Anno XII · n. 9 · dicembre 2008 Mensile di Formazione Continua in Medicina Generale Mensile - Anno XII - n. 9 - dicembre 2008 - Contiene IP - € 2,20 - ISSN 1721-0208 DIRITTO SANITARIO Profili di responsabilità INFORMATICA MEDICA Calcolatore e cervello umano ONCOLOGIA I tumori renali PNEUMOLOGIA L’impiego dell’ossigenoterapia MASTER La crioglobulinemia Aspetti clinico-patogenetici e terapia MASTER A CURA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA INTERNA I MASTER di Medici Oggi a cura della Società italiana di Medicina interna La crioglobulinemia: un modello di malattia da immunocomplessi Indice La vasculite crioglobulinemica: aspetti clinico-patogenetici 25 Gianfranco Lauletta, Domenico Sansonno, Piero Gatti, Franco Dammacco Hcv, crioglobulinemia e linfoproliferazione 29 Felicia Anna Tucci, Laura Troiani, Vincenza Conteduca, Sabino Russi, Domenico Sansonno, Franco Dammacco Terapia della sindrome crioglobulinemica 33 Franco Dammacco, Gianfranco Lauletta, Piero Gatti, Domenico Sansonno Utilities 37 Questionario di autovalutazione 38 Scheda di valutazione 39 Curatore Franco Dammacco Comitato Editoriale Pier Mannuccio Mannucci, Bruno P. Pieroni, Giuseppe Licata, Francesco Violi, Antonio D’Avanzo, Giovanni Danieli, Gian Franco Gensini Comitato di Consulenza Vincenzo Arienti, Gianpiero Benetti, Maria Domenica Cappellini, Gino Roberto Corazza, Giuseppe Crippa, Elmo Mannarino, Vincenzo Marigliano, Giuseppe Musca, Ranuccio Nuti, Massimo Pagani, Giuseppe Palasciano, Filippo Rossi Fanelli, Andrea Sacco, Maria Beatrice Secchi Redazione Elena Bernacchi, Folco Claudi, Paola Gregori Consulenza Metodologica Giovanni Pomponio Il medico che ne conosca le principali caratteristiche cliniche ha da tempo imparato ad avanzare un rapido, fondato sospetto di crioglobulinemia nei pazienti che lamentino episodi ricorrenti di porpora palpabile, di regola confinata agli arti inferiori e talora anche ai glutei, con frequente esito in discromie irreversibili nelle sedi delle pregresse manifestazioni Franco Dammacco purpuriche; dolori articolari più o meno diffusi alle piccole e alle grandi articolazioni; facile stancabilità. Accanto alle suddette manifestazioni cliniche, la presenza in circolo di fattore reumatoide a titoli medio-alti e i bassi livelli circolanti (da consumo) delle frazioni C3 e soprattutto C4 del complemento hanno fondatamente suggerito l’idea che la crioglobulinemia dovesse essere considerata una patologia vasculitica mediata da immunocomplessi. Ma quale fosse l’agente in grado di indurre la formazione di tali immunocomplessi è rimasto a lungo indeterminato. È soltanto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta che divenne evidente come la stragrande maggioranza dei pazienti crioglobulinemici fosse anti-Hcv positiva. Da queste evidenze scaturisce l’attuale cognizione secondo la quale la crioglobulinemia mista sia in realtà Hcv-correlata. Ancora più recente è stata l’osservazione di un sottogruppo di pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin a cellule B, infettati dall’Hcv anni prima dell’insorgenza della patologia linfomatosa. Benché esistano variazioni geografiche nella frequenza di questa associazione, le evidenze di un potenziale ruolo oncogeno dell’Hcv si vanno facendo sempre più numerose. Partendo da tali considerazioni, abbiamo deciso di suddividere questo Master in tre parti, dedicate rispettivamente alle manifestazioni cliniche e ai possibili meccanismi patogenetici della crioglobulinemia; ai rapporti tra infezione da Hcv, insorgenza di crioglobulinemia e possibile evoluzione linfomatosa; alle basi terapeutiche razionali di questa singolare vasculite. Vorrei concludere sottolineando l’assoluta preminenza della ricerca italiana in questo settore. Negli anni, diversi gruppi di ricerca del nostro Paese hanno infatti prodotto importanti e originali contributi, ripetutamente citati nella letteratura scientifica internazionale. Tra questi, alcune recentissime acquisizioni lasciano intravvedere un ruolo cruciale della proteina Cxcl13 attraverso meccanismi tuttora non ben definiti. Il riconoscimento della patogenesi multifattoriale del danno vasculitico, sulla quale diversi gruppi di ricerca (compreso il nostro) stanno lavorando, potrà avere importanti ricadute sulla necessità di prevedere approcci terapeutici personalizzati per il singolo paziente. Franco Dammacco Dipartimento di Scienze biomediche e Oncologia umana, Università di Bari Medici Oggi - dicembre 2008 23 I Master di Medici Oggi Fonti delle informazioni Segnaliamo alcuni titoli particolarmente rilevanti per gli argomenti trattati nel presente Master Per un inquadramento generale della crioglobulinemia si vedano: ➜• • • Utili approfondimenti sul rapporto tra infezione da Hcv, crioglobulinemia e processi linfoproliferativi maligni sono: ➜• • • • Sulla gestione della sindrome crioglobulinemica si consultino: ➜• • • Sintesi dei dati 24 Medici Oggi - dicembre 2008 Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2001) The cryoglobulins: an overview. Eur J Clin Invest 31:628-638 Feiner HD (1983) Relationship of tissue deposits of cryoglobulin to clinical features of mixed cryoglobulinemia. Hum Pathol 14:710-715 Dammacco F, Sansonno D (1997) Mixed cryoglobulinemia as a model of systemic vasculitis. Clin Rev Allergy Immunol 15:97-119 Negri E, Little D, Boiocchi M et al (2004) B-cell non-Hodgkin’s lymphoma and hepatitis C virus infection: a systematic review. Int J Cancer 111:1-8 Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2000) The lymphoid system in hepatitis C virus infection: autoimmunity, mixed cryoglobulinemia, and overt B-cell malignancy. Semin Liver Dis 20:143-157 De Vita S, Sacco C, Sansonno D et al (1997) Characterization of overt B-cell lymphomas in patients with hepatitis C virus infection. Blood 90:776-782 Sansonno D, Tucci FA, Troiani L et al (2008) Increased serum levels of the chemokine CXCL13 and up-regulation of its gene expression are distinctive features of HCV-related cryoglobulinemia and correlate with active cutaneous vasculitis. Blood 112:1620-1627 Bonomo L, Casato M, Afeltra A, Caccavo D (1987) Treatment of idiopathic mixed cryoglobulinemia with alpha interferon. Am J Med 83: 726-730 Sansonno D, De Re V, Lauletta G et al (2003) Monoclonal antibody treatment of mixed cryoglobulinemia resistant to interferon alpha with an anti-CD20. Blood 101:3818-3826 Ramunni A, Lauletta G, Brescia P et al (2008) Double-filtration plasmapheresis in the treatment of leg ulcers in cryoglobulinemia. J Clin Apher 23:118-122 Per le principali raccomandazioni è stato riportato il grado di sicurezza con cui sono state formulate, utilizzando il seguente schema: Livello A: indicazione derivante da una revisione sistematica o da almeno un trial clinico controllato e randomizzato Livello B: indicazione derivante da studi di coorte o da trial con risultati conflittuali Livello C: indicazione derivante da studi di tipo case report o serie di casi Indicazione basata sul consenso: derivata dal parere concorde di esperti I Master di Medici Oggi La vasculite crioglobulinemica: aspetti clinico-patogenetici Gianfranco Lauletta, Domenico Sansonno, Piero Gatti, Franco Dammacco Dipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari La crioglobulinemia (Cm) è una vasculite sistemica che coinvolge principalmente le arterie di piccolo e, meno frequentemente, di medio calibro e le vene. Si ritiene che il meccanismo patogenetico del danno vascolare sia rappresentato dal deposito di immunocomplessi sulla parete vasale, con conseguente attivazione della cascata del complemento [1]. La possibile eziologia virale della vasculite crioglobulinemica è stata a lungo sospettata, fino alla dimostrazione, nei primi anni Novanta, di una stretta correlazione con l’infezione da virus dell’epatite C (Hcv) [2]. Il riconoscimento dell’Hcv come principale agente eziologico ha determinato una sostanziale revisione della classificazione clinica delle crioglobulinemie e suggerito nuove possibilità terapeutiche. La caratteristica principale di questa vasculite è la presenza di un’espansione clonale B-cellulare, che interessa le cellule secernenti fattore reumatoide (Fr). In questo articolo si descrivono i principali aspetti clinici della vasculite crioglobulinemica e il ruolo dell’Hcv. Sia le evidenze cliniche sia quelle biologiche, derivate anche dai contributi del nostro gruppo, indicano uno stretto