PIANIFICAZIONE E POTERE 1. L’INFORMAZIONE COME FONTE DI POTERE 2. TIPI DI DISINFORMAZIONE 3. CRITERI PRATICI DELL’INTERAZIONE SOCIALE DA CUI DIPENDE UNA AZIONE INFORMATA E NON MANIPOLATA 4. GLI AMBIENTI ORGANIZZATIVI 5. PIANIFICARE DI FRONTE AL CONFLITTO. STRATEGIE DI NEGOZIAZIONE MEDIATA IN PRATICA 1. L’INFORMAZIONE COME FONTE DI POTERE L’informazione è una complessa fonte di potere nel processo di pianificazione. I diversi tipi di disinformazioni – inevitabili, evitabili, ad hoc e cioè specifiche – possono essere previsti e contrastati dai pianificatori astuti. Le disinformazioni indeboliscono la pianificazione attraverso la manipolazione delle opinioni, dei consensi, della fiducia, del senso dei problemi rilevanti che i cittadini hanno e i pianificatori possono contrastare queste influenze. Gli stessi pianificatori talvolta contribuiscono a distorcere le comunicazioni. Poiché le disinformazioni potrebbero influenzare i processi decisionali, i pianificatori consapevoli di tutto questo dovrebbero mitigare quanto accade in diversi modi, incoraggiando un processo di pianificazione democratico. L’informazione dal punto di vista dei diversi tipi di pianificatori Il tecnico L’incrementalista Il difensore liberale Lo strutturalista Il progressista Il tecnico Il tecnico crede che il potere stia nell’informazione tecnica. Questa visione riflette allo stesso tempo la più tradizionale nozione della pianificazione come ‘risoluzione di problema’ e uno degli ideali più criticati della professione giacché pretende di non doversi occupare direttamente di politica. Il tecnico crede che il contesto politico possa essere ignorato. L’incrementalista L’incrementalista che assume un pragmatismo organizzativo ritiene che l’informazione sia una fonte di potere perché risponde ai bisogni organizzativi. La gente ha bisogno di sapere dove procurarsi le informazioni, come far approvare un progetto minimizzando i ritardi, e quali problemi progettuali evitare. In questi casi l’essere pratico del mestiere costituisce una fonte di potere. Il difensore liberale Il difensore liberale vede nell’informazione una fonte di potere giacché essa risponde a un bisogno creato da un sistema politico pluralista. L’informazione può essere utilizzata da gruppi sottorappresentati o relativamente disorganizzati che saranno così in grado di partecipare in maniera effettiva al processo di pianificazione. Questa è la prospettiva tradizionale della pianificazione ‘a difesa’: si cerca di compensare le differenze di partecipazione e di distribuzione conferendo uguali possibilità, uguale informazione, uguali risorse tecniche ai gruppi esclusi dal processo politico. Lo strutturalista Lo strutturalista ritiene, paradossalmente, che l’informazione del pianificatore sia una fonte di potere perché essa serve necessariamente, in primo luogo, a legittimare il mantenimento delle strutture di potere esistenti e, poi, a perpetuare la pubblica disattenzione verso questioni fondamentali. Secondo la prospettiva strutturalista i pianificatori hanno potere, ma, a dispetto delle loro migliori intenzioni, lasciano le persone al loro posto e proteggono il potere esistente (Il pianificatore deve relazionarsi alle strutture organizzative esistenti). Il progressista Il progressista ritiene che l’informazione sia una fonte di potere perché essa può consentire la partecipazione dei cittadini ed evitare quelle funzioni di legittimazione dalle quali lo strutturalista mette in guardia. La visione progressista prevede delle regolari, strutturalmente radicate, disinformazioni e organizza le informazioni per contrastare questo fenomeno. Il pianificatore progressista crede infatti che le disinformazioni non siano solo accidentali ma anche sistematiche. 