Economia e Ambiente Articoli UNA VALUTAZIONE DEL PROGRESSO AMBIENTALE: LA RAGIONE DEL FALLIMENTO Capire l’origine della crisi ambientale per coniugare sviluppo economico e recupero dell’ambiente inquinato – Inquinamento, tecnologie di produzione e fonti energetiche di BARRY COMMONER Qualità ambientale e sviluppo economico* La profonda e turbolenta relazione fra la qualità ambientale e lo sviluppo economico è stato un importante argomento di discussione internazionale iniziato con il Congresso di Stoccolma nel 1972 fino ad arrivare al Rapporto Brundtland. Numerosi studi, congressi e commissioni hanno cercato di spiegare al mondo che questi traguardi urgenti non sono in conflitto e che si possono raggiungere entrambi. Adesso è venuto il momento, dopo 16 anni di fatiche, di porre una domanda molto seria e potenzialmente imbarazzante: che progresso si è fatto nel risolvere tutte e due le parti del problema; riusciamo a comprendere come sono legate le due parti? Io temo che la risposta sia davvero imbarazzante. La prova che non sono stati risolti né la crisi ambientale né il suo disastroso legame con lo sviluppo economico dei paesi in via di sviluppo è contenuta in un’affermazione del Rapporto Brundtland: * Estratto dal volume Economia dell’ambiente e Bioeconomia, a cura di R. Molesti, Franco Angeli, Milano 2003. «...Le industrie che si appoggiano in modo più massiccio alle risorse ambientali e che inquinano più pesantemente crescono più rapidamente nel mondo in via di sviluppo, dove c’è più urgente necessità di crescita e meno capacità di minimizzare gli effetti collaterali dannosi». Il mio scopo qui è quello di mostrare, dai dati relativi, che malgrado i considerevoli sforzi, i paesi sviluppati hanno fallito in larga misura nel migliorare l’ambiente pesantemente inquinato, che la ragione di questo fallimento sta nel conflitto ancora irrisolto fra la qualità dell’ambiente e lo sviluppo economico e che il rimedio per entrambi consiste nel capire l’origine della crisi ambientale. Un’idea ancora diffusa è che l’inquinamento ha origine dalla pressione dell’aumentata popolazione e dai livelli di consumo sulle risorse relativamente limitate dell’ecosistema. L’opinione contraria si basa sulla prova che i livelli scalari dell’inquinamento nei paesi industrializzati dopo la Seconda Guerra Mondiale risultano dall’introduzione di tecnologie di produzione ecologicamente dannose, piuttosto che dall’aumento della popolazione o dai livelli di consumo. 13 Economia e Ambiente 14 Articoli Economia e Ambiente 15 Articoli Economia e Ambiente Pertanto, secondo un’opinione, la crisi ambientale può essere risolta controllando la popolazione e i consumi; in contrasto, l’idea opposta evidenzia la necessità di scegliere tecnologie di produzione che siano in armonia con l’ecosistema. All’epoca del Congresso di Stoccolma, i dati che potevano essere usati per risolvere questa controversia si riferivano ai livelli allarmanti di inquinamento nei decenni subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando relativamente poco era stato fatto per combattere la crisi ambientale. L’introduzione delle misure correttive Oggi, con l’introduzione delle misure correttive a partire dai primi anni Settanta, abbiamo una nuova fonte di dati. Possiamo ora chiedere: quali metodi di miglioramento hanno effettivamente ridotto l’inquinamento e quali non sono riusciti nell’intento? Questo paragone può essere utile per spiegare i fallimenti, per definire i principi del successo e per fornire nuove intuizioni sull’origine della crisi ambientale e di conseguenza sulla sua relazione con lo sviluppo economico. Negli Stati Uniti, sono disponibili dei dati che forniscono un quadro piuttosto dettagliato delle tendenze nei livelli di inquinamento dall’introduzione, negli anni Settanta, di una legislazione di rimedio estensivo. Per esempio, dal 1975 l’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti (EPA) ha pubblicato gruppi di dati coerenti riguardanti le emissioni annuali e le concentrazioni ambientali di una serie standard di inquinanti dell’aria: particelle, biossido di zolfo, ossido di nitrogeno, monossido di carbonio, ozono, componenti organici volatili e piombo. I dati sull’inquinamento dell’acqua sono meno comprensivi, ma nondimeno descrivono le tendenze del tempo nelle concentrazioni di inquinanti base dell’acqua come i batteri fecali coliformi, i fosfati e i nitrati. Da questi e altri rapporti sparsi, è possibile determinare quali cambiamenti nei livelli di un certo numero di inquinanti ambientali sono stati fatti negli Stati Uniti, grazie a notevoli sforzi, per ridurli. Forse l’aspetto più impressionante