MINERALI – Macro
calcio, fosforo, magnesio, potassio, sodio
CALCIO
Il calcio è il minerale maggiormente presente nell'organismo umano. Esso è contenuto nella misura
di circa 1,2 kg, il 99% del quale nello scheletro e nei denti. Il rimanente 1% è ripartito tra tessuti
molli e liquidi extracellulari; in questi ultimi la la molecola ionizzata (Ca++) rappresenta la quota
attiva. Nelle ossa il calcio svolge un ruolo strutturale come componente dell’idrossiapatite e
costituisce una riserva per il mantenimento della concentrazione plasmatica, che varia entro stretti
limiti intorno a 2,5 mmol/l (10 mg/dl) grazie agli ormoni calcio-regolatori: paratormone, calcitriolo
(1,25 OH-colecalciferolo) e calcitonina. Nell'ambito extra ed intracellulare lo ione calcio è richiesto
per lo svolgimento di funzioni altamente specializzate (attivazioni enzimatiche, trasmissione
dell'impulso nervoso, contrazione muscolare, permeabilità delle membrane, moltiplicazione e
differenziazione cellulare).
L'assorbimento del calcio avviene attraverso due meccanismi: trasporto attivo transcellulare
(saturabile) e diffusione passiva paracellulare (non saturabile). L’assorbimento transcellulare
avviene nell'intestino prossimale. Una piccola quota di calcio può essere assorbita nell'intestino
distale. Solo il 35-45% del calcio della dieta viene assorbito. La quota assorbita dipende dallo stato
fisiologico del soggetto e dalle interazioni con altri componenti della dieta. Oltre all'influenza
favorevole esercitata dalla vitamina D, la biodisponibilità del calcio alimentare può essere
aumentata dalla presenza di zuccheri, in particolare di lattosio, di alcuni aminoacidi (lisina,
arginina) e da un aumento del pH intraluminale. La biodisponibilità viene invece diminuita da
alcuni costituenti dei vegetali: ossalati, fitati, fosfati ed alcune frazioni della fibra alimentare (acidi
uronici). Alcuni di questi composti indigeribili a cui il calcio è legato possono però essere degradati
ad opera della flora batterica intestinale a livello della regione ceco-colon. La degradazione
batterica di questi composti può pertanto essere un fattore importante nella valutazione globale della
biodisponibilità del calcio.
In condizioni di maggior bisogno, prima infanzia, adolescenza e gravidanza, la percentuale di
assorbimento del calcio alimentare è più elevata rispetto a quella osservata nell'adulto, mentre
diminuisce con l'avanzare dell'età e con l'aumento dell'apporto alimentare.
LIVELLI ECCESSIVI, LIVELLI SUBOTTIMALI E CARENZA
Eccessi di calcio nell’organismo derivanti da ingestione con la dieta sono rari. Si possono verificare
in seguito ad inappropriata somministrazione di vitamina D, e provocare nefrolitiasi e
nefrocalcinosi. Un apporto elevato di calcio con la dieta sembra essere in grado di inibire
l'assorbimento intestinale di altri minerali quali il ferro e lo zinco.
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Si ritiene che una deficienza cronica di calcio alimentare nella fase di accrescimento corporeo possa
in seguito determinare una ridotta densità minerale dell’osso rispetto al picco di massa ossea,
raggiunto tra i 20 e i 30 anni (maturità scheletrica). Dopo questo picco si verifica, qualunque sia il
livello di assunzione di calcio, una graduale riduzione della densità minerale dell’osso. La migliore
protezione nei riguardi di questa riduzione consiste nell'ottenere un picco di massa ossea il più
possibile vicino a quello geneticamente programmato. Più controverso è il ruolo del calcio
alimentare nella patogenesi dell'osteoporosi in età post-menopausale o in età avanzata.
L’osteoporosi è una malattia multifattoriale il cui principale determinante nella donna è la
cessazione dell'attività estrogenica. La dimostrazione che la supplementazione di calcio sia efficace
nel ridurre la perdita di osso trabecolare soltanto nei soggetti di età più avanzata e con apporti
abituali di calcio alimentare piuttosto bassi concorda con il fatto che bassi introiti di calcio
nell’anziano abbiano un ruolo "permissivo" piuttosto che causale nello sviluppo della malattia.
Situazioni carenziali acute sono rare: si possono verificare nei lattanti alimentati con formule con
basso rapporto Ca/P o non integrate con vitamina D.
