Possibili evoluzioni dello scenario Healthcare Renato Ridella Partner, A.T. Kearney Intervento alla XIV Convention FederSalus “Integratori alimentari in Europa tra crisi e cambiamento: quali nuove prospettive per le aziende del settore? Il ruolo di FederSalus” tenuto il 21 giugno 2013 Villa Borromeo – Milano Quando si riflette sulle possibili evoluzioni dello scenario del sistema di salute in Italia, non è più tempo di estrapolazioni lineari tipo “business as usual”, eventualmente da ritoccare con aggiustamenti marginali. Questa interpretazione dello scenario guida l’analisi che vorrei esporvi quest’oggi, che prenderà le mosse dalle performance del sistema di salute in Italia, per poi considerare come il sistema si stia dirigendo verso una situazione di disequilibrio e quali siano le sue conseguenze – con focus in particolare su quelle di maggiore rilevanza per voi: la prevedibile maggior spesa farmaceutica “out-of-pocket” cui sarà chiamato il cittadino, e la trasformazione del canale farmacia. Delineato questo quadro più ampio, passerò ad alcune osservazioni direttamente pertinenti agli integratori alimentari in quanto segmento del mercato della Consumer HealthCare: i segmenti di consumatori più interessanti alla luce della crescita delle patologie croniche e dei comportamenti degli stessi in relazione alla cura della propria salute, e la dinamica competitiva che sta scatenandosi nella Consumer HealthCare. Il sistema di salute in Italia è un vero benchmark di riferimento nel mondo sia per outcome sia per costo, e quindi, a maggior ragione, per rapporto “costo/outcome”. Già la prima valutazione comparativa dei sistemi sanitari svolta dalla World Health Organization nel 2000 poneva il sistema di salute italiano al secondo posto nel mondo dopo la Francia1; le appassionate discussioni che seguirono la pubblicazione del report hanno portato all’affinamento delle 1 WHO. 2000. “World Health Report 2000. Health Systems: Improving Performance”. Geneva: World Health Organization; 1 metodologie di valutazione e al significativo ampliamento del pool di studiosi e istituzioni impegnate sul tema – ma il risultato, per quanto riguarda il sistema sanitario italiano, non è cambiato: qualunque indicatore o metodologia si adotti, il nostro sistema di salute italiano emerge come un vero “best-in-class”. L’avvento delle crisi statali dei principali Stati del mondo industrializzato, di cui l’Italia è chiaro esempio, ha introdotto prepotentemente un’ulteriore variabile: la concorrenza nei comportamenti dello Stato di obiettivi terzi rispetto a quelli puri del sistema di salute. L’obiettivo di bilancio dello Stato è un obiettivo al cui raggiungimento concorrono vari fattori: lo Stato italiano, oltre alla spesa per la salute, gestisce la spesa per il servizio del debito pubblico, la spesa pensionistica, la spesa per l’istruzione ecc.. Lo Stato risponde a un obiettivo di pareggio della somma di tali fattori, non al pareggio delle singole partite. In linguaggio aziendale, il pareggio deve accadere a livello “corporate” e non di una singola “business unit”. Uno Stato in carenza di risorse e di crescita, e con un mandato universale da gestore di salute, si trova quindi di fronte al problema soggettivo di compiere una scelta di allocazione di risorse scarse. Questa scelta introduce un “conflitto di interessi” da parte dell’attore Stato nel sistema di salute. Cittadini e Industria sono esposti alle richieste di risorse che provengono dal sistema salute e da altri sistemi di gestione. Tanto è vero che, nonostante la maggior parte delle economie industrializzate raggiungano la copertura universale a livelli di spesa superiori a quello italiano e con outcome di salute inferiori, le risorse allocate dallo Stato alla salute sono aumentate come incidenza sul PIL solo marginalmente. E soprattutto, le risorse allocate dallo Stato gestore alla tecnologia e all’innovazione si sono ridotte percentualmente e da tempo sono ferme in valore assoluto: siamo ai livelli del 2004. 