Atti Soc. tosc. Sci. nat., Mem., Serie A, 113 (2008) pagg. 39-48, figg. 11, tabb. 3 F. Cipriani (*), P. Marianelli (*), A. Sbrana (*) Studio di una sequenza piroclastica del vulcano della Solfatara (Campi Flegrei). Considerazioni vulcanologiche e sul sistema di alimentazione Riassunto - Oggetto di questo lavoro è lo studio di una sequenza eruttiva del vulcano della Solfatara (Campi Flegrei). Vengono fornite nuove indicazioni su stile eruttivo, tenore in volatili, temperatura e composizione del magma emesso. L’evento eruttivo è stato caratterizzato da attività esplosiva con singole pulsazioni discrete di bassa energia. I prodotti juvenili presentano una composizione trachitica omogenea (DI = 79-86). La paragenesi della frazione juvenile è caratterizzata da clinopirosseno, plagioclasio, feldspato alcalino, biotite, apatite, ossidi. Studi sulle inclusioni silicatiche intrappolate in cristalli di pirosseno hanno fornito informazioni sulla temperatura e sul contenuto in volatili del fuso silicatico in condizioni pre-eruttive. Parole chiave - Campi Flegrei, Solfatara, inclusioni silicatiche. Abstract - Study of a pyroclastic sequence of Solfatara volcano (Phlegrean Fields). Insights on volcanological and feeding system processes. The aim of this work is the study of the Solfatara eruption sequence (Phlegrean Fields). This work gives some indication about eruption style, volatile content, temperature and composition of magma. The eruption consisted of discrete low energy explosions. The juvenile fraction presents homogeneous trachytic composition (DI = 79-86). Juvenile fraction paragenesis presents: clinopyroxene, plagioclase, K-feldspar, biotite, apatite, oxides. Study of melt inclusions in pyroxene phenocrysts gives information about temperature and volatile content of silicate melt in pre-eruptive conditions. Key words - Phlegrean Fields, Solfatara, melt inclusions. Introduzione Il vulcano della Solfatara (Fig. 1) è ubicato nell’area centrale della caldera flegrea interessata dalla massima risorgenza (Rosi & Sbrana, 1987). Presenta un recinto craterico di forma sub-circolare e i suoi depositi piroclastici si interpongono tra la lava dell’Accademia, e le piroclastiti del vulcano di Astroni (4,1 ÷ 3,8 ka, Isaia et al., 2004). L’eruzione della Solfatara ha parzialmente smantellato il duomo di Monte Olibano, attualmente ubicato in corrispondenza del versante SE del cratere stesso, e ha prodotto depositi piroclastici caratterizzati da una limitata distribuzione areale e da spessore massimo di una decina di metri. Attualmente tale struttura è interessata da una intensa attività fumarolica. Il sistema di fumarole dell’area della Solfatara è stato oggetto di numerosi studi (Granieri et al., 2003 e bibliografia riportata in questo lavoro), ma scarsa attenzione è stata rivolta all’approfondimento di aspetti più strettamente vulcanologici (dinamica eruttiva, sistema di alimentazione). Questo lavoro presenta dati preliminari sugli aspetti vulcanologici. Tecniche analitiche I campioni dei vari livelli, dopo essere essiccati in stufa ad una T ≈ 60°C per un periodo di 24 ore, sono sottoposti ad analisi granulometrica mediante setacciatura meccanica a secco, con setacci a maglie quadrate di dimensioni comprese tra 16 mm (-4 Φ) e 63 µm (4 Φ), ad intervalli di 0,5 Φ. Sulle classi granulometriche maggiori di 2 mm (Φ < -1) viene effettuata l’analisi dei componenti. La composizione della frazione juvenile (elementi maggiori e in traccia) è determinata in fluorescenza a raggi X (XRF) su perle con uno spettrometro ARL 9400 XP, tensione di accelerazione 40 kV, corrente 80 mA e tempo di raccolta di 5 sec, presso il Dipartimento di Scienze della Terra di