Organizzazione e Gestione della Sicurezza Aziendale
I DISPOSITIVI ELETTRICI DI MANOVRA E PROTEZIONE
LE SOVRACORRENTI
Le caratteristiche di isolamento di un cavo, la sezione ed il tipo di posa condizionano la quantità di corrente che esso può sopportare
onde garantire nel tempo un razionale funzionamento. Il massimo valore della corrente di funzionamento in regime permanente viene
definito come ″portata″ del cavo Iz.
In un impianto elettrico possono accadere delle situazioni per cui la corrente che fluisce nei conduttori risulta maggiore della corrente
nominale.
Esistono due tipi di sovracorrenti, che vengono classificati in:
SOVRACCARICO
CORTOCIRCUITO
Il fenomeno noto come «sovraccarico» consiste nel passaggio di una corrente superiore a quella nominale Iz (fino a circa 10 volte),
provoca un surriscaldamento delle condutture e degli apparati. Tale riscaldamento può essere sopportato fino ad un certo livello,
superato il quale si deve intervenire impedendo il passaggio della corrente.
Nel caso di «cortocircuito», al contrario, la corrente nei conduttori e nelle connessioni diventa molto intensa in brevissimo tempo,
provocando fenomeni termici, meccanici e archi elettrici che possono portare al danneggiamento o alla distruzione della parte
interessata provocando incendi e/o esplosioni.
PORTATA DI UN CAVO
ϑc maggiore della temperatura ambiente ϑa . A regime, tutto il calore
sviluppato dal conduttore per effetto Joule, viene disperso nell’ambiente circostante. Il valore della temperatura ϑc del conduttore si
Un conduttore percorso da corrente assume un temperatura
ricava dal bilancio termico a regime che può essere espresso nella forma:
ρl 2
I = h (ϑc − ϑa )2πrl
πr
nella quale:
r è il raggio della sezione di conduttore
l è la lunghezza del conduttore
ρ è la resistività del conduttore
h è il coefficiente di conducibilità termica conduttore-ambiente
I è l’intensità di corrente
Pertanto si può scrivere :
(ϑc − ϑa ) =
ρ
I2
2 3
2π r h
Per ogni tipo di isolante è definita una temperatura max di funzionamento
ϑs che non deve essere superata, nel servizio ordinario,
per assicurare una conveniente durata. Ad esempio per la gomma G7 (mescola a base EPR) la massima temperatura di funzionamento
è di 90°, mentre per il PVC è 70°C; a queste temperature corrisponde una durata di vita, rispettivamente, di 30 e 20 anni.
L’isolante a contatto con la superficie del conduttore assume la stessa temperatura
ϑc del conduttore; deve essere allora:
ϑc ≤ ϑs
Sostituendo
ϑc con ϑs nella equazione di bilancio precedente si ricava la portata del cavo Iz, cioè il più elevato valore di corrente
che a regime il cavo può trasmettere, in condizioni di installazione determinate, senza superare la temperatura massima di
funzionamento:
Iz = π
2hr 3
(ϑs − ϑa ) )
ρ
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Questa formula è estremamente semplificata e solo indicativa (perché non tiene conto della mutua influenza dei conduttori, delle perdite
dielettriche, etc) ma è utile per svolgere alcune considerazioni:
θs
-
la portata dipende dal tipo di isolante, cioè dalla sua attitudine a sopportare la temperatura,
-
la portata dipende dai parametri che influiscono sulla produzione di calore
-
la portata dipende dai parametri che influenzano lo scambio termico cavo-ambiente circostante quali: temperatura ambiente,
(ρ, r)
numero e modalità di posa dei conduttori: in cunicolo, in canaletta, in condotto, in tubo, etc..
(ϑa, h)
SOVRACCARICO
Si verifica in un circuito elettricamente sano, quando la corrente supera la portata Iz del cavo, ad esempio per il funzionamento
contemporaneo di utilizzatori maggiore di quello per il quale la linea stessa è stata progettata, oppure il caso abbastanza diffuso,
conseguente alla sostituzione di una macchina elettrica analoga (che svolge le stesse funzioni) ma di maggior potenza.
Un cavo posto nelle condizioni d’installazione a cui la portata si riferisce, se percorso dalla corrente Iz assume, a regime termico, la
temperatura di funzionamento
ϑs .
Al verificarsi di una sovracorrente aumenta la temperatura del cavo; se la sovracorrente perdura
un tempo ″sufficientemente″ lungo, il cavo raggiunge, attraverso il transitorio termico, una nuova temperatura di regime
ϑr .
Si può dimostrare, attraverso il bilancio termico impostato nell’intervallo di tempo dt, che la temperatura θ del conduttore nel generico
istante t varia secondo la relazione:
ϑ = ϑa +
⎞ − 2rch t
⎛
ρI 2
ρI 2
⎟⎟ ⋅ e
⎜
a
s
−
ϑ
+
−
ϑ
2hπ 2 r 3 ⎜⎝
2 hπ 2 r 3
⎠
ϑ = ϑr − (ϑr − ϑs) ⋅ e
−
2h
t
rc
dove
- c rappresenta il calore specifico/unità di volume
- h il coefficiente di conducibilità conduttore-ambiente
- r il raggio della sezione del conduttore
- l è la lunghezza del conduttore
ρ è la resistività del conduttore
- ϑa è la temperatura ambiente
-
- I è l’intensità di corrente
La figura che segue mostra l’andamento della temperatura del conduttore percorso da una sovracorrente. Il fattore rc/2h rappresenta la
costante di tempo termica del cavo.
Una sovracorrente di intensità I, che duri un tempo t, porta il conduttore ad una variazione di temperatura individuata dalla curva
precedente, se la durata t della sovracorrente è ″sufficientemente lunga″ il cavo raggiunge la temperatura di regime
θr .
Figura 1
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In particolare, se la densità di corrente I è molto elevata l’incremento della temperatura e della resistività
ρ è notevole: la resistenza
aumenta con la temperatura e questa con quella: il fenomeno è figlio di sè stesso e oltre un certo valore critico della densità di corrente
il cavo si incendia.
Un cavo percorso a regime da una corrente pari alla sua portata Iz se installato nelle condizioni a cui la portata si riferisce, assume una
ϑs corrispondente ad una conveniente durata di vita. Ogni corrente superiore a Iz, cioè ogni sovracorrente, porta il cavo
ad una temperatura superiore a θs e dunque abbrevia la vita del cavo rispetto a quella corrispondente alla temperatura massima di
funzionamento θs . Convenzionalmente si assume tollerabile una perdita di vita del cavo del 10% per l’insieme degli eventi di
temperatura
sovracorrente che possono prodursi durante l’intera vita del cavo. Se si suppone che il cavo possa essere soggetto a non più di 100
eventi di sovracorrente, né consegue come accettabile una perdita di vita dello 0.1% per ogni singolo evento di sovracorrente.