2 Il sistema Italiano sta entrando velocemente in condizione di disequilibrio, testimoniabile da vari esempi: L’incompleta copertura nei casi in cui il perimetro di rimborso di un nuovo farmaco sia limitato rispetto alla label EMA; L’assenza di copertura di alcune prestazioni farmaceutiche o sanitarie nel tempo – es. a causa dei tempi reali nei quali un nuovo farmaco diventa disponibile al paziente in condizioni di rimborso, rispetto all’approvazione EMA; L’assenza di copertura nello spazio, sotto forma di mancata erogazione o di richiesta diretta di contribuzione alla spesa (assimilabile a un incremento di pressione fiscale, sebbene in questo caso ci sia relazione diretta tra prelievo e prestazione); La differenza nelle coperture erogate da diversi soggetti locali - tipicamente le Regioni ma anche gli ospedali o le ASL (figura 6); L’indisponibilità per il paziente di farmaci ad alto costo in numerosi ospedali a fine anno, specie nelle Regioni meridionali; laddove tutte queste fattispecie sono determinate da ragioni economiche e non cliniche. Infine, il mancato pagamento di prestazioni o forniture ricevute dal Sistema Sanitario Nazionale, ancora con forte disparità regionale - giocando questo come fattore di rischio perché potrebbe arrivare a causare l’impossibilità di accesso al farmaco in condizioni di rimborso, sull’esempio greco. Una delle ipotesi forti di alcuni osservatori del sistema sanitario italiano, è che nel suo complesso lo Stato realizzi un trasferimento dal sistema sanitario ad altri sistemi, quando il sistema sanitario richiederebbe l’opposto. 3 Ora, si potrebbero sviluppare le evoluzioni di scenario lungo diverse dimensioni. Ai nostri fini, è opportuno concentrarci sui risvolti che impattano la copertura, e il canale distributivo (farmacia). La riduzione del perimetro del sistema sanitario, cioè la riduzione della copertura, rileva per le sue implicazioni sul possibile sviluppo del mercato OOP, e quindi la crescente concorrenza del farmaco sulla spesa out-of-pocket che il consumatore destina alla propria salute. La copertura universale è un principio che, se da un lato difficilmente verrà rivisto negli enunciati (una parziale riduzione della copertura pubblica in base al reddito non sembra assurgere a opzione nel dibattito in corso), dall’altro come abbiamo visto trova già oggi nei fatti numerose eccezioni. In prospettiva, è prevedibile che la copertura si riduca per via di ulteriori misure di contenimento della spesa: adozione del budget per indicazione in oncologia; estensione delle formule di payment by result, finora applicati alla sola oncologia, ad altre aree terapeutiche; parziale esclusione dal rimborso di alcune patologie e aree terapeutiche a minor criticità (es. dermatologia, oftalmologia). Peraltro, è la stessa attrattività del rimborso a diminuire – in particolare per i nuovi farmaci, la cui negoziazione di prezzo e rimborso ha per l’azienda farmaceutica non solo esiti spesso molto inferiori agli obiettivi, ma anche pesanti impatti in termini di ritardati tempi di lancio e quindi mancati ricavi. In questo contesto, la classe C si può trasformare in opportunità: non solo per farmaci primary care maturi e a basso prezzo che potrebbero avere un favorevole business case di delisting, ma persino per nuovi farmaci specialty. Il lancio in classe C nell’attesa di negoziare prezzo e rimborso è ora previsto dal recente Decreto Balduzzi, e può rappresentare un’opzione attraente per l’azienda farmaceutica innanzitutto per assicurare ricavi immediati, ma anche potenzialmente per rafforzare il “case” del prodotto in sede di negoziazione 4 qualora possa dimostrare ampia adozione e supporto da parte di KOL e prescrittori. Questo è quanto succede oggi in numerosi mercati emergenti (es. America Latina), dove ad esempio farmaci oncologici vengono lanciati prima sul mercato privato e poi, sostenuti dall’evidenza dell’uso, eventualmente negoziati col payor… di nuovo, mentre il senso comune vuole che il punto d’arrivo di questi Paesi siano sistemi sanitari con le caratteristiche proprie degli attuali mercati maturi come quello italiano, noi prevediamo anche evoluzioni contrarie, con i mercati maturi che riproducano in futuro alcune condizioni proprie dei mercati emergenti di oggi. Come consulenti, rileviamo che il mercato privato è ormai oggetto di “business case” per molte aziende farmaceutiche in Italia, imponendo riflessioni sui suoi segmenti (out-of-pocket vs. “large private payors”), sui possibili nuovi clienti e sull’offerta e la value proposition con cui approcciarli. Come questa spesa crescente impatterà quella in altri prodotti di salute o salutistici? Interessante notare come sinergico allo sviluppo del mercato privato sia il trend che potremmo definire di “consumerizzazione della salute”, che vede il paziente