Anno XII · n. 9 · dicembre 2008
Mensile di Formazione Continua
in Medicina Generale
Mensile - Anno XII - n. 9 - dicembre 2008 - Contiene IP - € 2,20 - ISSN 1721-0208
DIRITTO SANITARIO
Profili di responsabilità
INFORMATICA MEDICA
Calcolatore e cervello umano
ONCOLOGIA
I tumori renali
PNEUMOLOGIA
L’impiego dell’ossigenoterapia
MASTER
La crioglobulinemia
Aspetti clinico-patogenetici e terapia
MASTER A CURA DELLA
SOCIETÀ ITALIANA
DI MEDICINA INTERNA
I MASTER
di Medici Oggi
a cura della Società italiana di Medicina interna
La crioglobulinemia: un modello
di malattia da immunocomplessi
Indice
La vasculite crioglobulinemica:
aspetti clinico-patogenetici
25
Gianfranco Lauletta, Domenico Sansonno,
Piero Gatti, Franco Dammacco
Hcv, crioglobulinemia
e linfoproliferazione
29
Felicia Anna Tucci, Laura Troiani, Vincenza Conteduca,
Sabino Russi, Domenico Sansonno, Franco Dammacco
Terapia della sindrome
crioglobulinemica
33
Franco Dammacco, Gianfranco Lauletta, Piero Gatti,
Domenico Sansonno
Utilities
37
Questionario di autovalutazione
38
Scheda di valutazione
39
Curatore
Franco Dammacco
Comitato Editoriale
Pier Mannuccio Mannucci, Bruno P. Pieroni,
Giuseppe Licata, Francesco Violi, Antonio D’Avanzo,
Giovanni Danieli, Gian Franco Gensini
Comitato di Consulenza
Vincenzo Arienti, Gianpiero Benetti,
Maria Domenica Cappellini, Gino Roberto Corazza,
Giuseppe Crippa, Elmo Mannarino, Vincenzo Marigliano,
Giuseppe Musca, Ranuccio Nuti, Massimo Pagani,
Giuseppe Palasciano, Filippo Rossi Fanelli,
Andrea Sacco, Maria Beatrice Secchi
Redazione
Elena Bernacchi, Folco Claudi, Paola Gregori
Consulenza Metodologica
Giovanni Pomponio
Il medico che ne conosca le principali caratteristiche
cliniche ha da tempo imparato ad avanzare un rapido, fondato sospetto di crioglobulinemia nei pazienti che lamentino episodi ricorrenti di porpora
palpabile, di regola confinata agli arti inferiori e talora anche ai glutei, con frequente esito in discromie
irreversibili nelle sedi delle pregresse manifestazioni
Franco Dammacco
purpuriche; dolori articolari più o meno diffusi alle
piccole e alle grandi articolazioni; facile stancabilità.
Accanto alle suddette manifestazioni cliniche, la presenza in circolo di fattore reumatoide a titoli medio-alti e i bassi livelli circolanti (da consumo) delle frazioni C3 e
soprattutto C4 del complemento hanno fondatamente suggerito l’idea che la crioglobulinemia dovesse essere considerata una patologia vasculitica mediata da immunocomplessi. Ma quale fosse l’agente in grado di indurre la formazione di tali
immunocomplessi è rimasto a lungo indeterminato. È soltanto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta che divenne evidente come la stragrande
maggioranza dei pazienti crioglobulinemici fosse anti-Hcv positiva. Da queste evidenze scaturisce l’attuale cognizione secondo la quale la crioglobulinemia mista sia
in realtà Hcv-correlata. Ancora più recente è stata l’osservazione di un sottogruppo
di pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin a cellule B, infettati dall’Hcv anni prima
dell’insorgenza della patologia linfomatosa. Benché esistano variazioni geografiche
nella frequenza di questa associazione, le evidenze di un potenziale ruolo oncogeno dell’Hcv si vanno facendo sempre più numerose.
Partendo da tali considerazioni, abbiamo deciso di suddividere questo Master in tre
parti, dedicate rispettivamente alle manifestazioni cliniche e ai possibili meccanismi patogenetici della crioglobulinemia; ai rapporti tra infezione da Hcv, insorgenza di crioglobulinemia e possibile evoluzione linfomatosa; alle basi terapeutiche razionali di questa singolare vasculite.
Vorrei concludere sottolineando l’assoluta preminenza della ricerca italiana in questo settore. Negli anni, diversi gruppi di ricerca del nostro Paese hanno infatti prodotto importanti e originali contributi, ripetutamente citati nella letteratura scientifica internazionale. Tra questi, alcune recentissime acquisizioni lasciano intravvedere un ruolo cruciale della proteina Cxcl13 attraverso meccanismi tuttora non
ben definiti. Il riconoscimento della patogenesi multifattoriale del danno vasculitico, sulla quale diversi gruppi di ricerca (compreso il nostro) stanno lavorando, potrà avere importanti ricadute sulla necessità di prevedere approcci terapeutici personalizzati per il singolo paziente.
Franco Dammacco
Dipartimento di Scienze biomediche e Oncologia umana, Università di Bari
Medici Oggi - dicembre 2008
23
I Master di Medici Oggi
Fonti delle informazioni
Segnaliamo alcuni titoli particolarmente rilevanti per gli argomenti
trattati nel presente Master
Per un inquadramento generale
della crioglobulinemia si vedano:
➜•
•
•
Utili approfondimenti sul rapporto
tra infezione da Hcv, crioglobulinemia
e processi linfoproliferativi maligni sono:
➜•
•
•
•
Sulla gestione della sindrome
crioglobulinemica si consultino:
➜•
•
•
Sintesi dei dati
24
Medici Oggi - dicembre 2008
Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2001) The cryoglobulins: an overview. Eur J Clin
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Negri E, Little D, Boiocchi M et al (2004) B-cell non-Hodgkin’s lymphoma and hepatitis C
virus infection: a systematic review. Int J Cancer 111:1-8
Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2000) The lymphoid system in hepatitis C virus
infection: autoimmunity, mixed cryoglobulinemia, and overt B-cell malignancy. Semin
Liver Dis 20:143-157
De Vita S, Sacco C, Sansonno D et al (1997) Characterization of overt B-cell lymphomas in
patients with hepatitis C virus infection. Blood 90:776-782
Sansonno D, Tucci FA, Troiani L et al (2008) Increased serum levels of the chemokine
CXCL13 and up-regulation of its gene expression are distinctive features of HCV-related
cryoglobulinemia and correlate with active cutaneous vasculitis. Blood 112:1620-1627
Bonomo L, Casato M, Afeltra A, Caccavo D (1987) Treatment of idiopathic mixed cryoglobulinemia with alpha interferon. Am J Med 83: 726-730
Sansonno D, De Re V, Lauletta G et al (2003) Monoclonal antibody treatment of mixed
cryoglobulinemia resistant to interferon alpha with an anti-CD20. Blood 101:3818-3826
Ramunni A, Lauletta G, Brescia P et al (2008) Double-filtration plasmapheresis in the
treatment of leg ulcers in cryoglobulinemia. J Clin Apher 23:118-122
Per le principali raccomandazioni è stato riportato il grado di sicurezza con cui sono state
formulate, utilizzando il seguente schema:
Livello A: indicazione derivante da una revisione sistematica o da almeno un trial clinico controllato e randomizzato
Livello B: indicazione derivante da studi di coorte o da trial con risultati conflittuali
Livello C: indicazione derivante da studi di tipo case report o serie di casi
Indicazione basata sul consenso: derivata dal parere concorde di esperti
I Master di Medici Oggi
La vasculite crioglobulinemica:
aspetti clinico-patogenetici
Gianfranco Lauletta, Domenico Sansonno, Piero Gatti, Franco Dammacco
Dipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari
La crioglobulinemia (Cm)
è una vasculite sistemica
che coinvolge principalmente
le arterie di piccolo e,
meno frequentemente,
di medio calibro e le vene.
Si ritiene che il meccanismo patogenetico
del danno vascolare sia rappresentato dal
deposito di immunocomplessi sulla parete vasale, con conseguente attivazione della cascata del complemento [1]. La possibile eziologia virale della vasculite crioglobulinemica è stata a lungo sospettata, fino
alla dimostrazione, nei primi anni Novanta, di una stretta correlazione con l’infezione da virus dell’epatite C (Hcv) [2]. Il
riconoscimento dell’Hcv come principale
agente eziologico ha determinato una sostanziale revisione della classificazione clinica delle crioglobulinemie e suggerito
nuove possibilità terapeutiche.
