Pratica
di Claudio Negro
Il trio solido - UcD180
Terza parte
Il menu di quest’ultima puntata prevede l’amplificatore più potente dei tre
trattati, ovvero l’UcD180ST della olandese Hypex, e il suo alimentatore, il
tutto condito con una prova d’ascolto comparativa.
Il terzo finale che vi proponiamo (Figura
01) appartiene alla famiglia degli amplificatori a commutazione (anche nota come
PWM, classe D, classe T e digitale, a
seconda dell’implementazione), topologia
relativamente recente, visto che già la si
usava nel secondo dopoguerra, e più che
altro conosciuta per l’alta efficienza di cui è
capace. L’ingresso della classe D nel
mondo dell’audio risale alla fine del 1964
con il kit X-10 della Sinclair Radionics, progetto che comunque presentava qualche
problema di gioventù e una potenza non
certo da primato.
Nove anni dopo, sia la Bose che la Infinity
Systems (si, proprio la stessa Infinity ora
facente parte del gruppo Harman) annunciano la volontà di esibire un amplificatore
a commutazione durante la mostra del
CES che si sarebbe tenuta a Chicago nel
gennaio del 1974: delle due solo la Infinity
mantenne la promessa, pur con qualche
affanno. Infatti, John Ulrick (co-fondatore e
co-progettista, insieme a Arnie Nudell, del
marchio americano) racconta che il prototipo iniziò a funzionare solo la sera prima
dell’inaugurazione del CES, e con il display
spento, visto che introduceva dei ticchettii
nel suono; fatto sta che l’apparecchio entrò
fisicamente nella sala Infinity solo un’ora
prima dall’apertura dei cancelli della fiera,
ma riuscì a suonare senza problemi per
tutti e quattro i giorni della manifestazione.
Subito dopo il CES, la Infinity lo iniziò a
produrre e vendere con il nome di SWAMP
I: era nato il primo amplificatore audio
commerciale operante in classe D, ed era
capace di erogare 250 Watt (Figura 02).
Ulrick lasciò la Infinity nel 1979, ma continua ad operare nel mondo Hi-Fi come presidente e capo ingegnere della Spectron,
produttore a stelle e strisce di amplificatori
audio digitali.
Nonostante dal 1974 ad oggi di anni ne
siano passati tanti, gli amplificatori a commutazione non hanno mai riscosso grandi
consensi da parte degli audiofili (tralasciamo il caso T-Amp del quale, chissà perchè,
non se ne parla più), principalmente per
alcune limitazioni di risposta in frequenza.
Difatti, al variare del carico la risposta tipica di un amplificatore a commutazione presenta enfasi o tagli alle alte frequenze,
tanto che il loro uso è stato relegato principalmente ai sub woofer attivi e al mondo
professionale, dove le dimensioni contenute, le basse perdite e le ridotte richieste di
dissipazione tipiche di questa topologia,
sono come una manna caduta dal cielo.
Tuttavia la grande rivoluzione, a nostro
avviso, avvenne quando i nord europei
della Philips e della Bang & Olufsen decisero di scendere in campo.
Nel 2000 Frederiksen, Bengtsson e
Nielsen della B&O presentarono, alla 109a
Convention della AES (Audio Engineering
Society), un preprint nel quale descrissero
un nuovo amplificatore PWM capace di
potenze che vanno dai 250 ai 1000 Watt:
era nato l’ICEpower. Sebbene, parlando di
AES, un preprint non abbia la stessa
valenza di un articolo pubblicato sul AES
Journal, il circuito dei danesi era innovatore in quanto dichiarava una risposta in frequenza entro +/-0,2 dB da 20 a
20.000 Hz quale che fosse il
carico, ovvero si era
superato uno
d e i
Figura 01: L’amplificatore UcD180 realizzato
Costruire Hi-Fi N. 117
36
Pratica
principali limiti degli amplificatori audio in
classe D. Con il 10% delle quote, Karsten
Nielsen fondò e si mise a capo della Bang
& Olufsen ICEpower, rimanendo il restante
delle quote azionarie di proprietà della
B&O; questo fino al 2008, quando la società maggioritaria riacquistò il completo controllo del marchio. Grande risonanza pubblicitaria arriva dall’implementazione dei
moduli ICEpower negli amplificatori di marche ben conosciute nel mondo hi-end, tra
le quali troviamo Jeff Rowland, Rotel, Bel
Canto, Martin Logan, Red Dragon e
Pioneer. Purtroppo non è possibile acquistare i moduli ICEpower come utente finale, precludendo così il loro possibile utilizzo nel nostro ambito, quello dell’autocostruzione.
In casa Philips, invece, un giovane ingegnere di nome Bruno Putzeys dopo 8 mesi
di ricerca si inventa il modulo amplificatore
Universal class D (UcD), modulo capace di
grandi prestazioni e innovativo sotto molti
punti di vista (per quanto molti vedano
diverse analogie con la struttura
dell’ICEpower): il progettista risolve il problema della risposta alle alte frequenze,
diminuisce le emissioni RFI tipiche di tutti
gli amplificatori a commutazione, e ottiene
un amplificatore con una distorsione armonica totale indipendente dalla frequenza.
Tutto questo accadeva verso la fine del
2001, dopodichè il progetto UcD rimase
uno dei tanti brevetti non utilizzati nel
mondo commerciale. Per fortuna nel 2003
il proprietario della olandese Hypex
Electronics, Jan-Peter van Amerongen,
durante una visita in casa Philips incontrò
Putzeys, il quale gli mostrò il progetto UcD:
subito dopo l’imprenditore firma un contratto di licenza per il suo utilizzo. Non passano due anni che Putzeys lascia la Philips
per assumere il ruolo di capo ingegnere
della sezione di ricerca e sviluppo della
Hypex, posizione che gli permette una
maggiore autonomia. Il risultato è stato la
messa sul mercato di tre moduli amplificatori (UcD180, UcD400 e UcD700), oltre ad
una linea dedicata di alimentatori, trasformatori, amplificatori per sub woofer e
finanche un modulo di soft start. In pratica
la Hypex ha a catalogo tutto il necessario
per realizzare un amplificatore in classe D,
e permette a chiunque, utente finale o produttore che sia, di acquistare detto materiale. Tra i grandi marchi che impiegano i
moduli UcD, troviamo gli inglesi della
Meridian e gli statunitensi della Channel
Islands Audio, Genesis ed Exodus Audio.