LIVELLI DI ASSUNZIONE E FONTI ALIMENTARI IN ITALIA
Il livello medio di assunzione di calcio nella dieta italiana risulta essere di 879 mg/die. Il gruppo del
latte e dei suoi derivati contribuisce per più del 65% dell'assunzione totale di calcio. Seguono i
vegetali e i cereali. È difficile stimare la quota rappresentata dal calcio dell’acqua da bere. Potrebbe
rappresentare una discreta fonte di calcio, considerando anche il suo consumo medio giornaliero
(1,5 l/die). Tuttavia il contenuto delle acque potabili e delle acque minerali è molto variabile, con un
intervallo che va da pochi mg/l a più di 400 mg/l.
Indagini dirette su differenti gruppi di popolazione hanno dato risultati variabili a seconda del
gruppo esaminato. Secondo una indagine alimentare svolta nei bambini dai 7 ai 10 anni di 4 regioni
italiane (per un totale di oltre 35.000 bambini), l’apporto medio di calcio è di circa 800 mg in questa
classe di età.
In molte classi di età, in particolare tra i giovanissimi, gli adolescenti e le donne anziane, i livelli di
assunzione sono risultati nettamente inferiori a quelli raccomandati
LIVELLI RACCOMANDATI DI ASSUNZIONE
La determinazione del fabbisogno di calcio alle diverse età e in diverse condizioni fisiologiche si
basa, al momento attuale, sull’effetto che l’assunzione di questo nutriente ha sulla massa
scheletrica. Un’adeguata assunzione di calcio è necessaria per il raggiungimento, all’inizio dell’età
adulta, di un picco di massa ossea che sia piena espressione delle potenzialità genetiche
dell’individuo. Particolarmente importanti sono dunque i fabbisogni durante l’infanzia e
l’adolescenza. È stato ipotizzato che le quote di calcio raccomandate da vari Paesi per l'età
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evolutiva e per i primi anni dell'età adulta non siano abbastanza elevate da ottimizzare il picco osseo
geneticamente predeterminato.
BAMBINI
Considerando il contenuto medio di calcio del tessuto osseo e la velocità di crescita, nei bambini fra
1 e 10 anni la quota giornaliera media necessaria per l’accrescimento scheletrico aumenta da 70 a
150 mg. Tenendo conto che l’assorbimento netto del calcio è pari al 35% della quota ingerita, e che
un ulteriore apporto del 30% va aggiunto per coprire la variabilità individuale, sono stati calcolati
dei valori di 400-550 mg /die. Considerando l’insieme di questi fattori, si ritiene adeguata la
raccomandazione di 800 mg/die per i bambini da 1 a 6 anni proposta nei LARN, mentre nei bambini
tra 7 e 10 anni si propone un aumento a 1000 mg al giorno.
ADOLESCENTI
Nel periodo puberale si registrano uno sviluppo e un accumulo di massa scheletrica importanti e
rapidi. I valori di 1200 mg/die sono considerati sufficienti per garantire un bilancio ottimale.
ADULTI
Il consolidamento della massa scheletrica - soprattutto per effetto di un aumento del contenuto
minerale - si verifica subito dopo la pubertà, così che - tra i 20 e i 30 anni - si raggiunge il picco di
massa ossea. Successivamente, si osserva un periodo di mantenimento o di lieve riduzione della
massa, fino alla menopausa nelle donne e ai 60-65 anni negli uomini.
Si ritiene dunque opportuno raccomandare, per i giovani adulti fino a 29 anni, un’assunzione di
calcio a 1000 mg/die. Negli adulti dai 30 ai 50/60 anni, gli studi di bilancio confermano che il
livello di 800 mg è appropriato.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Durante la gravidanza, e soprattutto nel terzo trimestre, il fabbisogno di calcio aumenta, per la
necessità di trasferirne al feto 200-250 mg/die. Analoghe quantità sono perse dalla madre durante
l’allattamento: infatti, il contenuto di calcio del latte materno è di 320 mg/l; assumendo un consumo
giornaliero medio da parte del lattante di 750 ml, la perdita giornaliera di minerale è di 240 mg per
la gestante. Quindi, per prevenire il depauperamento del patrimonio minerale della donna si
raccomanda un aumento dell’assunzione di calcio di 400 mg.