La caratteristica principale di questa vasculite è la presenza di un’espansione clonale B-cellulare, che interessa le cellule secernenti fattore reumatoide (Fr). In questo
articolo si descrivono i principali aspetti
clinici della vasculite crioglobulinemica e
il ruolo dell’Hcv. Sia le evidenze cliniche
sia quelle biologiche, derivate anche dai
contributi del nostro gruppo, indicano
uno stretto legame tra infezione da Hcv,
manifestazioni vasculitiche, autoimmunità e linfoproliferazione [3].
Descriviamo qui di seguito un caso emblematico di crioglobulinemia di tipo I.
stanze voluttuarie, all’elettroforesi sierica
presentava una componente monoclonale in regione gamma (tipizzata come
IgGλ) e un quadro clinico caratterizzato
da porpora agli arti inferiori, vaste ulcere
torpide perimalleolari e intensa sintomatologia dolorosa agli arti inferiori. Le indagini di laboratorio evidenziavano positività per anti-Hcv (genotipo 3a), con
elevata attività replicativa, e la presenza di
Classificazione delle crioglobuline
Convenzionalmente, le crioglobuline sono classificate in relazione alla loro composizione immunochimica.
Quelle di tipo I sono costituite da un solo isotipo di immunoglobulina monoclonale. Le forme miste includono il tipo II, costituito da una componente monoclonale (solitamente IgM) e da IgG policlonali, mentre il tipo III è costituito da Ig policlonali. Nella crioglobulinemia mista (Cm) cosiddetta II/III, le IgM sono oligoclonali ed è possibile che si verifichi una transizione dal tipo III al tipo II (Tab. 1).
La crioglobulinemia di tipo I rappresenta circa il 10-15 per cento dei crioprecipitati. Più frequentemente si
tratta di IgM. Le crioglobuline IgG si riscontrano all’incirca nel 2 per cento dei mielomi, mentre molto rare sono le crioglobuline IgA; occasionalmente sono state descritte crioglobuline tipo Bence-Jones. La forma mista
di tipo II rappresenta il 50-60 per cento delle crioglobulinemie; le componenti immunoglobuliniche, generalmente IgM e IgG, sono incapaci da sole di precipitare a basse temperature. Le IgG sono policlonali, mentre le
IgM sono monoclonali e montano più frequentemente catene leggere di tipo k. Quasi sempre le IgM reagiscono contro il frammento Fc delle IgG autologhe, ma talora anche contro IgG intere o contro il solo frammento
F(ab)'2. La restante quota di crioglobuline (circa il 30-40 per cento) è costituita dalle forme miste di tipo III,
che sono presenti anche nelle connettiviti, nelle malattie autoimmuni, nelle infezioni croniche batteriche, virali e micotiche.
Tabella 1. Classificazione delle crioglobuline
Tipo
Componenti
Patologie associate
I
Crioglobuline singole monoclonali
(IgM o IgG, raramente IgA)
Malattie linfoproliferative
II
Crioglobuline miste
con una componente monoclonale
(di solito IgM + IgG)
Malattie linfoproliferative e autoimmunitarie
infezioni virali e batteriche
III
Crioglobuline miste policlonali
(di solito IgG + IgM)
Malattie linfoproliferative e autoimmunitarie
II/III
Crioglobuline con IgG policlonali +
IgM oligoclonali
Nessun quadro morboso ben definito
Caso clinico
Un uomo di 39 anni, con abitudine tabagica e anamnesi positiva per abuso di so-
crioglobuline di tipo I (criocrito 10 per
cento). Negative sono risultate tutte le indagini eseguite nel sospetto di mieloma
multiplo, così come la ricerca di sostanza
amiloide.
Dopo la diagnosi di crioglobulinemia di
tipo I, formulata agli inizi del 2000, il paziente è stato sottoposto a trattamento con
interferone-α ricombinante alla posologia di 3 Mu per tre volte alla settimana, in
Medici Oggi - dicembre 2008
25
I Master di Medici Oggi
aggiunta a basse dosi di corticosteroidi
(10-15 mg/die di prednisone). La terapia
interferonica è stata praticata in maniera
discontinua per scarsa compliance del paziente (stato di agitazione psico-motoria,
cefalea). Nonostante numerosi tentativi di
eradicazione del virus, anche con l’impiego di interferone peghilato (Peg-Ifn-α) associato a ribavirina (Rbv) non è stato possibile ottenere una risposta virologica sostenuta a dispetto di un genotipo “favorevole”. Il decorso clinico è stato caratterizzato dalla periodica riesacerbazione delle
ulcere, sottoposte a ripetuti innesti cutanei
autologhi, e dalla presenza di dolore cronico con riacutizzazioni sempre più frequenti e scarsamente responsive alla terapia analgesica.
Ripetute indagini elettromiografiche hanno sempre confermato una grave neuropatia assonica. Le indagini di laboratorio
hanno evidenziato valori di criocrito
oscillanti tra il 10 e il 15 per cento; Hcv
Rna persistentemente >500.000 Ui/ml;
transaminasi pressoché costantemente
nella norma.
Con il termine “essenziale” si definisce ancora la forma di Cm in cui non è possibile identificare un potenziale fattore eziologico: questa condizione è ormai ristretta al
5 per cento circa dei casi.
Benché le crioglobuline siano presenti nel
40-60 per cento dei pazienti con infezione
cronica da Hcv, la sindrome crioglobulinemica, clinicamente manifesta, si sviluppa solo nel 5-20 per cento dei casi [5].
Le più frequenti manifestazioni cliniche
della crioglobulinemia sono rappresentate dalla classica triade di Meltzer, costituita da porpora, astenia e artralgie [6]
(Fig. 1).
LIVELLO A
Le reazioni cutanee sono le più frequenti e
ciò spiega perché questi pazienti si rivolgano inizialmente allo specialista dermatologo in seguito alla comparsa di porpora, fenomeno di Raynaud, ulcere degli arti infe-
riori, edemi, orticaria, livedo reticularis. La
porpora solitamente non è associata a
prurito, ha un andamento a poussée, interessando le parti esposte (prevalentemente gli arti inferiori), e si manifesta più frequentemente nei mesi invernali.
Generalmente ha un decorso di 1-2 settimane e si risolve lasciando come esito una
diffusa pigmentazione brunastra delle
gambe, dovuta alla presenza di depositi di
emosiderina. Le ulcere hanno un decorso
cronico, si localizzano più frequentemente a livello delle regioni malleolari e compaiono in assenza di dermatite da stasi.
Il fenomeno di Raynaud, che coinvolge le
falangi distali, i padiglioni auricolari, il
naso, è spesso la prima manifestazione
clinica della crioglobulinemia.
LIVELLO A
Le artralgie sono presenti in molti pazienti, hanno carattere di intermittenza, sono
Il caso induce a porsi alcuni quesiti:
1. Qual è il quadro clinico caratteristico
della crioglobulinemia?
2. Come si classificano le crioglobuline?
3. Quali sono i meccanismi patogenetici
della crioglobulinemia?
4. Quale ruolo ha l’infezione da Hcv?
Aspetti clinici della crioglobulinemia
Le crioglobuline sono immunoglobuline
(Ig) che, diventando insolubili a temperature inferiori a 37 °C, danno origine ad
aggregati ad alto peso molecolare [4].
Possono essere presenti in piccole quantità nel siero normale e in concentrazioni
variabili in molte condizioni patologiche,
tra le quali tumori del sistema linfoide,
malattie autoimmuni e malattie infettive.
La grande maggioranza (40-90 per cento)
dei pazienti con crioglobulinemia mista è
infettata dal virus dell’epatite C.
LIVELLO A
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Medici Oggi - dicembre 2008
A
B
C
D
E
F
Figura 1. (A) Fenomeno della crioprecipitazione; (B,C) porpora localizzata agli arti inferiori; (D) manifestazioni purpuriche in
sede addominale; (E) esiti discromici da pregresse gittate purpuriche; (F) ulcere torpide perimalleolari
I Master di Medici Oggi
simmetriche, non migranti e coinvolgono
più tipicamente le mani e le ginocchia.