sempre più consapevole e coinvolto nelle scelte che riguardano la sua salute. Spesso, quando si parla di paziente la reazione è di ridurre tutto all’evoluzione normativa. Approccio semplicistico e attendista, che non considera che il mondo va avanti e si aprono opportunità e minacce. Oltre all’evoluzione normativa, qui rilevano trend come la digital healthcare, la consumerizzazione dei processi e il paziente consumatore. Da un lato, la “digital healthcare” riduce l’asimmetria informativa tra medico e paziente – in generale, e in particolar modo in alcune aree specialistiche (es. 5 sclerosi multipla) – consentendo a quest’ultimo di interagire col medico in merito alla scelta prescrittiva. Dall’altro, il ruolo del paziente nella “chiusura del processo di acquisto” del farmaco è crescente e tangibile nel mercato retail, in cui il brand originale ma genericato spesso mantiene una quota significativa nonostante il co-payment: il paziente è “brand loyal” ed è disposto a pagare di suo per avere il suo brand. Questo trend è rilevante anche per i food supplements, perché il consumatorepaziente che si informa sulla sua salute aumenta la consapevolezza di tutti gli elementi, anche in termini di abitudini alimentari, che incidono su di essa. Infine, il possibile sviluppo del mercato privato e la crescente proattività del paziente esaltano il ruolo del farmacista, presidio qualificato dell’atto di acquisto sul punto vendita: è indispensabile sviluppare le possibili evoluzioni dello scenario distributivo e le loro conseguenze sul farmacista, il suo comportamento, la sua relazione con l’azienda farmaceutica. Scenari a medio termine non possono non considerare la possibilità di eventi dirompenti come il cambiamento del sistema di remunerazione (già tratteggiato a fine 2012), l’uscita della Classe C dalla farmacia, la forte riduzione della marginalità del farmacista a seguito della prevista proliferazione dei punti vendita in un contesto di mercato stagnante/in calo a valori. Facendola semplice, il fatturato medio della farmacia è di circa 1,2 ml €/anno, con un margine medio del 34%. Un aumento del 20% dei PdV, a parità di mercato, significa una riduzione dei ricavi e dei margini del 17% circa; se si considera che il mercato in realtà è e sarà in contrazione e che le ASL pagano in tempi lunghissimi, l’impatto sull’equilibrio eocnomico-finanziario della farmacia è evidente. Si stima che circa 2000 farmacie potrebbero tra qualche anno rischiare la chiusura; per scongiurare tale eventualità, potrebbero cadere tabù come l’apertura del canale a società di capitali (es. Boots nel Regno Unito), 6 nella convinzione che solo player “industriali” possano “salvare” i piccoli a rischio chiusura grazie a economie di scala e di scopo. Insomma, lo scenario distributivo a medio termine potrebbe davvero presentare importanti discontinuità col presente – alla cui gestione siete preparati? Implicazioni: key account management All’interno di questo quadro, i cambiamenti demografici generano fattori di rischio (obesità, fumo, invecchiamento) che accelerano la crescita di patologie croniche quali diabete, osteoporosi o dementia. I fattori di rischio sono controllati o esaltati dai comportamenti dei pazienti, che incidono per un 40% sulle morti “premature”: è il paradosso di un paziente sempre più informato ma nei fatti poco coerente e disciplinato. Per massimizzare l’outcome di salute e contenere i costi, il sistema ha bisogno di allineare i comportamenti individuali ma non è in grado di farlo: emerge così un nuovo mass market, collegato ai crescenti fattori di rischio, a metà strada tra farmaceutica e largo consumo – la Consumer HealthCare. Su tale mercato – che comprende gli integratori alimentari convergono grandi player del largo consumo e “big pharma”, ognuno con i propri punti di forza e di debolezza. Concorrenza del farmaco sulla spesa di salute del consumatore; concorrenza dell’azienda farmaceutica sul “tempo” del farmacista; crisi della farmacia e possibile emergere di interlocutori “industriali”; consumatore sempre più consapevole delle scelte relative alla sua salute, ma incapace di adattare i propri comportamenti alle necessità; grandi player del largo consumo e “big pharma” che convergono sul mercato consumer healthcare… tutti questi fenomeni hanno implicazioni importanti per i player di questo mercato, in termini di potenziali impatti e risposte richieste. 7