Da segnalare, per chi voglia approfondire
l’argomento classe D, gli articoli apparsi
sulla rivista Suono n. 393-394 come anche
CHF n. 51-52-53-55-56-78-115.
Figura 02: Il primo amplificatore audio in classe D, l’Infinity Swamp I (1974).
UcD180ST
Non appena ricevuto il pacchetto che conteneva i moduli della Hypex, lo abbiamo
aperto con molta curiosità e siamo rimasti
a bocca aperta nel tenere fra le mani (o
meglio dita, viste le dimensioni) quel quadratino di piastra da 6,5 cm di lato, abituati come siamo a maneggiare amplificatori
di classe A, e AB. Se poi consideriamo
anche la potenza di cui è capace e il peso
di soli 95 grammi, la nostra incredulità era
ai massimi livelli.
Il modello da noi utilizzato è quello standard (ST), il primo che fu messo in commercio nel 2004; da allora si sono aggiunte alcune alternative d’acquisto, come la
serie AD e HG, che sono frutto di tweaking
di alcuni componenti. In particolare, il
modello AD usa come buffer l’integrato
AD8620 al posto del sempreverde
NE5532, mentre l’HG si spinge oltre: utilizza l’IC LM4562 (osannato da più parti), ha
la predisposizione per i due moduli regolatori di voltaggio opzionali siglati HxR12,
impiega condensatori audio grade e una
versione migliorata della bobina di filtro.
Attualmente le versioni in produzione sono
la ST e la HG, con la seconda che costa
quasi il doppio della prima: se le prestazioni sonore raddoppino non ci è dato a sapere, ma nutriamo qualche dubbio in merito.
In ogni caso, comprando l’UcD180ST è
possibile armarsi di saldatore e lente d’ingrandimento per fare qualche modifica,
come cambiare l’integrato di buffer usando
l’AD8620, per esempio. Se decidete di
“tweakkare” l’IC di buffer verificate il suo
range di alimentazione: nel caso
dell’AD8620 è necessario sostituire lo
zener di alimentazione con uno da 12 Volt.
Per sapere la posizione sulla PCB di detto
diodo, basta mandare una e-mail alla
Hypex per ricevere tutte le delucidazioni
del caso. Volendo si può bypassare l’alimentatore
del
buffer
presente
sull’UcD180ST (bisogna eliminare due
transistor) e utilizzare un’alimentazione più
performante, tipo quella fornita dalla HG
Supply che trovate sul catalogo Hypex. Vi
rammentiamo che stiamo parlando di componenti SMD, quindi siate consci della difficoltà che incontrerete e del rischio di perdere la garanzia sul prodotto.
Altri componenti che possono essere rimpiazzati sono i condensatori di accoppiamento, e qui il “modder” può sbizzarrirsi ad
DATI DICHIARATI PER L’UCD180ST
Guadagno in tensione:
Risposta in frequenza (-3 dB):
Impedenza di ingresso: 100k ohm
Potenza massima (8 ohm, 1% THD):
Potenza massima (4 ohm, 1% THD ):
Fattore di smorzamento (1k Hz, 4 ohm):
Fattore di smorzamento (20k Hz, 4 ohm):
Rumore residuo non pesato:
THD (20-20k Hz, 90 Watt, 4 ohm):
THD (20-20k Hz, 75 Watt, 8 ohm):
Efficienza:
26 dB
10-50k Hz
105 Watt RMS
180 Watt RMS
200
26
90 dBV
0,1%
0,02%
>90%
Tabella 01
Costruire Hi-Fi N. 117
37
Pratica
Figura 03: Vista dell’alimentatore duale assemblato.
adoperare i modelli più esotici e costosi
che il mercato offre: che ne valga la pena
o meno sta a voi deciderlo, noi abbiamo
lasciato tutto come mamma l’ha fatto.
Ultima nota, e chiudiamo l’argomento
modifiche, è di non sostituire i condensatori C35 e C36 con altri a bassa ESR: scendere sotto il valore di 0,5 ohm di ESR significa aumentare il ripple residuo a 2 MHz,
visto che viene meno la funzione di snubber ottenuta sfruttando l’alta resistenza
serie equivalente dei condensatori in
oggetto.
Riprendiamo in mano il datasheet
dell’UcD180ST e leggiamo i dati dichiarati
dalla Hypex, ottenuti alimentando il modulo con +/- 45 Volt e utilizzando un carico di
4 ohm, ove non diversamente specificato
(Tabella 01).
Parlando di Watt e affini, spesso ci chiedo-
no di quanta potenza si abbia realmente
bisogno nei nostri ambienti di ascolto, e
visto che ci siamo apriamo una breve
parentesi per dipanare i dubbi di qualche
lettore.
Il segnale musicale, in quanto tale, non è
statico ovvero ha una sua dinamica, il che
significa che un qualsiasi brano di musica
ha un livello sonoro medio e uno di picco:
la differenza tra i due si definisce fattore di
cresta (Dynamic Headroom). Lo scomparso Guido Noselli aveva quantificato questa
differenza (in uno dei suoi tanti lavori scaricabili dal sito della Outline) analizzando
diversi brani musicali, ottenendo un fattore
di cresta che variava tra 14,6 e 22,4 dB,
per cui è lecito identificare un valore
mediamente conservativo in 20 dB.
Questo significa che, impostato un livello
medio di ascolto, il nostro amplificatore
Figura 04: Primo piano dei condensatori anti-interferenze usati.
Costruire Hi-Fi N. 117
38
dovrà essere capace di fornire la potenza
necessaria, senza distorcere, per coprire
questa dinamica di 20 dB. Le altre variabili che entrano in gioco, nel computo della
potenza occorrente, sono il volume della
sala d’ascolto, facilmente desumibile con
un metro, e la sensibilità del diffusore
misurata in camera anecoica ad un metro
di distanza applicando alla cassa una tensione di 2,83 Volt, come di solito si legge
nelle specifiche fornite dal costruttore. Una
volta che abbiamo questi dati, armiamoci
di calcolatrice scientifica, fogli in bianco e
penne colorate… Tranquilli, stiamo
scherzando: i calcoli sono molto più semplici di quanto paventato. Grazie all’ing.