Meccanismi di interazione tra Hcv
e sistema immunitario
In una minoranza di pazienti con Cm compare un interessamento viscerale multiorgano. Gli organi più spesso interessati sono il rene e il sistema nervoso.
L’interazione tra Hcv e linfociti modula le funzioni delle cellule B e T: ne consegue un’attivazione policlonale
in vivo e un’espansione delle cellule CD5+, considerate come la principale fonte di produzione di molecole IgM
Fr [7]. È possibile ipotizzare che l’iniziale attivazione dei linfociti sia seguita dall’emergenza di un singolo clone dominante, che sintetizza IgM Fr monoclonali sostenendo lo sviluppo di una Cm tipo II.
L’espansione B-cellulare oligo/monoclonale può essere interpretata come il risultato della capacità dell’Hcv
di stimolare in maniera cronica le cellule B e di innescare un processo linfoproliferativo persistente, in grado
di sostenere e selezionare cloni linfoidi dipendenti dalla stimolazione antigenica [3]. Inoltre la stessa infezione diretta delle cellule B da parte dell’Hcv promuove condizioni favorevoli alla proliferazione linfocitaria [8].
Il riscontro di una replicazione attiva all’interno delle cellule mononucleate consente di suddividere i soggetti con infezione da Hcv in un gruppo in cui la replicazione virale sembra realizzarsi solo nel fegato e uno in cui
vi è un secondo comparto biologico, rappresentato dalle cellule linfoidi. Sebbene i linfociti infettati rappresentino solo il 3 per cento della carica virale circolante [9], essi rivestono una notevole importanza patogenetica poiché si caratterizzano come un effettivo serbatoio di virus capace di raggiungere qualsiasi sede.
LIVELLO A
Il coinvolgimento multiorgano può essere
contestuale alle lesioni cutanee o persino
precederle. Il danno renale può essere responsabile di ipertensione arteriosa, microematuria e proteinuria. Molto frequente è il coinvolgimento del sistema nervoso,
con un’incidenza che supera il 60 per cento. Il danno a carico del sistema nervoso
periferico si manifesta come neuropatia
sensitivo-motoria, più spesso a livello degli arti inferiori, con parestesie dolenti e
perdita della forza. Meno frequente è il coinvolgimento del sistema nervoso centrale, che può manifestarsi con disartria
Patogenesi della crioglobulinemia
transitoria, emiparesi e stato confusionale.
Il 70 per cento dei pazienti presenta ovviamente i segni dell’epatopatia Hcv-correlata; il reperto istologico mostra generalmente un quadro di epatite cronica attiva,
con o senza cirrosi.
Il meccanismo attraverso cui l’Hcv promuove la produzione di crioglobuline
non è ancora noto. Tuttavia l’espansione
delle cellule B produttrici di IgM consen-
Proteina Core HCV
IgM-FR
IgG Anti-Core
IgM-FR
IgG Anti-Core
Proteina Core HCV
C1q
Dominio globulare
del recettore per C1q
Cellule endoteliali
A
B
Dominio globulare
del recettore per C1q
Cellule endoteliali
Granulocita neutrofilo
Dominio globulare
del recettore per C1q
Proteina Core HCV
Dominio globulare
del recettore per C1q
Cellule endoteliali
C
D
Figura 2. Ipotesi sul meccanismo patogenetico del danno vascolare nella crioglobulinemia mista. La proteina Core dell’Hcv è legata alle IgG con specifica reattività anti-Core, che a loro volta sono legate a IgM con attività di fattore reumatoide. Questo complesso può legarsi in maniera specifica all’endotelio per mezzo del recettore per il C1q attraverso la proteina Core (A) o il C1q (B).
Lo stesso meccanismo può essere preso in considerazione per il legame dei neutrofili (C). In (D) è messo in evidenza lo stretto contatto che intercorre tra una cellula circolante e una cellula endoteliale in una biopsia cutanea ottenuta da un paziente con crioglobulinemia
Medici Oggi - dicembre 2008
27
I Master di Medici Oggi
A
B
C
D
potrebbe essere rappresentato dal legame
della proteina Core dell’Hcv con il C1q
attraverso il suo recettore [12,13].
Il C1q regola la deposizione degli Ic circolanti a livello delle cellule endoteliali.
Come indicato nella Figura 3, il recettore per il C1q può modulare il deposito
degli Ic in ragione dell’espressione sulle
cellule endoteliali.
NS4
NS5
NS3
E2
C2
C1
Streptavidin
3+*
1+
+/-
Bibliografia
Figura 3. Dimostrazione della specificità di legame nel caso di una gammapatia monoclonale non-IgM nei confronti di antigeni Hcv-correlati. (A) Elettroforesi sierica del caso clinico descritto; (B) elettroforesi della componente monoclonale purificata; (C) immunofissazione della componente monoclonale purificata; (D) test di immunoblotting per proteine Hcv-correlate che
dimostra la reattività della componente monoclonale purificata per le proteine NS3 e Core dell’Hcv (positività 3+)
te di ipotizzare un processo di sintesi e rilascio di tali molecole correlato alla presenza di immunocomplessi (Ic). È noto
che lo stimolo prodotto dagli Ic determina
prevalentemente il rilascio di IgM con attività di Fr [10].
La vasculite crioglobulinemica è un processo patologico caratterizzato da flogosi
e danno endoteliale. Esso si accompagna
di solito a riduzione del lume vascolare e
alterazioni di tipo ischemico dei tessuti
irrorati da quel distretto vascolare.
L’organo più frequentemente coinvolto è
sicuramente la cute, anche se qualunque
organo può fungere da potenziale bersaglio. Il ruolo fondamentale dell’Hcv nella
patogenesi della vasculite crioglobulinemica è documentato dalla presenza di
proteine Hcv-correlate nei vasi cutanei di
pazienti crioglobulinemici (Fig. 2), laddove la presenza di immunodepositi occupa talvolta completamente gli spazi microvascolari o, in alternativa, le pareti del
vaso e gli spazi perivascolari, senza alterarne il lume [11]. Inoltre il ruolo patogenetico degli immunocomplessi crioprecipitanti è ulteriormente dimostrato dalla
presenza di IgM e/o IgG nella sede del
danno vascolare, nonché dalla presenza
di fattori del complemento. In questo
28
Medici Oggi - dicembre 2008
contesto va inserito il ruolo della proteina
Core dell’Hcv. Dati sperimentali hanno
dimostrato che gli Ic crioprecipitanti sono
costituiti da IgM con attività di Fr legate a
IgG, che a loro volta riconoscono come
antigene bersaglio la proteina Core
dell’Hcv. Nel paziente presentato in precedenza, per esempio, è stata esaminata la
reattività della componente monoclonale
IgG: dopo purificazione dal siero mediante separazione cromatografica per affinità,
le IgG eluite sono state confrontate con
antigeni virali in test di immunoblotting. I
risultati hanno mostrato un’intensa reattività per le proteine Core e NS3 dell’Hcv
(Fig. 3). Una volta avvenuto il legame, e in
seguito all’esposizione a basse temperature, le molecole di Fr subiscono modificazioni conformazionali che verosimilmente sono responsabili della precipitazione. Cionondimeno, la deposizione degli Ic dipende anche da fattori emodinamici e dalla struttura anatomica dei vari
distretti. Il glomerulo, i plessi corioidei, la
sinovia, l’uvea e la cute ricevono tutti un
elevato flusso di sangue per unità di massa e sono pertanto più esposti all’azione
degli Ic, che possono essere intrappolati
in elevate quantità nella parete vascolare.
Un importante meccanismo patogenetico
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9. Sansonno D, Lauletta G, Montrone M et al (2006)
Virological analysis and phenotypic characterization of
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10. De Vita S, De Re V, Gasparotto D et al (2000) Oligoclonal
non-neoplastic B cell expansion is the key feature of type
II mixed cryoglobulinemia: clinical and molecular findings
do not support a bone marrow pathologic diagnosis of indolent B cell lymphoma. Arthritis Rheum 43:94-102
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HCV core protein as constitutive antigen of cold-precipitable immune complexes in type II mixed cryoglobulinaemia. Clin Exp Immunol 133:275-282
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I Master di Medici Oggi
Hcv, crioglobulinemia
e linfoproliferazione
Felicia Anna Tucci, Laura Troiani, Vincenza Conteduca, Sabino Russi, Domenico Sansonno,
Franco Dammacco
Dipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari
Il virus dell’epatite C (Hcv)
condivide con altri virus
epatotropi la capacità
di indurre un danno epatocitario
immunomediato.