legame tra infezione da Hcv, manifestazioni vasculitiche, autoimmunità e linfoproliferazione [3]. Descriviamo qui di seguito un caso emblematico di crioglobulinemia di tipo I. stanze voluttuarie, all’elettroforesi sierica presentava una componente monoclonale in regione gamma (tipizzata come IgGλ) e un quadro clinico caratterizzato da porpora agli arti inferiori, vaste ulcere torpide perimalleolari e intensa sintomatologia dolorosa agli arti inferiori. Le indagini di laboratorio evidenziavano positività per anti-Hcv (genotipo 3a), con elevata attività replicativa, e la presenza di Classificazione delle crioglobuline Convenzionalmente, le crioglobuline sono classificate in relazione alla loro composizione immunochimica. Quelle di tipo I sono costituite da un solo isotipo di immunoglobulina monoclonale. Le forme miste includono il tipo II, costituito da una componente monoclonale (solitamente IgM) e da IgG policlonali, mentre il tipo III è costituito da Ig policlonali. Nella crioglobulinemia mista (Cm) cosiddetta II/III, le IgM sono oligoclonali ed è possibile che si verifichi una transizione dal tipo III al tipo II (Tab. 1). La crioglobulinemia di tipo I rappresenta circa il 10-15 per cento dei crioprecipitati. Più frequentemente si tratta di IgM. Le crioglobuline IgG si riscontrano all’incirca nel 2 per cento dei mielomi, mentre molto rare sono le crioglobuline IgA; occasionalmente sono state descritte crioglobuline tipo Bence-Jones. La forma mista di tipo II rappresenta il 50-60 per cento delle crioglobulinemie; le componenti immunoglobuliniche, generalmente IgM e IgG, sono incapaci da sole di precipitare a basse temperature. Le IgG sono policlonali, mentre le IgM sono monoclonali e montano più frequentemente catene leggere di tipo k. Quasi sempre le IgM reagiscono contro il frammento Fc delle IgG autologhe, ma talora anche contro IgG intere o contro il solo frammento F(ab)'2. La restante quota di crioglobuline (circa il 30-40 per cento) è costituita dalle forme miste di tipo III, che sono presenti anche nelle connettiviti, nelle malattie autoimmuni, nelle infezioni croniche batteriche, virali e micotiche. Tabella 1. Classificazione delle crioglobuline Tipo Componenti Patologie associate I Crioglobuline singole monoclonali (IgM o IgG, raramente IgA) Malattie linfoproliferative II Crioglobuline miste con una componente monoclonale (di solito IgM + IgG) Malattie linfoproliferative e autoimmunitarie infezioni virali e batteriche III Crioglobuline miste policlonali (di solito IgG + IgM) Malattie linfoproliferative e autoimmunitarie II/III Crioglobuline con IgG policlonali + IgM oligoclonali Nessun quadro morboso ben definito Caso clinico Un uomo di 39 anni, con abitudine tabagica e anamnesi positiva per abuso di so- crioglobuline di tipo I (criocrito 10 per cento). Negative sono risultate tutte le indagini eseguite nel sospetto di mieloma multiplo, così come la ricerca di sostanza amiloide. Dopo la diagnosi di crioglobulinemia di tipo I, formulata agli inizi del 2000, il paziente è stato sottoposto a trattamento con interferone-α ricombinante alla posologia di 3 Mu per tre volte alla settimana, in Medici Oggi - dicembre 2008 25 I Master di Medici Oggi aggiunta a basse dosi di corticosteroidi (10-15 mg/die di prednisone). La terapia interferonica è stata praticata in maniera discontinua per scarsa compliance del paziente (stato di agitazione psico-motoria, cefalea). Nonostante numerosi tentativi di eradicazione del virus, anche con l’impiego di interferone peghilato (Peg-Ifn-α) associato a ribavirina (Rbv) non è stato possibile ottenere una risposta virologica sostenuta a dispetto di un genotipo “favorevole”. Il decorso clinico è stato caratterizzato dalla periodica riesacerbazione delle ulcere, sottoposte a ripetuti innesti cutanei autologhi, e dalla presenza di dolore cronico con riacutizzazioni sempre più frequenti e scarsamente responsive alla terapia analgesica. Ripetute indagini elettromiografiche hanno sempre confermato una grave neuropatia assonica. Le indagini di laboratorio hanno evidenziato valori di criocrito oscillanti tra il 10 e il 15 per cento; Hcv Rna persistentemente >500.000 Ui/ml; transaminasi pressoché costantemente nella norma. Con il termine “essenziale” si definisce ancora la forma di Cm in cui non è possibile identificare un potenziale fattore eziologico: questa condizione è ormai ristretta al 5 per cento circa dei casi. Benché le crioglobuline siano presenti nel 40-60 per cento dei pazienti con infezione cronica da Hcv, la sindrome crioglobulinemica, clinicamente manifesta, si sviluppa solo nel 5-20 per cento dei casi [5]. Le più frequenti manifestazioni cliniche della crioglobulinemia sono rappresentate dalla classica triade di Meltzer, costituita da porpora, astenia e artralgie [6] (Fig. 1). LIVELLO A Le reazioni cutanee sono le più frequenti e ciò spiega perché questi pazienti si rivolgano inizialmente allo specialista dermatologo in seguito alla comparsa di porpora, fenomeno di Raynaud, ulcere degli arti infe- riori, edemi, orticaria, livedo reticularis. La porpora solitamente non è associata a prurito, ha un andamento a poussée, interessando le parti esposte (prevalentemente gli arti inferiori), e si manifesta più frequentemente nei mesi invernali. Generalmente ha un decorso di 1-2 settimane e si risolve lasciando come esito una diffusa pigmentazione brunastra delle gambe, dovuta alla presenza di depositi di emosiderina. Le ulcere hanno un decorso cronico, si localizzano più frequentemente a livello delle regioni malleolari e compaiono in assenza di dermatite da stasi. Il fenomeno di Raynaud, che coinvolge le falangi distali, i padiglioni auricolari, il naso, è spesso la prima manifestazione clinica della crioglobulinemia. LIVELLO A Le artralgie sono presenti in molti pazienti, hanno carattere di intermittenza, sono Il caso induce a porsi alcuni quesiti: 1. Qual è il quadro clinico caratteristico della crioglobulinemia? 2. Come si classificano le crioglobuline? 3. Quali sono i meccanismi patogenetici della crioglobulinemia? 4. Quale ruolo ha l’infezione da Hcv? Aspetti clinici della crioglobulinemia Le crioglobuline sono immunoglobuline (Ig) che, diventando insolubili a temperature inferiori a 37 °C, danno origine ad aggregati ad alto peso molecolare [4]. Possono essere presenti in piccole quantità nel siero normale e in concentrazioni variabili in molte condizioni patologiche, tra le quali tumori del sistema linfoide, malattie autoimmuni e malattie infettive. La grande maggioranza (40-90 per cento) dei pazienti con crioglobulinemia mista è infettata dal virus dell’epatite C. LIVELLO A 26 Medici Oggi - dicembre 2008 A B C D E F Figura 1. (A) Fenomeno della crioprecipitazione; (B,C) porpora localizzata agli arti inferiori; (D) manifestazioni purpuriche in sede addominale; (E) esiti discromici da pregresse gittate purpuriche; (F) ulcere torpide perimalleolari I Master di Medici Oggi simmetriche, non migranti e coinvolgono più tipicamente le mani e le ginocchia. Meccanismi di interazione tra Hcv e sistema immunitario In una minoranza di pazienti con Cm compare un interessamento viscerale multiorgano. Gli organi più spesso interessati sono il rene e il sistema nervoso. L’interazione tra Hcv e linfociti modula le funzioni delle cellule B e T: ne consegue un’attivazione policlonale in vivo e un’espansione delle cellule CD5+, considerate come la principale fonte di produzione di molecole IgM Fr [7]. È possibile ipotizzare che l’iniziale attivazione dei linfociti sia seguita dall’emergenza di un singolo clone dominante, che sintetizza IgM Fr monoclonali sostenendo lo sviluppo di una Cm tipo II. L’espansione B-cellulare oligo/monoclonale può essere interpretata come il risultato della capacità dell’Hcv di stimolare in maniera cronica le cellule B e di innescare un processo linfoproliferativo persistente, in grado di sostenere e selezionare cloni linfoidi dipendenti dalla stimolazione antigenica [3]. Inoltre la stessa infezione diretta delle cellule B da parte dell’Hcv promuove condizioni favorevoli alla proliferazione linfocitaria [8]. Il riscontro di una replicazione attiva all’interno delle cellule mononucleate consente di suddividere i soggetti con infezione da Hcv in un gruppo in cui la replicazione virale sembra realizzarsi solo nel fegato e uno in cui vi è un secondo comparto biologico, rappresentato dalle cellule linfoidi. Sebbene