nuove cause di esclusione le medesime disposizioni procedurali indicate dall’articolo 30, comma 4-ter, con la conseguenza che tutte le esaminate situazioni oggettive, siano esse previste dalla norma ovvero individuate con il provvedimento in esame, rilevano anche per il periodo d’imposta in corso al 31dicembre 2007, senza necessità di proporre istanza di interpello. In altri termini, le fattispecie per i periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007, costituiscono, come cause di esclusione dalla disciplina delle società non operative, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 si qualificano come situazioni oggettive al ricorrere delle quali i contribuenti sono esone- rati dall’obbligo di presentazione dell’apposita istanza ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del DPR n. 600 del 1973. In sostanza, le nuove cause di esclusione, limitatamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, sono considerate ipotesi di disapplicazione automatica senza la necessità di presentazione dell’istanza di interpello. L’effetto pratico delle novità normative e di quanto richiamato nel provvedimento sarà quello della riduzione delle istanze di interpello disapplicativo che, nel corso del 2007 avevano assunto una numerosità rilevantissima. Alcune ipotesi del provvedimento, in particolare, appaiono suscettibili di far diminuire fortemente il numero delle istanze. La prima di queste è la circostanza di avere ottenuto, per i periodi di imposta precedenti sulla base di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza e che non hanno subito modificazioni nei periodi di imposta successivi. Potrebbe essere questo il caso della società immobiliare che, avendo provveduto a dimostrare la congruità rispetto al mercato dei canoni di locazione praticati e non avendo comunque raggiunto la soglia di operatività, ha comunque ottenuto la disapplicazione della norma in questione. Per il periodo di imposta 2007, persistendo la situazione in questione, non sarà obbligata alla riproposizione dell’istanza di interpello ma sarà sufficiente quella dell’anno precedente. In linea di principio, tale previsione, che appare del tutto condivisibile, potrebbe far ipotizzare possibili “abusi” al fine di non rappresentare una situazione che potrebbe essere mutata rispetto agli anni precedenti, anche in considerazione del fatto che a partire dal periodo di imposta 2007 entrano in vigore a tutti gli effetti le novità in materia di applicazione delle norme sulle società di comodo ai fini IRAP. Al momento, però, una tale situazione non è rappresentabile in sede di modello Unico, dove trovano spazio esclusivamente le esclusioni regolate dalla legge n. 244 del 2007 che si aggiungono a quelle già esistenti per il periodo di imposta 2006. 15 MODELLO 730 E UNICO 2012 16 Una situazione più delicata appare quella della società che, con riferimento al periodo di imposta 2006, ha dimostrato che, per cause non soggettive, non ha potuto raggiungere i ricavi minimi in virtù, ad esempio, della mancata locazione. Appare evidente che la situazione di specie si configuri differente dal caso precedente in quanto ancorata alla necessità, ad esempio, di produrre dimostrazione ulteriore in merito al fatto di avere rinnovato l’impegno a locare l’immobile ma senza risultato. Poiché il provvedimento disciplina una possibilità e non un obbligo non è dunque da escludere che, quantomeno in via cautelativa, alcuni contribuenti possano decidere di formulare, anche per il 2007, l’istanza di disapplicazione. Più in generale, si deve in qualche modo immaginare una soluzione per quelle società che, nonostante le indicazioni del provvedimento, decidano comunque in via cautelativa di ripresentare l’istanza nonostante ricorrano le condizioni del predetto provvedimento. In linea di principio, si potrebbe arrivare a sostenere che si tratti di istanze inammissibili anche se tale soluzione potrebbe non essere del tutto convincente. Soprattutto in relazione ad ipotesi come quelle della liquidazione con riferimento alla quale è solo il momento dichiarativo che attesta l’impegno alla chiusura della procedura stessa. 6. LA CASISTICA Devono essere ora riepilogate, alla luce delle circolari emanate dall’amministrazione finanziaria nel corso del 2007, quelle situazioni nelle quali le istanze di disapplicazione possono essere accolte, totalmente o parzialmente, in relazione alla specifica connotazione soggettiva od oggettiva del contribuente 6.1. SOCIETÀ IN LIQUIDAZIONE La circolare n. 5 del 2007 aveva fatto presente come se la liquidazione è indubbiamente una situazione oggettivamente valutabile ai fini della disapplicazione, la circolare rammenta come la procedura in questione non sia però di per sé elemento sufficiente. Infatti, l’istanza di disapplicazione potrebbe non essere accolta in l’assenza di adeguate iniziative volte a perseguire il realizzo del patrimonio aziendale ovvero in presenza di eventi non rispondenti alle finalità proprie della liquidazione quali, ad esempio, il godimento a titolo personale, da parte dei soci o dei loro familiari, dei beni sociali. Pertanto, l’impresa in liquidazione dovrà produrre ogni tipologia di documentazione utile a sostenere l’effettività del proprio stato di liquidazione, nonché ogni informazione idonea a dimostrare l’inequivocabile intenzione di portare a compimento tale procedura. A titolo esemplificativo, il soggetto interessato potrà allegare all’istanza quanto segue: • con riferimento alle società di persone, “l’inventario dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale” di cui all’articolo 2277, comma 2, del codice civile ed “il conto della gestione relativo al periodo successivo all’ultimo rendiconto” di cui al comma 1 del medesimo articolo; • relativamente alle società di capitali, la “situazione dei conti alla data di effetto dello scioglimento” ed il “rendiconto sulla gestione relativo al periodo successivo all’ultimo bilancio approvato” indicati nell’articolo 2487-bis, comma 3, del codice civile, nonché i bilanci intermedi di liquidazione redatti ai sensi dell’articolo 2490 del codice civile; • con riguardo alla fase conclusiva dell’operazione straordinaria di cui è questione, il bilancio finale di liquidazione ed il piano di riparto prescritti per le società di persone dall’articolo 2311 del codice civile ed il bilancio finale di liquidazione previsto per le società di capitali dall’articolo 2492 del codice civile; • l’indicazione sommaria delle strategie, dell’andamento, delle prospettive reddituali e temporali della liquidazio- MODELLO 730 E UNICO 2012 ne, con l’evidenziazione delle principali cessioni effettuate e delle difficoltà che ostano alla proficua realizzazione del procedimento liquidatorio; • eventuali contratti stipulati con agenzie immobiliari o altri intermediari per la vendita dei beni; • eventuali accordi preliminari conclusi con potenziali acquirenti dei beni sociali; • la descrizione dell’utilizzo che viene fatto dei cespiti patrimoniali in corso di liquidazione. Ulteriori ipotesi in merito alle possibilità di accoglimento delle istanze formulate dalle società in liquidazione sono contenute nella circolare n. 44 del 2007: 1. Una società in stato di liquidazione dal 2003 ha depositato presso il registro delle imprese, nel febbraio del 2007, un progetto di fusione per incorporazione con la propria controllante. Tale situazione non è di per se sufficiente a riconoscere l’esistenza dei presupposti per ottenere la disapplicazione della normativa. 