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NOTA A CONSIGLIO DI STATO – ADUNANZA PLENARIA
SENTENZA 13 novembre 2015, n. 10
A cura di ANGELO MICHELE BENEDETTO
Sulla discordanza tra valore numerico e letterale dell’offerta
Il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa, in sede di Adunanza Plenaria, si pronuncia su
una fattispecie oggetto di plurime pronunce ondivaghe concernente i casi di discordanza tra valore
numerico e letterale dell’offerta presentata in una procedura ad evidenza pubblica disciplinata dal
d.lgs. 163/2006.
L’esercizio della funzione nomofilattica dell’Adunanza Plenaria è richiesto dal Consiglio di
Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con ordinanza n. 390/2015 dell’11 maggio 2015.
Il CGASRS, infatti, è stato chiamato a giudicare sulla legittimità di una precedente sentenza del
TAR Sicilia, sede di Palermo, pronunciata su di un caso riguardante un’offerta che presentava una
discordanza tra il ribasso percentuale offerto indicato in cifre e quello corrispondente indicato in
lettere laddove, al contempo, il ribasso espresso in cifre era più conveniente per la stazione
appaltante.
La commissione di gara, allora, considerava valida l’offerta che esprimeva un minor ribasso
percentuale facendo applicazione di quanto disposto dall’art. 119, comma 2, del d.P.R. 207/2010
(Regolamento di attuazione ed esecuzione del codice appalti) secondo il quale: “…Il prezzo
complessivo ed il ribasso sono indicati in cifre ed in lettere. In caso di discordanza prevale il
ribasso percentuale indicato in lettere”.
Avverso il provvedimento amministrativo proponeva ricorso altra concorrente lamentando l’omessa
applicazione, da parte della commissione, dell’art. 72 del r.d. n. 827 del 1924 (Regolamento per
l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato) il quale, di converso,
attribuisce priorità, in caso di contrasto, all’offerta maggiormente vantaggiosa per
l’Amministrazione “Qualunque sia la forma degli incanti, non sono ammesse le offerte per
telegramma, né le offerte condizionate o espresse in modo indeterminato o con semplice riferimento
ad altra offerta propria o di altri. Quando in una offerta all'asta vi sia discordanza fra il prezzo
indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l'indicazione più vantaggiosa per
l'amministrazione” che, nel caso di specie coincideva con l’offerta espressa in cifre.
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Tanto premesso, con la sentenza in commento, l’Adunanza Plenaria esamina la questione e fornisce
la chiave di lettura per l’interpretazione della fattispecie specifica.
In primis, l’Adunanza attesta l’esistenza della problematica della sovrapposizione di due discipline
apparentemente contrastanti laddove “l’operatore economico proponesse un’offerta in lettere
discordante rispetto all’offerta in cifre e quest’ultima fosse maggiormente vantaggiosa per
l’Amministrazione”.
Tale sovrapposizione, secondo la Corte, sussiste in quanto non può certo affermarsi che l’art. 72 de
quo sia stato abrogato espressamente dal codice degli appalti pubblici ed è, quindi, tuttora vigente
(l’art. 256 del codice nell’elencare le disposizioni abrogate non cita la norma in parola).
Il Collegio, inoltre, precisa che il superamento del contrasto tra la proposta espressa in cifre e quella
espressa in lettera ad opera della commissione può ammettersi solo qualora dall’analisi globale
dell’offerta possa in qualche modo evincersi la reale volontà dell’offerente, pena la violazione della
par condicio; la commissione, come noto, non può modificare una componente dell’offerta
sostituendosi alle intenzioni del concorrente.
Tanto premesso in via preliminare, la pronuncia in esame riassume la posizione della tesi che
considera applicabile l’art. 72 del r.d. n. 827 del 1924 (ex multis Cons. giust. amm. Sicilia, sez.
giurisd., 04/09/2014 n. 511; id. Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 06/02/2014 n. 54)
La norma, ad avviso di tale interpretazione, avrebbe portata generale al contrario dell’art. 119 del
regolamento di attuazione del codice degli appalti pubblici che, riferendosi alle offerta mediante
ribasso sui prezzi unitari, avrebbe carattere speciale ed è perciò applicabile solo a siffatte ipotesi.
La tesi è suffragata da una semplice considerazione: l’art. 72 in esame non è stato abrogato
espressamente dal codice degli appalti pubblici e quindi deve essere consentito allo stesso di
operare; inoltre, l’art. 119 del regolamento non ha portata innovativa in quanto incorpora una norma
già esistente (art. 5 della legge n. 14 del 1973) e perciò neppure può darsi adito all’assunto secondo
cui l’art. 72 sia stato “superato” dalla normativa successiva operando una sorta di abrogazione
implicita.