i linfociti infettati rappresentino solo il 3 per cento della carica virale circolante [9], essi rivestono una notevole importanza patogenetica poiché si caratterizzano come un effettivo serbatoio di virus capace di raggiungere qualsiasi sede. LIVELLO A Il coinvolgimento multiorgano può essere contestuale alle lesioni cutanee o persino precederle. Il danno renale può essere responsabile di ipertensione arteriosa, microematuria e proteinuria. Molto frequente è il coinvolgimento del sistema nervoso, con un’incidenza che supera il 60 per cento. Il danno a carico del sistema nervoso periferico si manifesta come neuropatia sensitivo-motoria, più spesso a livello degli arti inferiori, con parestesie dolenti e perdita della forza. Meno frequente è il coinvolgimento del sistema nervoso centrale, che può manifestarsi con disartria Patogenesi della crioglobulinemia transitoria, emiparesi e stato confusionale. Il 70 per cento dei pazienti presenta ovviamente i segni dell’epatopatia Hcv-correlata; il reperto istologico mostra generalmente un quadro di epatite cronica attiva, con o senza cirrosi. Il meccanismo attraverso cui l’Hcv promuove la produzione di crioglobuline non è ancora noto. Tuttavia l’espansione delle cellule B produttrici di IgM consen- Proteina Core HCV IgM-FR IgG Anti-Core IgM-FR IgG Anti-Core Proteina Core HCV C1q Dominio globulare del recettore per C1q Cellule endoteliali A B Dominio globulare del recettore per C1q Cellule endoteliali Granulocita neutrofilo Dominio globulare del recettore per C1q Proteina Core HCV Dominio globulare del recettore per C1q Cellule endoteliali C D Figura 2. Ipotesi sul meccanismo patogenetico del danno vascolare nella crioglobulinemia mista. La proteina Core dell’Hcv è legata alle IgG con specifica reattività anti-Core, che a loro volta sono legate a IgM con attività di fattore reumatoide. Questo complesso può legarsi in maniera specifica all’endotelio per mezzo del recettore per il C1q attraverso la proteina Core (A) o il C1q (B). Lo stesso meccanismo può essere preso in considerazione per il legame dei neutrofili (C). In (D) è messo in evidenza lo stretto contatto che intercorre tra una cellula circolante e una cellula endoteliale in una biopsia cutanea ottenuta da un paziente con crioglobulinemia Medici Oggi - dicembre 2008 27 I Master di Medici Oggi A B C D potrebbe essere rappresentato dal legame della proteina Core dell’Hcv con il C1q attraverso il suo recettore [12,13]. Il C1q regola la deposizione degli Ic circolanti a livello delle cellule endoteliali. Come indicato nella Figura 3, il recettore per il C1q può modulare il deposito degli Ic in ragione dell’espressione sulle cellule endoteliali. NS4 NS5 NS3 E2 C2 C1 Streptavidin 3+* 1+ +/- Bibliografia Figura 3. Dimostrazione della specificità di legame nel caso di una gammapatia monoclonale non-IgM nei confronti di antigeni Hcv-correlati. (A) Elettroforesi sierica del caso clinico descritto; (B) elettroforesi della componente monoclonale purificata; (C) immunofissazione della componente monoclonale purificata; (D) test di immunoblotting per proteine Hcv-correlate che dimostra la reattività della componente monoclonale purificata per le proteine NS3 e Core dell’Hcv (positività 3+) te di ipotizzare un processo di sintesi e rilascio di tali molecole correlato alla presenza di immunocomplessi (Ic). È noto che lo stimolo prodotto dagli Ic determina prevalentemente il rilascio di IgM con attività di Fr [10]. La vasculite crioglobulinemica è un processo patologico caratterizzato da flogosi e danno endoteliale. Esso si accompagna di solito a riduzione del lume vascolare e alterazioni di tipo ischemico dei tessuti irrorati da quel distretto vascolare. L’organo più frequentemente coinvolto è sicuramente la cute, anche se qualunque organo può fungere da potenziale bersaglio. Il ruolo fondamentale dell’Hcv nella patogenesi della vasculite crioglobulinemica è documentato dalla presenza di proteine Hcv-correlate nei vasi cutanei di pazienti crioglobulinemici (Fig. 2), laddove la presenza di immunodepositi occupa talvolta completamente gli spazi microvascolari o, in alternativa, le pareti del vaso e gli spazi perivascolari, senza alterarne il lume [11]. Inoltre il ruolo patogenetico degli immunocomplessi crioprecipitanti è ulteriormente dimostrato dalla presenza di IgM e/o IgG nella sede del danno vascolare, nonché dalla presenza di fattori del complemento. In questo 28 Medici Oggi - dicembre 2008 contesto va inserito il ruolo della proteina Core dell’Hcv. Dati sperimentali hanno dimostrato che gli Ic crioprecipitanti sono costituiti da IgM con attività di Fr legate a IgG, che a loro volta riconoscono come antigene bersaglio la proteina Core dell’Hcv. Nel paziente presentato in precedenza, per esempio, è stata esaminata la reattività della componente monoclonale IgG: dopo purificazione dal siero mediante separazione cromatografica per affinità, le IgG eluite sono state confrontate con antigeni virali in test di immunoblotting. I risultati hanno mostrato un’intensa reattività per le proteine Core e NS3 dell’Hcv (Fig. 3). Una volta avvenuto il legame, e in seguito all’esposizione a basse temperature, le molecole di Fr subiscono modificazioni conformazionali che verosimilmente sono responsabili della precipitazione. Cionondimeno, la deposizione degli Ic dipende anche da fattori emodinamici e dalla struttura anatomica dei vari distretti. Il glomerulo, i plessi corioidei, la sinovia, l’uvea e la cute ricevono tutti un elevato flusso di sangue per unità di massa e sono pertanto più esposti all’azione degli Ic, che possono essere intrappolati in elevate quantità nella parete vascolare. Un importante meccanismo patogenetico 1. Feiner HD (1983) Relationship of tissue deposits of cryoglobulin to clinical features of mixed cryoglobulinemia. Hum Pathol 14:710-715 2. Agnello V, Chung RT, Kaplan LM (1992) A role for hepatitis C virus infection in type II cryoglobulinemia. N Engl J Med 327:1490-1495 3. Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2000) The lymphoid system in hepatitis C virus infection: autoimmunity, mixed cryoglobulinemia, and overt B-cell malignancy. Semin Liver Dis 20:143-157 4. Dammacco F, Sansonno D (1997) Mixed cryoglobulinemia as a model of systemic vasculitis. Clin Rev Allergy Immunol 15:97-119 5. Dammacco F, Sansonno D, Cornacchiulo V et al (1993) Hepatitis C virus infection and mixed cryoglobulinemia: a striking association. Int J Clin Lab Res 23:45-49 6. Meltzer M, Franklin EC, Elias K et al (1966) Cryoglobulinemia – a clinical and laboratory study. II. Cryoglobulins with rheumatoid factor activity. Am J Med 40:837-856 7. Newkirk MM (2002) Rheumatoid factors: host resistance or autoimmunity? Clin Immunol 104:1-13 8. Pal S, Sullivan DG, Kim S et al (2006) Productive replication of hepatitis C virus in perihepatic lymph nodes in vivo: implications of HCV lymphotropism. Gastroenterology 130:1107-1116 9. Sansonno D, Lauletta G, Montrone M et al (2006) Virological analysis and phenotypic characterization of peripheral blood lymphocytes of hepatitis C virus-infected patients with and without mixed cryoglobulinaemia. Clin Exp Immunol 143:288-296 10. De Vita S, De Re V, Gasparotto D et al (2000) Oligoclonal non-neoplastic B cell expansion is the key feature of type II mixed cryoglobulinemia: clinical and molecular findings do not support a bone marrow pathologic diagnosis of indolent B cell lymphoma. Arthritis Rheum 43:94-102 11. Sansonno D, Cornacchiulo V, Iacobelli AR et al (1995) Localization of hepatitis C virus antigens in liver and skin tissues of chronic hepatitis C virus-infected patients with mixed cryoglobulinemia. Hepatology 21:305-312 12. Sansonno D, Lauletta G, Nisi L et al (2003) Non-enveloped HCV core protein as constitutive antigen of cold-precipitable immune complexes in type II mixed cryoglobulinaemia. Clin Exp Immunol 133:275-282 13. Sansonno D, Dammacco F (2005) Hepatitis C virus, cryoglobulinaemia, and vasculitis: immune complex relations. Lancet Infect Dis 5:227-236 I Master di Medici Oggi Hcv, crioglobulinemia e linfoproliferazione Felicia Anna Tucci, Laura Troiani, Vincenza Conteduca, Sabino Russi, Domenico Sansonno, Franco Dammacco Dipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari Il virus dell’epatite C (Hcv) condivide con altri virus epatotropi la capacità di indurre un danno epatocitario immunomediato. La produzione di anticorpi