Modifiche idrauliche
In linea generale si può affermare che le problematiche relative al consolidamento dei terreni in posto
sono ricollegabili principalmente alla presenza di elevati contenuti d’acqua e, di conseguenza,
l’esecuzione di un’opera di drenaggio produce generalmente un notevole miglioramento delle
caratteristiche meccaniche dei materiali. Devono comunque essere considerati molteplici aspetti
relativi alla tipologia di opera in progetto e al tipo di terreno coinvolto.
L’allontanamento dell’acqua
l’acqua dal terreno, attraverso percorsi ad elevata permeabilità, può avvenire per
sovrapressione
ressione indotta o per gravità. Nel primo caso il moto di filtrazione si instaura per effetto di un
intervento esterno (precarico) ed il processo che lo regola è quello
quello della consolidazione; nel secondo caso
il moto è indotto dai gradienti idraulici naturali nelle falde. I drenaggi nei terreni di fondazione
avvengono principalmente preliminarmente con il precarico ed
e in seguito con i dreni verticali.
Precarico
Fig. 1.3.1.1: Intervento di precarico
Fig. 1.3.1.2: Grafico cedimento-tempo
cedimento
con e senza
precarico
Il precarico o precompressione si propone di incrementare la capacità portante e di ridurre la
comprimibilità di suoli deboli, densificando terreni sciolti privi di coesione o consolidando terreni
argillosi e limosi. Ciò si ottiene posizionando un sovraccarico temporaneo in un tempo precedente
pr
alla
costruzione della struttura, e consente di annullare cedimenti potenzialmente pericolosi di terreni
soffici.
Per terreni granulari quali sabbie e ghiaie l’aspetto principale è quello dell’entità dei cedimenti; le
relazioni tempo-cedimenti non hanno alcun interesse pratico dal momento che il drenaggio, per
l’elevata permeabilità del terreno, avviene quasi simultaneamente all’applicazione del carico. Le stesse
conclusioni possono essere tratte per le rocce e per i terreni coesivi altamente preconsolidati in virtù
del loro comportamento elastico.
La conoscenza dell’evoluzione dei cedimenti nel tempo presenta, invece, notevoli interessi pratici per
terreni coesivi non saturi, per terreni organici e per terreni coesivi saturi. Per questi il cedimento non
si manifesta istantaneamente con l’applicazione del carico ma è protratto nel tempo; questo fenomeno
è noto come consolidazione.
Il sovraccarico è di solito di entità maggiore o uguale alla pressione esercitata dal futuro edificio ed è
costituito da una copertura di terra. E’ consigliabile comunque non utilizzare carichi temporanei
maggiori di 3 volte quelli permanenti finali, al fine di evitare tendenze troppo pronunciate al
rigonfiamento, che potrebbero superare quella globale al cedimento manifestato dallo strato. Nelle
sabbie e ghiaie prive di coesione l’abbassamento del livello della falda può costituire un metodo
alternativo per incrementare temporaneamente gli sforzi verticali efficaci.
Anche se può essere applicata a tutti i tipi di terreno, la tecnica del precarico è più efficace nelle terre
coesive soffici; il processo può essere velocizzato con dreni verticali e, nel caso di copertura
relativamente impermeabile, con una superficie orizzontale di drenaggio sul piano campagna
originario.
Il precarico, con o senza dreni verticali, provoca un cedimento preventivo notevole solo se il carico
totale applicato supera in maniera significativa la pressione di preconsolidazione del materiale di
fondazione.
Precarico senza dreni verticali
Precarico semplice di un sito da costruzione
Il termine precarico “semplice” sta a significare che viene applicato un sovraccarico della stessa entità
del futuro carico in sito; nel momento in cui la consolidazione del terreno di fondazione è praticamente
completata (si dice avvenuta al 90%), si rimuove il sovraccarico e si erige la nuova costruzione.
Calcolo dei cedimenti
La figura 1.3.1.3 rappresenta il caso in cui un’argilla soffice normalconsolidata è precaricata con una
copertura di terra che esercita una pressione equivalente a quella del futuro edificio. Le variazioni
dello sforzo verticale e della deformazione di un elemento di terreno alla profondità z sono illustrate
sotto forma di un diagramma e-logp, analogo a quello che si ottiene in una prova edometrica.
Fig. 1.3.1.3 e 1.3.1.4: Precarico semplice di un sito da costruzione
Se si assume che l’elemento di terreno in esame sia rappresentativo
rappresentativo dell’intero strato, il
i cedimento
finale provocato dal sovraccarico è dato da:
dove:
ssf = cedimento finale dovuto al sovraccarico [m];
[m]
H = spessore dello strato [m];
e0 = indice dei vuoti iniziale dell’elemento di terreno considerato;
considerato
Cc = indice di compressione (pendenza della curva e-logp
e
nella consolidazione primaria);
primaria)
p0 = pressione verticale iniziale [kPa];
[kPa]
∆p = incremento di sforzo dovuto al sovraccarico [kPa]; in condizioni monodimensionali
monodimens
esso
con il sovraccarico ed è costante con la profondità.
profondità
coincide
Non appena si è manifestato
ato il 90% di questo cedimento, il sovraccarico viene rimosso e comincia la
costruzione dell’edificio. Subito dopo il ricarico del terreno di fondazione, il cedimento finale della
costruzione sBf (la quale esercita una pressione ∆q) puòò essere espresso in termini dell’indice di
ricompressione Cc, che coincide con la pendenza della curva di ricarico nel diagramma e-logp:
e
∆
1 Velocità di cedimento (consolidazione verticale)
Il cedimento al tempo t st può essere espresso in funzione del cedimento finale sf per mezzo della
relazione seguente:
dove Uv rappresenta il grado medio di consolidazione (consolidazione verticale).