ANZIANO
Nell’anziano si registra una riduzione dell’assorbimento, dovuto a una ridotta sintesi di 1,25 (OH)2
colecalciferolo. Il livello di assunzione dovrà dunque essere superiore a quello dell’adulto. Il livello
raccomandato è di 1000 mg/die.
MENOPAUSA
Nei cinque anni successivi alla menopausa, l’assunzione di quantità di calcio superiori a 800 mg/die
non è in grado di inibire sostanzialmente la rapida perdita di massa scheletrica, sebbene si osservi
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un marginale effetto protettivo nell’osso compatto. Nel periodo successivo, l’assunzione di calcio
riveste una maggiore importanza: per livelli di assunzione inferiori al fabbisogno dell’adulto (800
mg) è stata osservata una rapida perdita di massa scheletrica; per livelli superiori, nell’ordine di
1500 mg al giorno, in combinazione con un programma di esercizio fisico di livello moderato, è
stata osservato un rallentamento della perdita di massa ossea. Alla luce di queste osservazioni, si
ritiene opportuno raccomandare un’assunzione di calcio di 1200-1500 mg/die per le donne al di
sopra dei 50 anni che non effettuano terapia sostitutiva con estrogeni.
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FOSFORO
Gran parte del fosforo presente nell'organismo (85%) è depositato nelle ossa insieme al calcio sotto
forma di idrossiapatite; il rimanente 15% è situato nei tessuti molli e nei liquidi extracellulari, nei
quali riveste un ruolo strutturale (fosfolipidi presenti in tutte le cellule e specialmente nel tessuto
nervoso) ed un ruolo funzionale (fosfati) nel metabolismo intermedio, ed in una serie di composti
adibiti a deposito e trasporto di energia (ATP) e alla trasmissione intracellulare di messaggi
ormonali (AMPc). E' inoltre un componente del materiale genetico, Poiché è un costituente delle
nucleo-proteine. Sotto forma di fosfato mono e bibasico funziona come sistema tampone, e dunque
contribuisce alla regolazione dell'equilibrio acido-base dei fluidi corporei. L'omeostasi del fosforo è
mantenuta dalle variazioni dell'escrezione renale di fosfati, della quale il paratormone è il principale
regolatore. Ad un aumento dell’apporto alimentare di fosforo fa seguito un rapido aumento
dell’escrezione urinaria. Circa il 60% del fosforo alimentare è assorbito dall'intestino;
l'assorbimento è influenzato favorevolmente dalla vitamina D (1-25 idrossicolecalciferolo),
indipendentemente dal suo effetto sull'assorbimento del calcio.
CARENZA
L'ampia diffusione del fosforo nei vari alimenti unitamente alla capacità renale di trattenere i fosfati
rende eccezionale l'evenienza di carenza di fosforo da insufficiente apporto alimentare. È da
sottolineare comunque l'insufficiente contenuto di fosforo del latte umano per il neonato prematuro.
La carenza di fosforo può essere riscontrata in determinate situazioni cliniche (malassorbimento,
rialimentazione di pazienti malnutriti) ed in seguito all'uso prolungato ed incontrollato di antiacidi
in grado di legarsi al fosforo. La sintomatologia dell'ipofosfatemia consiste in anoressia, turbe
mentali, alterazioni della conduzione nervosa e del sistema muscolo-scheletrico.
APPORTI ECCESSIVI E TOSSICITÀ
In caso di apporto eccessivo di fosforo con la dieta, l’efficienza dell’escrezione renale permette di
evitare che nei fluidi corporei si instauri un aumento del rapporto P/Ca che potrebbe determinare un
iperparatiroidismo secondario. Questo fenomeno è quindi raro. Alcune situazioni cliniche
comportano iperfosfatemie croniche (insufficienza renale cronica, sindromi emolitiche, acromegalia
ed ipertiroidismo grave), con conseguenti fenomeni di calcificazioni a carico dei tessuti molli.
L’iperfosfatemia acuta può invece scatenare una crisi tetanica da ipocalcemia. Nell’adulto il
rapporto Ca/P della dieta può variare senza disturbi per il metabolismo del calcio, mentre nell’età
evolutiva è consigliabile mantenere il rapporto molare tra 0,9 e 1,7.
