50 L’ECO DI BERGAMO VENERDÌ 14 MARZO 2014 Cultura Vanzini, reduce di Dachau, oggi alla libreria Palomar Enrico Vanzini, 91 anni, internato a Dachau, stamane parlerà ai ragazzi del Pesenti e oggi alle 18 sarà alla libreria Palomar in via Angelo Mai. [email protected] www.ecodibergamo.it Germani? Siamo romani un po’ francesi Umberto Zanetti contesta l’idea che l’origine del nostro dialetto sia fondata sulle invasioni barbariche Una radice mediterranea per il nome della nostra città: «bargamo» sarebbe «grande capanna di argilla» VINCENZO GUERCIO Quali sono le sue basi linguistiche? Come si è evoluto il dialetto bergamasco? È davvero quel dialetto «longobardo», «ostrogoto», paragermanico che taluni ritengono? Su «Le origini del bergamasco», interverrà, oggi alle 17,30, alla Domus Alexandrina (via sant’Alessandro, 35), per il Circolo Greppi, Umberto Zanetti, esperto di lingua e cultura locale e poeta dialettale. «Dalla grande quantità delle parlate romanze e dalla loro notevole diversificazione - premette Zanetti - possiamo arguire che il latino diffuso e imposto da Roma si fosse adattato alle varie realtà linguistiche locali». La popolazione stanziale, «di etnia prevalentemente celtica, nel volgere di un paio di generazioni ha adottato la lingua dei vincitori, parlandola però con cadenze, accenti e costrutti diversi». Lo stesso avviene oggi con l’italiano, parlato in modi affatto diversi da un bergamasco o da un siciliano. Le cosiddette «lingue di sostrato», quelle parlate prima della conquista romana, insomma, sono state decisive nella formazione ed evoluzione dei nostri dialetti. Quando poi, al tramonto dell’Impero, «le ragioni di differenziazione presero il sopravvento su quelle di unificazione, il latino volgare consolidò le sue varianti locali», che avrebbero poi assunto la fisionomia dei mille volgari italiani. Il sostrato celtico, «comune a tutti i dialetti dell’area galloitalica», cioè quella già abitata dai Galli, «trapela anche da antiche voci testimoniate, come “briga” che significa “sommità scoscesa”, che rivive nel bergamasco “bréch”, cioè “rupe” o “balza”. E si avverte in altre voci ricostruibili, come “garra”, Le lapidi romane nel museo archeologico di Bergamo: proprio dal latino deriva anche il dialetto bergamasco “gamba”, donde le voci bergamasche “sgarla” e “sgarlèt”». Perfino la voce «”Bergamo” ci conduce molto a ritroso nel tempo, essendo inaccettabile e assurda l’ipotesi di far discendere un toponimo prelatino da voci di lingue moderne «come il germanico “berg”, cioè “monte”». L’idea di «far risalire la forma latina “Bergomum” a un mediterraneo (pre-celtico) “Bargamo”, ovvero “grande capanna di argilla” - dice Zanetti - potrà lasciarci nel dubbio ma sarà sempre meno peregrina di quella che viene ancora ripetuta in tutti i testi che illustrano ai turisti la storia della nostra città». Altre derivazioni comunque indoeuropee rimandano per Seriate Gambirasio con Angelo Roncalli Gambirasio Concorso di poesia L’Assessorato alla Cultura del Comune di Seriate bandisce il 21° concorso di poesia dialettale bergamasca «Città di Seriate», intitolato a Giacinto Gambirasio, poeta in lingua e in dialetto, che a Seriate era nato nel 1896 e morto ancora a Seriate all’età di 75 anni nel 1971. Sindaco dal 1919 al 1924, Gambirasio fu tra gli «animatori» del Ducato di Piazza Pontida. Il suo impegno culturale si manifestò soprattutto nell’ambito locale come studioso della lingua e delle tradizioni della Bergamasca. Fu direttore del «Giopì», giornale del Ducato di Piazza Pontida e de «La Penna». Porta il suo nome anche la biblioteca di Villa Guerinoni, sempre a Seriate. Il premio è istituito dall’Assessorato con il Sodalizio «Metafora» della cittadina, e patrocinato dal Ducato di Piazza Pontida. Gli elaborati dovranno pervenire entro il 10 aprile all’indirizzo: «Premio di poesia Città di Seriate», presso Ufficio Cultura Piazza Alebardi, 1 - 24068 Seriate. I partecipanti possono concorrere con un massimo di tre composizioni inedite a tema libero. Il premio per