La produzione di anticorpi rappresenta
un meccanismo precoce della difesa immunitaria, con conseguente formazione
di immunocomplessi (Ic) circolanti al fine
di facilitare la processazione e l’eliminazione degli antigeni da parte di cellule specializzate.
La maggioranza delle immunoglobuline
circolanti fa parte dello spettro dei cosiddetti anticorpi “naturali”, che comprendono anticorpi anti-idiotipo e molecole con
attività di fattore reumatoide (Fr).
Queste appartengono principalmente alla classe IgM, sono policlonali e possiedono un potenziale patogenetico basso o
nullo. Nel 20-30 per cento dei pazienti
con infezione da Hcv le molecole Fr si
comportano come molecole a elevata affinità, sono di tipo monoclonale e comportano la formazione di Ic crioprecipitanti che si estrinsecano con il quadro clinico della crioglobulinemia.
La persistente produzione di Fr monoclonali implica l’esistenza di un meccanismo
in grado di restringere la reattività immunologica e riflette una diversa selezione
della popolazione cellulare, che può essere
conservata per tutta la vita poiché sottoposta a una continua pressione antigenica.
Nel fegato della maggior parte dei pazienti con infezione da Hcv è possibile dimostrare un profilo di espansione delle cellule B sia monoclonale sia oligoclonale.
Inoltre il frequente riscontro di espansioni oligoclonali rappresenta un elemento
cruciale, atto a sostenere una linfoprolife-
razione B-cellulare non maligna. Tale quadro molecolare è alla base dell’espansione
selettiva di un clone specifico, capace di
espandersi e di prevalere sugli altri in modo da assumere un pattern monoclonale
che a sua volta potrebbe favorirne l’evoluzione maligna. Si può pertanto ipotizzare
che l’Hcv rappresenti lo stimolo non solo
per i processi linfoproliferativi apparentemente benigni, ma anche per la progressione verso una franca neoplasia linfoide,
almeno in un sottogruppo di pazienti.
Caso clinico
La nostra paziente è una donna di 73 anni,
alla quale nel 1996 fu diagnosticata una
“crioglobulinemia mista tipo II; epatite
cronica attiva Hcv (2a/2c)-correlata”. Il
quadro clinico era rappresentato da sporadiche gittate purpuriche agli arti inferiori, associate a parestesie e artralgie diffuse.
Fu praticata terapia con interferone ricombinante α2b alla posologia di 1 Mu
tre volte alla settimana per un anno, al termine della quale fu giudicata non responsiva. Persistendo la suddetta sintomatologia con andamento a poussée, fu prescritta
una terapia steroidea a basso dosaggio (5
mg di prednisone/die) per i successivi due
anni, senza significative variazioni sul piano clinico, con un criocrito pari all’1 per
cento. Nel corso del successivo follow-up si
assistette a una sostanziale stazionarietà
del quadro clinico-bioumorale, con Alt
persistentemente elevate (1,5 volte la norma). A febbraio 2008, in occasione di un
nuovo controllo clinico, la paziente ha lamentato marcata astenia, in assenza di segni di vasculite. Le indagini di laboratorio
hanno mostrato la ricomparsa dell’Hcv
Rna (1.336.100 Ui/ml) con transaminasi
nella norma; criocrito assente; Fr nella
norma; nessun consumo di complemento. Alla palpazione, oltre che all’ecografia
del collo, è stata segnalata la presenza di
multiple linfoadenopatie latero-cervicali
confluenti.
Il caso induce a porsi alcuni quesiti:
1. Qual è la relazione tra infezione cronica da Hcv, crioglobulinemia e linfomi?
2. In un paziente affetto da crioglobulinemia, quando deve essere sospettato
un linfoma?
3. Quali sono le caratteristiche cliniche
dei linfomi che compaiono in corso di
infezione da Hcv?
Infezione da virus dell’epatite C
e linfomi
Nonostante la potenziale capacità dell’Hcv di alterare importanti meccanismi
di regolazione cellulare, non è ben definito quale sia il suo ruolo nella progressione
verso un processo linfoproliferativo francamente maligno.
Ovviamente la prevalenza dell’infezione
da Hcv è significativamente più alta rispetto all’incidenza di linfoma nonHodgkin (Lnh) a cellule B Hcv-positivo.
Ciò indica che l’Hcv e l’espressione di
proteine virali non sono sufficienti per lo
sviluppo di una linfoproliferazione maligna, ma sono necessari altri fattori (genetici, epigenetici, ormonali, immunologici). L’Hcv potrebbe promuovere un processo multifasico di linfomagenesi attraverso l’espressione di proteine capaci di
abolire le funzioni di check-point del ciclo
Medici Oggi - dicembre 2008
29
I Master di Medici Oggi
Decorso clinico dei linfomi
Hcv-associati
Locus IgH umano non riarrangiato
geni D (30)
geni VH (100-200)
VH
VH
VH
D
geni JH (6)
D
JH
D
JH
JH
Cμ
700 Kb
Riarrangiato
N
VH
D
N
VH
L
FR I
CDR I
JH
FR II
CDR II
FR III
CDR III
JH
Cμ
FR IV
LIVELLO A
350 bp
1
2
N
3
Il decorso clinico di un Lnh Hcv-positivo
non sembra essere significativamente
diverso rispetto ai linfomi Hcv-negativi.
P1
4
M
P2
Tuttavia spesso è possibile riconoscere alcuni aspetti peculiari nei linfomi Hcv-positivi, come l’insorgenza in età più avanzata, il danno epatico, la presenza di una
gammapatia monoclonale, la maggior frequenza di disordini autoimmunitari, la localizzazione extra-linfonodale e un sottotipo istologico ristretto.
-120
-80
Figura 1. Rappresentazione schematica della reazione polimerasica a catena per l’analisi del riarrangiamento dei geni
delle catene pesanti delle immunoglobuline, marcatore clonale della progenie cellulare
cellulare e predisporre le cellule al rischio
di instabilità genetica [1,2].
La relazione epidemiologica tra Hcv e linfomi rimane a tutt’oggi incerta: non ci sono
infatti studi osservazionali a lungo termine da cui si possa evincere il reale impatto
del virus nello sviluppo di un linfoma nonHodgkin a cellule B (Lnh-B).
LIVELLO A
Il ruolo dell’Hcv viene ipotizzato sulla base dei dati di prevalenza dell’infezione nei
pazienti affetti da Lnh-B. Alcuni studi mostrano una prevalenza superiore al 42 per
cento nell’area del Mediterraneo e in
Giappone [3,4], mentre nel Nord Europa
tale rischio sembra sovrapponibile a quello della popolazione generale [5]. Queste
differenze potrebbero derivare da fattori
geografici o etnici, come ipotizzato da uno
studio che ha segnalato una prevalenza del
22 per cento di Lnh Hcv-positivi nella popolazione ispanica degli Stati Uniti [6].
Tuttavia una considerazione importante è
che nella maggior parte di queste analisi
non è chiaro se l’infezione da Hcv preceda
l’insorgenza del linfoma, oppure sia stata
acquisita in corso di malattia linfomatosa
a seguito di trasfusioni di sangue o di
emoderivati.
30
Medici Oggi - dicembre 2008
Indubbiamente, la condizione di immunodepressione indotta dal linfoma e ulteriormente condizionata dalla chemioterapia
potrebbe rappresentare un fattore favorente per l’infezione da Hcv, contribuendo
a confondere i dati epidemiologici.
INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO
Dati provenienti dalla ricerca di base sembrano tuttavia fornire un forte razionale
biologico al possibile ruolo svolto dal virus nel promuovere lo sviluppo di linfomi.
1
2
3
4
Nei linfomi Hcv-associati, le localizzazioni
extranodali più frequenti sono a carico di
fegato e ghiandole salivari. Queste sedi
sono da considerarsi insolite nei pazienti Hcv-negativi [14].
