XXIX CONVEGNO SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZA POLITICA Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Arcavacata di Rende (Cosenza) 10-12 settembre 2015 Sezione Studi regionali e politiche locali (panel congiunto con la sezione Sistema politico italiano) Panel 10.2: Dalle elezioni alle istituzioni regionali: come cambia la classe politica regionale? Chairs: Maurizio Cerruto and Selena Grimaldi Discussant: Luca Verzichelli La classe politica regionale in Calabria (1970-2014): come (non) cambia la classe politica regionale Maurizio Cerruto ([email protected]), Roberto De Luca ([email protected]) Abstract: La Regione Calabria si è trovata a dover anticipare di qualche mese, rispetto alla scadenza naturale della primavera 2015, l’elezione per il rinnovo del consiglio e della giunta. Come già successo in altre regioni, era stato l’intervento della magistratura a provocare il voto anticipato: il presidente della giunta regionale in carica, Giuseppe Scopelliti, era stato costretto alle dimissioni da una sentenza, in primo grado, di condanna a 6 anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici per abuso d’ufficio nell’esercizio della carica di sindaco della città di Reggio Calabria. Per effetto della Legge Severino, Scopelliti sospeso per 18 mesi dal consiglio regionale, decide presentando le sue dimissioni da presidente di far decadere giunta e consiglio. Lo scioglimento anticipato ha preso in contropiede i consiglieri che avevano l’obbligo di adeguare lo statuto – e, conseguentemente, la legge elettorale – alle norme statali in materia di riduzione del numero dei membri del consiglio medesimo. La riduzione alquanto drastica del numero dei consiglieri da 50 a 31 lasciava presagire una lotta all’ultimo voto fra i candidati, in particolare, tra i consiglieri uscenti ricandidatisi in conseguenza della maggiore visibilità ottenuta sul territorio della circoscrizione per la loro attività istituzionale. In questo paper vengono proposti alcuni elementi di analisi dell’esito della consultazione elettorale e, soprattutto, della fisionomia della classe politica regionale calabrese prendendo in considerazione indicatori relativi ai processi di selezione (a partire dalle primarie del centro-sinistra e del M5s), ai tassi di ricambio, alle caratteristiche socio-demografiche, alle precedenti attività professionali e politiche dei consiglieri regionali eletti, confrontandoli con le precedenti legislature regionali. L’elezione del novembre 2014 ha rappresentato una occasione di rinnovamento e discontinuità per il ceto politico calabrese o l’ennesima occasione perduta? A fronte del mutamento della legge elettorale e nel quadro di una competizione che si presentava quadripolare mutano o no le caratteristiche degli eletti /e? First draft 1 La classe politica regionale in Calabria (1970-2014): come (non) cambia la classe politica regionale Maurizio Cerruto ([email protected]), Roberto De Luca ([email protected]) 1. Premessa La Regione Calabria si è trovata a dovere anticipare di qualche mese, rispetto alla scadenza naturale della primavera 2015, l’elezione per il rinnovo del consiglio e della giunta. Come già successo in altre regioni1, era stato l’intervento della magistratura a provocare il voto anticipato. Nel caso calabrese, il presidente della giunta regionale in carica, Giuseppe Scopelliti, era stato costretto alle dimissioni da una sentenza, in primo grado, di condanna a 6 anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici per abuso d’ufficio nell’esercizio della carica di sindaco della città di Reggio Calabria 2 . Scopelliti aveva anticipato l’effetto della “Legge Severino” - una sospensione dall’incarico per 18 mesi - decidendo di dimettersi da presidente provocando la decadenza di giunta e consiglio. Lo scioglimento anticipato del consiglio ha, però, preso in contropiede i consiglieri che avevano l’obbligo di adeguare lo statuto – e, conseguentemente, la legge elettorale – alle norme statali in materia di riduzione del numero dei membri del consiglio medesimo. Per cui il consiglio ha dovuto, comunque, lavorare nella fretta del tempo ormai scaduto. Nel consiglio del 3 giugno 2014, con all’ordine del giorno la seconda lettura del testo di modifica dello statuto regionale con il quale viene adeguata la composizione di consiglio e giunta, viene inserita anche la modifica alla legge elettorale. La proposta di legge elettorale modifica il numero dei consiglieri da eleggere (da 50 a 30 più il presidente della giunta) e riduce le circoscrizioni da 5 a 3, accorpando nella circoscrizione “Centro” di Catanzaro le due province di Crotone e Vibo Valentia3. Viene, inoltre, cancellata la possibilità di dare un voto disgiunto, cioè per un partito di una coalizione diversa da quella del candidato presidente prescelto. Ma la modifica più rilevante e con dubbi profili di costituzionalità, approvata dalla sola maggioranza nel consiglio di giugno, è relativa all’innalzamento della soglia di sbarramento al 15% sia per le liste regionali che per le coalizioni nell’intera regione. Tale norma sembrava essere studiata volutamente per evitare un nuovo scenario all’interno del consiglio con l’ingresso consistente di consiglieri del M5S. Questa legge regionale, approvata dalla sola maggioranza il 6 giugno 2014, veniva dapprima impugnata dal governo davanti alla Corte Costituzionale, successivamente il Governo rinunciava in conseguenza della ulteriore modifica apportata alla legge dal consiglio regionale in data 11 settembre 2014. Con quest’ultima modifica viene abbassata la soglia di sbarramento per le coalizioni e le liste regionali all’8% e introdotto qualche altro lieve ritocco. Con questa legge si va alle elezioni, lasciando esattamente come nelle elezioni precedenti irrisolte alcune delle questioni discusse nell’ultima legislatura, come, ad esempio, la rappresentanza di genere e la rappresentanza territoriale delle piccole province4. 1 Nel 2013 e 2014, oltre che in Calabria e Emilia Romagna in questa tornata, si è votato per il rinnovo dei consigli regionali, per lo scioglimento anticipato dell’assemblea, in Abruzzo, Basilicata, Lazio, Lombardia, Molise e Piemonte. 2 La vicenda giudiziaria, nota come “caso Fallara”, riguarda una serie di irregolarità compiute dalla dirigente del settore Finanze e Tributi del Comune di Reggio Calabria e avallate dal sindaco in carica, Giuseppe Scopelliti. La Fallara, indagata, si toglierà la vita. Si veda su tutta la vicenda il volume Baldessarro G. e Ursini G. (2012), Il caso Fallara Storia del “modello Reggio” e del suo tragico epilogo, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria. 3 In pratica si ritorna alla suddivisione territoriale della regione prima del 1992 quando furono istituite le nuove province di Crotone e Vibo Valentia, da una ripartizione del territorio provinciale di Catanzaro. Inoltre nella circoscrizione Centro “le liste elettorali devono essere composte, a pena di inammissibilità, in modo che ci sia almeno un candidato residente per ciascuna delle province corrispondenti”. 