2. Una società in nome collettivo, esercente attività immobiliare, era partecipata da due soci persone fisiche. Nel 1991, si verifica il decesso di uno dei soci e non viene ricostituita la pluralità dei soci nel termine di sei mesi. La società, pertanto, viene sciolta e posta in liquidazione giudiziaria, ai sensi dell’articolo 2272 del codice civile. La mancata ricostituzione della compagine sociale, oltre alla procedura di liquidazione, ha comportato il sorgere di un debito nei confronti degli eredi del socio defunto, creditori del valore della quota spettante allo stesso. Tra gli eredi del socio vi è il coniuge dichiarato fallito. Nel marzo 2005, il Tribunale, in sostituzione del precedente liquidatore dimissionario, nominava un nuovo liquidatore giudiziario della società. Considerato che la liquidazione giudiziaria è allo stato “bloccata” a causa dei tempi necessari all’accettazione di un accordo, in ordine alla quantificazione della quota spettante agli eredi, da parte della procedura fallimentare relativa al fallimento del coniuge del socio defunto, si ritiene sussistente una oggettiva situazione rilevante ai fini della disapplicazione della normativa. 3. Una società è proprietaria di una unità immobiliare ad uso ufficio, affittata dal 30 ottobre 1990 al 31 luglio 2003 ad una università, che ha rinunciato alla locazione con decorrenza 1° agosto 2003. La società ha dato, quindi, incarico ad una primaria società specializzata nel settore delle locazioni e della compravendita immobiliare, di trovare un nuovo inquilino senza successo. La società si è messa in liquidazione volontaria e, nel frattempo, ha continuato ad affidare ad intermediari immobiliari l’incarico di ricerca di un nuovo inquilino. Considerando che la stessa sembra voler continuare a porre in essere atti di gestione tipici dell’attività ordinaria (l’oggetto dell’attività è rappresentato dalla locazione di beni immobili), anziché procedere alla sua effettiva liquidazione, non pare sussistere una situazione di carattere oggettiva tale da rendere disapplicabile la normativa. Più in generale va osservato come, in virtù delle modifiche intervenute con la legge n. 244 del 2007, è possibile che siano di maggiore frequenza le ipotesi nelle quali non si rivelerà necessaria la presentazione di una istanza di disapplicazione da parte delle società in liquidazione. 6.2. SOCIETÀ HOLDING In relazione a tali società, la circolare n. 5 del 2007 aveva condiviso l’approccio in base al quale l’accoglimento di una istanza di interpello può essere motivato anche in base alla dimostrazione che la società non può in concreto procedere alla gestione della politica di distribuzione dei dividendi da parte delle società partecipate. 17 MODELLO 730 E UNICO 2012 18 Più in generale, la circolare sottolinea come l’indagine sulla operatività può essere trasferita in capo alle società partecipate, così che l’istanza di disapplicazione, ove accolta con riferimento alle società partecipate, potrà normalmente motivare l’accoglimento anche dell’istanza presentata dalla holding. Al riguardo, nell’ambito delle innumerevoli e differenti “oggettive situazioni” che possano interessare le società “non operative”, di seguito se ne individuano alcune che, a titolo meramente esemplificativo, potrebbero giustificare il riscontro positivo dell’istanza: • società partecipate con riserve di utili non sufficienti, in caso di integrale distribuzione, a consentire alla holding di superare il test di operatività. Inoltre la circolare 25/E ha anche affermato che costituisce circostanza utile ai fini dell’accoglimento dell’istanza il fatto che la società partecipata pur possedendo riserve tali, in ipotesi di distribuzioni, da permettere il raggiungimento dei livelli minimi di ricavi, non abbia proceduto alla distribuzione “in attuazione di un piano di autofinanziamento finalizzato al concreto rafforzamento dell’attività produttiva, semprechè sia dimostrato che l’utile sia stato (o sarà) effettivamente investito”; • mancata distribuzione di dividendi da parte delle partecipate dovuta alla necessità di coprire con le riserve di utili esistenti le perdite conseguite; • società partecipate che si trovano in fase di avvio dell’attività; • società partecipate che operano in settori in crisi; • società costituite quali special purpose vehicle (SPV), che dimostrano di dover necessariamente impiegare i proventi conseguiti dalla società target per il rimborso dei debiti contratti per l’acquisto della target stessa • nella circolare n. 25/E è stato soste- nuto che “non è possibile procedere all’emanazione del provvedimento disapplicativo a beneficio di una holding qualora sia stata rigettata l’istanza presentata da una (o più) delle società da essa partecipate”. Tale affermazione parrebbe configurare, come sostenuto da Assonime nella sua circolare 43 del 2007, “un sorta di effetto osmotico della non operatività la quale, dopo aver colpito la società partecipata, attrarrebbe inevitabilmente anche la partecipante alla medesima condizione. Tale effetto suscita, tuttavia, diverse perplessità. Parrebbe logico ritenere, infatti, che la holding interessata possa comunque produrre le proprie autonome argomentazioni a favore della disapplicazione senza restare, dunque, del tutto soggetta agli esiti delle istanze presentate dalle proprie partecipate”. Deve essere osservato come né la circolare n. 5/E né la successiva circolare 11/E facciano riferimento esplicito all’ipotesi in cui la società holding non sia in grado di orientare la politica di distribuzione dei dividendi in quanto non in possesso della maggioranza assembleare dei voti utile ad orientare in tal senso la scelta. Si deve comunque ritenere che tale ipotesi, debitamente analizzata, possa comunque condurre all’accoglimento dell’istanza di disapplicazione. La successiva circolare n. 44 del 2007 ha inoltre affrontato ulteriori ipotesi: 1. Si è escluso che una holding assicurativa, in quanto iscritta obbligatoriamente tra gli intermediari finanziari ai sensi dell’art. 113 del Testo Unico Bancario, possa essere esclusa dalla normativa in oggetto in quanto per tali soggetti non è richiesta alcuna specifica forma societaria, né una misura minima di capitale sociale. 2. Una società per azioni unipersonale detiene, come unico asset, una partecipazione in una società di diritto estero, senza stabile organizzazione MODELLO 730 E UNICO 2012 in Italia, a sua volta titolare di una sola partecipazione in una società operativa di diritto italiano. La situazione di fatto (titolarità di una partecipazione in una società di certo esclusa, ad eccezione dall’ipotesi di esterovestizione, dalla normativa sulle società di comodo) non è di per sè sufficiente a consentire la disapplicazione della normativa. 3. Una società svolge attività di amministrazione di imprese e possiede, come unico asset, una partecipazione di controllo in una società amministrata esercente attività industriale. La società controllata non dispone di utili distribuibili. L’ultimo esercizio ha infatti registrato una diminuzione dei ricavi per diversi milioni di euro e si è chiuso in perdita. La stessa società partecipata, inoltre, non dispone di riserve liberamente distribuibili (è iscritta in bilancio una riserva in sospensione d’imposta). In questo caso la normativa è stata ritenuta disapplicabile. 4. Una società in accomandita semplice, a ristretta base proprietaria, svolge l'attività, non nei confronti del pubblico, di assunzione di partecipazioni in altre società, a scopo di stabile investimento, e possiede da sempre, come unico asset, la nuda proprietà di una partecipazione in una società per azioni. Gli usufruttuari sono i soci persone fisiche della medesima società. i quest’ultima, usufruttuari delle azioni). Considerato che l'usufrutto delle partecipazioni sopra citate appartiene ai soci persone fisiche della società holding, è stato ritenuto che le stesse non possano essere escluse dagli asset rilevanti ai fini del test di operatività. 