In base a quanto detto si può ricavare la curva di sovraccaricabilità di un cavo installato in condizioni specificate (la figura seguente è
relativa a cavi tripolari in rame, isolati in PVC e fissati a parete ).
Le coppie di valori I,t corrispondono (tramite le precedenti relazioni numeriche) alle coppie di valori θ,t che si trovano sulla retta dello
0.1% di durata di vita del cavo.
Figura 2
CORRENTE DI CORTO CIRCUITO
In questo caso, bisogna fare uno studio approfondito del fenomeno. Il circuito equivalente è il seguente, in cui un generatore monofase
fornisce una forza elettromotrice ad un impedenza Zcc, che rappresenta la somma della impedenze a monte dell’interruttore S, e ad un
impedenza Za di carico. Pertanto la R rappresenta la somma della resistenza interna del generatore e della resistenza della linea fino al
punto in cui avviene il corto circuito ed L è l'induttanza della linea.
Un guasto di impedenza trascurabile tra i punti A e B produce un’elevata corrente Icc limitata solo dall’impedenza Zcc.
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Figura 3
L'equazione che regola il circuito è la seguente:
L
in cui
di( t )
+ Ri( t ) = 2E sin(ωt + γ )
dt
γ è l’angolo di fase della tensione nell’istante in cui avviene il corto circuito (t=0) ed E è il valore efficace del generatore. La
soluzione è la seguente:
fase della corrente permanente
⎛ ωL ⎞
ϕ = arctg⎜
⎟
⎝ R ⎠
i( t ) = 2I sin( ωt + γ − ϕ) + 2I sin( ϕ − γ )e
−
Rt
L
dove: il primo addendo rappresenta la componente permanente simmetrica (rispetto a t, il secondo addendo la corrente transitoria
unidirezionale (rispetto a t). Il modulo della corrente permanente (componente simmetrica) vale:
Is =
E
=
Z
E
R + (ωL) 2
2
Figura 4
La corrente Icc è la risultante della somma di due componenti: una sinosoidale alternata (o simmetrica) ed una continua (o
unidirezionale).
Icc passa attraverso un regime transitorio che sarà quello di un circuito ohmico induttivo, se si suppone che la reattanza si di tipo
induttivo X=ωL, per poi raggiungere un regime permanente che coincide con la componente simmetrica.
Per i carichi puramente resistivi (L=0) la componente transitoria si annulla del tutto. Per i carichi induttivi (R=0) tale componente è
gravosa, infatti essa tende ad un valore costante che influenza la corrente totale in funzione di
γ.
π
i( t ) = 2Is sin( − γ )
2
I valori di corrente di corto circuito utili per il dimensionamento di un impianto elettrico sono il valore efficace della corrente di corto
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circuito sia massima che minima ed il valore di cresta Icr.
Figura 5
E’ possibile definire un fattore di cresta:
Icr ⎧ 2
=⎨
Is ⎩2 2
Kcr =
per
⎧ ϕ=0
⎨
⎩ϕ = π / 2
Calcolo della Corrente di CortoCircuito
Si distinguono vari tipi di corto circuito in funzione dei conduttori interessati al guasto:
trifase equilibrato (se avviene tra le fasi di un sistema trifase)
fase-fase (avviene tra due fasi)
fase-neutro (se avviene tra una fase ed il neutro)
fase-conduttore di protezione (se avviene tra questi due conduttori)
In ogni caso il valore efficace della corrente di corto circuito Icc nel punto di guasto può essere calcolato attraverso la seguente
formulazione generale:
Icc =
dove E rappresenta la tensione di fase e
Zcc
E
Zcc
il modulo della risultante delle impedenze a monte del punto di guasto.
E’ quindi necessario valutare le impedenze che compongono la rete e calcolare il valore efficace della corrente di guasto per qualsiasi
tipo di cortocircuito:
Corto Circuito Fase-Fase
Icc =
1
2
3E 0
(RR + RF )2 + ( XR + XF )2
Corto Circuito Trifase
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E0
Icc =
(R
+ RF ) + ( XR + XF )
2
R
2
Corto Circuito Fase-Neutro
Icc =
E0
(R
+ RF + RN ) + ( XR + XF + XN )
2
R
2
Ai fini della protezione delle condutture contro il cortocircuito si considera la corrente presunta che rappresenta la corrente che si
avrebbe nel circuito se nel punto considerato si realizzasse un collegamento di resistenza trascurabile fra i conduttori in tensione.
L’entità di questa corrente è un valore presunto in quanto rappresenta la peggiore condizione possibile: impedenza di guasto nulla,
tempo di intervento talmente lungo da consentire che la corrente raggiunga i valori massimi teorici. Nella realtà il corto circuito si
manifesterà sempre con valori di corrente effettiva notevolmente inferiori.
L’intensità della corrente presunta di corto circuito dipende essenzialmente dai seguenti fattori:
-
potenza del trasformatore di cabina: da intendersi nel senso che maggiore è la potenza maggiore è la corrente;
-
lunghezza della linea a monte del guasto: da intendersi nel senso che maggiore è la lunghezza minore è la corrente.
Per gli impianti utilizzatori in BT per corrente presunta di corto circuito si deve considerare la componente simmetrica.
Calcolo della corrente Icc (max):
Per ogni linea che compone l’impianto, le correnti massime di cortocircuito sono calcolante:
-
all’inizio della linea, cioè quando l’impedenza a monte è minima;
-
se la linea è costituita da conduttori in parallelo, si considerano i guasti che coinvolgono tutti i conduttori;
-
nel caso di più trasformatori in parallelo, si analizza il caso in cui tutti i trasformatori contribuiscano alla correnti di guasto.
Le massime correnti di corto circuito Icc si hanno per guasto trifase per cui in genere si considerano le correnti di corto circuito
simmetriche trifasi.
Calcolo della corrente minima Icc(min):
Le correnti di cortocircuito minime devono essere calcolate:
-
in fondo alla linea, quando cioè l’impedenza a monte è massima;
-
per più cavi in parallelo, considerando guasti che riguardano un solo conduttore;
-
nel caso di trasformatori in parallelo, si suppone che uno solo di essi contribuisca alla corrente di guasto.
Le correnti di cortocircuito minime si hanno per guasto fase-fase o monofase per cui, in genere, si considerano i valori efficaci di queste
due correnti di cortocircuito. Nel caso di linea trifase con neutro di considera il cortocircuito fase-neutro.
