R EUMATOLOGIA PRATICA PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI Direttore Scientifico Roberto Marcolongo Direttore Editoriale Bianca Canesi Comitato Scientifico Gerolamo Bianchi Alessandro Bussotti Pierlorenzo Franceschi Bruno Frediani Stefano Giovannoni Arrigo Lombardi Raffaella Michieli Vittorio Modena DICEMBRE 2007 NUMERO 4 LA CRIOGLOBULINEMIA MISTA B. Canesi, D. Filippini ................................ 109 INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE OLIGO/POLIARTRITI O. Epis, E. Bruschi, E. Bonacci .................... 111 LA NOTA 79 : IL PARERE DEL MEDICO DI FAMIGLIA E DELLO SPECIALISTA B. Frediani, S. Giovannoni.......................... 117 SPONDILOARTRITI S. D’Angelo, C. Palazzi, I. Olivieri ............... 120 Presidente CROI Gerolamo Bianchi Presidente LIMAR Roberto Marcolongo ASPETTI FARMACOECONOMICI LEGATI ALLA GESTIONE DELL’ARTRITE REUMATOIDE S. De Portu, L. Mantovani ........................... 128 Presidente SIMG Claudio Cricelli Presidente FADOI Giovanni Mathieu Direttore Responsabile Patrizia Alma Pacini © Copyright by Pacini Editore S.p.A. - Pisa Edizione Pacini Editore S.p.A. 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Tabelle: devono essere contenute nel numero (evitando di presentare lo stesso dato in più forme), dattiloscritte una per pagina e numerate progressivamente con numerazione romana. Nel testo della tabella e nella legenda utilizzare, nell’ordine di seguito riportato, i seguenti simboli: *, †,‡,§,¶,**,††,‡‡… Figure: per l’invio delle figure attenersi strettamente alle seguenti indicazioni: inviare le immagini su CD/DVD (o nelle modalità sopra indicate) esclusivamente in formato TIFF, JPEG, EPS, o PDF con risoluzione minima di 300 dpi e formato di 100 x 150 mm, in files separati dal testo e dalle tabelle. Inserire un’estensione che identifichi il formato del file (esempio: .tiff; .eps, …). Evitare di inserire le immagini direttamente nel file di Microsoft Word. Evitare se possibile l’invio di immagini in formato Powerpoint. 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Conly J, Dickinson JT, eds. Plastic and reconstructive surgery of the face and neck. New York: Grune and Stratton 1972, p. 84. Ringraziamenti: indicazioni di grants o borse di studio, vanno citati al termine della bibliografia. Le note contraddistinte da asterischi o simboli equivalenti, compariranno nel testo a piè di pagina. Termini matematici, formule, abbreviazioni, unità e misure devono conformarsi agli standards riportati in Science 1954;120:1078. I farmaci vanno indicati con il nome chimico. Solo se inevitabile potranno essere citati con i nome commerciale (scrivendo in maiuscolo la lettera iniziale del prodotto). Norme specifiche per le singole rubriche Editoriali. Sono intesi come considerazioni generali e pratiche sui temi di attualità, in lingua italiana, sollecitati dal Direttore o dai componenti il Comitato di Redazione. Per il testo sono previste circa 15 cartelle da 2000 battute. Sono previste inoltre al massimo 3 figure e 5 tabelle. Bibliografia: massimo 15 voci. Articoli sulle patologie. Non devono superare le 10 pagine dattiloscritte (2000 battute). Sono previste massimo 3 parole chiave, massimo 2 figure e 3 tabelle e non più di 30 voci bibliografiche. Gli articoli dovranno riportare al termine un quadro sinottico per riassumere gli elementi essenziali di utilità pratica. L’articolo se è scritto dallo specialista verrà inviato dalla redazione ad un medico di medicina generale per un commento (massimo una pagina di 2000 battute). Se l’articolo verrà elaborato da un medico di medicina generale il commento sarà a cura di uno specialista. Articoli sui sintomi. Preferibilmente devono partire dalla illustrazione di un caso clinico. Non devono superare le 10 pagine dattiloscritte (2000 battute). Sono previste massimo 3 parole chiave, massimo 2 figure e 3 tabelle e non più di 30 voci bibliografiche. Gli articoli dovranno riportare al termine un quadro sinottico per riassumere gli elementi essenziali di utilità pratica. L’articolo se è scritto dallo specialista verrà inviato dalla redazione ad un medico di medicina generale per un commento (massimo una pagina di 2000 battute). Se l’articolo verrà elaborato da un medico di medicina generale il commento sarà a cura di uno specialista. Casi clinici. Vengono accettati dal Comitato di Redazione solo lavori di interesse didattico e segnalazioni rare. La presentazione comprende l’esposizione del caso ed una discussione diagnostico-differenziale. Il testo (8 cartelle da 2000 battute) deve essere coinciso e corredato, se necessario, di 1-2 figure o tabelle al massimo di 10 riferimenti bibliografici essenziali. Il riassunto è di circa 50 parole. Devono essere suddivisi in 3 blocchi temporali (Step). Alla fine di ogni fase devono essere esposti alcuni quesiti, che derivano dall’analisi dei problemi più importanti emersi con la presentazione del caso, seguiti dalle risposte e eventuali commenti. Evidenziare gli obiettivi del lavoro. Gli scritti di cui si fa richiesta di pubblicazione vanno indirizzati a: Pacini Editore S.p.A., Ufficio Editoriale, via Gherardesca 1, 56121 Ospedaletto (PI), e-mail: [email protected] Finito di stampare nel mese di Dicembre 2007 presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore - Pisa Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascunfascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org. 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Le artralgie sono molto frequenti; l’artrite in genere è un’oligo/poliartrite con negatività degli anticorpi anti-citrullina nel siero, non erosiva. È discussa l’associazione con artrite erosiva indistinguibile dall’artrite reumatoide. Altri sintomi sono il fenomeno di Raynaud e la sindrome sicca. La crioglobulinemia mista può dare manifestazioni neurologiche, frequenti a carico del sistema nervoso periferico (in genere polineuropatia sensitivo/motoria più comune agli arti inferiori, con possibili limitazioni anche importanti alla deambulazione e quindi all’autonomia del paziente), rare a carico del sistema nervoso centrale (forme focali o diffuse, che costituiscono un’emergenza clinica). Il rene può essere colpito a vari livelli di gravità (20-50% dei casi), dalla microematuria e proteinuria dosabile ad una sindrome nefritica o nefrosica, per effetto in genere di una glomerulonefrite membrano-proliferativa. L’impegno epatico si osserva in circa il 50% dei pazienti, generalmente asintomatico. L’evoluzione in cirrosi interessa circa 1/3 dei pazienti. La vasculite crioglobulinemica è una vasculite sistemica, mediata da immunocomplessi, che colpisce vasi di piccolo-medio calibro, realizzando la cosiddetta sindrome crioglobulinemica. Più spesso la forma è oligosintomatica, con fasi acute (ad esempio di porpora, astenia ed artralgie) alternate a periodi di remissione clinica. Talvolta invece sono presenti manifestazioni cliniche gravi, che mettono a repentaglio la vita del paziente. La sopravvivenza cumulativa dei pazienti affetti da crioglobulinemia mista è significativamente più bassa rispetto a quella della popolazione generale. Sono considerati fattori prognostici negativi l’età al tempo della diagnosi (> 60 anni), il sesso maschile, il coinvolgimento renale. Le cause di morte vanno in genere ricercate nell’evoluzione dell’epatopatia, nelle infezioni (favorite dalle possibili patologie concomi- REUMATOLOGIA pratica La crioglobulinemia viene definita come la presenza di immunoglobuline circolanti che precipitano reversibilmente a temperatura inferiore a 37˚C. Secondo la classificazione immunochimica di Brouet la crioglobulinemia mista è caratterizzata dalla presenza di più immunoglobuline con (II tipo) o senza (III tipo) componente monoclonale. In circa il 90% dei casi è stato riconosciuto il ruolo causale dell’Hepatitis C Virus (HCV). Crioglobuline miste circolanti si osservano nel 40-50% degli individui con infezione cronica da HCV, mentre una franca vasculite crioglobulinemica si sviluppa solo in una minoranza di casi (5-10%). La crioglobulinemia mista colpisce più frequentemente donne, di età > 60 anni e resta asintomatica a lungo (oltre 10 anni dall’inizio della malattia). Attualmente non esistono criteri diagnostici definiti. Tuttavia sono stati proposti criteri classificativi che pongono l’attenzione su alcuni dati di laboratorio, anatomopatologici e clinici che, quindi, possono risultare utili al medico per la diagnosi. Dati di laboratorio: la positività della ricerca delle crioglobuline miste nel siero (più spesso con componente monoclonale IgM/k), la positività del fattore reumatoide (70-90% dei casi), i bassi livelli circolanti di C4. Dati anatomopatologici: la vasculite leucocitoclastica (dimostrata ad esempio con biopsia cutanea in sede di porpora acuta), infiltrati clonali B cellulari (nei casi di biopsia epatica e/o midollare). Dati clinici: la porpora costituisce il criterio clinico maggiore. Porpora, astenia ed artralgie formano la triade proposta per la prima volta da Meltzer e Franklin, che tutt’oggi è utile ricercare per l’inquadramento di questa patologia. La porpora si presenta più spesso a poussées PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 109 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 tanti e dalle terapie immunodepressive in corso), nell’interessamento renale grave. La crioglobulinemia mista rappresenta un punto di incontro tra infezione, autoimmunità e linfoproliferazione. Fattori virali, dell’ospite ed ambientali sembrerebbero rilevanti nella patogenesi della malattia. Attraverso lo stimolo cronico esercitato sul sistema immunitario da parte dell’HCV si determina la produzione di autoanticorpi, di immunoglobuline monoclonali e di immunocomplessi, incluse le crioglobuline miste. Le proteine virali conferiscono peculiari proprietà fisiche e chimiche alle crioglobuline. È possibile che la combinazione tra l’attività del fattore reumatoide e la crioprecipitabilità sia responsabile della vasculite. Come noto, l’HCV oltre che essere epatotropo è anche linfotropo. L’infezione del tessuto linfoide può indurre, nei pazienti con infezione cronica, vari disordini autoimmuni (ad esempio la crioglobulinemia, le citopenie autoimmuni) e linfoproliferativi. Inoltre, il sialotropismo dell’HCV potrebbe spiegare l’associazione con la sindrome di Sjögren. La sindrome crioglobulinemica può, a sua volta, presentare sintomi e segni di sovrapposizione con varie condizioni patologiche autoimmuni e neoplastiche (altre vasculiti sistemiche, artrite reumatoide, LES, sindrome di Sjögren, epatite autoimmune, disordini linfoproliferativi) rendendo difficile differenziare tra somiglianza e coesistenza di più patologie. L’espansione clonale B cellulare avviene primitivamente nel fegato e correla con un’alta carica virale intraepatica. Questo dato induce ad attribuire all’HCV il ruolo principale nel far emergere e mantenere i cloni B cellulari. Le risposte linfoproliferative indotte dall’HCV sono in genere limitate, ma diventano apertamente maligne in circa il 10% dei pazienti. Non è stato riconosciuto, al momento, un genotipo virale capace di provocare con maggior frequenza o intensità una vasculite crioglobulinemica. Il riconoscimento dell’HCV come fattore eziologico nella maggior parte delle vasculiti crioglobulinemiche ha drammaticamente cambiato l’approccio al loro trattamento. Al momento, per le forme caratterizzate da rari episodi di porpora limitata e senza ulcere, astenia ed artralgie episodiche si ricorre ad un trattamento sintomatico (steroidi a basse dosi per brevi periodi, analgesici, dieta ipo-antigenica). Invece, proprio perché l’HCV è il trigger della crioglobulinemia mista nella maggior parte dei pazienti, l’eradicazione dell’infezione virale dovrebbe rappresentare il primo obiettivo del REUMATOLOGIA pratica 110 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI trattamento di questa patologia nelle forme con manifestazioni più severe o con frequenti recidive cliniche. Attualmente però l’indicazione alla prescrizione della terapia antivirale