Nel caso di sovrapressione
ressione iniziale costante (coincidente con
il sovraccarico
sovraccarico nella consolidazione
monodimensionale), Terzaghi ha proposto per Uv il seguente valore:
∞
1 2 con m = 0, 1, 2, 3,..
M = (2m+1)π/2
Tv = cvt/L2
t = tempo [s]
Cv = coefficiente di consolidazione verticale [m2/s]
L = percorso di drenaggio più lungo nello strato d’argilla; corrisponde a metà di H in caso di drenaggio
superiore ed inferiore, o ad H se il drenaggio è solo superiore.
Sono qui riportati i valori di Uv in funzione di Tv:
Fig. 1.3.1.5: Grafico UV - TV
Il coefficiente di consolidazione Cv non è una costante del terreno ma decresce con l’incremento dello
sforzo verticale.
Consolidazione dovuta ad un sovraccarico
In tal caso un terreno molto comprimibile è caricato in sito con un rilevato, ad esempio autostradale;
autos
se
ad esso viene aggiunto un carico addizionale, un sovraccarico, si può raggiungere più velocemente il
cedimento finale di progetto. Siano !#" e $#" rispettivamente cedimento e tempo di consolidazione per il
rilevato di progetto; se l’altezza del
el rilevato è quindi maggiore (H2> H1), i tempi di assestamento sono
gli stessi ma il cedimento di consolidazione diventa:
!#% & !#"
Nella curva di consolidazione del rilevato di altezza H2 il cedimento !#" corrisponde ad un valore del
grado di consolidazione inferiore al 95% e quindi il tempo per raggiungerlo sarà inferiore a $#" . Esso
sarà infatti:
!#"
' 95% , $#% ' $#"
!#%
Fig. 1.3.1.6: Consolidazione dovuta ad un sovraccarico
Precarico con dreni verticali
Poiché nei terreni sedimentari la permeabilità orizzontale risulta generalmente maggiore di quella
verticale, ne consegue che se durante la consolidazione il flusso d’acqua avviene anche in direzione
orizzontale il processo sarà accelerato:
rato: ciò è possibile appunto inserendo negli strati dei canali verticali
ad elevata permeabilità, i dreni, che intercettano tutto lo strato da consolidare. Il flusso d’acqua
avverrà allora sia in direzione verticale sia in quella radiale.
Fig. 1.3.1.7: Confronto precarico con/senza dreni verticali
Dreni verticali
Sono installati per accelerare i cedimenti e incrementare la resistenza dei terreni coesivi molli. In
assenza di dreni verticali, infatti, possono verificarsi rotture per il superamento della capacità
portante durante il posizionamento
sizionamento della copertura, e gli assestamenti dei terreni argillosi possono
estendersi per molti anni. Essi sono anche usati per favorire la costruzione di coperture permanenti,
come terrapieni autostradali
li su terreni soffici.
Questi dreni accelerano solo la consolidazione primaria dal momento che ad essa è associato un
significativo movimento d’acqua. La consolidazione secondaria comporta solo piccole quantità d’acqua
da drenare dal terreno e di conseguenza
conseguenza i cedimenti secondari non sono velocizzati dai
da dreni verticali.
Accoppiando questi dreni con strati di geosintetici ad alta resistenza è possibile costruire terrapieni su
terreni molto soffici, che possono avere resistenze al taglio inferiori a 5 KPa.
DRENI CILINDRICI IN SABBIA
Hanno di solito un diametro compreso tra 18 e 45 cm. La loro esecuzione richiede la realizzazione di un
foro nel terreno, senza o con asportazione di terreno. Nel primo caso si infigge nel terreno, a
percussione o con vibrazioni, un tubo chiuso all’estremità; raggiunta la profondità richiesta esso viene
riempito e quindi estratto. Il tubo è munito in punta di un dispositivo che permette alla sabbia di
riempire il foro durante la sua estrazione.
Nel secondo caso il foro viene realizzato infiggendo nel terreno un tubo aperto che consente di estrarre
il terreno durante l’infissione. La perforazione avviene di solito mediante jetting ed i detriti vengono
asportati per circolazione inversa mediante eiettori ad aria.
La sabbia per i dreni dev’essere pulita, inoltre il passante al vaglio φ200 dev’essere limitato (<5%).
Fig. 1.3.1.8: Composizione granulometrica e caratteristiche tecniche dei principali dreni
in sabbia in commercio
DRENI CON GUAINA ESTERNA
Il loro diametro è di solito compreso tra 6 e 30 cm. Il materiale drenante, di solito sabbia, viene
racchiuso in una calza (nylon, juta,..) ed il confezionamento del dreno avviene fuori opera per tutta la
sua lunghezza. Il dreno così confezionato viene calato nel foro eseguito, quindi viene estratto il tubo di
rivestimento.
DRENI IN CARTONE
Sono costituiti da una striscia di cartone di sezione 10x0.3 cm forata all’interno. E’ qui di seguito
riportata la sezione trasversale del rivestimento per l’infissione del dreno che si ritiene sia equivalente
ad un palo in sabbia del diametro di 5 cm.
