PROGETTO COOPYRIGHT JUNIOR
ISTITUTO COMPRENSIVO DI SAN GIORGIO DI PIANO
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO “C.COLOMBO”
CLASSE 3 C
“LA COOP RENO”
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INDICE
Introduzione
pag. 3
Capitolo I
pag. 3
La storia della cooperazione
Capitolo II
pag. 15
Le prime forme di cooperazione a San Giorgio di Piano
Capitolo III
pag. 16
La storia della Coop Reno
Capitolo IV
pag. 21
I prodotti Coop
Capitolo V
pag.27
Conclusioni
Bibliografia
pag. 30
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INTRODUZIONE
LA COOP RENO
Siamo la classe III C della scuola secondaria di I grado “C. Colombo” dell’Istituto Comprensivo di
San Giorgio di Piano, in provincia di Bologna. Alla fine di novembre 2013 la nostra insegnante di
lettere ci ha presentato il progetto Coopyright Junior per iniziare insieme un percorso alla scoperta
della cooperazione.
Nel mese di dicembre abbiamo svolto i primi incontri in classe con gli esperti e il nostro lavoro si è
sviluppato fino ad arrivare al mese di aprile, diventando parte integrante del nostro anno scolastico.
Abbiamo scelto come oggetto della nostra ricerca la Coop Reno perché è una realtà radicata nel
nostro territorio e perché ha festeggiato nell’ottobre 2013 i venticinque anni dalla sua costituzione.
Oggetto della nostra ricerca è stato anche il percorso che ha portato alla costituzione della Coop
Reno e siamo partiti dal passato per capire meglio la realtà oggi; ripercorriamo insieme la storia che
abbiamo ricostruito.
CAPITOLO I
LA STORIA DELLA COOPERAZIONE
I PIONIERI DI ROCHDALE e le prime cooperative
È il 1833 l'anno che vede l'apertura di un primo negozio cooperativo a Rochdale, in Inghilterra, che
però fallirà nel 1835; l'esperienza tratta da questo fallimento consentirà ad un gruppo di lavoratori
tessili della stessa città (i Probi Pionieri) di riprendere in seguito l'iniziativa, con più successo
rispetto alle altre tentate fino a quel momento. E così il 21 dicembre del 1844 nasce la prima
cooperativa di consumo che riuscì a resistere alla costante sfida dell'economia di mercato. La
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ragione strutturale dei fallimenti avuti prima di Rochdale va ricercata nel fatto che, in precedenza, le
cooperative dei consumatori vendevano i generi a prezzo di costo, ma ciò significava non avere
alcuna misura della propria efficienza, né alcuno spazio per investire, innovare o, in qualche modo,
ampliare la propria attività, così si trovavano costrette a chiudere.
Da Rochdale in poi, invece, le cooperative iniziarono a vendere a prezzo di mercato, al prezzo
migliore esistente sul mercato, a prezzi non gravati da rendite speculative e monopolistiche. A fine
anno, l'avanzo di gestione veniva in parte accantonato per gli investimenti, in parte per vantaggi
collettivi e quel che rimaneva veniva distribuito fra i soci, non in proporzione alle quote possedute,
come avviene, di fatto, nelle società fondate sul capitale, ma in base agli acquisti messi in atto da
ciascun socio presso la cooperativa (il ristorno). Il concetto, che sta a monte di questo sistema,
consiste nel fornire al socio una restituzione di ciò che ha pagato in più rispetto al puro costo del
prodotto, vale a dire un premio alla fedeltà dimostrata nei confronti della cooperativa. Da questo
momento in poi iniziarono a diffondersi numerose iniziative in varie direzioni: il primo magazzino
sociale all'ingrosso, le case cooperative, i giornali cooperativi, le società di previdenza e assistenza.
L'aspetto fondamentale dell'importanza rivestita dai Probi Pionieri restò, comunque, il loro principio
ispiratore: “ lavorare non solo per sé, ma anche per gli altri, risparmiare, guadagnare e accumulare i
profitti non per il soddisfacimento dei propri bisogni immediati, ma per quelli della comunità
futura“.
Vecchia fabbrica agli inizi della rivoluzione industriale
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Cooperazione e cambiamento
La nascita della cooperazione ( intesa come sistema di imprese cooperative ) non fu solo la rivolta
del piccolo contadino o del lavoratore sfruttato contro l’avidità dell’usuraio o la prepotenza del
padrone, ma fu anche, ed è ancora, una risposta ai bisogni delle persone in modo efficiente e
secondo metodi imprenditoriali.
Nonostante la povertà dilagante all’inizio della rivoluzione industriale e la grave crisi agricola, la
cooperazione riuscì a dare subito risposte a bisogni più elevati di quelli materiali: essa fu un sistema
avanzato di cambiamento e di miglioramento.
Dunque la cooperazione fu vista dai padri fondatori come risposta globale ai bisogni dell’uomo.
Il mettersi insieme con regole, diritti e doveri sviluppò enormemente la socialità delle persone. Le
prime cooperative furono vere e proprie fucine per ritrovare fiducia e stima in se stessi e negli altri e
per ricostruire il senso dell’esistenza di un mondo che stava cambiando con estrema rapidità. La
cooperazione fu dunque il catalizzatore di risorse che rischiavano di frammentarsi e disperdersi
irreparabilmente e fu una delle risposte più efficaci di questo grande cambiamento che sconvolse il
mondo e i rapporti di produzione e di scambio nella seconda metà del 1800. Essa fu un formidabile
strumento di democrazia e di convivenza sociale per ritrovare i legami tra l’uomo e il suo territorio,
tra la gente e il proprio ambiente; antidoto allo sradicamento che le ondate migratorie avevano
introdotto anche nei quieti borghi rurali lacerando famiglie e comunità.
La cooperazione nell'Italia del XIX secolo tra crisi e sviluppo.
I vari governi, fino alla metà dell'Ottocento, non hanno mai appoggiato particolarmente i progetti
cooperativi ed anzi a volte emersero atteggiamenti perfino avversi.
Le prime esperienze cooperative ebbero inizio con un decennio di ritardo rispetto all'Inghilterra e
trovarono sviluppo soprattutto nel nord, dove operavano le Società Operaie e le Società di Mutuo
Soccorso; nel Regno di Sardegna, dopo la promulgazione dello Statuto Albertino, la Società degli
Operai di Torino apre la prima cooperativa italiana, il Magazzino di Previdenza (1854), per
arrestare gli effetti di una grave carestia agricola ed il conseguente rincaro dei prezzi.
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Due anni dopo verrà costituita la prima cooperativa italiana di produzione e lavoro, l'Associazione
artistico vetraria di Altare (Savona).