Pisa. L’accuratezza e la precisione delle misure ottenute con questo metodo sono riportate in Tamponi et al. (2003). La composizione di matrici vetrose, fasi minerali e inclusioni silicatiche dei prodotti juvenili (elementi maggiori, Cl, S) è determinata mediante microanalisi SEM-EDS presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. La strumentazione utilizzata consiste in un microscopio elettronico a scansione Philips XL30, integrato con uno spettrometro a dispersione di energia che impiega il programma microanalitico quantitativo EDAX 32 Genesis, con una tensione di accelerazione di 20 kV, una corrente di fascio di 0,1 nA, un tempo di raccolta effettivo di 100 sec, un diametro del fascio di circa 500 nm e una velocità di conteggio di 2000-2500 colpi al secondo. Per le analisi dei vetri viene usata una finestra di scansione di circa 100 µm2 per attenuare l’effetto di diffusione degli elementi leggeri. Prima di ogni sessione analitica sono analizzati standard naturali di minerali e vetri di riferimento (Marianelli & Sbrana, 1998) per controllare la qualità delle analisi. Su ogni singola inclusione sono eseguite 3-4 analisi per verificare l’omogeneità dell’inclusione. Esperimenti di microtermometria ottica sulle inclusioni silicatiche vengono condotti presso il Dipartimento di Scienze della Terra di Pisa con una piattaforma Leitz 1350 modificata in atmosfera controllata. Il contenuto in H2O nelle inclusioni silicatiche è determinato presso il Dipartimento di Scienze della Terra di Pisa mediante spettrometria a (*) Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Pisa, via S. Maria 53, 56126 Pisa (Italy). 40 F. Cipriani, P. Marianelli, A. Sbrana Fig. 1 - Foto aerea della zona studiata. L’area evidenziata nell’ovale si riferisce all’affioramento analizzato dell’eruzione della Solfatara. infrarosso (FTIR) con spettrometro Nicolet Magna-IR 560 collegato a un microscopio a luce infrarossa (NicPlan). Sono raccolti tre spettri per ogni inclusione, in giorni diversi ed in zone differenti con una superficie di analisi di dimensioni sempre variabili. La concentrazione di H2O è stimata sulla base della legge di BeerLambert (Ihinger et al., 1994) utilizzando un valore di densità pari a 2390 g/l (Marianelli et al., 2006); mentre per il coefficiente di assorbività molare, relativamente alla banda di 3550 cm-1 dell’acqua totale, viene fatto riferimento al valore proposto da Di Matteo et al. (2004) per composizioni trachitiche (ε = 62 l/(mol·cm). Risultati Le piroclastiti della Solfatara sono affette da una intensa circolazione di fluidi idrotermali, legata al degassamento diffuso in quest’area, tettonicamente molto attiva. A causa dell’elevato grado di alterazione del materiale piroclastico, lo studio geochimico dei prodotti è possibile solamente in affioramenti limitati, scarsamente affetti da alterazione idrotermale; tra questi il bordo interno settentrionale del cratere. La sequenza eruttiva studiata in questo lavoro (Fig. 2) è composta da un’alternanza di livelli stratificati di brecce e di ceneri con lapilli dello spessore circa di 1,20 m, sormontati da un livello di breccia massiva caratterizzata da morfologia pressoché piatta al tetto e spessore variabile da 1 m a 1,5 m, seguita ancora da depositi stratificati composti da livelli di brecce e di ceneri con lapilli aventi spessore di circa 1,80 m. La sequenza tende ad essere più fittamente stratificata nella parte alta dove prevalgono livelli di surges formati da ceneri grossolane con intercalati livelli di lapilli pomicei. La successione è chiusa da un paleosuolo di ridotto spessore (≈ 0,20 m), seguito da materiale piroclastico cineritico delle eruzioni di Astroni. In generale, i