6.3. SOCIETÀ IMMOBILIARI Per effetto dei meccanismi di funzionamento delle norme in materia di società non operative, appare evidente come le società immobiliari siano tra i soggetti mag- giormente interessati dalla norma stessa. E’ noto, infatti, come il calcolo dei ricavi presunti verta essenzialmente sulle immobilizzazioni e, tra queste, in particolare sugli immobili La circolare n. 5 del 2007 ha analizzato una serie di ipotesi: 1. la società immobiliare ha iscritte in bilancio esclusivamente immobilizzazioni in corso di realizzazione, da destinare successivamente alla locazione ma, ovviamente, non suscettibili, al momento, di produrre un reddito, ancorché minimo. La predetta società non è di comodo in quanto come precisato nella circolare n. 48 del 26 febbraio 1997, par. 2.1 n. 3, vanno comunque escluse dalle immobilizzazioni sia materiali che immateriali quelle “in corso” che si trovino in una fase non idonea a produrre alcun tipo di provento. In presenza di immobili già locati ed altri in corso di realizzo, si potrebbe, altresì, limitatamente a questi ultimi, giungere alla loro parziale esclusione (tramite una disapplicazione parziale) dal “test di operatività” e dal calcolo del reddito minimo presunto. Come chiarito anche dalla circolare n. 25 del 2007 è riconosciuta la possibilità di invocare le situazioni oggettive solo con riguardo ad alcuni asset che potranno così essere neutralizzati in sede di calcolo dell’operatività e del reddito minimo presunto; 2. dimostrata impossibilità, per la società immobiliare di praticare canoni di locazione sufficienti per superare il “test di operatività” ovvero per conseguire un reddito effettivo superiore a quello minimo presunto. Ciò si verifica, ad esempio, nei casi in cui i canoni dichiarati siano almeno pari a quelli di mercato, determinati ai sensi dell’articolo 9 del TUIR; 3. dimostrata impossibilità di modificare i contratti di locazione in corso. Tale indicazione suscita una qualche perplessità in quanto appare estremamente difficoltosa in termini pra- 19 MODELLO 730 E UNICO 2012 20 tici in virtù della volontà contrattuale espressa dalle parti; 4. temporanea inagibilità dell’immobile. In forza di tali chiarimenti l’Agenzia è dunque intervenuta a limitare l’applicazione della disciplina delle società non operative nei confronti delle società immobiliari da un lato riconoscendo valenza ai valori di mercato e dall’altro riconoscendo i vincoli propri della disciplina civilistica dei rapporti locativi. Con riguardo all’ultimo punto l’interpretazione della circolare n. 5/E consente, previo interpello, la disapplicazione della disciplina delle società non operative nei confronti delle società che dimostrino di aver pattuito, nel contesto di rapporti locativi già in corso, canoni la cui entità non sia sufficiente a raggiungere le soglie di proventi e reddito minimi individuate dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, e ciò a prescindere dall’allineamento di tali canoni agli attuali valori di mercato. Peraltro, nell’ambito della circolare n. 44 del 2007 sono state formulate ulteriori ipotesi: 5. Una società acquisisce un complesso immobiliare per adibirlo ad attività commerciale. La stessa provvede a realizzare i necessari lavori di ristrutturazione che però sono effettuati solo su alcune delle strutture immobiliari di proprietà rinviando al futuro prossimo gli interventi di manutenzione e ristrutturazione relativi alle restanti strutture. In tal caso si è ritenuto che i beni immobili non produttivi di reddito, in quanto inagibili e non ancora ristrutturati, non debbano essere presi in considerazione per la determinazione dei ricavi presunti. L’accoglimento è fatto discendere dal fatto che il progetto di ristrutturazione dell’intero complesso, tuttora in corso, non ha ancora interessato gli immobili inutilizzabili. Anche se non esplicitamente pare di intendere che l’esclusione è concessa solo in quanto gli immobili pur se non ristrutturati sono già 6. 7. 8. 9. interessati da un progetto di ristrutturazione in atto. Una legge regionale ha previsto un blocco edificatorio per i terreni rientranti in un Piano attuativo comunale in forza del quale una società si era impegnata alla realizzazione di alcune strutture ricettive, provvedendo ad ottenere tutte le autorizzazioni necessarie alla realizzazione del complesso turistico. Da ciò ne è scaturita una non operatività della società. In tal caso si è ritenuto che la mancanza delle “necessarie autorizzazioni amministrative” ovvero della concessione edilizia da parte del Comune, considerando che tale situazione ha reso impossibile l’inizio dei lavori per la realizzazione delle strutture ricettive previste dal Piano attuativo possa realizzare una “situazione oggettiva” determinante ai fini della disapplicazione della disciplina Una società concede in locazione l’unico immobile di proprietà ad un soggetto pubblico. Il contratto è stato stipulato nel 1993 e la durata dello stesso è stabilita in sei anni, tacitamente rinnovabili alle stesse condizioni di sei anni in sei anni. L’entità del canone di locazione venne determinato sulla base del parere di congruità espresso dall’UTE competente, e rifletteva saggi di redditività lordi inferiori a quelli oggi previsti. Considerando che la congruità del canone all’epoca pattuito è desumibile dalla valutazione obbligatoria di un organo tecnico dell’Amministrazione finanziaria si ritiene disapplicabile la normativa. Una Srl possiede da diversi anni unicamente un terreno agricolo che non viene coltivato in quanto i tre soci (fratelli) sono occupati da sempre a tempo pieno in altre attività. In tal caso non si riconosce la possibilità di disapplicazione. Una società possiede un immobile interessato da contratto di locazione MODELLO 730 E UNICO 2012 in corso alla data di acquisto. Il relativo canone di locazione è inferiore a quello di mercato e non può essere adeguato prima della scadenza del contratto, per iniziativa dell’acquirente subentrato nel contratto medesimo. Non avendo la società, subentrando nel contratto di locazione in corso, potuto influenzare il relativo contenuto, si riconosce la disapplicazione della normativa. 10. Nel 2006 la società non ha superato il test di operatività a causa dell’insufficienza dei canoni di locazione previsti in un contratto stipulato nel 2002. In tal caso la disapplicazione è concessa solo dimostrando che il canone pattuito nell’anno 2002 era almeno pari al canone di mercato riferito al medesimo anno. 11. Una società immobiliare è proprietaria di un unico immobile commerciale, locato da diversi anni allo stesso soggetto. Nel gennaio 2006, il contratto è stato rinnovato incrementando il canone di locazione ai nuovi valori di mercato. La zona in cui è situato l’immobile, infatti, ha subito un notevole apprezzamento a causa dell’apertura di un vicino centro commerciale. Nel 2006 la società non riesce a superare il test di operatività risultando, pertanto, non operativa. La stessa effettuando il calcolo della media dei ricavi effettivi relativi all’esercizio 2006 e ai due precedenti perviene ad un valore inferiore ai ricavi presunti in quanto la media triennale è influenzata dai canoni di locazione del vecchio contratto. Si ritiene che la disciplina di cui all’articolo 30, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, possa essere disapplicata limitatamente all’immobile in questione alla condizione che i canoni previsti nel vecchio contratto fossero non inferiori ai canoni di mercato riferiti alla data di stipula del medesimo contratto. In tal caso, il contribuente potrà rideterminare il test di operatività senza considerare, nel computo dei ricavi effettivi, i canoni contabilizzati per gli anni 2004 e 2005 e confrontando l’ammontare dei ricavi presuntivi non con la media triennale dei ricavi effettivi, ma con l’ammontare dei canoni di locazione riferiti al medesimo immobile per l’anno 2006. 