di questi dati è la loro ampiezza. Ad un estremo vi sono alcuni chiari successi: gli inquinanti che sono scesi nei livelli ambientali del 70% o anche più negli ultimi Articoli 10-15 anni. D’altro canto, la maggior parte dei livelli di inquinamento sono diminuiti solo del 10-20% e alcuni sono effettivamente aumentati. Partendo da questa gamma di effetti, è possibile collegare l’ampiezza dei cambiamenti nei livelli di inquinamento ai tipi di norme collettive impiegate e pertanto identificare le ragioni dei successi e dei fallimenti. I cambiamenti nell’inquinamento dell’aria possono essere sommati molto semplicemente. Per tutti gli inquinanti standard dell’aria, eccetto il piombo, il tasso medio annuo di emissione è sceso solo moderatamente, di circa il 14,1% fra il 1975 (quando si sono iniziate le misurazioni costanti) e il 1985. In quel periodo, l’emissione annua di ossido di nitrogeno è effettivamente aumentata di circa il 4%. Questo è difficilmente il tipo di risultati previsti dalla legislazione ambientale adottata nei primi anni Settanta. D’altra parte, in quel periodo, le emissioni di piombo sono diminuite dell’86% e le concentrazioni di piombo nel sangue sono scese del 40%, risultato che si avvicina al traguardo della soluzione della crisi ambientale. Vi è una situazione simile per l’inquinamento dell’acqua. Una recente indagine delle tendenze dell’inquinamento dell’acqua in circa 300 località nei fiumi degli Stati Uniti mostra che fra il 1974 e il 1981 non c’è stato miglioramento nella qualità dell’acqua per circa il 90% delle località sottoposte a test. Le concentrazioni di batteri fecali coliformi, di ossigeno dissolto, di sedimenti sospesi e di fosforo sono migliorate solo del 13-17% nelle località sottoposte a test. Il problema dell’inquinamento da nitrati è peggiorato sempre di più: le concentrazioni di nitrati sono aumentate del 30% nei fiumi e sono diminuite solo al 7%. Per i cinque inquinanti standard dell’acqua, i luoghi con livelli migliorati erano in media il 13,2% delle località verificate; i luoghi con livelli in fase di peggioramento erano in media il 14,7% sul totale; il 72% è rimasto invariato. Se la riduzione del 70% o più dei livelli nazionali di inquinamento viene presa come prova della soluzione qualitativa del problema, una ricerca sui dati americani disponibili rivela che solo un breve elenco di inquinanti può soddisfare questo criterio: il piombo, il DDT (e gli insetticidi correlati), il PCB, il mercurio nelle acque fresche, il fall-out radioattivo dagli esperimenti sulle bombe nucleari e, in qualche situazione locale, i fosfati. Naturalmente, in certe località un fiu- 16 Economia e Ambiente me o un lago è stato grandemente migliorato con il divieto di riversarvi specifici inquinanti. Ma come mostra il trend dei dati, c’è stato poco o niente miglioramento a livello nazionale. Malgrado siano meno completi, i dati ambientali europei seguono il modello degli Stati Uniti. Per esempio, fra il 1978 e il 1982 le emissioni di biossido di zolfo sono diminuite di una media del 26% nei paesi europei, mentre la media delle emissioni di ossido di nitrogeno sono diminuite solo dell’1,7 (escluso un aumento del 358% in Polonia). I cambiamenti ambientali nel Mar Baltico assomigliano molto da vicino a quelli del Lago Erie, dove a causa dell’inquinamento continuo da fosfati e nitrati vi è stata una persistenza di eutrofizzazione e i livelli di ossigeno sono diminuiti. Dal momento che sono stati proibiti, il DDT e il PCB nei pesci sono diminuiti. In maniera simile, nel Mar Baltico, fra il 1979 e il 1984 i livelli medi di ossigeno sono diminuiti dell’11%, le concentrazioni di fosfati sono aumentate del 101% e le concentrazioni di nitrati del 37%. E, come nel Lago Erie, apparentemente per le stesse ragioni, i livelli di DDT e PCB nei pesci sono sensibilmente migliorati dell’80% e del 45% rispettivamente. (U.N. Commissione Economica per l’Europa, 1987). La sospensione della produzione o dell’utilizzo Che cosa possiamo imparare da queste osservazioni? Vi è un tema comune nelle misure che si sono rivelate di successo. In ogni caso si impediva all’inquinante di penetrare nell’ambiente non con l’impiego di apparecchiature di controllo per recuperarlo dopo che era stato prodotto, ma semplicemente sospendendone la produzione o l’utilizzo. Pertanto, il notevole calo nelle emissioni di piombo è il risultato di certe proibizioni: l’ambiente è meno inquinato di piombo perché ora se ne usa meno. Allo stesso modo, i livelli ambientali di DDT sono diminuiti perché l’insetticida è stato vietato dall’agricoltura americana e quindi non viene più disseminato