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FONTI ALIMENTARI
Le fonti principali di fosforo sono rappresentate dagli alimenti ricchi in proteine. Le concentrazioni
più elevate si riscontrano nei semi dei cereali (11 mg/g nel germe di grano) e nei legumi (da 3 a 6
mg/g). Altre fonti sono uova, carne, cereali (1 a 2 mg/g), latte (circa 0,9 mg/g) e verdure (0,4 - 0,7
mg/g). Nella parte edibile della carne, del pesce e del pollame, il contenuto di fosforo è da 15 a 20
volte superiore a quello del calcio, mentre nelle uova, nei semi di cereali e nei legumi è il doppio.
Soltanto il latte e i suoi derivati e le verdure a foglie verdi contengono più calcio di fosforo. La
quantità di fosforo ingerita con la dieta è in Italia di 1304 mg/die. La biodisponibilità del fosforo
contenuto negli alimenti animali è superiore a quella dei vegetali, nei quali in gran parte è contenuto
sotto forma di acido fitico. Anche alcuni minerali (calcio in quote elevate, alluminio contenuto negli
antiacidi) interferiscono negativamente con l'assorbimento intestinale del fosforo.
LIVELLI DI ASSUNZIONE RACCOMANDATI
Una dieta equilibrata copre generalmente le necessità di fosforo delle varie fasce di popolazione, e
la principale raccomandazione è perciò quella di evitare livelli di assunzione di fosforo troppo
elevati rispetto a quelli di calcio, soprattutto nella fase di accrescimento osseo, Poiché
l'assorbimento e l'escrezione del fosforo sono strettamente legati a quelli del calcio. Il rapporto
molare calcio/fosforo deve essere mantenuto nei limiti di 0,9-1,7 nell’alimentazione dei bambini,
mentre gli adulti possono tollerare variazioni più ampie senza danno.
Come nei precedenti LARN vengono raccomandati dei livelli di assunzione di fosforo che
corrispondono, in g, ai livelli raccomandati per il calcio (e che corrispondono quindi ad un rapporto
molare calcio/fosforo di 1,3), con l’eccezione dei lattanti per i quali il rapporto calcio/fosforo è
leggermente più elevato, come raccomandato nelle RDA americane.
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MAGNESIO
Il contenuto corporeo di magnesio nell'organismo adulto è di 20-28 g circa: il 60% è presente nelle
ossa, il 39% nei compartimenti intracellulari e circa l'1% nei liquidi extracellulari. Il magnesio
svolge un ruolo essenziale in un gran numero di importanti reazioni cellulari. Ha anche ricoperto un
ruolo importante nell'evoluzione biologica, in quanto componente della clorofilla e dei composti
contenenti legami altamente energetici come il complesso Mg-ATP. E' pertanto essenziale in molti
processi metabolici (biosintesi dei lipidi, delle proteine e degli acidi nucleici, formazione del "
secondo messaggero " AMP-ciclico e glicolisi) oltre che in processi di trasporto di membrana
energia-dipendenti. Il magnesio partecipa all'attività di oltre 300 sistemi enzimatici.
La sua concentrazione nei liquidi extracellulari è di importanza critica, insieme a quella del calcio e
di altri cationi, per il mantenimento del potenziale di membrana dei nervi e dei muscoli e per la
trasmissione dell'impulso nervoso: il magnesio è inoltre essenziale per i processi di
mineralizzazione e di sviluppo dell'apparato scheletrico (Aikawa, 1981). Nel plasma il magnesio è
presente in concentrazioni variabili tra 0,7 e 1,0 mmol/l (17-24 mg/l), per il 30% legato alle proteine
(soprattutto albumina) e per il rimanente sotto forma ionizzata.
Il magnesio è assorbito nel tenue attraverso sia un meccanismo mediato da un trasportatore sia un
processo di diffusione non specifico. La quota assorbita varia con la concentrazione di magnesio
nella dieta (si riduce dal 65-70% per apporti di 7-36 mg all'11-14% per apporti di 960-1000 mg;
viene scarsamente assorbito se l'apporto è superiore a 2 g/die), ma anche con la presenza di altri
componenti della dieta: fitati, calcio, fosforo ed acidi grassi a catena lunga ne riducono
l'assorbimento.
CARENZA
Data la diffusa presenza di magnesio negli alimenti e l'elevata efficienza della ritenzione di
magnesio da parte del rene, non si conoscono casi di carenza alimentare spontanea di magnesio.
