Metrologia della temperatura
T. Ricolfi
I.N.RI.M. (IMGC-CNR)
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1. INTRODUZIONE
Quando si parla di misure di temperatura, la prima cosa che viene in mente è il termometro
clinico. Esso infatti è presente in ogni casa ed assolve una funzione la cui importanza deriva
dall'essere legata al nostro stato di salute, il bene primario nella considerazione comune.
Non per niente i primi che avvertirono l'esigenza di precisare meglio i concetti generici di caldo
e di freddo furono gli uomini di medicina, con in testa Galeno nel II secolo d.C.
Tuttavia, se ci si guarda intorno, pur rimanendo tra le pareti di casa nostra, si scopre che di
termometri ce n'è ben più di uno. Infatti, è probabile che ce ne sia uno appeso alla parete per
indicare la temperatura della stanza.
Ben di più se ne trovano considerando gli elettrodomestici che producono effetti di raffreddamento o di riscaldamento, quali il frigorifero, il boiler dell'acqua calda, il condizionatore
dell'aria, la lavatrice, la lavastoviglie, il forno di cottura, la centralina di controllo dell'impianto
di riscaldamento. Ciascuno di essi, infatti, incorpora un termometro.
Chi non ci aveva mai pensato, a questo punto si sarà reso conto che, se nel limitato spazio delle
pareti di casa si trovano tanti termometri, questo vuol dire che la temperatura ha una grande
influenza sul nostro modo di vivere.
Questa influenza, però, non discende solo dalle esigenze della vita moderna, bensì della vita in
sé e per sé, senza aggettivi.
Le condizioni termiche dell'ambiente hanno influenzato grandemente il nostro processo
evolutivo.
I periodi di glaciazione ne hanno frenato lo sviluppo mentre, al contrario, la presenza di un clima
temperato ha favorito il sorgere delle prime civiltà.
Non solo, ma anche certi tratti del carattere degli individui sono stati condizionati dal clima.
Tutto ciò è tanto vero che qualcuno guarda con preoccupazione alle possibili conseguenze che si
potrebbero avere tra pochi decenni in seguito ad un sia pur modesto aumento della temperatura
media terrestre causato dalla crescita del tenore di CO2 nell'atmosfera.
Il fatto è che non solo l'uomo o gli altri animali superiori risentono dello stato termico
dell'ambiente.
Per esempio, sappiamo che lo sviluppo dei micro-organismi dipende dalla temperatura: in
generale, più questa è bassa, più lo sviluppo è lento.
-2-
I dati della TABELLA 1 ne sono un esempio. Il fatto che ai fini della conservazione si
congelino gli alimenti ne è una conseguenza.
TABELLA 1 Tempi di moltiplicazione di una popolazione di bacterium coli in
funzione della temperatura.
Temperatura
(°C)
Tempo richiesto per il raddoppio
(minuti)
5
∞
10
865
15,6
161
19,5
96
25,5
40
30,5
27
35,0
22
40,5
17
45,2
20
50
∞
Il mondo vegetale è altrettanto influenzato dalla temperatura.
Basta confrontare il rigoglio delle foreste tropicali con la scarsità di vegetazione delle zone
artiche.
Passando al mondo della materia inorganica, esso a sua volta ci presenta tali e tanti fenomeni
che dipendono dalla temperatura da giustificare pienamente l'assunzione da parte degli antichi
filosofi greci del fuoco come uno degli elementi costitutivi dell'universo.
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Persino quelle che potremmo definire forme di "vita minerale", come l'allungamento per effetto
termico delle rotaie del tram, la crescita dei cristalli, il moto browniano delle molecole
dell'acqua nel bicchiere, lo splendere del sole, i cambiamenti di stato della materia (TABELLA
2), cesserebbero di esistere se si annullasse la temperatura, se fosse cioè possibile raggiungere
quello che viene definito zero assoluto.
TABELLA 2 Cambiamenti di stato e relative temperature.
Cambiamento di stato
Temperatura (°C)
Liquefazione dell'idrogeno
-253
Liquefazione dell'azoto
-196
Liquefazione dell'ossigeno
-183
Solidificazione dell'anidride carbonica
-78
Solidificazione del mercurio
-39
Solidificazione dell'acqua
0
Ebollizione dell'acqua (a 1 atm)
100
Fusione dello stagno
232
Fusione dell'alluminio
660
Fusione dell'argento
962
Fusione dell'oro
1064
Fusione del ferro
1535
Fusione del platino
1769
Fusione del tungsteno
3422
Se la temperatura ha una così grande influenza su noi stessi e su quanto ci circonda, è logico che
siano numerosi i settori della nostra attività in cui si richiedono misure di temperatura.
Per fortuna, anche i mezzi e i metodi per effettuare queste misure sono oggigiorno numerosi,
poichè la moderna termometria va ben oltre il termometro a mercurio.
Vedremo più avanti quali siano le disponibilità in fatto di termometri e quali ne siano le
applicazioni più tipiche.
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A questo punto di arrivo approderemo dopo aver seguito il travagliato cammino compiuto dagli
studiosi per risolvere in maniera metodologicamente corretta il problema della misura della
temperatura.
2. BREVE STORIA DEL TERMOMETRO E DELL'UNITA' DI MISURA
Per quanto strano possa apparire, non è esistito alcuno strumento per la misura in senso moderno
della temperatura sin verso l'inizio del 1600, sorte d'altronde toccata anche alla pressione
atmosferica.
Non a caso si tratta di due proprietà intensive, cioè non additive, che non possono essere
misurate direttamente, come diremo nel paragrafo successivo.
Questa è certamente la ragione principale del ritardo, se si pensa che invece la misura di due
proprietà estensive come la lunghezza e la massa hanno accompagnato la crescita della civiltà
umana sin dalle sue origini.
L'origine della termometria viene di solito attribuita a Galileo Galilei (1564-1642), inventore del
termoscopio (Figura 1).
Fig. 1
Un termoscopio.
Sullo stelo di vetro non era riportata una
graduazione e le variazioni di livello
venivano misurate con un compasso.
In concorrenza con Galileo si possono citare Santorre Santorio (1561-1636), medico veneto che
probabilmente fu il primo a costruire un termometro graduato, Robert Fludd, medico inglese
(nato nel 1574), Cornelius Drebbel, olandese (nato nel 1572).
Il lavoro di Galileo dà il via ad una serie di indagini che vede all'opera studiosi di ogni parte
d'Europa.
Intorno alla metà del '600 sono innumerevoli le proposte di strumenti dotati di graduazione che,
a buon diritto, meritano l'appellativo di termometri. Fra questi ci limitiamo a ricordare i famosi
termometri ad alcool dell'Accademia del Cimento di Firenze che, fra l'altro, sono capolavori di
arte vetraria.
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L'esigenza di definire l'intervallo unitario di temperatura mediante i punti fissi viene avvertita
solo dopo che da alcuni anni sono in circolazione i termometri che hanno la graduazione, poiché
questa in origine è per lo più basata sugli stati termici fisiologici.
I primi punti fissi che vengono presi in considerazione sono, come appare logico, riferiti ai
fenomeni naturali più comuni. Fra questi, non possono mancare i punti di fusione del ghiaccio e
di ebollizione dell'acqua, che fra tutti hanno sempre mantenuto una posizione di privilegio fino a
tempi recenti quando sono stati rimossi dalla Scala di Temperatura Internazionale.
Per primo, nel 1679, Sebastiano Bartolo (1635-1676) propone la temperatura della neve e quella
dell'acqua bollente come punti fissi.
La proposta viene perfezionata nel 1694 da Carlo Renaldini che precisa meglio il primo dei due
considerando la temperatura del ghiaccio fondente, certamente più riproducibile di quella della
neve.
Quanto all'ampiezza dell'intervallo unitario di temperatura, qui è tutto uno sbizzarrirsi di
proposte.
Il già citato Bartolo lo pone uguale a 1/18 dell'intervallo compreso tra i suoi due punti fissi,
mentre più tardi, nel 1724, Fahrenheit lo pone uguale a 1/180 del medesimo intervallo (salvo il
ghiaccio fondente al posto della neve).
Di lì a poco (1730), Réaumur (1683-1757) divide l'intervallo in 80 parti uguali, fino a che nel
1742 Celsius (1701-1744), con scelta felice, propone che le parti uguali siano 100.
Per trovare una proposta ufficiale diversa da quella di Celsius bisogna arrivare al 1954 quando la
Conferenza Generale dei Pesi e Misure definisce il kelvin come la frazione 1/273,16 del punto
triplo dell'acqua.
Dopo aver seguito le peripezie dell'unità, vediamo invece quale è stata l'evoluzione dei
termometri.
I diretti discendenti del termoscopio furono i termometri ad aria, che possono essere considerati
i precursori del termometro a gas.
L'aria venne successivamente sostituita da materiali liquidi, come l'acqua (con scarso successo),
l'alcool e, soprattutto, il mercurio, che ancora oggi mantiene una posizione di preminenza, se
non per la precisione dei termometri, almeno per la loro diffusione. Tutti questi, comunque,
erano termometri a dilatazione, cioè con un'uscita di tipo meccanico.
Per arrivare a termometri di tipo elettrico bisogna attendere fino al XIX secolo.
Nel 1821 Seebeck (1770-1831) scopre l'effetto termoelettrico da cui trae origine la termocoppia.