nell’ambiente. In maniera simile, il calo del PCB ambientale è avvenuto dopo che la legislazione ne aveva proibita la produzione e l’impiego. Vi è stato un notevole declino nei livelli dello stronzio 90 perché gli esperimenti atmosferici Articoli nucleari, che lo producono, sono quasi cessati dal 1963. In certi fiumi le concentrazioni di fosfati si sono estremamente ridotte proibendo l’uso dei detersivi contenenti fosfati: come risultato, molti meno fosfati vengono scaricati nelle fognature e quindi nell’ecosistema acquatico. Tutti questi successi si sono raggiunti con un metodo molto semplice ed estremamente efficace: la produzione dell’inquinante viene arrestata o drasticamente diminuita. Inefficacia del recupero dell’inquinante dopo la produzione In contrasto con questi successi, le misure di controllo predisposte per recuperare l’inquinante dopo che è stato prodotto sono inefficaci. Per esempio, i mezzi di controllo predisposti per il recupero o la distruzione degli inquinanti dell’aria – come gli impianti di gorgogliatori che imprigionano il biossido di zolfo o i convertitori catalitici che distruggono il monossido di carbonio emesso dalle automobili – hanno un modesto impatto sulle emissioni. Così il decennio o poco più di sforzi per migliorare la qualità ambientale ci impartisce una lezione molto semplice: i livelli di inquinamento possono essere ridotti abbastanza da avvicinarsi al traguardo dell’eliminazione solo se la produzione o l’uso di sostanze nocive vengono sospesi. La strategia delle apparecchiature di controllo non è efficace. La riduzione del livello di mercurio nei sedimenti dei laghi è un esempio molto interessante dal punto di vista informativo. Ciò accadde quando fu scoperto che le maggiori cause del deposito di mercurio ambientale nei Grandi Laghi erano gli impianti chimici che producono candeggina per mezzo di elettrolisi di soluzione di acqua salata (il mercurio viene usato come conduttore di corrente elettrica). Venne chiesto agli industriali interessati di abbandonare questa pratica e i responsabili degli stabilimenti sostituirono nel processo di produzione il mercurio con un diaframma semipermeabile. Gli stabilimenti non scaricarono più mercurio nei fiumi vicini per la semplice ragione che non lo usarono più. C’è da dire che questo non comportò una diminuzione della produzione di candeggina di quegli stabilimenti. Al contrario, durante il periodo 1970-79, quando l’inquinamento da mercurio calò vistosamente, la produzione totale nazionale di candeggina aumentò del 26%. Il problema dell’inquinamento da mercurio 17 Economia e Ambiente fu risolto cambiando il mezzo per la fabbricazione della candeggina, piuttosto che producendone e consumandone meno. L’inquinamento da piombo e da DDT Lo stesso modello è evidente per quanto riguarda l’inquinamento da piombo. In questo caso, il processo di produzione è lo spostamento dell’automobile e ciò che è «consumato» sono le miglia-passeggero che si sono percorse. Fra il 1975 e il 1984, mentre le emissioni di piombo dei veicoli diminuiva del 72%, gli spostamenti dei viaggiatori (cioè le miglia percorse dai passeggeri) aumentarono del 26 %. Chiaramente questo considerevole miglioramento ambientale non venne raggiunto limitando il consumo del bene, ma, ancora, cambiando i mezzi tecnologici della produzione. Il DDT fornisce un esempio simile. In questo caso il bene prodotto per il consumo è il raccolto che il DDT proteggeva dagli insetti; per gli Stati Uniti, riguardava soprattutto il raccolto di cotone. Fra il 1970 e il 1984 i livelli ambientali di DDT diminuirono del 70-80% e ciononostante la produzione di cotone aumentò del 31%. Ancora una volta, quello che è stato cambiato non era la quantità del bene prodotto o consumato, ma i mezzi tecnologici per produrlo. Questi esempi aiutano a definire il significato dei cambiamenti che hanno portato ai vistosi declini nell’inquinamento ambientale. Chiaramente, ciò che è stato cambiato non è la pressione della popolazione o il livello di consumo, ma la tecnologia della produzione. La maggior parte dei nostri problemi ambientali sono il risultato inevitabile dei cambiamenti travolgenti nella tecnologia della produzione, che hanno trasformato il sistema economico americano dopo la Seconda Guerra Mondiale: le nuove grandi e potenti automobili che generano smog; il passaggio dalle ferrovie alimentate da carburante efficace ai camion e alle auto che si ingozzano di gas; la utilizzazione di prodotti petrolchimici pericolosi e non degradabili al posto di prodotti naturali biodegradabili e meno tossici; l’impiego dei fertilizzanti in luogo del letame e della rotazione del