Reinventare il medium Jackson Pollock (1912 - 1956) La crisi della pittura da cavalletto • Greenberg nel 1947 osserva che l’importanza di Pollock sta nell’avere messo in evidenza “una via al di là del cavalletto al di là della pittura mobile e incorniciata” • Questa idea di fuga dalla tradizione della pittura da cavalletto diventò il modello critico centrale di Greenberg per spiegare la radicalità di Pollock negli anni tra il 1947 e il 1950 Jackson Pollock 1912 - 1956 La crisi della pittura da cavalletto • Il quadro all-over di Pollock supera le convenzioni derivanti dalla dimensione della pittura da cavalletto dando al campo pittorico una mobilità che superando la limitatezza della cornice ha proposto la dissoluzione della specificità del medium della pittura da cavalletto in favore di una categoria più ampia La crisi della pittura da cavalletto • Si tratta dell’idea che la linea di Pollock contrastando il ruolo tradizionale del disegno (cioè creare il contorno e il limite permettendo così la distinzione tra figura e fondo) non solo ha urtato contro l’oggetto del disegno che è la forma ma anche contro la matrice della forma che è la verticalità La crisi della pittura da cavalletto • Quella che Greenberg ha definito la crisi della pittura da cavalletto eliminando la bidimensionalità consente ora alla pittura di essere equiparata sia alla scultura (Donald Judd) sia al ready-made ovvero un’opera d’arte che ridotta a condizione di oggetto reale in uno spazio reale fa ormai esplodere il concetto di medium e ciò comporta lo spostamento dalla resistenza fisica del medium estetico alla virtualità del mondo dell’immagine dei media Donald Judd (1928 - 1994) Donald Judd (1928 - 1994) Marcel Duchamp (1887 1968) La crisi della pittura da cavalletto L’enfasi si sposta dunque dalla superficie materiale alla modalità del vedere ovvero è l’otticità ciò che conta e dunque l’otticità non è semplicemente una caratteristica ma diventa un medium dell’arte una matrice supportiva dell’arte in grado di generare le proprie modalità espressive o convenzioni La crisi della pittura da cavalletto • Prima che l’enfasi si spostasse sull’otticità il medium continuava piuttosto ad essere pensato nell’ambito dell’oggetto collegandolo per esempio come fa Fried nei quadri irregolari poligonali di Frank Stella del 1966 al rapporto tra forma letterale e forma rappresentata La crisi della pittura da cavalletto • Afferma dunque Fried: “Come forma in sé intendo non meramente il profilo del supporto (che chiamerò forma letterale) né meramente quella dei contorni di elementi in un dato quadro (che chiamerò forma rappresentata) ma la forma come medium in cui le scelte sia riguardo alla forma letterale che a quella rappresentata vengono operate e fatte corrispondere reciprocamente” Frank Stella (1936) Frank Stella (1936) La crisi della pittura da cavalletto • L’otticità quindi ricolloca il concetto di medium spostandolo da un insieme di condizioni fisiche all’interno di una modalità fenomenologica che può essa stessa fungere da supporto per il medium • Accade dunque che l’opera deve trovare la sua sintassi all’interno dell’evento stesso evento e opera dunque seguono la logica gerundiva ovvero del tutto aperta al tempo presente La crisi della pittura da cavalletto • In questo senso “Casting” (Lanciando) 1969 di Richard Serra richiama con la sua logica gerundiva ovvero aperta al tempo presente qualcosa di già ribadito nella terminologia utilizzata abbondantemente dai critici a proposito della linea di Pollock che non a caso come osserva Greenberg la traccia “sferzando” “gocciolando” “colando” e “macchiando” e come osserva Rubin la traccia invece “versando” “spruzzando” “incrociando” Richard Serra Casting (1969) • L’evento di cui il lancio è l’indice sembra dire Serra con “Casting” appartiene alla logica della serie ma è ben diversa dalla stampa di oggetti identici come avviene nella produzione industriale perché è nella ripetizione stessa che la struttura interna dell’evento e dell’opera viene scoperta Richard Serra Casting (1969) • Qual è allora la serie di eventi gerundivi che danno origine a “Casting”? • Il piombo è riscaldato fino al suo stato di fusione, la propulsione dello scagliare assume un’orbita ellittica attorno al corpo dell’artista, il metallo che cade raffreddandosi prende la forma della barriera costituita dall’incontro tra parte e pavimento e cosa più importante poiché è nella ripetizione stessa che la struttura interna dell’opera viene scoperta tutte queste diverse serie convergono nel punto preciso dell’evento Richard Serra Casting (Lanciando) Richard Serra Casting (Lanciando) Richard Serra Casting (Lanciando) 1969 • Il fatto che la forma del gerundio non sia soltanto un tempo presente bensì un presente progressivo capace di collegare attivamente il passato al presente e aprire quest’ultimo al futuro è evidente ancora