Seguendo le prescizioni della Norma CEI 64-8/533.3 è possibile usare delle formule pratiche (approssimate) che permettono in modo
immediato di calcolare il valore delle Iccmin in fondo a una linea (guasto fase-fase):
Icc =
VS ⎧ 15 conduttore (Cu )⎫
⋅⎨
⎬
L ⎩9.40 conduttore (Al) ⎭
2
dove Icc è espresso in Ampere, V rappresenta la tensione concatenata espressa in Volt, S è la sezione del conduttore di fase in mm , L
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è la lunghezza della conduttura in metri.
Sollecitazione Termica di un cavo (in Cortocircuito)
Durante il cortocircuito la corrente assume un valore molto più elevato di quello relativo al normale funzionamento; ciò provoca anche
un surriscaldamento del cavo e delle apparecchiature interessate. Data la rapidità di intervento dei dispositivi di protezione, il
riscaldamento può essere considerato adiabatico (senza scambio di calore con l'esterno). Dal punto di vista fisico, l'energia prodotta
nell'unità di tempo per effetto Joule deve essere uguale a quella immagazzinata:
Pcdt = ρ
dove: c rappresenta il calore specifico/volume,
l 2
i dt = cVdθ = cSldθ
S
ρ la resistività, l ed S sono, rispettivamente, la lunghezza e la sezione del conduttore.
Se indichiamo con:
-
ti il tempo di interruzione (tempo che un dispositivo di protezione impiega per interrompere la corrente di cortocircuito);
ϑ 0 la temperatura iniziale del conduttore quando si verifica il cortocircuito
- ϑ la temperatura finale che il conduttore raggiunge in seguito al cortocircuito;
-
possiamo integrare la precedente relazione in:
dϑ
θ
∫0 i (t )dt = cS ∫θ 0 ρ = ρ 0 ∫θ 0 (1 + αϑ )
2 θ
ti 2
dϑ
cS
2
pertanto
ti 2
∫0 i (t )dt =
cS
2
ln
1 + αϑ
1 + αϑ 0
αρ 0
L’isolante non deve superare la massima temperatura di cortocircuito ϑf stabilita nelle norme per la buona conservazione del cavo.
Gli isolanti termoplastici non devono superare la temperatura di rammollimento, in genere 160°C. Per gli isolanti elastomerici è stabilita
una temperatura di 200-250 °C.
L’isolante a contatto con il conduttore assume la stessa temperature del conduttore: affinché al termine del cortocircuito l’isolante non
superi la temperatura
ϑf
deve essere soddisfatta la relazione:
ti 2
2
∫0 i (t ) dt ≤ K S
2
dove il coefficiente
K=
con
θs = ϑ 0 temperatura di servizio e θf
⎛ 1 + αθf ⎞
ln⎜
⎟
αρ 0 ⎝ 1 + αθs ⎠
c
temperatura finale.
La grandezza integrale è detto integrale di Joule o Energia Specifica o Energia Specifica Passante. Si parla di Energia Specifica poiché
rappresenta l’energia sviluppata dalla corrente di cortocircuito su un conduttore di resistenza unitaria. Energia specifica passante poiché
è rappresentativa dell’energia specifica che fluisce attraverso il dispositivo di protezione, prima che questo interrompa la corrente di
cortocircuito.
2
2
2
Il termine K S indica I t tollerabile in condizioni adiabatiche da un cavo costituito da un certo materiale conduttore, di sezione S, isolato
con un determinato isolante (
2
ϑf
) ed avente una temperatura iniziale definita (
ϑ 0 ).
2
In altre parole il termine K S rappresenta l’equivalente di un’energia passante che transitando in una fettina dx di un cavo di sezione S
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fa variare la sua temperatura da quella di regime
θs = ϑ 0
a una temperatura limite
θf
. I valori del coefficiente K secondo le
norme CEI 64-8/4 valgono:
Tabella 1
ϑi
ϑf
Cu
Al
PVC
70
160
115
74
Gomma EtilenPropilenica (EPR)
90
250
143
87
Gomma ordinaria
60
200
135
87
Natura dell’isolante
2
Nella figura 5 si riporta a titolo di esempio l’I t tollerabile da cavi in rame isolati in PVC.
Figura 6
2
Da rilevare che I t tollerabile dal cavo in condizioni adiabatiche:
-
aumenta con il quadrato della sezione; questo perché all’aumentare della sezione diminuisce, con la resistenza, il calore
prodotto dalla corrente e nel contempo aumenta la capacità termica del cavo;
-
non dipende dalla condizione di posa del cavo, proprio perché è trascurabile lo scambio termico con l’ambiente circostante.
2
Come si può notare dalla figura, l’I t è costante, il fenomeno è cioè adiabatico, solo alle elevate correnti, perché il dispositivo di
protezione interviene in tempi brevissimi ed è trascurabile lo scambio termico con l’esterno.
APPARECCHI DI MANOVRA
Per proteggere
l'impianto
di manovra che
sono,
dalle
sovracorrenti
bisogna introdurre dei dispositivi di protezione che comprendono degli apparecchi
essenzialmente, dei dispositivi meccanici atti ad effettuare manovre di apertura o chiusura di un circuito.
Possono essere suddivisi in:
Interruttore: apparecchio di apertura e di chiusura, che consente di condurre corrente fino ad un certo valore, in condizioni di
funzionamento normale, e per un tempo limitato pari al tempo di intervento, in condizioni di guasto. Differiscono dai sezionatori
poiché sono in grado di inserire o interrompere la corrente di carico. Sono, pertanto, in grado di effettuare le manovre di
inserzione e disinserzione anche con i carichi collegati.
Interruttore di manovra (meccanico): consente di condurre correnti anche di sovraccarico fino ad un certo valore. Un interruttore
di manovra non è in grado di interrompere correnti di cortocircuito.
Interruttore automatico: è munito di dispositivo di protezione e deve essere in grado di interrompere anche correnti di guasto che
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possono verificarsi lungo la linea da controllare.
Da notare che dalle definizioni di interruttore sono richiamate tre funzioni:
-
interrompere: è la funzione che l’interruttore compie passando dalla posizione di chiuso a quello di aperto;
-
stabilire: è la funzione che l’interruttore compie passando dalla posizione di aperto a quello di chiuso;
-
portare: è la funzione che l’interruttore compie restando nella posizione di chiuso.
Sganciatori (relè): sono dispositivi di protezione che determinano l’apertura automatica dell’interruttore.