raccolto e i pesticidi sintetici tossici al posto di insetti e uccelli; l’introduzione degli inceneritori per i rifiuti in luogo Articoli del riciclo. Il degrado ambientale è insito nel progetto tecnico di questi strumenti moderni di produzione. Il motore supercompresso di una automobile non è solo potente, ma è un generatore di smog. Una fattoria che usa fertilizzanti chimici e pesticidi non è soltanto altamente produttiva, ma è anche una incontrollabile fonte di acqua inquinata. Un inceneritore di rifiuti non solo produce energia, ma anche diossina. E il rischio ambientale non è altro che il risultato del progetto tecnologico della facilitazione al pari del suo giovevole prodotto. La supercompressione di un motore d’auto è la causa sia della sua potenza che della sua produzione di ossido di nitrogeno, che ha come riflesso lo smog. L’uso estensivo dei fertilizzanti e dei pesticidi favorisce la produttività della fattoria moderna; favorisce anche l’inquinamento dei fiumi e delle falde idriche. Lo stesso processo di combustione che estrae energia dall’immondizia rilascia anche dei precursori chimici che poi si combinano per produrre la diossina. Cambiamenti nella tecnologia e inquinamento ambientale Entro il 1970 fu chiaro che questi cambiamenti nella tecnologia di produzione sono la causa che origina l’inquinamento ambientale moderno. Ora questa conclusione è stata confermata dai risultati vistosamente divergenti dello sforzo di ripulire l’ambiente. Solo nei pochi casi in cui è stata cambiata la tecnologia di produzione – eliminando il piombo dalla benzina, il mercurio dalla produzione di candeggina, il DDT dall’agricoltura, il PCB dall’industria elettrica, e le esplosioni nucleari atmosferiche dall’impresa militare – l’ambiente è sostanzialmente migliorato. Quando la tecnologia di produzione rimane immutata, e si cerca di recuperare l’inquinante con un’apparecchiatura di controllo – i catalizzatori per le auto o gorgogliatore per la centrale elettrica – il miglioramento ambientale è infinitamente modesto e in qualche caso (come quello degli ossidi di nitrogeno) addirittura nullo. Quando un inquinante è al punto di origine, può essere eliminato; una volta che è prodotto, è troppo tardi. Insomma, l’inquinamento ambientale è quasi una malattia incurabile; può solo essere prevenuto. Purtroppo, la maggioranza delle regolamentazioni ambientali – certamente negli Stati Uniti – sono state create senza far ri- 18 Economia e Ambiente ferimento alle origini della crisi che esse dovevano risolvere. Ciò in quanto la regolamentazione ambientale ha ignorato l’origine del problema e ha affrontato solo i suoi effetti. Avendo definito la malattia come un insieme di sintomi, le regolamentazioni possono solo fornire misure palliative. La nozione della prevenzione dell’inquinamento, la sola misura che funziona veramente, appare solo in modo irregolare nelle leggi degli Stati Uniti e non ha mai ricevuto forza amministrativa. I livelli “accettabili” di danno Invece, le regolamentazioni stabiliscono alcuni livelli “accettabili” di danno da parte degli inquinanti ambientali (per esempio, i rischi di cancro di 1 su un milione) e sono stati stabiliti gli standard di emissione o di concentrazione nell’ambiente che possono presumibilmente raggiungere questo livello di rischio. Il risultato netto è che il livello accettabile di inquinamento rimane congelato. Le industrie, che hanno pesantemente investito in attrezzature progettate per raggiungere il livello richiesto, non investiranno facilmente in ulteriori miglioramenti. Il pubblico, a cui è stato detto che il rischio per la salute è “accettabile”, sarà altrettanto soddisfatto. Alcune persone particolarmente ottimiste osserveranno che l’esposizione al livello accettabile è quasi una specie di garanzia di salute. Altre, forse consce della relazione lineare fra livello di inquinamento e rischio per la salute, concluderanno che stiamo facendo tutto il possibile e, nella maggior parte dei casi, accetteranno fatalisticamente il rischio rimanente. Chiaramente, questo processo è l’inverso dell’approccio previdenziale per la salute pubblica. Esso si adopera non per il continuo miglioramento dell’ambiente, ma per l’accettazione, da parte della società, di un certo rischio, che si spera sia basso, per la salute. In un certo senso, questo è un ritorno all’approccio medievale nei confronti della malattia, quando si credeva che il male – e la morte stessa – fosse da ritenere un debito della vita che ci tocca pagare per il peccato originale. Ora noi dobbiamo fondere questa filosofia in una forma più moderna: alcuni livelli di inquinamento e alcuni ri- Articoli