4 Per quanto riguarda la distribuzione territoriale degli eletti del 2014, Cosenza ha 12 eletti compreso il presidente, Reggio Calabria 9, Catanzaro 5, Crotone 1 e Vibo Valentia 4. Proprio la provincia di Vibo ha la più nutrita 2 La riduzione alquanto drastica del numero dei consiglieri regionali da 50 a 31 lasciava presagire una lotta all’ultimo voto fra i candidati più accreditati, e fra questi sono da annoverare, senza alcun dubbio, i consiglieri uscenti, in conseguenza della maggiore visibilità ottenuta sul territorio della circoscrizione per la loro attività istituzionale. La lotta quasi tutta interna alle singole liste e alle coalizioni ha però lasciato fuori dal consiglio una buona parte dei consiglieri eletti in precedenza. Solo 9 dei 31 consiglieri erano stati in precedenza nell’assemblea regionale calabrese. E solo tre degli assessori uscenti sono stati rieletti, anche perché la riduzione del numero di consiglieri ha limitato di molto, rispetto alla passata legislatura, la rappresentanza della nuova opposizione di centrodestra. Nel centrosinistra, si è giocata invece la carta del rinnovamento escludendo i candidati uscenti del PD che avevano al loro attivo già due legislature. Il rinnovamento non ha però significato l’ingresso di molti giovani nel palazzo della massima assise elettiva regionale. C’è stato, come vedremo, un lieve abbassamento dell’età media dei consiglieri ma come “giovani” non abbiamo alcun consigliere sotto i 30 anni e appena 6 tra i 31 e i 40 anni. Analizzando, il curriculum degli eletti vedremo che l’approdo in consiglio regionali per molti continua ad essere il corollario di un percorso quasi sempre nel partito, o nel sindacato. Per qualcuno non sempre è stato lo stesso partito, a parte i cambiamenti di sigle avvenuti in questi ultimi anni, che ha favorito l’ascesa nel consiglio regionale. E molti degli eletti in precedenza avevano rivestito ruoli importanti nella politica locale da sindaco, da consigliere o da assessore provinciale. Avere una platea larga di potenziali elettori era infatti la condizione per poter competere in una gara con avversari di primo piano. In questa competizione per la conquista di consensi sembrano essere quasi escluse le donne. Fra i 360 candidati solo una donna riesce ad essere eletta e pochissime possono essere considerate effettivamente in competizione. L’unica donna eletta, tra l’altro è figlia di un ex assessore regionale e dirigente sindacale. E probabilmente il patrimonio familiare di conoscenze è stato utile per la conquista di un seggio, l’unico della provincia di Crotone, accorpata elettoralmente alla circoscrizione di Catanzaro. In questo paper vengono proposti alcuni elementi di analisi dell’esito della consultazione elettorale e, soprattutto, della fisionomia della classe politica regionale calabrese prendendo in considerazione indicatori relativi ai processi di selezione e alle principali aree sociali di reclutamento dei diversi partiti, ai tassi di ricambio, alle caratteristiche socio-demografiche, alle precedenti attività professionali e politiche dei consiglieri regionali eletti, confrontandoli con le precedenti legislature regionali. L’elezione del novembre 2014 ha rappresentato una occasione di rinnovamento e discontinuità per il ceto politico calabrese o l’ennesima occasione perduta? A fronte del mutamento della legge elettorale e nel quadro di una competizione che si presentava quadripolare mutano o no le caratteristiche degli eletti /e? 2. La rappresentanza di genere Come sottolinea Hazan (2006, 179-180): “Indipendentemente dalle restrizioni sulle candidature, l’inclusività nel selettorato, il livello di decentramento e l’adozione di un sistema a votazione, si possono avanzare due generalizzazioni in merito al tipo di candidati che sono prodotti dai vari metodi di selezione: i candidati uscenti sono sempre avvantaggiati e le donne svantaggiate”. In particolare, le donne trovano barriere all’entrata tanto al livello di selezione delle candidature quanto al livello elettorale. La situazione del consiglio regionale calabrese è caratterizzata da questo rappresentanza in rapporto agli abitanti, a scapito della provincia di Catanzaro. La norma elettorale introdotta nell’ultima modifica del sistema sull’obbligo di inserire nella circoscrizione Centro almeno un candidato residente di ogni provincia, è stata superata dalla pratica, nel senso che una provincia, quella di Vibo, che in teoria non doveva avere più di due consiglieri in rapporto alla popolazione da rappresentare, ne ha ottenuto ben 4 per effetto della favorevole condizione dei candidati vibonesi dislocati nelle diverse liste. 3 punto di vista da uno scarsissimo peso della componente femminile: 17 donne nelle dieci legislature, e tenendo conto che due sono state presenti per due legislature (Ligotti, eletta nel 1980 e nel 1985 per il Pci e Tavella eletta nel 1990 per Dp e nel 1995 per Prc) il dato che emerge è che in 45 anni solo 15 donne hanno fatto ingresso in Consiglio regionale5 (vedi tab. 1). La VI legislatura aveva aperto una finestra di opportunità (erano state elette 4 donne su 45 consiglieri: Tavella per Prc, Freno e Intrieri per il Cdu e Caporale per An) che si è però immediatamente richiusa. Il dato congiunturale era, come vedremo, legato al forzato ricambio intervenuto alla metà degli anni novanta e alla legislazione che incentivava – prima dell’intervento della Corte Costituzionale – la presenza di donne nelle liste. Tab. 1 – La distribuzione per genere 1970-2014 Regione Calabria 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2014 Totale Donne 0 0 46 100,0 46 100,0 2,8 0 0 47 100,0 47 100,0 3,8 3 6,0 47 94,0 50 100,0 6,5 2 4,5 42 95,5 44 100,0 7,5 1 1,9 53 98,1 54 100,0 8,6 4 8,9 41 91,1 45 100,0 13,1 1 1,9 51 98,1 52 100,0 8,5 3 4,7 61 95,3 64 100,0 12,0 2 3,3 58 96,7 60 100,0 11,7 1 3,2 30 96,8 31 100,0 16,9 17 3,4 476 96,6 493 100,0 - Uomini Totale Pres. femm. R.O. % La presenza femminile presenta però dinamiche differenti se consideriamo separatamente le prime 5 legislature (1970-1990) e le legislature successive (1995-2014): mentre nel periodo della cosiddetta Prima Repubblica le donne sono presenti solo all’interno dei partiti della sinistra (4 per il Pci, 1 per il Psi e 1 per Dp), nella Seconda Repubblica la presenza femminile, pur mantenendosi esigua, si distribuisce più equamente fra centro-destra e centro-sinistra (vedi figure 1 e 2). Fig. 1 – La distribuzione per genere nei partiti 1970-1990 120 100 80 60 40 20 0 DC PCI PSI PSDI MSI PRI PLI DP PDUP PSIUP Donne 0 4 1 0 0 0 0 1 0 0 Uomini 101 51 47 13 12 5 3 1 1 1 5 I consiglieri di genere femminile sono state: Alecci Anna Maria Nadia e Ligotti Maria Teresa del Pci e Carci Ermanna del Psi nella terza legislatura; Dalla Chiesa Simona e Ligotti Maria Teresa (II) del Pci nella quarta; Tavella Rosa Maria di Dp nella quinta; Caporale Maria Grazia di An, Freno Antonia Francesca e Intrieri Marilina del Cdu e Tavella Rosa Maria (II) del Prc nella sesta (record di presenza femminile); Basile Maddalena di An nella settima; Covello Stefania dei Dl, Frascà Carmela e Lo Moro Doris dei Ds nell’ottava; Albano Gabriella e Minasi Clotilde del Pdl nella nona; Flora Sculco di Calabria in Rete nella decima. 4 Fig. 2 – La distribuzione per genere nei partiti 1995-2014 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 PDSDS-PD CCDCDUUDC DL UDEUR FI AN PDL SDI NUOV O PSI PRC ALTRI Donne 2 2 1 0 0 2 2 0 0 1 1 Uomini 45 32 12 9 25 23 26 8 7 8 45 Com’è noto, la maggior parte dei sistemi mira ad incrementare la rappresentanza femminile con due tipi di meccanismi: quote rosa e regole elettorali 6. In Italia, la svolta in questa direzione è costituita dalla riforma dell’art. 51 della Costituzione (legge costituzionale n. 1 del 2003). La modifica dell’art. 51 afferma, al primo comma, che: “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne”. È questa la modifica-integrazione della Costituzione che dà copertura costituzionale a tutti quei provvedimenti con i quali si volessero garantire forme di paritaria partecipazione tra uomini e donne7. La legge n. 215 del 2012, “Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali”, in particolare, prevede che le regioni con propria legge disciplinino la “promozione della parità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive”. In questo quadro, le Regioni a statuto ordinario hanno previsto, in tema di tutela della rappresentanza di genere, due strumenti: la doppia preferenza di genere e le clausole relative alla composizione delle liste, o “quote rosa” (tab. 2). Quanto alla prima, la doppia preferenza di genere, è prevista solo in Campania, Emilia Romagna, Toscana e Umbria: l’elettore ha, cioè, a disposizione 6 In Italia, si è tentato di inserire le quote nelle liste elettorali per legge già nel 1993: una norma della legge n. 277 del 1993 (“Nuove norme per l’elezione della Camera dei deputati”) disponeva che le liste presentate ai fini dell’attribuzione dei seggi in ragione proporzionale (25% del totale) fossero formate da candidati e candidate in ordine alternato. E’ importante ricordare che tali liste erano bloccate, venivano cioè eletti i candidati secondo l’ordine di presentazione rendendo particolarmente importante l’ordine di inserimento dei candidati all’interno della lista. Norme analoghe erano contenute nella legge n. 81 del 1993 – relativa all’elezione diretta del sindaco – e nella legge n. 43 del 1995 – relativa alla elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario. Su questa norma è intervenuta – con una discussa applicazione del principio della “illegittimità costituzionale consequenziale” – la sentenza della Corte Costituzionale n. 422 del 1995 che l’ha dichiarata costituzionalmente illegittima in rapporto agli articoli 3 e 51 della Costituzione, perché contrastanti con il principio di eguaglianza sia formale che sostanziale: l’art. 51 allora vigente affermava con nettezza in relazione all’accesso dei cittadini alle cariche elettive la parità formale (eguaglianza davanti alla legge senza distinzioni di sesso, art. 3 Cost.) escludendo quindi un’applicazione generalizzata di quella sostanziale. 