LIVELLO A
Gli istotipi più frequenti nei pazienti Hcvpositivi sono: il linfoma linfoplasmocitoide (immunocitoma), il linfoma diffuso a
grandi cellule B e il linfoma splenico a linfociti villosi [15,16].
LIVELLO B
(1) Oligoclonale
(2) Oligoclonale
(4) Oligoclonale
(3) Policlonale
Figura 2. Espressione dei pattern di espansione clonale B-cellulari ottenuti da 4 aggregati linfoidi di spazi portali isolati
mediante la tecnica della microdissezione laser
I Master di Medici Oggi
Hcv e linfoproliferazioni
La crioglobulinemia mista Hcv-correlata è caratterizzata da un disordine linfoproliferativo cronico in cui gli eventi molecolari prendono origine principalmente nel fegato [7]. In corso di proliferazione B-cellulare, le mutazioni somatiche che insorgono nei geni della regione variabile delle immunoglobuline danno origine a differenti tipi di mutanti. Amplificando con la reazione polimerasica a catena (Pcr) la regione variabile delle immunoglobuline, è possibile individuare l’unica combinazione dei segmenti che rappresenta un marker clonale della progenie cellulare (Fig. 1).
Applicando questa tecnica per caratterizzare i linfociti B presenti nel tessuto epatico di soggetti Hcv-positivi con vasculite crioglobulinemica, è stato dimostrato che un’espansione clonale B-cellulare è documentabile nel fegato nel
90 per cento di questi pazienti, e meno frequentemente nel midollo osseo e nel sangue periferico. I linfociti B intraepatici isolati producono spontaneamente molecole con attività di fattore reumatoide, che più spesso esprime un idiotipo cross-reattivo denominato Wa [8]. I prodotti di amplificazione della regione variabile esprimono un pattern oligo/monoclonale, suggerendo che l’espansione B-cellulare nel fegato derivi da poche o singole cellule; ciascun focus
può avere origine da cellule diverse del repertorio policlonale, con il risultato che foci diversi contengono cloni B non
correlati (Fig. 2). La maggiore espressione di espansioni clonali B-cellulari nel fegato rispetto ad altri organi dello stesso individuo suggerisce che taluni fattori del microambiente possano essere direttamente responsabili sia dell’emergenza dei cloni sia del loro mantenimento [9-11]. I cloni B-cellulari dominanti intraepatici contribuiscono alla costituzione dei noduli linfoidi presenti all’interno degli spazi portali [9]. Le sequenze Cdr-H3 presenti nelle cellule B sono altamente diversificate, suggerendo che le stesse possano avere origine da una risposta antigene-dipendente
[11]. Il repertorio B-cellulare nei pazienti con crioglobulinemia mista appare piuttosto limitato. Le molecole IgM Fr
sono infatti verosimilmente codificate a partire da un numero limitato di geni germline, probabilmente in risposta
a stimoli antigenici molto simili. La dimostrazione di una maggiore concentrazione di Hcv negli infiltrati infiammatori intraepatici e nei linfociti circolanti consente di ritenere che il virus sia direttamente responsabile dell’insorgenza e del mantenimento di un’espansione B-cellulare [12,13] (Fig. 3). La presenza di espansioni clonali B-cellulari influenza profondamente l’espressività clinica dell’infezione da Hcv. Queste espansioni clonali sono costantemente associate alla presenza di manifestazioni extraepatiche, come elevati livelli sierici di fattore reumatoide, crioglobulinemia, gammapatie monoclonali di significato indeterminato, fino al linfoma non-Hodgkin a cellule B [12].
A
B
CRYO+
CRYO-
Hcv Rna Ui/106 cellule (Log)
5
5
4
CRYOr=0,21
Utilizzazione delle informazioni
4
6
C
Hcv Rna Ui/106 cellule (Log)
Hcv Rna Ui/106 cellule (Log)
6
La presenza di analogie dei geni delle Ig
riarrangiati tra le cellule B dei pazienti
con crioglobulinemia tipo II e le cellule
B maligne di pazienti con Lnh Hcv-positivo lascia ritenere che entrambe queste condizioni possano essere sostenute
dagli stessi antigeni, e che la Cm possa
precedere la degenerazione maligna
[17]. Analogamente a quanto descritto
per i pazienti con sindrome di Sjögren
[18], anche la Cm tipo II potrebbe svolgere un ruolo favorente nell’insorgenza
di un Lnh a cellule B. L’evoluzione linfomatosa è convenzionalmente considerata come la principale complicanza nella
storia naturale della sindrome di
Sjögren, con una maggiore prevalenza
delle forme extranodali, localizzate
principalmente a livello delle ghiandole
salivari.
Questi linfomi condividono alcune caratteristiche con quelli insorti in pazienti Hcv-positivi, con più alta prevalenza
di forme a basso grado di malignità o
della zona marginale, frequente coinvolgimento delle mucose, possibile evoluzione in linfoma a grandi cellule B, una
stretta associazione con la crioglobulinemia mista e l’esordio negli organi bersaglio primari di malattia [19].
5
6
5
6
Hcv Rna Ui/ml
CRYO+
r=0,14
5
Figura 3. Rappresentazione dei livelli di Hcv Rna nei linfociti B circolanti di pazienti Hcv-positivi, con e senza crioglobulinemia.
Le linee che attraversano ciascuna colonna rappresentano i valori medi per ciascun gruppo (A). Nei diagrammi sono
rappresentati gli stessi dati in funzione dei livelli di Hcv Rna nel siero di pazienti non crioglobulinemici (B) e crioglobulinemici
(C). Non è stata messa in evidenza alcuna connessione diretta tra la viremia e la quota di Hcv Rna associata alle cellule
Nel sospetto di un processo linfoproliferativo, la paziente è stata sottoposta a Tc
total body con conferma dei reperti ecografici ed esclusione di un coinvolgimento mediastinico e sottodiaframmatico, nonché di fegato, milza, pancreas e
organi pelvici.
Si procedeva con biopsia escissionale di
un linfonodo laterocervicale sinistro, con
il seguente referto istologico: “linfoma
non-Hodgkin diffuso a cellule B monocitoidi; CD20 e Bcl-2 positivi; CD3 e CD5
positivi nella componente linfoide residua; CD23 focalmente positivo nelle cellule dendritiche dei follicoli linfatici residui; catene k e λ positive in rari elementi
plasmocitari; Ki67, 30 per cento”. Biopsia
osteo-midollare: “infiltrazione nodulare
di elementi di piccole dimensioni
(CD20+ nel 40 per cento dell’infiltrato
Medici Oggi - dicembre 2008
31
I Master di Medici Oggi
nodulare)”. In considerazione del limitato coinvolgimento del tessuto linfatico e
del basso grado di malignità, è stata somministrata terapia antivirale con Peg-Ifnα2a 180 μg/settimana e ribavirina 800
mg/die, che dopo un anno ha indotto la
clearance del virus e la remissione completa del Lnh.
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I Master di Medici Oggi
Terapia della sindrome
crioglobulinemica
Franco Dammacco, Gianfranco Lauletta, Piero Gatti, Domenico Sansonno
Dipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari
La stretta associazione
tra crioglobulinemia mista (Cm)
e infezione da virus
dell’epatite C è divenuta
sempre più evidente dopo
la messa a punto dei test
sierologici per quest’ultima
infezione: in Italia più
dell’80 per cento dei pazienti
crioglobulinemici è infettato
dall’Hcv e il ruolo primario
svolto dal virus nel meccanismo
della crioprecipitazione
è supportato dalla concentrazione
selettiva delle particelle virali
nel crioprecipitato.
Prima che tale associazione fosse dimostrata, il trattamento della Cm era rivolto all’immunosoppressione mediante l’impiego di corticosteroidi e farmaci
citotossici, quali clorambucil, azatioprina e ciclofosfamide, pur in mancanza di
chiare evidenze di efficacia.
In combinazione o in alternativa a tale
trattamento, sono state anche impiegate la plasmaferesi o la crioaferesi, nella
convinzione che la rimozione delle
crioglobuline dal circolo potesse migliorare la viscosità ematica, il criocrito
e le condizioni cliniche.