schi per la salute sono il prezzo inevitabile da pagare per i vantaggi materiali della moderna tecnologia. L’approccio previdenziale mira alla riduzione progressiva del rischio per la salute, non affida in mandato qualche punto di arresto socialmente conveniente. I programmi di salute pubblica, dopo tutto, non hanno deciso che potevano fermarsi quando il rischio di vaiolo aveva raggiunto un caso su un milione; invece sono continuati finché il vaiolo è stato sconfitto a livello mondiale, portando il rischio a zero. In contrasto, l’approccio del presente regolamento, mettendo uno standard di esposizione “accettabile” all’inquinante, erige una barriera amministrativa che blocca ulteriori miglioramenti nella qualità ambientale. Questo è, a mio avviso, un grosso costo del nostro fallimento nel confrontarci con la crisi ambientale alla fonte e di capire che solo la prevenzione funziona. Si possono costruire motori senza smog Un altro notevole, e scoraggiante, esempio di come la comprensione dell’origine può portare a prevenire la produzione di un inquinante è lo smog fotochimico. Da più di 20 anni abbiamo capito l’origine dello smog fotochimico. I motori supercompressi introdotti dopo la Seconda Guerra Mondiale per le automobili americane naturalmente producono calore e pertanto convertono l’ossigeno e il nitrogeno dell’aria del cilindro in ossidi di nitrogeno. Quando il gas viene eliminato, gli ossidi di nitrogeno vengono attivati dalla luce del sole e reagiscono con il carburante sospeso nell’aria e altri idrocarburi – molti di essi però relativamente benigni – producendo ozono e gli altri componenti nocivi dello smog fotochimico. Si possono costruire motori senza smog che non producono ossidi di nitrogeno, che non solo hanno come riflesso lo smog ma contribuiscono anche alle piogge acide? Naturalmente sì e sono anche stati costruiti. Tutte le automobili di anteguerra erano dotate di motori del genere, ecco perché l’ambiente era privo di smog fotochimico. Infatti, si può prevenire la produzione di ossido di nitrogeno senza rinunciare alle automobili americane con i preziosi motori superpotenziati cosa che, comunque, è una buona idea. Il motore cosiddetto “a carica stratificata” può fare esattamente così. Ma i fabbricanti finora non sono stati invogliati ad introdurli nella produzione. 19 Economia e Ambiente Come attaccare l’inquinamento alla fonte Vi sono altri esempi di come l’inquinamento può essere attaccato alla fonte e quindi prevenuto. Se gli agricoltori americani fossero stati obbligati a ridurre il tasso attuale, spesso improduttivamente alto, della fertilizzazione con i nitrogeni e se si fossero rivolti a fonti organiche di nitrogeno, l’inquinamento da nitrati dell’acqua ora sarebbe in diminuzione anziché in aumento. Se alle fattorie fosse stato imposto di passare dalle applicazioni di pesticidi ciecamente ripetute alla gestione integrata, si potrebbe controllare l’aumento del livello di inquinamento dei pesticidi. Se le ferrovie e i trasporti di massa fossero potenziati; se il sistema di energia elettrica fosse decentralizzato e basato sempre di più sui cogeneratori e sulle centrali solari; se la piccolissima percentuale di case americane climatizzate fosse aumentata, il consumo di carburante e il relativo inquinamento dell’aria sarebbero vistosamente ridotti. Se fosse vietato agli imbottigliatori l’uso di bottiglie di plastica o di mettere reti di plastica intorno alle sei confezioni di birra; se fosse vietato ai supermarket di avvolgere con la pellicola di clorato di polivinile tutti i prodotti in vista e poi di infilarli nei sacchetti di plastica; se MacDonald potesse riscoprire i piatti di cartone; se la plastica venisse ristretta solo alle cose veramente necessarie – diciamo ai cuori artificiali e ai videoregistratori – allora potremmo respingere indietro dalla biosfera l’invasione tossica dell’industria. L’inquinamento ha origine dalla tecnologia della produzione Tutto ciò è una chiara prova che l’inquinamento ambientale ha origini dalla tecnologia della produzione e che il solo modo efficace per migliorarla è di sostituirvi una tecnologia che elimini l’inquinante. Questa conclusione pone un legame diretto con lo sviluppo economico. Identifica il fattore – tecnologia della produzione – che non solo determina la qualità ambientale ma è anche il maggior determinante dello sviluppo economico. Ciò che è in questione, quindi, è il relativo impatto di una data forma di tecnologia di produzione sulla qualità ambientale da una parte, e sullo sviluppo Articoli economico dall’altra. Le tecnologie che sono più produttive dal punto di vista economico sono