LA CARNE NELLA
STORIA
DELL’ALIMENTAZIONE
Il consumo di carne, fino alla seconda metà del XX secolo, era un privilegio pressoché
esclusivo dei ricchi e dei potenti, un vero status symbol. Alla plebe erano di solito
riservati gli scarti come le “rigaglie”, gli intestini, la trippa, i piedi, le ghiandole e la
lingua. Solo nei giorni di festa e nelle ricorrenze, i contadini più fortunati, con padroni
non particolarmente severi, potevano disporre di carne di animali “minuti” come
pecore, maiali, capre, galline e oche. Abitualmente la carne della domenica veniva
bollita oppure cotta in umido perché in questo modo “spartiva di più”, cioè sfamava
più persone, si divideva meglio. La carne arrosto, di contro, era riservata alle feste più
grandi, oppure agli ospiti. Nel mondo contadino in assenza di carne non si poteva
parlare di festa “chi non carneggia non festeggia”. Per ogni festa era previsto un tipo
diverso di carne: cappone per Natale, gallina per Carnevale, agnello per Pasqua ...
CAPPONE A NATALE
Il pasto natalizio ha la sua centralità nei volatili dalla carne bianca (capponi, tacchino, pollo), perché questi
erano gli alimenti di rinforzo che nella società contadina venivano dati alla puerpera.
… pe’ Natale se facea ‘l brodo de
cappone e allora se mangiava ‘l
cappone o lesso o arrosto ……
( “Le opere e i santi” tradizione
alimentare e festività rituale in
provincia di Terni a cura di G. Baronti).
I capponi sono stati per secoli il dono migliore per omaggiare i notabili del paese: il notaio, il dottore, il
farmacista e il veterinario o, come nel caso di Renzo Tramaglino, l’avvocato a cui si chiedeva consulenza.
Si allevavano dalla primavera e verso fine anno erano pronti per essere regalati e presentati sulle tavole dei
signori. Doveva essere una tradizione ben radicata in tutta Italia se anche Agnese ne mandava quattro al
dottore Azzeccagarbugli in quel novembre del 1628. Sembra, infatti,che l’origine del cappone risalga al II
secolo a. C., quando la Legge Faunia per economizzare le granaglie proibì il consumo di galline ingrassate;
gli allevatori romani, allora, osservando che gli eunuchi al servizio degli imperatori erano tutti grassi,
pensarono di castrare i galletti raddoppiando in tal modo le loro dimensioni.
AGNELLO A PASQUA
…Pe’ Pasqua l’agnello… toccava ammazallo de nascosto perché se lo scopriva ‘l padrone…
Se la pecora faceva du’ agnelli, quanno veniva ‘l fattore uno se nasconneva e pe’ Pasqua
s’ammazzava …
( “Le opere e i santi” tradizione alimentare e festività rituale in provincia di Terni a cura di G. Baronti)
La Pasqua cristiana deriva da quella ebraica, Pesah, che vuol dire
passare oltre. La Pesah è la celebrazione dell'uscita dall'Egitto, del
passaggio del Mar Rosso, del passaggio dalla schiavitù alla libertà; è
la notte in cui l'angelo del Signore imperversò sui sudditi del faraone
facendo morire tutti i primogeniti maschi degli uomini e degli animali
risparmiando le case degli ebrei contrassegnate con il sangue
dell’agnello sacrificato . Durante la Pesah, che dura otto giorni, ogni
famiglia mangia agnello con erbe amare dopo avere cosparso con il
suo sangue gli stipiti della porta di casa, a ricordo del gesto che aveva
significato la salvezza dei loro avi. Anche i cristiani mangiano
agnello, sebbene questo abbia un significato diverso: esso rappresenta
il corpo innocente di Gesù che con il suo sacrificio ha liberato gli
uomini dalla schiavitù del peccato: ancora oggi durante la messa
viene pronunciata la frase “Ecco l'agnello di Dio, che toglie i peccato
del mondo”.
“PAPERA MUTA” PER LA TREBBIATURA
Per la trebbiatura si faceva il
pranzo migliore di tutto
l’anno. Per solennizzare la
festa la tradizione voleva che
si sacrificasse la “papera
muta”, simbolo del volatile
divino che incarnava lo spirito
del grano.
… a mezzogiorno e mezza c’era ‘l pranzo
fettuccine all’uovo con rigaglie e poi oco
arrosto e poi zuppa inglese. L’oco arrosto era
de regola accendevano ‘l forno e cocevano
l’oco maschio perché le femmine le
lasciavano per fa l’ovo mentre ‘l maschio
bastava tenenne uno…
( “Le opere e i santi” tradizione alimentare e festività
rituale in provincia di Terni a cura di G. Baronti)
GALLINE A CARNEVALE
Quello di Carnevale era un periodo
Pe’ Carnevale mamma ammmazzava particolarmente disposto anche a eccessi
alimentari, soprattutto al consumo di carne e
le gallina e poi ce faceva ‘l brodo e l’ultimo giorno la tradizione prescriveva di
co’ ‘l lesso ce se facevano le
mangiare almeno una gallina; gallina che sarebbe
polpette fritte…
altrimenti andata perduta , o rubata o mangiata
( “Le opere e i santi” tradizione
dalla volpe, o trovata morta nel pollaio.
alimentare e festività rituale inin provincia
di Terni a cura di G. Baronti)
La gallina de Carnevale si non l’ammazzi te va a
male …
( “Le opere e i santi” tradizione alimentare e festività
rituale in provincia di Terni a cura di G. Baronti).
LUMACHE A SAN GIOVANNI
La festività di San Giovanni Battista del 24 giugno, che la religione cristiana ha sovrapposto alle cerimonie
legate al solstizio d'estate, presenta ancora in Umbria interessanti rituali che esaltano il carattere magicoreligioso di questo importante momento dell'anno. La sera del 23 giugno si raccolgono ancora, fiori ed erbe
profumate che vengono messi a bagno nell'acqua di un catino. L'acqua, resa prodigiosa dagli influssi lunari
della notte di San Giovanni, viene usata per lavarsi la mattina della festa con lo scopo di preservare il corpo
dalle malattie. Ma c'è un altro elemento legato alla festività di San Giovanni Battista oltre all'acqua, ai fiori,
alle erbe profumate, alla sorte: le lumache. Sotto al fieno falciato, nelle fratte umide dei campi, in questi
giorni le lumache vengono raccolte e tradizionalmente consumate con il significato scaramantico di
inghiottire preoccupazioni e avversità insieme alle corna dei molluschi.
La lumaca è un alimento dall’alto valore
nutritivo, di notevole digeribilità, ricco di
aminoacidi essenziali e sali minerali. E’
formata in prevalenza da acqua (83,97%),
proteine (12,35%), lipidi (1,75%) e sali
(1,93%).
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