Renato Giussani possiamo scaricare, dal
suo sito, un piccolo programma che si
chiama PotenzaWin, il quale si prende
cura di fare per noi tutti i calcoli necessari:
basta dirgli la sensibilità del nostro diffusore, il livello sonoro richiesto e il volume
della stanza, per ottenere di quanti Watt su
8 ohm il nostro amplificatore dovrà disporre. Facciamo un esempio pratico, presupponendo che la nostra sala misuri metri
6x4x2,8, da cui risulta un volume di 67,2
metri cubi, e che dalle specifiche sappiamo
che il nostro diffusore ha una sensibilità di
89 dB (2,83V, 1m). Immessi questi dati nel
programma, risulta che abbiamo bisogno,
per sonorizzare il nostro ambiente senza
compressioni o distorsioni, di un amplificatore da 70 Watt per canale su 8 ohm. Più
semplice di così…
Chiusa questa parentesi, riprendiamo il
discorso UcD180 e occupiamoci del suo
alimentatore.
L’ALIMENTAZIONE DELL’UcD180
Sebbene il catalogo Hypex presenti due
modelli di alimentatori già belli che pronti,
abbiamo deciso di costruirne uno ad hoc,
altrimenti la stazione saldante sarebbe
rimasta spenta troppo a lungo per i nostri
gusti. La scelta è caduta su una configurazione pseudo dual-mono, ovvero trasformatore unico e raddrizzamento e filtraggio
capacitivo separati per i due canali, questo
con lo scopo di aumentare la separazione
stereo: il risultato dei nostri sforzi è quanto
mostra la Figura 03.
Vediamo adesso quali sono le richieste per
alimentare correttamente l’UcD180. Dalle
note fornite dalla Hypex, sappiamo che il
nostro modulo abbisogna di una alimentazione duale entro il range da +/-30V a +/50V DC (comunque esiste una protezione
on board quando si superano i 52V), e
sappiamo anche che la tensione consigliata dalla casa olandese è di +/-45 Volt, che
poi è quella impiegata nelle specifiche di
targa, e alla quale ci atterremo. Per
Pratica
Figura 05: Schema elettrico dell’alimentatore duale.
ottenere il voltaggio in continua richiesto,
avremo bisogno di un trasformatore con
due secondari da circa 33 Volt AC, data la
formula Vout = Vac * 1,414 - 1,4 (la quale
si riferisce all’utilizzo di un raddrizzatore a
ponte di Graetz).
Oltre a essere termicamente molto efficiente, rispetto agli amplificatori lineari, la
classe D è un po’ meno esigente in termini
di potenza del trasformatore, sicché quello
suggerito dalla casa olandese ha una
potenza di 160VA per canale. Se decidiamo di utilizzare un unico trasformatore
per alimentare i due moduli, come nel nostro caso, avremo bisogno di almeno
320VA. Spulciando il catalogo della
Nuvotem, incontriamo il modello siglato
0500P1-2-030K: è un toroidale incapsulato
da 500VA, e la potenza extra che può
erogare ci fa comodo, visto che useremo
l’amplificatore con un carico di basso valore. Nella scelta del trasformatore abbiamo preferito il tipo toroidale, piuttosto che
quello classico a lamierini, per le sue
ridotte emissioni magnetiche, considerando le dimensioni esigue del contenitore
impiegato (GX288 della HiFi 2000).
Il ponte di raddrizzamento a onda intera
è quello classico in contenitore plastico da
400V/35A, surdimensionato rispetto alle
reali esigenze ma visto il basso costo di
questi componenti è inutile stare a
lesinare. In parallelo a ciascun diodo del
ponte troviamo un condensatore ceramico
X7R da 10 nanoF, la cui funzione è quella
di ridurre il rumore irradiato dai raddrizzatori. Essi sono saldati direttamente sul
ponte, come visibile in Figura 04. Non
avendo impiegato diodi soft recovery
(trattati nella seconda parte dell’articolo),
per mitigare l’oscillazione causata dalla
commutazione dei diodi abbiamo incluso,
tra l’uscita del secondario del trasformatore e l’ingresso in alternata del ponte, un
condensatore in poliestere metallizzato
da 100 nanoF.
I condensatori di filtraggio assumono
una certa importanza negli amplificatori a
commutazione, non tanto per la quantità
capacitiva quanto per la qualità degli stessi: infatti l’alimentatore più costoso offerto
dalla Hypex monta i condensatori BHC slit
foil specifici per impiego audio, mentre nel
modello base usano i più terreni BC
Components 056. Noi abbiamo optato per
i Panasonic serie T-HA, che hanno un
ingombro limitato in altezza, sono ad
innesto e offrono buone caratteristiche di
ESR e durata nel tempo (ben 3.000 ore a
Figura 06: La PCB dell’alimentatore. Dimensioni reali: 21 x 15 cm.
Costruire Hi-Fi N. 117
39
Pratica
LISTA COMPONENTI PER LA REALIZZAZIONE DELL’AMPLIFICATORE UCD180
RIFERIMENTO
P1, P2
C1
C2, C3
C4, C11
C5 a C8, C12 a C15
C9, C10, C16, C17
DESCRIZIONE
Ponte di raddrizzamento GBPC3504W, 400V, 35A
Condensatore X2, 0,33 microF, 275V
Condensatore X2, 10 nanoF, 275V
Condensatore MMK, 100 nanoF, 400V, passo 15
Condensatore ceramico X7R, 10 nanoF, 100V
Cond. Elettr. 15000 microF, 63V, snap in,
diam. 40 mm, P 22,5 mm
S1
Interruttore illuminato, DPST, 250V, 10A
T1
Trasformatore toroidale incapsulato
230/30+30 Vac, 500 VA
F1
Fusibile 2,5A, ritardato, 5x20 mm
F2 a F5
Fusibile 4A, tipo Fast, 5x20 mm
2 moduli Hypex UcD180 ST
1 Presa IEC con Fusibile
Faston maschio, per C.S., 6,3 mm
2 Prese XLR da pannello
2 Neutrix Speakon 2 poli
4 portafusibile per C.S., 5x20 mm
Cabinet Hi-Fi 2000 GX288 - http://www.hifi2000.it/
FARNELL P/N
1621707
RS-COMP. P/N
395-4360
441-9650
616-7698
192-203
211-5081
1082460
358-1883
468-5374
1354610
1354576
223-8904
265-1183
480-1655
145358
1280792
3104400
1162740
534-834
156-2830
2508451169
417-098
DISTRELEC P/N
600681
820745
820729
821046
831606
280099
281093
110251
450280
111132
271136
Tabella 02
105 gradi), prediligendo, sempre per un
discorso di longevità, il tipo da 63 Volt piuttosto che quello da 50V. Ma di quanti
Farad abbisogniamo? Bruno Putzeys consiglia, per ogni modulo e ramo di alimentazione, da 4.700 a 20.000 microF a seconda dei casi; il progettista, inoltre, fornisce una semplice regoletta per dimensionare correttamente la capacità necessaria ad alimentare i moduli UcD: C = 0,5 *
T / R, dove C è la capacità del condensatore espressa in Farad; T è un fattore
temporale uguale a 0,1 (valore consigliato
dall’ingegnere olandese); R è il carico che
andremo a collegare all’amplificatore.