Fig. 1.3.1.9: Sezione ortogonale di un dreno in cartone e dell’utensile
di perforazione
DRENI DI PLASTICA
Costituiscono uno sviluppo dei dreni di cartone. Il geodrain, proposto dall’Istituto di Geotecnica
Svedese, è costituito da un’anima di polietilene rivestita da una guaina di carta di sez. 10x0.4 cm.
Viene qui presentata la sezione del dreno e del rivestimento per l’infissione, che può essere sia statica
che dinamica. Possono essere posti in opera da 2000 a 3000 m di dreno al giorno.
Fig. 1.3.1.10: Sezione ortogonale di un dreno di plastica (geodrain)
e dell’utensile di infissione
DRENI GEOSINTETICI, di non tessuto
La maggior parte dei dreni sintetici è costituita da
da una striscia (o da un nastro) tuttavia si possono
anche adottare tubi di drenaggio di plastica a sezione circolare avvolti in un geotessile (materiale
formato da fibre o filamenti ripartiti in varie direzioni). Oggi ci sono più di 50 tipi differenti di dreni
sul mercato, la maggior parte dei quali a struttura composta: un nucleo interno ondulato o dentato
avvolto in un filtro, di solito geotessile non tessuto. I dreni a striscia sono in genere larghi 100 mm e
spessi da 2 a 6 mm. Alcuni dei dreni a striscia disponibili sul mercato sono riportati nella figura
sottostante:
Fig. 1.3.1.11: Esempi di dreni a striscia sul mercato
I dreni sintetici sono di facile e rapida installazione, sono costituiti da un materiale uniforme, sono
facilmente immagazzinabili e trasportabili. La loro resistenza a trazione
trazione aiuta a preservare la
continuità del materiale e hanno bassi costi.
I dreni in plastica,
stica, cartone, e geosintetici, presentano un’anima di polietilene o cartone rivestita da un
filtro, e da un mandrino che consente la loro infissione ed
e è abbastanza grande
gran rispetto al nastro. La
zona disturbata è quindi notevole perciò si fa riferimento per essi ad un diametro equivalente dw,
funzione delle dimensioni vere e proprie del dreno, a e b:
Tecnologie esecutive e loro effetti
La realizzazione di un dreno provoca
provoca un disturbo nel terreno circostante; l’entità di tale disturbo
dipende dalla tecnologia esecutiva della posa in opera del dreno e dal tipo di terreno in cui viene
inserito.
L’installazione dei dreni può essere eseguita in diversi modi:
•
dreni infissi senza asportazione di materiale
•
dreni eseguiti con asportazione di materiale
In questo ultimo caso la perforazione è preferibilmente eseguita con jetting e meno frequentemente a
rotazione o senza rivestimento provvisorio.
Nel caso non si abbia l’asportazione di materiale, l’infissione del dreno avviene con lo spostamento di
un volume di terreno uguale a quello del dreno stesso; l’azione esercitata dall’utensile sulle pareti del
foro provoca un rimaneggiamento ed una distorsione del terreno (smear) che causano l’interruzione di
sottili strati orizzontali permeabili o altre vie di drenaggio orizzontale. Tale zona di terreno
rimaneggiato intorno al dreno provoca una locale riduzione della permeabilità orizzontale che, nei
riguardi della consolidazione, equivale alla riduzione del diametro del dreno stesso.
Se invece si ha asportazione di materiale, con riferimento alla perforazione con jetting, le pareti del
foro non sono a contatto con l’ugello di perforazione che ha un diametro minore di quello del foro. Tale
fatto elimina in pratica l’effetto smear tuttavia si ha comunque una riduzione della permeabilità
orizzontale, provocata da un sottile velo di fango che ricopre le pareti del foro formatosi durante la
perforazione. Si ha inoltre la diminuzione della permeabilità del materiale drenante che è
contaminato, durante la sua posa in opera, dalla presenza del fango.
Tra le varie tecnologie impiegate nella realizzazione di dreni verticali, l’infissione senza asportazione è
il metodo che causa il maggior disturbo sul terreno circostante; malgrado ciò i dreni infissi sono
frequentemente impiegati principalmente in relazione al basso costo e alla facilità di esecuzione.
Nella valutazione del comportamento reale dei dreni occorre quindi tenere conto di due effetti:
•
l’effetto smear
•
la resistenza al flusso verticale dell’acqua all’interno del dreno. Tale fenomeno è dipendente sia
dalla permeabilità del materiale drenante sia dalla lunghezza del dreno stesso; per tener conto
di ciò si adotta il parametro
12 4 6
- 3.24
13 53
Fig. 1.3.1.12 e 1.3.1.13: Simbologia e fattori di tempo Th al 50% ed al 80% delle consolidazioni
in funzione di n e per vari valori del parametro L
Il dimensionamento di un sistema di drenaggio può essere eseguito considerando che il tempo
necessario per il raggiungimento di un dato grado di consolidazione medio U può essere valutato con:
57
1
3 1
1
$
× >;57 /53 < − + ;53 /57 < @ >
:
892 1 − ;53 − 57 <
1−
4 4
Fig. 1.3.1.14: Diagrammi per il progetto di dreni verticali con
disposizioni a maglie triangolari (a) e quadrate (b). Gli
abachi permettono di valutare il diametro e l’interasse
di un sistema di drenaggio necessari per raggiungere
un dato grado di consolidazione in un tempo prefissato
Costi
Il costo dei dreni verticali è influenzato da numerosi fattori, bisogna inoltre considerare oltre al costo
in sé dei dreni e alla loro posa in opera anche il tempo necessario a raggiungere il grado di
consolidazione richiesto. Questo fattore dipende, oltre che dal tipo e dall’interasse dei dreni, dall’entità
del sovraccarico che ovviamente incide sul costo globale sia per la sua posa in opera che per la sua
rimozione.
