Ugo Foscolo 1778-1827 Da www.marforio.org A cura di Maria Teresa Cunsolo Dei Sepolcri La stesura del carme, secondo Gavezzeni, va «complessivamente ascritta al mese di agosto del 1806, se il settembre il poeta poteva annunziare all’Albrizzi di avere un’epistola da stamparsi lindamente». La prima edizione è stata pubblicata nel 1806 a Brescia, per i tipi di Niccolò Bettoni. DEORUM MANIUM IURA SANCTA SUNTO XII TAB. I diritti degli dei Mani siano sacri. I mani nella religione romana sono i defunti. La citazione, in epigrafe, di un antico precetto non appartiene, come affermava Foscolo alle XII tavole, ma al De legibus di Cicerone. Ha una sfumatura polemica poiché cerca di contrapporre all’editto napoleonico il religioso rispetto sancito sin dai tempi remoti. “Poesia d’occasione” La stesura del carme è collegata a una precisa sollecitazione derivante dalla cronaca: l’editto di Saint-Cloud del 12 giugno 1804. Emanato da Napoleone per esigenze igieniche e per il rispetto dei principi egualitari. L’editto sanciva che le tombe dovessero esser collocate fuori dall’abitato e avessero lapidi uguali. Foscolo e l’Editto In un primo momento è favorevole all’editto e nella primavera del 1806 ne sostiene la validità nel salotto veneziano di Isabella Teotochi Albrizzi. Nell’estate del 1806 maturò le posizioni espresse nel carme. Ippolito Pindemonte Amico del poeta. Compone, agli inizi del luglio 1806, un carme in ottave, il primo dei quattro di cui avrebbe dovuto constare un poema su I Cimiteri. Egli stesso nella premessa all’edizione del 1807 dei suoi versi dichiarò: «Compiuto quasi io avea il primo canto dei Cimiteri, quando seppi che uno scrittore non ordinario, Ugo Foscolo, stava per pubblicare alcuni dei suoi versi a me indirizzati sopra i Sepolcri. L’argomento mio, che nuovo più non pareami, cominciò allora a spiacermi, ed io abbandonai il mio lavoro». L’ “occasione” Da cui nasce l’opera non esaurisce i significati, in quanto trovano espressione in questo carme motivi e problemi presenti nella produzione foscoliana sin dall’Ortis: la morte, la tomba, il significato della vicenda umana in un universo nel quale «la materia ritorna alla materia». La sua lettera a Monsieur Guillon È scritta in risposta ad un articolo fortemente critico del letterato francese Aimé Guillon apparso il 22 giugno 1807 sul Giornale Italiano di Milano. Foscolo stesso, in difesa alle critiche dell’abate, diparte il carme in quattro parti. La prima sezione del carme: vv. 1-90 Dimostra come «i monumenti inutili a’ morti giovano a’ vivi perché destano affetti virtuosi lasciati in eredità dalla persone dabbene: solo i malvagi, che non si sentono meritevoli di memoria, non la curano; a torto dunque la legge accomuna le sepolture de’ tristi e dei buoni, degl’illustri e degl’infami». Il blocco dei vv. 1-90 Può essere ulteriormente tripartito in micro-unità: I versi 1-22 esprimono la desolante affermazione delle tesi materialistiche. I versi 23-50 propongono l’alternativa dell’illusione. I versi 51-90 sviluppano in senso polemico la nuova legge cui è da addebitare la misera fine dei resti del Parini e si apre una digressione che investe la società milanese e la sua aberrazione morale. Leggiamo la prima micro-unità vv. 1-22 All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro? Ove piú il Sole per me alla terra non fecondi questa bella d'erbe famiglia e d'animali, e quando vaghe di lusinghe innanzi a me non danzeran l'ore future, né da te, dolce amico, udrò piú il verso e la mesta armonia che lo governa, né piú nel cor mi parlerà lo spirto delle vergini Muse e dell'amore, unico spirto a mia vita raminga, qual fia ristoro a' dí perduti un sasso che distingua le mie dalle infinite ossa che in terra e in mar semina morte? Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve tutte cose l'obblío nella sua notte; e una forza operosa le affatica di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe e l'estreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo. La prima interrogativa retorica equivale a una negazione che si spiega per le posizione materialistiche e meccanicistiche proprie della filosofia tardo-settecentesca. La morte, identificata con il sonno, nega la possibilità di godere: del Sole, emblema della forza vitale, che feconda la terra generando questa bella d’erbe famiglia e d’animali, delle ore future che non offriranno più attraenti lusinghe, degli armonici mesti versi del dolce amico, delle vergini Muse e dell’amore che non parleranno più al cuore. Pertanto che ristoro può essere, in confronto alla perdita della vita, il fatto che le mie ossa siano distinte per mezzo di un sasso, da tutte le altre che la morte in terra e in mar semina. È così purtroppo, o Pindemente! Anche la Speme, ultima dea che abbandona gli uomini, fugge i sepolcri. L’obblio involve tutte le cose nella sua notte cancella ogni traccia degli esseri viventi, e la forza della natura distrugge le forme assunte provvisoriamente dalla materia. Ma perché pria del tempo a sé il mortale invidierà l'illusïon che spento pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sarà muta l'armonia del giorno, se può destarla con soavi cure nella mente de' suoi? Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi, se pia la terra che lo raccolse infante e lo nutriva, nel suo grembo materno ultimo asilo porgendo, sacre le reliquie renda dall'insultar de' nembi e dal profano piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, e di fiori odorata arbore amica le ceneri di molli ombre consoli. Sol chi non lascia eredità d'affetti poca gioia ha dell'urna; e se pur mira dopo l'esequie, errar vede il suo spirto fra 'l compianto de' templi acherontei, o ricovrarsi sotto le grandi ale del perdono d'lddio: ma la sua polve lascia alle ortiche di deserta gleba ove né donna innamorata preghi, né passeggier solingo oda il sospiro che dal tumulo a noi manda Natura. La seconda micro-unità vv. 23-50 Il connettivo logico in posizione iniziale, Ma perché, è funzionale per garantire la transizione tematica dalla tesi materialistica esposta nei versi precedenti all’alternativa offerta dalle illusione. La tomba può premettere il dialogo tra i vivi e i morti e consente agli uomini il superamento dei propri limiti celeste dote. Ma Sol chi non lascia precisa che corrispondenza d'amorosi sensi è offerta solo a coloro che hanno avuto un’intensa vita affettiva Parallelismi tra le prime due micro-unità Il professore Niccolò Mineo ha indicato le simmetrie presente tra le due sezioni, denotando che: sono formate quasi dallo stesso numero di versi; la prima unità vv. 1-22 si apre con un’interrogativa retorica particolarmente lunga seguita da un’affermazione abbastanza breve; la seconda unità vv. 23-50, al contrario, presenta un’interrogativa breve e un’ampia asserzione; la rispondenza tra le due unità è sottolineata anche dal ritmo incalzante e passionale che poggia: nei vv. 3-15 su una serie di proposizioni coordinate: «e quando», «né da te», «e la mesta», «né più nel cor»; che seguiti dalla breve affermazione dei vv. 16-22 sottolineano la desolazione di una causalità inesorabile. nella scorrevole sintassi dell’interrogazione dei vv. 26-29; seguita dall’affermativa espressa nei vv. 29-40 con le coordinate: «e spesso», «e l’estinto»,«e dal profano», «e serbi», «e di fiori» in cui si ripropone non la forza distruttiva bensì costruttiva, tesa ad accumulare motivi di consolazione. I vv. 51-90, che concludono la prima parte del carme, costituiscono un esempio in negativo della tesi prima illustrata: La colpa di non attribuire il giusto valore al sepolcro nega all’estinto la possibilità del ricordo. La tomba serve a conservare il ricordo non solo per i famigliari ma per tutta la società civile. I versi conclusivi sono funzionale per la seconda parte del carme dedicata alla funzione civile della tomba. Il passaggio è palesemente indicato nell’amoroso pianto che richiama la corrispondenza d’amorosi sensi che si affianca all’onore delle umani lodi. Leggiamo i vv. 51-60 Pur nuova legge impone oggi i sepolcri fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti contende. E senza tomba giace il tuo sacerdote, o Talia, che a te cantando nel suo povero tetto educò un lauro con lungo amore, e t'appendea corone; e tu gli ornavi del tuo riso i canti che il lombardo pungean Sardanapalo, cui solo è dolce il muggito de' buoi che dagli antri abdüani e dal Ticino lo fan d'ozi beato e di vivande (…) Talìa e il suo sacerdote Talìa è la musa della poesia satirica, della commedia. Parini è chiamato suo sacerdote perché si dedicò con assidua dedizione al lauro. «la musa ispirava l’ironia dei canti (Il giorno) con cui Parini colpiva i nobili lombardi oziosi e corrotti, a cui stavano a cuore solo le proprietà, il muggito dei buoi,che dalle stalle del lodigiano e dal Ticino li rendevano beati, procurando loro ozio e cibi pregiati » Sardanapalo e Abdua Re assiro proverbialmente noto per il suo lusso e per la sua corruzione. Per tal motivo il giovan signore con pungente satira può essere paragonato a Sardanapalo. Abdua, è il nome latino di Lodi, però può essere inteso anche come il territorio bagnato dall’Adda. (…) O bella Musa.. vv. 70-90 Forse tu fra plebei tumuli guardi vagolando, ove dorma il sacro capo del tuo Parini? A lui non ombre pose tra le sue mura la città, lasciva d'evirati cantori allettatrice, non pietra, non parola; e forse l'ossa col mozzo capo gl'insanguina il ladro che lasciò sul patibolo i delitti. Senti raspar fra le macerie e i bronchi la derelitta cagna ramingando su le fosse e famelica ululando; e uscir del teschio, ove fuggia la luna, l'úpupa, e svolazzar su per le croci sparse per la funerëa campagna e l'immonda accusar col luttüoso singulto i rai di che son pie le stelle alle obblïate sepolture. Indarno sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti non sorge fiore, ove non sia d'umane lodi onorato e d'amoroso pianto. La tomba di Parini Gavezzani ricorda che opportuno precisare la strumentalizzazione operata dal Foscolo sulla sepoltura del sacerdote. Parini «morto 15 agosto del 1799, dopo umili e private esequie fu sepolto, secondo la legge allora vigente, senza tomba distinta, nel Cimitero di Porta Comasina, dove, dopo alcuni anni i suoi resti lasciarono il posto ad altri. Va tuttavia ricordato che nel suddetto cimitero l’amico Calimero Cattaneo fece apporre una iscrizione» Il secondo blocco del carme vv. 91-150 In opposizione alla legge di Saint-Cloud che limita e coarta il culto del sepolcro, si espone la funzione di incivilimento che la tomba ha assunto nel corso dei secoli. Leggiamo i vv. 91-103 Dal dí che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi all'etere maligno ed alle fere i miserandi avanzi che Natura con veci eterne a sensi altri destina. Testimonianza a' fasti eran le tombe, ed are a' figli; e uscían quindi i responsi de' domestici Lari, e fu temuto su la polve degli avi il giuramento: religïon che con diversi riti le virtú patrie e la pietà congiunta tradussero per lungo ordine d'anni. Bi sogna sottolineare le corrispondenze concettuali su cui sono costituiti questi versi: Funzione pubblica del sepolcro Testimonianza a' fasti le virtù patrie Funzione privata are a' figli pietà congiunta Il valore del sepolcro attraverso i secoli Foscolo propone quattro