Sezionatore: trattasi di apparecchi in grado di portare in modo continuativo la corrente di carico, ma non di interromperla; la
manovra relativa dovrà pertanto essere effettuata a vuoto. E’ un apparecchio di manovra che può condurre anche correnti
anormali fino ad un certo tempo. Può aprire o chiudere il circuito anche in presenza di correnti trascurabili; la sua peculiarità sta
nel fatto che, in posizione di aperto, assicura una certa distanza di sezionamento tra i contatti.
Interruttore di manovra-sezionatore: combinazione dei due precedenti.
Contattore (teleruttore): apre e chiude un circuito in circuito anche in certe condizioni di sovraccarico. Ha elevata frequenza di
manovra ed ha una sola posizione stabile di funzionamento (aperto). Può rimanere chiuso solo in presenza di un'azione di
comando di tipo elettromagnetico.
Inoltre, relativamente ai comandi le norme (CEI 64-8/4) prevedono due tipi di interventi di emergenza:
-
comando di emergenza, che deve intervenire per staccare l’alimentazione elettrica di tutto l’impianto;
arresto di emergenza,
che deve bloccare tutti i movimenti che possono essere fonte di pericolo evitando però di
disalimentare l’impianto, permettendo così il funzionamento di altri circuiti, come quello di frenatura, che possono contribuire al
corretto arresto dello stesso.
Per concludere si riportano di seguito alcuni simboli grafici delle apparecchiature di manovra..
Figura 7
Interruttori
Il problema principale degli interruttori risiede nell'arco elettrico che è quella scarica che avviene nel momento di apertura/chiusura
quando i contatti si trovano ad una distanza tale che la tensione della rete supera la rigidità dielettrica. L'arco provoca un passaggio di
corrente per un tempo di estinzione dell'arco che deve essere controllato. Le caratteristiche degli interruttori sono:
relativamente alle prestazioni:
•
tensione nominale d'impiego (Ue): rappresenta il valore di tensione che, unitamente alla corrente nominale determina l’uso
dell’apparecchio stesso. Questo valore è generalmente stabilito come tensione tra le fasi.
• tensione nominale d’isolamento (Ui): tensione alla quale sono
riferite
le
prove dielettriche e le distanze di sicurezza e il
dimensionamento dell'isolamento; deve essere maggiore della massima tensione nominale d'impiego Ui>Ue;
relativametne alla corrente:
•
corrente nominale d’impiego (In): rappresenta quel valore di corrente che l’apparecchio può portare in servizio
ininterrotto ( per gli interruttori la corrente nominale d’impiego coincide con la corrente termica convenzionale in aria libera Ith).
• corrente convenzionale termica (Ith): corrente massima che l'interruttore può sopportare senza provocare surriscaldamenti critici (fino
ad un massimo di 8 ore di funzionamento)
• corrente ininterrotta nominale (Iu): c.s. che l’apparecchio può portare in servizio ininterrotto (per un tempo superiore ad 8 ore);
relativamente al potere d'interruzione:
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• potere di interruzione (in condizioni di cortocircuito): viene così definito il valore efficace della componente simmetrica della corrente
presunta di cortocircuito che il dispositivo è in grado di interrompere, alla frequenza nominale, con tensione pari a 1.1 Vn e con fattore di
potenza specificato, qualunque sia l’asimmetria della corrente di cortocircuito;
•
potere di chiusura (in condizioni di cortocircuito): viene così definito il valore di picco massimo della corrente presunta di
cortocircuito che l’interruttore è in grado di chiudere, alla frequenza nominale, tensione 1.1 volte Vn, per un fattore di potenza
specificato;
Figura 8
•
potere di interruzione di servizio Ics (CEI 17-5):
valore di massima corrente di cortocircuito che l’interruttore è in grado di
interrompere per tre volte (secondo un certo ciclo di prove), alla corrispondente tensione nominale d’impiego;
•
potere di interruzione estremo Icu (CEI 17-5): corrisponde alla massima corrente di cortocircuito che l’interruttore è in grado
di interrompere per due volte (secondo un certo ciclo di prove), alla tensione nominale di impiego.
Il potere di interruzione di servizio Ics di un interrutore è più piccolo, o al massimo uguale, al suo potere di interruzione estremo Icu.
Il rapporto Ics/Icu deve essere dichiarato dal costruttore del dispositivo e scelto tra i valori 0.25-0.5-0.75-1 stabiliti dalla norma per gli
interruttori ad uso industriale (CEI 17-5).
Nella pratica, si deve scegliere un interruttore con Ics tanto più elevato quanto più è importante la continuità del servizio svolto dal
circuito protetto, quindi l’interruttore generale di un impianto per il quale è importante la continuità del servizio dovrà avere un rapporto
Ics/Icu=1.
• potere di interruzione nominale (Icn): valore massimo della componente simmetrica della corrente di cortocircuito che l'interruttore
interrompe (per due volte secondo un certo ciclo di prove), qualunque sia il valore della corrente unidirezionale;
• potere di chiusura nominale in cortocircuito (Icm): valore massimo della corrente di cresta che l'interruttore interrompe, ad una
determinata tensione (1.1 Vn) ed a un fissato il fattore di potenza;
Va precisato, infine, che siccome le prove del potere d’interruzione degli interruttori automatici sono basate sulla componente
simmetrica non è corretto ai fini della protezione da corto circuito in BT tener conto del valore di picco della corrente di corto circuito.
Relativamente alla categoria di utilizzazione:
•
categoria A: non hanno ritardo intenzionale nel coordinamento con altri dispostivi di protezione;
•
categoria B: hanno un ritardo intenzionale fisso o regolabile.
Sezionatori
Per la tensione si hanno le stesse caratteristiche degli interruttori.
Per la corrente:
• corrente nominale d'esercizio (portata): corrente efficace che può circolare senza provocare sovratemperature;
• corrente simmetrica di breve durata: valore efficace della corrente simmetrica di corto circuito che il sezionatore può sopportare per un
tempo prefissato (1 sec);
• corrente di cresta di breve durata: massimo valore di picco della corrente di corto circuito che può sopportare per un tempo prefissato
(ms) durante il transitorio.
La manovra dei sezionatori deve avvenire a vuoto e quindi deve essere coordinata con un interruttore che deve aprire il circuito prima
dell'inserimento del sezionatore. In figura sono mostrate le posizioni di aperto e chiuso di due coppie di sezionatori posti alle estremità di
una generica linea, nel caso di linea in funzionamento a) e nel caso di intervento sulla stessa b).
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Figura 9
Contattori (Teleruttori)
Mentre tutti gli apparecchi di manovra finora considerati sono caratterizzati da due posizioni di riposo (aperto-chiuso) e passano da una
all’altra mediante un comando manuale o non manuale, i contattori hanno una sola posizione di riposo, generalmente quella di aperto, e
passano nell’altra posizione solo grazie ad un’azione di comando non manuale (cioè proveniente da una sorgente di energia esterna).