Promosse da liberali e repubblicani mazziniani, le cooperative trovano vasto consenso e
arricchiscono il movimento politico e sindacale di emancipazione dei lavoratori. La cooperazione
viene considerata strumento di inserimento non conflittuale delle classi subalterne nello sviluppo
economico, quindi utile all'intera organizzazione sociale. Altre iniziative interessanti nacquero a
Firenze grazie all'attività di alcuni nobili e borghesi illuminati, nel 1863, con la Società Cooperativa
di Consumo per il Popolo e ancora, due anni dopo, a Como, dove nacque la prima cooperativa
italiana con uno statuto modellato sui principi di Rochdale, redatto da Francesco Viganò, che ebbe
la possibilità di girare l'Europa e conoscere le realtà già avviate negli altri paesi.
Da quel momento il processo fu inarrestabile, tanto che alla fine dell'anno 1862 si potevano contare
nel Regno d'Italia ben 443 società di mutuo soccorso delle quali 209 costituite tra il 1860 e il 1862.
La seconda metà del XIX secolo fu contraddistinta da uno sviluppo entusiastico che consentì di
giungere alle prime cooperative di consumo , alla prima banca cooperativa a Lodi e, soprattutto, al
primo congresso dei cooperatori italiani a Milano nel 1886 che sanciva la nascita della Federazione
delle società cooperative italiane, denominata dal 1893 Lega Nazionale delle Cooperative.
L'importanza e lo scopo della Lega è da ricercare nella capacità che, attraverso essa, ebbero le
diverse imprese iscritte di far sentire la propria voce, le proprie ragioni e i loro interessi comuni in
ambito nazionale, anche se i Governi conservatori di fine Ottocento si dimostrarono sospettosi verso
qualsiasi esperienza che comportasse un ampliamento della democrazia.
Nel 1890 l'Italia settentrionale contava l'87% delle sedi cooperative dell'intero paese, l’Italia
centrale il 14% e appena il 5,3% il Sud e le isole.
La neutralità dello stato nelle controversie su questioni economiche tra
operai ed imprenditori si affermò però ben presto con la vittoria in
Parlamento del partito liberal – democratico di Giovanni Giolitti.
Di certo il suo Governo portò ad avviare una rigogliosa esperienza
cooperativa in Italia: la legislazione e l'atteggiamento assunto dal
Governo Giolitti permisero una notevole crescita delle retribuzioni dei
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lavoratori, che finirono per disporre delle risorse necessarie per dare vita ad iniziative di
cooperazione, tanto che, dal 1900 al 1921, il numero di cooperative esistenti sul nostro territorio
passò da 2000 a 21500.
Oltre a tale ispirazione di tipo laico – liberale, in Italia esistevano altre due culture, che ispirarono il
cooperativismo in maniera differente, a volte creando delle separazioni all'interno del movimento:
quella cattolica, nata a cavallo tra Ottocento e Novecento in Trentino (allora parte dell'Impero
Austro-Ungarico) per opera di don Lorenzo Guetti, ove mise solide radici soprattutto nel campo
delle cooperativo di credito ed in quelle di consumo, ma che si diffuse in piccola parte anche a sud
del paese, e prevalentemente attecchì su artigiani e contadini proprietari, e poi quella socialista, che
fu attiva su diversi settori, ma in particolare su quello del consumo.
La
prima
Latteria
Cooperativa
d'Italia
a Forno di Canale
La cooperazione nel periodo bellico e il rilancio nel primo dopoguerra
Il primo conflitto mondiale ebbe chiaramente riflessi negativi nel settore cooperativo osteggiato
dall’aumento dei costi e dalla stasi dei beni di consumo.
Allo scoppio della Grande Guerra in Italia si contavano 7429 cooperative con un milione e 800 mila
soci ( di queste 2408 appartengono al settore di consumo, 3022 alla produzione e lavoro, 1143 al
settore agricolo, 105 alle assicurazioni ). Ma all’indomani della vittoria sul fronte alpino, tra il 1919
ed il 1920, nel nostro paese si assistette ad un vero boom cooperativo, stimolato in parte dalla forte
disoccupazione e dall’aumento sfrenato dei prezzi.
Nel 1921 le cooperative erano 25.000 e contavano oltre due milioni di soci.
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Superato il momento critico fra le due guerre, lo slancio cooperativo riprese nuovo vigore e
cominciò una crescita sempre più soddisfacente, sia per ciò che riguarda la diffusione del fenomeno,
sia per quanto concerne la definizione dei valori etici e morali sui quali le esperienze dovevano
basarsi.
Cooperazione e fascismo
Fra il 1919 e il 1924, in un periodo di grande confusione e di travaglio per una Nazione delusa ed
allo stremo, lacerata al suo interno da violenze e ritorsioni, il Fascismo, allo scopo di arrestare
l’avanzata delle forze socialiste e cattoliche, colpì duramente la cooperazione.
Il fascismo, nell'applicare il suo progetto di cancellare tutte le altre culture politiche a favore del
regime, cercò d'integrare la realtà della cooperazione all'interno del sistema che aveva creato:
furono attivati controlli e scoraggiati tutti i tentativi che sembravano volti ad operare in piena
democrazia, e tale scelta risultò deleteria per il cooperativismo, che, in alcuni momenti e in alcuni
luoghi, subì persino atteggiamenti violenti allo scopo di essere ridimensionato. Il fascismo impose
l'adesione di tutte le cooperative all'Ente Nazionale Cooperative, ingessando in tal modo la vita
sociale e democratica delle aziende e impedendo la libertà d'iniziativa economica, e, pur
riconoscendo nel cooperativismo un opportuno mezzo di risanamento economico per il paese,
indirizzò verso le cooperative aggressioni squadristiche, inserimenti di soggetti appartenenti allo
stato nelle assemblee, tagli finanziari lì dove la violenza avrebbe creato contraccolpi negativi e ogni
tipo d'azione volta a creare disordini e tumulti, in particolare durante le assemblee.
Solo nel 1923 il primo governo Mussolini diede il via ad un processo di normalizzazione che avviò
l’opera di revisione dei problemi cooperativi da parte del partito nazionale fascista. Dal 1925 al
1927 il Regime sciolse la Confederazione ed intraprese una radicale riorganizzazione dei settori
cooperativi: fu creato l’Ente Nazionale Fascista per la cooperazione con sede a Roma e le
cooperative furono inquadrate nell’ordinamento corporativo.
Nei giorni che seguirono l’8 settembre 1943 il Fascismo provò a fare leva anche sulla cooperazione
attraverso il Manifesto di Verona del novembre dello stesso anno. Tuttavia le sorti dell’Italia
stavano per cambiare, e le forza antifasciste, che si preparavano a vincere l’ultimo atto di una
cruenta guerra civile, posero le basi per la ricostruzione di cooperative libere e democratiche, alle
quali venivano affidati ruoli e responsabilità per un’Italia democratica.