Il primo termometro a resistenza viene proposto da Siemens (1823-1883) solo nel 1871, anche
se fin dagli inizi del secolo, in seguito agli studi di Ohm (1787-1854) e Faraday (1791-1867),
era nota la dipendenza della resistività elettrica dalla temperatura.
Quanto ai termometri a radiazione, che sfruttano la radiazione termica per misurare la
temperatura, la loro origine va fatta risalire al 1879, quando Stefan (1835-1873) propose la sua
famosa legge sulla radiazione del corpo nero, anche se in precedenza qualche sporadico
tentativo era già stato compiuto su basi empiriche.
Quelle che abbiamo elencato, e che sono riassunte nella TABELLA 3, possono essere
considerate le tappe fondamentali della moderna termometria. Dalle origini molti progressi sono
stati compiuti.
Gli strumenti, in seguito a continui affinamenti sono diventati più precisi e nuove tecniche che
sfruttano fenomeni diversi sono state proposte, in molti casi con un certo successo.
Rimane il fatto, tuttavia, che i tipi di termometro che ancora oggi sono i più diffusi sono quelli
che abbiamo citato in questa brevissima rassegna.
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TABELLA 3 Le tappe principali della termometria.
Galileo inventa il termoscopio.
Sono ormai diffusi i termometri a liquido in
vetro muniti di graduazione.
G. Renaldini adotta come punti fissi la
temperatura del ghiaccio fondente e dell'acqua in
ebollizione.
G. Fahrenheit propone una scala che possiede i
tre requisiti fondamentali di ogni scala di
temperatura: termometro, legge che ne regola il
funzionamento, punti fissi.
A. Celsius suddivide in 100 parti uguali
l'intervallo tra i punti di fusione e di ebollizione
dell'acqua.
Sul termoscopio non era riportata una graduazione,
1600 circa pertanto esso consentiva solo valutazioni qualitative
della temperatura.
metà del
'600
Sono famosi, non solo in Italia, i termometri ad alcool
dell'Accademia del Cimento. La graduazione è
costituita da una serie di palline di vetro attaccate alla
colonna che contiene alcool.
1694
I punti fissi sono valori di temperatura corrispondenti
a determinati fenomeni naturali. Dividendo in parti
uguali l'intervallo tra due punti fissi si stabilisce
l'ampiezza dell'unità di misura.
1724
Il termometro di Fahrenheit era a mercurio. La legge
prevedeva un andamento lineare della dilatazione con
la temperatura. I punti fissi erano tre (sarebbero
bastati due): 0 °F (temperatura di una miscela di
acqua, ghiaccio e cloruro di ammonio);
32 °F (temperatura del ghiaccio fondente);
96 °F (temperatura del corpo umano).
1742
Tra le varie proposte del tempo, quella di Celsius ebbe
la migliore fortuna. Il grado Celsius (non grado
centigrado) è usato ancora oggi.
1821
L'effetto Seebeck è alla base del funzionamento delle
termocoppie, che sono tra i termometri più diffusi.
W. Thomson (Lord Kelvin) suggerisce di
definire la temperatura termodinamica mediante
il ciclo di Carnot.
1854
Le tecniche di misura fondate su leggi
termodinamiche consentono di definire la temperatura
in modo univoco.
C.W. Siemens costruisce il primo termometro a
resistenza
1871
Siemens usò un filo di platino come elemento
sensibile. Ancora oggi il termometro a platino è il più
preciso.
J. Stefan enuncia la sua legge sulla radiazione del
corpo nero. Su di essa, e più ancora sulla
successiva legge di Planck, si fonda la
termometria a radiazione.
1879
La legge di Stefan afferma che la potenza emessa
sotto forma di radiazione da un corpo nero è
proporzionale alla quarta potenza della sua
temperatura assoluta.
1967
Questa definizione modifica leggermente una
precedente definizione del 1954. L'unità di misura è
denominata kelvin, simbolo K.
T.J. Seebeck scopre l'effetto termoelettrico che
da lui prese il nome.
La XIII Conferenza Generale dei Pesi e Misure
definisce l'unità di temperatura termodinamica
come "la frazione 1/273,16 della temperatura
termodinamica del punto triplo dell'acqua".
Viene promulgata la versione attualmente in uso
della Scala di Temperatura Internazionale(STI90).
1990
-7-
La STI è una scala convenzionale che ha lo scopo di
unificare a livello internazionale le misure di
temperatura.
3. PRINCIPI DI MISURA DEI DIVERSI TIPI DI TERMOMETRO
Nella TABELLA 4 sono riportati i tipi di termometro utilizzati nella pratica, anche se per alcuni
di essi l'uso prevalente riguarda le misure di precisione. I primi tre sono i tipi più utilizzati,
specialmente in campo tecnico.
3.1 Termometri a resistenza
La dipendenza della resistività elettrica dalla temperatura è un fenomeno comune a tutti i
materiali e fu verificato sperimentalmente da Ohm e Faraday agli inizi del secolo scorso.
TABELLA 4 Tipi di termometro
Tipo
Principio di misura
Temperatura
A resistenza
Variazione di resistività elettrica con la
temperatura
Termoelettrici
Effetto Seebeck in circuiti di differenti
conduttori
(conversione di energia termica in energia
elettrica)
-200 °C ÷ 2300°C
A radiazione
Leggi di Stefan-Boltzmann e di Planck per il
corpo nero
-50 °C ÷ 4000 °C
A dilatazione
A pressione
Magnetici
Acustici
A rumore
A quarzo
A risonanza
quadrupolare
Ottici
Diodi
0,5 K ÷ 1000 °C
Dilatazione termica di liquidi e di solidi
Dipendenza dalla temperatura della pressione
di gas e vapori saturi
-200 °C ÷ 600 °C
Legge di Curie sulla suscettività magnetica
Velocità di onde longitudinali nei gas
Dipendenza dalla temperature della tensione
di rumore ai capi di un resistore (legge di
Nyquist)
0,01 K ÷ 80 K
2 K ÷ 1000 °C
Frequenza di risonanza della vibrazione
Frequenza di risonanza nucleare di
quadrupolo
Dipendenza dalla temperatura di: diffusione
della luce, cambio di colore, indice di
rifrazione, intensità luminosa, birifrangenza,
trasmissione della luce, spostamento di
lunghezza d'onda o tempo di decadimento
della fluorescenza
Dipendenza dalla temperatura della
caratteristica tensione-corrente
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3 K ÷ 1000 °C
-170 °C ÷ 2000 °C
-80 °C ÷ 250 °C
10 K ÷ 150 °C
-30 °C ÷ 300 °C
1 K ÷ 200 °C
Il primo termometro a resistenza fu proposto da Siemens nel 1871 ed esso era costituito da un
filo di platino lungo 1 m e di 0,1 mm di diametro avvolto su di un supporto ceramico. A
protezione dell'elemento sensibile Siemens adoperò una guaina di ferro. I risultati furono poco
incoraggianti a causa della scarsa riproducibilità del termometro dopo cicli ad alta temperatura
dovuta probabilmente a contaminazione del platino da parte del ferro. Il lavoro interrotto da
Siemens fu ripreso da Callendar, che pochi anni dopo, nel 1887, pose le basi della termometria a
resistenza di precisione descrivendo accuratamente la tecnica di costruzione e di protezione
dell'elemento sensibile, suggerendo inoltre un metodo per la misura della resistenza ed una
relazione matematica tra resistenza e temperatura.
3.1.1 La caratteristica resistività-temperatura
La variazione di resistività con la temperatura è comune a tutti i materiali, tuttavia le modalità
secondo cui essa avviene sono diverse per diverse categorie di materiali.
Per i metalli, la relazione che lega la resistività ρ alla temperatura t è, nella sua forma più
generale, del tipo:
2
ρ t = ρ t 0 (1 + α∆ t + β∆ t + ...)
(3.1)
dove: ρ t e ρ t0 sono i valori di resistività alla temperatura t ed alla temperatura di riferimento t0
e !t = t - t0 ; α e β sono i coefficienti di temperatura del primo e del secondo ordine.
Se si considerano intervalli ristretti di temperatura, l'andamento di ρ può essere considerato
lineare e l'Eq. (3.1) si riduce a:
ρ t = ρ t 0 (1 + α∆ t )
(3.2)
Esplicitando il coefficiente α dall'Eq. (3.2), si ottiene:
α=
ρt − ρt0 1
∆ρ
= 1
ρ t 0 ∆t ρ t 0 ∆t
(3.3)
L'Eq. (3.3) esprime chiaramente il significato di α . Esso rappresenta infatti la variazione
percentuale di resistività che si ha per una variazione di temperatura di 1 °C. In altre parole, α ,
che è una caratteristica propria di ciascun metallo, indica la sensibilità della variazione di ρ con
t. Per i metalli, α assume sempre un segno positivo, il che significa che la resistività cresce con
la temperatura.
-9-
Non così avviene per altri materiali come, per esempio, i semiconduttori. L'espressione che lega
la resistività di un semiconduttore alla temperatura è del tipo:
ρ T = ρ T0 exp E ( 1 − 1 )
k T T0
(3.4)
dove T e T0 sono temperature assolute, E è l'energia di legame tra i portatori di carica e gli
atomi del conduttore e k è la costante di Boltzmann (k = 1,380658 x 10-23 J K-1). In questo caso
2
il coefficiente di temperatura vale - E/kT ed è pertanto negativo.