2. TIPI DI DISINFORMAZIONE Tipi di disinformazione accidentali e sistematiche socialmente inevitabili socialmente evitabili Disinformazioni accidentali e sistematiche Le disinformazioni possono essere accidentali e/o sistematiche. In risposta alle distorsioni accidentali dell’informazione sono sufficienti misure improvvisate e informali. Durante le udienze e gli incontri si può far fronte a tali distorsioni ponendo domande, chiedendo dei chiarimenti, suggerendo di parlare più lentamente o l’impiego di un linguaggio meno tecnico, e così via. Le risposte alle distorsioni di tipo sistematico dell’informazione devono essere più strategiche, basate sull’analisi che il pianificatore fa della struttura di potere in questione. Le disinformazioni di tipo sistematico sono infatti radicate nelle strutture economico-politiche. Disinformazioni socialmente necessarie e disinformazioni socialmente non necessarie Alcune disinformazioni, siano esse accidentali (ad esempio: tratti personali idiosincratici che influiscono sulla comunicazione) o sistematiche (ad esempio: disuguaglianze d’informazione risultanti dalla legittima divisione del lavoro), possono essere socialmente necessarie e quindi inevitabili. Altre disinformazioni, nuovamente di tipo accidentale (ad esempio: inganno interpersonale) e sistematico (ad esempio: gestione monopolistica delle conoscenze), sono socialmente non necessarie e pertanto evitabili. 3. CRITERI PRATICI DELL’INTERAZIONE SOCIALE DA CUI DIPENDE UNA AZIONE INFORMATA E NON MANIPOLATA Criteri pratici per l’interazione sociale comprensibilità sincerità appropriatezza accuratezza Comprensibilità A seconda dei termini con cui si discutono gli argomenti, i cittadini troveranno che i temi affrontati sono chiari o appena comprensibili, presentati con un linguaggio comune o burocratico. Spetta ai pianificatori, ad esempio, decidere se puntualizzare o meno i temi chiave; il grado di comprensione dei cittadini aumenterà o diminuirà di conseguenza. Sincerità In relazione alle intenzioni con cui vengono presentati gli argomenti, i cittadini capiranno se la loro fiducia è stata più o meno premiata. I cittadini potrebbero essere tratti in inganno dalle false certezze delle agenzie che salvaguardano i loro interessi o, più in generale, da interessi consolidati che pretendono con falsità di agire per il bene della collettività. Così la fiducia pubblica, sempre precaria, può essere onorata o manipolata. Appropriatezza A seconda delle giustificazioni utilizzate in vista dei nuovi argomenti, dell’appropriatezza delle motivazioni, i cittadini vedranno se il loro consenso è stato più o meno manipolato. Accuratezza A seconda dell’utilizzo di testimonianze e dati, i cittadini capiranno se gli argomenti sono stati distorti o riportati in modo accurato. 4. GLI AMBIENTI ORGANIZZATIVI I pianificatori lavorano all’interno di complesse reti di organizzazioni tecnicopolitiche. Queste organizzazioni propongono caratteri ricorrenti che ne influenzano il grado di efficienza. Caratteri degli ambienti organizzativi Visione strumentale Visione sociale Visione socio-politica La visione strumentale delle organizzazioni All’interno di una struttura organizzativa dell’amministrazione pubblica, il dipartimento dei lavori pubblici si occupa di interventi inerenti a lavori pubblici, il dipartimento territoriale si occupa di pianificazione del territorio, l’ufficio per il commercio si occupa di problematiche inerenti al settore commerciale, e così via. Ogni ruolo è quindi designato da una funzione strumentale, ma le organizzazioni non sempre sono solo strumentali: quando accade che specialisti tecnicamente più capaci vengono ignorati a causa della “politica”, vuol dire che la visione strumentale non descrive in modo adeguato la realtà. La visione sociale delle organizzazioni La visione sociale delle organizzazioni focalizza la sua attenzione sul modo in cui ogni giorno i membri dell’organizzazione allacciano rapporti più o meno significativi. L’aspetto strumentale o funzionale del lavoro è solo una parte – tuttavia importante – della vita organizzativa. Ogni volta che si presenta un progetto i pianificatori sviluppano e allacciano rapporti di lavoro con supervisori, collaboratori, funzionari pubblici, politici, residenti nel quartiere. Al pari della visione strumentale anche quella sociale è apolitica. La “politica” diventa materia di relazioni interpersonali. Le organizzazioni come fonte di produzione di risultati strumentali e di riproduzione delle relazioni socio-politiche Una terza visione delle organizzazioni trova il suo fondamento nelle intuizioni delle prospettive strumentali e sociali. Secondo questa visione, le organizzazioni sono delle strutture di pratica azione comunicativa e come tali producono non solo risultati strumentali ma anche relazioni sociali e politiche. Quando all’interno di una agenzia di pianificazione si definiscono