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Il secondo dopoguerra: il movimento cooperativo dalla guerra fredda al
miracolo italiano.
Alcuni segnali forti si avvertirono già con l’arrivo sul suolo italiano delle truppe alleate: in
occasione del centenario dei Probi Pionieri di Rochdale, nel novembre del 1944, a Roma si vivono
festeggiamenti di cui tutti i giornali danno vasta eco; il 15 maggio 1945 un gruppo di cooperatori
cattolici ricostituisce la Confederazione Cooperativa Italiana; alcuni mesi più tardi la Lega
Nazionale delle Cooperative e mutue venne ricostituita.
Ma, nel clima arroventato del dopoguerra, poiché tra i socialisti
predominavano atteggiamenti rivoluzionari e tra i cattolici
invece quelli più conservatori, si venne a una drastica e nociva
separazione: le cooperative d'ispirazione cattolica si scissero
dalla
Lega
e
si
aggregarono
per
loro
conto
nella
Confederazione Cooperativa Italiana. Più recentemente, e sin
dai primi anni novanta, il movimento cooperativo ha avvertito
l'esigenza di dotarsi di una più precisa ridefinizione delle proprie caratteristiche distintive. Questa in
definitiva la nuova problematica del sistema cooperativo (italiano ed internazionale) da cui deriva
l'impegno della Lega delle Cooperative e delle altre Centrali cooperative (e di conseguenza quello
dell'ACI, Alleanza Cooperativa Internazionale) nel disegnare un preciso quadro normativo che sia
punto di riferimento morale dell'intero movimento e valga a rendere riconoscibile la qualità
dell'impresa cooperativa rispetto agli altri modelli d'impresa.
Il valore sociale della cooperazione, del resto, ha trovato riconoscimento nella Costituzione
Repubblicana, nella quale risulta fondamentale la tutela dei diritti sociali e il ruolo di rilievo delle
classi lavoratrici nella vita politica e sociale della nazione. In questo senso l'articolo 1 recita che “
L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro ”, ed in questo contesto si inseriscono il riconoscimento
del valore sociale della cooperazione e il dovere da parte dello stato di promuoverne e favorirne
l'incremento, assicurandone il carattere e la finalità; come espresso nell'articolo 45: "La Repubblica
riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione
privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli
opportuni controlli, il carattere e le finalità". Ma il significato della cooperazione non ha solo un
fondamento di carattere sociale, bensì rappresenta una realtà fondamentale per l'economia italiana:
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il modello cooperativo rivela la sua efficacia sia in grandi aziende (leader nei settori della
distribuzione, delle costruzioni, assicurativo/finanziario e agro – alimentare) che in piccole imprese,
diffuse su tutto il territorio nazionale e operanti nei mercati più disparati (dalla pesca all'agricoltura,
dal turismo all'editoria, dallo spettacolo ai servizi sociali e sanitari, dal terziario più avanzato al
manifatturiero innovativo).
Si arrivò così alla legge Basevi, approvata il 14 settembre
1947, contenente “Provvedimenti per la cooperazione”, che
sanciva sia i principi solidaristici e democratici cui dovevano
ispirarsi le società cooperative, sia le clausole che avrebbero
dovuto certificarne il rispetto del requisito della mutualità
sancito dalla Costituzione.
La guerra fredda e la successiva divisione del mondo in due blocchi contrapposti smorzarono quasi
istantaneamente le illusioni di un rinnovamento sociale. Al governo,
De Gasperi traghettava
l’Italia, ancora lacerata e sconvolta dai disordini di piazza, verso una vita normale e democratica
fondata sul diritto al lavoro e al benessere.
Non furono anni facili nemmeno per il movimento cooperativo, spesso al centro di discriminazioni
da parte dello stesso governo e vittima di un vero e proprio ostracismo. Il tentativo di individuare
una via di riscossa passò attraverso la Carta rivendicativa della cooperazioni (16 dicembre 1953)
che rivendicava:
 Restituzione del maltolto
 Cessazioni delle gestioni commissariali
 Statuto definitivo della cooperazione
 Perequazione finanziaria e tributaria
 Abolizione dell’imposta di fabbricazione dello zucchero
 Applicazione integrale del testo unico sull’edilizia popolare.
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La crisi degli anni Cinquanta ed i ripensamenti sulle tematiche dell’economia conclusero in
definitiva la fase storica del cooperativismo, favorendo l’affermazione dei grandi consorzi nazionali
Nacque nel 1962 a Bologna il Consorzio Nazionale Dettaglianti (Conad) al fine di organizzare in
comune i rifornimenti e gli acquisti di generi alimentari, bevande e beni di consumo; e, sempre a
Bologna l’anno successivo si attivò l’UNIPOL.
I SUPERMERCATI
E’ nel giugno del 1956 che in Italia si torna a parlare di supermercati, quando, in occasione di un
congresso internazionale sulla distribuzione alimentare, il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati
Uniti allestì dimostrativamente a Roma, all’Eur, un supermercato di oltre mille metri quadrati di
superficie, il “Supermarkets-U.S.A.”. Il supermercato disponeva delle attrezzature più moderne, ed
esponeva sui scaffali ordinati oltre 2.550 articoli offerti gratuitamente, insieme alle attrezzature, dal
cinquecento aziende americane; per mostrarne il funzionamento, venti commesse giravano fra i
reparti con i carrelli per poi recarsi alle casse. In tredici giorni di apertura esso venne visitato da
oltre 450.000 persone, oltre a 19 gruppi di operatori specializzati (commercianti all’ingrosso e al
dettaglio, esperti di marketing, studiosi di economia, giornalisti del settore), e sollevò un diffuso
interesse fra i mass media. L’evento contribuì non poco a diffondere nel paese l’idea delle
potenzialità insite nel nuovo sistema. Alla chiusura dell’esposizione, un gruppi di imprenditori ritirò
tutte le attrezzature e fondò una società, la “Supermercato S.p.a., con sede a Roma. L’inaugurazione
del primo punto vendita ebbe un ‘ottima accoglienza, anche perché le merci esposte erano in buona
parte prodotti italiani, a cui si aggiungevano alcune specialità d’importazione e pochi prodotti
congelati data anche dalla scarsa diffusione di frigoriferi in zona.
Il 27 novembre 1957 nasce il primo supermarket in Italia: corre l'anno della CEE, inaugurata a
Roma, della Cinquecento, piccolo gioiello della Fiat, e di Carosello, uno spettacolo nello spettacolo.