Assumendo di impiegare un diffusore con
minimi d’impedenza che valgono 3,5 ohm,
C = 0,5 * 0,1 / 3,5 = 14.285 microF, ossia
dovremmo utilizzare due condensatori da
15.000 microF (valore commerciale più
prossimo a quello calcolato) per canale; se
invece decidete di servirvi di un alimentatore unico per due moduli UcD180, la
capacità raddoppia rendendosi necessario
adoperare due condensatori da 30.000
microF cadauno. Va da se che quando si fa
uso di valori così alti di capacità, magari in
congiunto con un trasformatore da 500VA
come nel nostro caso, sia opportuno implementare un circuito di soft start: ne abbiamo ampiamente parlato sul numero 116
di CHF, e quindi non ci ripetiamo.
Lo schema dell’alimentatore e il suo circuito stampato sono visibili nelle Figure 05
e 06: notate la presenza di fusibili del tipo
rapido a protezione dei moduli. Lo stampato ha una forma tale da accorciare i
cablaggi di alimentazione, facendo largo
impiego di faston per una rapida e sicura
connessione tra le parti; la posizione dei
Figura 07: Vista disposizione dei moduli all’interno del contenitore.
Costruire Hi-Fi N. 117
40
condensatori di filtraggio è stata scelta per
svolgere una forma di blanda schermatura
elettromagnetica nei confronti dei disturbi
generati dal ponte di diodi. La pista ramata
è stata stagnata per aumentarne la
sezione e di conseguenza migliorare il
passaggio della corrente, non avendo
trovato in commercio PCB con spessore
del rame di 70 micrometri.
La lista dei componenti necessari alla
realizzazione dell’amplificatore oggetto di
questo articolo, è contenuta nella Tabella
02; come oramai vi abbiamo abituato, in
essa trovate anche i codici prodotto dei tre
soliti fornitori on line: Distrelec, Farnell e
RS-Components.
COSTRUZIONE DELL’UcD180
La disposizione dei componenti dell’amplificatore UcD180, è simile a quella già vista
sia nel My_Ref che nell’Evolution ovvero,
partendo dal pannello anteriore del case,
troviamo il trasformatore, seguito dalla
piastra dell’alimentatore, per finire con la
sezione amplificatrice. E sono proprio i due
moduli della Hypex i primi a essere avvitati
alle pareti laterali del GX288, come potete
vedere nella Figura 07, grazie alla predisposizione presente sulla aletta a T blu. È
inderogabile servirsi di un qualche dissipatore con gli UcD: nel nostro caso abbiamo
sfruttato, come già fatto con gli altri due
finali presentati, la dissipazione offerta dai
pannelli in alluminio del contenitore, rilevando, dopo diverse ore di ascolto a livelli
elevati, che i laterali risultavano freddi al
tatto. Le due viti esterne sono quasi invisibili, avendo approfittato della cava presente sul laterale esterno (Figura 08).
Pratica
La PCB di alimentazione è infilata nelle
due cave laterali del contenitore, fino a battere contro il pannello posteriore nero,
come mostra la Figura 09; i punti di
appoggio, oltre a quelli degli incavi, sono
stati creati sfruttando i distanziali in plastica impiegati nei due moduli e incollandone
altri due nell’area della semi luna (Figura
10). Per bloccare la PCB abbiamo adoperato del silicone lungo le cave e una vite
passante sul pannello inferiore.
Il trasformatore è bloccato, tramite un
perno M8 con dado e rondella, a una basetta di bachelite spessa 3 mm previa interposizione di alcune strisce di neoprene; la
basetta viene infilata nelle solite cave laterali del GX288 e ivi bloccata con del silicone.
Sono stati fatti dei fori sulla basetta per permettere il passaggio dei cavi di alimentazione. La scatola nera che accoglie il circuito di soft start (simile a quello impiegato
nell’Evolution) è incollata alla bachelite e al
pannello laterale. Il risultato finale lo potete
osservare nella Figura 11.
Guardiamo i collegamenti: tutte le connessioni fanno uso di faston femmina isolati
con guaina termo-restringente; consigliamo di saldare oltre che crimpare detti
connettori. Sulla presa IEC con fusibile è
incollato e saldato, tra fase e neutro, C1
(vedi schema alimentatore) che ha la funzione di filtraggio delle RFI, mentre dal terminale di terra parte un cavo giallo-verde
che viene avvitato al telaio tramite la vite
che blocca la presa IEC stessa (Figura
12). Vi ricordiamo che l’alluminio anodizzato non è conduttore elettrico, quindi raschiatelo e/o adoperate una rondella dentata.
Dai terminali di fase e neutro escono i fili
marrone e azzurro, da 1,5 mmq con
guaina, che arrivano all’interruttore bipolare presente sul pannello frontale. Il cavo
inguainato è alloggiato in una cava del
pannello laterale del GX288, come già ci
avete visto fare in passato. In parallelo ai
terminali dell’interruttore sono saldati i condensatori spegni arco C2-C3. Ai due rimanenti terminali dello switch è collegato il
cavo bipolare che entra nel contenitore del
soft start, passando da sotto il trasformatore (Figura 10); dal soft start escono due
fili che sono i cavi del primario del trasformatore. Tutti i cavi che portano la tensione
di rete sono stati avvolti con una guaina
termo-restringente.
I secondari del trasformatore sono attorcigliati tra loro, e si infilano nei faston maschio della PCB di alimentazione come visi-
Figura 08: Primo piano dei perni usati per bloccare i moduli.