dipende dalla dimostrazione dell’epatite. La terapia riconosciuta come più efficace per un tentativo di eradicazione del virus C è interferone peghilato + ribavirina a dosaggi che dipendono dal genotipo virale. Questa associazione farmacologica consente di raggiungere la percentuale più elevata di risposte virologiche sostenute. Tuttavia, frequenti sono le riacutizzazioni della sindrome crioglobulinemica, soprattutto nei pazienti nei quali HCV-RNA ritorna positivo o non diventa negativo dopo la fine della terapia eradicante. Esistono inoltre casi in cui le manifestazioni della vasculite crioglobulinemica recidivano anche se HCV-RNA rimane negativo dopo terapia. Pertanto ora si punta sempre più l’attenzione anche sul trattamento della linfoproliferazione B cellulare indotta dall’infezione. Si cerca di determinare un abbattimento della carica virale e contemporaneamente una delezione dei cloni B cellulari ( ad esempio mediante rituximab, anticorpo monoclonale anti-CD20) allo scopo di ridurre le recidive cliniche della sindrome crioglobulinemica, che rappresentano il reale problema del trattamento della crioglobulinemia mista. Infine, le nuove acquisizioni sulle citochine (BLyS, CXCL13) coinvolte nella linfoproliferazione e nell’homing linfocitario potrebbero creare il presupposto per una terapia mirata nei pazienti crioglobulinemici. Benché ancora il trattamento di questa condizione patologica non sia ottimale, significativi passi avanti sono stati fatti, migliorando la durata e la qualità della vita dei pazienti affetti. BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO Ferri C, Mascia MT. Cryoglobulinemic vasculitis. Curr Opin Rheumatol 2006;18:54-63. Fabris M, Quartuccio L, Sacco S, De Marchi G, Pozzato G, Mazzaro C, et al. B-Lymphocyte stimulator (BLyS) up-regulation in mixed cryoglobulinemia sindrome and hepatitisC virus infection. Rheumatology 2007;46:37-43. Sansonno D. La terpaia PIRR (Pegylated-interferon, Ribavirin, Rituximab) nella sindrome crioglobulinemica. In: Atti XIV Convegno Nazionale ALCRI e GISC, Novara 9-10 novembre 2007. Troiani L, Tucci FA, Conteduca V, Sansonno L, Lauletta G, Sansonno D, et. al. Elevati livelli sierici della chemochina CXCL13 nelle vasculiti crioglobulinemiche HCV-associate. In: Atti XIV Convegno Nazionale ALCRI e GISC, Novara 9-10 novembre 2007. LA CRIOGLOBULINEMIA MISTA DICEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINE 111-116 INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE OLIGO/POLIARTRITI Parole chiave Artrite • Diagnosi • Anamnesi • Imaging RIASSUNTO La valutazione di un paziente con sintomatologia dolorosa oligo/poliarticolare può essere molto complessa, data l’enorme diagnostica differenziale con cui ci si deve confrontare. Le artriti a coinvolgimento polidistrettuale possono essere il sintomo più evidente di un processo autoimmune, infettivo o neoplastico che va ricercato mediante un iter diagnostico che comprenda: attenta valutazione anamnestica, esame obiettivo generale e articolare, esami ematochimici di vario tipo, con particolare attenzione agli esami infettivologici ed alla ricerca di autoanticorpi suggestivi, metodiche di imaging. Nella seconda parte del lavoro, vengono presentate più in dettaglio alcune delle cause più frequenti di artrite oligo/polidistrettuale. DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE Il primo passo consiste nell’accertare l’origine articolare della sintomatologia dolorosa riferita dal paziente, tenendo presente che, nel linguaggio comune, i termini “artrite/artrosi” vengono spesso usati a sproposito, dove artrite indica un processo flogistico ed artrosi un processo degenerativo. In particolare, è importante differenziare tra artrite franca (caratterizzata pertanto da versamento intra-articolare, rigidità mattutina protratta, sintomatologia dolorosa presente prevalentemente a riposo), artralgia e altre cause di infiammazione periarticolare. La diagnosi differenziale comprende principalmente le seguenti: OSCAR EPIS, ELEONORA BRUSCHI, ELEONORA BONACCI U.O. Reumatologia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia [email protected] [email protected] [email protected] • tendinite; • epicondilite; • borsite; • artrosi; • neuropatie da compressione; • sindrome paraneoplastica; • malattie primitive dell’osso; • fibromialgia. Convenzionalmente, il termine “oligoartrite” indica un’artrite che interessa non più di cinque articolazioni, tuttavia può essere frequente un’evoluzione poliarticolare nella storia naturale della malattia. Le cause più frequenti di oligo/poliartrite sono riportate in Tabella I, distinte per distribuzione. ITER DIAGNOSTICO Anamnesi personale L’attenta raccolta anamnestica deve essere primariamente indirizzata all’accertamento dell’effettiva natura infiammatoria della sintomatologia dolorosa articolare. Un altro aspetto importante da indagare è l’evoluzione del coinvolgimento oligo/poliarticolare: l’andamento può essere progressivo o alternare fasi di remissione a fasi di riacutizzazione della sintomatologia dolorosa. Le varie articolazioni possono essere interessate simultaneamente dal processo infiammatorio, oppure lo stesso può presentarsi con carattere sostitutivo e migrante (come nel reumatismo palindromico) o aggiuntivo (come nell’artrite reumatoide). Naturalmente, l’anamnesi deve essere completa e volta anche alla ricerca di eventuali sintomi sistemici (febbre, calo ponderale, alterazioni dell’alvo, lesioni REUMATOLOGIA pratica Il dolore poliarticolare è il sintomo che porta più di frequente il paziente all’attenzione del reumatologo. Può rappresentare l’esordio di patologie croniche spesso invalidanti, per alcune delle quali sono oggi disponibili strumenti terapeutici in grado di modificare il decorso della malattia, riducendone l’impatto sulla qualità di vita del paziente. Per tale motivo è importante impostare un corretto approccio diagnostico già nelle fasi iniziali della sintomatologia. PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 111 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 TABELLA I. Cause più frequenti di oligo/poliartrite. Prevalente distribuzione simmetrica Prevalente distribuzione asimmetrica Artrite reumatoide Spondilite anchilosante Malattia di Still dell’adulto Artropatia psoriasica Lupus eritematoso sistemico Artriti reattive Altre malattie del connettivo Artriti enteropatiche Artriti microcristalline Artriti microcristalline Artriti virali Reumatismo palindromico Sarcoidosi Malattia di Lyme Artropatia da amiloide Endocardite batterica cutanee, sierositi ecc.) e comorbidità (malattie epatiche, diabete, amiloidosi ecc.). Non bisogna escludere la valutazione delle eventuali abitudini sessuali e voluttuarie al fine di ricercare possibili fattori di rischio per forme reattive/infettive. Anamnesi familiare Talvolta un’attenta anamnesi familiare può risolvere dubbi o problemi di diagnosi differenziale; risulta pertanto utile formulare domande dirette e specifiche nella ricerca di familiarità ad esempio per psoriasi, uveiti, malattie infiammatorie croniche intestinali, malattie autoimmuni. Non è raro formulare una diagnosi di artropatia psoriasica in un soggetto senza la presenza di manifestazioni cutanee ma che mostra un quadro clinico assolutamente orientativo e la cui anamnesi familiare permette di evidenziare parenti con tale manifestazione dermatologica. Esame obiettivo Un esame fisico completo è essenziale. In particolare, ricercare segni di psoriasi al cuoio capelluto, in regioni occulte quali la zona periombelicale e l’orecchio o la presenza di onicopatia (Fig. 1); altri tipi di manifestazioni cutanee (rash malare, porpora), lesioni ulcerative delle mucose, lesioni genitali. Utile, se necessario, ricercare segni di intrappolamento di nervi periferici. L’esame articolare è volto alla ricerca di dolorabilità e tumefazione articolare e alla valutazione dell’escursione articolare attiva e passiva. Deve essere inclusa anche la valutazione dello scheletro assiale, in particolare della mobilità cervicale (test di Forestier) e lombare (test di Schoeber), dell’espansibilità toracica e la dolorabilità delle apofisi spinose e delle articola- REUMATOLOGIA pratica 112 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI zioni sacroiliache. Poiché le artriti possono essere una manifestazione in corso di una malattia sistemica, è assolutamente indispensabile che all’esame specifico articolare si associ anche l’esame obiettivo generale. Esami di laboratorio Gli esami bioumorali spesso non hanno alcuna specificità diagnostica in senso stretto, ma sono estremamente importanti dal punto di vista clinico. In prima battuta, è essenziale la valutazione degli indici di flogosi, inclusi velocità di eritrosedimentazione (VES), proteina C reattiva (PCR), emocromo con formula leucocitaria. Per un inquadramento generale del paziente, è utile effettuare una valutazione degli indici di funzionalità epatica e renale e il dosaggio dei marcatori per epatite B e C. Al fine di indirizzare la diagnosi, possono FIGURA 1. Onicopatia. INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE OLIGO/POLIARTRITI DICEMBRE 2007 NUMERO 4 Esami strumentali L’esame radiografico tradizionale può mostrare alterazioni caratteristiche e fortemente orientative per una determinata diagnosi. Ciò non avviene solitamente nelle fasi iniziali di malattia. Nelle prime settimane dall’inizio dei sintomi il quadro radiologico può essere assolutamente normale, o evidenziare solo una aspecifica tumefazione dei tessuti molli periarticolari, che di solito è mal valutabile con questa metodica. In questa fase risulta certamente più utile, ai fini diagnostici, effettuare un’ecografia dei distretti articolari interessati. L’esame ultrasonografico consente infatti in primis una valutazione delle strutture periarticolari quali tendini e borse, che possono essere l’unica causa della sintomatologia dolorosa riferita dal paziente, oppure accompagnare la flogosi articolare. Esso permette inoltre l’identificazione di versamento intra-articolare, di depositi di cristalli intra e periarticolari, di sinovite. È ormai dimostrato, inoltre, come questa metodica riesca a riconoscere anche alterazioni ossee di tipo erosivo (Fig. 2) con una maggiore sensibilità e specificità rispetto alla radiografia tradizionale. Inoltre la possibilità di studiare la membrana sinoviale mediante metodica power Doppler permette di identificare soggetti con una spiccata attività flogistica in atto (Fig. 3). La tomografia assiale computerizzata (TAC) può essere utile nell’esame di sedi difficilmente esaminabili con le metodiche di radiologia tradizionale (articolazioni interapofisiarie, sacroiliache, sternoclaveari, atloepistrofiche), permette una migliore definizione delle immagini di strutture a diversa densità (dischi, radici nervose, tendini), e offre una rappresentazione tridimensionale con possibilità della rielaborazione elettronica delle immagini delle strutture in esame. La risonanza magnetica nucleare (RMN) rappresenta lo strumento migliore per la visualizzazione delle strutture ossee e dei tessuti molli anche nelle fasi precoci di malattia, grazie alla multiplanarietà dei piani di studio e all’elevata risoluzione di contrasto. Tuttavia non viene utilizzata in modo routinario per una serie di limiti quali costi elevati, limitata accessibilità, possibili controindicazioni, standardizzazione difficile, bassa concordanza nelle letture, mancanza di scoring validati e poca familiarità con la metodica. La scintigrafia ossea può fornire indicazioni sull’eventuale sede di flogosi a livello articolare, consentendo la localizzazione del processo infiammatorio (ad es. può evidenziare precocemente una sacroileite) e la valutazione quantitativa dell’interessamento articolare. Uno dei traccianti più utilizzati è il Tecnezio 99. Tuttavia è un esame assai poco specifico e che implica una notevole esposizione a radiazioni. FIGURA 2. L’esame ultrasonografico evidenzia altera- FIGURA 3. L’ecografia power Doppler evidenzia una zioni ossee di tipo erosivo. O. EPIS, E. BRUSCHI, E. BONACCI