Stati di deficienza di magnesio sono stati indotti sperimentalmente (mediante diete contenenti 12
mg/die di magnesio) o si possono riscontrare in diversi stati morbosi quali: patologie
gastroenteriche condizionanti malassorbimento o eccessive perdite idroelettrolitiche; nefropatie con
perdite renali del catione per alterato riassorbimento; malnutrizione, stati ipercatabolici ed
alcoolismo; nutrizione artificiale con preparati carenti in magnesio; uso di farmaci che
interferiscono con i meccanismi di riassorbimento renale del catione (diuretici e farmaci
nefrotossici). La deficienza di magnesio si manifesta con alterato metabolismo del calcio, del sodio
e del potassio che si traduce in debolezza muscolare, alterata funzionalità cardiaca ed anche crisi
tetaniche.
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LIVELLI DI INGESTIONE ECCESSIVI E TOSSICITÀ
L'ingestione di elevate quantità di magnesio (3-5 g) provoca diarrea, ma in presenza di una funzione
renale normale non si manifestano né ipermagnesiemia né dannosi effetti sistemici. Una
ipermagnesiemia può Invece essere indotta in soggetti con compromissione della funzione renale,
ad esempio in caso di uso prolungato di farmaci contenenti magnesio (come alcuni lassativi o
antiacidi), o in caso di somministrazione parenterale di magnesio. L’ipermagnesiemia si manifesta
inizialmente con nausea, vomito e ipotensione; successivamente compaiono bradicardia,
vasodilatazione cutanea, anomalie elettrocardiografiche, iporeflessia e depressione del sistema
nervoso centrale, per arrivare infine a depressione respiratoria, coma e arresto cardiaco.
LIVELLI DI ASSUNZIONE E FONTI ALIMENTARI IN ITALIA
Il magnesio è presente in quasi tutti gli alimenti, anche se in concentrazione diversa.Nei vegetali
verdi il magnesio è presente nella clorofilla al centro del nucleo pirrolico, che lo protegge
probabilmente dall'azione di composti chelanti e dunque ne facilita l’assorbimento. Quantità
maggiori sono contenute nei legumi, nei cereali integrali e nella frutta secca, anche se più dell'80%
del magnesio viene rimosso dai trattamenti di raffinazione dei cereali. Vegetali a foglie verdi e
banane sono buone fonti, mentre altri frutti di uso comune, la carne, il pesce ed il latte, sono fonti di
minore importanza. Nel complesso, diete ricche in vegetali e cereali non raffinati hanno un
contenuto di magnesio maggiore rispetto a quello di diete ricche di carni, prodotti lattiero-caseari ed
alimenti raffinati.
Dallo studio della dieta totale italiana risulta che l'apporto medio giornaliero di magnesio con gli
alimenti (bevande escluse) è di 254 mg, con una variabilità geografica molto contenuta: da 246 a
262 mg a secondo dell’area. Recenti indagini riportano dati di consumo di 208 mg/die. La fonte
principale è costituita dagli alimenti a base di cereali e dal latte. L'apporto di magnesio con l'acqua è
molto variabile a seconda della natura dell'acqua, ed è stato poco quantificato; sulla base di un
consumo di un litro al giorno si può ipotizzare un introito da 1 a 50 mg.
I dati attualmente disponibili sulla biodisponibilità del magnesio variano, a seconda degli studi, dal
21 al 60%. La presenza di fitati può comprometterne l'assorbimento, mentre risultati contrastanti
esistono riguardo all'effetto dei costituenti della fibra alimentare.
LIVELLI DI ASSUNZIONE RACCOMANDATI
È stato osservato che, nel soggetto sano, apporti da 3 a 4,5 mg/kg di peso corporeo (210-320
mg/die) sono sufficienti per il mantenimento del bilancio. Tuttavia mancano ancora dati per stabilire
con sicurezza un livello di assunzione raccomandato, per cui è preferibile proporre un intervallo di
sicurezza: da 150 a 500 mg/die.
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POTASSIO
Il potassio è il principale catione intracellulare, essenziale in quanto non sostituibile da altri
elementi. Un milliequivalente di potassio (mEq) corrisponde a 39 mg. Un maschio adulto contiene
circa 110-140 g di potassio; almeno il 95% è intracellulare; la quota rimanente si trova nel liquido
extracellulare. Questa ripartizione viene mantenuta dalla pompa sodio-potassio, importante per il
passaggio, attraverso la membrana cellulare, di molecole e quindi per il controllo della pressione
osmotica e dell’equilibrio acido-base.