A destra, al centro: Figura 09: Vista disposizione moduli e alimentatore.
A destra, in basso: Figura 10: Vista inferiore
del contenitore.
Costruire Hi-Fi N. 117
41
Pratica
presenza di due cavi sottili (blu e nero), di
un interruttore posto sul pannello posteriore, e di due pin header sul ground della
PCB di alimentazione: vediamo la loro utilità. Guardando lo schema dell’UcD180 di
Figura 13, sul molex di segnale c’è un terminale denominato /ON, il quale viene collegato alla terra dell’alimentatore tramite
uno switch. In pratica se detto terminale
non viene chiuso al ground di alimentazione, dal modulo della Hypex, benché
alimentato, non sentirete uscire suono
alcuno. Avete, quindi, due possibilità:
sfruttare questa prerogativa del modulo e
avere un interruttore di muting che elimina
eventuali
rumori
di
accensione/spegnimento (come abbiamo fatto
noi), oppure ponticellare il pin /ON al faston SUPPLY GROUND. A voi la scelta.
La disposizione sul pannello posteriore
delle varie prese è quanto visibile nella
Figura 15.
Figura 11: Vista interna dell’amplificatore completato.
Figura 12: Vista dei cablaggi.
bile nelle precedenti figure: nel nostro
trasformatore i cavi del secondario di color
giallo e nero sono le masse, mentre quelli
rosso ed arancione sono le tensioni.
La PCB di alimentazione è stata disegnata
in modo tale che i faston maschi delle tensioni in continua siano allineati a quelli di
alimentazione dei moduli UcD, cosicché il
collegamento tra i due si riduce a pochi
centimetri di cavo: noi abbiamo utilizzato
del filo di rame saldato a due faston femmina, come potete osservare nella Figura
12. Prima di eseguire i collegamenti di alimentazione è opportuno verificare che l’alimentatore funzioni a dovere, per non
Costruire Hi-Fi N. 117
42
rischiare di bruciare i moduli. Lo schema
delle connessioni dell’UcD180 è quanto
mostra la Figura 13.
Passiamo al cablaggio di segnale: abbiamo fatto uso degli speakon come terminali di uscita, mentre per quelli di ingresso
la scelta è caduta sugli XLR, dato che il
modulo in oggetto ha l’ingresso bilanciato;
come al solito i terminali sono isolati dal
contenitore. Se avete bisogno di un collegamento sbilanciato, la migliore
soluzione è quella di costruirvi un cavo
adattatore, seguendo le direttive che
trovate nella Figura 14.
Sicuramente avrete notato nelle foto la
MISURAZIONI DELL’UcD180
Armati di Clio 6, Arta 1.3 e Picotech 212/3
abbiamo iniziato a misurare la nostra
nuova creatura dopo un riscaldamento di
quindici minuti. Analizziamo insieme i risultati ottenuti.
La tensione di alimentazione dei moduli è
di +/- 44 VDC, in sintonia con quanto previsto. Per misurare l’offset in corrente continua abbiamo terminato gli ingressi con
una resistenza da 620 ohm, rilevando valori di 3,4 mV sul canale destro e 3,6 mV sul
sinistro, numeri dentro le specifiche. A
1.000 Hz abbiamo misurato sia l’impedenza d’ingresso, registrando 94.500 ohm,
che quella di uscita, la quale è risultata
uguale a 0,03 ohm su di un carico di 8,4
ohm (che corrisponde ad un fattore di
smorzamento di 280).
Ed eccoci giunti alla misura più critica, parlando di classe D, quella della risposta in
frequenza: riuscirà il nostro UcD180 ad
essere realmente insensibile al carico? La
risposta la vedete nel Grafico 01, che ci
mostra una deviazione limitata entro 1,1
dB da 10 a 30k Hz con un carico di 4 ohm
(curva blu); aumentando il carico a 8 ohm
(curva rossa) si ottiene una copia della
risposta vista, con una differenza tra le due
di soli 0,1 dB a 30k Hz.
Il rumore residuo dell’UcD180 (Grafico 02)
è abbastanza basso, attestandosi al di
sotto dei -100 dBV: la risonanza a 50 Hz e
le sue armoniche sono artefatti della catena di misurazione. Di primo acchito, abbiamo avuto qualche perplessità guardando i
Grafici 03 e 04, che rappresentano la
risposta all’onda quadra su carico di 7 ohm
a 100 e 1.000 Hz rispettivamente: sebbene
di andamento corretto, alle estremità della
Pratica
Figura 13: Schema dei collegamenti del modulo UcD180.
Figura 14: Cavo adattatore da sbilanciato a bilanciato.
quadra si nota una sinusoide ben evidente.
In realtà siamo in presenza di un tono, residuo del segnale di commutazione dello
stadio di uscita, la cui frequenza, misurata
senza segnale in ingresso, è di circa 400k
Hz ma varia in funzione dell’ampiezza del
segnale applicato. Da uno scambio di email con lo stesso Putzeys, viene fuori che
il modulo UcD è un amplificatore autooscillante, cioè la frequenza di commutazione non è determinata da un oscillatore
separato, ma è generata dal circuito di
control loop stesso. Il risultato di tutto questo è una frequenza di commutazione
variabile: aumentando l’ampiezza del
segnale in ingresso diminuisce la frequenza di switching, la quale diventa DC
(assenza di commutazione) quando l’amplificatore raggiunge il clipping. Chi fosse
interessato ad approfondire l’argomento,
consigliamo la lettura del paper 6453 presentato alla 118a Convention della AES.
Figura 15: Vista del pannello posteriore.
Costruire Hi-Fi N. 117
43
Pratica
Grafico 01: Risposta in frequenza: 2,83 Vrms, carico di 4 ohm (curva blu) e di 8 ohm (curva rossa).
Grafico 02: Livello di rumore, ingresso terminato su 620 ohm.
Osserviamo ora il comportamento in
potenza: il Grafico 05 ci mostra la sinusoide a 1k Hz prima del clipping, con un carico di 7 ohm: ai 27,9 Vrms misurati corrisponde una potenza di 111 Watt.
Cambiando il carico con uno di 3,6 ohm
(Grafico 06) riusciamo a ottenere 23,1
Vrms, ovvero 148W: notate che la sinusoide denuncia un leggero rumore, il quale
scompare diminuendo la potenza in uscita.