7 Seguono da lì a poco la legge n. 90 del 2004 relativa alle elezioni dei membri del Parlamento europeo – l’art. 3 prevede che ciascuna lista non possa avere più di due terzi di candidati dello stesso sesso – e il fallimento della proposta di legge sulle quote rosa. La proposta di legge, “Misure per promuovere le pari opportunità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive” fu bocciata dal Parlamento il 13 ottobre 2005, con voto segreto. 5 due preferenze con la clausola che la seconda potrà essere data solo a un candidato della stessa lista ma di genere diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza. Tab. 2 – La rappresentanza di genere nelle regioni: quote rosa (o alternanza di genere) nelle liste e doppia preferenza Piemonte Lombardia Veneto Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria 1 Quote rosa (o alternanza di genere) Alternanza di genere Alternanza di genere Alternanza di genere Alternanza di genere 60% 2/3 2/3 liste provinciali; altern. l. reg. 60% 2/3 60% Candidati di entrambi i sessi Doppia preferenza Legge elettorale - Disc. statale1 L.r. n. 17 del 2012 L.r. n. 5 del 2012 Disc. statale1 L.r. n. 21 del 2014 L.r. n. 51 del 2014 L.r. n. 4 del 2015 L.r. n. 5 del 2015 L.r. n. 2 del 2005 L.r. n. 9 del 2013 Disc. statale1 L.r. n. 4 del 2009 L.r. n. 7 del 2015 Disc. statale1 L.r. n. 19 del 2014 Sì Sì Sì Sì - L. n. 108 del 1968 – l. n. 43 del 1995 – d.l. n. 138 del 2011 conv. in l. n. 148 del 2011 Quanto alle quote rosa: in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana è prevista l’alternanza di genere nella composizione delle liste (nel caso toscano questa disposizione si applica esplicitamente sia alle liste circoscrizionali sia agli eventuali listini regionali); in Abruzzo, Umbria e Puglia si prevede che in ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60% dei candidati; in Campania, Marche e Lazio si prevede che in ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; in Calabria (l.r. n. 1 del 2005 e l.r. n. 19 del 2014) si prevede che “le liste elettorali devono comprendere, a pena di inammissibilità, candidati di entrambi i sessi”8 (in altri termini, ogni lista provinciale deve avere almeno una donna candidata!). In Piemonte, Liguria, Molise e Basilicata non è prevista alcuna tutela per la rappresentanza femminile: in attesa della approvazione della legge elettorale regionale si vota con la disciplina statale (l. n. 108 del 1968 - l. n. 43 del 1995 - d.l. n. 138 del 2011 conv. l. n. 148 del 2011), come però attualmente in vigore a seguito di sentenze della Corte Costituzionale – nello specifico, la legge del 1995 prevedeva che le liste non potessero avere più dei due terzi dei candidati dello stesso genere, ma la sentenza della Corte Costituzionale n. 422 del 1995 ha dichiarato tale norma illegittima e la composizione delle liste è diventata libera. Come è noto, si tratta di clausole – ove presenti – molto meno efficaci della doppia preferenza di genere: le quote funzionano, aumentano la presenza di donne tra gli eletti ma non in modo direttamente proporzionale. Con il riferimento alle regole elettorali, è indubbia l’influenza dei sistemi elettorali sulla rappresentanza di genere: di solito, i sistemi proporzionali consentono di eleggere un numero maggiore di donne – soprattutto dove i collegi sono ampi (l’ampiezza dei collegi induce i partiti più grandi a diversificare le loro liste, con l’obiettivo di attrarre i sottogruppi di cui è composto l’elettorato), vi è una soglia di sbarramento (la soglia riduce l’esistenza di piccoli partiti che in genere danno alle donne minori possibilità di candidatura e, quindi, di elezione) e la lista è bloccata (ciò consente ai partiti di predeterminare l’identità, anche di genere, degli eletti) - Brunelli 2006. 8 Art.1, comma 6, l.r. Calabria n. 1 del 7 febbraio 2005. 6 Tab. 3 – Percentuale di donne tra i consiglieri regionali, regioni a statuto ordinario, 1970-2015 Piemonte Lombardia Veneto Liguria Emilia R. Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria 1970 4,0 2,5 2,0 5,0 2,0 4,0 0 2,5 4,0 0 0 0 2,0 0 0 1975 6,7 5,0 1,7 0 4,0 4,0 0 5,0 5,0 2,5 0 3,3 2,0 3,3 0 1980 11,7 6,3 5,0 5,0 8,0 12,0 3,3 10,0 10,0 7,5 0 5,0 5,0 3,3 6,0 1985 13,3 7,5 11,7 15,0 12,0 12,0 3,3 10,0 10,0 5,0 0 3,3 4,0 3,3 4,5 1990 16,7 10,0 10,0 12,5 20,0 12,0 3,3 7,5 6,7 2,5 0 6,7 4,0 0 1,9 1995 16,7 16,7 7,8 15,5 18,0 16,0 16,7 12,5 17,4 10,0 13,3 6,7 12,7 6,7 8,9 2000 15,0 8,7 10,0 7,5 18,0 12,0 16,7 12,5 11,7 2,3 3,3 6,7 0 3,3 1,9 2005 15,9 15,0 10,0 10,0 10,0 24,6 16,7 15,0 16,9 13,3 6,7 8,3 2,9 10,0 4,7 2010 18,3 8,8 6,7 15,0 20,0 19,6 16,1 16,7 15,5 12,5 0 23,3 3,2 0 3,3 2013-15 21,6 18,7 23,5 16,6 34,0 27,5 14,3 20,0 19,6 6,4 14,3 22,0 11,8 0 3,2 Fonte: Bolgherini e Grimaldi 2015 Quanto alla situazione a livello regionale (con sistemi proporzionali con premi di maggioranza) la situazione varia però da regione a regione. Considerando i dati del periodo 1995-2015, le regioni si differenziano in almeno tre gruppi: regioni con una presenza femminile superiore al 15% (Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Piemonte), regioni con una presenza femminile intorno alla media, 10-15% (Lombardia, Liguria, Veneto e Campania) e regioni con una presenza femminile molto bassa, inferiore al 10% (Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria). Nel ciclo elettorale 2013-2015 si va dal 34,0% della regione Emilia Romagna al 3,2% della Calabria (con nessuna donna eletta in Basilicata) – vedi tab. 3. La media UE-27 per i membri delle assemblee regionali è del 31%: in Italia la media delle 15 regioni a statuto ordinario oscilla, nel periodo considerato, intorno al 12,5%. Il meccanismo della doppia preferenza di genere e delle quote si scontra con altri ostacoli che limitano, soprattutto, in alcune regioni la presenza femminile. L’accumulazione di risorse politiche (network personali, rapporti con i gruppi di interesse, rapporti con i quadri e i militanti di partito) e i costi finanziari della campagna elettorale necessari per competere per le preferenze sono, infatti, una forte barriera all’entrata delle donne. 3. La forza dell’incumbency Un secondo aspetto che bisogna prendere in considerazione riguarda l’intensità del ricambio o della stabilità delle posizioni all’interno dei consigli regionali. Se fino al 1990, in presenza di un sistema elettorale perfettamente proporzionale e di una limitata mobilità degli elettori, il tasso di ricambio era determinato in larga misura dai cambiamenti del mercato elettorale interno ai partiti (come era più ricorrente nel caso della Dc) o dalle decisioni della dirigenza (come accadeva più spesso nel caso del Pci), dal 1995 in poi un sistema proporzionale con premio di maggioranza ha indotto cambiamenti più repentini nella distribuzione dei seggi tra i partiti, imponendo un più intenso turn-over soprattutto in occasione delle alternanze (Cerruto 2013). In particolare, le elezioni del 1995, le prime svoltesi con il nuovo sistema e nel quadro di una destrutturazione dei sistemi partitici, anche regionali, hanno portato a una massiccia sostituzione dei legislatori con un tasso di ricambio che nel caso calabrese ha superato il 75%, in linea con la media nazionale (76%). La forza dell’incumbency (il vantaggio della visibilità e delle risorse organizzative di cui godono gli eletti in carica) ha poi progressivamente ridotto i margini per l’entrata di nuovi competitori. Così nel 2000 il ricambio scende, grazie anche alla riconferma del centro-destra al governo della regione, di ben 20 punti percentuali, al 57,7%. Risale al 62,5% nel 2005, a concorrere