Secolare saggezza normativa tranese Statuti Municipali di Trani nel sec. XV di Raffaello Piracci Bombonotizie - Il Giornale di Trani 1996 RAFFAELLO PIRACCI, autore di queste pagine, è nato nel 1921 a Vieste ed è vissuto dal 1926 a Trani, città di origine dei suoi genitori, dove è morto nel 1994. Laureato in lettere classiche nel 1946, superò brillantemente i concorsi esami di stato, conseguendo il titolo abilitante di italiano e storia nelle scuole superiori e la cattedra di lettere nella Scuola Media Baldassarre di Trani, ov’è rimasto fino al suo pensionamento volontario nel 1973. All’insegnamento ha sempre alternato la ricerca storica, dedicandosi inizialmente alle antichità romane e dandone anche saggio in un ampio articolo di terza pagina sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 23 luglio 1955, che illustrava la base onoraria romana di Cassio Ruferio del III-IV secolo da lui stesso rinvenuta nelle fondazioni del campanile della Cattedrale di Trani. Ma l’anno stesso, nella presunzione di tralasciare momentaneamente le antichità classiche per qualche ricerca di storia locale a lungo sollecitatagli, vi si immerse definitivamente, affascinato dai prestigiosi contenuti dell’evoluzione storica di Trani. Dal 1959 ha fondato e diretto fino al 1992 Il Tranesiere, il periodico più duraturo del nostro secolo, dalle cui pagine ha svolto intensa opera di promozione culturale e civica, che ha meritato più volte alla testata il premio annuale della Presidenza del Consiglio riservato alle riviste di elevato valore culturale. Giornalista pubblicista, membro della Società di Storia Patria per la Puglia e dell’Istituto per la Storia del Rinascimento Italiano, Raffaello Piracci, per alcune delle sue numerose pubblicazioni, nel 1959, fu segnalato al “Premio Lincei” per le “scienze filologiche e la critica letteraria ed artistica” ed entrò nella decade prescelta per la sezione di “scienze storiche e ausiliarie della storia”, con una lusinghiera motivazione. Nel 1963 gli fu assegnato il “Premio della Cultura” della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel quadriennio 1952-56 è stato Consigliere comunale ed Assessore alla Pubblica Istruzione e dal 1978 al 1980 Presidente del Distretto Scolastico TraniBisceglie. Dal 1973 al 1975 è stato Direttore dell’Ufficio Stampa Interdiocesano della Curia Arcivescovile di Trani. Il 6 marzo 1990 il Rotary Club di Trani gli ha conferito il prestigioso Premio della Professionalità. Oltre a numerosi lavori apparsi sul Tranesiere ed in altre raccolte (Per il ripristino del ciborio e dell’ambone nel Duomo di Trani - Il ‘Dopo De Sanctis’ nel collegio elettorale di Trani - Una ineffabile vicenda dal profilo umano e culturale «Benedetto Ronchi» - I primi vescovi e arcivescovi di Trani - Prestigio millenario dell’Archidiocesi tranese - Folklore tranese - Per un riordinamento della storia di Trani - Trani per l’Unità Nazionale: Trani e i tranesi nei fatti del ’60 - S. E. Domenico Vendola tranese nel XX di Episcopato), ha pubblicato: La Cattedrale di Trani - Per conoscere gli Statuti Marittimi di Trani - Maria Festa giurista tranese, nell’evoluzione funzionale e civile della città nel Settecento - Accadde a Trani nel ’43. Rievocazioni, testimonianze e documenti inediti - Solo Trani ne è degna! Un’istanza di Trani e un messaggio di Giacinto Francia a Benito Mussolini - Trani e la Rivoluzione Francese. I fatti di trani del 1799 - Sii benedetto o Padre. Testimonianze sull’azione a Trani del Barnabita P. Erminio M. Rondini nel sessennio 1932 - 1938 - Trani palestra di un Santo - Fiorilegio di proverbi tranesi. Motti e detti popolari scelti, coordinati, tradotti e commentati - Via Giustina Rocca Il Castello di Trani - Elena Comneno, seconda moglie di Re Manfredi e le tristi vicende sue e dei figli (uscito postumo, a cura del fratello Mauro). (n.d.r.) (Pubb. ne Il Tranesiere, XXXIII, 1991, 2, pp. 7 - 17) Statuti Municipali di Trani nel sec. XV Il recente interesse della pubblica opinione all’approntamento dello Statuto Comunale previsto dall’art. 4 della L. 142/90 può rendere attuale la riproposizione di analoghi documenti normativi di Trani emanati