Caso clinico
Per esemplificare le complessità del
trattamento della sindrome crioglobulinemica, riprendiamo il caso del paziente già presentato nell’articolo “La vasculite crioglobulinemica: aspetti clinicopatogenetici” a pagina 25. Come detto,
egli è stato sottoposto a terapia con in-
terferone-α e anche con Peg-Ifn-α associato a ribavirina, senza riuscire a ottenere una risposta virologica sostenuta.
Periodiche riesacerbazioni delle ulcere
perimalleolari caratterizzavano il decorso clinico.
Nel 2004, all’età di 38 anni, in concomitanza con una nuova riesacerbazione
delle ulcere (criocrito pari al 35%), è
stata effettuata terapia con l’anticorpo
monoclonale anti-CD20 rituximab, alla
dose di 375 mg/m2 una volta alla settimana per quattro settimane. Questo
trattamento ha indotto un notevole miglioramento della sintomatologia dolorosa e delle ulcere, tanto da consentire
di sottoporre il paziente a un ulteriore
innesto di cute, con conseguente cicatrizzazione delle stesse.
È stato quindi effettuato un nuovo tentativo di eradicare l’infezione da Hcv
mediante terapia combinata con PegIfn-α + ribavirina, sospeso, questa volta in via definitiva, a seguito della comparsa di intenso dolore agli arti inferiori, cianosi del quarto dito di entrambi i
piedi e ulcere necrotiche perimalleolari,
con grave impotenza funzionale.
Il paziente è stato avviato a una procedura di aferesi terapeutica con doppia
filtrazione “a cascata”.
Tale tecnica prevede la separazione del
plasma dalla parte corpuscolata del sangue mediante un plasmafiltro convenzionale, seguita da un ulteriore passaggio del plasma attraverso un secondo
filtro, mediante il quale vengono separate le molecole ad alto peso molecolare, con reinfusione delle restanti frazioni.
La procedura è stata effettuata due volte alla settimana per due mesi. Si è os-
servato un progressivo miglioramento
della sintomatologia dolorosa e delle ulcere cutanee, per cui la frequenza delle
aferesi è stata ridotta a una alla settimana fino alla completa cicatrizzazione
delle ulcere.
Successivamente il paziente è stato sottoposto a terapia di mantenimento con
una seduta ogni dieci giorni per un totale di 30 sedute, senza alcun altro trattamento, per circa un anno, quando egli
ha interrotto tali sedute di aferesi per
una nuova recidiva delle ulcere.
Il paziente è deceduto dopo qualche
mese per stato setticemico.
Il caso induce a porsi alcuni quesiti:
1. A quali pazienti è opportuno prescrivere la terapia interferonica?
2. Quali sono le indicazioni e i vantaggi del rituximab?
3. Come e in quali pazienti si effettua la
plasmaferesi?
Interferone-α
Il trattamento con interferone-α deve
essere proposto in tutti i casi di Cm Hcvassociata nei quali non vi siano controindicazioni [1].
LIVELLO A
L’interferone-α consente di ottenere un
miglioramento clinico significativo in
una percentuale di pazienti variabile dal
40 al 70 per cento.
In generale, nei pazienti responsivi la
riduzione della carica virale precede il
decremento del criocrito.
Medici Oggi - dicembre 2008
33
I Master di Medici Oggi
L’impiego dei corticosteroidi per i sintomi
di tipo vasculitico (artrite, porpora) non
influenza l’efficacia della terapia interferonica.
Regione variabile
(origine murina)
Frazioni
del complemento
Cellula citotossica
LIVELLO A
Rituximab
Nei soggetti con Cm resistente alla terapia con interferone-ribavirina è stato proposto l’impiego di anticorpi monoclonali
anti-CD20 (rituximab).
LIVELLO B
Tale approccio prevede l’impiego di anticorpi diretti contro l’antigene CD20,
una proteina transmembrana espressa
sui linfociti pre-B e sui linfociti B maturi. Rituximab, un anticorpo monoclonale chimerico, è risultato notevolmente attivo nell’indurre una deplezione Bcellulare in vivo (Fig. 1). I linfociti B circolanti non sono più rilevabili già dopo
una singola infusione, per ricomparire
6-9 mesi dopo la sospensione del trattamento. L’impiego di rituximab è stato
approvato per il trattamento dei Lnh
follicolari a cellule B ed è risultato promettente per il Lnh diffuso a grandi cellule B, il linfoma mantellare, la leucemia
a cellule capellute e la leucemia linfatica
34
Medici Oggi - dicembre 2008
CD20
Cellula B
Regione costante
(origine umana)
Figura 1. Rappresentazione schematica dell’anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20 (a sinistra).
Una volta che l’anticorpo (rituximab) si è legato allo specifico recettore (CD20) presente sulle cellule B, provoca la morte
di queste ultime mediante un meccanismo di citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente o attraverso
l’attivazione della cascata del complemento (a destra)
cronica. È stato impiegato anche in altre
malattie ematologiche, quali l’aplasia
pura della serie rossa, l’anemia emolitica da agglutinine fredde, i disordini linfoproliferativi post-trapianto, la macroglobulinemia di Waldenström e la porpora trombocitopenica idiopatica.
In un nostro studio [3] abbiamo analizzato i risultati della somministrazione
di un ciclo di 4 dosi di rituximab in pazienti affetti da Cm Hcv-positivi, non
responsivi a precedenti trattamenti con
interferone.
Sono stati studiati 20 pazienti con Cm
ed epatite cronica attiva Hcv-correlata, a
90
cui è stato somministrato rituximab alla posologia di 375 mg/m2 per via endovenosa una volta alla settimana per 4
settimane. Abbiamo osservato una risposta completa, intesa come un rapido
miglioramento dei sintomi (scomparsa
di porpora, astenia e artralgie, nonché
miglioramento della neuropatia periferica) e riduzione del criocrito, nell’80
per cento dei pazienti. Inoltre la risposta
completa si è accompagnata a una diminuzione significativa del fattore reumatoide e del titolo degli anticorpi antiHcv. La riduzione del titolo di IgG antiHcv nei crioprecipitati è risultata corre-
Rituximab
80
80
70
60
60
Risposta (%)
L’efficacia dell’interferone sembra invece essere potenziata dalla ribavirina, un
analogo sintetico della guanosina.
Tuttavia il miglioramento appare transitorio, con percentuali di recidiva entro 6 mesi pari a circa l’80 per cento,
senza contare che talvolta il trattamento
con interferone può comportare un
peggioramento del quadro clinico nei
pazienti con coinvolgimento del sistema
nervoso periferico, renale, o con ulcere
cutanee in fase attiva [2]. Pertanto, si è
cercato di mettere a punto nuove strategie terapeutiche allo scopo di ridurre o
contenere l’espansione clonale B-cellulare, che è alla base della produzione di
IgM con attività reumatoide.
50
45
40
30
25
20
10
10
1
Settimane
2
3
4
5
6
7
Mesi
Figura 2. Probabilità di ottenere una risposta completa dopo terapia con rituximab
8
9
10
11
12
I Master di Medici Oggi
labile con una prognosi migliore.
L’analisi molecolare della risposta B-cellulare ha evidenziato la scomparsa fino
alla delezione dei cloni periferici nei pazienti responsivi e una maggiore stabilità nei non responsivi. Inoltre rituximab
ha mostrato di incidere profondamente
in termini di viremia, in quanto i livelli
circolanti di Hcv Rna aumentano fino a
raddoppiare nei pazienti responsivi, risultando pressoché immodificati nei
non responsivi. Il 75 per cento dei pazienti responsivi è stato considerato in
remissione durante il successivo followup (Fig. 2).
I nostri risultati indicano che rituximab
possiede attività clinica e biologica nei
pazienti con Cm Hcv-positivi. Tuttavia,
il farmaco ha mostrato un profondo impatto sulla carica virale, in termini di
aumento significativo dell’Hcv Rna nel
siero dei pazienti in corso di trattamento depletivo B-cellulare.
Tale effetto ha impedito una più ampia
esperienza terapeutica e pertanto è stato
proposto di impiegare rituximab in
combinazione con Peg-Ifn-α e ribavirina (Pirr: Pegylated interferon ribavirin
rituximab). Probabilmente questo tipo
di approccio consentirà di ottenere i risultati migliori.