spiccata attività flogistica in atto. REUMATOLOGIA pratica essere utili, inoltre, esami più specifici quali Ra-test, anticorpi anti-peptidi ciclici citrullinati, uricemia. Nei casi in cui la raccolta anamnestica supportasse l’ipotesi di un’eziologia infettiva, è necessario approfondire mediante accertamenti colturali e sierologici (emocolture, urinocolture, tamponi uretrali ecc.). Quando possibile, dovrebbe essere sempre effettuato l’esame citologico, colturale e a luce polarizzata di campioni di liquido sinoviale. PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 113 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 ARTRITE REUMATOIDE L’artrite reumatoide (AR) è una poliartrite infiammatoria cronica a eziologia ignota. Dal punto di vista anatomopatologico si caratterizza per una sinovite proliferativa con spiccata infiammazione tissutale e vascolare, responsabile della progressiva distruzione della cartilagine articolare e dell’osso subcondrale. La radiografia tradizionale permette di identificare le erosioni ossee (Fig. 4). Questa metodica, anche se meno sensibile dell’ecografia e della RMN – soprattutto nelle fasi iniziali di malattia, laddove le alterazioni sono di piccole dimensioni – è ancora oggi la più utilizzata soprattutto nel follow-up di malattia. Il quadro clinico è contraddistinto da artralgie infiammatorie che interessano prevalentemente i polsi, le piccole articolazioni delle mani e dei piedi (sebbene le forme a esordio senile tendano a coinvolgere più frequentemente le articolazioni dei cingoli scapolare e pelvico), associate a rigidità mattutina prolungata (superiore a un’ora) e a tumefazione articolare. L’analisi del liquido sinoviale evidenzia caratteristiche spiccatamente infiammatorie nelle articolazioni colpite. Il quadro clinico può essere complicato, nelle forme più gravi e avanzate, da erosioni articolari con conseguenti deformità e manifestazioni extra-articolari che possono coinvolgere virtualmente ogni organo e apparato. Gli esami ematochimici evidenziano spiccata elevazione degli indici di flogosi e, in una percentuale che va dal 50 al 75% dei casi, positività del fattore reumatoide (FR). Particolarmente specifici sembrano essere gli anticorpi anti-peptidi ciclici citrullinati (aCCP). Le varianti sieropositive si associano con una maggiore probabilità di evolu- FIGURA 4. Evidenti erosioni ossee all’Rx. REUMATOLOGIA pratica 114 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI zione aggressiva, quindi con un maggior rischio di invalidità. La diagnosi precoce è molto importante ai fini prognostici, in quanto è necessario impostare il più rapidamente possibile una corretta terapia con farmaci di fondo in grado di prevenire l’evoluzione erosiva della malattia (Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs [DMARDs]). A tale proposito, il farmaco di riferimento rimane il methotrexate, impiegato per os o intramuscolo una volta alla settimana, associato o meno a steroidi, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e altri DMARDs. Le forme più aggressive possono richiedere l’impiego di farmaci biologici anti-TNF-α (Tumor Necrosis Factor alpha) o anti-CD20. MALATTIA DI STILL DELL’ADULTO Considerata una variante dell’artrite reumatoide, si caratterizza per la comparsa di febbre elevata (39°C o superiore), rash maculopapuloso di colore rosaceo, sincrono con le puntate febbrili, poliartrite fugace e non erosiva. Di frequente riscontro sono faringodinia, linfoadenomegalie, splenomegalia, sierositi. Gli esami ematochimici possono evidenziare leucocitosi neutrofila, elevazione delle transaminasi e degli indici di flogosi, negatività di FR e anticorpi anti-nucleo (ANA). La diagnosi spesso è di esclusione, in particolare rispetto a malattie infettive e mieloproliferative. Dal punto di vista terapeutico, si osserva generalmente una pronta risposta alla terapia steroidea, che deve essere iniziata precocemente per evitare il coinvolgimento viscerale. Nei casi refrattari è utile l’impiego di altri DMARDs, in particolare il methotrexate; in talune circostanze si ricorre all’utilizzo anche dei farmaci biologici. ARTRITI VIRALI Numerosi virus possono essere responsabili di poliartriti simmetriche, del tutto simili all’artrite reumatoide. Solo raramente l’agente virale può essere isolato dal cavo articolare. Gli agenti eziologici più frequenti sono il parvovirus B19, il virus della rosolia, l’HIV, i virus dell’epatite B e C. Per i primi due si osserva generalmente un andamento stagionale; l’artrite è spesso autolimitante, con fugace positività del FR (fino al 50% delle artriti da parvovirus B19 si stima possano soddisfare i criteri ACR [American College of Rheumatology] per la classificazione dell’artrite reumatoide). In alcuni casi si può assistere a cronicizzazione. Il virus HIV è responsabile di una grande varietà di manifestazioni articolari e, più in generale, di tipo simil-connettivitico o vasculitico. Il 30% dei pazienti riINQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE OLIGO/POLIARTRITI DICEMBRE 2007 NUMERO 4 ARTRITI PARANEOPLASTICHE Spesso precedono la manifestazione clinica della neoplasia di base. Sono causate da un effetto a distanza, non-metastatico, della patologia eteroproduttiva. L’esordio è rapido, spesso esplosivo, scarsamente responsivo ai farmaci convenzionali. Spesso si associano a sintomi sistemici quali astenia, calo ponderale, febbre. Il decorso clinico segue parallelamente quello della neoplasia, e il trattamento antineoplastico consente il controllo della sintomatologia articolare. La ricomparsa di artrite si associa solitamente alla recidiva di tumore. REUMATISMO PALINDROMICO Si tratta di una particolare forma di poliartrite a carattere sostitutivo e migrante, caratterizzata da singoli episodi di monoartrite acuta che si risolvono spontaneamente in pochi giorni, ma ricorrono in maniera periodica. Le articolazioni più frequentemente interessate sono polsi, metacarpofalangee, ginocchia e tibiotarsiche. In oltre il 30% dei pazienti l’episodio acuto si accompagna a rash cutaneo o noduli sottocutanei fugaci. Gli esami di O. EPIS, E. BRUSCHI, E. BONACCI laboratorio e del liquido sinoviale sono nella norma, se si esclude una lieve e transitoria elevazione degli indici di flogosi. Rientra in diagnosi differenziale con le artriti infettive, microcristalline, reattive e la malattia di Lyme. Nel 50% dei casi può evolvere in artrite reumatoide, nel 10% dei casi si risolve spontaneamente. Il trattamento si avvale principalmente dell’uso di sintomatici; i DMARDs vengono riservati ai casi fortemente sospetti per una fase prodromica di artrite reumatoide. ENDOCARDITE BATTERICA Rappresenta una delle cause più frequenti di artrite nel paziente anziano. Il 30% dei pazienti affetto da endocardite batterica può presentare artralgie o una vera e propria artrite, interessanti in maniera elettiva le grosse articolazioni. La componente articolare si accompagna a febbre, non necessariamente elevata e spesso del tutto assente nei pazienti defedati. Gli esami ematochimici evidenziano elevazione degli indici di flogosi e leucocitosi neutrofila. Il riscontro obiettivo di un soffio cardiaco deve guidare il sospetto diagnostico. È quindi indispensabile sottoporre prontamente il paziente a esame ecocardiografico del cuore per via transesofagea, alla ricerca di vegetazioni valvolari. La raccolta seriata di campioni di sangue per accertamenti colturali, finalizzati all’impostazione di un trattamento mirato, consente l’isolamento dell’agente eziologico solo nel 5-15% dei casi, a causa dell’impiego spesso indiscriminato di antibiotici da parte del paziente. Gli agenti infettivi di più frequente riscontro sono Staphylococcus aureus e Streptococcus viridans. SPONDILOENTESOARTRITI SIERONEGATIVE Artropatia psoriasica In accordo con la classificazione di Moll e Wright (1973), si può presentare con sei differenti varianti cliniche: 1. a prevalente interessamento assiale, simile alla spondilite anchilosante; 2. a interessamento mono- o oligoarticolare; 3. a prevalente interessamento delle articolazioni interfalangee distali (IFD); 4. poliarticolare simil-reumatoide; 5. mutilante (rara forma con riassorbimento delle falangi ed aspetto a “dito a telescopio”); 6. a esclusivo interessamento delle entesi. L’esordio delle manifestazioni articolari può precedere anche di anni quello della componente cutanea. Sono riconosciuti varianti sine psoriasi, ossia pazienti che REUMATOLOGIA pratica ferisce artralgie infiammatorie, spesso alle grosse articolazioni; frequente è il riscontro di sindrome di Reiter, anche in forma incompleta, con positività nel 75% dei casi per Human Leukocyte Antigen B27 (HLA-B27). Circa il 60% dei pazienti può manifestare un’artropatia psoriasica severa, erosiva. Data la condizione di immunosoppressione cronica, è sempre necessario escludere un’eziologia infettiva delle manifestazioni articolari, anche da parte di agenti poco comuni come funghi e parassiti. Esiste infine una poliartrite simmetrica idiopatica associata all’infezione cronica da HIV. Solitamente è autolimitante, scarsamente infiammatoria; in alcuni casi si può assistere a un’evoluzione erosiva. Non sempre la terapia anti-retrovirale agisce anche sulla componente articolare; in taluni pazienti possono rendersi necessarie terapia mirate. Il virus per l’epatite C (HCV) può dare manifestazioni articolari variegate, dalla monoartrite alla poliartrite simmetrica simil-reumatoide. La positività del FR, frequentemente associata all’infezione cronica da HCV, può rendere molto difficile la diagnosi differenziale da una vera e propria artrite reumatoide. Secondo alcuni studi, gli unici caratteri che possono consentirne la differenziazione sono la scarsissima tendenza all’erosività e la negatività per gli aCCP. La terapia antivirale con interferone e ribavirina consente, nella maggior parte dei casi, un buon controllo della componente articolare. PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 115 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 non manifestano le alterazioni dermatologiche ma che hanno parenti di primo grado affetti dalla malattia. La sinovite psoriasica si caratterizza per una notevole iperplasia vascolare, mentre sono rari gli aggregati linfocitari tipici dell’artrite reumatoide. La sintomatologia articolare si accompagna a segni e sintomi piuttosto tipici quali dattiliti, talalgia, tendiniti recidivanti, sintomatologia tipo sciatica mozza (dovuta all’interessamento delle articolazioni sacroiliache). Le manifestazioni extra-articolari più frequenti si hanno a livello oculare, con uveiti. Gli indici di flogosi non sono necessariamente elevati (molto rara la positività per FR e aCCP, predittivi di forme poliarticolari a decorso erosivo). La positività per la ricerca di HLA-B27 è variabile tra le diverse forme cliniche, con predominanza in quella simil-spondilitica, e in media pari al 25% dei pazienti esaminati nelle varie casistiche. L’indagine ultrasonografica riveste un ruolo importante nella valutazione delle entesi, dei tendini e delle guaine tendinee. La radiologia convenzionale può mostrare aspetti caratteristici: iperostosi, erosioni marginali coinvolgenti anche le IFD accompagnate a fenomeni osteoproduttivi (erosioni a “orecchio di topo”); al rachide aspetti pre-erosivi ed erosivi a carico dei corpi vertebrali e la formazione di pseudo-sindesmofiti. La terapia si differenzia in base alla presentazione clinica, variando dall’impiego esclusivo di FANS a dosaggio pieno all’utilizzo di DMARDs e anti-TNF-α. Artriti enteropatiche Fino al 30% dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (rettocolite ulcerosa, malattia di Crohn) possono presentare manifestazioni reumatologiche; nel 10% dei casi, in particolare, si riscontra un’artrite periferica; un altro 10% dei pazienti può presentare coinvolgimento dello scheletro assiale. Le manifestazioni reumatologiche sono spesso infiammatorie, parzialmente correlabili alla fase infiammatoria intestinale. Pertanto, sono generalmente responsive a un adeguato trattamento