una volta dalla resistenza di questa forma alla chiusura al compimento di una cornice Richard Serra Casting (Lanciando) 1969 • Il gerundio indica una apertura alla variazione e come tale presenta un opera che viene continuamente rimessa in gioco a partire dal presente e opponendosi dunque alla cornice all’incorniciato che è invece indice dell’immagine di un evento distanziato da se stesso attraverso la cornice ovvero attraverso l’iscrizione della condizione di rappresentazione Oggetti “specifici” • Marcel Duchamp fu il primo a concepire gli oggetti come dichiarazioni il ready-made infatti esiste soltanto come forma di dichiarazione ostensiva ovvero il ready-made afferma “Questa è arte” • Così facendo il ready-made supera in un solo colpo il problema del medium ponendosi direttamente al centro della questione fondamentale dell’estetica e aggirando quella banale della pratica artistica specifica Oggetti “specifici” • La terza dimensione che già Donald Judd aveva ritenuto essere fondamentale per l’esistenza di un oggetto affermando che l’oggetto per esistere ha bisogno della terza dimensione poiché “tre dimensioni sono lo spazio reale. Bisogna sbarazzarsi del problema dell’illusionismo e dello spazio letterale, spazio dentro e attorno ai segni e ai colori il che significa liberarsi di una delle reliquie più rilevanti e insieme più criticabili dell’arte europea” Oggetti “specifici” • Il ready- made dunque in quanto oggetto specifico ripristinando il valore della terza dimensione apre all’arte concettuale che infatti a sua volta ripristinerà la terza dimensione e lo farà in due modi: da un lato attraverso l’installazione e dall’altro attraverso la fotografia Oggetti “specifici” • L’installazione trasforma lo spazio reale della galleria e del museo nella matrice dell’oggetto assemblato per cui lo spazio in quanto scena su cui appare l’oggetto diventa essenziale per l’esistenza stessa di quest’ultimo Douglas Gordon 24 Hour Psycho (1993) Douglas Gordon 24 Hour Psycho (1993) Douglas Gordon 24 Hour Psycho (1993) Douglas Gordon 24 Hour Psycho (1993) Oggetti “specifici” • La fotografia concettuale invece include lo spazio reale come contesto degli oggetti che l’artista trova e riproduce in libri di immagini siano essi gli antimonumenti industriali delle “sculture anonime” di Bernd e Hilla Becher o le stazioni di rifornimento e i parcheggi delle fotografie di Ed Rouscha Bernd e Hilla Becher Sculture anonime Bernd e Hilla Becher Sculture anonime Ed Rouscha 26 Stazioni di rifornimento Ed Rouscha 26 Stazioni di rifornimento Ed Rouscha 26 Stazioni di rifornimento • Rouscha afferma: “Ho avuto l’idea di intitolare un libro “Ventisei stazioni di rifornimento” e nella mia mente è diventata una regola immaginaria che sapevo avrei seguito” • Così per Rouscha il medium non ha a che fare tanto con la fisicità del supporto ma piuttosto con un sistema di regole Ed Rouscha 26 Stazioni di rifornimento • Ecco allora che la parola greca “auto” presente sia in automatismo che in automobile e dunque richiamata dalle Stazioni di rifornimento di Rauscha non ribadisce soltanto il possibile rapporto tra automobile e medium ma suggerisce anche la fonte delle regole che viene da dentro il supporto ventisei è infatti il numero di pieni di benzina necessari per andare dalla California all’Oklahoma e si riferisce alle necessità della guida e alle esigenze dell’automobile Ed Rouscha 26 Stazioni di rifornimento Se l’automobile può diventare un medium allora tutto può essere usato a questo scopo perché sarà l’idea stessa di inventare un medium da parte di un artista a imporgli di dover escogitare un insieme di regole poiché dopotutto il medium altro non è che un linguaggio condiviso sviluppatosi in secoli di pratica artistica Ed Rouscha 26 Stazioni di rifornimento • Le 26 stazioni di rifornimento di Rouscha diventano medium perché se pure invenzione arbitraria non essendo invenzione così eccentrica come potrebbe essere per esempio giocando a scacchi l’affermazione che l’alfiere muove ortogonalmente e non più in diagonale possono diventare pratica artistica e linguaggio condiviso William Kentridge • Kentridge come Rouscha è un altro artista che inventa un insieme di “regole” e la sua “regola” lo abbiamo visto è la cancellazione infatti ogni linea è un potenziale pentimento un segno da modificare e ogni modifica è registrata da un fotogramma di film William Kentridge • La “regola” della cancellazione fa sì che molte delle sequenze di Kentridge siano come una corsa in automobile attraverso cui si vede un paesaggio continuamente attraversato dai passaggi del tergicristallo passaggi che se per Truffaut sono metafora della dissolvenza incrociata al cinema per Kentridge diventano dissolvenza incrociata che è immagine dell’atto stesso di cancellazione William Kentridge • Ecco dunque che se la cancellazione e/o la dissolvenza incrociata è