L’ultima misura che vi presentiamo è quella dell’analisi spettrale di un tono di 1.000
Hz, visibile nel Grafico 07, ottenuta su 7
ohm e con 90 Watt in uscita dall’amplificaCostruire Hi-Fi N. 117
44
tore: notate l’assenza di distorsione di
seconda armonica, mentre terza, quarta e
quinta sono presenti in piccola misura. La
THD risultante è dello 0,02 %.
Mettiamo ora da parte gli strumenti di
misura, spegniamo il saldatore e rilassiamoci su una comoda poltrona con un bicchiere di vino Primitivo in mano: è arrivato
il momento di far suonare il trio solido!
COMPARATIVA DI ASCOLTO
L’amico Valerio Russo, compagno di
avventura nel progetto del trio solido, è
stato mio ospite per diversi giorni al fine di
valutare acusticamente i tre amplificatori
appena nati dalle nostre mani. Sono stati
giorni ricchi di scambi di idee, di chiacchierate spensierate e, ovviamente, di tanta
musica. In totale i candidati sono stati
ascoltati per circa tre mesi, e con varie
“orecchie buone” che conosco da molto
tempo e che reputo affidabili nei giudizi (un
grazie ai miei concittadini Paolo e Valerio).
L’impianto è composto dal condizionatore
di rete PS Audio Ultimate Outlet, CD player
Teac CDP3500, piatto Marantz 6100 con
testina Stanton 881S, preamplificatore
Hegeman Hapi 2, cavi di segnale Straight
Wire Maestro II, cavi di potenza Straight
Wire Encore II, amplificatori My_Ref rev. A,
Evolution full e UcD180. I diffusori utilizzati sono un due vie accordato in reflex autocostruito con componenti Coral e Sipe, e il
modello one_08_3 della Sound&Design,
un tre vie da stand originale sia nell’estetica che nel progetto. Dietro questo nuovo
marchio italiano troviamo un nome già noto
ai lettori di vecchia data di Costruire HIFI,
ovvero l’ing. Valerio Maglietta, con il quale
ho avuto modo di colloquiare a lungo
durante la presentazione, in grande stile,
dei due modelli di diffusori attualmente a
catalogo. Il software musicale che abbiamo impiegato in questa comparativa è
elencato nella Tabella 03.
Per inaugurare gli ascolti e prendere confidenza con i tre finali, poniamo nel lettore
un CD della veterana Pat Benatar, artista
non molto conosciuta nel nostro paese
nonostante abbia vinto ben 4 Grammy
Awards consecutivamente, tanto per citare
alcuni
dei
premi
conseguiti.
Dichiaratamente rockettara, la cantante
newyorchese si è saputa, negli anni, evolvere musicalmente senza dover uscire con
lavori ripetitivi, e questo True Love ne è
una riprova: sembra di essere in un locale
degli anni ’40 ad ascoltare le grandi orchestre suonare brani classici dell’epoca, coadiuvati dalla voce di Pat. Accendiamo
l’UcD180, e subito ci si sente a proprio
agio, avvolti dalla musica e senza nessun
senso di fatica. Passando al My_Ref le
cose migliorano, nel senso che percepiamo un maggior calore, cosa senza dubbio
molto gradita quando si ascolta del blues
come in questo caso; l’Evolution, invece,
all’inizio ci lascia interdetti e abbiamo bisogno di un periodo di adattamento. Sia chiaro che il problema siamo noi più che l’Evo,
il quale fornisce un numero enorme di
informazioni, al quale non siamo abituati:
da ciò scaturisce quella prima sensazione
di diversità.
Proseguiamo gli ascolti con Joe Satriani e
la sua Down, Down, Down, brano di grandissima intensità emotiva, dove la Ibanez
Pratica
di “Satch” sembra quasi piangere: il
My_Ref ci ha fatto venire la pelle d’oca, e
non stiamo scherzando! L’Evolution evidenziava ogni minima sfumatura, con un
maggior dettaglio sui piatti e un palco più
largo con conseguente allargamento della
distanza tra i vari strumenti; tuttavia questa
maggior separazione faceva perdere un
po’ l’amalgama del gruppo. L’UcD180 si
pone quasi a pari merito con il My_Ref,
perdendo un pelino nelle alte frequenze,
troppo in evidenza. Continuiamo con un
altro grande chitarrista, uno che la storia
del rock l’ha scritta: Ted Nugent. Ricordo
come fosse ieri di un suo concerto svoltosi
a Baltimora e al quale assistetti diversi
anni addietro: “The Nuge” si presentò sul
palco vestito alla Tarzan, e tenendosi a una
corda volteggiava da un lato all’altro del
palco arrampicandosi alle torri di diffusori,
incurante del pericolo di cadere da quelle
altezze. La canzone scelta fa parte del
primo album solista dopo la bellissima
avventura con i Damn Yankees (i due
dischi di questa band ve li consigliamo a
pieni voti), ed è una canzone scritta in
omaggio a un vecchio amico-istruttore di
caccia di Ted, e come tale è una piccola
perla piena di forza e introspezione: si intitola Fred Bear. I tre amplificatori suonano
alla grande, rendendo benissimo il suono
della Gibson Byrdlands nel lungo solo dell’artista di Detroit; è incredibile come si
senta realistico il palm muting con
l’Evolution, ma sono minime le differenze
fra i tre candidati. La disposizione sul palco
della band è corretta in tutti e tre i casi. Per
gli amanti di “Motorcity Madman” a novembre dovrebbe uscire il primo lavoro dei
Damnocracy, gruppo nato dal reality show
di VH1; la band è formata da Sebastian
Bach (Skid Row), Jason Bohnam (foglio di
John, Ufo, Foreigner), Scott Ian (Anthrax),
Evan Seinfeld (Biohazard) e ovviamente
Ted Nugent: i primi demo che abbiamo
ascoltato sono molto belli.
Cambiamo genere e concentriamoci sulle
voci, introducendo nel lettore CD il gospel
di Livingston Taylor, fratello del più famoso
James: tutti e tre gli amplificatori restituiscono perfettamente la voce del solista e
dei tre coristi, che sembrano quasi prendere forma davanti a noi. L’unica differenza la
percepiamo nell’altezza dello schiocco
delle dita, che nell’Evo risulta più alta
rispetto al My_Ref e all’UcD180, senza che
la cosa, tuttavia, sia un qualche indice di
miglioria. Continuiamo con le voci maschili
e ascoltiamo l’ex cantante dei mitici Led
Zeppelin, in un brano estratto da un album
quasi tutto di cover splendidamente interpretate da Plant. Chiudiamo gli occhi e ci
lasciamo trasportare dall’apocalittica
Grafico 03: Risposta all’onda quadra: 100 Hz, 2,5Vpp, carico di 7 ohm.