al maggiore ricambio almeno due fattori: l’alternanza al governo (con la vittoria del centro-sinistra) e l’incremento del 7 numero complessivo dei seggi (che in occasione delle modifiche allo statuto passano da 42 a 50) – vedi tab. 4. Tab. 4 - Tassi di ricambio, regione Calabria e Media regioni a statuto ordinario, 1970-2014 Regione Calabria Consiglieri Subentranti Totale Riconfermati Ricambio Calabria Ricambio R.O. 1970 1975 1980 1985 1990 40 6 46 - 40 7 47 27 57,4 4,6 41,4 40 10 50 24 48,0 52,0 50,7 40 4 44 21 47,7 52,3 51,4 40 14 54 24 44,4 55,6 55,4 - 1995 (cd) 42 3 45 11 24,4 75,6 76,0 2000 (cd) 43 9 52 22 42,3 57,7 59,0 2005 (cs) 50 14 64 24 37,5 62,5 53,4 2010 (cd) 50 10 60 31 51,7 48,3 63,0 2014 (cs) 31 31 9 29,0 71,0 - Totale 416 77 493 193 39,1 60,9 56,3 È interessante, però, guardare più a fondo tra i consiglieri, rispettivamente, ricandidati e riconfermati in consiglio regionale. Il numero di ricandidati supera in media ad ogni legislatura il 60% degli uscenti, con punte dell’80,4% nel 1975 e addirittura dell’86,7% nel 2000: se, in media, il 61,7% dei consiglieri uscenti si ricandida, il 39,1% viene riconfermato. Una ulteriore dimensione da analizzare riguarda la “lealtà”, o per contro la probabilità di “defezione” dei consiglieri rispetto alla lista di appartenenza al momento della prima elezione, in breve ci si riferisce al fenomeno del cosiddetto trasformismo, fenomeno particolarmente accentuato in Calabria (vedi tabella 5). La percentuale di ricandidati sleali oscilla intorno al 12,8%, quella dei riconfermati sleali intorno al 5,5% degli uscenti. Ma se la situazione delle prime 5 legislature, con un quadro politico più stabile e partiti che controllavano ancora se non la formazione certamente la selezione dei consiglieri, è fisiologica (i ricandidati sleali non superano il 10% degli uscenti - 4,3% nel 1975, nessuno nel 1980 e nel 1985, il 9,1% nel 1990) la situazione cambia radicalmente a partire dal 1995. Tab. 5 – Ricandidati sleali e riconfermati sleali, valori ass. e in % degli uscenti Consiglieri Ricandidati Ricandidati sleali Riconfermati Riconfermati sleali 1975 47 1980 50 1985 44 1990 54 1995 45 2000 52 2005 64 2010 60 2014 31 Totale 493 100,0 37 80,4 32 68,1 26 52,0 34 77,3 24 44,4 39 86,7 37 71,2 45 70,3 30 50,0 304 61,7 2 4,3 0 0 0 0 4 9,1 5 9,3 16 35,6 9 17,3 12 18,8 15 25,0 63 12,8 7 58,7 24 51,1 21 42,0 24 54,5 11 20,4 22 48,9 24 46,2 31 48,4 9 15,0 193 39,1 1 2,2 0 0 0 0 2 4,5 1 1,9 7 15,6 5 9,6 9 14,1 2 3,3 27 5,5 Regione Calabria A partire dalla VI legislatura il numero di consiglieri che si ricandidano in un altro partito rispetto alla legislatura precedente, o addirittura in un’altra coalizione cresce senza soluzione di continuità fino alla ultima elezione regionale caratterizzata da una vasta gamma di possibili situazioni (tabb. 6 e 7): “campioni delle preferenze” che si ricandidano in un partito diverso facente parte della stessa coalizione (4 casi), in un partito che sostiene una diversa coalizione (12 casi), o ancora campioni delle preferenze – non ricandidati – che appoggiano altri “campioni delle 8 preferenze” dello stesso partito (1 caso: Battaglia, Pd → Irto, Pd), di un partito diverso facente parte della stessa coalizione (4 casi: Bova, Pd → D’Agostino, Oliverio Presidente; Crinò P., Scopelliti Presidente → Crinò F., Casa della Libertà; Caridi, Pdl → Cannizzaro, Casa della Libertà; De Gaetano, Prc-Pdci → Romeo, Pd), o di una diversa coalizione (1 caso: Bilardi, Scopelliti Presidente → Arruzzolo, Ncd) – vedi Emanuele e Marino 2015. Tabella 6 – Ricandidati, ricandidati sleali, sleali al partito, sleali alla coalizione Consiglieri Ricandidati Ricandidati sleali 1995 45 2000 52 2005 64 2010 60 2014 31 Totale 252 100,0 24 44,4 39 86,7 37 71,2 45 70,3 30 50,0 175 69,4 Regione Calabria 5 Ricandidati sleali partito - Ricandidati sleali coalizione - 16 7 9 10 8 2 12 4 8 16 4 12 57 22,6 21 8,3 31 12,3 I casi di ricandidati sleali sono 5 nel 1995, ma diventano 16 su 45 uscenti nel 2000 (7 sleali verso il partito, 9 verso la coalizione), 10 su 52 uscenti nel 2005 (8 sleali verso il partito, 2 verso la coalizione), 12 su 64 uscenti nel 2010 (4 sleali verso il partito, 8 verso la coalizione), 16 su 60 uscenti nel 2014 (4 sleali verso il partito, ben 12 verso la coalizione); con 7 riconfermati sleali nel 2000, 5 nel 2005, 9 nel 2010 e solo 2 nel 2014 (vedi tab. 7 e infra paragrafo 6). Tabella 7 – Ricandidati sleali ed eventuale riconferma Consiliature 1975 1990 1995 2000 2005 Consiglieri Torchia Giuseppe Valentini Scipione Araniti Pietro Di Nitto Aniello Mallamaci Benedetto Reale Italo Donnici Beniamino Gentile Giuseppe Ielacqua Oscar Lavorato Fabiano Vecchio Salvatore Aiello Pietro Chizzoniti Aurelio Conforti Serafino De Paola Luigi Filippelli Nicodemo Freno Antonia F. Gentile Giuseppe Intrieri Marilina Laudadio Francesco Mangialavori Antonio Perfetti Pasquilino Pirillo Mario Stancato Sergio Torchia Giuseppe Trematerra Luigi Tripodi Michelangelo Crea Domenico Gagliardi Mario Morrone Giuseppe Napoli Giuseppe Occhiuto Roberto Pezzimenti Giuseppe Lista Pli Psi Psi Psi Psi Verdi Progressisti Pri Ccd Socialdemocrazia Pri Fi Patto Segni Sdi Pdci Udeur Ri Fi Ds Ds Fi Calabria Democratica Udeur Patto Segni Udeur Per la Calabria Pdci Dl Fi Udeur Unità Socialista Udc Udeur Partito-lista di provenienza consiliatura precedente Psi Psiup Pri Psdi Psdi Dp Msi-Dn Psi Psdi Dc Dc Ccd-Ccd Soc. It.-Patto dei Democratici Ccd-Ccd Prc-Prc Fi-Fi Polo Popolare Ccd-Lista reg. centro-destra Pri-Pri Cdu-Lista reg. centro-destra Laburisti-Progressisti An-An Cdu-Fi Polo Popolare Cdu-Fi Polo Popolare Ccd-Ccd Fi-Fi Polo Popolare Ccd-Lista reg. centro-destra Prc-Prc Ccd-Ccd Ccd-Ccd I Democratici-I Democratici Ds-Ds Fi-Fi Liberal Sgarbi-Liberal Sgarbi Riconferma R NR NR R R NR NR R NR NR NR R NR NR NR NR NR R NR NR R NR R NR R R R R NR R NR R NR 9 2010 2014 Pirillo Mario Senatore Pietro Tripodi Pasquale Vescio Salvatore Cherubino Cosimo Chiappetta Gianpaolo Chiarella Egidio Magarò Salvatore Morrone Giuseppe Nucera Giovanni Pacenza Francesco Racco Luciano Serra Giulio Talarico Domenico Tallini Domenico Tripodi Pasquale Bruni Ottavio Bulzomì Salvatore Ciconte Vincenzo De Masi Egidio Fedele Luigi Franchino Mario Gallo Gianluca Gentile Giuseppe Giordano Giuseppe Grillo Alfonso Imbalzano Candeloro Magarò Salvatore Minasi Clotilde Mirabelli Rosario Talarico Domenico Tripodi Pasquale Dl Fi Udeur Lista Abramo-Pri Pdl Pdl Alleanza per la Cal. cs Scopelliti Presidente Pdl Pdl Pdl Pd Insieme per la Cal. cd Idv Pdl Udc Udc Fi Pd Oliverio Presidente Ncd Pd Casa della Libertà Ncd Pd Ncd Ncd Calabria in rete cs CdL Oliverio Presidente Oliverio Presidente Centro Democratico cs Udeur-Udeur Cdu-Cdu Sdi-Sdi Fi Sdi Unità Soc.-Sdi Unità Soc. Udc-Udc An-An Sdi Unità Soc.-L’Unione Udeur-Udeur cs Udc-Udc Udc-Udc Nuovo Psi-Nuovo Psi cd Udeur-Udeur Ds-Ds Udeur-Udeur Udeur-Udeur Aut. e Diritti-Aut. e Diritti Udc-Udc Aut. e Diritti-Aut. e Diritti Idv-Idv Pdl-Pdl Aut. e Diritti-Aut. e Diritti Udc-Udc Pdl-Pdl Idv-Idv Scopelliti Pres.-Scopelliti Pres. Scopelliti Pres.-Scopelliti Pres. Scopelliti Pres.