della patologia gastroenterica. Un accenno a parte merita il morbo di Whipple, entità nosologica riconosciuta piuttosto recentemente, correlata all’infezione duodenale da Tropheryma whippelii, in cui la comparsa di una poliartrite periferica, simil-reumatoide, può precedere anche di alcuni anni la comparsa della sintomatologia gastroenterica. REUMATOLOGIA pratica 116 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI Malattia di Reiter Con questo termine si raggruppano le artriti che vengono definite “reattive”, in quanto si sviluppano a seguito di un’infezione batterica genitourinaria o del tratto gastroenterico. La prevalenza è sovrapponibile nei due sessi, e l’incidenza è più elevata nei soggetti HLA-B27 positivi. L’età media dei malati è di circa 30 anni. Sul piano clinico si presentano più frequentemente come mono o oligoatrite (con coinvolgimento soprattutto del ginocchio). In fase acuta non è infrequente la presentazione poliarticolare. Il decorso è benigno, a risoluzione spontanea nella maggior parte dei casi. Nel 20% dei pazienti la sintomatologia può essere persistente e richiedere un trattamento di fondo. I pazienti HLA-B27 positivi sono particolarmente a rischio di evoluzione in spondilite anchilosante. A causa della latenza tra l’episodio infettivo e l’esordio della sintomatologia articolare (da pochi giorni fino a 6 settimane), la ricerca dell’agente eziologico su campioni biologici è spesso infruttuosa. Quando possibile, con il trattamento antibiotico mirato si può ottenere la rapida remissione dell’artrite. BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO Fam AG. Paraneoplastic rheumatic syndromes. Baillieres Best Pract Res Clin Rheumatol 2000;14:515-33. Hübscher O. Pattern recognition in arthritis. In: Hochberg MC, Silman AJ, Smolen JS, Weinblatt ME, Weisman MH, eds. Rheumatology. 3rd ed. New York: Elsevier 2003, pp. 191-7. Masuko-Hongo K, Kato T, Nishioka K. Virus-associated arthritis. Best Pract Res Clin Rheumatol 2003;17:309-18. McCune WJ, Golbus J. Monoarticular arthritis. In: Harris ED Jr, Budd RC, Firestein GS, Genovese MC, Sergent JS, Ruddy S, Sledge CB, eds. Kelley’s Textbook of Rheumatology. 7th ed. Philadelphia, PA: Elsevier-Saunders 2005, pp. 501-13. Mody GM, Parke FA, Reveille JD. Articular manifestation of human immunodeficiency virus infection. Best Pract Res Clin Rheumatol 2003;17:265-87. Montecucco C, Caporali R. Dolore osteoarticolare. In: Ascari E, Balduini C, eds. Medicina interna per problemi diagnostici. Torino: UTET 1997, pp. 2617-98. Sanmarti R, Canete JD, Salvador G. Palindromic rheumatism and other relapsing arthritis. Best Pract Res Clin Rheumatol 2004;18:647-61. Sieper J, Rudwaleit M, Khan MA, Braun J. Concepts and epidemiology of spondyloarthritis. Best Pract Res Clin Rheumatol 2006;20:401-17. Todesco S, Gambari PF. Malattie reumatiche. 3rd ed. Milano: McGraw-Hill 2002, pp. 137-66. INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLE OLIGO/POLIARTRITI LA NOTA 79: L’INIZIO DI UN CAMMINO DIFFICILE Pochi mesi fa è stata emanata la nuova nota 79, che va a sostituire la precedente e la 79bis, per quanto concerne la prescrizione a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) dei farmaci per la prevenzione delle fratture da fragilità. La grande novità della precedente nota fu sicuramente l’introduzione della possibilità della prevenzione primaria delle fratture, anche se limitatamente ai soggetti cortisonati, per quanto concerne l’alendronato e il risedronato. La grande novità dell’attuale nota 79 è certamente l’estensione della possibilità della prevenzione primaria anche a soggetti non cortisonati con “storia familiare di fratture vertebrali”, con “artrite reumatoide e altre connettiviti”, con “menopausa prima dei 45 anni”, e a soggetti “in terapia cortisonica cronica” anche a dosi inferiori a 5 mg. Tali soggetti devono presentare una sufficiente demineralizzazione (valutata con densitometria ossea o ultrasonometria). I soggetti che, pur non essendo cortisonati e non presentando i suddetti fattori di rischio, abbiano una grave demineralizzazione, possono ugualmente usufruire della terapia a carico del SSN. Pertanto, in attesa di una carta di rischio che metta insieme alla densità ossea 4-5 variabili cliniche, che consentano di stabilire il rischio di frattura a 10 anni, la nuova nota 79 conferisce per la prima volta un ruolo alla densità minerale ossea, all’ultrasonometria e ad alcuni fattori di rischio. L’attuale nota 79, pertanto, può essere considerata l’inizio di un cammino, che comunque è irto di difficoltà e di problematiche non risolte. Alcuni aspetti di questa nota possono destare qualche BRUNO FREDIANI STEFANO GIOVANNONI Centro per l’Osteoporosi e per la Diagnosi Medico Strumentale di Medicina OsteoArticolare, Generale Istituto di Responsabile Reumatologia,Area Università Osteo-mio-articolare, di Siena Società [email protected] Italiana di Medicina Generale perplessità sul piano del buonsenso e persino della medicina basata sull’evidenza. La cosa non è di poco conto se si pensa che una nota condiziona sempre pesantemente i comportamenti della pratica clinica quotidiana, nel bene e nel male. Più specificamente vengono infatti legittimate la densitometria femorale (non meglio specificata) e l’ultrasonometria del calcagno e delle falangi, dimenticando completamente la densitometria lombare. A tal riguardo ricordo che la soglia da superare è un T-score di -3 per femore e calcagno e di -4 per la falange se è anche presente uno dei sopra detti fattori di rischio. In assenza di questi ultimi, la soglia da superare è maggiore: rispettivamente -4 e -5. Bisogna ricordare che in origine la densitometria a doppio raggio e la relativa soglia “diagnostica” OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di -2,5 sono state messe a punto a livello lombare, e che l’estensione della soglia di -2,5 a livello femorale è stata il frutto di una convenzione utile più a semplificare i comportamenti quotidiani piuttosto che a renderli più accurati. Infatti, numerosi sono i lavori, uno nostro recente compreso, che dimostrano che un T-score di -2,5 a livello lombare corrisponde a una soglia di -1,5, -2 a livello femorale, in termini di predizione del rischio di frattura. Pertanto si può capire come il raggiungimento di una soglia di -3 o -4 a livello femorale (collo o totale) non sia frequente, anche in soggetti fortemente demineralizzati a livello lombare. Solo il triangolo di Ward femorale fa eccezione a questa regola, ma esso non viene usato da nessuno per la sua estrema variabilità. Pertanto, la nuova nota 79 rischia di portare a morte la prima e più importante sede di accertamento densitometrico che, pur presentando a volte falsi negativi in presenza di osteoartrosi, resta la più sensibile in fase sia diagnostica sia di monitoraggio terapeutico, a condizione che siano effettuate una buona scansione e una buona analisi. Il problema è proprio questo: l’attuale nota rischia di indurre comportamenti semplificatori, livellando in basso la qualità degli esami densitometrici e banalizzandone l’enorme portata. È ovvio che può sembrare più semplice l’esecuzione di un esame femorale sia basale sia in fase di compa- REUMATOLOGIA pratica LA NOTA 79: IL PARERE DEL MEDICO DI FAMIGLIA E DELLO SPECIALISTA DICEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINE 117-119 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 117 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 razione, ma soprattutto nei singoli soggetti la variazione dell’intrarotazione in fase di posizionamento rappresenta un punto debole della scansione femorale, tra l’altro non più correggibile in fase di analisi. D’altro canto, un’adeguata analisi di ogni singola vertebra è certamente complessa e necessita di notevole esperienza, soprattutto quando si devono selezionare le vertebre da escludere dal conteggio del T-score, ma consente di rimediare facilmente agli errori di posizionamento, peraltro molto meno probabili rispetto alla scansione femorale. Un’altra ombra della nuova nota 79 è la sua applicabilità esclusivamente in soggetti oltre i 50 anni, cosa che sembra ingiustificabile soprattutto per i soggetti cortisonati. È ovvio che i dati di letteratura nei pazienti più giovani sono meno solidi, ma questa problematica riguarda anche i soggetti tra i 50 e i 60 anni. Va ricordato che i farmaci contemplati dalla nuova nota 79 per la prevenzione primaria delle fratture da fragilità sono: alendronato, risedronato, ibandronato, raloxifene e ranelato di stronzio. Per quanto concerne la prevenzione secondaria delle fratture da fragilità, ossia la prevenzione in chi ha già almeno una frattura, la nota 79 non fornisce alcuna indicazione su quale sia la soglia minima per poter considerare come frattura una deformità vertebrale, rischiando di portare a un’eccessiva soggettività e discrezionalità e, conseguentemente, secondo i casi, a un’enfatizzazione o a una sottovalutazione diagnostica. La valutazione qualitativa di una deformità vertebrale è importantissima, ma essa non viene certamente aiutata se non si indicano i criteri quantitativi di misurazione che si devono sposare al dato qualitativo. Caso mai andava ribadito, onde evitare valutazioni poco specifiche, che la riduzione di altezza del 20% è certamente soglia più ragionevole di quella del 15%. Un passo avanti è invece stato fatto riguardo la collocazione del teriparatide e del paratormone non solo come farmaci di seconda scelta da utilizzare dopo il fallimento di altre terapie previste dalla nota, ma anche come presidi di prima scelta nei soggetti con almeno 3 fratture vertebrali severe o 2 fratture vertebrali severe e un femorale. Anche in questo caso, comunque, la nota necessita di chiarimenti per la complessità di interpretazione e applicazione del concetto di frattura severa e moderata, allorché essa indica come severa una riduzione di altezza del 50% rispetto alle vertebre adiacenti, che corrisponde a una riduzione del 40% rispetto al diametro posteriore della stessa vertebra secondo Genant. REUMATOLOGIA pratica 118 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI In realtà, perché si possa equiparare il 40 al 50% bisogna riferirsi a una vertebra più grande, ossia sottostante e non sovrastante. Poniamo pertanto il caso di un soggetto che abbia fratturate L2, L3, L4: non possiamo certo riferirci come riferimento di normalità a L5 (vertebra molto variabile fisiologicamente), e quindi saremo costretti a considerare L1, quindi una vertebra più piccola, con conseguente minima probabilità di raggiungere il 50% e quindi la rimborsabilità del farmaco. Questo accade ancor più man mano che aumenta il numero di fratture vertebrali, per cui il paradosso è che più un paziente ha fratture vertebrali, meno ha la possibilità di accedere al teriparatide tramite il SSN. Ci chiediamo poi perché un paziente con 4, 5, 6… fratture moderate non possa accedere al teriparatide in prima scelta. A tal riguardo non bisogna dimenticare che esiste un razionale affinché in una terapia sequenziale si possa ritenere meglio sfruttato il teriparatide prima di un bisfosfonato, piuttosto che dopo. Il testo della nota, inoltre, non prevede il teriparatide o il paratormone nel caso di frattura femorale o vertebrale subentrata dopo il trattamento farmacologico per una frattura femorale, salvo poi contraddirsi successivamente nel capitolo “background” ammettendo invece il caso della frattura vertebrale dopo quella di femore, trascurando peraltro il caso di una frattura femorale dopo un’altra femorale. La nota, inoltre, non tratta la possibilità di peggioramento di fratture vertebrali preesistenti. La Società Italiana Osteoporosi e Malattie Metabolismo Minerale e Scheletrico (SIOMMMS) ha prodotto una nota esplicativa che affronta alcune di queste problematiche, ma certamente essa non ha valore legale, e nell’attesa di una non certa riedizione del testo ministeriale molti sono i dubbi e la paura di sbagliare che assalgono quotidianamente gli operatori del settore che avranno, grazie al diffondersi della medicina