assimilabile al tergicristallo la macchina con cui Rouscha percorre le 26 stazioni di rifornimento che distanziano la California dall’Oklahoma i due artisti diventano assimilabili proprio perché entrambi pur stabilendo lo stesso insieme di “regole” hanno usato per farlo ognuno un diverso medium ovvero rispettivamente Kentridge ha usato la cancellazione e Rouscha l’automobile La fotografia come medium Nel 1931 Walter Benjamin trova che la caratteristica del medium fotografia sia quella di cogliere la natura umana nella sua specificità questo almeno fino a che la fotografia stessa non cede alla mercificazione venendo fagocitata dal Kitsch che secondo Benjamin è causa della “repentina decadenza del gusto” che negli anni ‘80 dell’Ottocento sopraffà la fotografia La fotografia come medium • Secondo Benjamin dunque e lo afferma nella “Breve storia della fotografia” (1931) il fotografo con l’uso del Kitsch rovescia il suo seggio e indebolisce la potenza della fotografia come medium perché nega sia i valori dell’estetica della fotografia sia non rivendicando la specificità del medium (in termini tecnologici) impedisce alla fotografia stessa di essere un medium indipendente La fotografia come medium • Nell’”Opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica” (1936) Benjamin tracciando un percorso storico a partire dagli effetti scioccanti ricercati dal collage futurista e dadaista fino agli sconvolgimenti provocati dall’ottica inconscia della fotografia e dallo shock specifico dei procedimenti del montaggio cinematografico evidenzia un percorso di indifferenza rispetto ai caratteri della fotografia come particolare medium La fotografia come medium • In quanto oggetto teorico e non più medium quindi la fotografia assume il potere di esporre le ragioni di una trasformazione generale dell’arte ed essendo inclusa in queste stesse trasformazioni (il fotografico è riproduzione meccanica in tutte le sue forme moderne e tecnologiche) viene completamente svuotata in favore ella sua predisposizione alla riproducibilità La fotografia come medium • Tuttavia se da parte del fotografo selezionare frammenti di mondo è procedimento estetico eclissare la nozione di medium per la fotografia significa non solo indebolire un intero mondo di tecnica e di tradizioni artistiche ovvero pittura o scultura ma anche le abilità tecniche di esposizione sviluppo e stampa richieste dalla fotografia stessa La fotografia come medium • L’apoteosi della fotografia come medium ovvero il suo successo commerciale accademico e museologico arriva proprio nel momento della sua capacità di eclissare la nozione stessa di medium emergendo come oggetto teorico eterogeneo • In un secondo momento storicamente non molto distante dal primo però la fotografia perdendo la sua forza decostruttiva e uscendo dall’ambito dell’uso sociale passerà nella zona crepuscolare dell’obsolescenza La fotografia come medium • A metà degli anni ‘60 del Novecento il cittadino medio venendo in possesso di strumentazioni professionali per fotografare (Pentax e Nikon) porta a una nuova fase il fotoconsumismo ed è una fase che esaurendosi con i primi anni ‘80 del Novecento dando vita ai nostalgici della macchina fotografica segnala che prima il video e poi l’immagine digitale finiranno con il sostituire del tutto la fotografia come pratica sociale di massa La fotografia come medium • Con l’arrivo di macchine digitali e video la fotografia diventa immediatamente una nuova curiosità ma il medium fotografia è questa volta in questione non più perché inserita tra quelli tradizionali (pittura, scultura, disegno, architettura) che comprendono la fotografia e poi il cinema ma proprio per il suo passare da consumo di massa attraverso le macchine digitali a obsolescenza La fotografia come medium • Anche Benjamin in “Lettera da Parigi II: pittura e fotografia” scritto nel 1937 ovvero un anno dopo “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” verifica come nel momento della sua obsolescenza la fotografia può ricordarci la sua promessa: non come un revival di sé e di altri media artistici inattuali ma come uno dei valori della pluralità necessaria delle arti La fotografia come medium • La fotografia dunque diventa nel recupero della sua obsolescenza una rappresentante della pluralità delle Muse ovvero una rappresentante della condizione plurale delle arti che si pone fuori da qualsiasi idea filosofica unificante dell’Arte e questo sottolinea il bisogno per ogni medium di redimere lo specifico dall’abbraccio mortale del generale Bibliografia • W. Benjamin “Piccola storia della fotografia” Skira Editore Milano 2011 • W. Benjamin “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” Einaudi Torino 2000 • W. Benjamin “Aura e choc. Saggi sulla teoria dei media” Einaudi Torino 2012 • R. Krauss “Reinventare il medium. Cinque saggi sull’arte d’oggi” Mondadori Milano 2004