Grafico 04: Risposta all’onda quadra: 1.000 Hz, 2,5Vpp, carico di 7 ohm.
Morning Dew, con la voce del cantante
inglese che sembra sospirare davanti al
microfono in un crescendo di rara bellezza,
aiutato dalle sonorità indiane prima e rock
in seguito, mentre l’orchestra e la sezione
ritmica fanno da collante. Di grande impatto l’ascolto sia con il My_Ref che con
l’UcD180, tutto sembra in ottima forma e
disposizione, anche da un punto di vista di
ricchezza armonica e naturalezza timbrica;
con l’Evolution si riesce a ottenere qualche
dettaglio in più, pur tuttavia a scapito di
una voce un pelino più asciutta: la sensazione che ne risulta è di perdere un qualcosa nell’atmosfera che si era creata utilizzando gli altri due finali. Una sensazione
simile l’abbiamo percepita anche ascoltan-
do i Litfiba ne Il Volo, canzone scritta per
ricordare la morte di Ringo de Palma, già
batterista del gruppo fiorentino: è un brano
profondo, dove la voce di Pelù sfoggia
tutte le sue doti, ben accompagnato dalla
chitarra di Renzulli nei cambi di tonalità e
di ritmo.
Spostiamoci sulle voci femminili, e poniamo nel giradischi il disco d’esordio di Patti
Smith con il brano che si intitola Gloria (riadattamento dell’originale di Van Morrison).
Il solo piano apre la canzone, subito seguito dalla voce della poetessa del rock e
poco alla volta dagli altri strumenti, in un
crescendo che ti prende come poche musiche riescono a fare. L’artista di Chicago ci
mette l’anima in questa canzone, e i tre
Costruire Hi-Fi N. 117
45
Pratica
Grafico 05: Risposta sinusoidale prima del clipping: 1.000 Hz, 80,9Vpp, carico di 7 ohm.
Grafico 06: Risposta sinusoidale prima del clipping: 1.000 Hz, 66,7Vpp, carico di 3,6 ohm.
“concorrenti” lo riescono a trasmettere in
maniera impeccabile: non riusciamo a trovare differenze tali da farci preferire un
amplificatore rispetto ad un altro, è un pari
merito inequivocabile. Proseguiamo al
femminile con Sara K. e Ana Caram. Con
la prima cantante notiamo un leggero arretramento della scena sonora sia usando il
My_Ref che l’Evo, mentre nel brano dell’artista brasiliana è incredibile come
l’Evolution riesca a restituire tutti i dettagli
dei numerosi suoni presenti, con la voce
che si materializza davanti a noi. Badate
bene che non stiamo dicendo che My_Ref
e UcD180 suonino male Correnteza, ma
solo che in questa musica non arrivano a
fornire tutte quelle microinformazioni, speCostruire Hi-Fi N. 117
46
cialmente in apertura di brano, come ci riesce l’Evolution.
Un disco dal vivo è sempre un elemento di
valutazione importante, a nostro avviso, e
per l’occasione abbiamo ripreso il vinile del
famoso concerto giapponese dei Cheap
Trick. Ebbi la fortuna di conoscere questo
gruppo americano quando, ancora quattordicenne, mi recai insieme a mio fratello per
assistere al concerto di una delle mie band
preferite, i Blue Oyster Cult, dove i gruppi
spalla erano i British Lions e i Cheap Trick.
Sebbene ammaliati dalla show (con tanto
di giochi di luce laser, una novità per l’epoca) dei BOC, la musica e il carisma del
gruppo dell’Illinois ci aveva acchiappato,
tanto che il giorno seguente eravamo in
giro per negozi di dischi a comprare i loro
primi tre album. Need Your Love è un
pezzo rock-blues con la parte ritmica ben
cadenzata e sempre in evidenza, la chitarra di Nielsen in primo piano a rifinire il
suono, e la voce di Zander a trasmette
tutto il sentimento di amore-odio presente
nel testo della canzone; pian pianino la
musica accelera e lascia spazio a un solo
trascinante che ci accompagna fino al termine della canzone. I tre amplificatori
hanno suonato in maniera simile questo
brano, con l’UcD180 che mostrava una
maggior profondità della scena e con le
grida delle giovani fans giapponesi più in
evidenza, mentre My_Ref ed Evo rendevano stupendamente il basso a otto corde di
Petterson e l’assolo con la Hamer
Explorer: quasi ci è sembrato di sentire
Rick lanciare i plettri al termine della canzone (l’averla vissuta in prima persona,
una tale scena, penso abbia inciso non
poco a influenzarmi). Vi consigliamo di
acquistare il recentissimo DVD video, che
contiene anche tre CD audio, del concerto
giapponese svoltosi nel 1978 dei Cheap
Trick.
Soffermiamoci ora a scrutare il comportamento dei tre amplificatori alle prese con
l’orchestra, per la qual cosa chiediamo
aiuto allo Schiaccianoci di Tchaikowsky
diretto da Valery Gergiev, opera molto
amata da Valerio. Spostate le casse in
avanti per recuperare una maggiore profondità della scena, in tutti e tre i casi
siamo capaci di “vedere” l’orchestra suonare, con la disposizione degli strumenti
ben delineata sia in larghezza che profondità. Scendendo più nel particolare, nel
celebre ed emozionale passaggio
dell’Intrada in cui sono coinvolti i fiati, il
My_Ref riesce a far sentire su alcune note
della tromba, in alto a destra, un che di
“carnale”, le risonanze “dolci” dell’ottone
insieme al caratteristico squillo acuto, mai
arrotondato: in definitiva un maggior dettaglio in gamma alta; l’Evolution mostra una
scena più larga ma un pelo meno profonda, tuttavia è una spanna sopra gli altri
nella collocazione degli strumenti, con i
piani sonori ben separati; parimenti, forte è
la sensazione di contrasto, dettaglio e
velocità. L’UcD180 perde in larghezza
rispetto all’EVO ma guadagna in profondità, amalgamando un pochino i componenti
dell’orchestra che perdono, nei confronti di
entrambi i finali italici, in focalizzazione.