La terapia di associazione rituximab-interferone peghilato-ribavirina potrebbe
migliorare in futuro l’outcome dei pazienti con Cm sintomatica evitando riacutizzazioni dell’epatite.
cipitazione, alcuni pazienti con vasculite rapidamente progressiva non responsivi ai trattamenti precedentemente descritti possono trarre giovamento dall’impiego di corticosteroidi, farmaci immunosoppressori e metodiche di filtrazione plasmatica con sistema “a cascata”
[4]. A differenza del plasma exchange,
una metodica non selettiva che rimuove
non solo le crioglobuline ma anche le
proteine plasmatiche, la filtrazione “a
cascata” (double filtration plasmapheresis, Dfpp) consente di sottrarre dal circolo solo le molecole a più alto peso
molecolare, che vengono bloccate dal secondo filtro e quindi rimosse dalla circolazione.
Ciò permette di restituire al paziente le
restanti frazioni proteiche plasmatiche
(specie l’albumina) senza necessità di
doverle rimpiazzare (Fig. 3). Questa
procedura si è rivelata utile nel trattamento delle forme non responsive, consentendo in alcuni casi un netto miglioramento fino alla pressoché completa
guarigione, in particolare, delle ulcere
cutanee (Fig. 4).
Schermo
Bilancia
Tuttavia una discreta percentuale di pazienti tende a recidivare, rendendo sempre più difficile ogni decisione per eventuali successivi ritrattamenti.
Criteri per il trattamento
In sintesi, l’approccio terapeutico ai pazienti affetti da crioglobulinemia Hcvassociata può essere riassunto come segue. Nel caso di pazienti “asintomatici”,
cioè con infezione cronica da Hcv e presenza di crioglobuline, ma senza i classici segni della vasculite crioglobulinemica, l’approccio terapeutico è valutato in
relazione all’attività epatitica.
Il trattamento di scelta sarà quello antivirale, impiegando interferone peghilato
α2a o α2b in associazione a ribavirina
secondo le linee guida per la terapia dell’epatite cronica Hcv-correlata.
Nel caso di risposta virologica sostenuta,
i pazienti verranno sottoposti a followup semestrale, mentre in caso di non risposta o di recidiva si potrà considerare
un ritrattamento ed eventualmente as-
Elemento
riscaldante
Pompe
INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO
Terapia immunosoppressiva
e filtrazione plasmatica
La terapia immunosoppressiva, con o senza plasmaferesi, va riservata ai casi con
vasculite severa e refrattaria.
INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO
In considerazione della complessità dei
meccanismi che sostengono la criopre-
Due filtri di serie con cut-off decrescenti:
- il primo filtro separa il plasma dalla componente
corpuscolare
- il secondo filtro, con porosità minore, trattiene
dal plasma i componenenti a elevato peso
molecolare (immunoglobulina)
Il plasma ritorna depurato al paziente,
senza bisogno di soluzioni sostitutive
Figura 3. Modello di un dispositivo per aferesi terapeutica e di un sistema di filtri per metodo “a cascata”
Medici Oggi - dicembre 2008
35
I Master di Medici Oggi
Base
2 settimane
4 settimane
6 settimane
8 settimane
Dx
Sx
Figura 4. Progressivo miglioramento, fino alla cicatrizzazione, delle ulcere cutanee per effetto del trattamento mediante filtrazione a cascata
sociare rituximab, qualora comparissero
segni di vasculite.
Anche per i pazienti con vasculite crioglobulinemica senza complicanze neurologiche o renali è indicata la terapia
antivirale di associazione, mentre possono essere inclusi gli steroidi se presenti neuropatia e/o nefropatia.
Nella condizione di vasculite sistemica
rapidamente progressiva si propone
l’impiego di corticosteroidi, aferesi tera-
36
Medici Oggi - dicembre 2008
peutica ed eventualmente immunosoppressori come ciclofosfamide. Resta da
valutare l’efficacia della terapia antivirale combinata con quella B-depletiva
nei pazienti non responsivi o in recidiva.
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1. Bonomo L, Casato M, Afeltra A, Caccavo D (1987)
Treatment of idiopathic mixed cryoglobulinemia with al-
pha interferon. Am J Med 83:726-730
2. Dammacco F, Sansonno D, Han JH et al (1994) Natural interferon-alpha versus its combination with 6-methylprednisolone in the therapy of type II mixed cryoglobulinemia: a long-term, randomized, controlled study. Blood
84:3336-3343
3. Sansonno D, De Re V, Lauletta G et al (2003) Monoclonal
antibody treatment of mixed cryoglobulinemia resistant
to interferon alpha with an anti-CD20. Blood 101:38183826
4. Ramunni A, Lauletta G, Brescia P et al (2008) Double-filtration plasmapheresis in the treatment of leg ulcers in cryoglobulinemia. J Clin Apher 23:118-122
I Master di Medici Oggi
Utilities
-
Centri e associazioni
Siti Web
Associazione italiana per la lotta contro
le crioglobulinemie (Alcri)
Sede sociale e scientifica:
Uo di Medicina interna, Ospedale di Saronno (Varese)
Piazzale Borella, 1 – 21047 Saronno (VA)
Tel: 02 9613267 – 02 9613279
E-mail: [email protected]/[email protected]
Sito Web : www.alcri.it (in costruzione)
http://www.epac.it
L’Associazione EpaC onlus è un movimento di malati e medici che si pone l’obiettivo di raggiungere una migliore qualità di vita e di assistenza medica tramite la
prevenzione e l’informazione sulla malattia. Gruppo tra i più attivi in Italia nel fornire assistenza informativa gratuita sull’epatite C, svolge principalmente un’azione
di consulenza personalizzata: da quella
psicologica a quella medica e/o legata alla
tutela dei malati e alle consulenze legali.
-
-
Centro di riferimento della Regione
Lazio per la crioglobulinemia mista, Roma
Università di Roma “La Sapienza” - Policlinico
Umberto I
Viale dell’Università, 37 - 00185 Roma
Tel: 06 49972090 - Fax: 06 4463877
E-mail: [email protected]
Sito Web: www.crioglobulinemia.it
-
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http://www.alcri.it/public/alcri/docs/
crio_opuscolo.pdf
L’opuscolo per i pazienti sulla sindrome
crioglobulinemica dell’Acri.
http://www.vasculiti.it
È il sito del Gruppo per lo studio delle
vasculiti primitive e secondarie.
Al suo interno si possono trovare informazioni generali sulle diverse forme delle patologie e sui protocolli medici, nonché un archivio di casi clinici, un atlante fotografico e un elenco di domande
frequenti.
-
http://www.orpha.net/consor4.01/
www/cgi-bin/OC_Exp.php?lng=IT&Expert
=91138
Parte dedicata alla crioglobulinemia mista nel sito orphanet, il portale delle malattie rare e dei farmaci orfani.
Al suo interno vi si può scaricare un articolo in lingua inglese con una dettagliata descrizione della malattia.
Area Simi • Comunicazioni a cura della Società italiana di Medicina interna
Il caso Englaro: la posizione della Simi
Il caso di Eluana Englaro, così come emerge dalla cronaca, dalle vicende giudiziarie e dal dibattito politico solleva dal punto di vista
strettamente medico tre principali questioni: la nutrizione artificiale è una terapia? Se e quando iniziare o interrompere le cure mediche
alla fine della vita? Come rispettare l’autonomia decisionale del paziente in una condizione irreversibile di perdita della coscienza?
Circa il primo quesito tutte le società medico-scientifiche nazionali e
internazionali, e in prima fila quelle specialistiche del settore, riconoscono che la nutrizione artificiale è a tutti gli effetti una terapia medica, praticata ormai da migliaia di medici in tutto il mondo per il
beneficio di un numero considerevole di pazienti.
La nutrizione artificiale richiede il consenso informato; ha indicazioni, controindicazioni, effetti collaterali e necessita di un attento e regolare monitoraggio medico; ha costi da non sottovalutare.
Non può e non deve essere affidata né gestita autonomamente da un
caregiver.
Circa il secondo quesito, iniziare o interrompere una terapia medica
richiede sempre il consenso informato del paziente, o del suo delegato. Tali valutazioni permangono in ogni momento della vita.