I contattori sono in grado di compiere un numero elevatissimo di manovre senza che si abbia usura eccessiva dei contatti; per questo
motivo, tra l’altro, sono spesso associati agli interruttori per evitare che questi vengano impiegati per frequenti aperture di correnti in
condizioni normali del circuito.
Nella figura seguente è raffigurato un contattore elettromagnetico.
Figura 10
Se la bobina 2 è percorsa da corrente si ha lo spostamento per attrazione dell’ancora mobile 3 verso sinistra, con conseguente chiusura
del contatto mobile 4 su quello fisso 5: il contattore passa in posizione di chiuso e permane in tale posizione sino a quando la bobina è
percorsa da corrente.
RELÈ (o SGANCIATORI)
Gli apparecchi di manovra succitati, pur essendo capaci di effetturare la manovra di interruzione della corrente di sovraccarico o di
cortocircuito, non hanno in sé alcun elemento che li comandi ad effettuare tale manovra, in altre parole non sono in grado, da soli, di
svolgere la funzione completa di protezione se ad essi non viene associato un altro componente capace di percepire una condizione
anormale di funzionamento e di comandare, conseguentemente, l’apparecchio di manovra steso all’intervento. Il relè svolge tale
compito. Esso costituisce l’elemento sensibile del sistema di protezione.
Il funzionamento degli sganciatori dipende dal tipo di
protezione che si intende realizzare. La protezione contro i cortocircuiti viene ottenuta con sganciatori di massima corrente ad azione
istantanea o con un breve ritardo indipendente dal valore di corrente. La protezione contro i sovraccarichi viene invece ottenuta con
sganciatori il cui tempo di intervento dipende dall’entità del sovraccarico (a tempo dipendente o ad azione termica). Si possono infine
avere sganciatori che provocano l’apertura dell’interruttore in caso di mancanza di tensione o se la tensione scende al di sotto di un
determinato valore.
Classificazione:
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al tempo d'intervento: a scatto istantaneo, a scatto ritardato, a tempo dipendente, a tempo indipendente.
alle caratteristiche costruttive: elettromeccanici, termici, statici.
La classificazione in base al tempo d’intervento fa riferimento all’intervallo che intercorre tra l’istante in cui la grandezza controllata
supera un valore di riferimento e l’istante in cui viene inviato il segnale ai circuiti comandati dal relè. In base ai valori che assume il
tempo di intervento si hanno: relè ad azione istantanea (ti<15 ms) e relè ad azione ritardata.
Per quel che riguarda le classificazione in base alle caratteristiche costruttive si deve dire che i relè :
-
Elettromeccanici si possono suddividere, a loro volta, in relè elettromagnetici, magnetotermici, ad induzione.
-
Termici si possono suddividere in : relè a lamina bimetallica, termocoppia, a resistenza, etc
-
Statici suddivisibili in : relè di tipo elettronico, a microprocessore.
RELÈ TERMICO
I relè termici sono ad azione ritardata a tempo indipendente: essi intervengono quando la grandezza controllata supera il valore di
taratura, con un ritardo che è inversamente proporzionale all’entità di tale grandezza.
Figura 11
In questi relè è presente una lamina bimetallica che si incurva quando viene riscaldata andando a chiudere o aprire dei contatti fissi.
La lamina bimetallica è costituita da due lamine a diverso coefficiente di dilatazione, durante il riscaldamento la lamina di metallo termoattivo si dilata notevolmente, mentre quella di metallo termo-inerte si deforma molto meno. Se un’estremità della bilamina è fissata
rigidamente e l’altra è libera, complessivamente la bilamina si incurva.
La caratteristica è a tempo inverso perché il tempo d'intervento è legato alla corrente e varia in funzione della temperatura di
funzionamento iniziale (a caldo o a freddo).
Figura 12
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Figura 13
Il relè termico è particolarmente adatto per la protezione da correnti di sovraccarico e non da corto circuito.
Essendo questo un dispositivo sensibile alla temperatura è necessario adottare provvedimenti per compensare l’eventuale variazione
della temperatura ambiente. Negli interruttori di tipo industriale è in genere consentita la regolazione della corrente di intervento per la
protezione dai sovraccarichi (comunemente chiamata di corto ritardo). Questo consente di adeguare il livello di protezione ai bisogni del
circuito e di ottimizzare la sezione dei cavi.
Relè Elettromagnetico
Nei relè elettromagnetici, veda figura seguente, è sempre presente un elettromagnete. Se la forza di attrazione è maggiore della forza
resistente (esercitata dalla molla) l’armatura mobile si sposta verso sinistra e viene data continuità elettrica tra i contatti fissi attraverso il
contatto mobile, con la conseguenza che vengono alimentati i circuiti comandati dal relè.
Figura 14
F1 = k ' Ib 2 > F2 ⇒ Ib >
F2
= It
k'
It rappresenta la corrente di taratura o intervento.
Il relè è intrinsecamente un relè ad azione istantanea. Per ottenere un relè ad azione ritardata a tempo indipendente la parte mobile
mette in funzione un dispositivo di temporizzazione che interviene con il ritardo desiderato.
Nella figura seguente sono rappresentate le caratteristica di intervento a scatto istantaneo (regolabile in corrente e nel tempo
d’intervento), con regolazione in corrente da 0,2 a 1 In, regolazione in tempo da 0,1 a 1 s., scatto istantaneo dopo 1 In.
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Figura 15
Il dispositivo magnetico è uno sganciatore di tipo istantaneo il cui circuito è concatenato con la corrente del circuito di potenza che
determina, al di sopra di un determinato valore di corrente (a meno delle tolleranze previste dalle Norme), l’attrazione di un nucleo
ferromagnetico che libera gli organi di ritegno dell’interruttore causandone l’apertura. Negli interruttori di tipo industriale (correnti
superiori a 200-250 A) è possibile introdurre dei ritardi sull’apertura agendo direttamente sui cinematismi o intervenendo con dei
dispositivi a tempo. ella figura seguente sono rappresentati alcuni tipi di interruttori automatici magnetotermici.
Figura 16
INTERRUTTORI Automatici (BT)
Un interruttore automatico, sottoposto ad una corrente elevata, apre automaticamente il circuito, su comando dei propri sganciatori,
secondo una caratteristica di intervento tempo-corrente.
Per tempo di intervento, o di apertura, si deve intendere il tempo intercorrente tra l’istante in cui la corrente raggiunge il valore di
funzionamento degli sganciatori e l’istante in cui i contatti (d’arco) dell’interruttore risultano separati su tutti i poli.