Il Paese è nell'anticamera del boom, che scoppierà ufficialmente nel '58. Si consuma di più, si
guadagna di più, ci si diverte di più, si rischia di più. La ruota gira veloce e offre la fortuna a chi la
sa afferrare. Viene fuori l'Italia piccolo-borghese, che si batte per ogni pezzo di vita: sarà lei una
delle colonne portanti del boom. Il 27 novembre, a Milano, in una ex officina di viale Regina
Giovanna, viene aperto il primo supermercato italiano, una realtà e un simbolo del "nuovo".
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Riportiamo il testo della canzone di Gilberto Mazzi che abbiamo scelto come “colonna
sonora” del nostro lavoro per il periodo del secondo dopoguerra
Mille lire al mese
Che disperazione, che delusione dover campar,
sempre in disdetta, sempre in bolletta!
Ma se un posticino domani cara io troverò,
di gemme d'oro ti coprirò!
Se potessi avere mille lire al mese,
senza esagerare, sarei certo di trovar
tutta la felicità!
Un modesto impiego, io non ho pretese,
voglio lavorare per poter alfin trovar
tutta la tranquillità!
Una casettina in periferia, una mogliettina
giovane e carina, tale e quale come te.
Se potessi avere mille lire al mese,
farei tante spese, comprerei fra tante cose
le più belle che vuoi tu!
Ho sognato ancora, stanotte amore l'eredità
d'uno zio lontano americano!
Ma se questo sogno non si avverasse,
come farò.... il ritornello ricanterò!
Se potessi avere . . .
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La crisi degli anni '60 e il suo superamento
Le cooperative sono nate grazie a degli uomini che decisero di unirsi per fare in modo che il loro
guadagno fosse maggiore e le loro spese, potendosele dividere, fossero minori. Unendosi questi
uomini riuscirono ad affrontare i problemi del tempo (riuscire a mangiare, trovare dei prodotti utili
alla vita di tutti i giorni a un prezzo conveniente, vendere senza però approfittarsi del cliente,...) più
facilmente e con meno difficoltà economiche.
Negli anni tra il 1960 e il 1964 però ci fu una grave crisi che colpì tutte le cooperative allora
esistenti, e i loro bilanci, dopo un periodo di buon mercato, divennero negativi, cioè veniva speso
più denaro di quello che si guadagnava. Avere una cooperativa non era più un affare ma era
diventato un problema. C'erano solo fallimenti, non più guadagni e non era più conveniente.
Per questo, non avendo più utili da reinvestire, cioè non avendo più denaro per comprare altri
prodotti, molte cooperative fallirono.
Quelle ancora aperte che riuscirono in un primo momento a resistere alla crisi, rischiando il
fallimento, dovettero trovare un compromesso per non buttare all'aria il lavoro e la fatica già
compiuti e per non deludere i propri clienti: decisero così di unirsi e di affrontare insieme questo
periodo difficile.
Lo sviluppo della cooperazione nelle incertezze economiche degli anni settanta
A partire dai primi anni settanta si avvertì una necessità di riformare la Legge Basevi, e così nel
1971, con la Legge 127, furono stabiliti alcuni provvedimenti per un più moderno funzionamento
delle cooperazioni e furono introdotte importanti agevolazioni fiscali. Sempre nello stesso anno si
costituì l’Unione Nazionale Cooperative Italiane (U.N.C.I.), grazie all’impegno di un gruppo di
ispirazione cattolica.
Ma se i segnali di una ripresa del movimento cooperativo si erano sentiti a partire dai primi anni
settanta, fu con le elezioni del 1975, in cui si registrò una forte svolta a sinistra del paese
particolarmente verso il Partito Comunista Italiano, che il ruolo del movimento cooperativo venne
fortemente riproposto, quale originale protagonista imprenditoriale, “terza via” nello sviluppo
economico del paese, alternativa sia al capitalismo privato che al sistema delle pubbliche imprese.
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Nuove sfide si prospettarono a partire dagli anni ottanta, nel momento in cui il sistema produttivo,
modificato profondamente da importanti trasformazioni, pose al movimento cooperativo il
problema di come agire sul mercato senza tuttavia smarrire i propri valori della solidarietà e della
mutualità.
Una nuova sfida: gli Ipermercati
L'ipermercato rappresenta una tipologia di operatore della grande distribuzione organizzata (GDO).
È caratterizzato da un'area attrezzata per la vendita al dettaglio con superficie di vendita superiore
ai 2 500 metri quadrati.
Con l'aumento esponenziale delle superfici degli ipermercati, questi sono oggi stati suddivisi in
sotto-categorie: dai 2.500 ai 4000 m² si parla di mini-iper, tra i 4.000 e i 10.000 m² si parla di
ipermercati propriamente detti, oltre i 10.000 m² si parla di grandi ipermercati (o megastore). Il
format mini-iper si sovrappone parzialmente per metratura al format superstore (15003000/3500 m²): a differenziare i due formati è il differente peso e articolazione del settore non food.
L'ipermercato si contraddistingue per l'ampio assortimento di scelta ed è composto di generi
alimentari e non. Se l'ipermercato vende solamente prodotti alimentari e detersivi viene definito
"iperalimentare".
Nella tendenza attuale si vanno sviluppando assortimenti con beni di consumo semidurevoli, quali
prodotti di elettronica come impianti stereo, televisioni, radio, elettrodomestici, computer, oggetti
legati alla telefonia, ecc.
Spesso nella struttura è compreso anche un rilevante numero di altri negozi (galleria) che offrono
assortimenti differenziati per qualità o prezzo. In tale caso si parla di centro commerciale o outlet.
La sfida, oggi, consiste in un rilancio del movimento nella società che passi attraverso una profonda
presa di coscienza della natura sociale della cooperazione e la valorizzazione del ruolo del socio. La
Cooperazione si propone ai nostri giorni come attività produttiva gestita direttamente da chi lavora e
rivendica, come ha fatto sin dalla sua nascita, il diritto per tutti i ceti sociali di accedere
all’esperienza dell’impresa, di produrre reddito, occupazione e solidarietà.
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II CAPITOLO
LE PRIME FORME DI COOPERAZIONE A
SAN GIORGIO DI PIANO
Nella seconda metà del XIX sec., nella provincia di
Bologna, le gravi condizioni economiche derivate
dalla disoccupazione e dai periodi di carestia,
indussero i lavoratori, attraverso le loro Società
Operaie e di mutuo soccorso a ricercare un rimedio
nella diminuzione di qualche centesimo del prezzo
degli alimenti rispetto a quello applicato dai bottegai.
La prima forma cooperativa che si formò a San Giorgio di Piano fu uno Spaccio di farina della
Società Operaia di S. Giorgio di Piano. Il 9 settembre 1878, 28 membri della Società Operaia
istituirono un negozio che vendeva la farina del mulino di Bentivoglio a prezzo d’ingrosso e il pane
cotto dai due fornai locali.