-Scopelliti Pres. Pdl Aut. e Diritti-Aut. e Diritti Idv-Idv Udc-Udc R NR R NR NR R NR R R R R NR R R R R NR NR R NR NR NR NR R NR NR NR NR NR NR NR NR Al tasso di ricambio fa da pendant un tasso di permanenza in consiglio nelle diverse legislature che vede una forte polarizzazione tra un ampio gruppo di consiglieri che hanno una presenza limitata ad appena una o al massimo due legislature (rispettivamente 164 e 88) ed una sottoclasse che mostra una elevata professionalizzazione (o specializzazione): 40 consiglieri sono eletti tre volte, 7 per 4 legislature, 4 per 5 legislature e addirittura 2 per ben 6 legislature, dei “sopravvissuti” della Prima Repubblica (vedi tab. 8). Tab. 8 – Tassi di permanenza, 1970-2014 Consiliature Consiglieri Centro-sinistra Centro-destra 1 2 3 4 5 6 Totale 164 53,8 81 54,7 83 52,8 88 28,8 48 32,4 40 25,5 40 13,1 13 8,8 27 17,2 7 2,3 2 1,4 5 3,2 4 1,3 4 2,7 0 0 2 0,7 0 0 2 1,3 305 100,0 148 100,0 157 100,0 I consiglieri regionali più radicati e con un solido bagaglio elettorale, riescono a farsi rieleggere, magari per più legislature, e magari transitando da un partito all’altro, se non addirittura da una coalizione all’altra, portandosi dietro il loro seguito di consenso personale, facendone elevare però al contempo l’età media dei consiglieri (vedi tab. 9). In particolare, se nel periodo 1970-1990, in un quadro politico più stabile, le fasce di età più rappresentate sono quelle centrali in virtù probabilmente di un ricambio maggiormente “governato” dai partiti. Nel periodo successivo al 1995 il quadro si complica, la tendenza al ricambio continua a decrescere, confermando che dopo il forzato ricambio della metà degli anni novanta e l’immissione di una quota di ‘nuovi’ consiglieri regionali, c’è una tendenza al riconsolidamento di una classe consiliare proveniente dai ranghi delle professioni politiche, in una fase intermedia o avanzata della carriera: cresce cioè il grado di professionalizzazione (o specializzazione) della classe politica 10 regionale (Vassallo e Cerruto 2007). Lo si evince dalla crescita pressoché generalizzata dell’età media (vedi tab. 9) così come dalle principali aree sociali di reclutamento dei consiglieri (vedi infra par. 4). Tab. 9 – Consiglieri per classi d’età ed età media Regione Calabria 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2014 Totale fino a 30 anni Età media Cal. 0 0 9 19,6 24 52,2 11 23,9 2 4,3 46 100,0 n.d. 0 0 11 23,4 19 40,4 15 31,9 2 4,3 47 100,0 n.d. 1 2,0 15 30,0 18 36,0 14 28,0 2 4,0 50 100,0 n.d. 0 0 8 18,2 26 59,1 7 15,9 3 6,8 44 100,0 n.d. 2 3,7 6 11,1 22 40,7 23 42,6 1 1,9 54 100,0 47,0 1 2,2 14 31,1 12 26,7 16 35,6 2 4,4 45 100,0 46,9 0 0 5 9,6 24 46,2 17 32,7 6 11,5 52 100,0 49,6 1 1,5 7 10,9 25 39,1 22 34,4 9 14,1 64 100,0 50,6 0 0 5 8,3 16 26,7 27 45,0 12 20,0 60 100,0 52,9 0 0 6 19,4 11 35,5 9 29,0 5 16,1 31 100,0 49,5 5 1,0 86 17,4 197 40,0 161 32,7 44 8,9 493 100,0 - Media R.O. 1970-2005 151 2,6 1.121 19,1 2.728 46,5 1.570 26,7 300 5,1 5.870 100,0 - Età media R.O. 45,3 46,8 46,8 46,9 47,1 45,2 47,6 48,9 49,0 n.d. - - 31-40 41-50 51-60 oltre 60 anni Totale Fig. 3 – Classi di età, valori assoluti 250 200 150 100 50 0 Classi di età Fino a 30 31-40 41-50 51-60 oltre 60 5 86 197 161 44 4. Le principali aree sociali di reclutamento Informazioni molto significative sulle qualità degli eletti in Consiglio regionale possono essere colte dall’analisi dei dati relativi alla professione svolta dai consiglieri regionali (tab. 11). La figura professionale più ricorrente fra i 493 consiglieri è quella degli impiegati, anche se assieme alla categoria dei docenti-insegnanti sono quella che ha avvertito il calo più consistente nelle legislature dal 1995 in poi (vedi fig. 4), seguono i funzionari di partito e sindacalisti (questa categoria, dopo aver registrato un andamento sostanzialmente crescente per le prime 5 legislature, vede un netto calo delle presenze nella VI legislatura, ma già dalla tornata elettorale successiva la presenza all’interno del Consiglio di funzionari di partito e sindacato è in ascesa fino a raggiungere nella legislatura in corso livelli di presenza addirittura superiori a quelli del 1990; fenomeno questo legato al ruolo di sempre maggiore importanza assunto all’interno dei partiti dagli eletti, che controllano la selezione delle candidature e la formazione delle liste, garantendosi così quando 11 possibile la rielezione), di avvocato e medici (rispettivamente al 14,2% e al 12,0%). Analizzando la distribuzione delle professioni per partito emerge inoltre che il crescente numero di funzionari di partito e sindacalisti trova posto nelle ultime legislature soprattutto nel Pds-Ds-Pd e nell’area PpiDl, le formazioni partitiche rispettivamente eredi del Pci e della Dc; mentre i numerosi professionisti (medici e avvocati soprattutto) risultano eletti prevalentemente all’interno del centrodestra (soprattutto in Fi i medici, in An gli avvocati) e nell’area Ccd-Cdu-Udc. Tab. 10 – Consiglieri regionali secondo la professione (valori assoluti e percentuali) Regione Calabria 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2014 Totale Funz. di partito e sindacalisti 5 10,9 12 26,1 5 10,9 13 28,3 8 17,5 1 2,1 1 2,1 1 2,1 7 14,9 10 21,3 3 6,4 11 23,4 10 21,3 2 4,2 3 6,4 1 2,1 9 18,0 7 14,0 2 4,0 14 28,0 11 22,0 1 2,0 2 4,0 4 8,0 7 15,9 9 20,5 1 2,3 11 25,0 7 15,9 0 0 3 6,8 6 13,6 12 22,2 9 16,7 5 9,3 9 16,7 9 16,7 3 5,5 3 5,5 4 7,4 6 13,3 3 6,7 8 17,8 12 26,7 10 22,2 3 6,7 1 2,2 2 4,4 7 13,5 4 7,7 10 19,2 16 30,8 5 9,6 3 5,8 1 1,9 6 11,5 19 29,7 6 9,4 8 12,5 14 21,9 5 7,8 6 9,4 4 6,3 2 3,0 17 28,3 5 8,3 13 21,7 12 20,0 3 5,0 4 6,7 2 3,3 4 6,7 9 29,1 5 16,1 4 12,9 5 16,1 1 3,2 3 9,7 1 3,2 3 9,7 98 19,9 70 14,2 59 12,0 117 23,7 69 14,0 26 5,3 21 4,2 33 6,7 46 100,0 47 100,0 50 100,0 44 100,0 54 100,0 45 100,0 52 100,0 64 100,0 60 100,0 31 100,0 493 100,0 Avvocati Medici Impiegati Docenti e insegnanti Imprenditori Giornalisti Altri Totale Media R.O. 1970-2005 15,8 11,8 6,0 19,9 23,2 4,7 18,6 - Fig. 4 – Regione Calabria. Professione 60 50 40 30 20 10 0 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2014 Politici e sindac. 10,9 14,9 18 15,9 22,2 13,3 13,5 29,7 28,3 29,1 Impiegati e docenti 45,8 44,7 50 40,9 33,4 48,9 40,4 29,7 25 19,3 Imprenditori e Professionisti 39,1 31,9 20 22,8 31,5 31,2 32,7 31,3 36,7 38,7 Altro 4,2 8,5 12 20,4 12,9 6,6 13,4 9,3 10 12,9 Scarso accesso al Consiglio regionale hanno invece imprenditori (5,3%) e altri professionisti a conferma del fatto che per essere candidati e risultare eletti è necessario essere presenti o avere legami con i luoghi chiave per l’accesso alla rappresentanza, ovvero i partiti e le loro ramificazioni istituzionali. E così, candidati forti, capaci di intercettare consenso, sono principalmente persone che hanno ricoperto ruoli istituzionali (dagli ex consiglieri e assessori regionali a sindaci e presidenti di provincia), che hanno legami e radicamento nel partito, che svolgono professioni da contact man (medici, avvocati, ecc.) la cui presenza cresce specie nei partiti più deboli, meno strutturati. Se ragioniamo per categorie, nel complesso, pare all’opera una tendenza opposta a quella 12 degli anni settanta e ottanta. A partire dal 1990, tende a crescere la quota dei consiglieri che dichiarano un passato professionale di livello medio-alto mentre si assiste ad un parallelo decremento della categoria degli impiegati e docenti-insegnanti, così come cresce la presenza di funzionari di partito e sindacato. Conferma ciò l’esame di un altro dato, e cioè il titolo di studio, il quale può essere interpretato, oltre che come un indicatore del livello di istruzione, come un indicatore ancorché generico dello status socio-economico e professionale dei consiglieri. Per semplicità possiamo concentrarci sulla percentuale di laureati. Dalla tab. 11 la quota di laureati che cala nelle prime legislature, cresce senza soluzione di continuità a partire dalla IV legislatura per arrivare al 71,7% nella IX e al 71,0% nella X legislatura, valori non molto dissimili da quelli della prima legislatura regionale (76,1%). Un valore peraltro molto più alto del valore medio delle regioni a statuto ordinario (56,8%), anche qui a conferma del fatto che nelle regioni del Sud prevalgono elementi notabilari e sono più importanti per essere eletti, oltre alla provenienza partitica e al percorso istituzionale, le risorse che i singoli candidati sono in grado di mobilitare individualmente (reputazione, denaro, sostegno da parte dei gruppi di interesse). Tab. 11 – Il titolo di studio dei consiglieri 1970-2014 Regione Calabria 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2014 Totale Laurea 35 76,1 8 17,4 3 6,5 46 100,0 57,0 31 66,0 15 31,9 1 2,1 47 100,0 55,0 28 56,0 21 42,0 1 2,0 50 100,0 57,0 29 65,9 15 34,1 0 0 44 100,0 61,0 36 66,7 18 33,3 0 0 54 100,0 58,0 29 64,4 16 35,6 0 0 45 100,0 56,0 35 67,3 17 32,7 0 0 52 100,0 54,0 43 67,2 21 32,8 0 0 64 100,0 56,0 43 71,7 17 28,3 0 0 60 100,0 57,0 22 71,0 8 25,8 1 3,2 31 100,0 - 331 67,1 156 31,6 6 1,2 493 100,0 56,8 Diploma Lic. Elem. o media Totale Laurea R.O. Media R.O. 1970-2005 56,8 3318 33,0 1928 10,2 596 5842 100,0 5. Il peso dei candidati consiglieri sul risultato Le leggere modifiche introdotte nel 2014 al sistema elettorale regionale sembrano rafforzare il comportamento elettorale improntato sul voto “personale”. La lettura del voto delle precedenti elezioni regionali in Calabria, infatti, ci indica che la