Bene, siamo quasi giunti al termine di questa lunga chiacchierata musicale che concludiamo riassumendo le caratteristiche
sonore, da noi riscontrate, di questi tre
grandi amplificatori.
My_Ref rev A: nei confronti del fratello
Pratica
maggiore Evolution conserva un certo
family feeling, mettendo in evidenza quello
che nell’Evolution viene alla luce in modo
netto: il controllo e il contrasto.
Timbricamente è perfetto, assolutamente
bilanciato, neutro ma anche più godibile
dell’Evo, rispetto al quale, tuttavia, non ha
la larghezza di scena né la precisione nel
collocare gli strumenti. Ripropone un
suono timbricamente più morbido ma dinamico nel giusto rapporto.
Evolution full: suona diverso da qualsiasi
altra cosa che abbiamo mai sentito, con un
controllo assoluto sulle membrane, particolarmente in gamma media e alta; fortemente contrastato, con gli strumenti focalizzati
e ottimamente separati e risoluti; scena
larga e capacità di restituire anche i più fini
dettagli del brano musicale; i tempi di salita
e discesa sulle percussioni, anche a fondamentale bassa, sono eccezionali. Rovescio
della medaglia: può essere affaticante (la
timbrica però c’entra poco perché è sostanzialmente sana), con le alte un poco “secche”, sottoprodotto del controllo assoluto; i
suoni maggiormente riverberati, che in
genere provengono dal fondo della scena,
si “fermano” più velocemente del solito e
questo potrebbe essere alla base di uno
schiacciamento della profondità.
Tuttavia i piani sonori sono ben distinti: se
la batteria è dietro, è dietro, non viene
avanti, non si amalgama, rimane focalizzata al suo posto. Ricordiamo che il damping
factor dell’Evo full vale 350 su tutta la
gamma audio, ed è proprio questo parametro (o la particolarissima modalità con la
quale esso viene ottenuto) che genera
quella sensazione di messa a fuoco e controllo di cui parlavamo prima; per contro il
My_Ref e l’UcD, come molti altri amplificatori commerciali di razza, hanno un DF
calante in frequenza, che da un lato porta a
un minor controllo e perdita di fuoco sulle
alte, dall’altro permette un guadagno in profondità e un ammorbidimento delle frequenze altissime, cosa sempre gradita
dalla maggioranza degli audiofili.
Sicuramente la versione base dell’Evo si
porrebbe come una via di mezzo tra i due
estremi, avendo un DF simile al My_Ref ma
costante in tutta la banda audio.
UcD180: è stata una sorpresa positiva, non
aspettandoci che questi “affarini digitali”
potessero suonare così. Non ha il controllo
né dell’Evo né del My_Ref (che comunque
sono una eccezione in questo senso), ma
riesce ad avere una dinamica migliore,
sicuramente anche per via della maggiore
potenza di cui dispone. Questo aggiunge
un poco più di punch, un suono più ritmico,
con il risultato di un coinvolgimento più
intenso con i generi pop, rock. E’ però affa-
Grafico 07: Risposta spettrale con tono a 1.000 Hz: 25 Vrms, carico di 7 ohm.
ticante: c’è qualcosa in gamma medio-alta,
una perdita di grana, o forse solo una timbrica più chiara e non neutra come negli
altri due amplificatori. La scena è profonda,
più dell’Evolution e del My_Ref, non larga
come l’Evo ma comunque ben estesa; la
maggiore differenza la si nota nella focalizzazione, che risulta peggiore, con gli strumenti che escono più amalgamati, anche
se questo su certi dischi (quelli pasticciati al
mixer) può essere un pregio; belle le armoniche dei piatti, un po’ in evidenza ma meno
frenate rispetto all’Evolution.
CONCLUSIONI
Siamo giunti alla fine dell’articolo “il trio solido”, dove abbiamo proposto tre amplificatori con topologie particolari, potenze che
soddisfano la maggior parte dei casi e costi
alla portata di tutti. E parlando di prezzi, la
versione dell’UcD180 presentata ci è costata circa 340 euro: quasi una via di mezzo
tra la spesa sostenuta per il My_Ref e
l’Evolution full.
All’interno delle tre puntate sono stati trattati argomenti interessanti che prescindono
dal volersi costruire o meno uno degli apparecchi realizzati: stiamo riferendoci al fattore di smorzamento, alla metodologia di
misurazione denominata reverse driven, al
diodo soft recovery, al circuito di soft start,
alla classe D. Altra novità per i lettori di
CHF è stata la comparativa di ascolto fra i
tre amplificatori, dove la musica ha preso il
posto di grafici e oscilloscopio. Rimaniamo
a vostra disposizione per eventuali quesiti,
per i quali potete scrivere al seguente indirizzo email: [email protected].
SOFTWARE MUSICALE
Pat Benatar:
Jeff Buckley:
Cheap Trick:
Chesky Records:
Litfiba:
Yngwie Malmsteen:
Massive Attack:
Ted Nugent:
Robert Plant:
Joe Satriani:
Sister of mercy:
Patti Smith:
Starz:
Tchaikovsky:
True love, Chrysalis CCD1805. Brano 6
Grace, Columbia Sony 475928. Brano 2, 5, 10
At Budokan, LP Epic records. Brano 5
The ultimate demonstration disc, UD951. Brano 5, 7, 9, 11, 15, 17, 27, 29
El diablo, Warner CGD 9031. Brano 3
Concerto suite for electric guitar and orchestra in E flat minor OP.1,
Dream Catcher RIDE 16C. Brano 4
Mezzanine, Virgin 45599. Brano 1,3
Spirit of the wild, Atlantic 82611-2. Brano 6
Dreamland, Mercury 586962-2. Brano 2
Joe Satriani, Sony 481102-2. Brano 3
Vision thing, Merciful Release-East West. Brano 7
Horses, LP Arista records. Brano 1
Coliseum rock, LP. Brano 8
The Nutcracker, direttore Valery Gergiev, Philips 462114.
Brano 1, 8, 19, 20, 24
Tabella 03: Lista del software musicale utilizzato nella comparativa d’ascolto.
Costruire Hi-Fi N. 117
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Scarica

Hypex - Claudio Negro