E' possibile avere anche con i semiconduttori dei coefficienti di temperatura positivi. Questa
condizione, che tuttavia si ottiene in intervalli di temperatura abbastanza limitati, si realizza con
l'introduzione di opportuni atomi di impurezze (drogaggio) in semiconduttori cristallini.
In linea generale, il coefficiente di temperatura dei semiconduttori è superiore a quello dei
metalli come diretta conseguenza dell'andamento esponenziale della resistività con la
temperatura. A scopo di confronto, nella TABELLA 5 sono riportati i valori di α per diversi
materiali.
TABELLA 5 Coefficiente di temperatura della resistività per alcuni
materiali
α (°C-1)
Materiale
Alluminio
0,0045
Argento
0,0041
Carbonio
-0,0007
Mercurio
0,00099
Nichel
0,0065
Oro
0,004
Platino
0,00392
Rame
0,0043
Tungsteno
0,0048
-0,068 ÷ 0,14
Semiconduttori
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3.1.2 Tipi di termometro a resistenza
I diversi tipi di termometro a resistenza sono indicati nella TABELLA 6 insieme ai loro campi
tipici di impiego.
TABELLA 6 Termometri a resistenza e loro campi tipici di impiego
Tipo di termometro
Campo di temperatura
TRP campione a capsula
TRP campione a stelo lungo
TRP campione a stelo lungo
per alta temperatura
13,8 K ÷ 232 °C
-190 °C ÷ 660 °C
Campione STI-90
0 °C ÷ 962 °C
Campione STI-90
-200 °C ÷ 850 °C
-150 °C ÷ 150 °C
-100 °C ÷ 200 °C
0,5 K ÷ 30 K
0,5 K ÷ 30 K
2 K ÷ 20 K
1 K ÷ 100 K
-100 °C ÷ 300 °C
-100 °C ÷ 600 °C
-200 °C ÷ 400 °C
TRP industriali
Rame
Nichel
Carbonio
Rodio-ferro
Platino-cobalto
Germanio
Termistori
Film di platino
Film di iridio
Note
Campione STI-90
Norma IEC 751
Molto lineare
Poco lineare
Molto sensibile
Campione di trasferimento
Recente, poco diffuso
Molto sensibile
Molto sensibili, poco lineari
Misure superficiali
Poco comune
Tra tutti, il termometro a resistenza di platino (TRP) occupa un posto di primo piano sia nelle
misure di precisione sia nelle misure industriali. Esso è infatti il campione primario della Scala
di Temperatura Internazionale del 1990 (STI-90) tra 13,8 K (punto triplo dell'idrogeno) e 962 °C
(punto di solidificazione dell'argento). Per i TRP industriali la normativa (IEC 751) prevede le
seguenti relazioni resistenza-temperatura:
- per l'intervallo da -200 °C a 0 °C:
2
3
Rt = R0[1 + At + Bt + C(t - 100 °C) t ]
(3.5)
- per l'intervallo da 0 °C a 850 °C:
2
Rt = R0[1 + At + Bt ]
(3.6)
dove con Rt e R0 sono indicati i valori di resistenza alla temperatura t e a 0 °C.
- 11 -
I valori delle costanti sono:
A = 3,9083 x 10-3 °C-1
B = -5,775 x 10-7 °C-1
C = -4,183 x 10-12 °C-1
(3.7)
Per i termometri che soddisfano le Eq. (3.5) e (3.6) si assume un coefficiente di temperatura
medio tra 0 °C e 100 °C che vale α = 0,00385 °C-1.
La tipica resistenza nominale a 0 °C dei TRP industriali è di 100 !. Una resistenza di soli 10 !,
che comporta l'uso di un filo di platino di diametro maggiore, può essere preferibile per
temperature superiori a 600 °C. Infatti, la stabilità migliore dei termometri da 100 ! si ha al di
sotto di questa temperatura.
Riguardo ai termistori (Figura 2), che insieme ai TRP sono i termometri a resistenza più diffusi,
essi presentano una caratteristica fortemente non-lineare, ma la loro sensibilità è tipicamente 10
volte quella dei TRP. Inoltre, grazie agli alti valori di resistenza (dell'ordine dei k!), essi
presentano meno problemi legati alla resistenza dei terminali.
Fig. 2
I termistori consentono una
grande flessibilità di
fabbricazione e sono facilmente
miniaturizzabili.
La figura mostra l’impiego di
un termistore in un pacemaker
cardiaco.
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3.2 Termocoppie
L'impiego della termocoppia come strumento di misura della temperatura trae origine dalla
scoperta di un fenomeno termoelettrico fatta da Seebeck nel 1821.
3.2.1 Effetto Seebeck e sue leggi
Seebeck verificò che tra due capi di un circuito formato da due conduttori metallici diversi si
può misurare una forza elettromotrice se i punti di giunzione (giunti) dei conduttori sono a
differente temperatura. L'effetto Seebeck è stato oggetto di molte indagini sperimentali che
hanno permesso di stabilire le leggi che lo regolano e che vengono utilizzate a scopi pratici in
termometria.
I vari aspetti dell'effetto Seebeck vengono di solito sintetizzati in tre leggi fondamentali dette
"dei circuiti omogenei", "dei metalli intermedi" e "delle temperature successive o intermedie".
Queste leggi possono essere formulate in modi apparentemente diversi. Qui di seguito le tre
leggi sono enunciate nella forma più utile alla comprensione dei meccanismi di costruzione e di
impiego delle termocoppie.
Legge dei circuiti omogenei: "Non è possibile fornendo unicamente energia sotto forma di
calore provocare una circolazione di corrente elettrica in un circuito formato da un solo
metallo omogeneo, anche se la sua sezione è variabile".
Una conseguenza di questa legge è mostrata nella Figura 3.
Fig. 3
Per la legge dei circuiti omogenei la presenza
di zone a temperature diverse t3 e t4 non
influisce sulla forza elettromotrice E purché i
conduttori A e B siano omogenei.
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Legge dei metalli intermedi: "La somma algebrica delle forze elettromotrici in un circuito
composto da un numero qualsiasi di metalli diversi è nulla se la temperatura è uniforme
lungo il circuito".
Una formulazione alternativa di questa legge è la seguente: "Se in un circuito la temperatura è
costante lungo il conduttore nel tratto compreso tra tra due punti P1 e P2, la somma algebrica
delle forze elettromotrici dell'intero circuito è indipendente dal materiale che si trova tra P1 e
P2" (Figura 4).
Fig. 4
Per la legge dei metalli intermedi
l'inserimento del conduttore C non
influenza la forza elettromotrice risultante.
Agli effetti pratici è come se i punti P1 e
P2 coincidessero.
La situazione schematizzata nella Figura 4 torna molto opportuna dal punto di vista pratico,
poiché offre la possibilità di inserire nel circuito uno strumento di misura senza alterare la forza
elettromotrice.
Legge delle temperature successive o intermedie: "Se due metalli omogenei diversi
producono una forza elettromotrice E1,2 quando i giunti sono alle temperature t1 e t2 ed una
forza elettromotrice E2,3 con i giunti alle temperature t2 e t3 , la forza elettromotrice prodotta
quando i giunti sono alle temperature t1 e t3 vale E1,2 + E2,3" (Figura 5).
Fig. 5
Per la legge delle temperature successive ed intermedie si può dire che la forza elettromotrice è additiva nei
confronti degli intervalli di temperatura. Questa legge viene utilizzata quando si usa una termocoppia con il
giunto di riferimento ad una temperatura diversa da quella di taratura.
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3.2.2 Tipi di termocoppie
I diversi tipi di termocoppia utilizzati nella pratica ed i campi di temperatura di impiego sono
riportati nella TABELLA 7.
TABELLA 7 Termocoppie e loro campo di impiego
Tipo
Composizione
Campo di temperatura
(°C)
R
S
B
J
T
E
K
N
Pt - 13%Rh/Pt
Pt - 10%Rh/Pt
Pt - 30%Rh/Pt - 6%Rh
Fe/Cu - Ni
Cu/Cu - Ni
Ni - Cr/Cu - Ni
Ni - Cr/Ni - Al
Ni - Cr - Si/Ni - Si
W - 3%Re/W - 25%Re
W - 5%Re/W - 26%Re
Au/Pt
Pt/Pd
0 ÷ 1550
0 ÷ 1550
600 ÷ 1600
0 ÷ 760
-196 ÷ 330
-196 ÷ 770
0 ÷ 1000
0 ÷ 1000
1000 ÷ 2300
1000 ÷ 2300
0 ÷ 1000
0 ÷ 1500
-
Con riferimento alla Tabella 7 è opportuno fare le seguenti precisazioni:
1.
Le 8 termocoppie indicate con lettera alfabetica sono quelle normalizzate secondo la IEC 584.
2.
Il primo elemento indicato nella composizione è quello positivo.
3.
I limiti inferiori di temperatura sono quelli di uso corrente.
4.
I limiti superiori di temperatura si riferiscono a termocoppie protette con diametro dei fili
di 0,5 mm usate in modo continuo. Questi limiti possono essere superati con diametri
superiori dei fili o con permanenze brevi ad alta temperatura.