rappresenta un meccanismo precoce della difesa immunitaria, con conseguente formazione di immunocomplessi (Ic) circolanti al fine di facilitare la processazione e l’eliminazione degli antigeni da parte di cellule specializzate. La maggioranza delle immunoglobuline circolanti fa parte dello spettro dei cosiddetti anticorpi “naturali”, che comprendono anticorpi anti-idiotipo e molecole con attività di fattore reumatoide (Fr). Queste appartengono principalmente alla classe IgM, sono policlonali e possiedono un potenziale patogenetico basso o nullo. Nel 20-30 per cento dei pazienti con infezione da Hcv le molecole Fr si comportano come molecole a elevata affinità, sono di tipo monoclonale e comportano la formazione di Ic crioprecipitanti che si estrinsecano con il quadro clinico della crioglobulinemia. La persistente produzione di Fr monoclonali implica l’esistenza di un meccanismo in grado di restringere la reattività immunologica e riflette una diversa selezione della popolazione cellulare, che può essere conservata per tutta la vita poiché sottoposta a una continua pressione antigenica. Nel fegato della maggior parte dei pazienti con infezione da Hcv è possibile dimostrare un profilo di espansione delle cellule B sia monoclonale sia oligoclonale. Inoltre il frequente riscontro di espansioni oligoclonali rappresenta un elemento cruciale, atto a sostenere una linfoprolife- razione B-cellulare non maligna. Tale quadro molecolare è alla base dell’espansione selettiva di un clone specifico, capace di espandersi e di prevalere sugli altri in modo da assumere un pattern monoclonale che a sua volta potrebbe favorirne l’evoluzione maligna. Si può pertanto ipotizzare che l’Hcv rappresenti lo stimolo non solo per i processi linfoproliferativi apparentemente benigni, ma anche per la progressione verso una franca neoplasia linfoide, almeno in un sottogruppo di pazienti. Caso clinico La nostra paziente è una donna di 73 anni, alla quale nel 1996 fu diagnosticata una “crioglobulinemia mista tipo II; epatite cronica attiva Hcv (2a/2c)-correlata”. Il quadro clinico era rappresentato da sporadiche gittate purpuriche agli arti inferiori, associate a parestesie e artralgie diffuse. Fu praticata terapia con interferone ricombinante α2b alla posologia di 1 Mu tre volte alla settimana per un anno, al termine della quale fu giudicata non responsiva. Persistendo la suddetta sintomatologia con andamento a poussée, fu prescritta una terapia steroidea a basso dosaggio (5 mg di prednisone/die) per i successivi due anni, senza significative variazioni sul piano clinico, con un criocrito pari all’1 per cento. Nel corso del successivo follow-up si assistette a una sostanziale stazionarietà del quadro clinico-bioumorale, con Alt persistentemente elevate (1,5 volte la norma). A febbraio 2008, in occasione di un nuovo controllo clinico, la paziente ha lamentato marcata astenia, in assenza di segni di vasculite. Le indagini di laboratorio hanno mostrato la ricomparsa dell’Hcv Rna (1.336.100 Ui/ml) con transaminasi nella norma; criocrito assente; Fr nella norma; nessun consumo di complemento. Alla palpazione, oltre che all’ecografia del collo, è stata segnalata la presenza di multiple linfoadenopatie latero-cervicali confluenti. Il caso induce a porsi alcuni quesiti: 1. Qual è la relazione tra infezione cronica da Hcv, crioglobulinemia e linfomi? 2. In un paziente affetto da crioglobulinemia, quando deve essere sospettato un linfoma? 3. Quali sono le caratteristiche cliniche dei linfomi che compaiono in corso di infezione da Hcv? Infezione da virus dell’epatite C e linfomi Nonostante la potenziale capacità dell’Hcv di alterare importanti meccanismi di regolazione cellulare, non è ben definito quale sia il suo ruolo nella progressione verso un processo linfoproliferativo francamente maligno. Ovviamente la prevalenza dell’infezione da Hcv è significativamente più alta rispetto all’incidenza di linfoma nonHodgkin (Lnh) a cellule B Hcv-positivo. Ciò indica che l’Hcv e l’espressione di proteine virali non sono sufficienti per lo sviluppo di una linfoproliferazione maligna, ma sono necessari altri fattori (genetici, epigenetici, ormonali, immunologici). L’Hcv potrebbe promuovere un processo multifasico di linfomagenesi attraverso l’espressione di proteine capaci di abolire le funzioni di check-point del ciclo Medici Oggi - dicembre 2008 29 I Master di Medici Oggi Decorso clinico dei linfomi Hcv-associati Locus IgH umano non riarrangiato geni D (30) geni VH (100-200) VH VH VH D geni JH (6) D JH D JH JH Cμ 700 Kb Riarrangiato N VH D N VH L FR I CDR I JH FR II CDR II FR III CDR III JH Cμ FR IV LIVELLO A 350 bp 1 2 N 3 Il decorso clinico di un Lnh Hcv-positivo non sembra essere significativamente diverso rispetto ai linfomi Hcv-negativi. P1 4 M P2 Tuttavia spesso è possibile riconoscere alcuni aspetti peculiari nei linfomi Hcv-positivi, come l’insorgenza in età più avanzata, il danno epatico, la presenza di una gammapatia monoclonale, la maggior frequenza di disordini autoimmunitari, la localizzazione extra-linfonodale e un sottotipo istologico ristretto. -120 -80 Figura 1. Rappresentazione schematica della reazione polimerasica a catena per l’analisi del riarrangiamento dei geni delle catene pesanti delle immunoglobuline, marcatore clonale della progenie cellulare cellulare e predisporre le cellule al rischio di instabilità genetica [1,2]. La relazione epidemiologica tra Hcv e linfomi rimane a tutt’oggi incerta: non ci sono infatti studi osservazionali a lungo termine da cui si possa evincere il reale impatto del virus nello sviluppo di un linfoma nonHodgkin a cellule B (Lnh-B). LIVELLO A Il ruolo dell’Hcv viene ipotizzato sulla base dei dati di prevalenza dell’infezione nei pazienti affetti da Lnh-B. Alcuni studi mostrano una prevalenza superiore al 42 per cento nell’area del Mediterraneo e in Giappone [3,4], mentre nel Nord Europa tale rischio sembra sovrapponibile a quello della popolazione generale [5]. Queste differenze potrebbero derivare da fattori geografici o etnici, come ipotizzato da uno studio che ha segnalato una prevalenza del 22 per cento di Lnh Hcv-positivi nella popolazione ispanica degli Stati Uniti [6]. Tuttavia una considerazione importante è che nella maggior parte di queste analisi non è chiaro se l’infezione da Hcv preceda l’insorgenza del linfoma, oppure sia stata acquisita in corso di malattia linfomatosa a seguito di trasfusioni di sangue o di emoderivati. 30 Medici Oggi - dicembre 2008 Indubbiamente, la condizione di immunodepressione indotta dal linfoma e ulteriormente condizionata dalla chemioterapia potrebbe rappresentare un fattore favorente per l’infezione da Hcv, contribuendo a confondere i dati epidemiologici. INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO Dati provenienti dalla ricerca di base sembrano tuttavia fornire un forte razionale biologico al possibile ruolo svolto dal virus nel promuovere lo sviluppo di linfomi. 1 2 3 4 Nei linfomi Hcv-associati, le localizzazioni extranodali più frequenti sono a carico di fegato e ghiandole salivari. Queste sedi sono da considerarsi insolite nei pazienti Hcv-negativi [14]. LIVELLO A Gli istotipi più frequenti nei pazienti Hcvpositivi sono: il linfoma linfoplasmocitoide (immunocitoma), il linfoma diffuso a grandi cellule B e il linfoma splenico a linfociti villosi [15,16]. LIVELLO B (1) Oligoclonale (2) Oligoclonale (4) Oligoclonale (3) Policlonale Figura 2. Espressione dei pattern di espansione clonale B-cellulari ottenuti da 4 aggregati linfoidi di spazi portali isolati mediante la tecnica della microdissezione laser I Master di Medici Oggi Hcv e linfoproliferazioni La crioglobulinemia mista Hcv-correlata è caratterizzata da un disordine linfoproliferativo cronico in cui gli eventi molecolari prendono origine principalmente nel fegato [7]. In corso di proliferazione B-cellulare, le mutazioni somatiche che insorgono nei geni della regione variabile delle immunoglobuline danno origine a differenti tipi di mutanti. Amplificando con la reazione polimerasica a catena (Pcr) la regione variabile delle immunoglobuline, è possibile individuare l’unica combinazione dei segmenti che rappresenta un marker clonale della progenie cellulare (Fig. 1). Applicando questa tecnica per caratterizzare i linfociti B presenti nel tessuto epatico di soggetti Hcv-positivi con vasculite crioglobulinemica, è stato dimostrato che un’espansione