difensiva, il risultato di negare più spesso il farmaco a chi ne ha bisogno e diritto. Anche in conseguenza di queste amare considerazioni e constatazioni, ci chiediamo perché il testo della nuova nota 79 non sia stato sottoposto per tempo all’attenzione del consiglio direttivo delle società scientifiche, dei medici specialisti e dei medici di medicina generale, al fine di mettere a punto un testo che, su basi scientifiche solide ed in funzione del buon rapporto costo/beneficio, desse indicazioni attuabili con più efficacia e sensibilità. LA NOTA 79: IL PARERE DEL MEDICO DI FAMIGLIA E DELLO SPECIALISTA DICEMBRE 2007 NUMERO 4 LA NOTA 79: LUCI E OMBRE PER LA MEDICINA GENERALE ITALIANA La nota 79 ha introdotto nell’assistenza primaria importanti novità, confermando con un corposo background principi e impostazioni, derivanti dalla letteratura nazionale e internazionale più accreditata, che ci trovano essenzialmente concordi nell’approccio alla prevenzione delle fratture. Allo stesso modo, però, la formulazione stessa della nota ha creato in alcuni passaggi non pochi problemi interpretativi e gestionali nella pratica delle cure primarie per mancanza di chiarezza e per l’introduzione della metodica densitometrica a ultrasuoni. Nel territorio è molto sentito il problema della qualità della risposta a richieste di indagini strumentali, qualità che molto spesso è carente, specialmente nel campo della densitometria ossea, con variabili che dipendono dalla struttura erogante la prestazione, sia pubblica sia accreditata (si accredita la struttura o quel particolare processo diagnostico?), dallo strumento, dal metodo usato e dall’operatore. Complica non poco le cose l’introduzione della densitometria a ultrasuoni, perché metodica non ancora suffragata da dati concordi di letteratura che, anzi, la relegano (secondo le attuali Linee Guida internazionali più accreditate) tuttalpiù a metodica di screening per selezionare pazienti che dovranno effettuare la densitometria ossea a raggi X (DXA). Ci sembra un controsenso, nel momento in cui è dimostrato che lo screening dell’osteoporosi non è metodica efficace o efficiente, almeno prima dei 65 anni, e una buona parte delle densitometrie richieste è inappropriata. Inoltre, la metodica a ultrasuoni non fa diagnosi di osteoporosi, secondo i principi dettati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), perché non misura la densità ossea (BMD); il T-score non è equivalente a quello della DXA, e questo può portare, in pratica, a improponibili raffronti con dati DXA già in possesso del paziente; due stessi dati ultra- sonografici non sono utili per il follow-up. Se a queste problematiche d’uso aggiungiamo anche quelle già considerate per la DXA sulla qualità di processo e di esito, si capisce bene come possa essere possibile spesso avere “numeri” in libertà, su cui giustificare troppo spesso trattamenti protratti per anni, importanti per la salute e la sicurezza del nostro paziente. Per scarsa chiarezza interpretativa della nota, per quanto riguarda la BMD femorale ci riferiamo alla non precisazione se si tratta di collo-femore o femore totale prossimale e alla correlazione esistente tra questa e la BMD vertebrale, considerando che la classificazione OMS dell’osteoporosi si basa su DXA vertebrale. Siamo sicuramente d’accordo con l’introduzione della valutazione dei fattori di rischio di frattura che prende in considerazione anche la prevenzione primaria: è un’operazione culturale che riporta alla valutazione della persona intera nel suo contesto, e può aiutare anche a fare a meno della densitometria, specialmente quando non c’è certezza di qualità. In questo settore, notiamo che non è stata introdotta la storia materna di frattura di femore prima dei 75 anni, come riportato nella letteratura accreditata. Siamo complessivamente d’accordo con i valori densitometrici usati per la soglia terapeutica, perché corrispondono ai bassi valori di BMD dei pazienti dei grandi trial che hanno portato alla registrazione dei farmaci, che sono tanto più attivi quanto più bassa è la densità ossea e/o in presenza di fratture: questo permette di sfruttare un favorevole NNT (Number Needed to Treat), che non ritroviamo nel basso rischio. Non dimentichiamo poi che l’età media dei pazienti arruolati era molto avanzata. La valutazione clinica del rischio di frattura porterà all’elaborazione di indicatori di rischio italiani che dovranno essere validati sulla popolazione generale. La Medicina Generale farà la sua parte per costruire, condividere, progettare, sperimentare le carte di rischio di frattura. STEFANO GIOVANNONI Medico di Medicina Generale Responsabile Area Osteo-mio-articolare, Società Italiana di Medicina Generale REUMATOLOGIA pratica B. FREDIANI, S. GIOVANNONI PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 119 DICEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINE 120-127 SPONDILOARTRITI Parole chiave Spondiloartriti • Diagnosi • Terapia RIASSUNTO Le spondiloartriti (SpA) rappresentano un gruppo di malattie infiammatorie articolari a decorso cronico che hanno in comune molteplici aspetti epidemiologici, patogenetici, clinici e radiologici. In questo gruppo sono classificate le seguenti patologie: spondilite anchilosante primitiva, artrite psoriasica, artrite reattiva, spondiloartriti associate a malattie infiammatorie intestinali e spondiloartriti indifferenziate. La sede primaria del processo infiammatorio delle SpA è l’entesi. Tale interessamento è responsabile di gran parte delle manifestazioni articolari tipiche delle SpA, sia assiali sia periferiche, quali la sacroileite, la spondilite, l’entesite, la dattilite e l’oligoartrite. Non esistono test di laboratorio “diagnostici” per le SpA. La presenza o l’assenza di HLA B27 non è sufficiente a confermare o a escludere la diagnosi. Sebbene l’individuazione di una SpA si basi essenzialmente sulle manifestazioni cliniche, le metodiche di imaging (radiologia convenzionale, ma soprattutto ecografia e risonanza magnetica) sono fondamentali per confermare il sospetto diagnostico, per definire l’estensione della malattia e per seguirne l’evolutività. Il trattamento delle SpA si è spesso basato sull’associazione di un FANS e un farmaco di “fondo” (sulfasalazina, metotressato, leflunomide o ciclosporina). Più recentemente, vengono utilizzati i farmaci biologici con un’azione anti-TNF-α che presentano una notevole efficacia sui sintomi e i segni delle SpA e possono arrestare o ritardare l’evoluzione del danno radiologico. INTRODUZIONE Le spondiloartriti o spondilo-entesoartriti sieronegative (SpA) rappresentano un gruppo di malattie infiammatorie articolari a decorso clinico che hanno in comune molteplici aspetti epidemiologici, patogenetici, clinici e radiologici. Il termine spondilo-entesoartrite rimarca i tre aspetti principali che caratterizzano queste affezioni, quali l’interessamento del rachide, delle entesi e delle articolazioni periferiche. In questo gruppo sono classificate le seguenti patologie: • spondilite anchilosante (SA); • artrite psoriasica (AP); • artrite reattiva (ARe); • spondiloartriti associate a malattie infiammatorie intestinali o artriti enteropatiche (AE); • spondiloartriti indifferenziate. Epidemiologia La prevalenza delle SpA varia, a seconda delle popolazioni studiate, dallo 0,2 all’1,9%. Eziopatogenesi Nel processo eziopatogenetico delle SpA sono importanti fattori genetici predisponenti (ad es. HLA B27) e ambientali scatenanti (ad es. agenti infettivi). L’antigene di istocompatibilità di classe I HLA (Human Leukocyte Antigen) B27 risulta strettamente correlato alla suscettibilità di sviluppare i vari tipi di SpA, e in particolare alla loro localizzazione assiale; tuttavia, la REUMATOLOGIA pratica 120 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI prevalenza di tale marcatore varia in rapporto al tipo di malattia (95% nei pazienti con SA, 40% nei pazienti con AP) e alle caratteristiche etniche del paziente. Le infezioni batteriche sono da tempo riconosciute come un possibile fattore eziologico di molte SpA. È stata dimostrata la possibilità da parte di clamidie e di alcuni enterobatteri di scatenare un’ARe. Quadro clinico La sede primaria del processo infiammatorio delle SpA è l’entesi, cioè il punto di inserzione ossea di legamenti, tendini e di altre componenti fibrocartilaginee dell’apparato locomotore. Tale interessamento è responsabile di gran parte delle manifestazioni cliniche tipiche delle SpA, sia assiali sia periferiche, quali la sacroileite, la spondilite, l’entesite, la dattilite e l’oligoartrite. SALVATORE D’ANGELO, CARLO PALAZZI*, IGNAZIO OLIVIERI Dipartimento di Reumatologia della Regione STEFANO Basilicata,GIOVANNONI Ospedale “San Carlo”, Potenza e Ospedale “Madonne delle Grazie”, Matera; * Medico Unità Operativa di Medicina di Reumatologia, Generale Casa di Cura Responsabile “Villa Pini”, Chieti Area Osteo-mio-articolare, Società [email protected] Italiana di Medicina Generale DICEMBRE 2007 NUMERO 4 Vanno inoltre menzionate le manifestazioni extra-articolari come quelle oculari (uveite anteriore, congiuntivite), mucocutanee (psoriasi, cheratoderma blenorragico, balanite circinata), cardiache (insufficienza aortica, disturbi di conduzione atrio-ventricolare) e intestinali (colite cronica). Valutazione di laboratorio Non esistono test di laboratorio “diagnostici” per le SpA. Il termine “SpA sieronegative” deriva dal fatto che generalmente risultano negativi i test per il fattore reumatoide. Un incremento degli indici di flogosi si riscontra in circa il 60% dei casi. La presenza o assenza di HLA B27 non è sufficiente a confermare o a escludere la diagnosi di SpA. Indagini strumentali Sebbene la diagnosi di SpA si basi essenzialmente sulle manifestazioni cliniche, le metodiche di imaging sono fondamentali per confermare il sospetto diagnostico, per definire l’estensione della malattia e per seguirne l’evolutività. Le alterazioni rilevabili con la radiologia convenzionale sono solitamente tardive. Per poter identificare i segni precoci di coinvolgimento entesitico, occorre utilizzare metodiche a più elevata sensibilità quali l’ecografia combinata con il power Doppler e, soprattutto, la risonanza magnetica (RM). La scintigrafia è un esa- me oggi poco utilizzato perché la scarsa specificità fa da contraltare alla sua elevata sensibilità. Classificazione Non è sempre agevole differenziare tra loro le diverse SpA perché sono molti gli aspetti clinici in comune. Lo European Spondyloarthropathy Study Group (ESSG) ha proposto nel 1991 criteri classificativi dell’intero gruppo delle SpA. Questi criteri (Tab. I) hanno un’alta specificità e sensibilità, ma non sono sufficienti a classificare pazienti con manifestazioni isolate (artrite periferica, dattilite, entesite, rachialgia infiammatoria o uveite anteriore acuta). I criteri di Amor (Tab. II) hanno il vantaggio, rispetto a quelli dell’ESSG, di poter classificare come affetto da una SpA anche un paziente con una forma indifferenziata che non presenti almeno uno dei due criteri maggiori ESSG (dolore infiammatorio vertebrale o artrite periferica). Comunque, anch’essi non sono in grado di classificare pazienti con manifestazioni isolate (nessun singolo criterio raggiunge il punteggio minimo di 6). Terapia La terapia delle SpA si basa di norma sull’associazione di un antinfiammatorio non steroideo (FANS) e un trattamento cosiddetto “modificante l’evoluzione della malattia” (DMARD) con farmaci quali sulfasalazina, metotressato, leflunomide o ciclosporina. Comunque, TABELLA I. Criteri classificativi delle spondiloartriti dello European Spondyloarthropathy Study Group (1991). CRITERI MAGGIORI (ALMENO UNO) u Dolore infiammatorio vertebrale (cervicale, dorsale o lombare) con almeno 4 delle seguenti caratteristiche: a) durata superiore ai 3 mesi; b) esordio insidioso; c) miglioramento con l’esercizio; d) associato a rigidità mattutina; e) insorto in soggetto di età inferiore ai 45 anni u Artrite periferica asimmetrica o prevalentemente localizzata agli arti inferiori CRITERI MINORI (ALMENO