competizione è lasciata, soprattutto, alla capacità dei candidati consiglieri di rastrellare consensi (De Luca 2001, Napoli 2005). Detto in altri termini, vince il candidato presidente che riesce a mettere in campo liste e candidati in grado di portare ai seggi quanti più elettori possibili. Anche ad un elettore sprovveduto, documentandosi sugli schieramenti in campo, sarebbe apparsa evidente, per numero di liste e candidati (8 liste e 192 candidati per il centrosinistra, più del totale degli altri 4 gruppi in competizione), la sproporzione esistente fra centrosinistra e gli altri 4 contendenti e, conseguentemente, avrebbe facilmente pronosticato l’esito del voto. Per giungere a questo sperequato campo dei partecipanti il centrosinistra di Mario Oliverio si era organizzato molto prima della data di presentazione delle liste, rispetto ai suoi avversari, soprattutto del centrodestra che, con molta fatica e con una spaccatura non sanata, sono riusciti a mettere insieme solo 3 liste con Wanda Ferro e 2 il NCD con Nico D’Ascola candidato presidente. Autocandidatosi al governo della regione ancor quando era in carica quale presidente della provincia di Cosenza, Mario Oliverio è dovuto passare attraverso la legittimazione popolare delle primarie di coalizione del centrosinistra. Probabilmente le elezioni primarie per la scelta del candidato presidente del centrosinistra hanno fornito ad Oliverio, della corrente PD facente riferimento a Cuperlo, attraverso accordi quasi a tutto campo dove la “trasversalità” delle precedenti appartenenze era la norma (fra eletti e dirigenti già nel centrodestra, appartenenti alla corrente “renziana” del suo partito e appartenenti ad aree politiche non PD) ingenti risorse in termini di 13 candidati con i relativi consensi personali – per la formazione di liste in una sorta di corazzata elettorale senza precedenti. Non è per caso – ma per dei precisi accordi nelle elezioni primarie – che nella coalizione di centrosinistra, nelle varie liste di sostegno al presidente possiamo ritrovare, ad esempio, consiglieri eletti nella precedente coalizione di centrodestra: il presidente della Commissione Regionale Antimafia Salvatore Magarò (eletto nel 2010 nel centrodestra); Mimmo Talarico (eletto nell’IDV che nel 2010 era in contrapposizione al centrosinistra); Elio Belcastro, ex MPA, sottosegretario all’ambiente in un governo Berlusconi; oppure Flora Sculco, consulente presso l’assessorato regionale all’ambiente del governo di centrodestra nonché figlia dell’ex-sindacalista e consigliere e assessore regionale della “Margherita”, trasmigrato nel centrodestra nelle elezioni provinciali di Crotone. Oltre ai candidati presenti nelle liste, l’appoggio ad Oliverio è fornito da molti ex di diversa appartenenza, solitamente pronti ad usufruire dell’effetto “band-wagon”. Gli altri candidati presidenti - a parte gli isolati rappresentanti del M5S9 e de “L’Altra Calabria”10 – hanno cercato di fare del loro meglio probabilmente nella consapevolezza di dover soccombere all’armata di Oliverio, a causa dell’evidente trasmigrazione di fasce di elettorato e di candidati nel centrosinistra. Wanda Ferro, candidata presidente di Forza Italia, presenta le sue tre liste come “serie ed affidabili” perché, a suo dire, senza nominativi di persone compromesse con vicende di “malapolitica” e senza voltagabbana. Nico D’Ascola, parlamentare del NCD, sacrificato nel ruolo di candidato presidente perdente, impegnato a raggiungere la soglia di sbarramento dell’8% dopo il rifiuto di Oliverio di accogliere nella coalizione il partito di Alfano. Come abbiamo visto, la sproporzione fra lo schieramento di centrosinistra e gli avversari ha determinato un facile pronostico sull’esito della competizione. Ovviamente la condizione della maggiore numerosità di candidati e liste non può essere un univoco criterio di valutazione se non viene considerato il peso specifico dei candidati consiglieri in competizione. Una prima valutazione della capacità dei consiglieri di attrarre consensi la si può rilevare dal numero di preferenze ottenute da ciascun candidato, premettendo che nelle regionali in Calabria si registra da sempre un’altissima propensione all’utilizzo del voto di preferenza. La tabella con gli indici di preferenza, totali e di lista, è più che esplicativa riguardo a tale tendenza. Tab. 12 - Elezioni regionali Calabria 2014 – Indice di Preferenza (IP) per liste voti preferenza voti lista IP CALABRIA IN RETE 21.332 22.213 96,0 AUTONOMIA E DIRITTI 11.251 11.864 94,8 DEMOCRATICI PROGRESSISTI 11.891 12.642 94,1 CASA DELLE LIBERTA' 18.139 19.382 93,6 NUOVO CNTRO DESTRA 11.132 12.038 92,5 NUOVO CDU 5.018 5.458 91,9 LA SINISTRA CON SPERANZA 8.424 9.453 89,1 UDC 8.558 9.730 88,0 PD 60.235 68.943 87,4 CENTRO DEMOCRATICO 4.506 5.192 86,8 OLIVERIO PRESIDENTE 21.395 25.069 85,3 9 Il M5S ha scelto con le primarie on-line, le “regionalie”, i propri candidati. In queste elezioni riservate ai soli iscritti al movimento, il candidato presidente Cono Cantelmi ha ottenuto nella regione 183 voti. Alcuni candidati consiglieri sono riusciti a far parte della lista con una sola decina di voti. 10 “L’Altra Calabria” è la lista che si pone a sinistra dello schieramento allacciandosi al movimento di Tsipras che aveva ottenuto un discreto successo nelle Europee del maggio 2014 con la sigla di “L’Altra Europa”. 14 FRATELLI D'ITALIA 7.379 8.810 83,8 FORZA ITALIA 32.647 39.697 82,2 L'ALTRA CALABRIA 2.088 3.349 62,3 MOVIMENTO 5 STELLE 6.926 14.485 47,8 160.486 409.924 86,1 Totale Nel tentativo di fornire delle spiegazioni sia circa il contributo al successo della coalizione dei candidati consiglieri che l’apporto delle liste in termini di risultato, andremo ad analizzare il successo personale di alcuni “campioni delle preferenze” prestando attenzione al comportamento del potenziale elettorato di riferimento. In Calabria complessivamente si è registrato, in questa elezione, un indice di preferenza (IP) pari a 87,4%, cioè dei 100 elettori che hanno votato per un partito, più di 87 hanno scelto anche un candidato consigliere. Molto più correttamente si potrebbe dire che su 100 voti andati alle liste solo 12,6 elettori hanno scelto “solo” il simbolo della lista11. Quest’ultima considerazione risulta essere ancora più corretta analizzando l’IP delle singole liste, alcune delle quali sono prossime al 100%, considerando fisiologici errori degli elettori nel riportare il cognome del candidato sulla scheda. Le liste con il maggiore grado di IP sono quelle non partitiche, strategicamente di appoggio al candidato presidente, cioè quelle liste nate come aggregazione di candidati, senza un programma né un passato da far valere nel giudizio degli elettori e con un simbolo mai visto prima della campagna elettorale. In poche parole, liste che non possono accampare referenze pregresse, se non quelle dei singoli candidati, da far valere nel mercato elettorale presso gli ormai pochi elettori di “opinione”. La tabella 12 ci mostra gli indici complessivo e delle singole liste e viene, altresì, riportato il numero medio di preferenze ottenuto da ciascun candidato e dal candidato di ogni singola lista. In Calabria i voti di preferenza medi ottenuti dai candidati sono 1.896, un valore molto alto che dà il senso della grande competizione, quasi sempre interna alle liste e alle coalizioni, fra candidati per la conquista del seggio. Una siffatta competizione apporta evidenti benefici al risultato della lista e della coalizione fino a determinare, quale fattore preponderante, la vittoria del candidato presidente e della coalizione. Nella lista che ha ottenuto più voti, e più voti di preferenza in valore assoluto per i candidati, il PD, il valore medio del numero di preferenze è addirittura di 6.778 che sta a sottolineare sia la competizione fra candidati dello stesso partito che la difficoltà dei candidati ad emergere senza avere maturato significative esperienze in qualche ambito della politica – o della vita civile – con l’apprezzamento dei potenziali elettori. A tale proposito, riportando qualche elemento utile all’analisi del più votato candidato in Calabria, Carlo Guccione del PD, cerchiamo di indicare quali possono essere alcuni dei requisiti per diventare “campione delle preferenze”. Guccione