Il potassio, analogamente al sodio, è contenuto negli alimenti in forma ionica, solubile e quindi
disponibile all'assorbimento. Più del 90% del potassio di origine alimentare viene assorbito nel
tratto prossimale dell’intestino tenue.
CARENZA, TOSSICITÀ E LIVELLI SUBOTTIMALI
In condizioni normali, data la ampia ed ubiquitaria distribuzione del potassio negli alimenti, un
deficit alimentare di potassio è assai improbabile. Le più importanti cause di deficit di potassio sono
rappresentate da perdite eccessive per via gastroenterica (vomito prolungato, diarrea cronica, abuso
di lassativi) o urinaria (uso di diuretici, alcuni tipi di nefropatia cronica e disturbi metabolici come
l'acidosi diabetica). Il deficit di potassio comporta alterazioni dei fenomeni elettrofisiologici delle
membrane cellulari. Questo comporta stanchezza muscolare, anoressia, nausea, disattenzione,
apprensione, sonnolenza ed alterazioni comportamentali, fino ad aritmie cardiache anche fatali ed
ileo paralitico per severe ipokaliemie.
In presenza di una funzione renale normale è quasi impossibile indurre un eccesso alimentare di
potassio. Intossicazione acuta di potassio può verificarsi per eccessiva somministrazione enterale o
parenterale di potassio a livelli superiori a 450 mEq (17,5 g/die). L'iperkaliemia acuta può
provocare arresto cardiaco.
Esiste una correlazione inversa tra l'aumento della pressione arteriosa e l'escrezione urinaria di
potassio o il rapporto di escrezione urinaria Na:K. Infatti, un adeguato apporto di potassio è
necessario per mantenere un'efficace omeostasi del sodio. Numerosi studi hanno mostrato che un
aumento dell'apporto di potassio a 65-100 mEq/die (2,5-3,9 g) riduce la pressione arteriosa in
soggetti normotesi ed ipertesi ed aumenta l’escrezione urinaria di sodio. E' stato calcolato che un
aumento dell'apporto medio di potassio da 60 a 80 mEq/die (da 2,3 a 3,1 g/die) dovrebbe
determinare una riduzione di 4 mmHg della pressione sistolica media, e portare ad una riduzione
del 25% dei decessi correlati all'ipertensione.
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LIVELLI DI ASSUNZIONE E FONTI ALIMENTARI IN ITALIA
Il potassio, essendo un costituente essenziale di tutte le cellule viventi, è presente ubiquitariamente
negli alimenti. Le fonti alimentari più ricche di potassio, e soprattutto con un rapporto
potassio/sodio più elevato, sono rappresentate da cibi freschi non sottoposti a trattamenti tecnologici
di conservazione (frutta, verdure e carni fresche). L’apporto di potassio con l'acqua da bere è
modesto, considerando un contenuto medio in potassio nelle acque potabili di 2 mg/l ed un
consumo medio giornaliero di acqua di 1500 ml.
L'apporto medio di potassio rilevato dallo studio sulla dieta totale italiana e da indagini nazionali è
di 3 g/die (77 mEq), provenienti per la massima parte dagli alimenti vegetali, in particolare da
verdure od ortaggi e da frutta, con differenze di scarso rilievo in relazione alle diverse aree
territoriali.
LIVELLI DI ASSUNZIONE RACCOMANDATI
È consigliabile che l’apporto di potassio derivi dal consumo di alimenti di origine vegetale piuttosto
che dall'uso di sostituti del cloruro di sodio (sali di potassio), per evitare apporti eccessivi in
individui che avessero una ridotta funzionalità renale non diagnosticata.
Sulla base delle considerazioni precedenti, può essere raccomandato un apporto medio di 80
mEq/die (3,2 g/die) nell’adulto. Inoltre, Poiché apporti prolungati superiori a 150 mEq/die (5,9
g/die) possono essere pericolosi in soggetti con alterata funzionalità renale e non essendoci
apparenti benefici con apporti superiori a tale valore in soggetti normali, si può indicare come
livello massimo di sicurezza un apporto di 150 mEq/die (5,9 g).