Questo problema può essere quindi risolto in due modi. Il primo consiste nel fissare il limite di tempo
entro cui si vuole sia raggiunto il grado di consolidazione richiesto, quindi nel procedere con il calcolo
valutando, per ogni tipo di dreno, il costo per metro quadrato in funzione dell’interasse e del
sovraccarico necessario.
Il secondo metodo consiste nel fissare un certo grado di consolidazione e valutare per ogni tipo di dreno
il costo per metro quadrato per mese in funzione del tempo di consolidazione.
Teoria della consolidazione radiale
La teoria della consolidazione radiale considera gli effetti combinati della filtrazione verticale e di
quella radiale, trattati separatamente. La filtrazione verticale è analizzata secondo lo schema classico
della consolidazione monodimensionale di Terzaghi mentre quella radiale, secondo Barron, è derivata
dalla prima con l’unica differenza di considerare il regime di flusso in direzione orizzontale anziché
verticale.
La filtrazione radiale è descritta dal coefficiente di consolidazione radiale Ch dato da
2 A2
12
57
1
$
in cui kh e kv sono le permeabilità in direzione orizzontale e verticale; compaiono inoltre il fattore
tempo radiale Th e de, diametro equivalente, che rappresenta un parametro geometrico che dipende
dalla disposizione in pianta dei dreni:
•
per una disposizione a magli triangolare de è pari a 1,05 volte l’interasse dei dreni;
•
per una disposizione a maglia quadrata de vale invece 1,13 volte l’interasse.
Fig. 1.3.1.15: Disposizione dei dreni e condizioni al
contorno del moto di filtrazione
Fig. 1.3.1.16: Consolidazione radiale: valori assunti dal fattore tempo Th per diversi gradi di
consolidazione
Fig. 1.3.1.17: Andamento del fattore tempo Th in funzione del grado di consolidamento
Anche un altro parametro dev’essere tenuto in considerazione: il rapporto n fra diametro equivalente e
diametro del dreno dw. Con ugual grado di consolidazione, esso condiziona il fattore tempo radiale Th
pertanto con l’aumento del diametro del dreno si ha una consolidazione maggiore.
Fig. 1.3.1.18: Influenza del rapporto n sul grado di consolidazione medio
A parità di caratteristiche tecniche e di interasse medio la disposizione a maglia triangolare (a
quinconce) offre una resa migliore di quella quadrata infatti si ha un minor diametro equivalente,
anche se a parità di area coperta tale disposizione richiede un maggior numero di dreni e quindi un
maggior onere economico.
L’evoluzione della consolidazione può essere espressa dal valore medio della pressione neutrale, dato
da:
BC BC × BCD
BC
in cui BC e BCD sono le sovrapressioni neutrali medie dovute al flusso radiale e verticale e BC è la
sovrapressione neutrale media iniziale.
Nel caso di consolidazione per flusso verticale la dissipazione delle pressioni neutre è identica in ogni
punto di un qualunque piano orizzontale, il trasferimento delle tensioni applicate in pressioni effettive
avviene in modo identico in tutti i piani.
Con l’inserimento dei dreni nel terreno, al flusso verticale se ne aggiunge uno radiale: il grado di
consolidazione è uniforme per superfici cilindriche equidistanti dal dreno, e le sovrimpressioni si
dissipano più velocemente nei punti vicini ai dreni e più lentamente in quelli equidistanti da essi.
Il problema della consolidazione radiale è stato trattato da Barron, che ha assunto le stesse ipotesi di
Terzaghi riguardanti la consolidazione monodimensionale, ossia:
•
terreno omogeneo saturo;
•
permeabilità e compressibilità costanti durante il processo di consolidazione;
•
piccole deformazioni verticali;
•
carico applicato istantaneamente e costante durante il processo;
•
flusso orizzontale.
Se la struttura di carico è flessibile, il cedimento della superficie di carico non è uniforme, come invece
accade nel caso di struttura di carico rigida. In questa trattazione si è fatto riferimento alla soluzione
di uguali deformazioni, che risulta essere di più facile risoluzione ed applicazione.
L’equazione della consolidazione radiale in coordinate cilindriche è la seguente:
2 E
F B 1 FB
FB
H=
FG
G FG
F$
in cui con u si intende la sovrapressione.
A tale equazione Barron ha accoppiato le seguenti condizioni al contorno:
$ = 0 B = B ∀G.
$ ≠ 0 B = 0 G = G3 =
LM
. Egli ha in tal modo assunto che sulla superficie del dreno la
pressione neutrale si riporti subito alla condizione idrostatica; ha cioè ipotizzato che lungo il
dreno non ci siano perdite, che la sua capacità idraulica sia infinita (tutta l’acqua portata al
dreno se ne va immediatamente).
Facendo queste ipotesi il problema risulta quindi semplificato, in quanto ogni piano orizzontale si
comporta allo stesso modo: l’unica variabile geometrica importante è il raggio r.
Il risultato è espresso in termini del grado medio di consolidazione, che si ottiene integrando il grado di
consolidazione puntuale sull’area di drenaggio:
P
P
N = O ;G< = O 1 −
M
in cui:
M
B;G, $<
8AU
= 1 − exp 4−
6
B ;G<
V
TH = fattore tempo =
WX LP
de = diametro equivalente del dreno = 2re
dW = diametro del dreno = 2rW
n = parametro adimensionale =
LP
LM
F(n) = funzione che tiene conto dell’interasse dei dreni =
Y
Y Z
ln(n) [Y Z
\Y
≅ −0.75 + ln;>< formula approssimata
Questa teoria di Barron, la prima introdotta negli anni, non riesce tuttavia a stimare molto bene
l’andamento delle pressioni, e quindi dei cedimenti.