ha ottenuto nella circoscrizione provinciale di Cosenza ben 14.797 voti di preferenza, quasi il doppio della precedente elezione nella quale aveva ottenuto 7.667 consensi. Guccione è politico di professione in senso weberiano, poiché la politica è stata da sempre il suo lavoro. Funzionario del vecchio PCI, dirigente provinciale e regionale del PDS, DS e PD, “portaborse” di un consigliere regionale e, successivamente, entrato in ruolo come dipendente della regione12, prima di essere eletto consigliere regionale nel 2010. La forza elettorale di Guccione risiede nei suoi rapporti con militanti ed eletti nel PD, rapporti che possono essere fatti risalire soprattutto al periodo quando Guccione era segretario regionale del partito (prima dei DS e poi del PD). Il successo nelle elezioni 2014 è dovuto essenzialmente a due fattori. Il primo è l’abbandono dei suoi potenziali concorrenti della sua stessa arena elettorale, in conseguenza dell’applicazione delle norme statutarie del partito che non ha consentito la ricandidatura dei 11 Questo calcolo non tiene conto, ovviamente, degli errori dell’elettore nell’indicare la preferenza. Attraverso una criticata leggina regionale pro-casta che ha permesso l’ingresso nei ruoli della Regione a molti familiari di consiglieri e politici di professione, come nel caso di Gucccione. 12 15 “vecchi” consiglieri13. Il secondo fattore di successo elettorale si può attribuire al lavoro politico svolto da consigliere regionale nell’ambito della sanità. Guccione, facendo visita a quasi tutte le strutture sanitarie della regione, in un dossier ha denunciato i molti mali che affliggono questo particolare settore. In questo suo viaggio nella sanità calabrese, Guccione ha avuto modo di intessere rapporti con gli operatori, soprattutto medici, molti dei quali in Calabria sono collettori di consensi elettorale nonché grandi elettori dei consiglieri regionali (De Luca-Fantozzi 2014). DAL PARTITO Un secondo caso, o meglio, una tipologia dicandidato di successo è quello di Giuseppe Aieta, eletto nel PD nella circoscrizione di Cosenza con 8.630 voti di preferenza. Aieta è stato sindaco del comune di Cetraro dal 2005 fino all’elezione. È stato anche eletto consigliere provinciale e assessore provinciale nell’ultima giunta di Oliverio. La sua carriera politica si è svolta, perciò, all’interno delle istituzioni elettive. Più della metà dei voti di preferenza ottenuti nelle regionali 2014 gli provengono da elettori del suo comune e circondario della costa tirrenica cosentina. Ovviamente ha influito sul suo successo l’avere svolto, oltre che quello di sindaco, l’incarico di assessore alla provincia, attraverso il quale Aieta ha potuto intessere importanti relazioni con amministratori ed attivisti politici della circoscrizione, proprio in vista della candidatura alle regionali. DALLE ISTITUZIONI Un terzo caso di candidato di successo è quello di Sergio Franco. Per molti anni segretario regionale del Sindacato Lavoratori Posti della Cisl, Franco alla sua prima esperienza politica, viene eletto nella circoscrizione di Cosenza nella lista “Oliverio Presidente” con 6.668 voti di preferenza. Il consenso ottenuto è abbastanza diffuso sul territorio provinciale, lo stesso territorio dove ha operato in veste di sindacalista. Nella lettera-invito agli elettori, fra le altre cose, Franco rivendica il ruolo avuto nel sindacato nella difesa del posto di lavoro dei precari del settore delle poste. Si potrebbe rilevare in questo appello che, in pratica, Franco richiama i suoi potenziali elettori agli obblighi derivanti da una sorta di patto politico-clientelare attraverso il classico “voto di scambio” (Parisi-Pasquino, 1977) . DAL SINDACATO 6. La difficile rielezione di assessori e consiglieri Dal quadro sintetico che viene fuori dalle caratteristiche di alcuni “campioni delle preferenze” si può desumere una accentuata mobilità dell’elettore nel riporre la propria fiducia e riversare il proprio consenso verso un candidato. Le grandi differenze , a volte, che si registrano nel numero di preferenze dei singoli candidati da una elezione all’altra vanno lette proprio in tale contesto di volatilità “personale”. La fedeltà sembra che sia diventata leggera (Natale 2000) anche nel voto alla persona. Conseguenza della mobilità dell’elettorato nell’espressione del voto di preferenza è la difficoltà di consiglieri ed assessori uscenti ad essere rieletti. Ciò risulta con evidenza da un’analisi delle ultime due elezioni regionali in Calabria. Nel 2010 nelle regionali in Calabria furono rieletti 18 consiglieri mentre ben 11 restarono fuori dell’assemblea regionale. Fra gli assessori, 5 furono riconfermati consiglieri (compreso il presidente uscente che entrò di diritto nel consiglio quale secondo più votato candidato presidente) e altri 5 rimasero fuori, fra cui due assessori esterni non eletti in consiglio. Nel 2014 sono stati riconfermati solo 8 consiglieri e 2 assessori, mentre non ce l’hanno fatta in 16 consiglieri, fra i quali anche il presidente uscente del Consiglio e 2 assessori, uno dei quali esterno. Le condizioni di accessibilità al consiglio regionale di queste due consultazioni erano, comunque, molto differenti. Nel 2014, in conseguenza della drastica riduzione operata dal parlamento, i consiglieri sono passati a 31, compreso il presidente della giunta. Mentre nel 2010 l’accesso in consiglio era più agevole per l’alto numero di seggi, nel 2014 diventa molto stretto. 13 Nella circoscrizione di Cosenza non sono stati ricandidati consiglieri “campioni delle preferenze” del calibro di Adamo e Principe. 16 Proprio tale difficoltà ad essere eletti con un prevedibile numero più alto di voti di preferenza, in seguito alla riduzione del numero di candidati in ogni lista, faceva ipotizzare una accesa competizione interna alle liste e riservata soprattutto a quei candidati che potevano far valere consolidati consensi, come il caso dei consiglieri in carica. Ed è forse questo il motivo che ha consigliato a diversi uscenti di farsi da parte in una competizione che sarebbe stata molto difficile. Infatti, quasi tutti i consiglieri uscenti che hanno voluto cimentarsi nella gara per la conquista di un seggio hanno avuto la vita difficile. Come abbiamo visto solo 10 fra consiglieri e assessori sono riusciti a ritornare nel palazzo della Regione, un terzo del totale se il numero di riferimento è quello del nuovo consiglio (31 seggi), solo un quinto se il riferimento è quello del precedente consiglio. Nel 2010 con una situazione opposta a quella del 2014 in fatto di accessibilità, il tasso di conferma fu, comunque, molto basso con il 51,7% riferito al precedente consiglio, percentuali ben più basse rispetto alle precedenti legislature quando erano molti i consiglieri che, se non trasmigrati ad incarichi nazionali o nel Parlamento Europeo, venivano confermati dagli elettori. Tranne che nel 1995, la prima elezione svoltasi con il sistema elettorale riformato e, in pratica, con un diverso sistema politico che ha registrato sia la trasformazione del sistema dei partiti che un evidente rinnovamento del ceto politico14. Un’altra caratteristica, rispetto al passato, è l’insuccesso elettorale degli assessori uscenti. La gestione del potere – e ricoprire la carica di assessore regionale comporta, senza dubbio, una pesante responsabilità nella gestione del potere – in un mercato elettorale caratterizzato prevalentemente dal voto alla persona, dovrebbe “facilitare” l’espressione del consenso da parte dei cittadini-elettori. Può sorprendere, quindi, che nelle ultime tornate elettorali gli assessori in carica non riescano ad essere rieletti. Una parte di giustificazione di una siffatta bocciatura la possiamo trovare proprio riguardando quelle caratteristiche, esaminate in precedenza, dei candidati di successo. Un’altra parte di spiegazione la possiamo far risalire al calo di gradimento degli assessori fra gli elettori; negli ultimi tempi è cambiato il modo di gestione delle risorse pubbliche a causa anche dei tagli operati alle finanze pubbliche che da una parte non consentono più, o in misura molto limitata, interventi di tipo quasi individuale (si pensi ai contributi che venivano erogati ad associazioni, ad esempio, per lo svolgimento di sagre e manifestazioni