- 15 -
3.3 Termometri a radiazione
Questi termometri, che vengono comunemente indicati come pirometri, hanno avuto un
notevole sviluppo negli anni recenti grazie ai miglioramenti tecnici ottenuti con i sensori ad
infrarosso che hanno consentito di migliorare le prestazioni ed abbassare i costi dei termometri.
3.3.1 Principi di misura dei termometri a radiazione
Le leggi fisiche che sono alla base della termometria a radiazione sono la legge di StefanBoltzmann e la legge di Planck.
Queste leggi descrivono l'andamento con la temperatura della potenza emessa sotto forma di
radiazione da un corpo nero, essendo questi un corpo ideale che è in grado di assorbire tutta la
radiazione che incide su di esso. Il corpo nero possiede anche la proprietà di emettere il massimo
possibile di radiazione ad ogni temperatura.
La legge di Stefan-Boltzmann afferma che la potenza totale, ossia in tutto lo spettro di lunghezze
d'onda, emessa da un corpo nero è proporzionale alla quarta potenza della sua temperatura
assoluta (espressa in kelvin). L'espressione matematica di questa legge è:
4
M = σT
-2
Wm
(3.8)
in cui M è una grandezza, definita radianza totale, che rappresenta la potenza emessa per unità
di area su tutto l'emisfero e σ è la costante di Stefan- Boltzmann che vale σ = 5,67032 x 10-8
W m-2 K-4.
Nota. L'Eq.(3.8) mostra che solo allo zero assoluto, ossia, per T = 0 K, la potenza si annulla. L'idea comune che
solo i corpi caldi emettono radiazione è quindi priva di fondamento.
La legge di Planck entra in maggiore dettaglio nel meccanismo della radiazione e descrive come
la potenza si distribuisce alle varie lunghezze d'onda. Matematicamente si esprime in questo
modo:
Lλ =
c1
1
5
λ exp(c2 / λT ) − 1
Wm
-3
sr
-1
(3.9)
in cui Lλ , denominata radianza spettrale, è la potenza emessa per unità di area, di angolo solido
e di intervallo di lunghezza d'onda in direzione normale alla superficie emittente; λ è la
lunghezza d'onda e c1 e c2 sono due costanti denominate prima e seconda costante della
radiazione. Il valore di c2, che è l'unica delle due costanti che si utilizza nei calcoli della
termometria a radiazione, è c2 = 14388 "m K.
Nota. Riportando graficamente Lλ in funzione di λ, si vede che Lλ ha dei picchi che si spostano verso le λ corte
mano a mano che la temperatura aumenta. Questo spiega perché a bassa temperatura bisogna usare termometri ad
infrarosso (λ lunghe).
- 16 -
In molte applicazioni si usa una forma semplificata dell'Eq. (3.9) che si ottiene trascurando il
fattore 1 a denominatore. Si ottiene così:
Lλ =
c1
c
exp− ( 2 )
λ5
λT
3
1
W m- sr-
(3.10)
L'Eq.(3.10) è nota come approssimazione di Wien della legge di Planck.
Le Eq.(3.8), (3.9) e (3.10) si riferiscono al corpo nero ideale che in pratica non esiste, anche se
lo si può approssimare bene con sorgenti di radiazione a forma di cavità.
I corpi reali emettono sempre meno del corpo nero ideale che si trovi alla medesima
temperatura. Questo concetto si esprime introducendo il fattore emissività (simbolo ε , o ε λ se
riferito ad una specifica lunghezza d'onda) che è definito come "rapporto tra la potenza emessa
da un corpo reale rispetto alla potenza emessa dal corpo nero alla medesima temperatura".
Per quanto detto sopra, è evidente che questo rapporto è sempre < 1.
L'emissività è una caratteristica propria di ciascun materiale e, a parità di materiale, dipende da
numerosi fattori che sono: la temperatura, la lunghezza d'onda, lo stato superficiale, l'angolo di
osservazione e lo stato di polarizzazione della radiazione emessa.
Le Eq.(3.8), (3.9) e (3.10) continuano a valere per i corpi reali purché a secondo membro si
aggiunga il fattore moltiplicativo ε o ε λ a seconda che si consideri la radianza totale o spettrale.
3.3.2 Tipi di termometro a radiazione
La maggior parte dei termometri a radiazione entra in una delle seguenti categorie: termometri a
radiazione totale, termometri a banda singola o monocromatici e termometri bicolore.
Il nome dei termometri a radiazione totale deriva dal fatto che essi in linea di principio
utilizzano per la misura tutto lo spettro di lunghezza d'onda della radiazione. Il loro principio di
misura si basa pertanto sulla legge di Stefan-Boltzmann.
In pratica, la banda utilizzata comprende il visibile e l'infrarosso fino a circa 20 "m. Questo tipo
di termometro, che è molto sensibile ai disturbi provocati dall'assorbimento atmosferico ed agli
errori dovuti all'emissività, è stato largamente soppiantato dai termometri ad infrarosso a banda
singola.
Nota. Tutti i termometri a radiazione vengono tarati per confronto con corpi neri di temperatura nota. Se, a causa
dell'emissività o di fenomeni di assorbimento (atmosfera, finestre, ostruzioni), durante l'uso essi ricevono un flusso
di radiazione inferiore a quello che genererebbe un corpo nero alla medesima temperatura della sorgente, essi
tendono ad avere un errore per difetto. In alcuni casi, questo errore può essere eliminato con i termometri bicolore,
come si vedrà dopo.
I termometri a banda singola, il cui principio di misura si basa sulla legge di Planck, utilizzano
una banda di lunghezze d'onda che è molto stretta (circa 10 nm) nei termometri di precisione
(monocromatici) e la cui larghezza arriva fino a 4 o 5 "m nei termometri industriali.
Il ben noto pirometro ottico o a scomparsa di filamento appartiene a questa categoria.
Oggigiorno, tuttavia, quasi tutti i termometri a banda singola utilizzano sensori per infrarosso
che forniscono un'alta sensibilità di misura e consentono di operare fino a bassa temperatura
(Figura 6).
- 17 -
Fig. 6
Un termometro a radiazione da laboratorio. Questo particolare strumento consente di osservare
alternativamente due sorgenti di radiazione e di confrontarne la radianza spettrale ad una lunghezza
d’onda definita da un filtro posto sul cammino ottico. Il segnale elettrico del sensore è proporzionale alla
radianza spettrale, quindi alla temperatura, delle sorgenti.
Nella TABELLA 8 sono riportate le caratteristiche e le applicazioni dei principali termometri
ad infrarosso esistenti sul mercato.
TABELLA 8 Termometri ad infrarosso
Banda di lavoro
("m)
Temperatura minima
(°C)
0,7 ÷ 1,1
500
1,1 ÷ 1,7
300
2,0 ÷ 2,5
100
3,43
3,9
4,4 ÷ 4,6
4,8 ÷ 5,2
7,9
8 ÷ 12
50
30
30
30
0
-50
Applicazioni
Misure di precisione ed industriali in
genere
Uso generale, metalli e vetri
Uso generale a bassa e media
temperatura
Plastiche sottili (polimeri), oli, carta, vernici
Forni di riscaldo
Temperatura di fiamma
Vetri e materiali ceramici
Plastiche sottili (poliesteri)
Bassa temperatura e lunga distanza
- 18 -
La scelta delle bande di lavoro per i termometri di uso generale dipende essenzialmente dalla
minima temperatura che si vuole raggiungere e dalla localizzazione dei picchi di risposta dei
sensori per infrarosso utilizzati.
Per i termometri di tipo dedicato come, per esempio, quelli per plastiche sottili, si sceglie invece
una lunghezza d'onda che corrisponde a picchi dell'emissività del materiale. In questo modo, il
materiale si comporta quasi come un corpo nero e l'errore di emissività viene ridotto.
I termometri a banda singola, che sono di gran lunga i più diffusi, risentono, anche se in misura
molto minore, dei medesimi problemi dei termometri a radiazione totale.
Il termometro bicolore è stato sviluppato per ovviare, almeno in certi casi, a questi problemi.
Questo termometro, diversamente dai precedenti, non misura un flusso di radiazione in una
banda più o meno larga, ma bensì misura un rapporto di flussi entro due bande diverse. In questo
modo, se l'emissività della sorgente o l'assorbimento di radiazione sono uguali nelle due bande,
essi non producono alcuna variazione di rapporto ed è come se il pirometro osservasse un corpo
nero. Sfortunatamente, non sono molti i casi pratici in cui questo avviene, pertanto l'impiego di
un termometro bicolore va scelto con cura, pena errori anche maggiori di quelli che si avrebbero
con un termometro a banda singola.
4. PERCHE' UNA SCALA DI TEMPERATURA E COME LA SI
COSTRUISCE
4.1 La temperatura si misura in modo indiretto
La temperatura, per sua natura, tende a sottrarsi alle operazioni di misura. La temperatura,
infatti, possiede una natura camaleontica, per così dire, che non si riscontra in altre grandezze.
La bottiglia dell'acqua conserva pressapoco la sua massa, il suo volume, la sua durezza, quando
la si estrae dal frigorifero.
Essa non conserva invece la sua temperatura, che tende ad adattarsi alle condizioni ambientali.
In altre parole, la temperatura non è una caratteristica intrinseca della bottiglia, pertanto, non
avrebbe senso attaccare ad essa un'etichetta indicante la temperatura.