nel sec. XV. vicende eccezionali Del prestigioso patrimonio di saggezza normativa e di competenza giuridica che Trani vanta nel suo passato si rintracciano non poche testimonianze in ogni secolo e gli Ordinamenta et Consuetudo Maris (1063), più comunemente chiamati gli Statuti Marittimi, ne rappresentano il più cospicuo ed il più antico documento, ma non sono da considerare un episodio isolato. Talché, mentre la maturità emergente dagli Ordinamenta ci lascia nella lusinghiera incertezza che possa non essere giunto fino a noi qualche altro documento ancora più vetusto, per i secoli successivi ce ne restano di ragguardevoli non pochi altri, che a giusto titolo non sfigurano nella serie cominciata dal più cospicuo. 4 Raffaello Piracci Fra questi spiccano due carte normative del reggimento comunale di Trani comprese nella raccolta del LIBRO ROSSO¹: gli Ordinamenti dell’Università di Trani di re Ladislao del 1413 e gli Statuti Municipali di re Ferdinando I d’Aragona del 1466. I due documenti, accanto alle particolari peculiarità proprie di ciascuno, ne presentano altre che li accomunano. Nessuno dei due, come del resto neanche gli altri riportati nel Libro Rosso, offre agli studiosi il destro per polemiche analoghe a quelle suscitate dagli Statuti Marittimi raccolta documentaria tranese che li contiene ha già da tempo resistito ad ogni incertezza di tal genere. Accomuna le due carte anche il tipo di promulgazione. Sebbene per indicarle venga citato il nome di un sovrano, esse non scaturiscono da un’iniziativa verticistica. Ma l’atto «monocratico» del principe promulgatore si integra con la forma «democratica», quella almeno relativa all’epoca, e quasi vi si adegua alla maniera «tutoria»: l’iniziativa è della base e la redazione del testo delle carte si è svolta nella base stessa, che non si smentisce quale culla di saggezza normativa e di perizia giuridica. Negli Ordinamenti del 1413 si legge testualmente in premessa: «Moti quoque devotis supplicationibus pro parte dictorum universitatis ¹Il LIBRO ROSSO DELLA CITTÀ DI TRANI (Universitatis Tranensis Liber Rubens) è una preziosa raccolta, la più antica fra le pugliesi di tal genere, dei diplomi e privilegi concessi alla città di Trani dal 1196 in poi. Su di esso, per disposizione di Pietro Priuli, Governatore Veneto di Trani nel biennio 1500 - 1502, da un gruppo di notai capeggiato da Nicola de Fabritiis furono trascritti dagli originali ed indi autenticati i primi 60 documenti. Negli anni successivi ne furono trascritti altri e pertanto la raccolta, che si chiude con uno del 1556, consta complessivamente di cento documenti. Sull’importanza del Libro Rosso, che si conserva nella Biblioteca Comunale, ci si limita a notare che per mezzo suo è potuta giungere a noi la copia di molti antichissimi documenti interessanti non solo la storia tranese, ma anche quella regionale e persino generale, perché i relativi originali sono andati perduti per fatale usura, per incuria o per disastri, fra cui l’incendio del 1799. Peraltro, a diradare ogni dubbio sulla loro globale autenticità, sta il fatto che molti documenti o notizie del Libro Rosso trovano riscontro in altre fonti manoscritte salvate da rovina in Trani stessa o conservate in altri archivi, quali soprattutto di Napoli e di Venezia (Cfr. V. Vitale, Il “Libro Rosso” di Trani e l’autenticità dei suoi documenti, Trani, Vecchi, 1905). Statuti Municipali di Trani nel sec. XV 5 et hominum ipsius civit[atis] nostre Trani culmini nostro porrectis per eorum speciales sindicos noviter ad curiam nostram missos, quibus annuere premissis, et aliis nos ad id inducentibus considerationibus astringimur…» - «Mossi anche dalle devote suppliche elevate al nostro trono da parte dell’università e degli uomini della stessa città di Trani per mezzo dei loro speciali sindaci recentemente inviati alla nostra curia, che hanno assentito a quelli precedentemente inviati, e siamo spinti da altre considerazioni che ci inducono a ciò…». In siffatto dettato della premessa si evidenzia l’iniziativa della città, indicata non solo nella sua veste ufficiale (Universitas), ma anche nella rappresentanza dei privati cittadini (homines ipsius civitatis), e pare rispecchiata una iterazione di verifica della volontà cittadina (quibus annuere premissis). Negli Statuti Municipali del 1466 l’iniziativa della base e la stesura redatta entro le stesse mura cittadine emergono più esplicitamente: «Sane pro parte universitatis et hominum civitatis nostre Trani Maiestati nostre nuper oblata sunt Capitula et statuta tenoris sequentis» - «Da parte dell’Università e degli uomini della nostra città di Trani recentemente sono stati sottoposti alla nostra Maestà i Capitoli e gli Statuti del seguente tenore». Invero il Vitale (Trani dagli Angioini agli Spagnuoli, Bari, 1912, p. 470) ritiene che questi Statuti siano stati approntati col consiglio di un regio commissario, analogamente a quanto avvenne per quelli di Barletta dello stesso anno (S. Loffredo, Storia della città di Barletta, Trani, 1893, vol. II, pp. 363 sgg.). Ma nel testo degli Statuti di Trani non è citato, come per Barletta, alcun commissario e comunque l’eventuale apporto commissariale sarebbe rimasto in ogni caso Peraltro nella carta normativa tranese del 1466 il preambolo curialesco di frasi paternalistiche è ridotto all’essenziale, rispetto ad una certa prolissità rilevabile in quella precedente del 1413 ed in quella di Barletta dello stesso 1466. Infine le due carte sono ovviamente accomunate dalla loro particolare importanza in rapporto all’evoluzione del diritto amministrativo in generale e, limitatamente a Trani, come testimonianze della vita cittadina del sec. XV. 6 Raffaello Piracci Sul piano giuridico entrambi hanno richiamato la particolare attenzione di studiosi di diritto di chiara fama, italiani e stranieri, come si evidenzierà nella nota conclusiva. Quanto alla vita cittadina, salvo altre considerazioni che si proporranno dopo l’esposizione sommaria dei due documenti, per il momento si osserva che entrambi gli statuti si collocano storicamente all’indomani di vicende eccezionali. Gli Ordinamenti di Ladislao seguono di pochi anni la fine del «dominio utile» che Alberigo da Barbiano ebbe su Trani dal 1383 al 1409. Formalmente al famoso condottiero spettava il solo possesso dei proventi fiscali. Ma in pratica, nella cavillosa ricerca di incremento di entrate, egli finì con l’esercitare l’autorità di un autentico «signore», con indubbia mortificazione di prerogative dei cittadini consacrate da annose consuetudini. È intuibile, dopo il torpore della «signorìa», un risveglio piuttosto vivace di polemici rapporti fra le classi cittadine e gli Ordinamenti tendono a rimuovere tensioni e squilibri sociali. Com’è noto, è un vanto di Trani che nella sua secolare storia, tranne sporadici e brevissimi episodi di infeudazione quale questo del da Barbiano, abbia sempre goduto del ruolo di «città demaniale», cioè immediatamente soggetta all’autorità regia, un ruolo che, nella lontananza o nella paralisi del potere centrale, le consentiva un dignitoso margine di autonomia Gli Statuti Municipali di re Ferdinando I (1458 - 1494) si pongono all’indomani dei gravi tumulti legati al nome di Simone Caccetta e che videro aspramente fronteggiarsi la nobiltà e la borghesia. Questi terminarono nel 1459 e gli Statuti emanati dal sovrano aragonese nel 1466, cioè sette anni dopo, smentirebbero una stretta connessione con i fatti del Caccetta, se non si tenesse conto degli annosi condizionamenti della sovranità di Ferdinando per le rivendicazioni dinastiche dell’ennesimo erede angioino, Giovanni d’Angiò. La lotta per il trono si combattè nelle sue fasi più salienti proprio in Puglia, coinvolgendone le più importanti città, fra cui Trani, e vide schierati nelle opposte parti noti baroni e capitani di ventura. Iniziata nell’autunno 1459, terminò formalmente solo nel 1462; ma re Ferdinando, non ancora del tutto svincolato da compromessi con quella parte della nobiltà, specie feudale, che lo aveva appoggiato, indugiò per qualche tempo ad esprimere Statuti Municipali di Trani nel sec. XV 7 la politica a lui più congeniale a favore delle classi popolari e borghesi, di cui gli Statuti civile ed economica di Trani, poggiante sulla concordia delle parti regolata da chiare