paesane di interesse turistico e culturale di poco conto) che creavano un rapporto di fedeltà elettorale con l’assessore, e dall’altra costringono l’amministratore all’adozione di politiche e misure rivolte prevalentemente a collettività più ampie o categorie che, dal punto di vista elettorale, non sempre sono “riconoscenti” all’assessore in carica. Ulteriore fattore che incide in positivo sul ricambio degli eletti alla regione Calabria è l’alternanza al governo fra centrodestra e centrosinistra. Il cambio di maggioranza alla guida della regione comporta l’inversione della percentuale di eletti nei due principali schieramenti. Cioè la coalizione al governo, passando all’opposizione attraverso l’elezione, perde un consistente numero di seggi che vanno alla nuova coalizione di maggioranza. Nel 2010 il centrodestra aveva una maggioranza di 30 consiglieri su 50; nel 2014 il centrosinistra ha una maggioranza di 20 consiglieri su 31. Comparando il numero delle preferenze nelle due elezioni ottenute dai consiglieri non rieletti nel 2014, possiamo avere una maggiore evidenza di questa situazione. Dei 16 consiglieri non rieletti nell’ultima elezione 9 hanno mantenuto, sostanzialmente, lo stesso numero di preferenze del 2010. Le variazioni in più o in meno oscillano intorno a 1.000 voti. Dei casi, invece, con la maggiore differenza in negativo, vanno segnalati nella lista UDC, partito che ha subito un netto tracollo dal 2010 al 2014 in termini di consensi, passando dal 9,4% al 2,7% nell’ultima elezione. Di conseguenza, anche i candidati sono stati penalizzati: nella circoscrizione di Cosenza, l’assessore Trematerra passa da 10.830 voti di preferenza a 3.396; nella circoscrizione Centro, Ottavio Bruni ottiene in meno circa 4.000 voti e Francesco Talarico, presidente uscente del Consiglio, ha addirittura 5.000 voti in meno. Ma anche un altro consigliere eletto nell’UDC nel 14 Nel 1995, infatti, furono rieletti solo 8 consiglieri uscenti e un solo assessore. 17 2010 e passato ora nel centrosinistra, Pasquale Tripodi, perde oltre 4.000 voti. Non va nemmeno bene il trasloco ad altro schieramento a Salvatore Magarò, eletto nel centrodestra nel 2010 e trasmigrato in “Calabria in Rete”, una lista di appoggio al candidato presidente Oliverio, che perde quasi 2.000 voti. Il risultato della lista, ovviamente, incide sul risultato dei singoli candidati e, forse, per le considerazioni svolte in precedenza, sarebbe più giusto affermare l’inversione della frase che l’insuccesso dei candidati porta all’insuccesso della lista. Cosicché coloro che adesso sono presenti in una lista “piccola” ottengono risultati molto più modesti che nel passato (il caso dell’UDC che nel 2014 non supera la soglia di sbarramento) e, all’opposto, chi adesso si trova a competere in una lista “forte” pur aumentando di molto i consensi ottenuti rispetto al 2010 non riesce ad essere eletto. È il caso del consigliere uscente Giordano che dall’IDV passa al PD e con oltre 4.000 voti di preferenza in più, triplicando quasi i consensi personali, non ce la fa a conquistare il seggio (passa da 2.279 voti a 6.428). 7. Conclusioni Nell’ultima elezione regionale in Calabria le caratteristiche e le carriere politiche degli eletti non sono, quindi, molto diverse dai consiglieri precedenti: una sola donna, pochissimi trentenni e, soprattutto, sono quasi del tutto assenti nel nuovo consiglio figure attive anche al di fuori del campo della politica che potrebbero rappresentare un valore aggiunto alle competenze necessarie per risollevare le sorti dell’ultima regione d’Italia. La riduzione del numero di consiglieri poi rende ancora più accesa la competizione per la conquista di un seggio. Diventa quasi impossibile per un candidato che non abbia maturato significative esperienze – da politico di professione, da amministratore negli enti locali, da sindacalista – riuscire nell’impresa della elezione. Quando ancora le organizzazioni partitiche svolgevano una funzione attiva e rappresentavano dei presidi sul territorio che contavano nella scelta dei rappresentanti da eleggere, si apriva qualche possibilità per nuovi candidati. A partire dalla prima elezione regionale della Seconda Repubblica i candidati conducono la loro campagna permanente individualmente e a prevalere sono coloro che hanno maggiori risorse e maggiori capacità di attrazione del consenso, ovvero possibilità di raccogliere voti di preferenza. E la necessità di ingenti risorse per sostenere i costi di una campagna elettorale permanente finisce per rendere molto difficile l’accesso alla classe politica regionale alle donne (fra i 31 consiglieri regionali ne è presente solo una), ai giovani (dei 31 consiglieri solo 6 hanno meno di 40 anni e nessuno meno di 30), ai rappresentanti della società civile. E ciò in un quadro di grande fluidità, tanto sul piano della proposta politica (alcuni ex consiglieri si ricandidano in partiti diversi – quando non in una coalizione diversa – da quelli con cui erano entrati in consiglio nella passata legislatura: solo nelle ultime elezioni regionali ci sono ben 16 ricandidati sleali verso il partito o verso la coalizione su 30 ricandidati) quanto sul piano delle risposte degli elettori, disponibili a spostarsi da uno schieramento all’altro (ne è prova l’incredibile volatilità che a partire dalla VI legislatura caratterizza il sistema partitico calabrese: nelle ultime elezioni regionali la volatilità arriva al 51,3%, ovvero più di un elettore su due ha cambiato voto rispetto al 2010)15. Come sottolineano Emanuele e Marino (2015), il sistema partitico calabrese potrebbe essere considerato un “sistema non istituzionalizzato”, o un “non sistema”, vale a dire un universo partitico nel quale manca l’elemento della sistemicità. L’unico elemento di continuità del sistema è garantito dal ricorso al voto personale o candidate-oriented, tramite lo strumento del voto di preferenza (nelle ultime elezioni il tasso di preferenza è stato dell’87,4%, in crescita rispetto al 2010 e stabile rispetto al 2005). 15 Se la volatilità si era mantenuta sotto i 10 punti tra il 1975 e il 1990, a partire dalle elezioni del 1995 si mantiene stabilmente a due cifre (44,0 nel 1995; 14,8 nel 2000; 14,4 nel 2005; 25,1 nel 2010; 51,3 nel 2014 quando delle 16 liste concorrenti nel 2010 se ne ripresentano con lo stesso nome soltanto 3: Pd, Udc e Autonomia e Diritti). 18 Riferimenti bibliografici Baldessarro G. e Ursini G. (2012), Il caso Fallara Storia del “modello Reggio” e del suo tragico epilogo, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria. Bolgherini S. e Grimaldi S. (2015), a cura di, Tripolarismo e destrutturazione. Le elezioni regionali del 2015, Istituto Cattaneo-Il Mulino, Bologna. Brunelli G., (2006) Donne e politica, Il Mulino, Bologna. Cerruto M. (2013), La classe politica regionale, in in S. Vassallo, Il divario incolmabile, Il Mulino, Bologna, pp. 89-108. De Luca R. (2001), Il ritorno dei «campioni delel preferenze» nelle elezioni regionali, in “Polis”, n.2, pp.227-245. De Luca R., Fantozzi P. (2014), (Mala) politica e (mala) sanità in Calabria, paper presentato al Convegno Espanet, Torino, settembre. Emanuele V. e Marino B. (2015), I signori delle preferenze a Reggio Calabria, http://cise.luiss.it/cise/2015/07/04/da-un-sistema-di-partiti-a-un-sistema-di-candidati-unanalisi-delvoto-ai-signori-delle-preferenze-nelle-elezioni-regionali-calabresi-del-2010-e-del-2014/ Hazan R. Y. (2006), Metodi di selezione dei candidati: le conseguenze delle elezioni interne ai partiti, in L. Bardi (a cura di), Partiti e sistemi di partito, il Mulino, Bologna. Napoli D. (2005), Dove le preferenze contano, in “Le istituzioni del federalismo”, n. 6, pp.11411182. Natale P. (2000), La fedeltà leggera, in Chiaramonte A. e D’Alimonte R. (a cura di), Le regionali del 2000, Il Mulino, Bologna. Parisi A., G. Pasquino (1977), Relazioni partiti-elettori e tipi di voto, in A. Parisi, G. Pasquino (a cura di), Continuità e mutamento elettorale in Italia. Le elezioni del 20 giugno 1976 e il sistema politico italiano, Il Mulino, Bologna. Vassallo S. e Cerruto M. (2007), Come (non) cambia la classe politica regionale, in A. Chiaramonte e G. Tarli Barbieri, a cura di, Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane, Il Mulino, Bologna. 19