Allo stesso modo non possiamo apporre la dicitura "intervallo unitario di temperatura" ad un
oggetto che dovrebbe servire a misurare la temperatura così come si misura con un righello la
lunghezza del tavolo. In questo caso prendiamo il righello e vediamo quante volte esso è
contenuto entro le due estremità del tavolo.
Mettiamo cioè a confronto due lunghezze ed eseguiamo un'operazione di somma su di una
lunghezza unitaria (il righello).
La medesima operazione non può essere fatta con la temperatura.
Come possiamo, infatti, verificare quante volte è contenuto in una temperatura un intervallo
unitario che non si ha?
E se quand'anche si avesse, non sarebbe possibile eseguire l'operazione di confronto e di somma
che abbiamo visto con il righello. Infatti, quando si mettono insieme due corpi ad una
temperatura, poniamo, di 100 °C, la temperatura del corpo risultante è sempre di 100 °C e non di
200 °C.
Per questo la temperatura è definita una grandezza intensiva, come già accennato in precedenza.
La conclusione è che non si può eseguire in maniera diretta una misura di temperatura.
- 19 -
Per fortuna, se la temperatura non è direttamente accessibile, essa però si manifesta attraverso
molti fenomeni.
Pensiamo alle variazioni di volume, di pressione, di resistenza elettrica. Questi ed altri
fenomeni, una volta verificatane la dipendenza dalla temperatura, ci offrono i mezzi per
misurarla.
Teniamo presente che, comunque, si tratta di una misura indiretta, poiché si misura una
grandezza che non è la temperatura. A questa si arriva attraverso una legge che ne esprime la
relazione con la grandezza misurata.
4.2 Gli ingredienti per fare una scala di temperatura
L'impossibilità di materializzare l'intervallo unitario di temperatura rende necessaria una scala
che consenta di riprodurlo, sia pure in forma indiretta, nei diversi campi di temperatura in cui
siamo interessati alla misura.
Abbiamo già visto che l'ingrediente principale per misurare la temperatura, quindi anche per
costruire una scala, è la scelta di un fenomeno che dipenda dalla temperatura stessa. Questo può
essere, per esempio, la dilatazione del mercurio.
Fatta la scelta, non è difficile costruire uno strumento che metta in evidenza il fenomeno. Perché
lo strumento diventi un termometro occorre tracciare su di esso una graduazione, per la qual
cosa occorrono due ulteriori ingredienti, i punti fissi e la legge che mette in relazione la
dilatazione con la temperatura.
Per punti fissi si intendono dei valori che vengono assegnati alle temperature corrispondenti a
fenomeni naturali ben definiti e riproducibili, quali possono essere la solidificazione e
l'ebollizione dell'acqua alla pressione di un'atmosfera normale (101 325 Pa).
Una volta scelti i punti fissi, si è in grado di riportare i corrispondenti tratti di riferimento sulla
scala del termometro.
Per poter misurare temperature che non coincidono con i punti fissi, occorre però introdurre
ulteriori tratti sulla scala. E' a questo punto che si rende necessario ipotizzare l'andamento della
dilatazione con la temperatura.
Si può, per esempio, assumere un andamento lineare, la qual cosa consente di suddividere
l'intervallo tra i due punti fissi (poiché di due si tratta in questo caso, essendo due punti necessari
e sufficienti a definire una retta) in un numero arbitrario di parti uguali, a ciascuna delle quali si
farà corrispondere un tratto della scala.
Compiuta l'operazione, si sarà non solo costruito il termometro, ma anche definito l'intervallo
unitario di temperatura che corrisponderà all'intervallo compreso tra due tratti consecutivi.
- 20 -
4.3 Il problema della costanza dell'unità e dell'unicità della scala
Il processo sin qui descritto può sembrare a prima vista ineccepibile. In realtà, esso nasconde
delle insidie.
Se si rivedono i passi compiuti, non si trova nulla da ridire sulla scelta del fenomeno
termometrico e dei punti fissi. Questa scelta, compresa quella dei valori assegnati ai punti fissi,
può essere del tutto arbitraria, ed obbedisce solamente a ragioni di opportunità pratica.
Quando invece si ipotizza una determinata relazione funzionale tra il fenomeno e la temperatura,
si compie una scelta che non può essere arbitraria ma di fatto lo è per forza di cose.
Infatti, che la dilatazione del mercurio dipenda linearmente dalla temperatura può essere
verificato solamente con misure di temperatura, le quali evidentemente non sono possibili dal
momento che non si è ancora costruita la scala.
Può succedere che l'ipotesi non sia corretta e che la funzione sia una parabola anziché una retta.
In questo caso l'unità di temperatura non sarebbe costante lungo la scala. Le conseguenze
sarebbero analoghe a quelle che si avrebbero misurando una lunghezza con un elastico.
Questo però non è il solo inconveniente che si può trovare. Supponiamo infatti che due diversi
laboratori vogliano realizzare indipendentemente una scala di temperatura.
Ammettiamo che entrambi decidano di costruire un termometro a dilatazione, adottino i
medesimi punti fissi con i medesimi valori di temperatura e ipotizzino la linearità della funzione
caratteristica del termometro.
La scelta dei due laboratori sia però diversa riguardo al liquido termometrico. Uno costruisca,
per esempio, un termometro a mercurio e l'altro un termometro a toluolo.
Se si presenta l'occasione di confrontare i due termometri, si avrà la sgradita sorpresa di vedere
che le loro indicazioni coincidono solamente ai punti fissi, mentre altrove essi misurano
temperature diverse. E si tratterà di differenze sensibili, se si pensa che a 50 °C si arriva ad uno
scarto di circa 3 °C.
Ancora una volta la responsabilità dell'inconveniente si deve attribuire all'arbitrarietà della scelta
della relazione funzionale. Infatti, se l'effettiva legge di dilatazione è diversa per i due liquidi è
inevitabile che succeda quanto si è visto.
In conclusione, i due laboratori avranno realizzato due scale di temperatura diverse, per cui i
risultati che dipendono dalle misure effettuate con i due termometri non sono comparabili.
4.4 La temperatura termodinamica
E' facile rendersi conto che l'unicità della scala è un requisito fondamentale per gli scambi di
carattere scientifico, tecnico e commerciale. Per ottenerla, bisogna evitare di ricorrere a leggi di
carattere empirico che dipendono dai materiali e che non possono essere verificate a priori.
In altre parole, è necessario servirsi di leggi che discendono direttamente dai principi generali
della fisica. Le leggi della termodinamica possiedono questo requisito, pertanto esse
costituiscono la soluzione al problema dell'unicità della scala di temperatura.
Il merito di avere intravisto questa possibilità va a Lord Kelvin che nel 1854 propose di
utilizzare il ciclo di Carnot per definire la temperatura termodinamica o assoluta, quella per cui
sono valide le leggi della termodinamica.
- 21 -
La proposta di Kelvin fu di fondamentale importanza dal punto di vista metodologico. Tuttavia,
dal punto di vista pratico, misure di temperatura mediante il ciclo di Carnot sono di scarsa utilità
perché richiedono misure di quantità di calore che non possono essere effettuate con grande
accuratezza.
La legge che meglio di tutte si presta a misure di temperatura termodinamica è l'equazione di
stato dei gas perfetti:
PV = nRT
(4.1)
in cui P, V e T sono la pressione, il volume e la temperatura termodinamica di un sistema
composto di n moli di gas perfetto ed R è una costante fondamentale (costante molare).
La legge espressa dall'equazione (4.1) possiede i requisiti sopra elencati in quanto discende dai
principi della termodinamica e non si riferisce a questo o quel gas in particolare, ma è valida per
un qualsiasi gas che si trovi in una condizione di estrema rarefazione, tale che sia trascurabile
l'interazione tra le sue molecole , così come avviene per i gas perfetti.
In pratica, quando si realizza un termometro a gas non si è certo nella condizione di gas perfetto.
Il gas è contenuto in un volume limitato, tanto che il volume delle sue molecole e la loro
reciproca interazione non sono trascurabili.
Per questa ragione, l'equazione di stato può essere utilizzata solo se vi si introducono dei termini
correttivi che comprendono i cosiddetti coefficienti del viriale.
Questi coefficienti dipendono dal tipo di gas e vengono determinati per via sperimentale senza
tuttavia passare attraverso misure di temperatura, che ripresenterebbero l'inconveniente visto a
proposito della dilatazione.
Vediamo ora come viene di fatto utilizzata l'equazione (4.1) per misure di temperatura.
Se si considera un termometro a gas a volume costante, che è la versione solitamente usata, in
corrispondenza di due temperature T e T0 si possono misurare due pressioni P e P0 tali che:
T/T0 = P/P0
(4.2)
Ne consegue che è possibile conoscere il valore di T quando venga assegnato un valore
numerico alla temperatura di riferimento T0.
Nel 1954 la Conferenza Generale dei Pesi e Misure (CGPM) assunse come temperatura di
riferimento quella del punto triplo dell'acqua, ossia la temperatura alla quale si riesce ad
ottenere, entro una provetta sigillata (cella, v. Figura 7) da cui sia stata estratta l'aria, la presenza
contemporanea in equilibrio termico di ghiaccio, acqua e vapor d'acqua.
A questa temperatura venne assegnato il valore 273,16 K. Con ciò venne definita l'unità di
misura della temperatura termodinamica, la cui ampiezza è pari alla frazione 1/273,16 della
temperatura del punto triplo dell'acqua.