livelli di ceneri con lapilli sono costituiti da ceneri fini e grossolane con lapilli di origine sia juvenile che litica (ricoperti da una patina cineritica), di colore beige-verdolino, spessore variabile da centimetrico a decimetrico, stratificati e deformati da prodotti balistici, e presentano grado di classazione medio-basso. Questi livelli contengono pisoliti vulcaniche di forma irregolare, composte da cenere fine e grossolana aggregata. Lo spesso livello di breccia massiva è costituito da lapilli pomicei e scoriacei, lapilli litici e blocchi di lava di dimensioni metriche, immersi in una matrice di cenere grossolana. In generale, i livelli campionati risultano poco e mal classati, in accordo con la vicinanza al centro di emissione dell’affioramento studiato. Per quanto riguarda l’esame dei componenti, i piroclasti sono costituiti prin- Studio di una sequenza piroclastica del vulcano della Solfatara (Campi Flegrei) 41 Fig. 2 - Sequenza stratigrafica studiata della Solfatara, in cui sono evidenziati a sinistra i livelli piroclastici e a destra i diagrammi a torta relativi ai componenti: juvenile, litici, aggregati di cenere. cipalmente da juvenili, litici ed una ridotta quantità di cristalli, presenti nelle classi granulometriche inferiori. È importante sottolineare che la frazione juvenile è, dal punto di vista macroscopico, relativamente eterogenea, essendo caratterizzata da una variabilità continua comprendente pomici chiare, pomici scoriacee e alcuni lapilli bandati (Tab. 1). Inoltre, nei vari livelli, soprattutto in quelli fini, si ritrovano aggregati di cenere (Fig. 2). Un’altra peculiarità di questi depositi è la presenza di «aggregati» costituiti da lapilli, cenere e cristalli cementati da una patina biancastra. All’interno della sequenza eruttiva analizzata, è possibile osservare che, in generale, il rapporto juvenile/litici tende ad aumentare verso l’alto: alla base la percentuale dei litici è > 50% in peso; mentre nella parte alta della sequenza il rapporto si inverte con la percentuale di juvenile maggiore a quella dei litici (Fig. 2). Le pomici chiare presentano struttura subafirica e grado di vescicolazione variabile da medio a medio-alto; le pomici scoriacee mostrano matrici vetrose microvescicolate con setti sottili e grado di vescicolazione basso; mentre le pomici bandate, presenti in ridotta quantità, sono formate da bande chiare con struttura subafirica e grado di vescicolazione medio alternate con bande più scure subafiriche, ricristallizzate e grado di vescicolazione basso (Fig. 3). Le scorie olocristalline presentano struttura subafirica, grado di vescicolazione basso, fenocristalli di pirosseno, feldspato e analcime (Fig. 3). Gli «aggregati» sono costituiti da lapilli, cenere e cristalli cementati da carbonato di calcio, che testimonia circolazione di fluidi secondari nel deposito. Dal punto di vista composizionale le rocce totali, le matrici vetrose e le inclusioni silicatiche ricadono, nel diagramma di classificazione Alcali vs. Silice (Fig. 4a, 42 F. Cipriani, P. Marianelli, A. Sbrana Tab. 1 - Tabella riassuntiva dei principali componenti individuati nella sequenza piroclastica analizzata. Pomici: lapilli pomicei di colore da grigio chiaro-grigio a grigio scuro-beige. Forma da arrotondata o parzialmente angolosa ad allungata. Grado di vescicolazione variabile, da medio a medio-alto, con vescicole piccole e sferiche o allungate. Tessitura subafirica, con cristalli di pirosseno, feldspato, biotite. Una parte di questi frammenti mostra evidenze di alterazione ed alcuni piroclasti mostrano un rivestimento biancastro (carbonato di calcio) che oblitera parzialmente la superficie degli stessi. Pomici scoriacee: pomici con grado di vescicolazione basso di colore grigio scuro-nero, scorie grigiemarroni. Forma irregolare e angolosa, vescicole sferiche di piccole dimensioni. Tessitura subafirica, con cristalli di pirosseno, biotite, feldspato. La superficie di alcuni prodotti è ricoperta parzialmente da una patina biancastra (carbonato di calcio e cenere aggregata). Aggregati di cenere: particelle pressoché sferiche o irregolari, costituite da cenere fine e grossolana aggregata, colore grigio-beige, contenenti minerali femici e sialici non riconoscibili ad occhio nudo. In alcune zone presentano alterazioni rossastre o biancastre. Lave: frammenti di lave di colore grigio-grigio scuro, forma irregolare ed angolosa, contenenti cristalli di pirosseno, biotite, feldspato, cristalli alterati. Alcuni clasti sono ricoperti da una patina (carbonato di calcio e cenere grossolana aggregata) che riveste parzialmente la superficie. Litici idrotermalizzati: frammenti di forma variabile, da arrotondata ad allungata e angolosa di lave alterate di colore verdastro o rossastro; tufi verdi con zone di alterazione giallognole oppure ricoperti parzialmente da una patina biancastra (carbonato di calcio); litici bianchi di forma pressoché sferica. Litici scoriacei: lapilli scoriacei grigi scuri, neri, rossastri o violacei, forma tozza, arrotondata o angolosa. Grado di vescicolazione medio-basso, vescicole sferiche o irregolari di dimensioni ridotte. Struttura olocristallina, faneritica, con cristalli di pirosseno, biotite, feldspato (di dimensioni millimetriche, maggiori rispetto alle altre fasi). Il nucleo di alcune scorie è violaceo, con grado di vescicolazione diverso rispetto alle zone esterne. Patina di rivestimento biancastra (carbonato di calcio). Aggregati: particelle aggregate di varia natura: cristalli di pirosseno, biotite, feldspato, cristalli alterati, cenere fine e grossolana e lapilli di lave e pomici. Presente una patina biancastra (carbonato di calcio) che cementa i frammenti. TAS, Le Bas et al., 1986), a cavallo tra il campo delle fonoliti e quello delle trachiti. In particolare, le matrici vetrose mostrano una composizione omogenea fonolitica sia per i prodotti pomicei, sia per le pomici scoriacee, sia per i lapilli bandati. La composizione delle inclusioni silicatiche, ricopre un intervallo di variazione più ampio, tra il campo delle fonoliti e quello delle trachiti. Le rocce totali juvenili, invece, presentano una composizione trachitica, meno evoluta di quella delle matrici vetrose (Fig. 4a). Classificando i prodotti con il diagramma Ne normativa vs. DI proposto da Armienti et al. (1983), essi presentano una composizione alcalitrachitica (Fig. 4b). Confrontando le composizioni dei campioni analizzati in questo lavoro con quelle relative ai prodotti delle eruzioni dei Campi Flegrei avvenute negli ultimi 5000 anni (Sbrana, dati non pubblicati), mediante diagrammi di variazione, la Solfatara si colloca nel range di variazione composizionale di queste eruzioni. In particolare, la frazione juvenile della Solfatara mostra una composizione simile a quella di Astroni e del duomo dell’Accademia (Fig. 5). La paragenesi della frazione juvenile è caratterizzata da fenocristalli di pirosseno, plagioclasio, feldspato alcalino (talvolta aggregati anche in glomerofiri), biotite (TiO2 = 5,0-5,6% in peso, Mg / (Mg + Fe) = Studio di una sequenza piroclastica del vulcano della Solfatara (Campi Flegrei) 43 Fig. 3 - Immagini al SEM-EDS delle matrici vetrose dei prodotti della Solfatara in cui sono visibili vescicolarità e struttura per: pomici chiare (A), pomici scoriacee (B), pomici bandate (C) e scorie olocristalline (D). Fig. 4 - Composizione dei prodotti juvenili della Solfatara: A) diagramma di classificazione TAS (Le Bas et al., 1986); B) diagramma classificativo Ne normativa-DI (Armienti et al., 1983). 