Sono state per tal motivo introdotte due correzioni da Hansbo nel 1981:
•
egli ha tenuto in considerazione l’effetto Smear (spalmatura), cioè che l’infissione del dreno fa sì
che i terreni argillosi si attacchino ad esso e vengano spalmati in profondità. La parte esterna
del tubo risulta quindi rimaneggiata.
Detti rS il raggio della zona rimaneggiata e KR la sua permeabilità, Hansbo ha imposto la
condizione di continuità del flusso in tale zona:
FB
a2 4 6
FG b
= a 4
FB
6
FG b
N, in cui però è cambiata l’espressione
In tal modo si è pervenuti ad una formulazione uguale di di F:
V 4>, ,
a2
a2
>
6 ≅ > c d − 0.75 +
ln ;<
a
!
a
Si hanno tuttavia incertezze legate ai valori di ! =
Lb
LM
e di
eX
ef
,
i quali devono pertanto essere
ipotizzati: il primo di solito varia tra 1.3 e 3, il secondo tra 1.5 e 15.
•
Hansbo ha poi trattato il caso di capacità idraulica del dreno non infinita, cioè quando l’acqua
che arriva ad esso non ce la fa tutta ad uscire. La portata del dreno per gradiente idraulico
unitario è espressa da g = hg × ag , se essa non è elevata si possono avere problemi di
intasamento. Per rispetto della continuità si deve avere che la variazione della portata del
dreno nel tratto dz coincida con la portata che arriva dal terreno al dreno. Tale condizione è
espressa dall’equazione
5iZ =
a3 FB
a2 FB
4 6 lG3 = 5i = 2lG3 5k ∙
4 6
j3 Fk
j3 FG M
e si aggiunge all’equazione della consolidazione.
N si presenta nella stessa forma del caso precedente, tuttavia
Il grado di consolidazione medio non è più costante con la profondità: gli strati più vicini alle estremità dei dreni, infatti, sono
drenati più rapidamente.
N;k< 1 − n 4−
8A2
6
V
Tenendo conto della capacità idraulica del dreno non infinita si ha quindi il cambiamento di F,
che diventa:
V 4>, k,
a2
a2
6 ≅ ln;>< − 0.75 +
lk;2 − k<
3
3
termine che tiene
conto della correzione
Se si vogliono considerare entrambe gli effetti correttivi, smear e capacità idraulica non infinita, basta
aggiungere nell’espressione di F dell’effetto smear l’addendo aggiuntivo della seconda modifica.
Valutazione delle condizioni del terreno
La tecnica del precarico richiede dettagliate prove in sito, tra cui prove penetrometriche (compreso il
piezocono), campionamenti e prove di laboratorio. Il terreno deve essere analizzato in maniera precisa,
un’attenzione particolare deve essere rivolta a:
stratificazione (presenza di microstrato permeabili);
condizioni di drenaggio (sopra e sotto lo strato di argilla interessato dalla consolidazione);
caratteristiche di consolidazione e permeabilità (in direzione verticale ed orizzontale);
caratteristiche di resistenza.
Talvolta, per valutare la fattibilità del precarico e dei dreni verticali, si preferisce eseguire prove con
rilevati in scala reale. Ciò evita incertezze provocate dal disturbo del terreno durante il
campionamento
e
permette
di
affrontare
direttamente
eventuali
problemi
che
si
hanno
nell’installazione dei dreni.
Durante il precarico di terreno molle è fondamentale monitorare il comportamento del rilevato per
prevenire rotture improvvise, riconoscere modifiche della velocità di consolidazione e determinare o
verificare i parametri di progetto. Il monitoraggio dell’opera consentirà inoltre di migliorare le
previsioni dei cedimenti e il rendimento di tale tecnica in interventi successivi. La strumentazione di
base di un rilevato su terreno con dreni verticali è costituita da piezometri, assestimetri superficiali,
assestimetri profondi ed inclinometri.
Fig. 1.3.1.19:
19: Strumenti di monitoraggio
Elettrosmosi
L’effetto principale dell’applicare un potenziale elettrico ad una massa di terreno saturo è causare il
flusso dell’acqua interstiziale verso il catodo (il polo negativo): per questo motivo l’elettrosmosi è
classificata come un metodo di modifica idraulica del terreno. Se si rimuove l’acqua accumulata al
catodo, il risultato finalee è un minore contenuto d’acqua, un conseguente aumento di resistenza e una
comprimibilità inferiore.
Dal momento che questo processo è equivalente alla consolidazione, può essere adottata la
corrispondente
teoria
per
prevedere
l’effetto
dell’elettrosmosi,
dell’elettrosmosi,
già
applicata
all’analisi
dell’addensamento di terreni a grana fine sottoposti ad un sovraccarico.
I processi elettrocinetici applicati ai sistemi acqua-terreno
acqua terreno consistono nel movimento relativo della fase
solida verso la fase liquida sotto l’influenza di un campo elettrico. I fenomeni elettrici di base nei
terreni comprendono l’elettrosmosi (o elettro-consolidazione),
elettro
il potenziale
iale di flusso, l’elettroforesi
(chiamata anche cataforesi), effetti elettrici nelle zone di contatto dei terreni e l’elettro-stabilizzazione
l’elettro
(o elettro-indurimento).