In BT gli sganciatori che comandano l’apertura dell’interruttore sono di solito termico e magnetico (interruttori automatici
magnetotermici) che operano automaticamente contro le sovracorrenti ed i corto circuiti, oltre a poter essere manovrati manualmente. In
condizioni di aperto si comportano anche da sezionatori, normalmente in aria.
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Per sovracorrenti di debole intensità è lo sganciatore termico a provocare l’intervento dell’interruttore, secondo tempi tanto più brevi
quanto maggiore è la corrente (si parla di caratteristica a tempo inverso). Per correnti di valore più elevato, lo sganciatore magnetico
provoca l’apertura istantanea dell’interruttore, cioè senza alcun ritardo intenzionale.
Le norme non stabiliscono la forma che deve avere la caratteristica di intervento,ma solo alcune ″porte″ entro cui deve essere
contenuta. In relazione alla posizione delle ″porte″ si definiscono gli interruttori per impianti domestici e similari in tipo B-C-D.
La norma CEI EN 60898 indica tre diverse soglie di intervento magnetico alle quali gli interruttori automatici possono intervenire. Le
soglie B-C-D rappresentano di fatto degli specifici campi di applicazione nei quali gli interruttori possono operare.
Le caratteristiche di intervento istantaneo possono essere di tre tipi, in funzione della corrente d’intervento. In tabella la soglia di
intervento per interruttori automatici:
Tabella 2
Tipo
Soglia di Intervento
Campo di applicazione
B
3 ÷ 5 In
protezione di generatori o di cavi di notevole lunghezza
C
5 ÷ 10 In
protezione di cavi e impianti che alimentano utilizzatori normali
D
10 ÷ 20 In
Protezione di cavi che alimentano utilizzatori con elevato correnti di
spunto
Figura 17
Una delle suddette ″porte″ è delimitata dalla corrente convenzionale di non intervento (Inf) e dalla corrente convenzionale d’intervento
(If) così definite:
Corrente d’intervento, If: corrente che determina lo sgancio in un tempo prefissato. Rappresenta la sovracorrente per la quale si realizza
l’apertura di un interruttore magnetotermico (o elettronico) nel tempo convenzionale individuato dalle norme CEI.
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Corrente di non intervento, Inf: corrente che lo sganciatore conduce per un tempo convenzionale, senza intervenire. Rappresenta la
sovracorrente per la quale non si realizza l’apertura di un interruttore magnetotermico (o elettronico) in un dato tempo convenzionale.
Questo valore cambia a seconda della norma di riferimento alla quale l’interruttore risponde.
Per gli interruttori in BT, indicando con In la corrente di regolazione, la norma CEI 17-5 (interruttori automatici regolabili) - CEI EN
60947-2 impone che:
Tabella 3
Ir
Inf
If
tempo convenzionale.
≤ 63 A
1,05 In
1,30 In
1h
> 63 A
1,05 In
1,30 In
2h
Quindi, se la corrente di regolazione termica vale 50 A, l‘interruttore non interviene almeno per un ora (tempo convenzionale) con un
sovraccarico del 5%, mentre interviene con un sovraccarico del 30% sempre in un ora.
Per gli interruttori domestici, (non regolabili) dall’utente, si ha secondo le CEI 23-3 (CEI EN 60898):
Tabella 4
In
Inf
If
tempo convenzionale.
≤ 63 A
1,13 In
1,45 In
1h
> 63 A
1,13 In
1,45 In
2h
Figura 18
Per quanto riguarda l’Energia specifica passante che l’interruttore lascia fluire durante il cortocircuito si riporta, a titolo di esempio, si
riportano le curve relative ad alcuni interruttori in commercio:
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Figura 19
La figura mostra come l’andamento dell’energia specifica in funzione della corrente presunta di cortocircuito (valore efficace della
componente simmetrica) ai diversi valori di In.
2
L’I t diminuisce in corrispondenza dello sgancio magnetico; successivamente aumenta poiché il tempo d’intervento rimane pressoché
costante con l’aumentare della corrente.
FUSIBILI
Il funzionamento del fusibile si basa sulla fusione di un conduttore che, in condizioni normali, consente il passaggio di corrente. In caso
di corto circuito, la corrente inizia ad aumentare velocemente fino al valore IL, quando il conduttore inizia a fondersi. A questo punto si
innesca un arco elettrico tra le estremità del conduttore fuso che fa passare corrente, anche se contemporaneamente aumenta la
temperatura facendo fondere la sabbia che circonda il conduttore, facendo aumentare la resistenza globale; di conseguenza, la
corrente diminuisce fino ad estinguersi.
Figura 20
I fusibili sono dispositivi a tempo inverso che presentano caratteristiche del seguente tipo (curve di intervento medie di una famiglia di
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fusibili tipo aM):
Figura 21
La classificazione dei fusibili viene fatta con due lettere, che indicano il campo d’interruzione e la categoria d’uso.
Campo d’interruzione (prima lettera):
-
per il campo d’interruzione ″g″ (a pieno campo): il fusibile interrompe tutte le correnti tra la sua corrente nominale e quelle
corrispondente al potere nominale d’interruzione;
-
per il campo ″a″ (a campo ridotto): la fusione avviene a partire da una corrente superiore al valore nominale di funzionamento
del fusibile.
Categoria d’uso (seconda lettera):
-
″G″ per la protezione di uso generale;
-
″M″ per la protezione di circuiti che alimentano motori.
Un fusibile apre il circuito in tempi tanto più piccoli quanto più grande è la corrente secondo una propria caratteristica di intervento
(vedasi figura seguente):
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Figura 22
Si precisa che per tempo di prearco si intende il tempo intercorrente tra l’istante di inizio della corrente e l’istante in cui ha inizio l’arco di
interruzione, conseguente alla fusione dell’elemento fusibile. Anche per i fusibili si definiscono le correnti convenzionali di non fusione
Inf e di fusione If, con significato analogo a quello indicato per gli interruttori. I valori delle correnti If ed Inf e dei tempi convenzionali
variano a seconda della corrente nominale In, essi sono indicati nella seguente tabella (CEI 32-1):
Tabella 5
In
Inf
If
tempo convenzionale
≤ 63 A
1.25 In
1.6 In
1
63 A≤In≤160 A
1.25 In
1.6 In
2
160 A≤In≤400 A
1.25 In
1.6 In
3
400 A≤In
1.25 In
1.6 In
4
2
Per quel che riguarda (l’energia specifica) ossia l’I t lasciato fluire nel circuito da un fusibile dobbiamo considerare che decresce con
l’aumentare della corrente di cortocircuito fino a restare pressoché costante per elevati valori della corrente di cortocircuito (valore
efficace della componente simmetrica).