Le argomentazioni esposte non convincono l’Adunanza Plenaria.
A detta del Collegio, infatti, l’art. 119 del regolamento ha portata generale e quindi deve applicarsi
anche in quei casi che esulano dal ribasso sui prezzi unitari.
A favore dell’assunto vi sono plurime considerazioni.
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Innanzitutto, l’applicazione indiscriminata dell’art. 72 avrebbe ripercussioni sul meccanismo di
individuazione della soglia di anomalia dell’offerta in quanto l’offerta più vantaggiosa per
l’Amministrazione potrebbe in ipotesi rivelarsi anomala e quindi verrebbe esclusa automaticamente.
Da ciò due conseguenze inaccettabili: sarebbe eclatante la penalizzazione della posizione del
concorrente con violazione del principio che tutela la massima partecipazione alla gara; l’offerta
che astrattamente sarebbe più vantaggiosa in realtà si rivela inattuabile in quanto esclusa, con buona
pace dell’interesse dell’Amministrazione all’aggiudicazione alla migliore offerta.
In secondo luogo, la condivisione della tesi che ritiene applicabile l’art. 72 comporterebbe la
violazione del principio di univocità dell’offerta (art. 11, comma 6, del codice appalti) in quanto
permetterebbe all’Amministrazione di preferire un’offerta rispetto all’altra in una fase successiva
all’individuazione delle offerte degli altri concorrenti, con palese lesione del divieti di offerte
plurime.
Inoltre, a detta del Collegio, l’art. 119 del regolamento appare maggiormente corrispondente ai fini
delle procedure ad evidenza pubblica in quanto persegue esigenze differenti rispetto all’art. 72: il
primo collocandosi all’interno del corpus normativo disciplinante l’affidamento degli appalti
pubblici tutela la concorrenza (evitando di escludere un’offerta solo perché sono presenti errori di
calcolo); il secondo è parte del r.d. n. 827 del 1924 che espressamente regola e tutela il patrimonio e
per la contabilità generale dello Stato.
Ciò detto, essendo indubbio che in materia di procedure ad evidenza pubblica il fine principalmente
perseguito è quello della tutela della concorrenza (d’altronde la disciplina è figlia della legislazione
comunitaria che, come noto, è particolarmente sensibile al tema) non può negarsi la maggior
corrispondenza dell’art. 119 a tale obiettivo.
In ultimo, l’Adunanza osserva che la scrittura in lettere - rispetto a quella in cifre - richiede maggior
ponderazione al concorrente e, perciò, risulta presuntivamente conforme alla reale volontà
dell’impresa e questa affermazione “lungi dall’essere un’ipotesi astratta e soggettiva, trova
riscontro anche in altri ambiti dell’ordinamento (art. 6 r.d. n. 1669 del 1933 e art. 9 r.d. n. 1736 del
1933), a dimostrazione della volontà di attribuire rilievo ad un’esigenza di certezza ed affidamento
dei destinatari dei documenti”.
In conclusione, secondo l’Adunanza Plenaria, in materia di procedure ad evidenza pubblica, qualora
si presenti la detta discordanza tra offerta espressa in cifre e in lettere, la commissione di gara dovrà
applicare il dettato dell’art. 119 del regolamento dando prevalenza all’offerta espressa in cifre.
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L’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, lungi dal dover essere negletto, dovrà applicarsi a tutte le altre
fattispecie contrattuali nelle quali è coinvolta la p.A come la vendita o la locazione di beni (c.d.
contratti passivi).
A parere di chi scrive la soluzione interpretativa fornita dalla Adunanza Plenaria appare ragionevole
e corrispondente alle ultime indicazioni legislative e giurisprudenziali sui maggiori principi
applicabili alle procedure ad evidenza pubblica quale la tassatività delle cause di esclusione, il favor
partecipationis, la par condicio tra i concorrenti.
L’art. 119 del regolamento, come esposto precedentemente, è norma che tutela il concorrente
evitando che la stazione appaltante escluda lo stesso per meri errori materiali.
L’applicazione del principio di diritto sancito nella sentenza in commento, quindi, tutelerà
maggiormente il concorrente evitando che lo stesso subisca pregiudizio a causa di un errore
materiale compiuto in sede di predisposizione dell’offerta.
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