Cenni storici ed esecuzione
Reuss (1809, in Russia) fu il primo ad osservare il flusso d’acqua nei terreni come conseguenza della
circolazione di corrente elettrica in essi. In analogia a fenomeni simili già noti, associati al flusso
d’acqua attraverso capillari e membrane, questo processo
process fu chiamato “elettrosmosi
“elettro
nei terreni”.
Questo metodo di consolidamento dei terreni granulari fini coesivi ebbe i suoi principali e più
significativi esempi di realizzazione all’inizio degli anni Trenta nel periodo bellico della seconda guerra
mondiale. Si ebbe così l’esperienza, citata in letteratura, del consolidamento di una scarpata di una
trincea lungo una ferrovia a Salzgitter in Germania (1939) e per la costruzione di ricoveri per
sottomarini U-Boote
Boote a Trondhjem in Norvegia (1940).
La teoria e la pratica di questo sistema tecnologico, dopo gli studi e le applicazioni del periodo bellico
fatte dalla Germania, venne studiata dal geotecnico americano Casagrande, il quale lasciò numerosi
scritti scientifici sull’argomento.
Reuss condusse un esperimento che consisteva nel spingere due tubi di vetro, con all’interno degli
elettrodi collegati con un generatore di corrente continua, in un terreno argilloso.
In seguito all’applicazione di un potenziale elettrico, l’acqua fluiva in direzione della corrente
convenzionale verso il catodo (elettrodo negativo), provocando così l’ innalzamento del livello d’acqua
nel tubo di vetro contenente tale polo, come rappresentato nella fig. 1.3.2.1:
Fig. 1.3.2.1: Rappresentazione schematica dell’esperimento di
Reuss
La spiegazione di questo fenomeno risiede nella natura elettrochimica delle superfici delle particelle di
terreno e dell’acqua interstiziale; in accordo alla teoria delle soluzioni colloidali, una particella di
terreno (in particolar modo d’argilla) sospesa in acqua presenta una superficie caricata negativamente.
Essa è circondata da un cosiddetto doppio strato diffuso di ioni positivi, come Na+, K+ o Ca++. Il primo
strato di ioni positivi è attratto più fortemente dalla superficie, all’aumentare della distanza dalla
particella la forza attrattiva diminuisce, e ciò dà luogo a un’atmosfera ionica diffusa (il secondo strato)
in cui gli ioni sono relativamente liberi di muoversi.
Fig. 1.3.2.2: Rappresentazione schematica del doppio strato
diffuso
Oltre il secondo strato, la concentrazione di ioni è pari a quella dell’acqua interstiziale “libera”. Data la
loro natura polare, le molecole d’acqua sono orientate attorno ai cationi nel modo illustrato nella fig.
1.3.2.3:
Fig. 1.3.2.3: Rappresentazione del catione idratato
In presenza d’acqua il raggio di uno ione può di conseguenza aumentare più volte rispetto alla sua
dimensione originaria, non idratata.
L’applicazione di un potenziale elettrico a terreni saturi provoca il movimento degli ioni positivi
dell’acqua verso l’elettrodo negativo (il catodo) ed essi trascinano con sé anche le parti di acqua senza
carica elettrica. Questo flusso si produce principalmente nel doppio strato diffuso, chiamato anche
“pellicola di umidità del terreno” in cui dominano i cationi: tanto più estesa è la superficie della
particella di terreno tanto più accentuato è questo movimento, ed altri fattori determinanti sono
l’intensità del potenziale elettrico applicato e la viscosità del fluido interstiziale.
Questo flusso elettrosmotico, che si crea con la circolazione di corrente elettrica in un terreno argilloso
saturo, è costante in ogni suo punto lungo una sezione trasversale di un condotto tracciata per
evidenziarne il profilo. Si può paragonare il profilo di velocità dell’acqua dovuto ad elettrosmosi nel
terreno a quello che si verifica in un fluido non newtoniano soggetto a moto laminare:
Fig. 1.3.2.4: Profilo di flusso di un fluido non newtoniano
entro un condotto cilindrico, mosso da un flusso
laminare
Il flusso della pellicola d’umidità del terreno può inoltre essere provocato da differenze di temperatura,
anche in terreni non saturi, e questo processo è chiamato termo-osmosi.
L’elettrosmosi è una tecnologia impiegata principalmente per il drenaggio dei terreni poco permeabili
saturi, quali sono i terreni coesivi, e spesso viene impiegata in alternativa come una delle ultime
risorse, al congelamento del terreno, con la differenza che con la elettrosmosi se ne compie un
consolidamento, a volte solo temporaneo ma sempre per un discreto periodo, mentre con il
congelamento questo risultato si realizza solo per il tempo della durata di applicazione del freddo.
Il terreno trattato con la elettrosmosi non cambia le sue caratteristiche strutturali in maniera
permanente e l’effetto temporale del trattamento ha un valore temporale ridotto se non si applicano
contemporaneamente altre tecnologie, quali le iniezioni con miscele consolidanti di soluzioni pure.
Esiste una tecnica operativa di questo metodo che permette di operare variazioni delle caratteristiche
strutturali del terreno già in sede di trattamento elettrosmotico: in quel caso si realizzano già
consolidamenti sotto fondali permanenti.
Concetti teorici e misure di laboratorio dell’elettrosmosi
L’equazione differenziale che descrive il processo di consolidazione e il conseguente drenaggio lineare
è:
FB
FB
F$
Fn
dove:
u = pressione interstiziale [kPa];
t = tempo [s];
x = coordinata [m];
Cv = coefficiente di consolidazione [m2/s].