norme, stava a cuore a re Ferdinando non meno di quella di tutte le altre città, come essa, demaniali, volendo il sovrano contrapporla alla feudalità, da cui aveva ricevuto, comunque, tanto danno nella lotta contro l’angioino. Ma conviene esaminare separatamente le due carte normative. Gli Statuti Municipali di re Ferdinando I, dal Libro Rosso trascritto da Giovanni Beltrani Statuti Municipali di Trani nel sec. XV 9 Gli Ordinamenti di re Ladislao del 1413 Gli Ordinamenti dell’Università di Trani emanati da re Ladislao il 3 febbraio 1413, su richiesta degli stessi rappresentanti dei cittadini, mentre autorizzano molte fondate supposizioni sul tipo precedente di governo municipale della città, ne chiariscono il funzionamento per lo meno fino al posteriore e più circostanziato Statuto del 1466. C’è una prima parte che riguarda i dazi e le collette. La loro vendita (appalto) agli esattori deve essere trattata da deputati da eleggersi in egual numero, metà dai nobili e metà dai popolani. Ogni anno gli appaltatori dei dazi si devono solennemente obbligare di versare al Capitano la corrispondente somma. Pure ogni anno l’Università deve aggiornare gli apprezzi dei proventi dei cittadini, in base ai quali si faccia la ripartizione dei pesi fiscali. Dei relativi registri si è tenuti a redigere due copie, di cui una da conservare nella sacrestia della Cattedrale e l’altra da affidare ai sedici Eletti della città. La ripartizione e l’esazione delle rate dovute devono essere fatte separatamente, dai nobili per i nobili e dai popolani per i popolani. Inoltre quelli che hanno già pagato la loro rata non possono essere molestati dagli ufficiali regi per le rate non pagate 10 Raffaello Piracci da altri. La parte degli Ordinamenti che regola il governo della città è ispirata al criterio di far partecipare agli «onori» dell’Università di volta in volta qualunque cittadino: «ut quilibet ex civibus dicte civitatis de tempore in tempus partecipet in honoribus dicte civitatis». Ogni quadrimestre i cittadini, riuniti insieme secondo il solito costume e nel solito luogo, devono eleggere sedici incaricati degli affari della città, di cui otto nobili, sei popolani e due neofiti. Il loro incarico deve durare solo quattro mesi, scaduti i quali si procederà a nuove elezioni. Ogni anno deve pure essere eletto quel cittadino che sia più gradito all’Ufficio di Sindaco per condurre gli affari dell’Università («gesturum sindicario nomine dicte universitatis agenda quelibet universitatis eiusdem»). Un altro cittadino di anno in anno deve essere eletto Erario presso il Capitano, col compito di rendersi conto delle composizioni e dei proventi sia dello stesso capitano che dei suoi subalterni, fra cui i giudici e i mastri d’atti. Il Capitano e gli altri ufficiali regi, come giudici, assessori e notai, sono soggetti a sindacato al compimento del loro ufficio («nec… recedere debeant antequam debite sindicentur» - («né debbano ritirarsi prima che siano debitamente inquisiti»). Restano di competenza dei nobili l’elezione di quattro Giudici annuali, due nobili e due popolani, e quella trimestrale di due Catapani, uno per ciascuna delle due classi, da scegliersi da un sedile per volta. Infine, per uniformare Trani alle altre città demaniali, Ladislao dispone che alla morte del Mastrogiurato di nomina regia a vita, il fiorentino Matteo Alardo anno in anno dall’Università. All’esposizione sommaria del contenuto degli Ordinamenti di Ladislao conviene aggiungere qualche considerazione che ne metta maggiormente in luce l’importanza per una migliore conoscenza della vita di Trani nel sec. XV. Come del resto si apprende anche da altre fonti, si ha prova dell’esistenza di precedenti lotte, or sorde or palesi, fra le parti, che però si vogliono scongiurare per il futuro proprio con gli Ordinamenti. Ma l’equa distribuzione di responsabilità e di poteri fra le due classi, da essi sancita su proposta degli stessi cittadini, rappresenta una prova che i dissidi Statuti Municipali di Trani nel sec. XV 11 interni non abbiano mai oltrepassato i limiti della conciliabilità. Gli Ordinamenti appunto presentano un aspetto particolarmente