- 22 -
Fig. 7
Cella per il punto triplo dell'acqua. Si
può osservare il mantello di ghiaccio a
ridosso del pozzetto centrale entro cui
viene introdotto il termometro a
resistenza. Durante l'uso la cella viene
immersa nel ghiaccio.
A questo punto un paio di osservazioni non sembrano superflue.
In primo luogo, si può far notare che anche in questo caso la definizione dell'unità è stata
ottenuta dividendo in parti uguali un intervallo di temperatura, che è quello compreso tra lo zero
assoluto e la temperatura del punto triplo dell'acqua.
Non bisogna dimenticare infatti che la temperatura termodinamica è l'unica che possieda uno
zero naturale, pertanto un intervallo di temperatura lo si può definire assegnando una sola
temperatura che differisca dallo zero.
In secondo luogo, è bene richiamare l'attenzione sul valore 273,16 che sovente è fonte di
qualche confusione poiché, per una ragione che vedremo in seguito, è più frequente trovare il
valore 273,15 che in realtà corrisponde al punto di solidificazione dell'acqua, cioè alla
temperatura di una miscela di ghiaccio e acqua alla pressione atmosferica.
Per la definizione del kelvin si è preferito adottare il punto triplo perché esso si può riprodurre
con una precisione migliore che è dell'ordine di 0,0001 K.
I metodi che consentono di misurare la temperatura termodinamica non si limitano al
termometro a gas, anche se questo è stato sempre considerato il termometro assoluto per
eccellenza.
Esistono altri fenomeni regolati da leggi termodinamiche che all'occorrenza possono sostituirlo,
specialmente laddove esso non è più in grado di essere utilizzato correttamente, come, per
esempio, a temperature sopra i 1000 °C.
Si possono citare i casi del termometro acustico, basato sulla dipendenza dalla temperatura della
velocità del suono, e del termometro a radiazione.
Qualunque sia il metodo termodinamico usato, è possibile dimostrare che tutti conducono ad
una definizione univoca della temperatura.
- 23 -
5. LA SCALA DI TEMPERATURA INTERNAZIONALE DEL 1990 (STI-90)
La scelta di termometri termodinamici è obbligatoria per principio ma scomoda nella pratica.
Essi sono innanzitutto molto complessi. Questo fa sì che pochi laboratori ne possono disporre.
In secondo luogo, la loro precisione e riproducibilità è inferiore a quelle di alcuni termometri
pratici.
Per esempio, il termometro a resistenza di platino possiede una precisione intorno a 0 °C
dell'ordine di 10-5 °C che è impossibile da ottenere con il termometro a gas. Questo, senza
contare la maggiore semplicità del primo nei confronti del secondo.
Questi ragionamenti sono alla base della decisione presa nel 1927 di istituire la Scala di
Temperatura Internazionale (STI).
La STI contiene i tre ingredienti che, come si è visto, sono necessari per costruire una scala di
temperatura. I termometri, perchè si tratta di più di uno dovendosi coprire un ampio campo di
temperatura, vengono scelti tra i migliori disponibili nei vari sottocampi di temperatura. Questi
termometri vengono definiti campioni primari.
Ai punti fissi, necessari per tarare i campioni primari, vengono attribuiti valori di temperatura
determinati in precedenza con misure eseguite mediante termometri termodinamici
(principalmente a gas ed a radiazione).
Questi valori di temperatura vengono assunti esatti per definizione.
Infine, le equazioni interpolatrici vengono definite in base ai risultati di confronti eseguiti tra i
termometri campione e termometri termodinamici.
In questo modo si garantisce che le equazioni dei termometri campione, pur se di natura
empirica, ricalchino l'andamento della temperatura termodinamica.
Una scala costruita con questi criteri garantisce che temperature misurate con metodi non
termodinamici corrispondano effettivamente a temperature termodinamiche, con i vantaggi di
unicità e di costanza dell'ampiezza dell'unità che ne conseguono.
All'atto di definire una STI si scelgono i campioni, i punti fissi e le equazioni interpolatrici sulla
base delle migliori conoscenze del momento.
E' ovvio che il progresso tecnico-scientifico porti nel corso degli anni alla disponibilità di
campioni migliori, alla scoperta di differenze tra le temperature della STI e la temperatura
termodinamica, oppure alla necessità di ampliare il campo di temperatura coperto dalla scala.
E' questa la ragione per cui la STI viene rivista periodicamente. L'ultima edizione risale al 1990
ed è definita STI-90.
La STI-90 copre il campo di temperatura da 0,65 K in su. Per essa non è fissato alcun limite
superiore anche se in pratica le tecniche della STI-90 non vengono usate a temperature superiori
a circa 4000 °C dove non esistono più corpi solidi.
La STI-90 comprende 17 punti fissi e 4 termometri campione con le relative equazioni
interpolatrici.
Nota. Nel 2000 il campo di temperatura coperto dalla STI-90 è stato esteso verso il basso fino a 0,9 mK
introducendo la cosiddetta Provisional Low Temperature Scale (PLTS-2000) che copre l’intervallo tra
0,9 mK e 1 K. Il fenomeno termometrico utilizzato per realizzare questa scala è la pressione di fusione
dell’isotopo 3He.
- 24 -
5.1 Punti fissi
I 17 punti fissi di definizione della STI-90 sono indicati nella TABELLA 9. Il significato dei
simboli indicanti lo stato è il seguente:
−
V, G: punto di tensione di vapore o di termometro a gas;
−
T: punto triplo, ossia, temperatura alla quale sono in equilibrio le fasi solida, liquida e
vapore;
−
F, S: punto di fusione o punto di solidificazione, ossia, temperatura, alla pressione di
101 325 Pa, alla quale sono in equilibrio le fasi solida e liquida.
Note:
1.
2.
3.
Nella lista dei punti fissi non compaiono più gli "storici" punti di congelamento (0 °C) e di
ebollizione (100 °C) dell'acqua. Mentre il primo era già scomparso nel 1960, il secondo compariva
ancora nella precedente scala (SIPT-68). Il punto di ebollizione (a 101 325 Pa) sulla STI-90 non
vale neppure più 100 °C, ma bensì 99, 974 °C.
Per i metalli si considerano quasi sempre i punti di solidificazione anziché quelli di fusione poiché i
primi sono più riproducibili dei secondi (Figura 8).
I punti di solidificazione dell'oro e del rame possono essere usati in alternativa al punto dell'argento
per costruire la scala con il termometro a radiazione nel campo delle alte temperature.
TABELLA 9 Punti fissi di definizione della STI-90.
Temperatura
Sostanza
T90/K
t90/°C
3÷5
13,8033
#17
#20,3
24,5561
54,3584
83,8058
234,3156
273,16
302,9146
429,7485
505,078
692,677
933,473
1234,93
1337,33
1357,77
-270,15 ÷ -268,15
-259,3467
#-256,15
#-252,85
-248,5939
-218,7916
-189,3442
-38,8344
0,01
29,7646
156,5985
231,928
419,527
660,323
961,78
1064,18
1084,62
- 25 -
He
e-H2
e-H2 (o He)
e-H2 (o He)
Ne
O2
Ar
Hg
H2O
Ga
In
Sn
Zn
Al
Ag
Au
Cu
Stato
V
T
V (o G)
V (o G)
T
T
T
T
T
F
S
S
S
S
S
S
S
Fig. 8
Una cella sigillata per punti di
solidificazione dei metalli. ! crogiolo
di grafite, " metallo puro, # pozzetto
di quarzo, $ schermo di grafite, %
lana isolante di quarzo, & atmosfera
di argon. La cella viene riscaldata
introducendola in un forno tubolare
verticale.
5.2 Termometri campione
I campioni primari della STI-90 sono indicati nella TABELLA 10.
TABELLA 10 Termometri campione della STI-90
Campo di temperatura
Termometro
0,65 K ÷ 5 K
Termometro a tensione di vapore
• 3He tra 0,65 K e 3,2 K
• 4He tra 1,25 K e 5 K
3 K ÷ 24,6 K
Termometro a gas interpolatore ( 3He o 4He )
13,8 K ÷ 961,78 °C
Termometro a resistenza di platino
• A capsula tra 13,8 K e 30 °C (157 °C)
• A stelo lungo tra 84 K e 660 °C
• A stelo lungo per alta temperatura tra 0 °C
e 961,78 °C
sopra 961,78 °C
Termometro a radiazione monocromatico
- 26 -
Ai dati della Tabella 10 si possono aggiungere le seguenti informazioni:
1.
Nella STI-90 si introduce per la prima volta la parziale sovrapposizione degli intervalli
coperti dai diversi campioni. Questa scelta obbedisce a criteri di praticità in quanto un
laboratorio che intenda lavorare in una zona di sovrapposizione (es., tra 13,8 K e 24,6 K)
può scegliere la tecnica di misura per la quale è maggiormente attrezzato.
2.
Il termometro a gas è un termometro a volume costante che non viene usato come
termometro termodinamico, ossia non si basa sull'equazione di stato dei gas perfetti, ma
viene usato come strumento interpolatore che viene tarato a tre punti fissi. In questo modo
si evitano diverse correzioni che sono di solito necessarie per il termometro a gas.
3.
Il platino usato per i termometri campione deve essere puro e privo di tensioni meccaniche.