Secondo quanto introdotto da Schaad e Haefeli nel 1947, le velocità di flusso prodotte dal gradiente del
potenziale idraulico ed elettrico seguono l’equazione
o dove:
12 FB
Fp
17
j3 Fn
Fn
v = velocità di flusso [m/s];
kh = coefficiente di permeabilità orizzontale [m/s];
gw = unità di peso dell’acqua [kN/m3];
E = potenziale elettrico [V];
ke = coefficiente di permeabilità elettroosmotica [m2/(s—V)].
Il coefficiente ke viene definito come la velocità di flusso dell’acqua provocato dalla differenza di
potenziale di 1 V/cm. Questo coefficiente non ha nessuna relazione con la dimensione dei granuli di
terreno, né con quelle delle canalizzazioni che vi sono tra granulo e granulo; per la stragrande
maggioranza dei tipi di terreno esso è compreso tra 0.4 e 0.6 ∙ 10\ cm/s.
La legge di Ohm è scritta come
−q =
Fp
rFn
dove i è la densità di corrente elettrica [A/m2] e ρ è la resistività del terreno [Ω·m]. La condizione che il
campo elettrico vari linearmente è espressa dall’equazione:
Fp
=0
Fn Condizioni al contorno
La figura 1.3.2.5 schematizza le quattro condizioni al contorno di base e i corrispondenti stati finali
delle pressioni interstiziali per un gradiente potenziale lineare. Il caso a è possibile in sito ma nella
maggior parte delle applicazioni pratiche si hanno le condizioni corrispondenti al caso b, in cui si
ottiene il massimo prosciugamento all’anodo e l’acqua che si accumula al catodo viene drenata via. I
casi c e d sono riprodotti soprattutto in laboratorio, tuttavia il caso c corrisponde alla situazione in cui
è mantenuto un livello di falda costante.
Fig. 1.3.2.5: Stati finali delle pressioni interstiziali per diverse condizioni
al contorno
Le massime pressioni interstiziali che si ottengono nei diversi casi sono:
Caso a: Anodo e catodo chiusi (non si ha né drenaggio né accesso d’acqua). La distribuzione delle
pressioni interstiziali, nella condizione finale (t = ∞) ed in seguito all’applicazione di una differenza di
potenziale E0, è lineare e definita da
Bs 0.5
17
pj
12 3
Caso b: Anodo chiuso e catodo aperto. La pressione interstiziale all’anodo è data da:
Bt 17
pj
12 3
Poiché il catodo è aperto, drenato, la pressione interstiziale in esso è nulla.
Esempio d’applicazione
Se si interviene con l’elettrosmosi su terreni argillosi se ne provoca il consolidamento, con conseguente
aumento della resistenza a compressione. Procedendo con il trattamento però si verificano in
prossimità degli anodi screpolature e fessurazioni, caratteristiche dell’essiccamento dei terreni
argillosi.
Se si tratta una scarpata di materiale limoso saturo con elettrosmosi se ne può ottenere la
stabilizzazione inserendo l’anodo sul lato a valle ed il catodo più a monte (fig. 1.3.2.6); si richiamerà
così l’acqua sul catodo da cui poi verrà estratta, dando praticamente una maggior coesione al terreno
limoso della scarpata.
Fig. 1.3.2.6: Elettrosmosi applicata ad una scarpata per la sua stabilizzazione
Pressioni interstiziali in regime transitorio
Soluzione di Esrig
Come soluzione dell’equazione
FB
FB
= F$
Fn
con condizioni al contorno corrispondenti al caso b (anodo chiuso e catodo aperto), Esrig (1968) ha
fornito la seguente espressione per il valore della pressione interstiziale alla distanza x dal catodo e al
tempo t:
B;n, A< = −
dove:
Y |
v ;A < = Y ;−1<Y
xln {
c
d
sin
;
x
-
17
n 2
p j3 u − v;A<w
12
- l
1
x> ;
2
> = 0, 1, 2, … ;
A=
9 $
-
In figura 1.3.2.7 sono riportate le isocrone di pressione interstiziale, corrispondenti a diversi fattori di
tempo T, in funzione della distanza dal catodo.
Fig. 1.3.2.7: Isocrone di pressione interstiziale (soluzione di Esrig)
Il grado medio di consolidazione alla distanza L può essere calcolato con la formula seguente:
Y |
;−1<Y {
4
N
=1− [ l
x[
Y Il suo andamento è riportato nella figura sottostante:
Fig. 1.3.2.8: Grado medio di consolidazione (soluzione di Esrig)
Modifica di Johnston e Butterfield (1977) e di Wan e Mitchell (1976)
La soluzione precedente delle pressioni interstiziali durante la consolidazione elettrosmotica è valida
nel caso di gradiente iniziale e parametri del terreno (ad esempio permeabilità e resistività idrauliche
ed elettrosmotiche) costanti.