Il compito del medico è di verificare se, in quella specifica condizione clinica, trattasi di cura “ordinaria” cioè tale da essere benefica per
l’unità biopsichica del paziente (quindi curare anche quando la prin-
cipale patologia di cui è affetto il paziente non è più curabile: si tratta della Medicina palliativa del malato terminale) oppure di “eccesso
di cure o accanimento terapeutico”. Ad esempio l’accanimento terapeutico può mantenere “artificialmente” in vita biologica un soggetto, in assenza di una sia pur minima integrità biopsichica.
Il cittadino che si trova nella condizione di perdita irreversibile dello stato di coscienza ha gli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino:
pertanto occorre che, attraverso suoi delegati o familiari (in questo
caso il padre) - adeguatamente informati dall’équipe medica - possa
esprimere i propri diritti, e quindi accettare o rifiutare le cure. Se le
cose sono così chiare perché tanto eccesso di dibattito a volte anche
deviante da parte della società civile?
L’auspicio della Società italiana di Medicina interna è che ogni vicenda umana che coinvolge il rapporto medico-paziente e quindi la tutela della salute venga ricondotta nell’ambito della necessaria riservatezza. Auspica che le istituzioni possano collaborare, anche attraverso condivise decisioni politiche, perché i singoli cittadini e i loro familiari esprimano sempre, e il più serenamente e liberamente possibile, una scelta consapevole in momenti così personali come è il caso di decisioni (mediche) alla fine della vita.
(a cura di Franco Contaldo, Filippo Rossi Fanelli, Giuseppe Licata)
Medici Oggi - dicembre 2008
37
I Master di Medici Oggi
Questionario
di autovalutazione
Non si tratta di un corso di formazione a distanza con l’attribuzione di crediti ECM
I.
La crioglobulinemia di tipo I da quali
immunoglobuline può essere costituita?
1)
2)
3)
4)
5)
IgG
IgM
IgA
Da tutti e tre gli isotipi
Da nessuna delle precedenti
VI. La componente monoclonale
della crioglobulinemia mista di tipo II
usualmente è di isotipo?
1)
2)
3)
4)
5)
IgG
IgM
IgA
Tutte le precedenti
Nessuna delle precedenti
XI. La crioglobulinemia mista è associata
a infezione da Hcv nella seguente
percentuale di casi:
1)
2)
3)
4)
5)
10 per cento
50 per cento
75-95 per cento
100 per cento
5 per cento
II. La crioglobulinemia di tipo II è costituita:
1) da una componente
immunoglobulinica
2) da due componenti
immunoglobuliniche
3) da nessuna componente
immunoglobulinica
4) da immunoglobuline e agente
infettante
5) nessuna delle precedenti
III. Nella crioglobulinemia mista di tipo II
(IgG-IgMk) quale delle componenti
immunoglobuliniche agisce da antigene
e quale da anticorpo?
1)
2)
3)
4)
5)
IgG-antigene e IgM-anticorpo
IgM-antigene e IgG-anticorpo
Entrambe le precedenti
Agiscono entrambe da anticorpi
Nessuna di queste
IV. Nella crioglobulinemia mista di tipo II
quali porzioni delle molecole IgG
rappresentano il target antigenico per le IgM?
1)
2)
3)
4)
5)
Frammento Fab
Frammento Fc
Intera molecola
Tutte le precedenti
Nessuna delle precedenti
V. Nel danno vasculitico dei pazienti
con crioglobulinemia mista Hcv-correlata
quali proteine virali sono state dimostrate
nella cute?
1)
2)
3)
4)
5)
Core
E2
NS3
Tutte le precedenti
Nessuna
VII. La crioglobulinemia mista di tipo II
si differenzia dal tipo III per una
delle seguenti ragioni:
1) le componenti immunoglobuliniche
sono policlonali
2) entrambe sono monoclonali
3) solo una è monoclonale
4) le componenti immunoglobuliniche
sono oligoclonali
5) nessuna delle precedenti combinazioni
VIII. Quali dei seguenti quadri molecolari
sono presenti nelle crioglobulinemie?
1)
2)
3)
4)
5)
Monoclonalità
Oligoclonalità
Policlonalità
Mono e oligoclonalità
Tutte le precedenti possibilità
IX. Quale segmento molecolare viene
amplificato per caratterizzare l’assetto
molecolare dell’espansione clonale
B-cellulare nelle crioglobulinemie?
1) VDJ delle catene pesanti
delle immunoglobuline
2) VJ delle catene leggere
delle immunoglobuline
3) Cdr-H3
4) Tutte le precedenti
5) Nessuna delle precedenti
XII. Quali sono le molecole che mediano
il legame dell’immunocomplesso a livello
delle cellule endoteliali?
1) Il recettore per il dominio globulare
del C1q
2) Proteina Core
3) Immunocomplesso IgM-IgG
4) C1q
5) IgG anti-Core
XIII. Nei responder al trattamento
con solo rituximab la viremia:
1)
2)
3)
4)
5)
non si modifica
aumenta
si riduce
dipende dalla posologia
È in funzione dei livelli di viremia
iniziali
XIV. Nei pazienti in recidiva dopo trattamento
con solo rituximab come si comporta
la viremia?
1) Aumenta prima delle manifestazioni
cliniche
2) Non si modifica
3) Entrambe le precedenti
4) Aumenta dopo le manifestazioni
cliniche
5) Nessuna delle precedenti
XV. Nei pazienti responsivi alla Pirr Therapy :
X. In quali organi si ritrovano le espansioni
clonali delle cellule B nelle crioglobulinemie
Hcv-correlate?
1)
2)
3)
4)
5)
Fegato
Midollo
Cellule B periferiche
In tutte le precedenti
In nessuna delle precedenti
1) l’Hcv Rna si negativizza
2) il criocrito si riduce
contemporaneamente all’incremento
del C4
3) entrambe le precedenti
4) incrementa solo il C4
5) diminuiscono le Alt
Risposte esatte
I-4; II-2; III-1; IV-2; V-1; VI-2; VII-3; VIII-5; IX-1; X-4; XI-3; XII-1; XIII-2; XIV-1; XV-3
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Medici Oggi - dicembre 2008
I Master di Medici Oggi
Scheda di valutazione
Gentili Lettori,
l’obiettivo dei Master di Medici Oggi, sezioni monotematiche su temi di interesse clinico curate dalla Società italiana di Medicina interna, è quello di fornire uno strumento pratico di formazione e aggiornamento.
In questa pagina pubblichiamo una scheda di valutazione della qualità del Master che vi preghiamo di rispedirci debitamente compilata, indicando nello spazio riservato alle note eventuali suggerimenti e proposte. Così facendo, ci aiuterete a calibrare continuamente i contenuti, tenendo conto delle vostre esigenze formative. Vi ringraziamo in anticipo per la cortese disponibilità.
La crioglobulinemia: un modello di malattia da immunocomplessi
Barrare con una crocetta le voci di interesse
1. Come valuta la RILEVANZA degli argomenti trattati rispetto alla Sua necessità di aggiornamento?
Non rilevante
Poco rilevante
Abbastanza rilevante
Rilevante
Molto rilevante
Soddisfacente
Buona
Eccellente
Abbastanza efficace
mi ha stimolato
a modificare alcuni aspetti
dopo aver acquisito
ulteriori informazioni
Efficace
mi ha stimolato
a cambiare alcuni
elementi della mia
attività clinica
Molto efficace
mi ha stimolato
a cambiare in modo
rilevante alcuni aspetti
della mia attività clinica
2. Come valuta la QUALITÀ educativa/di aggiornamento fornita da questo Master?
Scarsa
Mediocre
3. Come valuta l’EFFICACIA del Master per la Sua formazione continua?
Inefficace
non ho imparato
nulla per la mia
attività clinica
Suggerimenti, commenti e proposte
Parzialmente efficace
mi ha confermato
che non ho necessità
di modificare
la mia attività clinica
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........................................................................................................................................................................................................................................................................
........................................................................................................................................................................................................................................................................
Si prega di compilare e inviare a: Medici Oggi, via Decembrio 28 - 20137 Milano - fax 0255193360 - e-mail: [email protected]
Nome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cognome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Prov . . . . . . . . . . . . . . Cap . . . . . . . . . . . . . . .
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