12. Una società immobiliare non ha superato il test di operatività, in quanto i contratti di locazione in corso prevedono un canone inferiore ai valori di mercato. Sia la predetta società sia la società locatrice degli immobili presentano la medesima compagine societaria, in quanto derivanti da una operazione di scissione del ramo immobiliare e successiva locazione degli immobili a favore della scissa. In tal caso non si ritiene possibile la disapplicazione posto che non sembra ravvisabile una oggettiva impossibilità di modificare i contratti medesimi – considerata la coincidenza tra le compagini sociali delle due società coinvolte nel contratto di locazione. 13. Una società esercita attività di compravendita di terreni edificabili ed è proprietaria di una serie di terreni posti in prossimità del centro cittadino, con ampia vista sul mare. In base ad una legge regionale, è richiesta, ai fini dell’edificabilità dei suddetti terreni, l’esistenza di un Piano Strutturale e di un Regolamento Urbanistico: allo stato attuale, l’autorità competente in materia (il Comune) ha approvato il primo, ma non il secondo. La situazione in esame può costituire una “situazione oggettiva” determinante ai fini della disapplicazione della disciplina sulle società non operative a patto che la società stessa abbia acquistato i suddetti terreni prima dell’entrata in vigore della legge regionale. Nel caso contrario in cui la società la situazione parrebbe da ricondurre ad una consapevole scelta imprenditoriale (e quindi ad una situazione “sogget- 21 MODELLO 730 E UNICO 2012 tiva” e non “oggettiva”), tale, di per sé, da non giustificare l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione 6.4. LE ULTERIORI IPOTESI TRATTATE DALLA CIRCOLARE N. 44 DEL 2007 22 Con particolare riferimento al contenuto della circolare n. 44 del 2007, va osservato come l’amministrazione finanziaria ha analizzato altre casistiche che comportano la possibilità o meno di accoglimento dell’istanza di disapplicazione ovvero in relazione ad altri aspetti legati alla applicazione della norma in esame: 1. Nel caso in cui una società abbia ceduto nel corso del precedente periodo d’imposta l’unica azienda a fronte del pagamento dilazionato del corrispettivo, pattuito mediante cambiali poiché il credito derivante dalla cessione dell’unica azienda non ha natura finanziaria, il relativo ammontare non rileva nella base di computo al fine dell’effettuazione del test di operatività. 2. Ai fini dell’effettuazione del test di operatività e della determinazione del reddito minimo, i coefficienti previsti dalla norma si applicano, fino al 2007, sul valore non rivalutato dei beni d’impresa e delle partecipazioni, mentre solo dal 2008 sarà rilevante il maggior valore derivante dalla efficacia fiscale della rivalutazione. 3. Una società è stata costituita nel 2005 con la finalità di esercitare l’attività di ristorazione su un battello navigante lungo un fiume. Nell’anno 2006 la società non ha potuto avviare l’attività poiché l’imbarcazione quale mezzo strumentale indispensabile all’esercizio dell’attività, è stata varata nel corso di tale esercizio (16 maggio 2006) ed inoltre, la società ha ottenuto la licenza di navigazione dalla capitaneria di porto solamente il 18 novembre 2006. Nel caso prospettato, si ritiene che costituisca valida circostanza esimente il fat- to che, nonostante gli investimenti effettuati, l’attività della società sia stata di fatto impedita dalla inutilizzabilità del battello, per il quale la licenza di navigazione è stata ottenuta solo alla fine dell’anno 2006. 4. Una società è in attesa di ricevere contributi pubblici in base ad un Piano Operativo Regionale (POR) che stabilisce l’impiego dei fondi strutturali dell’Unione Europea. In attesa della erogazione di tali fondi, la società ritiene di non poter conseguire i ricavi minimi. In tale ipotesi si ritiene possibile la disapplicazione della disciplina in esame qualora sia dimostrato che la mancata erogazione dei finanziamenti costituisce motivo per cui non è stato conseguito l’ammontare minimo di ricavi imposti dalla norma; ciò a condizione che i finanziamenti siano stati tempestivamente richiesti e che questi, già riconosciuti e imputati al bilancio della società che presenta l’istanza, non siano stati erogati per causa non imputabile alla società medesima. 5. Una società che opera nel settore delle analisi cliniche e diagnostiche, è in attesa di ottenere l’autorizzazione dal Servizio sanitario nazionale per operare in regime convenzionato. In tal caso le autorizzazioni attengono ad una ulteriore e determinata attività – per la precisione quella che si intende svolgere in regime di convenzione con il S.S.N., che non esclude altre; motivo per cui si ritiene che la società non versi nella oggettiva impossibilità di produrre ricavi sufficienti a superare la presunzione di non operatività. 6. Nel caso di trasformazione entrambe le società (trasformanda e trasformata) sono tenute a compilare l’apposito prospetto contenuto nel modello di dichiarazione (quadro RF del modello UNICO), al fine di effettuare il c.d. test di operatività. Ai fini del calcolo delle medie triennali, la società in nome collettivo che ha effettuato MODELLO 730 E UNICO 2012 la trasformazione con efficacia 31 ottobre 2006 prenderà a riferimento il periodo d’imposta ante trasformazione (1/1/2006-30/10/2006) e i due precedenti (1/1/2004-31/12/2004 e 1/1/2005-31/12/2005).La società a responsabilità limitata che risulta dall’operazione di trasformazione, invece, non essendo esclusa dall’applicazione della disciplina sulle società non operative perché non può essere considerata nel primo periodo d’imposta in quanto subentrante in tutte le posizioni giuridiche, attive e passive, del soggetto che ha effettuato la trasformazione (cfr. Circolare n. 25/E del 2007, paragrafo 2), effettuerà il test di operatività, nell’esercizio di costituzione, unicamente sulla base dei valori di tale frazione di anno (1/11/2006-31/12/2006). Nell’esercizio successivo a quello interessato dall’operazione straordinaria (nell’esempio proposto, 2007), il valore medio dovrà essere calcolato con riferimento al periodo d’imposta in osservazione e quello immediatamente precedente, coincidente con l‘esercizio di costituzione. 7. Una società esercente attività di noleggio di barche da diporto turistico può annoverare le navi da diporto destinate al noleggio nel comparto “immobili”, con conseguente applicazione del coefficiente del 6%, a condizione che dette navi siano utilizzate per attività commerciali che si concretizzano nella stipula di contratti di noleggio disciplinati dagli art. 384 e segg. del codice della navigazione. Non può essere la sola stagionalità dell’attività a concedere di per sé la disapplicazione della normativa. 