Nel bolognese, nei primi anni del ‘900 si sviluppò la
cooperazione agricola, nella forma delle affittanze
collettive per la conduzione dei terreni. A San
Giorgio di Piano questo tipo di cooperativa iniziò
nel 1916, sulla base di contratti d’affitto fra i
lavoratori associati in cooperative, le Opere Pie e
l’Amministrazione Provinciale.
La prima cooperativa di consumo a San Giorgio di Piano
fu fondata nel 1919.
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Le cooperative sopravvissero alla guerra e soprattutto ai duri colpi inferti dal fascismo e nel 1945 a
San Giorgio di Piano c’erano varie cooperative: la Cooperativa Braccianti e la Consumo, la
Calzolai, la Carrozzai, l’Agricola di servizio, la Canapini, la Falegnami, la Casa del Popolo.
Negli anni ‘60 i conti di alcune delle cooperative bolognesi erano in rosso, e nel 1968, la crisi
terminò con l’unione delle cooperative della provincia di Bologna con la cooperativa “Bolognese”,
formando così la Coop Bologna. Nel 1975 Coop Bologna cambiò nome in Coop Emilia Veneto.
III CAPITOLO
LA STORIA DELLA COOP RENO
Coop Reno è una cooperativa di consumatori, persone associate allo scopo di tutelare il loro potere
d’acquisto, disporre di prodotti sicuri, promuovere il benessere e la coesione sociale nelle comunità,
secondo i principi contenuti nella Missione sociale.
Negli anni ’80 iniziano ad aprire i primi ipermercati ed era difficile per la cooperativa gestire
contemporaneamente grandi e piccoli negozi.
Nasce così l’idea di creare una cooperativa autonoma specializzata nei negozi minori che gestisca i
punti vendita della pianura bolognese. Nel 1987 nasce Coop Pianura, progetto che coinvolge nove
negozi; il 22 ottobre 1988 diventa Coop Reno formata da 21 soci fondatori (socio n.1 e tuttora
presidente è Paolo Bedeschi). Nasce quindi il 22 ottobre 1988 con atto notarile, inizia l’attività il 1°
gennaio 1989 e si sviluppa rapidamente grazie all'acquisizione dei sei punti vendita della ex Coop
Emilia Veneto (Altedo, Baricella, Minerbio, Poggio Renatico, San Giorgio di Piano e San Pietro in
Casale).
La missione aziendale è quella di essere leader di mercato nei piccoli e medi centri nei quali opera,
in pratica il supermercato migliore per la qualità del servizio offerto e per la convenienza. La nuova
cooperativa sin dalla sua nascita ha avviato un piano di sviluppo molto importante che, da un lato,
prevedeva
nuove
aperture
e,
dall'altro,
la
fusione
con
altre
cooperative.
La prima fusione è stata quella con "La Popolare" di Medicina nel circondario imolese e, negli anni
successivi, si sono aggiunte anche nuove aperture: Osteria Grande e Sant'Agata Bolognese (1992),
San Vincenzo di Galliera (1993) e Vergato (1994).
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Nel 1992 viene incorporata la Coop Tre Valli, con punti vendita in diverse località dell'Appennino
Bolognese, espandendosi così fuori dalla pianura.
Un'altra fusione è quella con Coop Delta, una cooperativa che gestiva diverse località tra le
province di Rovigo e di Ferrara. A questi si aggiungono anche due punti vendita ex Coop Estense
(Berra e Jolanda di Savoia) e viene incorporata la Coop Bosco Mesola.
Nel 2000 è acquisito un punto vendita a Silla e aperto un nuovo supermercato a Molinella. Nel
2003 è acquisito da Coop Adriatica il negozio di Castenaso.
La fusione dei diversi punti vendita nella Coop Reno ha permesso a piccole cooperative distribuite
nella pianura che da sole non avrebbero potuto reggere la concorrenza del mercato, di restare aperte
e continuare a soddisfare le esigenze di questi territori.
Negli ultimi anni si sono aggiunte anche Monteveglio, San Giovanni in Persiceto, Porretta Terme,
Casalfiumanese, Castelguelfo, Padulle di Sala Bolognese, allargando la presenza nel territorio.
Sono stati inoltre realizzati nuovi supermercati che hanno sostituito i precedenti in zone diverse ma
sempre nei comuni o località di riferimento a San Giorgio di Piano, Altedo, Sant'Agata Bolognese e
San Venanzio di Galliera (sostituendo quello di San Vincenzo di Galliera sempre nello stesso
comune).
Nel corso del 2011, sono stati inaugurati due nuovi negozi a Bagnara di Romagna e Riolo Terme,
che consentono a Coop Reno di "entrare" nella provincia di Ravenna. Altri lavori di ristrutturazione
sono state effettuati anche presso i punti vendita pratiche Stienta, Marzabotto e Monghidoro, e
inaugurato un nuovo negozio a Porretta Terme che ha sostituito quello precedente.
Nel 2012 sono stati inaugurati i negozi di Minerbio (in una nuova posizione e ingrandito) e
Rioveggio di Monzuno. E' stato poi ristrutturato il Negozio di San Pietro in Casale e quello di
Molinella (il primo negozio Coop in Italia con il nuovo format Comunicazione) e l'ingrandimento di
Castiglione dei Pepoli.
Il 19 ottobre 2013 è stato inaugurato il nuovo punto vendita di Monghidoro.
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LA COOP RENO OGGI
Le cooperative italiane oggi danno lavoro a oltre 1.000.000 di persone. Costituiscono dunque una
parte rilevante del nostro tessuto economico. Quella della cooperazione è una storia iniziata oltre
un secolo e mezzo fa, che potrà avere ancora interessanti sviluppi, grazie agli apporti dei futuri soci,
lavoratori, utenti ed imprenditori.
Il verbo cooperare esprime con semplicità la scelta di operare insieme, unire sforzi, lavoro, capacità,
iniziative, risparmi con il fine di raggiungere un obiettivo comune che garantisca gli esiti desiderati.
Coop Reno è una cooperativa di consumatori nata per assicurare una presenza moderna, razionale e
qualificata, offrendo un servizio specializzato di alta qualità. Inoltre opera nelle varie realtà sociali,
ad esempio nella scuola, e partecipa attivamente ad azioni di aiuto (come nelle zone colpite dal
terremoto).
Oggi Coop Reno è formata da 37 punti vendita (25 nella provincia di Bologna, 7 in provincia di
Ferrara, 3 nel Polesine rodigino e 2 nella provincia di Ravenna). La sede si trova a San Giorgio di
Piano, in via Panzacchi 2.