sempre le più rischiose per l’ambiente? O, al contrario, quelle economiche ed ambientali meritano di andare di pari passo, in modo che le tecnologie possano essere considerate entrambe economicamente produttive e ambientalmente benigne, ed essere pertanto un mezzo per risolvere l’equazione ambiente-sviluppo? L’approccio convenzionale è quello per cui queste tecnologie che sono altamente produttive dal punto di vista economico, generalmente hanno un serio impatto sull’ambiente. Ciò porta a pensare che tali tecnologie debbano essere usate come mezzi per lo sviluppo economico, in modo che la qualità ambientale possa essere raggiunta solo aggiungendo ad esse i mezzi di controllo dell’inquinamento. In pratica, è più probabile che i paesi in via di sviluppo compiano i maggiori sforzi per introdurre tecnologie economicamente produttive che non per controllare il loro impatto ambientale, da cui deriva il deplorevole risultato descritto nella prima citazione dal rapporto Brundtland. Purtroppo, come abbiamo visto, questa strategia ha già fallito nei paesi avanzati – i controlli aggiuntivi fanno molto poco per tutelare l’ambiente – e non offre speranza di salvare il problema nei paesi in via di sviluppo. Cambiare le forme di tecnologia usate L’evidenza di cui sopra impone un nuovo approccio: che l’unico modo per migliorare significativamente l’impatto ambientale sulla produzione è il cambiamento delle forme di tecnologia usate. Il legame fra il merito economico ed ambientale della tecnologia è pertanto un punto cruciale. Per esempio, se una nuova tecnologia introdotta per migliorare l’ambiente causa anche un declino nella produttività, ci sarà ancora una volta un conflitto fra il miglioramento dello sviluppo economico e l’ambiente. Un modo per risolvere questo problema è di esaminare il legame fra la produttività economica e l’impatto ambientale delle nuove forme di tecnologia di produzione introdotte dopo la Seconda Guerra Mondiale. Come rilevato più sopra, nel periodo fra il 1950 e il 1970 c’è stata una trasformazione travolgente nella tecnologia dei maggiori aspetti della produzione – 20 Economia e Ambiente nell’agricoltura, nell’industria, nei mezzi di trasporto e nella produzione energetica – che ha degradato disastrosamente l’ambiente. Al tempo stesso, queste stesse tecnologie erano responsabili di un grande aumento della produzione e dell’espansione economica. In termini operativi, quindi, possiamo parlare dell’attuale crisi dell’ambiente come una conseguenza deplorevole – e forse inaspettata – delle scelte che erano state fatte al fine di incrementare lo sviluppo economico dopo la Seconda Guerra Mondiale. È questo fatto che spesso dà l’impressione che lo sviluppo economico sia necessariamente accompagnato dall’inquinamento ambientale. Il fallimento dell’energia nucleare Ma questa impressione è fuorviante, perché c’è motivo di dubitare del merito economico delle tecnologie di produzione del dopoguerra. L’energia nucleare ne fornisce un esempio che lascia perplessi. E stato ben stabilito che lo sviluppo economico è strettamente legato alla disponibilità di energia elettrica, perché questa può essere applicata con efficacia quasi perfetta ai processi produttivi che vanno dallo stringere un bullone al far funzionare un treno. Chiaramente una qualità abbondante di energia elettrica può servire da motore che guida lo sviluppo economico. In verità, quando venne introdotta l’energia nucleare – la più importante innovazione del dopoguerra per generare elettricità – fu salutata come una panacea economica. Il responsabile del programma di energia atomica degli Stati Uniti, ad esempio, dichiarò che «l’energia nucleare sarà così a buon mercato che nessuno si disturberà mai a misurarla». Ma la realtà è assai diversa. Quasi dappertutto, l’iniziale rapida espansione dell’energia nucleare è arrivata ad una battuta di arresto. Negli Stati Uniti, per esempio, negli ultimi 10 anni non sono stati ordinati nuovi impianti; molti ordini sono stati stornati; impianti quasi ultimati sono stati abbandonati e persino alcuni già completati non hanno ottenuto il permesso di operare; una società di energia pesantemente dipendente dall’energia nucleare è fallita, il primo fallimento di questo genere dopo la Grande Depressione. L’energia nucleare ha fallito come strumento di Articoli sviluppo economico. La ragione era chiara anche prima di Three Mile Island e di Chernobyl. L’energia nucleare è un fallimento economico per i suoi difetti ambientali. La necessità di protezione contro gli incidenti e i rischi di routine di radiazioni ha superato il costo di capitale dell’energia nucleare e si è rivelata