44 F. Cipriani, P. Marianelli, A. Sbrana Fig. 5 - Diagrammi di variazione CaO-MgO (A) e CaO-Nb (B) dei prodotti juvenili della Solfatara a confronto con i prodotti flegrei emessi negli ultimi 5000 anni. 0,66-0,70), apatite (soluzione solida tra fluorapatite e clorapatite), ossidi (Fe / (Fe + Mg) = 0,92-0,95) (Tab. 2). Tra i microliti sono presenti pirosseni e feldspati. Il clinopirosseno è presente come: clinopirosseni salitici non zonati (Fs11-20), rari clinopirosseni diopsidici non zonati (Fs5-6), clinopirosseni zonati con composizioni diopsidiche al nucleo (Fs5-8) e salitiche al bordo (Fs11-13) (Fig. 6). Tra i plagioclasi sono presenti: plagioclasi non zonati (An47-An84); plagioclasi zonati con un nucleo anortitico (An57-87) e un bordo più povero in anortite (An47-81). Il feldspato alcalino (Or62-Or85) presenta un valore di bario basso (BaO < 0,8% in peso) (Fig. 7). Nei cristalli di clinopirosseno sono presenti inclusioni silicatiche con dimensioni comprese tra 15 e 70 µm e forma variabile da sub-sferica ad allungata lungo la direzione dell’asse principale di crescita del cristallo, costituite da vetro marrone o incolore, e possono presentare o no una bolla di contrazione (Fig. 8). Tab. 2 - Analisi chimiche selezionate delle principali fasi minerali della Solfatara. Clinopirosseno Plagioclasio Feldspato alcalino Biotite Nucleo Bordo Nucleo Bordo Nucleo Bordo SiO2 51,94 50,97 48,83 55,04 64,09 62,97 38,13 TiO2 0,47 0,58 Al2O3 2,72 3,47 32,32 28,18 19,73 20,02 15,43 FeOtot. 5,54 8,04 0,81 0,58 0,31 0,68 14,02 MnO 0,06 0,27 MgO 15,59 13,41 CaO 23,35 22,99 14,87 9,81 Na2O 0,31 0,26 2,75 5,05 3,68 2,73 0,54 0,43 1,35 11,09 11,90 10,22 0,00 0,39 K2O 5,59 0,05 15,90 BaO Wo 47,30 47,97 En 43,94 38,94 Fs 8,76 13,09 1,11 1,30 An 73,04 47,72 5,29 6,33 Ab 24,44 44,46 31,75 24,04 Or 2,51 7,82 62,96 69,64 0,12 Studio di una sequenza piroclastica del vulcano della Solfatara (Campi Flegrei) Fig. 6 - Diagramma di classificazione dei pirosseni. Notare che i nuclei dei cristalli analizzati ricadono nel campo del diopside. 45 Fig. 7 - Diagramma di classificazione dei feldspati, in cui si osservano composizioni variabili da An47-An87 per i plagioclasi, e composizioni con Or62-Or85 per i feldspati alcalini. Fig. 8 - Fotografie al microscopio delle inclusioni silicatiche intrappolate nei cristalli di pirosseno. I risultati degli esperimenti di microtermometria ottica indicano un intervallo di temperatura di omogeneizzazione compreso tra 975°C e 1100°C. In particolare, le inclusioni ospitate nella porzione salitica mostrano Th = 975-1045°C, al contrario di quelle presenti nelle porzioni diopsidiche, che forniscono valori superiori a 1070°C, fino ad arrivare a 1100°C. Temperature intermedie si registrano all’interfaccia salite-diopside (Fig. 9). Confrontando le temperature di omogeneizzazione delle inclusioni con la composizione del minerale ospite si osserva una buona correlazione (Fig. 10). Le temperature più basse corrispondono a pirosseni con il più alto contenuto in ferro; al contrario, le inclusioni con temperature di intrappolamento maggiori sono da associare a minerali ospiti con composizione meno evoluta. Il contenuto in H2O nelle inclusioni vetrose è compreso tra 1,2% e 3,7% in peso, con le inclusioni dei cristalli appartenenti ai livelli più bassi della sequenza eruttiva studiata che presentano valori di poco superiori a 1% in peso; mentre quelle intrappolate nei pirosseni dei livelli situati nella parte alta mostrano valori maggiori, fino a 3,7% in peso. Discussione e conclusioni I