Il vecchio negozio Coop di San Giorgio oggi sede amministrativa e di documentazione
La base sociale è il fondamento della Cooperativa.
I soci della Cooperativa, al 31 dicembre 2012, erano 78.796, dipendenti 767 e i soci prestatori erano
10.203 soci prestatori. Per diventare socio Coop Reno è sufficiente avere 18 anni, recarsi presso un
box informazioni di un punto vendita con un documento valido e versare una quota sociale di 25
euro una volta per tutta la vita. La quota non rappresenta un costo, ma soltanto un deposito che resta
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di proprietà del socio e viene rivalutata ogni anno, in base all’indice di variazione nazionale
generale dei prezzi a consumo.
Nel 2008 la Coop Reno ha approvato un modello di gestione diverso da quello tradizionale: il
“Sistema duale”. Tale modello si caratterizza per una separazione più marcata tra ruolo della
proprietà (soci) e compiti affidati al livello gestionale della Cooperativa (management).
Le scelte strategico-imprenditoriali vengono proposte dal Consiglio di Sorveglianza, il quale
esercita un ruolo di indirizzo e di controllo dell’azienda, al Consiglio di Gestione, al quale spetta
l’amministrazione della cooperativa. I soci costituiscono la proprietà sociale della Cooperativa e i
principali destinatari e fruitori dei servizi erogati dalla Cooperativa stessa.
L’esercizio della proprietà sociale viene esercitato dai soci attraverso le regole e gli strumenti della
partecipazione
democratica
in
funzione
del
principio
“una
testa
un
voto”.
I soci eleggono i loro rappresentanti territoriali che siedono nei Consigli di Sezione Soci, con il
compito di sviluppare relazioni e attività nelle comunità nelle quali la Cooperativa è presente.
I Consigli di Sezione Soci hanno lo scopo di perseguire i principi e di realizzare gli obiettivi della
Cooperativa; mantenere vivo il vincolo associativo proprio dell’organizzazione cooperativa;
instaurare e consolidare i rapporti organici tra il Consiglio di Sorveglianza e la collettività dei soci
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raccogliendone e rappresentandone le istanze, esprimendo pareri obbligatori e consultivi da
sottoporre al C.d.S.; sollecitare i soci a partecipare alla vita della Cooperativa, contribuire alla
divulgazione della mutualità cooperativa e facilitare la convocazione e lo svolgimento delle
assemblee separate.
Il Prestito sociale è uno degli elementi che contraddistingue da sempre la relazione tra il socio e la
sua Cooperativa. È il Socio che impegna una parte delle proprie disponibilità finanziarie per
sostenere la Cooperativa e il suo sviluppo, oltre che a tutela del proprio risparmio.
Il ristorno è una delle voci più importanti perché è una forma di partecipazione effettiva.
I VALORI COOP
Collaborare
insieme,
cooperare,
è
il
primo
principio
dell’identità
cooperativa.
“I valori, se sono veri, devono incidere sul cambiamento, non possono essere una formalità,
un’etichetta. Essi devono esprimere qualcosa di nuovo, devono essere capiti dalla gente, tradotti in
un linguaggio non convenzionale, in azioni che declinino cosa vuol dire il principio democratico e
la partecipazione”.
Dall’anno della sua costituzione nel 1988, Coop Reno è cresciuta notevolmente, sia nell’ambito
della sua attività caratteristica sia in nuovi settori in cui opera tramite le società controllate e
partecipate. Anche il contesto economico e sociale di riferimento è fortemente cambiato e sono state
introdotte nuove norme giuridiche che consentono una gestione dell’impresa più efficiente, corretta
e trasparente, e al tempo stesso più coerente con i valori, i principi e la missione della cooperazione.
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IV CAPITOLO
I PRODOTTI COOP
Garanzia di qualità
Il prodotto Coop è l’espressione concreta dell'attenzione verso il consumatore, deve riflettere i
valori di Coop e quindi essere sicuro, etico, rispettoso dell'ambiente, buono e conveniente.
Sicuro: tutti i prodotti a marchio Coop sono garantiti da una sorveglianza totale sulla filiera: la
completa tracciabilità dei prodotti, cioè la possibilità di ricostruire la loro storia attraverso
l’identificazione e la documentazione di tutte le attività, i materiali e gli operatori che concorrono al
processo produttivo, li rende assolutamente sicuri. Coop ogni anno si avvale di circa 3 milioni di
analisi e oltre 2000 ispezioni, sia nei propri laboratori che presso i fornitori, per garantire elevati
livelli
standard
qualitativi.
Etico: l’impegno di Coop non si limita al controllo di qualità dei prodotti a proprio marchio, ma si
sviluppa anche sul fronte etico. Coop Italia è stata la prima azienda europea (e tra le primissime al
mondo) ad aver ottenuto la certificazione SA8000, che elenca i requisiti per un comportamento
eticamente
corretto
delle
imprese
verso
i
lavoratori.
Rispettoso dell’ambiente: i prodotti a marchio Coop hanno un ridotto impatto ambientale, anche
perché imballaggi e confezioni sono gestiti secondo i princìpi del risparmio, riutilizzo, riciclo.
Buono: che i prodotti sono controllati e approvati dai soci non è un modo di dire, ma una reale
valutazione del prodotto Coop. I prodotti Coop, oltre che controllati e quindi sicuri, devono essere
anche buoni. Dal 2000 a oggi, oltre 215.000 soci hanno partecipato a 1.000 test e i prodotti
approvati
rappresentano
circa
l’85%.
Conveniente: ogni giorno sono riservate ai soci Coop offerte esclusive, con grandi opportunità di
risparmio su prodotti di qualità, alimentari e non alimentari: un ulteriore sconto che si va ad
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aggiungere al prezzo di offerta praticato a tutti i consumatori. Ogni anno Coop Reno investe milioni
di euro per iniziative e promozioni rivolte ad esclusivo vantaggio dei soci.
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I 10 principi della politica ambientale di Coop:
 RENDERE
LO
SVILUPPO
DAVVERO
SOSTENIBILE,
ANCHE
PER
LE
GENERAZIONI FUTURE
La Coop in ogni sua attività adotterà il principio dello sviluppo sostenibile inteso come "lo sviluppo
diretto al continuo miglioramento della qualità della vita sulla terra delle attuali e delle future
generazioni, assicurando a tutti i popoli il godimento dei loro diritti e delle loro libertà
 RISPETTARE L'AMBIENTE, SEMPRE
Rende il rispetto dell'ambiente parte integrante del patrimonio di valori del sistema, ispirando i
criteri di gestione di tutta la filiera Coop in ogni sua attività al principio di precauzione, a quello di
responsabilità e a quello di razionalizzazione dei consumi.