UNO) u Familiarità (primo o secondo grado) per spondilite anchilosante, psoriasi, artrite reattiva, uveite acuta o malattia infiammatoria intestinale u Psoriasi (pregressa o in atto, documentata da un medico) u Malattia infiammatoria intestinale (morbo di Crohn o colite ulcerosa, confermati con esame radiologico o endoscopico) u Dolore gluteo alternante (riferito o in atto) u Entesopatia (dolore spontaneo, riferito o in atto, o dolorabilità alla pressione all’inserzione calcaneare del tendine d’Achille o della fascia plantare) u Uretrite o cervicite non gonococcica o diarrea acuta nel mese precedente l’insorgenza dell’artrite u Reperto radiologico di sacroileite definita (se bilaterale grado 2-4, se monolaterale grado 3-4) Sensibilità 87%, specificità 87% (con sacroileite). Sensibilità 77%, specificità 89% (senza sacroileite). REUMATOLOGIA pratica S. D’ANGELO, C. PALAZZI, I. OLIVIERI PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 121 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 TABELLA II. Criteri classificativi delle spondiloartriti secondo Amor (1990). PARAMETRO PUNTEGGIO A. Sintomi clinici o storia di 1. Dolore notturno e/o rigidità mattutina del rachide lombare o dorsale 1 2. Oligoartrite asimmetrica 2 3. Dolore gluteo mal localizzato Dolore gluteo alternante 1 2 4. Dita delle mani o dei piedi “a salsicciotto” 2 5. Talalgia o altra entesopatia ben definita 2 6. Irite 2 7. Uretrite non gonococcica o cervicite entro un mese dall’esordio dell’artrite 1 8. Diarrea acuta entro un mese dall’esordio dell’artrite 1 9. Psoriasi e/o balanite e/o malattia infiammatoria intestinale in atto o pregressa 2 B. Reperti radiologici 10. Sacroileite (stadio 2 o più se bilaterale, stadio 3 o più se unilaterale) 2 C. Predisposizione genetica 11. Positività dell’antigene HLA B27 e/o storia familiare di spondilite anchilosante, artrite reattiva, psoriasi, uveite o malattia infiammatoria cronica 2 D. Risposta al trattamento 12. Miglioramento del dolore entro 48 ore dall’assunzione di un FANS e/o rapida (48 ore) ricomparsa dopo la sospensione 2 Un paziente è considerato affetto da spondiloartrite in presenza di un punteggio ≥ 6. Sensibilità 90%, specificità 87%. questi ultimi non svolgono un ruolo centrale così come nell’artrite reumatoide, non avendo dimostrato la capacità di ridurre il danno erosivo. Recentemente, sono entrati nell’armamentario terapeutico farmaci cosiddetti “biologici” con un’azione anti-Tumor Necrosis Factor (TNF)-α (infliximab, adalimumab, etanercept), che presentano una notevole efficacia sui sintomi e i segni delle SpA e hanno dimostrato di arrestare o ritardare l’evoluzione del danno radiologico. SPONDILITE ANCHILOSANTE La SA è considerata la forma più comune e tipica delle SpA e colpisce prevalentemente lo scheletro assiale. La forma classica (primaria o idiopatica) è quella che insorge al di fuori di ogni altra condizione, e va distinta dalla secondaria, che può comparire in corso di psoriasi, ARe o malattia infiammatoria intestinale. La prevalenza varia tra lo 0,2 e l’1,8%. Il rapporto F:M è 1:3. REUMATOLOGIA pratica 122 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI Quadro clinico Manifestazioni articolari Il tipico sintomo di presentazione è rappresentato da una lombalgia e/o da un dolore gluteo di tipo infiammatorio con possibile estensione alla coscia sino alla metà prossimale del polpaccio (“sciatica mozza”). La rachialgia lombare è comunque un sintomo molto comune, presente nella popolazione generale fino a una percentuale dell’80%. Pertanto, la lombalgia infiammatoria della SA va differenziata da quella non infiammatoria di origine meccanica. I caratteri distintivi sono: esordio prima dei 40 anni, carattere insidioso, persistenza da almeno 3 mesi, associazione con rigidità mattutina, miglioramento con l’esercizio e comparsa notturna del dolore. Il progressivo e tipico irrigidimento del rachide (con protrusione anteriore del tratto cervicale, ipercifosi dorsale, scomparsa della lordosi lombare) e l’interessamento della gabbia toracica conducono a un’im- SPONDILOARTRITI DICEMBRE 2007 NUMERO 4 Manifestazioni extra-articolari L’uveite anteriore acuta (o iridociclite) è la manifestazione extra-articolare più comune (25-30%). L’attacco è tipicamente acuto e monolaterale, anche se può presentarsi anche in quello controlaterale. L’occhio appare arrossato e dolente; vi sono disturbi visivi, fotofobia e aumentata lacrimazione. Nel corso della malattia possono comparire aortite ascendente, insufficienza aortica e anomalie di conduzione atrio-ventricolare. Laboratorio Generalmente gli esami ematochimici non sono di utilità. La velocità di eritrosedimentazione (VES) è spesso elevata in fase precoce della malattia (fino al 75% dei pazienti, ma non correla con l’attività di malattia). La tipizzazione HLA B27 (positiva nel 70-90% dei casi) non può essere usata come test diagnostico. Imaging Le tipiche alterazioni rilevabili mediante la radiologia tradizionale sono rappresentate dalla presenza di sindesmofiti marginali (Fig. 1A) e della sacroileite bilaterale. Quest’ultima si caratterizza inizialmente per una sclerosi (grado I-II) a cui conseguono dapprima alterazioni erosive (grado II-III) e successivamente la fusione delle rime articolari (grado IV) (Fig. 1B). Tali alterazioni sono apprezzabili solo dopo alcuni anni dall’esordio dei sintomi clinici. La TC è utile nella valutazione di un impegno delle sacroiliache in quelle forme in cui vi sono dubbi nell’interpretazione di una Rx standard del bacino. La TC manifesta una netta superiorità nell’evidenziare le fini erosioni e l’iniziale sclerosi. La RM rappresenta la metodica che, attraverso l’identificazione dell’edema osseo, consente di porre una diagnosi precoce di sacroileite anche dopo poche settimane dall’insorgenza di una lombalgia o glutalgia infiammatoria (Fig. 2). S. D’ANGELO, C. PALAZZI, I. OLIVIERI Terapia L’iniziale trattamento della SA consiste nell’utilizzo dei FANS tradizionali o inibitori della ciclo-ossigenasi 2 (COXIBs), che risultano efficaci nel ridurre la sintomatologia dolorosa e la limitazione funzionale. In caso di inefficacia di tali farmaci, non essendovi evidenze a supporto dell’uso di steroidi e DMARDs tradizionali, è giustificato un trattamento con farmaci anti-TNF-α. Questi hanno modificato radicalmente lo scenario terapeutico della SA, considerata prima del loro avvento una malattia sostanzialmente “non curabile”. Essi determinano un rapido e sostenuto effetto sui sintomi, migliorano la qualità di vita e rallentano la progressione radiologica della malattia. ARTRITE PSORIASICA L’AP è un’enteso-artro-osteopatia infiammatoria cronica che si manifesta in soggetti con psoriasi o con familiarità per psoriasi, e che può interessare le entesi e le articolazioni sia periferiche sia assiali. La psoriasi colpisce circa il 2% dei Caucasici. Dal 7 al 42% dei pazienti con psoriasi presenta un’AP. Il rapporto F:M è circa 1:1. Quadro clinico Le manifestazioni cutanee precedono l’artrite in circa il 60% dei casi, seguono queste nel 25%, mentre sono concomitanti nel 15%. Non vi è relazione tra severità e tipo di impegno cutaneo e artrite. Nella minoranza dei pazienti in cui l’AP precede le lesioni cutanee è difficile porre una diagnosi definitiva (AP sine psoriasi). Sono noti 5 diversi subsets clinici dell’AP: • artrite prevalente delle interfalangee distali (IFD): come reperto isolato, cioè non associata ad altre localizzazioni articolari, è presente nel 8-16% dei pazienti; • artrite mutilante: dovuta all’osteolisi delle falangi. Colpisce circa il 5% dei pazienti; • poliartrite simmetrica: simile all’artrite reumatoide, se ne differenzia per il minor numero di articolazioni colpite, il raro reperto di positività del fattore reumatoide, la maggiore frequenza dell’interessamento delle IFD, la maggiore tendenza all’anchilosi ossea. Rappresenta il subset più frequente (40-60%); • oligoartrite: la presenza di un’oligoartrite con impegno prevalente delle IFD e una tenosinovite dei flessori (dita a salsicciotto o dattilite) rappresenta il pattern più tipico ma non più frequente dell’AP (15-40%). La dattilite (presente in circa il 30% dei pazienti) è caratterizzata da tumefazione diffusa dell’intero dito (Fig. 3). Frequenti e disabilitanti manifestazioni entesitiche sono costituite dalla tendinite achillea e dalla fascite plantare; REUMATOLOGIA pratica portante insufficienza funzionale e a una ridotta capacità ventilatoria. Il processo entesitico può determinare dolorabilità alla pressione in alcuni siti extra-articolari come le giunzioni costo-sternali, processi spinosi, creste iliache, grandi trocanteri femorali, tuberosità ischiatiche, tuberosità tibiali e talloni (entesite achillea e fascite plantare). Le anche sono le articolazioni extra-assiali più frequentemente coinvolte. Il loro interessamento determina dolore inguinale irradiato anche al ginocchio con riduzione della rotazione e dell’abduzione. PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 123 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 A B FIGURA 1. A) Sindesmofiti a livello del rachide cervicale. B) Fusione completa (grado IV) della sacroiliaca destra e sinistra. FIGURA 2. Edema osseo subcondrale dell’articolazione sacroiliaca dx. REUMATOLOGIA pratica 124 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI SPONDILOARTRITI DICEMBRE 2007 NUMERO 4 SX FIGURA 3. Dattilite del II dito del piede destro e onicopatia psoriasica. • impegno assiale: un interessamento, seppur minimo, delle sacroiliache e della colonna (con tipici sindesmofiti non marginali) può trovarsi in qualsiasi variante dell’AP. Si riscontra nel 20-40% dei pazienti. L’esatta prevalenza di ciascuna di queste forme è difficile da stabilirsi, perchè il quadro clinico può variare nel tempo: in più del 60% dei pazienti cambia il pattern di presentazione (ad es. oligoarticolare che evolve in poliarticolare). Laboratorio La VES è elevata nel 40-60% dei casi, soprattutto in quelli con pattern poliarticolare. Una positività a basso titolo del fattore reumatoide è presente nel 5-16% dei pazienti. L’iperuricemia, rilevabile nel 10-20% dei soggetti, correla con la severità dell’impegno cutaneo e sembra riflettere il rapido turnover cellulare. Quindi, elevati livelli di acido urico e presenza di monoartrite possono portare a un’errata diagnosi di gotta. Imaging La radiologia tradizionale mostra i caratteri di un’artrite erosiva ma con importanti fenomeni di neoformazione ossea e frequente interessamento delle IFD. Nel caso di entesite o tenosinovite (dattilite), particolare importanza rivestono l’eco power Doppler e la RM, in grado di evidenziare l’edema osseo, la tumefazione flogistica dell’inserzione tendinea e dell’eventuale borsa adiacente, la raccolta fluida nell’ambito della guaina tendinea. Terapia I FANS e i COXIBs risultano utili, così come le infiltrazioni locali di steroidi, nel controllo del dolore e della tumefazione delle articolazioni periferiche. S. D’ANGELO, C. PALAZZI, I. OLIVIERI A differenza della SA, alcuni DMARDs (sulfasalazina, metotressato, leflunomide, ciclosporina) appaiono efficaci sulle manifestazioni cutanee e articolari periferiche. L’utilizzo dei farmaci anti-TNF-α nella AP è quindi indicato nel caso di artrite periferica o entesite refrattaria ad almeno un DMARD, oppure in caso di coinvolgimento assiale non responsivo ai FANS. Va comunque sottolineato il fatto che i farmaci anti-TNF-α sono gli unici che nei trial clinici hanno dimostrato di rallentare l’evoluzione del danno radiologico. ARTRITE REATTIVA Per ARe s’intende un’artrite non suppurativa, sterile, che insorge dopo un processo infettivo (1-3 sett.) localizzato in una sede lontana da quella dell’infezione primitiva, più spesso a localizzazione genito-urinaria o enterica. La sindrome di Reiter (artrite, uretrite non gonococcica, congiuntivite) rappresenta uno dei più comuni esempi di ARe. L’incidenza annuale è di circa 4-5 casi per 100.000 abitanti. L’età di insorgenza è compresa tra i 20 e i 50 anni, con un picco alla terza decade. Il rapporto F:M è di