Figura 23
La figura seguente mostra la cartuccia (fusibile) che va inserita tra la ghiera e il contatto centrale del portafusibile.
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Figura 24
PROTEZIONE DAL SOVRACCARICO
In seguito quando parleremo di ″circuito elettrico″ si dovrà intendere la parte di impianto elettrico alimentata da uno stesso punto e
protetta contro le sovracorrenti da uno stesso dispositivo di protezione.
Si definisce corrente di impiego IB del circuito, la corrente da prendere in considerazione per la scelta dei componenti del circuito. Il
valore di questa corrente dipende dalla potenza degli apparecchi utilizzatori installati dal numero e dalla corrente nominale delle prese
che il circuito alimenta.
Poiché non tutti gli apparecchi utilizzatori e non tutte le prese sono utilizzate contemporaneamente, né risulta utilizzata la piena potenza
vengono presi in considerazione degli opportuni fattori di contemporaneità e di utilizzo che, applicati alla potenza totale installata,
permetto di determinare la corrente di impiego IB per il quale il circuito va dimensionato. Individuato il valore di IB di impiego si adotta
una portata del cavo Iz ≥ IB
Il circuito da proteggere e il relativo dispositivo di protezione devono rispondere alla due seguenti relazioni (64-8/4, fasc. 1919,
art.433.2):
1.
I B ≤ In ≤ I z
2.
I f ≤ 1.45 ⋅ I z
dove:
IB : rappresenta la corrente di impiego del circuito
In: la taratura del dispositivo di protezione (corrente nominale)
If: corrente convenzionale di funzionamento (corrente che assicura l’effettivo funzionamento del dispositivo di protezione entro il tempo
convenzionale)
Iz: portata della conduttura (valore di corrente che determina el cavo la temperatura di regime, che si ricorda pari a 70° per il PVC ed a
90° per l’EPR). Vale la pena far notare che il 45% di sovraccarico corrisponde mediamente un raddoppio della temperatura di regime
del PVC, da 70°C a140°C.
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IZ
IB
CARATTERISTICHE
DEL CIRCUITO
In
1.45 IZ
CARATTERISTICHE
DEL DISPOSITIVO
If
Analizzando la regola generale di protezione (1) risulta evidente che si possono realizzare due condizioni di protezione distinte:
Condizione di Massima Protezione, realizzabile scegliendo un interruttore con una corrente nominale prossima o uguale alla corrente
di impiego ( In=IB):
IB
IZ
In
If
1.45 IZ
È chiaro che scegliendo la condizione di max protezione si potrebbero verificare delle situazioni tali da pregiudicare la continuità del
servizio, perché sarebbe garantito l’intervento dell’interruttore anche in caso di anomalie sopportabili.
Condizione di Minima Protezione, scegliendo un interruttore con una corrente prossima o uguale alla massima portata del cavo
(In=Iz):
IB
IZ
1.45 IZ
In
If
La scelta di un interruttore con una corrente regolata In uguale a quella del cavo Iz porterebbe alla massima continuità di servizio a
discapito del massimo sfruttamento del rame installato (sovraccarico permanente).
Si può dire che quanto più ampio è l’intevallo IB-Iz tanto meno è utilizzato il cavo, quanto è più ampio l’intevallo Iz-If tanto meno è
protetto il cavo.
Un compromesso tra sicurezza ed economia è stato trovato in sede normativa (CEI 64-8) tramite la relazioni generali (1) e (2).
Il compromesso risiede nel fatto per il quale si rinuncia ad utilizzare il cavo per le correnti comprese tra IB ed Iz e si rinuncia ad una
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protezione certa per le correnti comprese tra Iz ed If
Il rischio relativo al compromesso è un ″rischio accettabile″ perché si ha una perdita di vita del cavo solo quando si verificano le
seguenti condizioni:
-
si stabilisce nel circuito una sovracorrente proprio nell’intervallo Iz-If;
-
tale sovracorrente è di lunga durata (permanente);
-
il dispositivo di protezione non interviene.
In definitiva bisogna che siano soddisfatte entrambe le condizioni (1) e (2). Queste condizioni non sono indipendenti tra loro, ma legate
tra loro dal rapporto In/If variabile con il dispositivo di protezione, sicché la condizione necessaria e sufficiente per assicurare la
protezione contro il sovraccarico è diversa, secondo che il circuito sia protetto da un interruttore automatico o da un fusibile:
INTERRUTTORI AUTOMATICI
Per gli interruttori automatici ad uso domestico e similare (non regolabili), come visto, si ha:
If= 1.45 In. Se pertanto è soddisfatta la
condizione In≤Iz lo è anche l’altra condizione If≤1.45 Iz.
Un circuito con corrente di impiego IB e con cavo di portata Iz si considera pertanto protetto contro i sovraccarico da un interruttore
automatico di corrente nominale
In≤Iz
Quanto detto per gli interruttori automatici non regolabili vale a maggior ragione per gli interruttori regolabili per i quali, come visto,
If=1.30In.
FUSIBILI
Per i fusibili abbiamo visto in precedenza che If=1.6 In pertanto la condizione If≤1.45 Iz diventa:
In ≤
1.45
Iz = 0.9Iz
1.6
risulta pertanto sovrabbondante l’ulteriore condizione In≤Iz.
In definitiva, la corrente nominale del fusibile per la protezione contro sovraccarico di un circuito con corrente di impiego IB e cavo di
portata Iz, deve soddisfare la condizione:
IB≤In≤0.9 Iz
Vale la pena far notare che il fusibile, atto a proteggere il sovraccarico, ha in generale una corrente nominale inferiore a quella di un
interruttore automatico e consente quindi una minore utilizzazione del cavo (ciò è dovuto al fatto che i fusibili hanno If=1.6 In e gli
interruttori If=1.45 In o anche meno. Il diverso valore di If dipende dalle diverse condizioni di prova utilizzate per la determinazione di If).
Riassumendo, si deve ribadire che correnti superiori ad If determinano l’intervento del dispositivo di protezione entro un tempo dalla
definito dalla caratteristica d’intervento del dispositivo stesso.
L’evento di sovracorrente (I,t) produce una sollecitazione termica del cavo che risulta tollerabile se il punto (I,t) rimane al di sotto della
curva di sovraccaricabilità del cavo.
Il dispositivo di protezione assicura un’idonea protezione del cavo, se la caratteristica di intervento del dispositivo di protezione resta
completamente ad di sotto della curva di sovraccaricabilità del cavo stesso.
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Figura 25
Nella figura precedente è rappresentato un caso limite in cui la caratteristica d’intervento supera la curva di sovraccaricabilità del cavo.