 RENDERE LE MERCI E I SERVIZI PIÙ ECOLOGICI
Presta attenzione all'impatto ambientale di merci e servizi offerti a soci e consumatori.
 RIDURRE I RIFIUTI E RICICLARE I MATERIALI
Con il proprio prodotto a marchio offrire merci che rispondano ai più avanzati criteri di ecocompatibilità. Riduce i rifiuti agendo direttamente sugli imballaggi, promuovendo strategie di
riduzione, riutilizzo, recupero e riciclo.
 SEGUIRE TUTTO IL CICLO DI PRODUZIONE
Si impegna a rendere operativo il principio del ciclo ecologico in tutta la filiera delle merci: dai vari
livelli di produzione, all'immagazzinamento e distribuzione, sino ai punti di vendita e alle case dei
consumatori.
 RIDURRE IL TRASPORTO DELLE MERCI
Tratta e trasporta le merci operando per l'ottimizzazione dei flussi lungo l'intera catena di fornitura,
anche con lo scopo di ridurre le emissioni in atmosfera.
 FORMARE I LAVORATORI
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Fornisce, ai lavoratori e ai collaboratori, strumenti di informazione e di educazione ambientale per
metterli in grado di operare rispettando al meglio l'ambiente.
 INFORMARE I SOCI E I CONSUMATORI
Si impegna per offrire a soci e consumatori strumenti di informazione e di educazione ambientale in
grado di accrescere la loro consapevolezza ambientale.
 FARE RICERCA PER RIDURRE GLI SPRECHI
Incoraggia la diffusione di strumenti per la valutazione della sostenibilità ambientale di prodotti,
imballaggi, procedimenti produttivi, strutture.
 SOSTENERE LE LEGGI A DIFESA DELL'AMBIENTE
Si attiva livello nazionale e internazionale con iniziative di consumo che supportino lo sviluppo di
una normativa più attenta all'ambiente e che stimolino i comportamenti di tutti gli attori della filiera.
A questo fine Coop sui propri prodotti a marchio si impegna a:
•
tutelare l'ambiente con un approccio globale, prestando la massima attenzione alla tutela
della biodiversità, ad usare in maniera sostenibile le risorse naturali, a ridurre le emissioni clima
alteranti, a limitare la produzione di rifiuti;
•
agire con rigore scientifico nella valutazione degli impatti sull'ambiente e nell'individuazione
delle possibili azioni di miglioramento delle proprie attività d'impresa, attraverso l'impiego della
metodologia LCA (analisi del ciclo di vita), in stretta collaborazione con il mondo scientifico .
•
mettere a disposizione dei consumatori e promuovere la produzione e il consumo di prodotti
a maggiore ecocompatibilità, anche favorendo la sperimentazione di processi e di materiali
innovativi, e incentivando l'adozione di tecnologie e pratiche a minor impatto ambientale, a livello
industriale, nella produzione agricola e negli allevamenti animali;
•
non utilizzare prodotti geneticamente modificati, applicando un principio di precauzione,
nelle more degli studi e delle ricerche indipendenti e significativi che garantiscano l'assenza di
rischi anche futuri;
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•
tutelare le risorse marine, promuovendo la pesca sostenibile e operando per la difesa delle
aree marine, delle specie protette o a rischio di estinzione;
•
promuovere il benessere degli animali, sviluppando sistemi di produzione più rispettosi per
gli animali destinati al consumo (animal welfare); a non effettuare, né richiedere, test su animali per
i propri prodotti alimentari e cosmetici nonché per le materie prime che li compongono, a non
impiegare sostanze ricavate con violenze su esseri viventi o derivati da specie in via di estinzione;
•
tutelare le foreste, utilizzando legno e cellulosa provenienti da fonti certificate o comunque
in grado di garantire elevati standard di sostenibilità, non commercializzando prodotti provenienti
da foreste primarie, da alberi a rischio di estinzione, da coltivazioni geneticamente modificate, da
aziende coinvolte nella deforestazione illegale o in pratiche forestali ritenute dannose per le aree a
rischio;
•
ridurre l'impatto ambientale degli imballaggi riducendo il peso dei contenitori; eliminando i
sovra imballi; utilizzando materiali riciclati o facilmente riciclabili, incentivando l'uso delle
ricariche, il tutto tenendo nella massima considerazione gli aspetti relativi alla sicurezza, alle
prestazioni e alla sostenibilità economica delle scelte da adottare;
•
informare adeguatamente il consumatore sulle caratteristiche ambientali dei prodotti, dei
processi produttivi e degli imballaggi, attraverso la distribuzione di materiale informativo e
attraverso la comunicazione specifica sulle etichette;
•
promuovere il confronto con i portatori di interesse, cogliendo suggerimenti e critiche che
facciano
migliorare
il
rispetto
dell'ambiente.
Foto di alcune etichette di prodotti
che abbiamo analizzato durante la
nostra uscita alla Coop di San
Giorgio di Piano.
25
I CONTROLLI DI QUALITA' COOP RENO
Ci sono controlli approfonditi sui Prodotti a Marchio coop, Il laboratorio di Coop Italia (che si
divide in tre aree: biologica, chimica e sensoriale) controlla la sicurezza e la qualità dei Prodotti a
Marchio Coop, presidiando:
• l'ambito dei rischi emergenti
• l'ambito sensoriale, quale strumento per valutare la qualità percepita dei Prodotti a Marchio Coop
• l'ambito dell'autenticità alimentare come strumento per prevenire le frodi
Dal 2006 ha innovato l'intero impianto delle certificazioni e ottenuto per tutti i Prodotti a Marchio
Coop la "Certificazione di Servizio di Controllo" .
ORIGINE PRODOTTI E QUALITA’
Come possiamo noi controllare che la Coop Reno ci dica la verità sull’origine dei prodotti e
sulla loro qualità?
La Coop, in quest’ultimi ultimi anni, cerca di offrire una maggior sicurezza proponendo la
campagna "Origini trasparenti", con l'intenzione di far conoscere la provenienza delle materie
prime con cui sono fatti i prodotti a marchio Coop. Si tratta di oltre 1400 alimenti confezionati di
uso quotidiano, per i quali la più grande catena di distribuzione italiana fornisce l’indicazione
dell’origine delle materie prime ripercorrendo al contrario la filiera, dalla tavola al campo:
etichettando tutti i prodotti Coop in vendita nei centri commerciali.
Intolleranti? C’è la soluzione
Lattosio e glutine sono causa delle intolleranze alimentari più diffuse. Prodotti specifici aiutano a
non rinunciare alle proprie abitudini alimentari. In particolare la linea specifica Coop per celiaci
offre la possibilità di variare il menu a prezzi modici.