Per tenere conto di questi due fattori, la STI-90 non prescrive valori di purezza ma
prescrive delle condizioni limite alle quali deve soddisfare il rapporto di resistenza W(T90)
definito come:
W(T90) = R(T90)/R(273,16 K)
(5.1)
dove R(T90) e R(273,16 K) sono i valori di resistenza ad una data temperatura T90 ed
alla temperatura del punto triplo dell'acqua.
Per poter essere usato come campione della STI-90 un termometro deve soddisfare almeno
una delle seguenti condizioni:
W(29,7646 °C) ≥ 1,118 07
(5.2)
W(-38,8344 °C) ″ 0,844 235
(5.3)
in cui 29,7646 °C e -38,8344 °C sono le temperature del punto di fusione del gallio e
del punto triplo del mercurio.
I termometri che vengono usati fino al punto di solidificazione dell'argento devono
soddisfare l'ulteriore condizione:
W(961,78 °C) ≥ 4,284 4
(5.4)
Quanto ai valori di resistenza, i termometri a capsula e a stelo lungo per uso fino a 660 °C
hanno generalmente una resistenza di circa 25 ! a 0 °C (Figura 9) e questo dà luogo ad
una sensibilità di circa 0,1 !/°C. La resistenza a 0 °C dei termometri per alta temperatura è
invece compresa tra 0,2 ! e 2,5!. Il valore di resistenza inferiore deriva dall'esigenza di
usare fili di diametro maggiore per motivi di stabilità.
4.
I termometri a radiazione campione operano nel visibile ad una lunghezza d'onda prossima
a 0,65 "m o nel vicino infrarosso in prossimità di 0,9 "m. La maggior parte di essi usa
come sensore un fotodiodo al silicio oppure un fotomoltiplicatore.
- 27 -
Fig. 9
Termometro a resistenza di platino da 25 ! a stelo lungo usato come campione
della STI-90.
5.3 Equazioni interpolatrici
Il testo della STI-90 fornisce le equazioni interpolatrici che si devono usare con i diversi
termometri campione.
Una novità della STI-90 rispetto alle precedenti scale è che per il medesimo termometro
campione vengono fornite più equazioni interpolatrici che coprono intervalli di temperatura di
ampiezza diversa.
Anche questa soluzione, come quella relativa alla sovrapposizione degli intervalli, comporta
vantaggi di ordine pratico, perchè si può tarare il campione ai punti fissi solo nell'intervallo che
interessa, che non è necessariamente l'intero intervallo coperto dal campione.
5.3.1 Termometro a tensione di vapore
Viene fornita un'equazione che mette in relazione la temperatura con la tensione di vapore. I
coefficienti dell'equazione, che pure vengono forniti, sono diversi a seconda che si tratti di
termometro a 3He o a 4He e, per quest'ultimo, a seconda che si lavori tra 1,25 K e 2,1768 K o tra
2,1768 K e 5 K.
5.3.2 Termometro a gas
L'equazione interpolatrice che mette in relazione la temperatura con la pressione è un polinomio
di secondo grado i cui coefficienti si determinano con la taratura a tre punti fissi.
Se il termometro è impiegato sotto 4,2 K, si devono introdurre dei fattori correttivi che tengono
conto della non idealità del gas.
- 28 -
5.3.3 Termometro a resistenza di platino
Per i TRP la STI-90 riporta due equazioni, rispettivamente, per l'intervallo tra 18,8033 K e
273,16 K e per l'intervallo tra 0 °C e 961,78 °C, che mettono in relazione con la temperatura la
funzione W definita dall'Eq. (5.1).
Questa funzione, definita funzione di riferimento e indicata con il simbolo Wr, rappresenta
l'andamento tipico dei rapporti di resistenza alle varie temperature rispetto alla temperatura del
punto triplo dell'acqua.
Poichè Wr rappresenta valori tipici, il singolo termometro avrà una caratteristica individuale W
che si discosta da Wr.
La STI-90 fornisce allora delle equazioni delle differenze W - Wr in funzione di W i cui
coefficienti si ottengono mediante taratura ai punti fissi.
Si è già accennato al fatto che la STI-90 offre una certa flessibilità nella scelta dell'ampiezza
dell'intervallo di temperatura entro cui tarare il campione.
A dimostrazione di questo, si consideri l'intervallo tra 0 °C e 961,78 °C. In quest'intervallo la
funzione di deviazione W - Wr è espressa dall'equazione:
2
3
W(T) - Wr(T) = a [W(T) - 1] + b [W(T) - 1] + c [W(T) - 1] + d [W(T) - W(660,323 °C)]
2
(5.5)
Se si vuole tarare il termometro in tutto l'intervallo tra 0 °C e 961,78 °C, la taratura deve essere
effettuata al punto triplo dell'acqua ed ai punti di solidificazione dello stagno, dello zinco,
dell'alluminio e dell'argento.
E' così possibile determinare i coefficienti a, b, c e d dell'Eq.(5.5). Se invece interessa solo
l'intervallo tra 0 °C e 660 °C, si esclude il punto dell'argento e si pone d = 0 nell'Eq.(5.5). Con
la medesima procedura si può restringere ulteriormente l'intervallo.
C'è da osservare però che al di sotto del punto dello zinco occorre introdurre altri punti fissi oltre
a quelli di partenza.
Per esempio, nell'intervallo più stretto, tra 0 °C e 29, 7646 °C, la taratura viene effettuata al
punto triplo dell'acqua ed al punto di fusione del gallio. In questo caso si annullano tutti i
coefficienti dell'Eq.(5.5) tranne il coefficiente a.
5.3.4 Termometro a radiazione
L'equazione che definisce la temperatura al di sopra di 1234,93 K è derivata dalla legge di
Planck espressa dall'Eq.(9). Essa può essere scritta nel seguente modo:
R(T,Tr) = Lλ (T)/Lλ (Tr)
(5.6)
dove R(T,Tr) è il rapporto delle radianze spettrali alle temperature T e Tr, essendo
quest'ultima la temperatura del punto fisso (Ag, Au o Cu a scelta).
Le radianze spettrali Lλ vengono esplicitate come nell'Eq.(3.9).
- 29 -
5.4 Incertezza nella realizzazione della STI-90
L'incertezza con cui la STI-90 viene realizzata presso l'Istituto di Metrologia G. Colonnetti che
detiene il campione nazionale di temperatura è riportata nella TABELLA 11.
TABELLA 11 Incertezza nella realizzazione della STI-90 (livello 1σ )
Temperatura
Incertezza
13,803 3 K
± 0,3 mK
(punto triplo dell'idrogeno)
24,556 1 K
± 0,3 mK
(punto triplo del neo)
± 0,7 mK
tra 24,556 1 K e 54,358 4 K
54,358 4 K
± 0,3 mK
(punto triplo dell'ossigeno)
± 0,6 mK
tra 54,358 4 K e 83,805 8 K
83,805 8 K
± 0,3 mK
(punto triplo dell'argo)
± 0,8 mK
tra 83,805 8 K e 234,315 6 K
234,315 6 K
± 0,2 mK
(punto triplo del mercurio)
± 0,4 mK
tra 234,315 6 K e 273,16 K
273,16 K
± 0,1 mK
(punto triplo dell'acqua)
tra 273,16 K e 302,914 6 K
± 0,3 mK
302,914 6 K
± 0,2 mK
(punto di fusione del gallio)
± 1,3 mK
tra 302,914 6 K e 505,078 K
505,078 K
± 1,0 mK
(punto di solidificazione dello stagno)
± 1,3 mK
tra 505,078 K e 692,677 K
692,677 K
± 1,0 mK
(punto di solidificazione dello zinco)
± 1,5 mK
tra 692,677 K e 933,473 K
933,473 K
± 1,2 mK
(punto di solidificazione dell'alluminio)
± 2,5 mK
tra 933,473 K e 1234,93 K
1234,93 K
± 2,5 mK
(punto di solidificazione dell'argento)
tra 1234,93 K e 2500 K
± [0,025 + 2,1 x 10-4(T/K - 1234,93)] K
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6. PROBLEMI E SVILUPPI ATTUALI IN TERMOMETRIA
La diffusione dell'automazione nel controllo dei processi, l'accresciuta importanza del controllo
di qualità, il ricorso a tecnologie avanzate nei processi di produzione, la maggiore attenzione ai
problemi di sicurezza, sono alcuni degli aspetti dei moderni processi tecnologici e produttivi.
Essi impongono nuovi requisiti alle prestazioni dei sensori ed alle tecniche di misura.
6.1 Esigenze delle misure applicate di temperatura
L'accuratezza di misura è determinata in parte dalle caratteristiche intrinseche dei sensori
(sensibilità, ripetibilità, stabilità) e spesso in misura maggiore dalle condizioni di misura
(gradienti termici, atmosfere aggressive, interferenze elettromagnetiche, ecc.).
Le richieste di alta sensibilità hanno prodotto, per esempio, un rinnovato interesse per il
termometro a quarzo per applicazioni fino a 300 °C e lo sviluppo di speciali termometri a fibra
ottica per applicazioni fino a 2000 °C.
Riguardo alla ripetibilità e stabilità, i termometri a resistenza di platino (TRP) rappresentano la
soluzione migliore in molte applicazioni fino a 850 °C. Per temperature superiori, grandi
progressi sono stati ottenuti con i termometri a radiazione con fotodiodo al silicio grazie alla
sensibilità e stabilità di questo sensore.