8. Una società per azioni - derivante dalla trasformazione, in base ad una legge provinciale del 2005, di un preesistente ente - svolge attività di locazione di alloggi a nuclei familiari svantaggiati. La medesima legge provinciale prevede una specifica disciplina dei canoni di locazione, che sono stabiliti nell’ambito di convenzioni con gli enti locali e che sono, per questo motivo, sottratti alla libera determinabilità della società. In tal caso: • la società indicata nella domanda rientra tra quelle escluse in via automatica dall’ambito applicativo della disciplina delle società non operative, qualora risulti dalla trasformazione di un ente con riferimento al quale una legge ad hoc ne prevede la trasformazione con obbligo di costituirsi in forma di società per azioni; • se non sussiste l’obbligo di costituirsi in società di capitale la disapplicazione è possibile per l’impossibilità di allineare i canoni di locazione a quelli normalmente praticati sul mercato, considerando che la misura degli stessi deriva da un obbligo sancito espressamente da una legge provinciale. 9. Una società che possiede una partecipazione di minoranza in una società quotata è esclusa dalla normativa in oggetto in modo automatico senza necessità di presentare istanza di interpello. 10. L’accoglimento o il rigetto dell’istanza di disapplicazione non possa essere “automaticamente” collegato al comportamento dichiarativo adottato in precedenza dal contribuente (che, ad esempio, consigliato dal proprio consulente, abbia deciso di calcolare il reddito in via presuntiva, onde evitare attività di accertamento o perché non era a conoscenza della possibilità di fornire la “prova contraria”). 6.5 LA DISAPPLICAZIONE PARZIALE In relazione alla applicazione delle norme in materia di società di comodo, non è scontato che l’eventuale accoglimento sia totale e dunque riguardi, conseguentemente, i tre comparti impositivi di ap- 23 MODELLO 730 E UNICO 2012 24 plicazione della norma. Potrebbero verificarsi delle ipotesi (alcune peraltro già delineate con riferimento alle società immobiliari ovvero in relazione alle nuove ipotesi di disapplicazione automatica con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007), di disapplicazione parziale della norma con riferimento, ad esempio, ad alcuni beni di proprietà della società. Di questi aspetti si è occupata, in particolare, la circolare n. 25 del 2007 nella parte in cui si afferma che qualora le situazioni oggettive invocate dal contribuente si riferiscano ad alcuni soltanto degli asset considerati dal comma 1 dell’art. 30 ovvero riguardino solo parte del triennio rilevante per la determinazione dei ricavi presunti, il Direttore Regionale potrà tenerne conto ai fini della disapplicazione parziale della disciplina nella misura in cui dette circostanze risultino determinanti per escludere dal test di operatività alcuni asset ovvero per determinare diversamente l’ammontare dei ricavi figurativi o del reddito minimo. In tal caso il Direttore Regionale qualora ritenga rilevanti le circostanze invo- cate dal contribuente specificherà nella risposta all’interpello che “ Sarà cura del contribuente provvedere a neutralizzare l’effetto della presenza di tali situazioni eliminando nei calcoli il valore degli asset interessati dalle stesse e dei ricavi ad essi direttamente correlabili “. In tal modo le riferite situazioni rileveranno solo nella misura in cui le stesse risultino determinanti per il superamento del “test di operatività” e/o per il conseguimento della misura minima del reddito che deve essere dichiarata ai fini IRES ed IRAP. Sarà cura del contribuente, in particolare, valutare il “ruolo” della specifica situazione obiettiva portata all’esame del Direttore Regionale. Si valuti ad esempio una società che possieda: • l’immobile b1 con valore pari a 100.000 euro, locato per 5.000 euro annui; • l’immobile b2 con valore pari a 250.000 euro, locato per 4.000 euro annui. Si ipotizzi, inoltre, che nel 2006 l’immobile b2 sia stato oggetto di ristrutturazione per l’intero anno. Beni Valore 2004 Valore 2005 Valore 2006 Immobile b1 Immobile b2 100.000 250.000 100.000 250.000 100.000 250.000 L’ammontare dei ricavi presunti in base alle percentuali stabilite nel comma 1 dell’art. 30 in commento è pari a Beni Media Percentuale Ricavi presunti Totale immobili 350.000 6 21.000 21.000 (RP) L’ammontare dei ricavi, incrementi di rimanenze e proventi ordinari imputati a conto economico è, invece, pari a Media di riferimento 100.000 250.000 350.000 Ricavi effettivi Valore 2004 Valore 2005 Valore 2006 Immobile b1 Immobile b2 4.000 4.000 4.000 Media di riferimento 4.000 5.000 5.000 5.000 5.000 9.000 (RE) Non avendo superato il test di operatività (21.000 > 9.000), la società chiede e ottiene la disapplicazione evidenziando l’og- MODELLO 730 E UNICO 2012 gettiva impossibilità di mettere a frutto l’immobile b2. Tenendo conto della peculiare situazioBeni ne riguardante il 2006, il test di operatività può essere reimpostato nel seguente modo: Valore 2004 Valore 2005 Valore 2006 100.000 250.000 100.000 250.000 100.000 --- Beni Media Percentuale Media di riferimento 100.000 166.666 266.666 Ricavi presunti Totale immobili 266.666 6 16.000 Immobile b1 Immobile b2 16.000 (RP) Anche l’ammontare dei ricavi effettivi, per omogeneità, dovrà essere adeguato al Ricavi effettivi Immobile b1 Immobile b2 valore degli asset Valore 2004 Valore 2005 Valore 2006 4.000 5.000 4.000 5.000 4.000 Considerato che i ricavi effettivi sono pari a 7.333 euro il test di operatività non può ritenersi superato anche quando si riconosca la validità delle situazioni oggettive rappresentate dal contribuente. L’importo di 16.000 euro va, però, considerato come limite di riferimento per l’applicazione della intera disciplina delle società di comodo. Ciò significa, ad esempio, che ai fini delle limitazioni all’utilizzo dell’eccedenza di credito IVA, il volume di affari conseguito in ciascuno dei tre periodi d’imposta consecutivi dovrà essere confrontato con il valore dei ricavi presunti rideterminato nei modi precedentemente indicati. L’accoglimento delle circostanze oggettive rappresentate dal contribuente produce effetti anche sulla determinazione del reddito presunto. Nel caso prima esaminato il reddito minimo presunto è di 4.750 (pari al 4,75% di 100.000), valore non influenzato da quello dell’immobile b2. Da questo reddito minimo si parte anche per la determinazione del valore minimo della produzione rile- Media di riferimento 4.000 3.333 7.333 (RE) vante ai fini IRAP. In questi casi il contribuente deve compilare il prospetto di operatività contenuto nel quadro RF del modello UNICO barrando la casella 2 ed indicando i dati al netto di quelli (riferiti, nell’esempio, all’immobile b2) che sulla base della risposta della Direzione Regionale possono essere legittimamente esclusi. Come sopra precisato le disposizioni in commento si applicano indipendentemente dalle modalità di determinazione del reddito. Si evidenzia, al riguardo, che la determinazione forfetaria del reddito, eventualmente prevista a beneficio di un contribuente, può costituire una “oggettiva situazione” che rende impossibile il conseguimento del reddito imponibile minimo di cui al comma 3 dell’art. 30. Il contribuente, in tal caso, potrà chiedere la disapplicazione delle disposizioni in commento ai sensi del comma 4-bis dell’art. 30. Come precisato nella circolare n. 5/E del 2007 con riguardo alle società immobiliari che hanno per oggetto la realizzazione e 25 MODELLO 730 E UNICO 2012 26 successiva locazione di immobili, è possibile ottenere la disapplicazione qualora si dimostri l’impossibilità di praticare canoni di locazione utili per superare il test di operatività ovvero per conseguire un reddito