soluzioni progettuali lavorando con consulenti, collaboratori esterni e/o rappresentati della comunità, non si producono solo risultati strumentali. Oltre a ciò, infatti, si riproducono le relazioni sociali di fiducia o sfiducia, cooperazione o competizione, compatibilità o ostilità, incoraggiamento o scoraggiamento, e così via. Tutte le interazioni organizzative riproducono anche, rafforzandole o indebolendole, le specifiche relazioni sociali di lavoro di quanti interagiscono. Così, in quanto strutture di relazione comunicativa, le organizzazioni: - producono risultati strumentali; - riproducono relazioni sociali e politiche di conoscenza (chi sa che cosa); - riproducono consenso (chi accetta l’autorità di chi e chi resiste); - riproducono fiducia (chi ha stabilito reti di contatti cooperativistici); - producono modalità per la formulazione dei problemi (chi prende in considerazione alcuni temi e chi ne trascura altri). 5. PIANIFICARE DI FRONTE AL CONFLITTO STRATEGIE DI NEGOZIAZIONE MEDIATA IN PRATICA Di fronte ai conflitti locali sull’uso del suolo molti pianificatori cercano espedienti per “negoziare” efficacemente, dal momento che tentano di soddisfare interessi particolari, e per di più di operare “mediazioni” concrete, dal momento che tentano di risolvere alcuni conflitti attraverso processi di pianificazione partecipata. Questi due compiti – negoziare e mediare – sembrano essere però in conflitto: - il carattere di interesse che riveste il ruolo di negoziazione minaccia l’indipendenza e la neutralità presunta del ruolo di mediazione; - il ruolo di mediazione, d’altra parte, minaccia di intaccare alla base la possibilità di proteggere gli interessi dei meno potenti, possibilità invece che è consentita dal ruolo di negoziazione. I conflitti locali sull’uso del suolo Gli ambienti esaminati sono quelli in cui si determinano situazioni di conflitto per effetto di decisioni inerenti alle destinazioni d’uso dei suoli. In essi interagiscono i pianificatori, i componenti delle diverse commissioni amministrative, i costruttori, i residenti (più o meno direttamente). I costruttori privati, solitamente, propongono progetti. I residenti interessati, almeno nel contesto italiano, hanno poca voce in capitolo. In altri contesti essi sono formalmente invitati a partecipare a udienze pubbliche che precedono il pronunciamento da parte di questi organismi. Alcune amministrazioni comunali dispongono di commissioni elette per le concessioni di autorizzazioni edilizie, altre dispongono di commissioni designate. Le commissioni municipali hanno in genere il potere di rilasciare permessi e/o approvazioni. I pianificatori riferiscono a queste commissioni le analisi delle proposte specifiche. Essi devono aiutare sia i costruttori che i residenti a superare un processo di revisione potenzialmente complesso. Non devono trascurare il tempismo; il momento in cui si parla a un costruttore o a un residente di un argomento è talvolta più importante dell’argomento stesso. I conflitti di cui si occupano implicano simultaneamente questioni di progettazione, di politica sociale, di sicurezza, di trasporto, di indole del vicinato. Quello che i pianificatori possono fare, nel confrontarsi con tali conflitti, dipende non solo dalle loro responsabilità formali ma anche dalle loro iniziative informali. Strategie di pianificazione per la mediazione dei conflitti nell’uso del suolo 1. il pianificatore come regolatore 2. pre-mediare e negoziare 3. il pianificatore come risorsa 4. la diplomazia altalenante 5. la mediazione attiva e interessata 6. a te la mediazione, a me la negoziazione 1a Strategia: il pianificatore come regolatore La prima strategia fornisce una risposta tradizionale ai conflitti sull’uso del suolo. I pianificatori elaborano le informazioni e qualcun altro si assume la responsabilità di prendere le decisioni. I pianificatori si occupano dei ricorsi al piano regolatore e della revisione dei progetti, prestando ascolto al vicinato e chiedendo che “altri” soddisfino le condizioni a protezione delle necessità avanzate. 