circa 1:5. Le ARe sono le uniche forme, tra le SpA, in cui sono stati identificati gli agenti eziologici: Shigella, Salmonella, Yersinia, Campylobacter, Chlamydia e Ureaplasma. Sebbene più di un fattore genetico sia correlato alla presenza di ARe, il più importante risulta l’HLA B27 (60-80% dei casi). Quadro clinico Manifestazioni articolari L’artrite compare solitamente da 1 a 3 settimane dopo un episodio di infezione genito-urinaria o enterica, le quali possono essere lievi o del tutto inapparenti. Gran parte dei pazienti presenta un decorso subacuto con guarigione in 1-6 mesi. Nel 15-50% dei casi si susseguono attacchi ricorrenti. La forma cronica si sviluppa nel 15-30% dei soggetti e si associa frequentemente a un impegno assiale. La manifestazione più frequente è un’oligoartrite asimmetrica acuta prevalentemente localizzata alle articolazioni degli arti inferiori. Frequenti sono anche l’entesite (fascite plantare, tendinite achillea) e la dattilite. Più rara una poliartrite con possibile coinvolgimento delle mani. Nel 20-30% dei casi è presente una sacroileite (soprattutto in soggetti con HLA B27). In alcuni pazienti la sintomatologia assiale è indistinguibile da una SA. REUMATOLOGIA pratica DX PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 125 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 Manifestazioni uro-genitali Nei maschi si può avere un’uretrite con pollachiuria, bruciore durante la minzione, secrezione chiara non purulenta. Nelle femmine si hanno vulvovaginiti, cerviciti e salpingiti. Manifestazioni gastroenteriche La diarrea è spesso lieve, solo occasionalmente ematica e prolungata. Manifestazioni muco-cutanee Il cheratoderma blenorragico (il termine blenorragico è improprio, poiché non è di natura gonococcica) rappresenta la manifestazione cutanea più comune (12-14%). È caratterizzato da lesioni papulari ricoperte di croste ipercheratosiche che interessano le regioni plantari e palmari indistinguibili anche istologicamente da quelle psoriasiche. La balanite circinata esordisce con piccole vescicole localizzate al glande e al meato uretrale, che rompendosi danno luogo a piccole erosioni superficiali. Soprattutto nelle fasi iniziali, possono comparire ulcere orali non dolenti localizzate sul palato e sulla lingua. Manifestazioni oculari La congiuntivite è la complicanza oculare più usuale. Solitamente bilaterale, si manifesta con rossore, bruciore, aumentata lacrimazione. Probabilmente l’uveite si manifesta come evento indipendente dovuto alla comune suscettibilità a HLA B27. Laboratorio Vanno valutati 2 aspetti fondamentali: l’infezione e l’infiammazione. La ricerca diretta della Chlamydia va eseguita, su campioni da tampone uretrale o brushing di cervice uterina, mediante ricerca del RNA ribosomiale con metodi di amplificazione genica. Per quanto concerne la ricerca indiretta di Chlamydia, i test sierologici non sono utili in tutti i casi, in quanto si positivizzano tardivamente. L’Ureaplasma è facilmente coltivabile dalle secrezioni uro-genitali. L’esame colturale delle feci è importante per la ricerca del germe scatenante anche quando i sintomi enterici sono scarsi o assenti. La positività della coprocoltura si ritrova di solito entro le 2 settimane dall’esordio dell’enterite. La ricerca di anticorpi specifici può ritenersi utile quando si evidenzi un significativo incremento in più classi immunoglobuliniche. Durante la fase acuta sono presenti una moderata leucocitosi e un aumento di VES e proteina C reattiva (PCR). REUMATOLOGIA pratica 126 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI Imaging Le metodiche di imaging consentono di identificare le alterazioni precedentemente descritte per la SA e l’AP. Terapia Per le forme acute i farmaci di prima scelta sono i FANS, e talora i cortisonici. L’utilità del trattamento antibiotico è ancora da quantificare, e comunque sembra maggiore per le ARe conseguenti a infezioni urinarie (mediante tetracicline e macrolidi). Per le forme cronicizzate, oltre ai FANS può risultare valido un trattamento con salazopirina. Molti dati dimostrano l’efficacia dei farmaci anti-TNF-α per le ARe cronicizzate refrattarie al trattamento tradizionale. SPONDILOARTRITI ASSOCIATE A MALATTIE INFIAMMATORIE INTESTINALI Una malattia infiammatoria articolare può essere considerata una AE se il tratto gastroenterico è coinvolto in maniera diretta nel processo patogenetico. Le più comuni AE si associano alla colite ulcerosa (CU) e alla malattia di Crohn (MC). La CU e la MC possono essere considerate congiuntamente, in quanto condividono molti degli aspetti reumatologici. L’artrite rappresenta la manifestazione extra-intestinale più frequente in entrambe le condizioni (fino al 40% dei casi). Quadro clinico La prevalenza dell’impegno periferico varia dal 17 al 20% dei casi, con una maggiore frequenza nella MC (nella CU è circa il 10%). L’artrite è pauciarticolare, generalmente asimmetrica, spesso con carattere transitorio e migrante. Sono interessate sia le grosse sia le piccole articolazioni, solitamente degli arti inferiori. Solo raramente (10%) l’artrite diventa cronica con possibili lesioni distruttive a carico delle anche e delle piccole articolazioni. Frequenti sono le dattiliti e le entesiti (tendinite achillea o fascite plantare). Di regola nella MC i sintomi intestinali precedono o sono coincidenti con quelli articolari, anche se in qualche caso l’artrite può precedere, anche di qualche anno, le manifestazioni intestinali. Nella CU vi è una più stretta relazione temporale tra attacchi di artrite e fasi attività di malattia a livello enterico. L’impegno assiale è descritto in entrambe le condizioni. La prevalenza della sacroileite varia dal 10 al 20%, quella della spondilite dal 7 al 12%. SPONDILOARTRITI DICEMBRE 2007 NUMERO 4 Laboratorio Non vi sono test diagnostici. Reperti comuni sono un aumento degli indici di flogosi e un’anemia ipocromica da perdite ematiche o da malattia cronica. Imaging Le metodiche di imaging consentono di identificare le alterazioni precedentemente descritte per la SA e l’AP. Terapia I FANS vanno utilizzati con molta cautela, in quanto possono peggiorare l’interessamento intestinale. I COXIBs presentano invece un migliore profilo di sicurezza. Nel caso di forme cronicizzate sono utili la salazopirina e soprattutto i farmaci anti-TNF-α, che appaiono molto efficaci anche sulle manifestazioni intestinali. SPONDILOARTRITI INDIFFERENZIATE Con il termine di SpA indifferenziata si identifica una condizione che presenta manifestazioni cliniche tipiche del gruppo delle SpA ma non sufficienti per porre una diagnosi di un’altra SpA definita (SA, AP, ARe o AE). Le SpA indifferenziate possono esordire a qualunque età, con una prevalenza non nota fino a pochi anni fa in quanto, per l’assenza di criteri di classificazione e diagnosi, le SpA indifferenziate erano sfuggite agli studi epidemiologici. Dati recenti indicano una prevalenza di circa lo 0,7%. Quadro clinico Vi è uno spettro clinico esteso che risulta dalle varie combinazioni delle manifestazioni tipiche delle SpA. Il sospetto clinico di una SpA indifferenziata può essere posto sulla base della presenza di manifestazioni tipiche delle SpA, positività dell’HLA B27, storia clinica o familiarità per patologie associate (psoriasi, malattie infiammatorie intestinali), con impossibilità, però, a configurare un quadro di una SpA definita. In molti casi la diagnosi di SpA indifferenziata può essere provvisoria, come nel caso di forme incomplete di SpA definite (ARe con infezione scatenante asintomatica, AP sine psoriasi, sacroileite pre-radiografica nella SA). Per quanto riguarda il decorso è possibile identificare 2 scenari: S. D’ANGELO, C. PALAZZI, I. OLIVIERI 1. evoluzione verso una spondiloartrite definita (SA, AP); 2. permanenza in uno stato indifferenziato per molto tempo. Laboratorio Generalmente gli esami ematochimici non sono molto utili. La VES e la PCR non sono sempre elevate. La tipizzazione HLA B27 non è un test dirimente, ma può avvalorare il sospetto diagnostico. Imaging Le metodiche di imaging consentono di identificare le alterazioni precedentemente descritte per la SA e l’AP. Terapia A seconda delle manifestazioni prevalenti, possono essere utilizzati FANS, COXIBs, infiltrazioni locali di corticosteroidi (in caso di mono-oligoartrite, entesite o dattilite) e la sulfasalazina. L’utilizzo dei farmaci anti-TNF-α è indicato nel caso di artrite periferica o entesite refrattaria al trattamento tradizionale. BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO Amor B, Dougados M, Mijiyawa M. Criteria of the classification of spondylarthropathies. Rev Rum Mal Osteoartic 1990;57:85-9. Baraliakos X, Landewe R, Hermann KG, Listing J, Golder W, Brandt J, et al. Inflammation in ankylosing spondylitis: a systematic description of the extent and frequency of acute spinal changes using magnetic resonance imaging. Ann Rheum Dis 2005;64:730-4. D’Agostino MA, Olivieri I. Enthesitis. Best Pract Res Clin Rheumatol 2006;20:473-86. Dougados M, van der Linden S, Juhlin R, Huitfeldt B, Amor B, Calin A, et al. The European Spondylarthropathy Study Group preliminary criteria for the classification of spondylarthropathy. Arthritis Rheum 1991;34:1218-27. Gladman DD. Psoriatic arthritis. In: Khan MA, ed. Ankylosing spondylitis and related spondyloarthropathies. Spine: state of the art review. Philadelphia: Hanley and Belfus 1990:637-56. McEwen C, DiTata D, Lingg C, Porini A, Good A, Rankin T. Ankylosing spondylitis and spondylitis accompanying ulcerative colitis, regional enteritis, psoriasis and Reiter’s disease. Arthritis Rheum 1971;14:291-318. 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PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 127 DICEMBRE 2007 VOLUME 1 PAGINE 128-131 Parole chiave Artrite reumatoide • Anti-TNF • Costo-efficacia • QALY ASPETTI FARMACOECONOMICI LEGATI ALLA GESTIONE DELL’ARTRITE REUMATOIDE RIASSUNTO L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica con prevalenza stimata pari allo 0,5-1% nel mondo, ma il suo carattere progressivo e la sua comparsa in giovane età comportano per la sua gestione un importante consumo di risorse sia per il paziente e la sua famiglia, sia per la società. A tale stato morboso, infatti, sono associati elevati costi diretti di gestione della malattia, costi indiretti dovuti alla perdita di produttività del paziente e costi intangibili legati alla compromissione della qualità della vita. Negli ultimi anni l’immissione in commercio dei farmaci biologici ha segnato una nuova era nel dominio dell’infiammazione sistemica. Tali agenti, infatti, hanno dimostrato un’elevata efficacia non solo nel migliorare i sintomi della malattia, ma anche nel rallentare la progressione del danno articolare. Grazie alla loro considerevole efficacia nell’artrite reumatoide molti studi hanno riscontrato che gli anti-TNF hanno un rapporto di costo-efficacia tale da giustificarne l’utilizzo nella pratica clinica. INTRODUZIONE L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica a eziologia sconosciuta caratterizzata inizialmente da un processo infiammatorio a carico della sinovia articolare. I sintomi e i segni dell’infiammazione decorrono nel tempo in modo fluttuante, alternandosi spontaneamente periodi di forte infiammazione a periodi di relativo miglioramento. Tuttavia molti pazienti con malattia in fase attiva sviluppano progressivamente limitazioni funzionali. Tale disabilità fisica porta alla riduzione delle capacità lavorative del paziente, ne limita la libertà personale e la possibilità di svolgere le abituali attività sociali, coinvolgendo la sfera affettiva/emotiva, compromettendo, quindi, in senso più generale, la qualità di vita associata allo stato di salute. Pazienti con artrite reumatoide hanno inoltre mostrato un rischio di mortalità che è direttamente correlato allo stadio clinico, ed è circa due volte più grande di quello della popolazione generale a parità di caratteristiche demografiche 1. L’AR può manifestarsi a qualsiasi età, ma il picco di incidenza è tra i 40 e