un disastro economico. Chiaramente l’energia nucleare non è un veicolo di sviluppo. I danni dell’industria chimica Vi sono esempi più generali che sembrano essere meno drammatici solo perché diversamente dall’energia nucleare, i difetti ambientali della tecnologia, benché reali, finora rimangono esteriorità economiche e non appaiono nelle colonne dei profitti e delle perdite dell’industria. L’industria petrolchimica è un esempio costruttivo. Gli enormi rischi ambientali sempre in aumento generati da questa industria sono troppo noti. L’industria petrolchimica è ugualmente famosa per il suo successo economico, essendo cresciuta negli Stati Uniti, ad esempio, fino a 250 miliardi di dollari in meno di 40 anni. Ciò che è meno noto è che fare un serio sforzo per rettificare i difetti ambientali dell’industria significherebbe distruggere letteralmente la sua vitalità economica. L’industria petrolchimica genera circa 300 milioni di tonnellate di scorie tossiche ogni anno, il 90% delle quali viene introdotto nell’ambiente in un modo o nell’altro: nei pozzi, nelle lagune di superficie, nei serbatoi. Solo l’uno per cento delle scorie viene distrutto, che è l’unico modo per assicurarsi che queste sostanze altamente pericolose e che durano a lungo non si accumulino e alla fine minaccino gli esseri viventi. Se il metodo attuale di distruzione, l’incenerimento (che è ancora non soddisfacente dal punto di vista ambientale) fosse applicato agli agenti attivi nel flusso annuale delle scorie (circa l’1% della massa totale), il costo sarebbe considerevolmente maggiore del profitto totale dell’industria. Insomma, l’industria petrolchimica è profittevole solo perché è riuscita, finora, ad evitare di pagare il suo conto all’ambiente. I costi ambientali delle altre industrie sono più difficili da valutare, ma molti di essi possono essere abbastanza grandi da sbilanciare drasticamente i libri contabili delle industrie. Quanto vitale sarebbe 21 Economia e Ambiente l’industria energetica se dovesse pagare il costo delle piogge acide – per non parlare di tutti gli altri inquinanti – che produce? Che cosa rimarrebbe dei già vacillanti profitti dell’industria automobilista se fossero diminuiti del costo dello smog? E come potremo considerare l’utile netto dell’industria moderna dopo aver confrontato l’incommensurabile costo della distruzione climatica e delle inondazioni che avverrebbero quando i livelli di biossido di carbonio sempre in aumento diventano critici, cosa che sicuramente accadrà se le numerose tecnologie basate sul consumo del carburante fossile non vengono sostituite? Al di là di queste considerazioni generiche, si può argomentare che l’opposizione pubblica ai rischi ambientali inerenti a queste tecnologie di produzione pone un limite al loro continuo sviluppo economico. Modeste ma simili limitazioni alla continua crescita economica dell’industria petrolchimica cominciano a farsi avanti negli Stati Uniti: leggi che vietano l’uso di imballi di plastica per i cibi; norme che vietano prodotti chimici particolarmente nocivi; una sempre maggior competizione dai controlli biologici degli insetti nocivi. Crescita economica dei Paesi in Via di Sviluppo, senza degrado Pertanto si può argomentare che non solo le tecnologie del dopoguerra sono carenti dal punto di vista ambientale, ma che questo fallimento limita la loro capacità continua di contribuire allo sviluppo economico. Sembra insomma che le nazioni avanzate si siano appoggiate alle tecnologie di produzione che sono estremamente limitate nella loro capacità di sostenere un ulteriore sviluppo economico perché anch’esse hanno effetti nocivi sull’ambiente. Partendo da queste considerazioni, io credo che sia possibile una crescita economica nei paesi in via di sviluppo che favorisca lo sviluppo senza causare il degrado ambientale che hanno subìto i paesi avanzati. Il precetto base è presto detto, sebbene in modo negativo: i paesi in via di sviluppo devono evitare le tecnologie di produzione le cui caratteristiche hanno generato sia le difficoltà ambientali che economiche Articoli che possono essere evitate adottando approcci opposti, cioè favorendo i combustibili rinnovabili e decentralizzando i sistemi. In pratica si può arrivare a questo attraverso tutta una serie di provvedimenti collegati tra loro. Per cominciare, il bisogno di energia elettrica, dapprima necessariamente basato su impianti tradizionali, dovrà essere soddisfatto con impianti fondati sulla cogenerazione. Questi impianti recuperano dal combustibile sia il calore che l’elettricità e sono pertanto più economici e meno inquinanti degli impianti convenzionali, che