esempi per esemplificare la funzione civile del sepolcro: il primo è quello del medioevo, il secondo è tratto dal mondo classico, il terzo è offerto dall’Inghilterra, il quarto è dato dal bello italo regno Il sepolcro nel medioevo vv. 103-114 Non sempre i sassi sepolcrali a' templi fean pavimento; né agl'incensi avvolto de' cadaveri il lezzo i supplicanti contaminò; né le città fur meste d'effigïati scheletri: le madri balzan ne' sonni esterrefatte, e tendono nude le braccia su l'amato capo del lor caro lattante onde nol desti il gemer lungo di persona morta chiedente la venal prece agli eredi dal santuario. Illuminismo e il medioevo Con spirito ancora illuminista, Foscolo considera quest’età, come un periodo di oscurantismo e di barbarie, pertanto denuncia: la mancanza d’igiene né agl'incensi avvolto de' cadaveri il lezzo i supplicanti contaminò; la superstizione né le città fur meste d'effigïati scheletri; La macabra ossessione della morte per cui le madri balzan ne' sonni esterrefatte Il sepolcro nel mondo classico vv. 114-129 Ma cipressi e cedridi puri effluvi i zefiri impregnando perenne verde protendean su l'urne per memoria perenne, e prezïosi vasi accogliean le lagrime votive. Rapían gli amici una favilla al Sole a illuminar la sotterranea notte, perché gli occhi dell'uom cercan morendo il Sole; e tutti l'ultimo sospiro mandano i petti alla fuggente luce. Le fontane versando acque lustrali amaranti educavano e vïole su la funebre zolla; e chi sedea a libar latte o a raccontar sue pene ai cari estinti, una fragranza intorno sentía qual d'aura de' beati Elisi. Il sepolcro e la mitica classicità In opposizione alle consuetudini medievale, Foscolo propone il positivo esempio della civiltà classica. Essa ha una visione serena della morte, testimoniata dallo scenario gioioso e luminoso che circondava le sepolture: «le piante sempreverdi che proteggono le tombe, le acque limpide che sgorgano dalle fontane, i fiori che con i loro profumi evocano l’atmosfera beata dei campi Elisi» Foscolo e l’età classica Nei vv.114-129 è evidente il culto foscoliano per il mondo classico fucina di armonia, bellezza, serenità, forza e gioia vitale. Il sepolcro in Inghilterra vv. 130-141 Pietosa insania che fa cari gli orti de' suburbani avelli alle britanne vergini, dove le conduce amore della perduta madre, ove clementi pregaro i Geni del ritorno al prode cne tronca fe' la trïonfata nave del maggior pino, e si scavò la bara. L’illusione Nata dalla pietà che spinge a cercare e onorare i sepolcri, è la pietosa insania che ci induce a credere che la vita continua al di là della morte corporale. Ecco perché le britanne vergini venerano i suburbani avelli. Il sepolcro nel bello Italo regno vv. 142-150 Ma ove dorme il furor d'inclite gesta e sien ministri al vivere civile l'opulenza e il tremore, inutil pompa e inaugurate immagini dell'Orco sorgon cippi e marmorei monumenti. Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, decoro e mente al bello italo regno, nelle adulate reggie ha sepoltura già vivo, e i stemmi unica laude. A noi morte apparecchi riposato albergo, ove una volta la fortuna cessi dalle vendette, e l'amistà raccolga non di tesori eredità, ma caldi sensi e di liberal carme l'esempio. Sarcasticamente il poeta sottolinea che i ceti dirigenti del Regno d’Italia sono già sepolti, pur essendo vivi, nelle regge dove costantemente i cortigiani si piegano ad adulare i dominatori, che come unico motivo di laude hanno i titoli nobiliari. Leggiamo i vv.151-164 A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta. Io quando il monumento vidi ove posa il corpo di quel grande che temprando lo scettro a' regnatori gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue; e l'arca di colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide sotto l'etereo padiglion rotarsi piú mondi, e il Sole irradïarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese sgombrò primo le vie del firmamento: Il terzo blocco del carme vv. 151-212 Il messaggio della tomba travalica la successione del tempo. Il ricordo delle tombe dei grandi perdura nei secoli. Domina in questa parte il motivo dei sepolcri di S.Croce, ricordiamo che già l’Ortis, nella lettera del 27 agosto 1798, si era soffermato a venerare quel tempio delle itale glorie ma le riflessioni che gli suscitavano erano negative; qui, invece, il tema è riproposto in positivo poiché le tombe dei grandi stimolano gli uomini generosi a compiere grandi azioni. I personaggi della terza parte carme Machiavelli Michelangelo Galilaei Firenze e Dante Petrarca Piendemonte Ulisse Elettra Cassandra Ettore Io quando….. vidi Il monumento ove posa il corpo di quel grande (Machiavelli) che con Il principe insegnò ai regnanti l’arte di temperando lo scettro; Il sepolcro di Michielangelo che ha affrescato la cupola di San Pietro, paragonata per grandezza e bellezza al monte Olimpo. La tomba di Galilei, che con il telescopio, vide più pianeti ruotare nel etereo padiglion. Felice Firenze, tu per prima hai udito il poema che alleviò lo sdegno di Dante esule, e hai dato i genitori e la lingua a Petrarca. Firenze è beata perché conserva in Santa Croce le glorie italiane. Pindemonte, viaggiatore, conoscitore dei miti greci Ulisse, è l’anti-eroe, irato a patri Numi e condannato dalla storia come promulgatore di illusioni. Elettra, mito della progenitrice, resa eterna dalla penna di Omero. Cassandra, emblema dell’eroe sconfitto, che cerca di lasciare ai posteri un insegnamento duraturo. Ettore, è simbolo delle illusioni della patria, dell’amore, del figlio, di marito e di cittadino, e nonostante sia un eroe sconfitto il suo ricordo è eterno. Il quarto blocco del carme vv. 226-295 La funzione della tomba che è funzionale per conservare la memoria e il ricordo dei valori della civiltà, si affianca a quello della poesia. I versi conclusivi 235-295 Chiariscono che uno dei compiti della poesia è proprio quello di celebrare gli eroi e di tramandarne le imprese affinché siano resi eterni nel ricordo. Il carme si chiude con le illusione che nel futuro le tombe possano essere venerate da lacrimati affetti per cui men duro sarà il sonno della morte. Schema riassuntivo del carme I quattro blocchi in cui è dipartito sono: vv.1-90 in cui si esprime la filosofia materialistica e il ricorso alle illusioni; vv. 91-150 in si esplicita la funzione civile della tomba. vv. 151-225 in cui si focalizza l’attenzione sulla celebrazione dei grandi, dei numi tutelari della storia della patria. vv. 226-295 in cui si esemplifica con la figura di Omero il trionfo della poesia. Parini: - Le figure poetiche rinnovatore del costume civile, maestro di orgoglio, povertà e indipendenza, Giace senza tomba, vittima delle nuove leggi. Foscolo: - errabondo fugge di gente in gente, Concetto di poesia come ricordo delle imprese degli eroi, Fine della poesia: insegnare l’eredità degli affetti. Alfieri: - irato ai numi della patria, sdegnato lungo le rive solitarie dell’Arno si rifugia in Santa Croce, Amore per la libertà. Omero: - trasfigurato in un vecchio favoloso, è il simbolo di ogni poeta che risponda all’ideale del nuovo Foscolo, l’ideale di un poeta che si ispira alla storia, e consacra le illusioni più generose degli uomini. Nota metrica Il metro del carme è endecasillabo sciolto caratterizzato da un sapiente uso della censura. Possiamo sottolineare tra gli altri il verso 212 come endecasillabo a minore: E pianto, ed inni// e delle Parche il canto E il verso 16 come endecasillabo a maiore: Vero è ben, Pindemonte// Anche la Speme