notevole, progressista si direbbe, nell’importanza quasi paritetica attribuita all’elemento popolare rispetto a quello dei nobili, salvo qualche residua prevalenza privilegiata di questi ultimi. Inoltre, a dimostrare quale ruolo avesse l’elemento ebraico nella vita della città, viene riservata una rappresentanza nel governo cittadino ai neofiti, cioè agli Ebrei convertiti. I neofiti, che costituivano la classe mercantile, nell’ambiente tranese erano oggetto di atteggiamenti controversi: considerati spergiuri dai loro precedenti correligionari, non è che godessero sempre il favore dei cristiani, diffidenti dell’autenticità della loro conversione e comunque piuttosto restìi a favorire l’integrazione della razza semitica. Eppure la disposizione così rivoluzionaria dell’inserimento istituzionale dei neofiti nella vita pubblica, nell’attestare un livello avanzato di maturità civile dei cristiani che l’avevano accettata, costituisce a parere di chi scrive uno degli aspetti più originali della carta normativa di cui ci si sta occupando. Inoltre la singolarità di questi Ordinamenti, di riconoscere un ruolo così cospicuo, oltre che ai neofiti, all’elemento popolare, emerge dal confronto con i provvedimenti dello stesso Ladislao nei riguardi di altre città del Regno, ove si vede favorita la reazione nobiliare ed escluso il popolo dal reggimento cittadino. Anche questa considerazione rimarca la procedura «democratica» della promulgazione, come si è già osservato in premessa, nel fatto che l’assenso regio rispecchi le varie realtà cittadine e risiede anche in questo l’importanza degli Ordinamenti del 1413 come documento della vita di Trani dell’epoca. Tutt’altro che trascurabile è infine l’istituzione permanente del Sindaco, non più eletto saltuariamente per qualche incarico temporaneo, ma di anno in anno. Una rappresentanza responsabile e continuativa dell’Università ne accresceva senza dubbio il prestigio nei riguardi del Capitano, rappresentante dell’autorità regia, e dell’Arcivescovado, in una rivendicata emancipazione del reggimento civico di cui non si può far a meno di evidenziare l’importanza come punto di arrivo di un lungo e travagliato cammino. 12 Raffaello Piracci Gli Statuti Municipali del 1466 Gli Statuti Municipali emanati per Trani da re Ferdinando il 15 agosto 1466 rappresentano il primo documento che, diradando molte incertezze pur persistenti nei già accennati Ordinamenti di re Ladislao del 1413, illustri in modo sicuro da chi e come sia governata la città. Si stabilisce che l’Università sia retta da un Consiglio di sessanta membri, egualmente ripartiti tra i nobili, i mercanti e i plebei. Se per ciascuna classe non si trovano venti eleggibili, la composizione del Consiglio può essere ridotta, purché in numero non inferiore a quaranta. È degna di nota la circostanziata puntualizzazione dell’impegno dei Consiglieri: «iurare habeant et debeant quod, pretermisso odio, rancore, amore et propria utilitate, unusquisque dicat, faciat et procuret ac tracter utilia universitatis ipsius, et inutilia pretermictat et omnia procuret ad utilitatem, pacem, quietem et bonum reypublice dicte universitatis» - «debbano giurare che, tralasciando odio, rancore, preferenza e vantaggio personale, ciascuno dica, faccia e procuri e tratti cose utili dell’università e tralasci le cose inutili e tutto promuova per l’utilità, la pace, la quiete ed il bene della cosa pubblica Statuti Municipali di Trani nel sec. XV 13 dell’università». È contemplata, quasi come la moderna «autorità tutoria», la pertinenza del Capitano, che rappresenta il potere regio: il Consiglio non può essere convocato senza il suo consenso e le riunioni consiliari non sono valide senza il suo intervento. Ma il Capitano, per tutta la durata dell’incarico, alle sue dipendenze sia domestiche che di ufficio non può tenere nessuno che sia o cittadino di Trani o comunque in essa abitante. I dottori ed i giurisperiti hanno il diritto di partecipare al Consiglio anche oltre il numero prefissato della sua composizione, ma non ne hanno l’obbligo («tamquam privilegiati a iure ad id non necessitentur» «come privilegiati dal diritto, non vi siano