clonale B-cellulare è documentabile nel fegato nel 90 per cento di questi pazienti, e meno frequentemente nel midollo osseo e nel sangue periferico. I linfociti B intraepatici isolati producono spontaneamente molecole con attività di fattore reumatoide, che più spesso esprime un idiotipo cross-reattivo denominato Wa [8]. I prodotti di amplificazione della regione variabile esprimono un pattern oligo/monoclonale, suggerendo che l’espansione B-cellulare nel fegato derivi da poche o singole cellule; ciascun focus può avere origine da cellule diverse del repertorio policlonale, con il risultato che foci diversi contengono cloni B non correlati (Fig. 2). La maggiore espressione di espansioni clonali B-cellulari nel fegato rispetto ad altri organi dello stesso individuo suggerisce che taluni fattori del microambiente possano essere direttamente responsabili sia dell’emergenza dei cloni sia del loro mantenimento [9-11]. I cloni B-cellulari dominanti intraepatici contribuiscono alla costituzione dei noduli linfoidi presenti all’interno degli spazi portali [9]. Le sequenze Cdr-H3 presenti nelle cellule B sono altamente diversificate, suggerendo che le stesse possano avere origine da una risposta antigene-dipendente [11]. Il repertorio B-cellulare nei pazienti con crioglobulinemia mista appare piuttosto limitato. Le molecole IgM Fr sono infatti verosimilmente codificate a partire da un numero limitato di geni germline, probabilmente in risposta a stimoli antigenici molto simili. La dimostrazione di una maggiore concentrazione di Hcv negli infiltrati infiammatori intraepatici e nei linfociti circolanti consente di ritenere che il virus sia direttamente responsabile dell’insorgenza e del mantenimento di un’espansione B-cellulare [12,13] (Fig. 3). La presenza di espansioni clonali B-cellulari influenza profondamente l’espressività clinica dell’infezione da Hcv. Queste espansioni clonali sono costantemente associate alla presenza di manifestazioni extraepatiche, come elevati livelli sierici di fattore reumatoide, crioglobulinemia, gammapatie monoclonali di significato indeterminato, fino al linfoma non-Hodgkin a cellule B [12]. A B CRYO+ CRYO- Hcv Rna Ui/106 cellule (Log) 5 5 4 CRYOr=0,21 Utilizzazione delle informazioni 4 6 C Hcv Rna Ui/106 cellule (Log) Hcv Rna Ui/106 cellule (Log) 6 La presenza di analogie dei geni delle Ig riarrangiati tra le cellule B dei pazienti con crioglobulinemia tipo II e le cellule B maligne di pazienti con Lnh Hcv-positivo lascia ritenere che entrambe queste condizioni possano essere sostenute dagli stessi antigeni, e che la Cm possa precedere la degenerazione maligna [17]. Analogamente a quanto descritto per i pazienti con sindrome di Sjögren [18], anche la Cm tipo II potrebbe svolgere un ruolo favorente nell’insorgenza di un Lnh a cellule B. L’evoluzione linfomatosa è convenzionalmente considerata come la principale complicanza nella storia naturale della sindrome di Sjögren, con una maggiore prevalenza delle forme extranodali, localizzate principalmente a livello delle ghiandole salivari. Questi linfomi condividono alcune caratteristiche con quelli insorti in pazienti Hcv-positivi, con più alta prevalenza di forme a basso grado di malignità o della zona marginale, frequente coinvolgimento delle mucose, possibile evoluzione in linfoma a grandi cellule B, una stretta associazione con la crioglobulinemia mista e l’esordio negli organi bersaglio primari di malattia [19]. 5 6 5 6 Hcv Rna Ui/ml CRYO+ r=0,14 5 Figura 3. Rappresentazione dei livelli di Hcv Rna nei linfociti B circolanti di pazienti Hcv-positivi, con e senza crioglobulinemia. Le linee che attraversano ciascuna colonna rappresentano i valori medi per ciascun gruppo (A). Nei diagrammi sono rappresentati gli stessi dati in funzione dei livelli di Hcv Rna nel siero di pazienti non crioglobulinemici (B) e crioglobulinemici (C). Non è stata messa in evidenza alcuna connessione diretta tra la viremia e la quota di Hcv Rna associata alle cellule Nel sospetto di un processo linfoproliferativo, la paziente è stata sottoposta a Tc total body con conferma dei reperti ecografici ed esclusione di un coinvolgimento mediastinico e sottodiaframmatico, nonché di fegato, milza, pancreas e organi pelvici. Si procedeva con biopsia escissionale di un linfonodo laterocervicale sinistro, con il seguente referto istologico: “linfoma non-Hodgkin diffuso a cellule B monocitoidi; CD20 e Bcl-2 positivi; CD3 e CD5 positivi nella componente linfoide residua; CD23 focalmente positivo nelle cellule dendritiche dei follicoli linfatici residui; catene k e λ positive in rari elementi plasmocitari; Ki67, 30 per cento”. Biopsia osteo-midollare: “infiltrazione nodulare di elementi di piccole dimensioni (CD20+ nel 40 per cento dell’infiltrato Medici Oggi - dicembre 2008 31 I Master di Medici Oggi nodulare)”. In considerazione del limitato coinvolgimento del tessuto linfatico e del basso grado di malignità, è stata somministrata terapia antivirale con Peg-Ifnα2a 180 μg/settimana e ribavirina 800 mg/die, che dopo un anno ha indotto la clearance del virus e la remissione completa del Lnh. Bibliografia 1. Pagano JS (2002) Viruses and lymphomas. N Engl J Med 347:78-79 2. Machida K, Cheng KT, Sung VM et al (2004) Hepatitis C virus infection activates the immunologic (type II) isoform of nitric oxide synthase and thereby enhances DNA damage and mutations of cellular genes. J Virol 78:8835-8843 3. Negri E, Little D, Boiocchi M et al (2004) B-cell nonHodgkin’s lymphoma and hepatitis C virus infection: a systematic review. Int J Cancer 111:1-8 4. Matsuo K, Kusano A, Sugumar A et al (2004) Effect of hepatitis C virus infection on the risk of non-Hodgkin’s lymphoma: a meta-analysis of epidemiological studies. Cancer Sci 95:745-752 32 Medici Oggi - dicembre 2008 5. McColl MD, Singer IO, Tait RC et al (1997) The role of hepatitis C virus in the aetiology of non-Hodgkin’s lymphoma – a regional association? Leuk Lymphoma 26:127-130 6. Zuckerman E, Zuckerman T, Levine AM et al (1997) Hepatitis C virus infection in patients with B-cell nonHodgkin lymphoma. Ann Intern Med 127:423-428 7. Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2000) The lymphoid system in hepatitis C virus infection: autoimmunity, mixed cryoglobulinemia, and overt B-cell malignancy. Semin Liver Dis 20:143-157 8. Sansonno D, De Vita S, Iacobelli AR et al (1998) Clonal analysis of intrahepatic B cells from HCV-infected patients with and without mixed cryoglobulinemia. J Immunol 160:3594-3601 9. Racanelli V, Sansonno D, Piccoli C et al (2001) Molecular characterization of B cell clonal expansions in the liver of chronically hepatitis C virus-infected patients. J Immunol 167:21-29 10. Seidl KJ, Wilshire JA, MacKenzie JD et al (1999) Predominant VH genes expressed in innate antibodies are associated with distinctive antigen-binding sites. Proc Natl Acad Sci USA 96:2262-2267 11. Papavasiliou F, Casellas R, Suh H et al (1997) V(D)J recombination in mature B cells: a mechanism for altering antibody responses. Science 278:298-301 12. Sansonno D, Lauletta G, De Re V et al (2004) Intrahepatic B cell clonal expansions and extrahepatic manifestations of chronic HCV infection. Eur J Immunol 34:126-136 13. Sansonno D, Lauletta G, Montrone M et al (2006) Virological analysis and phenotypic characterization of peripheral blood lymphocytes of hepatitis C virus-infected patients with and without mixed cryoglobulinemia. Clin Exp Immunol 143:288-296 14. De Vita S, Sacco C, Sansonno D et al (1997) Characterization of overt B-cell lymphomas in patients with hepatitis C virus infection. Blood 90:776-782 15. Germanidis G, Haioun C, Dhumeaux D et al (1999) Hepatitis C virus infection, mixed cryoglobulinemia, and Bcell non-Hodgkin’s lymphoma. Hepatology 30:822-823 16. Saadoun D, Suarez F, Lefrere F et al (2005) Splenic lymphoma with villous lymphocytes, associated with type II cryoglobulinemia and HCV infection: a new entity? Blood 105:74-76 17. Dammacco F, Gatti P, Sansonno D (1998) Hepatitis C virus infection, mixed cryoglobulinemia, and non-Hodgkin’s lymphoma: an emerging picture. Leuk Lymphoma 31:463476 18. Mariette X (2001) Lymphomas complicating Sjögren’s syndrome and hepatitis C virus infection may share a common pathogenesis: chronic stimulation of rheumatoid factor B cells. Ann Rheum Dis 60:1007-1010 19. Libra M, Gasparotto D, Gloghini A et al (2005) Hepatitis C virus (HCV) infection