26
CAPITOLO V
CONCLUSIONI
Siamo arrivati a questi risultati e a questa ricerca storica lavorando in un modo particolare.
Prima di tutto la dottoressa Silvia Martini della cooperativa Voli group ci ha fatto fare dei giochi
senza dirci il loro scopo.
Da questi giochi si è visto chi era più portato a lavorare insieme e chi meno.
Queste attività ci hanno portato a riflettere sulla cooperazione, solo a questo punto abbiamo
cominciato ad interessarci alla COOP RENO, essendo l'unica cooperativa presente sul nostro
territorio.
Il professor Mario Pinotti e Matteo Lupoli dell'istituto storico Parri ci hanno aiutato a ricostruire la
storia della nostra coop.
Noi, assistiti dal professore e Matteo, abbiamo formulato le domande per l'intervista da porre ai
dipendenti e ai dirigenti della COOP RENO.
Sono le seguenti:
- Da chi fu fondata e perché?
- Quanti soci ne facevano parte? Chi la dirigeva?
- A chi si rivolgeva la cooperativa di consumo di San Giorgio di Piano per comperare i suoi
prodotti? Come faceva a mantenere bassi i prezzi?
- Per quale motivo intorno agli anni ’60 del secolo scorso le cooperative di consumo erano in
perdita?
- Era in perdita anche quella di San Giorgio di Piano?
- Se sì, riuscì a superare la crisi? In che modo?
- Perché la COOP RENO non si è unita alla COOP ADRIATICA?
- Che differenze ci sono tra queste due cooperative?
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- Sono sempre gli stessi motivi del passato che spingono le persone ad associarsi alla COOP RENO
oggi?
- Quanto contano così tanti soci nel decidere le scelte della cooperativa?
- E’ diminuita la partecipazioni dei soci alla vita della cooperativa rispetto al passato?
- Chi decide il dirigente della Coop?
- I soci che lavorano per la cooperativa sono trattati meglio dei dipendenti che non sono soci?
- Cosa chiede la COOP RENO ai suoi fornitori per essere sicura che essi le vendano prodotti sani?
- La COOP RENO si preoccupa anche delle persone che soffrono di allergie o di intolleranze
alimentari? Se sì perché?
- Perché è attenta alle esigenze delle persone in difficoltà? E’ diventato un affare vendere prodotti
compatibili con gli allergici?
- Come possiamo controllare che la COOP RENO ci dica la verità sull’origine dei prodotti e sulla
loro qualità?
- La COOP paga degli esperti capaci di controllare la qualità dei cibi?
- Si preoccupa di usare tecniche di lavorazione che non inquinano?
Ovviamente le risposte si trovano tutte nella ricerca!!!
Ponendo le nostre domande abbiamo trovato molte informazioni. Le persone intervistate sono state
gentili, non ci hanno trattato come ragazzi di tredici anni ma come adulti al pari loro. Ringraziamo
in modo particolare il Presidente della Coop Reno e socio n.1 Paolo Bedeschi per il tempo prezioso
che ci ha dedicato, il signor Gilberto Bianchini, responsabile dei Progetti Scuola, la capo negozio
Manuela Gaiba e Tiziana Argazzi.
Abbiamo anche cercato informazioni su Internet, fonti fotografiche e fonti scritte. Infine un'altra
fonte particolare sono state le etichette dei prodotti COOP che abbiamo analizzato dividendoci in
vari gruppi durante le ricerche nel negozio di San Giorgio di Piano.
Questo lavoro ci ha dato diversi stimoli e oltre che a interessarci ci è servito ad imparare a
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cooperare: alcune persone all'inizio del progetto non erano in grado di cooperare, poi però sono
migliorate e alla fine siamo riusciti a lavorare insieme. Per questo cooperare, oltre che utile, è anche
bello: proprio perché si sta insieme agli altri.
La LEGA COOP, credendo che questo progetto fosse una fonte di insegnamento, ha speso dei
soldi per noi. Questi soldi si possono considerare investiti bene perché ci siamo impegnati al
massimo delle nostre capacità. Ringraziamo la
Dirigente Scolastica Angela Cocchi per aver
proposto questo progetto e per averci dato la possibilità di partecipare al concorso. Ricordiamo
anche tutti i nostri insegnanti, che ci hanno supportato nel corso del lavoro, in particolare la
professoressa Carboni, il professor D'Apote, la professoressa Zamboni e la professoressa Paoletti.
Qualunque sia l’esito della nostra ricerca, abbiamo già vinto: la nostra vittoria è stata quella di
riuscire a fare qualcosa di bello e importante insieme ai nostri compagni!!!
Gli alunni della classe III C: Francesca Ausilio, Giorgia Barbieri, Ivan Battaglia, Giulia Azzurra
Burzi, Ruth Crisafulli, Alice Diana, Raffaella Maria Di Pofi, Tommaso Fini, Fabio Franzoni,
Alessandro Gamberini, Giulia Gherardi, Lorenzo Lambertini, Kevin Melotti, Mattia Modeo,
Leonardo Mugavero, Giulia Orecchia, Yassine Radouani, Federica Ragona, Davide Rossi,
Federica Soavi, Sofia Sozzi, Nicolò Stomeo, Giuseppe Tartari, Alessia Xia, Mattia Zaniboni.
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BIBLIOGRAFIA
WWW.COOPRENO.IT
AA.VV., Capire gli organismi “non profit”, allegato alla rivista Il fisco, n.23 del 30/06/1997.
AA.VV., Cooperative ed economia sociale a 150 anni da Rochdale, Bologna 1996.
AA.VV., Democrazia cooperativa, a cura di M. COMELLINI e M. VIVIANI, Bologna 1999.
AA.VV., Il movimento cooperativo in Italia. Storia e problemi, a cura di G. SAPELLI, Torino
1981.
AA.VV., Gli organismi non profit nella società italiana, allegato alla rivista Il fisco, n.47 del
27/12/1995.
E PARNEL, Reinventare la cooperativa, Roma 1997.
F. FABBRI, Il movimento cooperativo nella storia d’Italia 1854-1975, Milano 1979.
M. DEGL’INNOCENTI, Storia della cooperazione in Italia. La Lega nazionale delle cooperative
1886-1925, Roma 1977.
R. ZANGHERI, G. GALASSO, V. CASTRONOVO, Storia del movimento cooperativo in Italia
1886-1986, Torino 1987.
V. BELLOCCHI, Il pensiero cooperativo dalla Bibbia alla fine dell’ottocento, 3 vol. Reggio Emilia
1986.
V. GALETTI, La cooperazione in Italia, 90 anni di storia, Roma 1976.
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“LA COOP RENO”