depositi che costituiscono la sequenza eruttiva studiata sono caratterizzati da scarsa classazione, in quanto l’affioramento preso in considerazione è ubicato in zona prossimale, sul bordo del cratere. La presenza costante di frazione juvenile in tutti i livelli porta a escludere che durante l’eruzione della Solfatara siano avvenute fasi esplosive senza coinvolgimento di magma (fasi freatiche). Il rapporto juvenile/litici dei campioni studiati in relazione alla sequenza stratigrafica e la presenza di aggregati di cenere evidenziano che l’evento esplosivo è di tipo freatomagmatico: nelle fasi iniziali vengono prevalentemente emessi prodotti litici, mentre le fasi successive sono caratterizzate da un incremento della frazione juvenile e quindi da un’esplosività dominata da fluidi magmatici. L’intera sequenza eruttiva è costituita un’alternanza di livelli decimetrici fini e grossolani stratificati deformati da clasti balistici. Queste caratteristiche suggeriscono un’attività esplosiva costituita da singole pulsazioni discrete di bassa energia, che hanno originato depositi piroclastici a bassa dispersione. Lo 46 F. Cipriani, P. Marianelli, A. Sbrana Fig. 9 - Istogramma delle temperature di omogeneizzazione delle inclusioni silicatiche, in cui sono mostrate le temperature rispetto alla composizione del clinopirosseno ospite. stile pulsante dell’attività, l’abbondanza di balistici, la presenza di frazione juvenile scarsamente vescicolata suggerisce che l’eruzione della Solfatara abbia avuto dinamiche eruttive di tipo vulcaniano. Dal punto di vista composizionale la frazione juvenile della Solfatara presenta una composizione trachitica omogenea analoga a quella relativa ai prodotti delle eruzioni dei Campi Flegrei avvenute negli ultimi 5000 anni; in particolare, la frazione juvenile della Solfatara mostra una composizione simile a quella del vulcano di Astroni e del duomo dell’Accademia. La paragenesi mineralogica è analoga per tutti i campioni studiati dei depositi della Solfatara se pur con alcune differenze composizionali: i campioni prelevati nella parte alta della sequenza eruttiva studiata mostrano principalmente clinopirosseni di composizione salitica o con zonatura diretta ed i rari clinopirosseni diopsidici, plagioclasi più ricchi in anortite (An75-86) e feldspati alcalini con composizioni più potassiche (Or77-85); mentre il materiale campionato nella parte inferiore di tale sequenza presenta clinopirosseni con composizione salitica o cristalli con zonatura diretta, plagioclasi di composizione più sodica (An52-75) e feldspati alcalini più sodici. In Figura 11 si possono osservare le variazioni composizionali delle inclusioni silicatiche rispetto al contenuto in acqua. All’aumentare del grado di evoluzione si nota una diminuzione del contenuto in acqua, che suggerisce intrappolamento in condizioni di saturazione in H2O del fuso silicatico. Poiché la composizione delle inclusioni silicatiche risulta simile a quella delle matrici vetrose, si può dedurre che il sistema non sia evoluto in maniera significativa dopo l’intrappolamento delle inclusioni e che quindi le stime termobarometriche derivanti dallo studio delle inclusioni siano indicative delle condizioni pre-eruttive del sistema di alimentazione (Tab. 3). Sulla base del contenuto in volatili nelle inclusioni silicatiche è stimata la pressione di saturazione dei liquidi magmatici utilizzando modelli di solubilità. In questo lavoro, per il calcolo delle pressioni di saturazione viene preso in considerazione il modello di solubilità proposto da Di Matteo et al. (2004) per le trachiti dei Campi Flegrei. A partire dalle pressioni di saturazione, si può fornire un’indicazione utile