eliminano due terzi dell’energia del combustibile sotto forma di calore rigettato. Per una buona efficienza, i cogeneratori devono essere dimensionati secondo l’esigenza locale, evitando gli enormi investimenti in un impianto energetico centrale e l’annessa rete di distribuzione su larga scala. Il passaggio alle energie rinnovabili L’etanolo e il metano possono essere gradualmente tramutati in combustibile per i motori dei veicoli e le cellule fotovoltaiche usate per produrre elettricità, coadiuvate dai collettori solari per il calore. In ogni caso, queste tecnologie riducono vistosamente l’impatto ambientale, in confronto a quelle convenzionali, riducono i costi di energia derivati dai combustibili non rinnovabili ed infine liberano l’economia dall’effetto autodistruttivo del costo sempre crescente dei combustibili non rinnovabili. L’importanza di un nuovo punto di partenza nella tecnologia dell’agricoltura nei paesi in via di sviluppo e la sua relazione con l’industria petrolchimica è stata messa in evidenza dal recente disastro all’impianto di Bhopal, in India, che fabbricava insetticidi. Il rimedio convenzionale suggerito da questo evento catastrofico è che, dal momento che gli insetticidi sono essenziali per l’agricoltura indiana, si deve fare un maggior sforzo per prevenire tali incidenti. Giustamente è stata sottolineata la complessità del problema e gli interessi conflittuali che ostacolano qualsiasi soluzione proposta. Io credo che sia venuto il momento di fare il prossimo passo per definire ciò che si può fare ora per porre fine al tragico impoverimento di tanta parte del mondo senza imporre ad esso un prezzo non voluto: un ambiente degradato. Barry Commoner 22 Economia &Ambiente▀ ▀ COMITATO SCIENTIFICO Rita Levi Montalcini, Premio Nobel; Ilya Prigogine, Premio Nobel; † Kennet E. Boulding, prof. ord. nell’Univ. del Colorado; Vittorio Bonuzzi, prof. nell’Univ. di Verona; Giovanni Cannata, Rettore dell’Università del Molise; † Barry Commoner, prof. ord. nel Queens College di New York; † Nicholas Georgescu-Roegen, prof. ord. nell’Univ. di Nashville (USA); Emilio Gerelli, prof. ord. nell’Univ. di Pavia; Siro Lombardini, prof. ord. nell’Univ. di Torino; Romano Molesti, prof. ord. nell’Univ. di Verona; Ignazio Musu, prof. ord. nell’Univ. di Venezia; Giorgio Nebbia, prof. emerito nell’Univ. di Bari, Fulco Pratesi, Presidente del WWF; Sergio Vellante, prof. ord. nella Seconda Univ. di Napoli; Antonino Zichichi, Presidente del World Lab. DIRETTORE RESPONSABILE: Romano Molesti REDATTORE CAPO: Stefano Zamberlan COMITATO REDAZIONALE: Sergio Bindi, Stefano Presa, Silvio Trucco Sommario Anno XXXI - N. 6 Novembre-Dicembre 2012 EDITORIALE RUBRICHE Romano Molesti, Costi e benefici delle politiche ambientali . . . . . . . Pag. 3 ECONOMIA E TERRITORIO (S. Zamberlan) A Vicenza la 16a conferenza nazionale ASITA ” 33 ARTICOLI INDUSTRIA E AMBIENTE (S. Presa) Meno rifiuti, più benessere . . . . . . . ” 41 Giorgio Nebbia, In ricordo di Barry Commoner (1917-2012) . . . . . ” 7 Barry Commoner, Una valutazione del progresso ambientale: la ragione del fallimento . . . . . . . . ” 13 Daniele Gallori, Riflessioni dopo Fukushima: nucleare e stile di vita . . . . . . . . . ” 27 Amerigo Vaglini, A San Piero a Grado c’era un reattore nucleare di ricerca . . . ” 23 ENERGIA E AMBIENTE (V. Campetti) Friuli: una rete di imprese agricole per il biogas . . . . . . . . . . . . . ” 47 NOTIZIE DELL’AMBIENTE (F. Pasquini) Florens 2012: il forum internazionale dei beni culturali e ambientali a Firenze . . . . . ” 51 ARTE E AMBIENTE (S. Trucco) FIDRA, il festival internazionale del reportage ambientale . . . . . . . . ” 57 I LIBRI . . . . . . . . . . . . . . ” 61 ISSN 1593-9499 Le foto in copertina sono di Romano Molesti, le foto da pagina 3 a pagina 15 e del retro di copertina sono di Stefano Zamberlan, Economia & Ambiente, rivista bimestrale dell’ANEAT – Associazione Nazionale Economisti Ambiente e Territorio - onlus Direzione e Amministrazione: via Pratale, 64 – Pisa, Tel. 050/571181, Fax 050/571198 – www.cndamb.com Condizioni di abbonamento annuale Abbonamento ordinario € 46,00 – estero € 85,00 – sostenitore € 160,00 – benemerito € 195,00 Prezzo di un fascicolo € 12,00 – arretrato il doppio C/c postale n. 10568566 intestato a: «Economia & Ambiente» - Via Pratale, 64/A – 56127 Pisa Gli abbonamenti non disdetti entro il 31 dicembre di ciascun anno si intendono tacitamente rinnovati per l’anno successivo Gli articoli vengono esaminati da membri del Comitato Scientifico e della Redazione Gli articoli firmati impegnano soltanto la responsabilità dei loro Autori www.economiaeambiente.it [email protected]