effettivo superiore a quello minimo presunto. Per la determinazione del valore di mercato dei canoni di locazione si potrà fare riferimento ai valori (espressi in euro per mq al mese) riportati nella banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare, consultabile gratuitamente presso il sito internet dell’Agenzia del Territorio Per le società che abbiano stipulato accordi in materia di contratti agrari di cui all’art. 45 della legge n. 203 del 3 maggio 1982, potrà assumere rilevanza, ai fini della giustificazione del mancato superamento del test di operatività, ovvero del mancato conseguimento del reddito minimo, il canone di locazione risultante dai predetti accordi. Ad ulteriore specificazione dei chiarimenti forniti nella menzionata circolare n. 5/E del 2007, si evidenzia che non è possibile procedere all’emanazione del provvedimento disapplicativo a beneficio di una holding qualora sia stata rigettata l’istanza presentata da una (o più) delle società da essa partecipate. Costituisce, invece, circostanza utile ai fini dell’accoglimento dell’istanza disapplicativa il fatto che la società partecipata, pur disponendo di utili e riserve di utili teoricamente sufficienti - in ipotesi di integrale distribuzione - a consentire il superamento del test di operatività da parte della holding partecipante, non abbia proceduto alla relativa distribuzione in attuazione di un piano di autofinanziamento finalizzato al concreto rafforzamento della attività produttiva, semprechè venga dimostrato che l’utile sia stato (o sarà) effettivamente investito. 7. LE ULTIME INDICAZIONI IN MATERIA DI INTERPELLO E LE PROBLEMATICHE PER LE SOCIETÀ IN PERDITA In tema di interpello, va ricordato co- me la circolare n. 32 del 2010 dell’agenzia delle entrate abbia ribadito l’obbligatorietà della presentazione di una istanza di interpello la cui mancanza rende sanzionabile il comportamento con una sanzione da 258 euro. Nella stessa circolare, però, viene affermato come il contribuente possa fornire le esimenti anche in sede di accertamento e, dunque, questo passaggio potrebbe essere letto come una sorta di messaggio indiretto che non obbliga alla presentazione dell’istanza fermo restando che, laddove le esimenti stessi non sussistano, la sanzione per l’infedele dichiarazione viene irrogata in misura doppia e fermo restando che il contribuente può diasallinearsi rispetto, ad esempio, ad una risposta negativa dell’agenzia rispetto all’istanza stessa. Sul punto, però, la giurisprudenza di legittimità e di merito sta riservando delle sorprese non previste. Più in generale, l’ulteriore problematica che attiene alla presentazione di una istanza di interpello che sia finalizzata al riconoscimento, rispetto alla semplice evidenziazione della perdita, dello svolgimento di una attività economica. Infatti, posto che si rendono applicabili le disposizioni di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994, dovrebbe essere senza dubbio possibile proporre una istanza ai sensi dell’articolo 37 bis, comma 8, del DPR n. 600 del 1973. In questo caso, però, l’istanza di specie non avrebbe la finalità di dimostrare il mancato raggiungimento del test di operatività ma quella di giustificare i motivi che hanno generato una perdita fiscale in quanto, come visto, il test di operatività viene superato da questi soggetti. In linea di principio, dunque, potrebbero valere come esimenti quelle ipotesi delineate nel decreto legge n. 78 del 2010 finalizzate alla evidenziazione di componenti che sono tassati in capo ad altri soggetti ovvero a comportamenti dei soci che evidenziano il fatto di “credere” nell’attività della società. Peraltro, sono moltissime le ipotesi in cui una società può dichiarare una perdita senza che questo sia indice di pericolosità fiscale nel senso inteso dal legislatore nell’ambito della legge n. MODELLO 730 E UNICO 2012 148 del 2011. Basti pensare, ad esempio, al caso di un accantonamento effettuato in un certo periodo di imposta e non dedotto che si manifesta, in termini di variazione in diminuzione in un successivo periodo di imposta. In questo caso la perdita non è certo generata da un comportamento anti economico. Come anticipato, la giurisprudenza si sta muovendo nel senso di una obbligatorietà della presentazione dell’istanza di interpello e sulla conseguente impugnabilità del diniego, a differenza di quanto precisato dall’agenzia delle entrate. Ad esempio, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8663 del 15 aprile 2011, ha affermato la possibilità di impugnare un provvedimento di diniego emesso dall’agenzia delle entrate rispetto ad una istanza di disapplicazione. Sul punto, invece, l’amministrazione finanziaria ha espresso la tesi contraria pur affermando che il contribuente possa disallinearsi rispetto a quanto espresso dall’agenzia delle entrate rispetto alla richiesta formulata. Nel merito, i giudici di Reggio Emilia, con la sentenza n. 154/4/11 del 21 settembre 2011 hanno affermato che il diniego rispetto all’istanza di interpello è un diniego di agevolazione e dunque è questo l’atto che deve essere impugnato non rendendosi impugnabile il successivo avviso di accertamento. Appare questa una posizione fortemente criticabile, ed appare, sul punto, maggiormente sostenibile la posizione dell’amministrazione finanziaria. LA DISCIPLINA ACE L’INDICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE ACE NEL MODELLO 27 MODELLO 730 E UNICO 2012 28 MODELLO 730 E UNICO 2012 I primi destinatari dell’agevolazione sono i soggetti IRES con l’aggiunta dei soggetti non residenti per i quali si afferma che l’agevolazione in discorso si applica in relazione alle stabili organizzazioni esistenti nel territorio dello Stato. Non sono però dimenticati i soggetti IRPEF, in quanto il comma 7 della norma afferma che destinatari della disposizione sono anche le persone fisiche titolari di reddito di impresa, nonché le società in nome collettivo ed in accomandita semplice a condizione che sia adottato il regime di contabilità ordinaria. In relazione ai soggetti IRPEF, il decreto attuativo del 19 marzo 2012, afferma che rileva l’intero patrimonio netto e non gli incrementi. In relazione al primo periodo di imposta di efficacia della disposizione in esame, il comma 9 dell’articolo 1 afferma in modo inequivoco che la stessa si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011. Quindi, in caso di periodo di imposta coincidente con l’anno solare, il primo effetto operativo verrà riscontrato nell’ambito del modello Unico 2012. I commi da 1 a 4 dell’articolo 1 del decreto legge n. 201 del 2011 delineano il funzionamento dell’agevolazione in esame che, di fatto, è abbastanza lineare e così sintetizzabile • l’agevolazione opera come deduzione dal reddito complessivo netto di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio (comma 1); • il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è valutato mediante applicazione dell’aliquota percentuale che verrà individuata da un apposito provvedimento alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. In altri termini, il capitale proprio riferito a tale ultimo esercizio costituirà la base di riferimento storica per la valutazione degli incrementi che determineranno, previa applicazione dell’aliquota percentuale, la deduzione dal reddi- to imponibile (commi 2 e 3); • per i primi tre anni di applicazione dell’agevolazione, l’aliquota da applicarsi all’incremento del capitale proprio è del 3 per cento. Successivamente, sarà determinata con apposito Decreto tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabile di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione dei maggiori rischi (comma 3); • laddove per effetto dell’applicazione dell’aliquota fissata al nuovo capitale proprio il reddito complessivo dovesse azzerarsi, la parte di agevolazione non fruita è computata in aumento dall’importo deducibile dal reddito dei periodi di imposta successivi. Da un punto di vista letterale, dunque, parrebbe che l’agevolazione in esame non possa determinare una perdita riportabile a nuovo ma, analogamente a quanto conosciuto in tema di riporto a nuovo di componenti del reddito di impresa (si pensi alla parte di interessi passivi non dedotti), considerato comunque che l’incremento del capitale proprio verificatosi in un esercizio costituisce base di riferimento per l’agevolazione sino a che non venga ridotto il capitale medesimo (comma 4). Il comma 5 si apre affermando che il capitale proprio esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, che costituisce la base di riferimento per il calcolo dell’agevolazione, deve essere identificato dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio senza tenere conto dell’utile del medesimo esercizio. Nella sostanza, dunque, l’eventuale utile dell’esercizio 2010 costituirà incremento dell’esercizio 2011. Una volta identificata la base “storica” di riferimento, la norma delinea ed individua gli incrementi rilevanti ai fini dell’agevolazione e cioè le variazioni in aumento a. Conferimenti in denaro che rilevano a partire dalla data di versamento. Dunque, un conferimento in denaro 29 MODELLO 730 E UNICO 2012 30 effettuato il 28 febbraio 2011 rileverà per un ammontare pari all’importo conferito moltiplicato per il risultato del rapporto tra 306 e 365; b. Gli utili accantonati a riserva, con esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le riserve sono state formate. In altri termini, l’accantonamento a riserva dell’utile di esercizio 2010, diversa dalla riserva legale, costituisce incremento rilevante per l’intero esercizio 2011. Il decreto attuativo del 19 marzo 2012 ha poi chiarito quali sono le riserve escluse dall’agevolazione individuando, tra le stesse, quelle di natura valutativa. La formulazione della norma, dunque, esclude dall’agevolazione in esame tutte le ipotesi di conferimenti in natura, fermo restando che, il comma 6 prevede che per le aziende e le società di nuova costituzione si considera incremento tutto il patrimonio conferito a condizione, evidentemente, che si tratti di un conferimento in denaro analogamente a quanto era stato chiarito dall’amministrazione finanziaria in tema di DIT. Rilevano ai fini ACE an- che la rinuncia dei soci a crediti vantati nei confronti della società come chiarito dal decreto del 19 marzo scorso. Una volta esaminati i componenti che consentono di usufruire dell’agevolazione in quanto considerati come componenti incrementali rispetto al capitale proprio di riferimento al 31 dicembre 2010, vanno esaminate le casistiche che, al contrario, riducono la base di riferimento dell’agevolazione. In tal senso, sempre il comma 5 dell’articolo 1 afferma come rilevano come variazioni in diminuzione a. le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci od ai partecipanti; b. gli acquisti di partecipazioni in società controllate; c. gli acquisti di aziende o rami di aziende nell’ambito del medesimo gruppo. Tutti i decrementi rilevano dall’inizio dell’esercizio anche se effettuati, in astratto, l’ultimo giorno dell’esercizio. Con la circolare n. 53 del 6 dicembre 2011, l’Agenzia delle Entrate ha fornito la propria interpretazione sulle modifiche apportate dall’articolo 23, comma 9, del decreto legge n. 98 del 2011, alla disciplina contenuta nell’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi in materia di riporto a nuovo delle perdite in capo ai soggetti IRES. I principi introdotti dal provvedimento normativo possono essere riassunti in due punti • l’eliminazione del limite temporale del riporto a nuovo quinquennale delle perdite che si sono prodotte in un periodo di imposta; • la possibilità di utilizzo della perdita non in modo integrale nel successivo periodo di imposta ma solo nei limiti dell’80 per cento del reddito del periodo di imposta successivo. Posto che la modifica normativa riguarda, come detto, i soggetti IRES, nessuna novità ha interessato invece il meccanismo di riporto a nuovo delle perdite relativamente ai soggetti IRPEF. Di fatto, l’indicazione più attesa in relazione alle modifiche normative di specie, era quella relativa alla decorrenza delle novità. Infatti, una tesi che era stata sostenuta era quella dell’isolamento della IL TRATTAMENTO DELLE PERDITE ALLA LUCE DELLE NOVITÀ NORMATIVE DEL 2011 MODELLO 730 E UNICO 2012 perdita in relazione al periodo di imposta di formazione cosicchè, ad esempio, le perdite afferenti il periodo di imposta 2010 avrebbero scontato le precedenti disposizioni di cui all’articolo 84 del TUIR e dunque il precedente limite del riporto a nuovo quinquennale con compensazione integrale del reddito dei periodi di imposta successivi. Prendendo spunto dalla relazione di accompagnamento al decreto legge n. 98 del 2011 e confermando la tesi espressa dalla circolare n. 24/IR del 14 settembre 2011, l’Agenzia delle Entrate precisa come in relazione alle perdite fruibili nel periodo di imposta in corso al momento di entrata in vigore delle nuove disposizioni vengono riportate a nuovo senza limiti temporali ed in compensazione dell’80 per cento del reddito dei periodi di imposta successivi. E’ questa una tesi del tutto condivisibile e che ha, come conseguenza, il fatto che le perdite che vengono gestite con le nuove regole sono quelle, in generale, formatesi a far data dal periodo di imposta 2006. E’ opportuno ricordare come il predetto riporto a nuovo senza limiti di tempo costituisce caratteristica confermata anche dalle nuove disposizioni normative in relazione alle perdite che si sono formate nei primi tre periodi di imposta a condizione che il soggetto che le ha generate svolga una attività economica “nuova”. La differenza, rispetto al regime ordinario di compensazione delle perdite nei successivi periodi di imposta in quota pari all’80 per cento, è che le stesse (cioè le perdite dei primi tre periodi di imposta) sono utilizzabili a scomputo integrale dei periodi di imposta successivi. Cosicchè, in relazione a perdite che si producono per quattro periodi di imposta si avrà una suddivisione in base alla quale • quelle dei primi tre periodi di imposta compensano il reddito imponibile per intero; • quella del quarto periodo di imposta compensa il reddito imponibile soltanto per l’80 per cento del relativo ammontare. Va segnalato come l’agenzia delle entrate non abbia preso in considerazione il rapporto delle nuove disposizioni in materia di riporto a nuovo delle perdite con il regime introdotto dalla legge n. 148 del 2011 in merito alla presunzione di non operatività nei confronti dei soggetti che producono perdite per tre periodi di imposta consecutivi. E’ evidentemente una previsione in contrasto con il regime di favore delineato dall’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi proprio in relazione all’integrale possibilità di utilizzo delle perdite che si producono nei primi tre periodi di imposta da parte di un soggetto che svolge una nuova attività economica e, dunque, in fase di start up. Di fatto, il nuovo regime introdotto dall’articolo 84 del TUIR ricorda da vicino il meccanismo di riporto a nuovo senza limiti di tempo degli interessi passivi che non trovano capienza nell’ammontare del 30 per cento del risultato