PROTEZIONE DELLE CONDUTTURE DAL CORTOCIRCUITO
Il dispositivo di protezione contro il cortocircuito deve innanzitutto avere una corrente nominale In ≥ della corrente di impiego IB del
circuito, in modo da garantire la continuità del servizio.
Il dispositivo di protezione contro il cortocircuito deve inoltre avere un potere d’interruzione Pc non inferiore (≥) alla corrente presunta di
cortocircuito Icc nel punto d’installazione, ossia Pc≥Icc.
Questa condizione assume in generale maggior importanza per gli interruttori automatici che per i fusibili: in quanto i primi hanno un
potere d’interruzione di gran lunga inferiore ai secondi.
Come visto nella trattazione iniziale, il dispositivo di protezione contro il cortocircuito deve intervenire con una rapidità tale che l’isolante
del cavo non raggiunga la massima sollecitazione termica e meccanica ammissibile, ossia deve essere soddisfatta la condizione:
t1 2
∫0
2
i (t ) dt ≤ K S
2
per il cortocircuito in un punto qualsiasi della conduttura. I dispositivi devono essere introdotti nei punti in cui ci sia variazione di sezione
o qualunque altra variazione che dia luogo ad una riduzione del coefficiente K relativo all’integrale di Joule. Il tempo di interruzione deve
essere inferiore al tempo che porta i conduttori alla massima temperatura ammissibile. Al variare del punto di cortocircuito cambia la
corrente e il corrispondente tempo ti che il dispositivo di protezione impiega ad aprire il circuito, pertanto occorre stabilire quali siano i
punti più gravosi ai fini della sollecitazione termica del cavo; questo naturalmente dipende dalla caratteristica d’intervento del dispositivo
di protezione impiegato.
Impiego di FUSIBILI
Sappiamo dalle sezioni precedenti che l’energia specifica lasciata fluire nel circuito da un fusibile, decresce con l’aumentare della
corrente di cortocircuito (valore efficace della componente simmetrica), facendo riferimento alla figura seguente si può immediatamente
concludere che affinché sia verifica la relazione:
t1 2
∫0
2
i (t ) dt ≤ K S
2
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⇒ occorre che la corrente di corto circuito si superiore a un certo valore Im (per correnti inferiori ad Im l’energia passante attraverso il
fusibile diventa eccessiva per garantire la protezione del cavo).
In conseguenza di ciò il fusibile protegge il cavo tanto meglio quanto maggiore è la corrente di corto circuito: il punto più critico è perciò
al termine del circuito, dove la corrente di corto circuito è minima.
In conclusione, se la relazione dell’integrale di Joule è soddisfatta per un cortocircuito in fondo alla linea, il fusibile offre una protezione
sufficiente in qualsiasi altro punto della linea.
Figura 26
Bisogna, infine, osservare che la corrente di corto circuito varia in ampiezza lungo la linea, poiché risulta inversamente proporzionale
all’impedenza totale vista verso il generatore, che aumenta lungo la linea. Quindi esiste il problema che se A il punto in cui la corrente di
corto circuito, supponiamo IA=Im, per i guasti che avvengono nel tratto 0-A si ha protezione, mentre per quelli che avvengono alla destra
di A non si ha protezione perché presentano una corrente inferiore e quindi tutta la conduttura è a rischio. Il tratto 0-A viene definito
distanza limite, superando la quale la conduttura non risulta adeguatamente protetta.
Quindi bisogna essere sicuri che la lunghezza totale della linea protetta sia inferiore alla distanza limite.
Impiego di Interrutori Automatici
L’energia passante per un interruttore automatico diminuisce in corrispondenza dello sgancio magnetico; successivamente, aumenta
poiché il tempo d’intervento rimane pressoché
costante all’aumentare della corrente di corto circuito. Dal confronto tra l’energia
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specifica lasciata passare dall’interruttore e quello tollerabile da un cavo in condizioni adiabatiche risulta che la condizione:
t1 2
∫0
2
i (t ) dt ≤ K S
2
2
è soddisfatta per tutti i valori di corrente compresi tra Ip – Iq, corrispondenti all’intersezione della curva dell’I t relativa all’interruttore e la
retta dell’iquadroti tollerabile dal cavo.
Figura 27
Possiamo dire che l’interruttore automatico protegge il cavo entro un intervallo di correnti; occorre pertanto verificare che le correnti di
cortocircuito generate cadano entro questo intervallo di valori. In questo caso è quindi necessario verificare che la disequazione
dell’energia specifica sia verificata per un cortocircuito all’inizio (immediatamente a valle dell’interruttore) che in fondo alla linea.
Dobbiamo considerare che la condizione di protezione per un cortocircuito all’inizio della linea è in realtà una condizione limite, poiché
non si avrebbe in tal caso alcun tratto di cavo da proteggere, c’è tuttavia interesse a porre una limitazione all’energia passante
attraverso il dispositivo di protezione, in modo che il cavo percorso dalla corrente di cortocircuito non costituisca una possibile causa di
incendio.
Coordinamento interruttori-fusibili
Un interruttore automatico che abbia un potere d’interruzione estremo adeguato alla corrente presunta di cortocircuito nel punto di
installazione, può essere abbinato con un fusibile idoneo, in tal caso si parla di protezione di back-up o protezione di sostegno.
Si possono usare due dispositivi in serie in modo combinato: il fusibile che presenta un potere d’interruzione superiore alla corrente di
corto circuito presunta nel punto di installazione e l’interruttore automatico che presenta un potere minore.
Il fusibile e l’interruttore automatico devono avere caratteristiche di intervento opportune in modo che per modeste correnti di
cortocircuito intervenga soltanto l’interruttore, per correnti elevate intervenga soltanto il fusibile.
Si ha in tal modo anche il vantaggio di sostituire il fusibile (manovra poco agevole rispetto alla richiusura dell’interruttore) solo
raramente, ossia quando si verifica una Icc di elevato valore.
Nella figura che segue è mostrato che sino al valore di corrente Ip interviene l’interruttore magnetotermico, mentre dopo Ip interviene il
fusibile con un tempo d’intervento inferiore.
La corrente Ip, detta corrente di scambio, deve essere inferiore al potere d’interruzione dell’interruttore, allo scopo di evitare che questo
sia chiamato ad aprire correnti superiori al suo potere d’interruzione.
pag_25
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Va, infine, precisato che per correnti superiori ad Ip è vero che l’interruttore rimane chiuso, ma deve essere atto a sopportare le
sollecitazioni termiche e dinamiche della corrente di cortocircuito, per il tempo impiegato dal fusibile ad aprire il circuito.
Figura 28
pag_26
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continua - Università degli Studi dell`Insubria