and lymphoproliferative disorders. Front Biosci 10:2460-2471 I Master di Medici Oggi Terapia della sindrome crioglobulinemica Franco Dammacco, Gianfranco Lauletta, Piero Gatti, Domenico Sansonno Dipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari La stretta associazione tra crioglobulinemia mista (Cm) e infezione da virus dell’epatite C è divenuta sempre più evidente dopo la messa a punto dei test sierologici per quest’ultima infezione: in Italia più dell’80 per cento dei pazienti crioglobulinemici è infettato dall’Hcv e il ruolo primario svolto dal virus nel meccanismo della crioprecipitazione è supportato dalla concentrazione selettiva delle particelle virali nel crioprecipitato. Prima che tale associazione fosse dimostrata, il trattamento della Cm era rivolto all’immunosoppressione mediante l’impiego di corticosteroidi e farmaci citotossici, quali clorambucil, azatioprina e ciclofosfamide, pur in mancanza di chiare evidenze di efficacia. In combinazione o in alternativa a tale trattamento, sono state anche impiegate la plasmaferesi o la crioaferesi, nella convinzione che la rimozione delle crioglobuline dal circolo potesse migliorare la viscosità ematica, il criocrito e le condizioni cliniche. Caso clinico Per esemplificare le complessità del trattamento della sindrome crioglobulinemica, riprendiamo il caso del paziente già presentato nell’articolo “La vasculite crioglobulinemica: aspetti clinicopatogenetici” a pagina 25. Come detto, egli è stato sottoposto a terapia con in- terferone-α e anche con Peg-Ifn-α associato a ribavirina, senza riuscire a ottenere una risposta virologica sostenuta. Periodiche riesacerbazioni delle ulcere perimalleolari caratterizzavano il decorso clinico. Nel 2004, all’età di 38 anni, in concomitanza con una nuova riesacerbazione delle ulcere (criocrito pari al 35%), è stata effettuata terapia con l’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab, alla dose di 375 mg/m2 una volta alla settimana per quattro settimane. Questo trattamento ha indotto un notevole miglioramento della sintomatologia dolorosa e delle ulcere, tanto da consentire di sottoporre il paziente a un ulteriore innesto di cute, con conseguente cicatrizzazione delle stesse. È stato quindi effettuato un nuovo tentativo di eradicare l’infezione da Hcv mediante terapia combinata con PegIfn-α + ribavirina, sospeso, questa volta in via definitiva, a seguito della comparsa di intenso dolore agli arti inferiori, cianosi del quarto dito di entrambi i piedi e ulcere necrotiche perimalleolari, con grave impotenza funzionale. Il paziente è stato avviato a una procedura di aferesi terapeutica con doppia filtrazione “a cascata”. Tale tecnica prevede la separazione del plasma dalla parte corpuscolata del sangue mediante un plasmafiltro convenzionale, seguita da un ulteriore passaggio del plasma attraverso un secondo filtro, mediante il quale vengono separate le molecole ad alto peso molecolare, con reinfusione delle restanti frazioni. La procedura è stata effettuata due volte alla settimana per due mesi. Si è os- servato un progressivo miglioramento della sintomatologia dolorosa e delle ulcere cutanee, per cui la frequenza delle aferesi è stata ridotta a una alla settimana fino alla completa cicatrizzazione delle ulcere. Successivamente il paziente è stato sottoposto a terapia di mantenimento con una seduta ogni dieci giorni per un totale di 30 sedute, senza alcun altro trattamento, per circa un anno, quando egli ha interrotto tali sedute di aferesi per una nuova recidiva delle ulcere. Il paziente è deceduto dopo qualche mese per stato setticemico. Il caso induce a porsi alcuni quesiti: 1. A quali pazienti è opportuno prescrivere la terapia interferonica? 2. Quali sono le indicazioni e i vantaggi del rituximab? 3. Come e in quali pazienti si effettua la plasmaferesi? Interferone-α Il trattamento con interferone-α deve essere proposto in tutti i casi di Cm Hcvassociata nei quali non vi siano controindicazioni [1]. LIVELLO A L’interferone-α consente di ottenere un miglioramento clinico significativo in una percentuale di pazienti variabile dal 40 al 70 per cento. In generale, nei pazienti responsivi la riduzione della carica virale precede il decremento del criocrito. Medici Oggi - dicembre 2008 33 I Master di Medici Oggi L’impiego dei corticosteroidi per i sintomi di tipo vasculitico (artrite, porpora) non influenza l’efficacia della terapia interferonica. Regione variabile (origine murina) Frazioni del complemento Cellula citotossica LIVELLO A Rituximab Nei soggetti con Cm resistente alla terapia con interferone-ribavirina è stato proposto l’impiego di anticorpi monoclonali anti-CD20 (rituximab). LIVELLO B Tale approccio prevede l’impiego di anticorpi diretti contro l’antigene CD20, una proteina transmembrana espressa sui linfociti pre-B e sui linfociti B maturi. Rituximab, un anticorpo monoclonale chimerico, è risultato notevolmente attivo nell’indurre una deplezione Bcellulare in vivo (Fig. 1). I linfociti B circolanti non sono più rilevabili già dopo una singola infusione, per ricomparire 6-9 mesi dopo la sospensione del trattamento. L’impiego di rituximab è stato approvato per il trattamento dei Lnh follicolari a cellule B ed è risultato promettente per il Lnh diffuso a grandi cellule B, il linfoma mantellare, la leucemia a cellule capellute e la leucemia linfatica 34 Medici Oggi - dicembre 2008 CD20 Cellula B Regione costante (origine umana) Figura 1. Rappresentazione schematica dell’anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20 (a sinistra). Una volta che l’anticorpo (rituximab) si è legato allo specifico recettore (CD20) presente sulle cellule B, provoca la morte di queste ultime mediante un meccanismo di citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente o attraverso l’attivazione della cascata del complemento (a destra) cronica. È stato impiegato anche in altre malattie ematologiche, quali l’aplasia pura della serie rossa, l’anemia emolitica da agglutinine fredde, i disordini linfoproliferativi post-trapianto, la macroglobulinemia di Waldenström e la porpora trombocitopenica idiopatica. In un nostro studio [3] abbiamo analizzato i risultati della somministrazione di un ciclo di 4 dosi di rituximab in pazienti affetti da Cm Hcv-positivi, non responsivi a precedenti trattamenti con interferone. Sono stati studiati 20 pazienti con Cm ed epatite cronica attiva Hcv-correlata, a 90 cui è stato somministrato rituximab alla posologia di 375 mg/m2 per via endovenosa una volta alla settimana per 4 settimane. Abbiamo osservato una risposta completa, intesa come un rapido miglioramento dei sintomi (scomparsa di porpora, astenia e artralgie, nonché miglioramento della neuropatia periferica) e riduzione del criocrito, nell’80 per cento dei pazienti. Inoltre la risposta completa si è accompagnata a una diminuzione significativa del fattore reumatoide e del titolo degli anticorpi antiHcv. La riduzione del titolo di IgG antiHcv nei crioprecipitati è risultata corre- Rituximab 80 80 70 60 60 Risposta (%) L’efficacia dell’interferone sembra invece essere potenziata dalla ribavirina, un analogo sintetico della guanosina. Tuttavia il miglioramento appare transitorio, con percentuali di recidiva entro 6 mesi pari a circa l’80 per cento, senza contare che talvolta il trattamento con interferone può comportare un peggioramento del quadro clinico nei pazienti con coinvolgimento del sistema nervoso periferico, renale, o con ulcere cutanee in fase attiva [2]. Pertanto, si è cercato di mettere a punto nuove strategie terapeutiche allo scopo di ridurre o contenere l’espansione clonale B-cellulare, che è alla base della produzione di IgM con attività reumatoide. 