operativo lordo come delineato dall’articolo 96 del medesimo TUIR. La circolare dell’agenzia delle entrate ricorda, in primo luogo, il disposto normativo di cui all’articolo 115, comma 3, del TUIR In base al quale “Le perdite fiscali della società partecipata relative a periodi in cui è efficace l’opzione sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione ed entro il limite della propria quota del patrimonio netto contabile della società partecipata. Le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate”. Quindi, in base alle disposizioni normative si stabilisce la regola dell’utilizzo esclusivo in capo a ciascun soggetto delle perdite formatesi nei periodi d’imposta antecedenti quello di esercizio dell’opzione. Queste perdite sono utilizzabili solo dai soggetti che le hanno realizzate per ridurre i redditi dai medesimi prodotti. Per conseguenza, non si genera nessuna commistione tra le perdite pregresse generatesi ante regime e i redditi imputati per trasparenza dalla società partecipata ai soci. In particolare, le nuove regole previste 31 MODELLO 730 E UNICO 2012 32 dall’articolo 84 del TUIR non producono alcun effetto sulle perdite realizzate dalla società partecipata in costanza di regime e imputate ai soci: si tratta, infatti, di “perdite di periodo” trasferite ai soci nel limite del patrimonio netto contabile della società trasparente riferibile a ciascun socio. Le perdite fiscali eccedenti il predetto limite restano nella disponibilità esclusiva della società partecipata e si computano in diminuzione del proprio reddito secondo le modalità previste dall’articolo 84 del TUIR. L’eventuale perdita trasferita dalla società partecipata ai soci e da questi non integralmente compensata costituisce un componente negativo di reddito utilizzabile dai soci nei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del proprio reddito imponibile complessivo. Secondo l’agenzia delle entrate, le considerazioni svolte nell’ambito del regime della trasparenza, di cui all’articolo 115 del TUIR, trovano applicazione, in linea di principio, anche per i soggetti che esercitano l’opzione per il regime della trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria ai sensi dell’articolo 116 del TUIR Diversamente, la nuova disciplina di cui all’articolo 84 del TUIR non produce alcun effetto in capo ai soggetti che esercitano l’opzione per il regime in esame in qualità di soci, in quanto trattasi di soggetti che applicano le disposizioni sul riporto delle perdite di cui all’articolo 8 del TUIR. Per quanto concerne le disposizioni in materia di consolidato, l’agenzia delle entrate precisa come le modifiche apportate dal decreto legge n. 98 del 2011 all’articolo 84 del TUIR producono effetti sulle modalità di impiego delle perdite. Infatti, in relazione alle perdite a disposizione delle singole società, riportabili a nuovo senza limiti di tempo ed ancora disponibili che si sono formate in un periodo di imposta antecedente all’opzione per il consolidato, la compensazione avverrà con l’80 per cento del reddito imponibile dei periodi di imposta successivi. Nessun effetto, invece, si determina in ordine alle perdite di periodo realizzate dalle società consolidate nell’ambito del gruppo, le quali vengono trasferite in misura integrale alla fiscal unit. Il nuovo regime di riporto delle perdite incide, invece, sul trattamento delle perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato conseguite negli esercizi di validità dell’opzione. Posto che compete al soggetto controllante il riporto a nuovo di tali perdite, le stesse potranno essere utilizzate in compensazione del reddito complessivo globale relativo ai periodi d’imposta successivi secondo le modalità previste dal nuovo articolo 84 del TUIR. L’agenzia delle entrate, nel documento di prassi, non prende in alcuna considerazione l’impatto delle nuove disposizioni di cui all’articolo 84 del TUIR in relazione ad operazioni straordinarie quali la trasformazione ovvero al trattamento delle stesse nel caso di liquidazione societaria. Su questi aspetti, in via interpretativa, si ritiene di poter condividere quanto espresso nella circolare n. 24 /IR del 14 settembre 2011. Come osservato in tale documento, sulla scorta di quanto precisato dall’amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 60 del 16 maggio 2005, in caso di passaggio da soggetto IRES a soggetto IRPEF, troveranno applicazione le nuove disposizioni contenute nell’articolo 84 del TUIR. Più articolato appare il caso della liquidazione societaria soprattutto in relazione alle ipotesi in cui le perdite si siano formate anteriormente alla fase liquidatoria. Come noto, le disposizioni di cui all’articolo 182, comma 3, del TUIR, prevedono come “le perdite di esercizio anteriori all’inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell’articolo 84 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio. Se la liquidazione si protrae per più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi determinati in via provvisoria si considerano definitivi e ai fini dell’imposta MODELLO 730 E UNICO 2012 sul reddito delle persone fisiche i redditi compresi nelle somme percepite o nei beni ricevuti dai soci, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, concorrono a formarne il reddito complessivo per i periodi di imposta di competenza”. Sulla scorta di queste disposizioni, l’amministrazione finanziaria, pur interpretando il precedente articolo 124 del Tuir, identico nella sua formulazione alla normativa attuale, ebbe modo di precisare con la risoluzione n. 124 del 23 aprile 2002, che “le perdite di esercizio anteriori alla data di messa in liquidazione della società, non compensate nel corso della liquidazione, possono essere compensate in sede di conguaglio finale anche se sono trascorsi più di cinque anni dalla loro formazione (normale limite per il riporto delle perdite, ai sensi dell’art. 102 del Tuir), a condizione però che la liquidazione si chiuda nel termine di cinque anni e venga quindi effettuato il conguaglio finale. Nel caso in cui la liquidazione si protrae oltre il quinquennio, le perdite pregresse saranno da considerare non più deducibili dal momento che i redditi degli esercizi intermedi si considerano definitivi ai sensi dell’articolo 124, comma 3 del Tuir, senza possibilità, pertanto, di effettuare alcuna operazione di conguaglio”. Alla luce delle nuove disposizioni in materia di riporto a nuovo delle perdite senza limiti di tempo, ci si deve chiedere se tale innovazione consenta di superare il limite ulteriore che è posto alla durata massima delle operazioni di liquidazione, posto che, ovviamente, il problema non si pone in relazione ai redditi prodotti medio tempore. Si deve ritenere che il principio in questione, legato alla durata massima della liquidazione, possa non essere superabile laddove le perdite antecedenti alla messa in liquidazione, siano ad esempio del periodo di imposta 2005 o precedenti. Al contrario, si deve ritenere che, indipendentemente dalla durata della stessa, le perdite in linea di principio riportabili a nuovo senza limiti di tempo possano compensare senza soggiacere al limite dell’80 per cento del reddito imponibile di “chiusura” della procedura. In questo caso, infatti, sopravviverebbe una quota di perdita non più utilizzabile da un soggetto non più esistente e considerando che la ratio della limitazione della compensazione della perdita con l’80 per cento dei redditi dei periodi di imposta successivi si riferisce, in linea di principio, ad un soggetto che produce reddito e dunque in costanza di attività. 33