tenuti»). Ma, se entrano in Consiglio, devono giurare come gli altri ed hanno voce in capitolo come gli altri nobili. I Consiglieri durano in carica un anno e sono rieleggibili; inoltre sono surrogabili con altri della propria classe in caso di morte o di duraturo impedimento. La stessa proporzione fra le classi si rispetta nella scelta dei sei Ordinati o Priori plebei e, tratti a sorte tra i Consiglieri del rispettivo ceto, durano in carica sei mesi e non sono confermabili. Essi rappresentano il potere esecutivo, ma non hanno la potestà di scrivere al re o ad altri, di eleggere sindaci o imporre nuovi pagamenti senza il parere del Consiglio. Gli Statuti contengono anche una minuziosa normativa delle discussioni, delle votazioni e dei sorteggi nelle sedute del Consiglio e prevedono una multa per le assenze senza legittimo motivo e per le infrazioni alle norme stabilite. Per talune puntualizzazioni par di leggere, più che una carta statutaria normalmente ispirata a criteri generali, addirittura un «regolamento». Eccone un esempio: «Item quod liceat in Consilio unicuique Consiliariorum ad preposita respondere, et suum votum dare pacifice et quiete sine scandalo, rumore, lite, et sine gurgiis; et donec aliquis dicit suum votum, alius non loquatur, et unus post alium ordine servato suum votum dicat, et proponat ac respondeat vel arrenget semel tantam, nisi alias per Consilium fuerit interrogatus, et unusquisque sedeat in loco suo». - «Parimenti in Consiglio sia lecito a ciascuno dei Consiglieri rispondere agli argomenti proposti, e dare 14 Raffaello Piracci il proprio voto pacificamente e con calma, senza scandalo, rumorosità, litigiosità e senza alterchi; e finché qualcuno esprime il suo voto, un altro non parli, e rispettando il turno esprima il suo voto uno dopo l’altro, e proponga e risponda ed arringhi solo una volta, a meno che non sia stato interrogato un’altra volta per decisione del Consiglio, e ciascuno sieda al suo posto». L’elezione annuale del Sindaco della città deve essere fatta nel Consiglio e alternativamente tra i nobili e i plebei. Se vi è discordia o incertezza sulla persona proposta, il Consiglio ne può nominare due, entrambi della classe sociale di turno per quell’anno, e poi sorteggiare l’eletto. Lo Statuto dispone che tutti i pesi, le gabelle e i dazi siano ripartiti ugualmente non solo tra i veri cittadini, ma anche tra quanti hanno in città famiglia e possedimenti e sono soggetti alla sua giurisdizione, a qualunque nazione appartengano. Non risultano molto chiare le modalità di elezione dei membri del Consiglio, specie dopo l’annuale scadenza: se ad opera dello stesso Consiglio uscente o diversamente. Il testo dello Statuto affida tale ruolo all’Università e non si comprende bene se si riferisca all’organo che la rappresenta, cioè il Consiglio, o ad altro corpo elettorale, quale per esempio i Seggi che, accennati nel diploma di Ladislao del 1413, non trovano posto in questi statuti: «si videbitur universitati predicte illos confirmare aut eligere alios, remaneat ad beneplacitum universitatis» - «se sembrerà opportuno a detta Università confermare gli stessi o eleggerne altri, rimanga a discrezione dell’Università». Una valutazione critica di questi Statuti del 1466 non può prescindere da quelli precedenti del 1413, già esaminati. Invero una prima considerazione di raffronto risulta riduttiva. Infatti, mentre gli Ordinamenti di Ladislao rappresentano un saggio isolato di normativa comunale nel contesto della storia meridionale dei primi anni del sec. XV, gli Statuti intorno agli stessi anni per Barletta, Molfetta e Giovinazzo, con i quali la carta tranese presenta delle analogie. Ma d’altro canto, rispetto alla carta normativa del 1413, in questa del 1466 risulta incrementata la partecipazione al governo cittadino dell’elemento mercantile e popolare, quasi a sanzionare l’ulteriore Statuti Municipali di Trani nel sec. XV 15 affermazione di cui aveva dato prova nei tumulti del tempo di Caccetta. Negli Ordinamenti rappresentanze si equivalevano, con otto nobili ed otto popolani (sei del popolo e due neofiti). Invece in questi Statuti, accantonato il riferimento