50 45 40 30 25 20 10 10 1 Settimane 2 3 4 5 6 7 Mesi Figura 2. Probabilità di ottenere una risposta completa dopo terapia con rituximab 8 9 10 11 12 I Master di Medici Oggi labile con una prognosi migliore. L’analisi molecolare della risposta B-cellulare ha evidenziato la scomparsa fino alla delezione dei cloni periferici nei pazienti responsivi e una maggiore stabilità nei non responsivi. Inoltre rituximab ha mostrato di incidere profondamente in termini di viremia, in quanto i livelli circolanti di Hcv Rna aumentano fino a raddoppiare nei pazienti responsivi, risultando pressoché immodificati nei non responsivi. Il 75 per cento dei pazienti responsivi è stato considerato in remissione durante il successivo followup (Fig. 2). I nostri risultati indicano che rituximab possiede attività clinica e biologica nei pazienti con Cm Hcv-positivi. Tuttavia, il farmaco ha mostrato un profondo impatto sulla carica virale, in termini di aumento significativo dell’Hcv Rna nel siero dei pazienti in corso di trattamento depletivo B-cellulare. Tale effetto ha impedito una più ampia esperienza terapeutica e pertanto è stato proposto di impiegare rituximab in combinazione con Peg-Ifn-α e ribavirina (Pirr: Pegylated interferon ribavirin rituximab). Probabilmente questo tipo di approccio consentirà di ottenere i risultati migliori. La terapia di associazione rituximab-interferone peghilato-ribavirina potrebbe migliorare in futuro l’outcome dei pazienti con Cm sintomatica evitando riacutizzazioni dell’epatite. cipitazione, alcuni pazienti con vasculite rapidamente progressiva non responsivi ai trattamenti precedentemente descritti possono trarre giovamento dall’impiego di corticosteroidi, farmaci immunosoppressori e metodiche di filtrazione plasmatica con sistema “a cascata” [4]. A differenza del plasma exchange, una metodica non selettiva che rimuove non solo le crioglobuline ma anche le proteine plasmatiche, la filtrazione “a cascata” (double filtration plasmapheresis, Dfpp) consente di sottrarre dal circolo solo le molecole a più alto peso molecolare, che vengono bloccate dal secondo filtro e quindi rimosse dalla circolazione. Ciò permette di restituire al paziente le restanti frazioni proteiche plasmatiche (specie l’albumina) senza necessità di doverle rimpiazzare (Fig. 3). Questa procedura si è rivelata utile nel trattamento delle forme non responsive, consentendo in alcuni casi un netto miglioramento fino alla pressoché completa guarigione, in particolare, delle ulcere cutanee (Fig. 4). Schermo Bilancia Tuttavia una discreta percentuale di pazienti tende a recidivare, rendendo sempre più difficile ogni decisione per eventuali successivi ritrattamenti. Criteri per il trattamento In sintesi, l’approccio terapeutico ai pazienti affetti da crioglobulinemia Hcvassociata può essere riassunto come segue. Nel caso di pazienti “asintomatici”, cioè con infezione cronica da Hcv e presenza di crioglobuline, ma senza i classici segni della vasculite crioglobulinemica, l’approccio terapeutico è valutato in relazione all’attività epatitica. Il trattamento di scelta sarà quello antivirale, impiegando interferone peghilato α2a o α2b in associazione a ribavirina secondo le linee guida per la terapia dell’epatite cronica Hcv-correlata. Nel caso di risposta virologica sostenuta, i pazienti verranno sottoposti a followup semestrale, mentre in caso di non risposta o di recidiva si potrà considerare un ritrattamento ed eventualmente as- Elemento riscaldante Pompe INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO Terapia immunosoppressiva e filtrazione plasmatica La terapia immunosoppressiva, con o senza plasmaferesi, va riservata ai casi con vasculite severa e refrattaria. INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO In considerazione della complessità dei meccanismi che sostengono la criopre- Due filtri di serie con cut-off decrescenti: - il primo filtro separa il plasma dalla componente corpuscolare - il secondo filtro, con porosità minore, trattiene dal plasma i componenenti a elevato peso molecolare (immunoglobulina) Il plasma ritorna depurato al paziente, senza bisogno di soluzioni sostitutive Figura 3. Modello di un dispositivo per aferesi terapeutica e di un sistema di filtri per metodo “a cascata” Medici Oggi - dicembre 2008 35 I Master di Medici Oggi Base 2 settimane 4 settimane 6 settimane 8 settimane Dx Sx Figura 4. Progressivo miglioramento, fino alla cicatrizzazione, delle ulcere cutanee per effetto del trattamento mediante filtrazione a cascata sociare rituximab, qualora comparissero segni di vasculite. Anche per i pazienti con vasculite crioglobulinemica senza complicanze neurologiche o renali è indicata la terapia antivirale di associazione, mentre possono essere inclusi gli steroidi se presenti neuropatia e/o nefropatia. Nella condizione di vasculite sistemica rapidamente progressiva si propone l’impiego di corticosteroidi, aferesi tera- 36 Medici Oggi - dicembre 2008 peutica ed eventualmente immunosoppressori come ciclofosfamide. Resta da valutare l’efficacia della terapia antivirale combinata con quella B-depletiva nei pazienti non responsivi o in recidiva. Bibliografia 1. Bonomo L, Casato M, Afeltra A, Caccavo D (1987) Treatment of idiopathic mixed cryoglobulinemia with al- pha interferon. Am J Med 83:726-730 2. Dammacco F, Sansonno D, Han JH et al (1994) Natural interferon-alpha versus its combination with 6-methylprednisolone in the therapy of type II mixed cryoglobulinemia: a long-term, randomized, controlled study. Blood 84:3336-3343 3. Sansonno D, De Re V, Lauletta G et al (2003) Monoclonal antibody treatment of mixed cryoglobulinemia resistant to interferon alpha with an anti-CD20. Blood 101:38183826 4. Ramunni A, Lauletta G, Brescia P et al (2008) Double-filtration plasmapheresis in the treatment of leg ulcers in cryoglobulinemia. J Clin Apher 23:118-122 I Master di Medici Oggi Utilities - Centri e associazioni Siti Web Associazione italiana per la lotta contro le crioglobulinemie (Alcri) Sede sociale e scientifica: Uo di Medicina interna, Ospedale di Saronno (Varese) Piazzale Borella, 1 – 21047 Saronno (VA) Tel: 02 9613267 – 02 9613279 E-mail: [email protected]/[email protected] Sito Web : www.alcri.it (in costruzione) http://www.epac.it L’Associazione EpaC onlus è un movimento di malati e medici che si pone l’obiettivo di raggiungere una migliore qualità di vita e di assistenza medica tramite la prevenzione e l’informazione sulla malattia. Gruppo tra i più attivi in Italia nel fornire assistenza informativa gratuita sull’epatite C, svolge principalmente un’azione di consulenza personalizzata: da quella psicologica a quella medica e/o legata alla tutela dei malati e alle consulenze legali. - - Centro di riferimento della Regione Lazio per la crioglobulinemia mista, Roma Università di Roma “La Sapienza” - Policlinico Umberto I Viale dell’Università, 37 - 00185 Roma Tel: 06 49972090 - Fax: 06 4463877 E-mail: [email protected] Sito Web: www.crioglobulinemia.it - - http://www.alcri.it/public/alcri/docs/ crio_opuscolo.pdf L’opuscolo per i pazienti sulla sindrome crioglobulinemica dell’Acri. http://www.vasculiti.it È il sito del Gruppo per lo studio delle vasculiti primitive e secondarie. Al suo interno si possono trovare informazioni generali sulle diverse forme delle patologie e sui protocolli medici, nonché un archivio di casi clinici, un atlante fotografico e un elenco di domande frequenti. - http://www.orpha.net/consor4.01/ www/cgi-bin/OC_Exp.php?lng=IT&Expert =91138 Parte dedicata alla crioglobulinemia mista nel sito orphanet, il portale delle malattie rare e dei farmaci orfani. Al suo interno vi si può scaricare un articolo in lingua inglese con una dettagliata descrizione della malattia. Area Simi • Comunicazioni a cura della Società italiana di Medicina interna Il caso Englaro: la posizione della Simi Il caso di Eluana Englaro, così come emerge dalla cronaca, dalle vicende giudiziarie e dal dibattito politico solleva dal punto di vista strettamente medico tre principali questioni: la nutrizione artificiale è una terapia? Se e quando iniziare o interrompere le cure mediche alla fine della vita? Come rispettare l’autonomia decisionale del paziente in una condizione irreversibile di perdita della coscienza? Circa il primo quesito tutte le società medico-scientifiche nazionali e internazionali, e in prima fila quelle specialistiche del settore, riconoscono che la nutrizione artificiale è a tutti gli effetti una terapia medica, praticata ormai da migliaia di medici in tutto il mondo per il beneficio di un numero considerevole di pazienti. La nutrizione artificiale richiede il consenso informato; ha indicazioni, controindicazioni, effetti collaterali e necessita di un attento e regolare monitoraggio medico; ha costi da non sottovalutare. Non può e non deve essere affidata né gestita autonomamente da un caregiver. Circa il secondo quesito, iniziare o interrompere una terapia medica richiede sempre il consenso informato del paziente, o del suo delegato. Tali valutazioni permangono in ogni momento della vita. Il compito del medico è di verificare