i 60 anni. La prevalenza risulta infine maggiore nelle donne che negli uomini e cresce con l’aumentare dell’età. La prevalenza stimata varia tra lo 0,5 e l’1% nel mondo 2 3. A causa della natura cronica della malattia e del fatto che frequentemente i pazienti raggiungono un certo grado di disabilità durante gli anni più produttivi, l’AR ha un impatto economico che appare sproporzionato REUMATOLOGIA pratica 128 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare da uno stato morboso con una così bassa prevalenza. A tale stato morboso, infatti, sono associati elevati costi diretti di gestione della malattia, costi indiretti dovuti alla perdita di produttività del paziente con mancato guadagno per lui e la famiglia (circa il 50% dei pazienti dopo 10 anni dalla comparsa della malattia risultano inabili al lavoro) 4 e costi intangibili legati alla compromissione della qualità della vita e alla morte prematura. Guillemin et al. 5 hanno determinato il costo medio annuale associato al trattamento dell’AR (ricoveri, visite specialistiche, farmaci, supporti medici, analisi di laboratorio e procedure chirurgiche), che risulta pari a 4003 euro per paziente, di cui il 60% è rappresentato dalle ospedalizzazioni, mentre il costo dovuto alle terapie risulta essere quello rappresentato in minima parte. Westhovens et al. 6 hanno stimato il costo dell’AR in funzione della durata della malattia. I costi diretti annuali variano da 3055 euro in pazienti con diagnosi da meno di un anno, a 9946 euro in pazienti con diagnosi da più di un anno. La disabilità fisica passa dal 2 al 18% nei pazienti con diagnosi da più di SIMONA DE PORTU, LORENZO MANTOVANI CIRFF/Centro di Farmacoeconomia, Università di Napoli “Federico II” [email protected] DICEMBRE 2007 NUMERO 4 I FARMACI BIOLOGICI In poco meno di 10 anni è profondamente mutato l’approccio terapeutico all’AR. I notevoli progressi nella comprensione dell’immunopatogenesi della malattia e quelli realizzati nelle biotecnologie hanno portato allo sviluppo di agenti terapeutici in grado di colpire in maniera specifica i componenti del sistema immunitario “fuori controllo”. S. DE PORTU, L. MANTOVANI L’acquisita coscienza della gravità della malattia ha modificato il precedente approccio attendistico, che prevedeva di iniziare la terapia con farmaci antireumatici cosiddetti “di fondo” in fasi estremamente avanzate. Oggi si sa che una terapia precoce e aggressiva può determinare un significativo ritardo del danno anatomico articolare. Per controllare infatti adeguatamente il processo flogistico, il danno strutturale e il decorso della malattia, sono stati individuati alcuni fattori cruciali rappresentati dalla diagnosi precoce, dalla rapida diagnosi di aggressività della malattia e dall’instaurazione di una terapia corretta altrettanto precoce 13. L’immissione in commercio dei farmaci biologici, in particolar modo gli inibitori delle citochine proinfiammatorie del fattore di necrosi tumorale (anti-TNF), ha segnato una nuova era nel dominio dell’infiammazione sistemica dell’AR e di altre poliartriti croniche. Tali agenti biologici, infatti, hanno dimostrato un’elevata efficacia non solo nel migliorare i sintomi della malattia, ma anche nel rallentare la progressione del danno articolare, migliorare la qualità di vita e preservare lo stato funzionale. L’introduzione e lo sviluppo di questi nuovi e costosi trattamenti quali gli anti-TNF per la gestione dell’artrite reumatoide ha indotto a volgere lo sguardo alle valutazioni farmacoeconomiche, che sono di importanza cruciale ai processi decisionali, soprattutto in un momento in cui la spesa farmaceutica è in crescita continua e la necessità di ridurre i costi diventa sempre più stringente. A un costo medio annuo che si aggira tra i 12.200 e i 13.000 euro i farmaci biologici sono molto più costosi dei DMARD tradizionali, basti pensare che il costo annuale di una terapia con metotressato si aggira intorno ai 150 euro, in regime terapeutico pari a 7,5 mg per settimana 14. Questo spiega la necessità di analisi farmacoeconomiche per le nuove terapie antireumatiche, volte a stimarne il vero “valore” in termini di efficacia, costi e utilità che derivano dall’utilizzo dei farmaci biologici. VALUTAZIONI FARMACOECONOMICHE Prima della loro introduzione nella pratica clinica si ipotizzava che i costi elevati potessero in un qualche modo oscurarne il reale valore. Tuttavia, grazie alla loro considerevole efficacia nell’AR, molti studi hanno riscontrato che gli anti-TNF hanno un costo incrementale (ICER) per QALY (anno di vita aggiustato per la qualità) compreso nel range comunemente ritenuto accettabile per gli interventi clinici, dove l’ICER rappresenta REUMATOLOGIA pratica un anno. Dati confrontabili sono riportati anche da uno studio olandese 7, dove il costo medio annuo per pazienti con diagnosi da meno di due anni è pari a 5235 euro, mentre per pazienti con diagnosi da più di 10 anni è di 8243 euro. In entrambi gli studi il determinante dei costi risulta essere il grado di compromissione fisica del paziente legato quindi alla progressione della malattia nel corso degli anni. Uno studio tedesco ha valutato il costo dell’AR e di altre malattie autoimmuni determinandone sia i costi diretti, sia quelli indiretti. I costi diretti annuali sono risultati pari a 4737 euro, costi destinanti a crescere fino a 15.637 euro quando vengono inseriti nell’analisi anche i costi legati alla perdita di produttività. Anche in questo caso i costi crescono in funzione della durata della malattia e sono fortemente dipendenti dallo stato funzionale. In pazienti con un’elevata compromissione delle capacità fisiche (meno del 50%) i costi totali arrivano a essere più che duplicati (34.915 euro) 8. Tale andamento appare confermato anche in Italia da uno studio condotto da Leardini et al. 9 dove i costi totali per la gestione del paziente affetto da AR aumentano in funzione della classe di gravità di malattia definita attraverso l’indice funzionale ACR (American College of Rheumatology) 10. I costi sociali pari a 3718 euro nella prima classe di gravità crescono fino ad arrivare a 22946 euro nella quarta e ultima classe, confermando l’elevato impatto economico da attribuirsi ai costi indiretti che rappresentano più del 50% dei costi totali. Lajas et al. sottolineano la stretta relazione esistente tra i costi e la gravità della malattia, determinando un incremento di più di 7900 euro annui per ogni punto di Health Assessment Questionnaire (HAQ) 11. I farmaci rappresentano attualmente la minima parte dei costi di gestione della malattia, poiché sono pari al 3-4% dei costi totali e al 13-15% dei costi diretti 12. Tuttavia, recentemente sono stati introdotti nuovi trattamenti più efficaci e meglio tollerati dei farmaci antireumatici modificatori di effetto (DMARD) e dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI 129 DICEMBRE 2007 NUMERO 4 il costo che si dovrebbe sostenere per guadagnare un anno di vita in perfetta salute 14 15. In generale, è largamente accettato, quale soglia per definire un intervento costo-efficace, il limite dei ~36.000 euro per QALY guadagnato 14 16. Uno studio statunitense 17 ha determinato un rapporto di costo efficacia per QALY del trattamento con infliximab e metotressato verso il trattamento con solo metotressato pari a circa 22.000 euro, se si considerano solo i costi diretti, rapporto che scende a circa 6500 euro introducendo anche i costi indiretti determinati dalla perdita di produttività. In Inghilterra questo rapporto di costo efficacia varia da 24.073 euro (per etanercept confrontato con i DMARD tradizionali) 18 a 31.852 euro (per infliximab più metotressato verso il trattamento con solo metotressato) 12. Studi condotti in Svezia riportano un ICER per QALY guadagnato che va dai 3500 euro (per infliximab più metotressato verso il trattamento con solo metotressato) ai 43.500 euro dei farmaci biologici (infliximab o etanercept) verso i farmaci tradizionali 18. Infine Bansback et al. 19 hanno condotto un’analisi costo-utilità confrontando le strategie terapeutiche che vedono coinvolti i farmaci biologici quali adalimumab, etanercept e infliximab, verso i farmaci DMARD tradizionali. Il rapporto di costo efficacia per QALY guadagnato è risultato essere confrontabile per quanto riguarda adalimumab e etanercept variando tra i 34.167 euro di adalimumab più metotressato e i 36.927 euro di etanercept in monoterapia. Per quanto riguarda infliximab più metotressato il rapporto di costo efficacia è risultato essere pari a 48.333 euro. Certamente i farmaci biologici risultano essere più costosi rispetto alle terapie convenzionali con DMARD, tuttavia essi sono in grado di produrre un numero maggiore di QALY. DISCUSSIONE Nonostante una relativa variabilità nella metodologia adottata e l’eterogeneità dei paesi considerati negli studi, tali farmaci conducono a un ICER che rimane compreso nel range di accettabilità per cui un farmaco possa essere ritenuto costo-efficace, alla luce del quale il costo aggiuntivo del farmaco dovrebbe essere sostenuto a fronte di un reale beneficio per il paziente. Non va infatti dimenticato che le terapie con biologici offrono miglioramenti nell’attività della malattia, qualità di vita e progressione del danno articolare che non hanno eguali 20, riducendo così i ricoveri ospedalieri e gli interventi chirurgici di artroprotesi. REUMATOLOGIA pratica 130 PROBLEMATICHE CLINICHE OSTEO-ARTICOLARI I costi di gestione di una malattia cronica ad andamento disabilitante come l’AR dipendono in misura minore dai cosiddetti costi diretti (che sono le spese relative al trattamento della patologia stessa quali farmaci, ricoveri, visite specialistiche, interventi chirurgici ecc), e in misura maggiore dai cosiddetti costi indiretti, determinati invece dalla spesa sociale legata alla disabilità che la malattia genera (astensione dal lavoro per malattia, ritiro precoce dal lavoro, pensioni di invalidità ecc). Rivalutata al 2003, l’AR in Italia assorbiva risorse per più di 3,5 miliardi di euro/anno, dimensioni che rendono indispensabile affrontare il problema anche sotto l’aspetto farmacoeconomico e ci obbligano a porre particolare attenzione agli interventi che possono determinare una riduzione dei costi indiretti, che rappresentano ben i 2/3 del totale dei costi 21. Poiché tale obiettivo è raggiungibile solo limitando l’evoluzione del danno strutturale, che caratterizza la storia naturale dell’AR e determina la comparsa della disabilità, appare giustificato dal punto di vista economico l’investimento in strumenti sanitari anche costosi, quando ne sia comprovata l’efficacia come farmaci in grado di modificare l’andamento della malattia a breve, ma soprattutto a lungo termine. I farmaci biologici utilizzati nel trattamento dell’artrite reumatoide hanno sicuramente un costo di acquisto maggiore rispetto a quello dei farmaci di fondo tradizionali, ma possiedono anche un profilo di efficacia migliore e una maggiore capacità di prevenire a lungo termine il danno articolare. Quindi, a fronte di un iniziale incremento dei costi diretti, i farmaci biologici sono in grado di produrre nel tempo un sensibile abbattimento dei costi indiretti, rappresentando quindi una valida strategia terapeutica non solo sotto l’aspetto medico, ma anche sotto il profilo farmacoeconomico. BIBLIOGRAFIA 1 2 3 4 Wolfe F, Mitchell DM, Sibley JT, Fries JF, Bloch DA, Williams CA, et al. The mortality of rheumatoid arthritis. Arthritis Rheum 1994;37:481-94. Silman A, Hochberg MC. Epidemiology of rheumatic diseases. Oxford: Oxford University Press 1993. Symmons D, Silman A. The epidemiology of rheumatoid arthritis. In: Wolfe F, Pincus T, eds. Rheumatoid arthritis: pathogenesis, assessment, outcome and treatment. New York: Marcel Dekker 1994, pp. 131-50. Albers JMC, Kuper HH, Van Riel PLCM, Prevoo MLL, Van’t Hof MA, van Gestel AM, et al. Socioeconomic ASPETTI FARMACOECONOMICI LEGATI ALLA GESTIONE DELL’ARTRITE REUMATOIDE DICEMBRE 2007 NUMERO 4 6 7 8 9 10 11 12 S. DE PORTU, L. 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