alla determinazione della profondità alla quale si sono formate le inclusioni silicatiche presenti nei cristalli di clinopirosseno, ovvero la pressione alla quale il magma è stato intrappolato. Per i valori di densità delle rocce vengono utilizzati i dati presenti in letteratura (Rosi & Sbrana, 1987), prendendo in considerazione i pozzi di S. Vito 1 e S. Vito 3, in cui si registra una densità media di 2,2 g/cm3. Sulla base del contenuto in acqua e del modello di solubilità applicato, si evince che i prodotti depositati nella parte bassa della sequenza eruttiva sono relativi 47 Studio di una sequenza piroclastica del vulcano della Solfatara (Campi Flegrei) Fig. 10 - Diagramma di variazione della temperatura di omogeneizzazione rispetto alla composizione del minerale ospite (% En). Fig. 11 - Diagramma di variazione CaO - % H2O delle inclusioni silicatiche. Tab. 3 - Analisi rappresentative di inclusioni silicatiche (MI) con composizione del minerale ospite, matrici vetrose e roccia totale della frazione juvenile. MI 1 MI 2 MI 3 Matrice vetrosa pomice Matrice vetrosa pomice scoriacea Roccia totale pomice Roccia totale pomice scoriacea SiO2 61,01 62,07 57,99 59,44 59,86 60,37 59,82 TiO2 0,71 0,83 0,74 0,59 0,56 0,47 0,56 Al2O3 18,12 16,74 19,66 19,07 18,92 18,87 18,75 FeOtot. 3,47 4,22 3,83 3,37 3,48 3,55 3,71 MnO 0,08 0,00 0,04 0,16 0,09 0,12 0,13 MgO 0,49 0,50 0,59 0,53 0,43 0,92 0,83 CaO 2,57 2,72 2,72 2,52 2,14 3,19 3,65 Na2O 5,65 4,65 3,71 4,55 5,06 4,03 3,82 K2O 6,75 7,21 9,77 8,77 8,56 8,31 8,57 P2O5 0,19 0,16 0,21 0,20 0,10 0,17 0,15 SO 0,10 0,08 0,12 0,08 0,06 n.d. n.d. ClO 0,86 0,84 0,62 0,73 0,74 n.d. n.d. H2O 2,65 1,20 2,10 DI 84,95 83,90 82,31 84,51 86,53 81,25 79,97 Ne 3,28 0,00 8,07 6,89 8,11 2,33 3,53 Composizione del minerale ospite Wo 44,36 47,52 49,04 En 41,51 35,48 37,67 Fs 14,13 16,99 13,29 Analisi anidre normalizzate a 100. DI: indice di differenziazione (Or + Ab + Ne + Lc + Qtz); Ne: nefelina normativa. a magmi interessati da processi di cristallizzazione a profondità intorno ad 1 km (P ≈ 200 bar, H2O ≈ 1% in peso), mentre il materiale ritrovato nella parte alta di tale sequenza, mostrando valori di H2O più alti, può essere messo in relazione con magmi che hanno cri- stallizzato anche in zone meno superficiali (1-3 km, P = 250-685 bar). I risultati di questo lavoro portano un contributo alla conoscenza del funzionamento di questo vulcano, fornendo inoltre indicazioni sul tenore in volatili, tem- 48 F. Cipriani, P. Marianelli, A. Sbrana peratura, composizione del magma che ha alimentato l’eruzione. Ringraziamenti Si ringrazia R. Santacroce per l’attenta revisione del testo, che ha contribuito al miglioramento dello stesso. Inoltre si ringraziano: Franco Colarieti per la preparazione dei campioni da analizzare al SEM-EDS; Marco Tamponi, Marco Bertoli e Giorgio Misuri per la preparazione dei campioni e le analisi XRF. Bibliografia Armienti P., Barberi F., Bizouard H., Clocchiatti R., Innocenti F., Metrich N., Rosi M., Sbrana A., 1983. The Phlegrean Fields: magma evolution within a shallow chamber. Explosive Volcanism. Journal of Volcanology and Geothermal Research 17: 289-311. Di Matteo V., Carroll M.R., Beherens H., Vetere F., Brooker R.A., 2004. Water solubility in trachytic melts. Chemical Geology 213 (1-3): 187-196. Granieri D., Chiodini G., Marzocchi W., Avino R., 2003. Continuous monitoring of CO2 soil difuse degassing at Phlegrean Fields (Ita(ms. pres. il 1° settembre 2008; ult. bozze il 10 aprile 2009) ly): influence of environmental and volcanic parameters. Earth and Planetary Science Letters 212: 167-179. Ihinger P.D., Hervig R.L., McMillian P.F., 1994. 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