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SODIO
Il sodio è il principale catione dei liquidi extracellulari. Le quantità di sodio, come quelle degli altri
elettroliti, vengono generalmente espresse sia in equivalenti che in g; 1 mEq di sodio corrisponde a
23 mg di sodio. Il contenuto corporeo medio nel maschio adulto è di 4 equivalenti (92 g): la metà 2
Eq (46 g) si ritrova nei fluidi extracellulari; 0,5 Eq (11,5 g) si trovano nei liquidi intercellulari;
mentre 1,5 Eq (34,5 g) sono sequestrati nelle ossa. Il sodio svolge le importanti funzioni regolatrice
sul volume dei fluidi extracellulari, la pressione oncotica dei fluidi extracellulari e l'equilibrio
acido-basico; inoltre il sodio è coinvolto nei fenomeni elettrofisiologici dei tessuti nervosi e
muscolari, nella trasmissione dell'impulso nervoso, nel mantenimento del potenziale di membrana e
dei gradienti transmembrana essenziali per gli scambi cellulari di nutrienti e substrati e per il
mantenimento del "milieu" intracellulare. Poiché presente negli alimenti e bevande esclusivamente
in forma ionica solubile, il sodio è totalmente disponibile all'assorbimento. Viene assorbito nel
tratto distale dell’intestino tenue e nel colon.
CARENZA, LIVELLI ECCESSIVI E TOSSICITÀ
Un deficit di sodio provocato da ridotto apporto alimentare non si verifica in condizioni normali
anche con diete a bassissimo contenuto in sodio. Una deplezione di sodio si può verificare solo in
condizioni di sudorazione estrema o qualora traumi, diarrea cronica o malattie renali producano
un'incapacità a trattenere sodio.
L'assunzione di una quantità elevata di sodio determina un aumento del volume dei fluidi
extracellulari: l'acqua viene richiamata al di fuori dalle cellule per mantenere costante la
concentrazione di sodio. Il risultato finale può essere la comparsa di edema e di ipertensione
arteriosa. Tuttavia una tossicità acuta da sodio di origine alimentare è improbabile.
LIVELLI DI ASSUNZIONE E FONTI ALIMENTARI IN ITALIA
Le fonti di sodio nell'alimentazione sono di varia natura: da una parte il sodio contenuto nel sale
aggiunto nella cucina casalinga o a tavola (sodio cosiddetto discrezionale), e dall'altra il sodio
contenuto negli alimenti, sia presente naturalmente che aggiunto nelle trasformazioni artigianali o
industriali (sodio non discrezionale). Ogni grammo di sale contiene circa 0,4 g di sodio. Il sodio
discrezionale rappresenta in media il 36% dell'assunzione totale di sodio in Italia. L'ingestione
giornaliera di sodio contenuto naturalmente negli alimenti e nelle bevande - tra cui l'acqua potabile è stata stimata in 16 - 25 mEq, cioè circa 0,5 g, che corrisponde al 10% degli apporti totali in Italia.
Per differenza, si può stimare nel 55% la quota degli apporti che deriva dal sodio aggiunto nei
prodotti trasformati, artigianali, industriali o della ristorazione collettiva. Questo sodio è
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prevalentemente sotto forma di cloruro di sodio, mentre soltanto il 10% del sodio totale è presente
sotto forma di altri sali (glutammato di sodio, bicarbonato di sodio, etc.).
Dai risultati di due studi internazionali in cui è stata determinata l’escrezione urinaria appare che i
livelli italiani sono nella media di quelli dell'Europa del Sud e superiori a quelli dell'Europa del
Nord, sia nei bambini che negli adulti. Lo stesso trend Nord-Sud sembra esistere tra le regioni
italiane, con un ingestione totale di sodio leggermente più elevata al Sud: 10 g di sale in Campania
contro 9 g nel Lazio.
LIVELLI DI ASSUNZIONE RACCOMANDATI
La determinazione dei reali fabbisogni di sodio è difficile. L'alimentazione della popolazione
italiana, al pari di quella degli altri Paesi occidentali, è generalmente ricca di sale.
Si ritiene opportuno adottare i livelli raccomandati di assunzione di 1,5-8,8 g di sale al giorno.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Durante la gravidanza aumenta il fabbisogno di sodio per aumento del volume dei liquidi
extracellulari, per la richiesta del feto e per il liquido amniotico. L'abituale consumo di sale è
comunque sufficiente a coprire gli aumentati fabbisogni. Anche durante l'allattamento aumenta il
fabbisogno di sodio in relazione al suo contenuto nel latte materno: questo fabbisogno è comunque
coperto dal contenuto della dieta, e pertanto la raccomandazione è uguale a quella dell’adulto.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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