il primo classificato è di 400 euro, 300 per il secondo, 100 per il terzo. La premiazione si terrà sabato 10 maggio 2014, alle 16, presso l’Auditorium della Biblioteca Civica Centro-Culturale Giacinto Gambirasio. Informazioni: Ufficio Cultura, tel. 035-30.43.54. V. G. esempio al toponimo greco «Pergamon», che indica case fortificate su un colle. Come tutti gli altri dialetti italiani, anche il bergamasco è «una parlata limpidamente neolatina: anche a scorno di quanti, non comprendendolo, scioccamente lo definiscono “incomprensibile”». Non solo «chiaramente latine» sono le strutture morfosintattiche del bergamasco, ma «dal latino deriva la gran parte del lessico, con presenze significative di voci prive di diretto riscontro in italiano». Zanetti cita per esempio «basèl», gradino, diminutivo di «basis»; «interquerì», domandare con insistenza, da interquærere; «löcià», piangere, da «luctare», piangere per un lutto; «mèda», zitella, da «amita», zia paterna; «rüt», letame, scarto, da «rudus», rottami, macerie... E così via. Si aggiungano «i latinismi “semper” e “contra”, tali e quali in bergamasco; o si riconducano “ergót” e “negót” a “vere gutta quidem” e “nec gutta quidem” (neanche una goccia)». L’influenza delle lingue dei barbari invasori, dette «lingue di superstrato», si limitò invece, come noto, ad alcuni apporti lessicali (voci longobarde, per esempio, «fara», «spalto»). Assurda, sostiene giustamente Zanetti, la tesi di Friedrich Schürr secondo la quale le vocali turbate «ü» e «ö» sarebbero state introdotte da goti e longobardi, quando sono suoni pienamente attestati nel sostrato celtico (e dunque, semmai, apparentano al francese). Sarebbe anche scientificamente infondata, insomma, la vulgata secondo cui il bergamasco sarebbe lingua «teutonica» e gotica, sorta di enclave, testa di ponte germanizzante in piena terra italiana. 1 ©RIPRODUZIONE RISERVATA Mastrovito installa pagine al Villaggio degli Sposi Nella pagina finale di un libro spesso qualcuno scompare, altre volte si assiste a una rinascita, in ogni caso si arriva alla fine di un’esperienza, di un viaggio, reale o immaginato. Alla fine della linea, «At the end of the line» è il titolo della mostra inaugurata lo scorso martedì alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo da Andrea Mastrovito. Sul tema delle storie collettive e personali, dopo aver ricostruito quella del mondo in cento lapidi più una, riportate su carta, ora l’artista simbolicamente riporta la carta su lastre di calcestruzzo nell’installazione con cui ha vinto il concorso indetto da Comune di Bergamo e Gamec «Qui l’arte è di casa», insieme ad altri tre artisti selezionati: Eva Marisaldi, Margherita Moscardini e Davide Knorr. Mentre i progetti di questi ultimi sono ancora in progress, quello di Mastrovito è in fase di ultimazione e sarà inaugurato martedì 18 alle 16 nello spazio pubblico al centro del complesso architettonico di edilizia convenzionata nel cuore di Villaggio de- L’installazione di Mastrovito al Villaggio degli Sposi FOTO COLLEONI gli Sposi. L’artista bergamasco di stanza a New York, dove è impegnato in una residenza presso l’Iscp di Brooklyn, ha esposto al Museum of Arts and Design della città americana, al Maxxi di Roma e Museo del Novecento di Milano. Al Villaggio degli Sposi presenterà un’installazione realizzata in collaborazione con gli abitanti del quartiere: «A cento di loro spiega - ho chiesto di indicare un libro preferito, da cui ho tolto l’ultima pagina». Queste cento pagine ingrandite sono poi state riportate su delle lastre di calcestruzzo all’interno di vasche «poste al centro dello spazio attraverso la tecnica “graphic concrete”». Oltre a questo intervento e al lavoro sulla chiesa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, in collaborazione con l’artista Stefano Arienti, Mastrovito porta avanti anche altre opere nello spazio pubblico, come quella a cui sta lavorando nel quartiere di Bushwick, uno dei centri creativi emergenti della Grande Mela. 1 S. V. ©RIPRODUZIONE RISERVATA