se, in quella specifica condizione clinica, trattasi di cura “ordinaria” cioè tale da essere benefica per l’unità biopsichica del paziente (quindi curare anche quando la prin- cipale patologia di cui è affetto il paziente non è più curabile: si tratta della Medicina palliativa del malato terminale) oppure di “eccesso di cure o accanimento terapeutico”. Ad esempio l’accanimento terapeutico può mantenere “artificialmente” in vita biologica un soggetto, in assenza di una sia pur minima integrità biopsichica. Il cittadino che si trova nella condizione di perdita irreversibile dello stato di coscienza ha gli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino: pertanto occorre che, attraverso suoi delegati o familiari (in questo caso il padre) - adeguatamente informati dall’équipe medica - possa esprimere i propri diritti, e quindi accettare o rifiutare le cure. Se le cose sono così chiare perché tanto eccesso di dibattito a volte anche deviante da parte della società civile? L’auspicio della Società italiana di Medicina interna è che ogni vicenda umana che coinvolge il rapporto medico-paziente e quindi la tutela della salute venga ricondotta nell’ambito della necessaria riservatezza. Auspica che le istituzioni possano collaborare, anche attraverso condivise decisioni politiche, perché i singoli cittadini e i loro familiari esprimano sempre, e il più serenamente e liberamente possibile, una scelta consapevole in momenti così personali come è il caso di decisioni (mediche) alla fine della vita. (a cura di Franco Contaldo, Filippo Rossi Fanelli, Giuseppe Licata) Medici Oggi - dicembre 2008 37 I Master di Medici Oggi Questionario di autovalutazione Non si tratta di un corso di formazione a distanza con l’attribuzione di crediti ECM I. La crioglobulinemia di tipo I da quali immunoglobuline può essere costituita? 1) 2) 3) 4) 5) IgG IgM IgA Da tutti e tre gli isotipi Da nessuna delle precedenti VI. La componente monoclonale della crioglobulinemia mista di tipo II usualmente è di isotipo? 1) 2) 3) 4) 5) IgG IgM IgA Tutte le precedenti Nessuna delle precedenti XI. La crioglobulinemia mista è associata a infezione da Hcv nella seguente percentuale di casi: 1) 2) 3) 4) 5) 10 per cento 50 per cento 75-95 per cento 100 per cento 5 per cento II. La crioglobulinemia di tipo II è costituita: 1) da una componente immunoglobulinica 2) da due componenti immunoglobuliniche 3) da nessuna componente immunoglobulinica 4) da immunoglobuline e agente infettante 5) nessuna delle precedenti III. Nella crioglobulinemia mista di tipo II (IgG-IgMk) quale delle componenti immunoglobuliniche agisce da antigene e quale da anticorpo? 1) 2) 3) 4) 5) IgG-antigene e IgM-anticorpo IgM-antigene e IgG-anticorpo Entrambe le precedenti Agiscono entrambe da anticorpi Nessuna di queste IV. Nella crioglobulinemia mista di tipo II quali porzioni delle molecole IgG rappresentano il target antigenico per le IgM? 1) 2) 3) 4) 5) Frammento Fab Frammento Fc Intera molecola Tutte le precedenti Nessuna delle precedenti V. Nel danno vasculitico dei pazienti con crioglobulinemia mista Hcv-correlata quali proteine virali sono state dimostrate nella cute? 1) 2) 3) 4) 5) Core E2 NS3 Tutte le precedenti Nessuna VII. La crioglobulinemia mista di tipo II si differenzia dal tipo III per una delle seguenti ragioni: 1) le componenti immunoglobuliniche sono policlonali 2) entrambe sono monoclonali 3) solo una è monoclonale 4) le componenti immunoglobuliniche sono oligoclonali 5) nessuna delle precedenti combinazioni VIII. Quali dei seguenti quadri molecolari sono presenti nelle crioglobulinemie? 1) 2) 3) 4) 5) Monoclonalità Oligoclonalità Policlonalità Mono e oligoclonalità Tutte le precedenti possibilità IX. Quale segmento molecolare viene amplificato per caratterizzare l’assetto molecolare dell’espansione clonale B-cellulare nelle crioglobulinemie? 1) VDJ delle catene pesanti delle immunoglobuline 2) VJ delle catene leggere delle immunoglobuline 3) Cdr-H3 4) Tutte le precedenti 5) Nessuna delle precedenti XII. Quali sono le molecole che mediano il legame dell’immunocomplesso a livello delle cellule endoteliali? 1) Il recettore per il dominio globulare del C1q 2) Proteina Core 3) Immunocomplesso IgM-IgG 4) C1q 5) IgG anti-Core XIII. Nei responder al trattamento con solo rituximab la viremia: 1) 2) 3) 4) 5) non si modifica aumenta si riduce dipende dalla posologia È in funzione dei livelli di viremia iniziali XIV. Nei pazienti in recidiva dopo trattamento con solo rituximab come si comporta la viremia? 1) Aumenta prima delle manifestazioni cliniche 2) Non si modifica 3) Entrambe le precedenti 4) Aumenta dopo le manifestazioni cliniche 5) Nessuna delle precedenti XV. Nei pazienti responsivi alla Pirr Therapy : X. In quali organi si ritrovano le espansioni clonali delle cellule B nelle crioglobulinemie Hcv-correlate? 1) 2) 3) 4) 5) Fegato Midollo Cellule B periferiche In tutte le precedenti In nessuna delle precedenti 1) l’Hcv Rna si negativizza 2) il criocrito si riduce contemporaneamente all’incremento del C4 3) entrambe le precedenti 4) incrementa solo il C4 5) diminuiscono le Alt Risposte esatte I-4; II-2; III-1; IV-2; V-1; VI-2; VII-3; VIII-5; IX-1; X-4; XI-3; XII-1; XIII-2; XIV-1; XV-3 38 Medici Oggi - dicembre 2008 I Master di Medici Oggi Scheda di valutazione Gentili Lettori, l’obiettivo dei Master di Medici Oggi, sezioni monotematiche su temi di interesse clinico curate dalla Società italiana di Medicina interna, è quello di fornire uno strumento pratico di formazione e aggiornamento. In questa pagina pubblichiamo una scheda di valutazione della qualità del Master che vi preghiamo di rispedirci debitamente compilata, indicando nello spazio riservato alle note eventuali suggerimenti e proposte. Così facendo, ci aiuterete a calibrare continuamente i contenuti, tenendo conto delle vostre esigenze formative. Vi ringraziamo in anticipo per la cortese disponibilità. La crioglobulinemia: un modello di malattia da immunocomplessi Barrare con una crocetta le voci di interesse 1. Come valuta la RILEVANZA degli argomenti trattati rispetto alla Sua necessità di aggiornamento? Non rilevante Poco rilevante Abbastanza rilevante Rilevante Molto rilevante Soddisfacente Buona Eccellente Abbastanza efficace mi ha stimolato a modificare alcuni aspetti dopo aver acquisito ulteriori informazioni Efficace mi ha stimolato a cambiare alcuni elementi della mia attività clinica Molto efficace mi ha stimolato a cambiare in modo rilevante alcuni aspetti della mia attività clinica 2. Come valuta la QUALITÀ educativa/di aggiornamento fornita da questo Master? Scarsa Mediocre 3. Come valuta l’EFFICACIA del Master per la Sua formazione continua? Inefficace non ho imparato nulla per la mia attività clinica Suggerimenti, commenti e proposte Parzialmente efficace mi ha confermato che non ho necessità di modificare la mia attività clinica .................................................................................................................................................................................................................. ........................................................................................................................................................................................................................................................................ ........................................................................................................................................................................................................................................................................ Si prega di compilare e inviare a: Medici Oggi, via Decembrio 28 - 20137 Milano - fax 0255193360 - e-mail: [email protected] Nome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cognome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Prov . . . . . . . . . . . . . . Cap . . . . . . . . . . . . . . . firma D. Lgs 196/2003 TUTELA DELLA PRIVACY. Titolare del trattamento è Springer-Verlag Italia Srl con sede in Milano 20137 - via Decembrio 28. Potrà esercitare i diritti di cui all’Art. 7 (accesso, cancellazione, opposizione al trattamento, ecc.) rivolgendosi a Medicom, divisione di Springer-Verlag Italia Srl. GARANZIA DI RISERVATEZZA (Informativa Art. 7 - D. Lgs 196/2003): i Suoi dati personali sono trattati al solo fine di prestare il servizio in oggetto. Medici Oggi - dicembre 2008 39