razzistico ai neofiti per motivi che almeno in questa sede non è dato di indagare, la rappresentanza dei nobili passa dalla metà ad un terzo e quella dei popolani e dei mercanti ai due terzi. È appena il caso di precisare che per popolani s’intende soltanto il popolo grasso voce nella vita pubblica. Sta di fatto comunque che, in una città come Trani che specie nel sec. XV traeva dal commercio la sua ragione di vita e la maggiore fonte di ricchezza, il popolo dei ricchi mercanti rappresentava un potenziale di cui non potevano non tener conto nella redazione degli Statuti la stessa nobiltà e nel promulgarli re Ferdinando, la cui politica come si è detto fu più apertamente favorevole alla borghesia dopo che si fu liberato dal pericolo della fazione angioina. D’altra parte Trani non aveva un gran numero di nobili feudali. Il fatto stesso che, come si rileva da documenti successivi, il Consiglio, previsto dagli Statuti formato di quaranta membri, autorizza l’ipotesi che fosse più difficile trovare venti nobili che non venti mercanti o plebei. Inoltre l’ammissione soprannumeraria in Consiglio dei dottori e giurisperiti, peraltro prevista anche nei citati statuti di Barletta del 4 febbraio dello stesso 1466, mentre denota la considerazione in cui erano tenuti, può anche essere considerata Comunque, già dall’inizio parzialmente attuati quanto al numero dei Consiglieri, pare che gli Statuti del 1466 siano rimasti in vigore solo per pochi anni. D’altra parte le vicende politiche del Regno sotto gli ultimi Aragonesi, con l’occupazione di Carlo VIII (1495) ed il successivo dominio veneto (1496), cui seguì l’occupazione spagnuola (1509), si rivelarono poco favorevoli alla libera espressione dell’autonomia comunale. D’altronte la parte nobiliare risultava favorita dagli occupanti iberici, mentre per l’elemento borghese si affievolivano le fonti di ricchezza dell’attività mercantile per il dirottamento dall’Adriatico del traffico marittimo dopo la scoperta colombiana. Raffaello Piracci 16 Sul Libro Rosso al n. 22 e gli Statuti Municipali di re Ferdinando I del 1466 al n. 50. L’intento essenzialmente divulgativo del presente scritto ha sconsigliato la loro pubblicazione integrale, che avrebbe richiesto ulteriore spazio anche per la relativa traduzione italiana. Peraltro gli Ordinamenti del 1413 sono stati pubblicati da E. G. Schültz (Monumenti dell’Arte dei Mezzitempi nell’Italia Meridionale, Dresda, 1860), da A. Prologo (Gli antichi ordinamenti intorno al governo municipale della città di Trani, Trani, Vecchi, 1879, p. 9) e da G. Beltrani (Cesare Lambertini e la società familiare in Puglia ecc., Trani, 1884, p. 219). Degli stessi Ordinamenti sono interessanti le valutazioni di N. F. Faraglia (Il Comune nell’Italia Meridionale (1100 - 1806), Napoli, 1883, pp. 101 - 102), di N. Modugno (Cenni storici sul regime municipale in Terra di Bari, in «La Terra di Bari», Bari, 1900, vol. I, p. 132) e di V. Vitale (Trani dagli Angioini agli Spagnuoli cit., pp. 115 sgg. e p. 469). Gli Statuti Municipali del 1466 sono stati pubblicati da A. Prologo (Gli antichi ordinamenti ecc. cit., p. 15), da G. Beltrani (Cesare Lambertini ecc. cit., p. 582) e da V. Vitale (Trani dagli Angioini agli Spagnuoli cit., pp. 468 sgg.). Interessanti sono pure le valutazioni di N. F. Faraglia (Il Comune nell’Italia Meridionale cit., p. 135), di N. Modugno (Cenni storici sul regime municipale ecc. cit., p. 133) e di V. Vitale (Trani dagli Angioini ecc. cit., pp. 468 sgg), che vi dedica ampio esame, con riferimenti comparativi ai coevi statuti di Barletta, Molfetta e Giovinazzo, dopo averne accennato in Nobili e mercanti in Terra di Bari (Trani, Vecchi, 1911). Gli studi sull’amministrazione e l’ordinamento delle città meridionali ebbero impulso sulla fine dell’Ottocento da due prestigiosi magistrati della Gran Corte Civile e Criminale e poi della Corte d’Appello delle Puglie di Trani, Luigi Volpicella (Discorso sulle consuetudini e statuti delle città di Terra di Bari, Napoli, Nobile, 1856) e Nicola Alianelli (Delle consuetudini e degli statuti municipali delle province napoletane, Napoli, 1873). Bombonotizie - Il Giornale di Trani