Johnston e Butterfield hanno modificato la formulazione precedentemente descritta in maniera che
prevedesse con più precisione i loro risultati sperimentali. Ciò si ottenne cambiando le condizioni al
contorno, cioè assumendo che il gradiente iniziale jV/jx nel contorno chiuso fosse infinito e diminuisse
gradualmente fino ad un valore uniforme al termine della consolidazione. Le espressioni
corrispondenti alle equazioni di Esrig sono:
B;n, A< dove:
17
n 2
p j3 u v′;A<w
12
- l
Y |
;−1<Y
>ln {
d
v′;A< = sin c
;
>
Y Z
> = 1, 2, 3, … ;
Y |
8
1 Y{
N=1−
l
>
Y Z
Wan e Mitchell (1976) hanno invece proposto una soluzione che tenesse conto di un diagramma
iniziale delle pressioni di tipo triangolare, nel caso in cui si invertisse la polarità, dopo aver consolidato
fino ad un certo grado di consolidazione. Essi hanno proposto anche una soluzione accoppiata
elettrosmosi – carico in superficie.
Aspetti pratici dell’elettrosmosi
Il coefficiente di permeabilità elettroosmotica è relativamente costante a prescindere dal tipo di
terreno e, analizzando i valori raccolti da Mitchell (1976) e altri, si può osservare come esso sia
generalmente compreso nell’intervallo 10-4 ÷ 10-3 mm2/(s•V). Questo comporta un valore medio tipico di
17 = 5 × 10[
xx xx/
∙ € €/xx
La permeabilità idraulica varia considerevolmente di più con il tipo di terreno e con la consistenza
rispetto a ke. Minore è la permeabilità idraulica, maggiore sarà l’effetto elettrosmotico sulle pressioni
interstiziali; più impermeabile è il terreno, tuttavia, più tempo le pressioni interstiziali impiegheranno
a svilupparsi.
La resistività ρ del terreno varia normalmente da 5 a 500 Ώm. Cambia durante il processo
elettrosmotico e per terreni trattati arriva a valori bassi; essa, infatti, è controllata dalla quantità di
ioni disciolti in acqua.
Resistenza al taglio e compressibilità
Dai concetti base della meccanica dei terreni è noto che, quando un’argilla consolida e il suo contenuto
d’acqua diminuisce, essa guadagna resistenza. L’elettrosmosi può produrre un maggiore aumento di
resistenza della consolidazione statica, a parità di variazione del contenuto d’acqua. La fig. 1.3.2.9
mostra i risultati ottenuti da Jaecklin (1968), ossia che un provino consolidato staticamente ha minor
resistenza di uno consolidato per mezzo dell’elettrosmosi, a parità di contenuto d’acqua.
Fig. 1.3.2.9: Contenuto d’acqua relativo e corrispondente resistenza al taglio
relativa in seguito a consolidazione statica o elettrosmosi
I risultati di questa prova sono insoliti in quanto il massimo aumento di resistenza si è ottenuto al
catodo e non piuttosto all’anodo; i motivi di tutto ciò sono da ricercarsi nelle condizioni al contorno
(livello d’acqua mantenuto costante all’anodo e al catodo), nel materiale costituente gli elettrodi
(alluminio), nell’aggiunta di CaCl2 all’anodo, e nel tipo di terreno.
Aspetti pratici dell’elettrosmosi
Per realizzare un elettrodo è sufficiente un elemento metallico: fascette o barre di alluminio, tubi per il
gas in acciaio, punte da pozzi, profilati in acciaio di sezione generica. Importante è avere al catodo un
elemento in grado di raccogliere e permettere l’allontanamento dell’acqua. Secondo Johnston, anche se
il catodo è una barra piena, l’eccesso di pressione neutrale e il processo di elettrolisi creano l’uscita
dell’acqua dopo poco tempo.
Il metodo maggiormente utilizzato consiste nell’infiggere nel terreno elettrodi di Al secondo un
reticolato ed a profondità appropriate, fig. 1.3.2.10:
Fig. 1.3.2.10: Schema di un impianto di trattamento elettrosmotico
con elettrodi di Al
L’utilizzo degli elettrodi di alluminio ha una doppia finalità:
•
l’alluminio può sostituirsi in maniera più stabile, per ampi intervalli di pH, ad altri cationi
facilmente intercambiabili (Na+, K+, Ca2+) localizzati in siti attivi di minerali argillosi di tipo
smectite-vermiculite;
•
essendo un elemento anfotero, permette l’inversione anodo-catodo e quindi la direzione del
flusso durante il trattamento.
E’ comunque necessario realizzare 3-4 pozzetti di drenaggio funzionanti da catodi, del diametro di
circa 500 mm, per il richiamo dell’acqua mobilizzata per il flusso elettrosmotico.
Quest’ultima può essere estratta per pompaggio ed essere utilizzata per mantenere il terreno ad un
grado convenzionale di umidità necessario per non interrompere il trattamento.
La durata del trattamento può variare da 5 a 8 mesi in relazione al tipo di argilla, alla potenza della
massa di terreno da trattare, alla quantità d’acqua: dopo circa due mesi dall’inizio del trattamento si
possono operare le inversioni di polarità. Il periodo estivo risulta sfavorevole per l’esecuzione di questo
metodo, causa la mancanza di sufficiente circolazione di acqua che potrebbe portare ad interruzioni
delle azioni elettrochimiche. Si consiglia di svolgere un’indagine geofisica preliminare per definire
l’andamento del substrato resistente e la potenza della massa di terreno da stabilizzare.
Le applicazioni tipiche dell’elettrosmosi sono:
•
incremento della resistenza al taglio prima di uno scavo;
•
consolidazione di terreni molli;
•
aumento della resistenza al taglio lungo la superficie laterale di pali in acciaio (il palo è anodo);
•
se il palo è catodo, diminuzione della resistenza per attrito laterale per i pali, per facilitare
l’infissione o per diminuire fenomeni di attrito negativo;
•
stabilizzazione di versanti, soprattutto elettrochimica.
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