2a strategia: pre-mediare e negoziare Quando i costruttori si incontrano con i pianificatori per discutere le proposte relative al progetto, i rappresentanti del vicinato si uniscono raramente a loro. I pianificatori potrebbero allora esprimersi a favore delle preoccupazioni del vicinato oltre che illustrarle. Qui i pianificatori prevedono le preoccupazioni dei membri della comunità e cercano di rappresentare gli interessi del vicinato al fine di trovare un compromesso accettabile con i costruttori. Essi “progettano” le preoccupazioni della gente e poi le sollevano; ciò che fanno è ‘pre-mediato’ piuttosto che mediato dopo il fatto. Tale pre-mediazione – che articola le preoccupazioni di altri ben prima che possano dar luogo a un conflitto aperto – coinvolge una molteplicità di temi, politici, strategici ed etici. 3a strategia: il pianificatore come risorsa L’influenza dei pianificatori potrebbe essere esercitata in altri modi. Essi potrebbero incoraggiare gli incontri fra costruttori e rappresentanti del vicinato. I pianificatori potrebbero però essere riluttanti a organizzare sessioni di negoziazione fra costruttori e residenti, pur volendo incoraggiare le parti a incontrarsi. Si tratta di decidere se mantenere una posizione neutrale o tentare di facilitare soluzioni di compromesso. Non meraviglia dunque che i pianificatori non trovino attraente la prospettiva di tali mediazioni. 4a strategia: la diplomazia altalenante Ci sono altri modi ancora per facilitare le negoziazioni tra costruttori e residenti. I pianificatori potrebbero non costituire le terze parti indipendenti che assistono i costruttori e i residenti durante gli incontri faccia a faccia per raggiungere degli accordi, ma potrebbero ancora mediare tali conflitti come “diplomatici altalenanti”. Essi potrebbero sentirsi più a loro agio con la “diplomazia altalenante”, cercando di portare sul tavolo le preoccupazioni dei residenti e poi fare in modo che i costruttori le prendano in considerazione; potrebbero cioè preferire che le idee rimbalzino da ciascun lato individualmente piuttosto che essere messi in mezzo quando entrambi sono lì. Secondo questa convinzione, la diplomazia altalenante consente ai pianificatori di indirizzare le preoccupazioni di ciascuna parte con efficacia professionale. 5a strategia: la mediazione attiva e interessata I pianificatori che mediano i conflitti locali sull’uso del suolo potrebbero essi stessi scrivere le regole del gioco senza aspettare che altri provvedano a farlo. I pianificatori potrebbero lavorare fianco a fianco di rappresentanti di comunità e individui interessati, ad esempio, alla localizzazione di alcune attività in un progetto di pianificazione, cercando di guadagnarsi la fiducia di entrambe le parti. I pianificatori ascolteranno tutti i partecipanti al gruppo di lavoro, rispetteranno i loro pensieri e i loro sentimenti; essi presteranno attenzione prima alle persone e poi alle parole. I pianificatori potranno assicurare, con prudenza, che l’evidenza reale non verrà ignorata, solo dopo aver stabilito un certo rapporto di fiducia con tutti i componenti. In ambienti di tal genere, prevedere i temi in discussione è una questione fondamentale; venire a conoscenza di obiezioni importanti troppo tardi nel corso del processo decisionale potrebbe risultare costoso e dal punto di vista emotivo e da quello finanziario. 6a strategia: la suddivisione dei compiti: a te la mediazione, a me il negoziato Un ultima strategia di pianificazione mira a promuovere la mediazione faccia a faccia con i pianificatori riuniti intorno al tavolo, ma nelle vesti di negoziatori o consiglieri, non di mediatori. Quando i pianificatori locali sentono di non essere in grado di mediare le dispute, allora una strategia da adottare potrebbe essere quella di cercare dei mediatori informali, per lo più volontari. Questi mediatori ad hoc possono essere presi in prestito da altre istituzioni e il fatto che essi facilitino gli incontri fra le parti in discussione può permettere allo staff di pianificazione di partecipare nella qualità di chi ha interesse nella decisione in questione. Ciò significa che i pianificatori conserveranno una posizione sostanzialmente interessata, mentre altri si occuperanno di mediare oltre che facilitare (di qui anche il termine di “facilitatori”) il dialogo tra costruttori e residenti. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Forester J. (1989), Planning in the face of Power, Berkeley CA, University of California Press; trad. it., Pianificazione e Potere, Dedalo, Bari, 1998.