I TRP rappresentano una buona scelta anche sotto il profilo delle condizioni di misura. Infatti
essi sono meno sensibili delle termocoppie ai gradienti di temperatura. Dovendo operare in
atmosfere chimicamente aggressive, essi sono anche meno cari delle termocoppie di metallo
nobile che sono richieste in questi casi.
I termometri a rumore, pur se molto meno diffusi dei TRP, ne possiedono alcuni dei vantaggi.
Essi sono particolarmente stabili in presenza di flussi neutronici e possono operare a temperature
fino a 2000 °C.
Per quel che riguarda le interferenze elettromagnetiche (es., in forni a microonde), che sono una
seria fonte di disturbo per qualsiasi termometro di tipo elettrico, la soluzione può venire dall'uso
dei termometri a fibra ottica che hanno avuto un forte sviluppo negli ultimi anni.
In molti processi manufatturieri l'affidabilità dei sensori è molto più importante dell'accuratezza
perchè essa diminuisce il rischio di fermo degli impianti ed il costo di manutenzione.
E' generalmente noto che i termometri di tipo meccanico (a liquido in vetro, bimetallici, a gas, a
tensione di vapore) sono sensori affidabili. Tuttavia essi non si prestano bene al controllo
automatico. Per questa ragione, la sostituzione dei sensori meccanici con sensori elettrici ha
costituito uno degli indirizzi degli ultimi anni. Si può dire che con gli attuali sensori elettrici
poco si è perso quanto ad affidabiltà.
L'intercambiabilità dei termometri è un altro requisito importante. Infatti, poiché molti dei
parametri di un sistema di controllo di processo sono determinati dalle caratteristiche del
sensore, è opportuno che in caso di guasto esso possa essere sostituito con un sensore di
caratteristiche analoghe. In caso contrario, bisogna riaggiustare i parametri del processo.
La completa intercambiabilità dei termometri, anche se forniti da produttori diversi, è garantita
dalle norme internazionali. Anche sotto questo aspetto, i TRP si trovano nella situazione
migliore.
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Al contrario, altri termometri, come quelli a quarzo ed a radiazione, richiedono generalmente
una taratura individuale e per essi è arduo fissare dei limiti di tolleranza.
Un ulteriore parametro che è cresciuto di importanza insieme al crescere del numero di sensori
impiegati in un singolo processo è il costo. I termometri meccanici sono generalmente più
costosi di quelli elettrici, cosicché la loro sostituzione obbedisce anche a criteri di economicità.
Il problema del costo è stato risolto per i TRP con le tecniche di fabbricazione a film spesso e a
film sottile.
Per i termometri a radiazione, di solito i più costosi, si sono ottenute forti riduzioni di costo con
l'uso di fotodiodi al silicio, di rivelatori piroelettrici e di termopile a film sottile.
Per quel che riguarda la sicurezza, è da segnalare la progressiva scomparsa dei termometri a
mercurio per uso industriale, specialmente nell'industria alimentare. Un altro contributo alla
sicurezza può venire dai termometri a fibra ottica, che sono da preferire ai termometri elettrici in
ambienti contenenti atmosfere infiammabili o esplosive.
Infine, una considerazione importante riguarda la diagnostica tecnica, che è fondamentale per
l'efficienza e la sicurezza degli impianti industriali.
La misura dei profili termici su macchine utensili o su pale di turbina e la localizzazione di
componenti difettosi in circuiti elettronici sono esempi di diagnostica tecnica riguardanti le
misure di temperatura. Valide soluzioni in questo senso sono state trovate con l'impiego della
termografia ad infrarosso.
Un tipo particolare di diagnostica è la capacità del sistema di misura di auto-controllarsi e, in
particolare, di auto-tararsi. A dire il vero, resta molto da fare con i sensori di temperatura sotto
questo aspetto.
I pochi esempi che si possono citare riguardano le termocoppie con punto fisso incorporato o i
termometri a resistenza e termocoppie abbinati ad un termometro a rumore.
6.2 Sviluppi sui termometri e sulle tecniche di misura
6.2.1 Termometri a resistenza e termocoppie
Gli studi sui termometri a resistenza sono soprattutto finalizzati all'estensione dell'uso dei TRP
industriali a più alta temperatura. Risultati discreti sono stati ottenuti fino a 1100 °C con dei
TRP da 3 ! e 5! . Dopo un trattamento di 200 o 300 ore a 1100 °C, i termometri hanno
mostrato derive sul valore di taratura al punto triplo dell'acqua dell'ordine di 0,2 mK/ora.
Rimangono tuttavia ancora problemi di isolamento che producono errori dell'ordine di 0,1 °C al
di sopra di 1000 °C.
Gli sviluppi sulle termocoppie riguardano soprattutto le termocoppie Au/Pt e Pt/Pd. Le prime
possono essere usate nel campo tra 0 °C e 1000 °C mentre per le seconde la massima
temperatura di lavoro è intorno ai 1500 °C. L'interesse principale per queste termocoppie risiede
nel fatto che, essendo costituite di metalli puri, esse risentono meno dei problemi dovuti alla non
omogeneità dei fili in lega, quindi sono più stabili e soffrono meno gli effetti di immersione. In
secondo luogo, esse hanno un potere termoelettrico, quindi una sensibilità, ad alta temperatura
superiore a quello delle termocoppie di platino/rodio.
Il potere termoelettrico delle Au/Pt varia da 6"V/°C a 0 °C a circa 25"V/°C a 1000 °C mentre
quello delle Pt/Pd varia da 5,3"V/°C a 0°C a circa 20"V/°C a 1300 °C. A scopo di confronto, la
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termocoppia tipo R, che è la più sensibile tra le platino/rodio, ha un potere termoelettrico di
13"V/°C a 1000 °C.
Occorre dire che, tra le due termocoppie, solo per la Au/Pt si possiede una conoscenza
sufficiente a garantirne la diffusione, mentre per la Pt/Pd sono necessari ulteriori studi per
migliorarne la riproducibilità.
Si è già accennato all'uso delle tecniche di fabbricazione a film come elemento di contenimento
dei costi. Un altro vantaggio dei termometri a film spesso o sottile deriva dal loro uso per la
misura di temperature superficiali.
Il raffinamento delle tecniche di fabbricazione ha consentito di superare i problemi di stabilità e
di riproducibilità delle caratteristiche riscontrati all'inizio. Sono oggi disponibili dei TRP a film
usabili fino a 600 °C che possiedono una buona intercambiabilità e stabilità. Il valore di taratura
a 0 °C può essere mantenuto entro ± 0,05 °C dopo 1000 ore di permanenza a 600 °C.
6.2.2 Termometri a radiazione
Gli sviluppi di questi termometri sono stati soprattutto caratterizzati dall'estensione del loro uso
verso le basse temperature. Sono oggi disponibili termometri di costo abbastanza contenuto che
possono lavorare fino a -50 °C. Un esempio particolare è rappresentato dai termometri clinici
per la misura timpanica della temperatura corporea (Figura 10).
Fig. 10
Termometro a infrarosso per la misura della temperatura timpanica. Questa temperatura è
quella che più si avvicina alla temperatura corporea interna. La misura è estremamente
veloce ed avviene in un paio di secondi.
- 33 -
Il problema cruciale della termometria a radiazione rimane quello della dipendenza delle loro
letture dall'emissività dei materiali. Nonostante siano state proposte diverse soluzioni, ci si è resi
conto negli ultimi anni che una soluzione universale è difficile da trovare.
Piuttosto, ci si è indirizzati verso soluzioni particolari adatte a certi tipi di materiali o a certe
condizioni di misura. Alcuni esempi di termometri dedicati sono stati riportati nella Tabella 8.
Un diverso tipo di soluzione che è stato oggetto di studi recenti consiste nella termometria
multicolore. In linea di principio, effettuando la misura ad un numero elevato di lunghezze
d'onda e ipotizzando una relazione funzionale tra emissività e lunghezza d'onda è possibile
ricavare sia la temperatura sia l'emissività. Per quello che si è visto fino ad ora, questo metodo
possiede dei limiti. Qualche miglioramento può essere ottenuto con l'uso di sensori ad array che
consentono di elevare il numero delle lunghezze d'onda disponibili e, di conseguenza, il numero
delle informazioni disponibili dai dati di misura.
6.2.3 Termometri a fibra ottica
L'uso di fibre ottiche in termometria consente di avere dei termometri intrinsecamente sicuri ed
immuni da interferenze elettromagnetiche, come già si è visto. Un ulteriore vantaggio proviene
dal minore asporto di calore che il termometro provoca sull'oggetto di misura grazie alla minore
conducibilità termica delle fibre nei confronti di conduttori metallici.
Le fibre ottiche vengono usate nella termometria a radiazione classica al posto di lenti o specchi
per convogliare la radiazione dalla sorgente alla testa di misura. In questo modo è possibile
raccogliere radiazione anche da posti innaccessibili alla vista diretta. Tuttavia, più che nella
termometria a radiazione classica, le fibre ottiche trovano applicazione nei vari metodi di
termometria ottica basati sui fenomeni elencati nella Tabella 4. Fra questi, uno dei più
interessanti è quello basato sulla dipendenza dalla temperatura del tempo di decadimento della
fluorescenza. Il principio di misura è illustrato nella Figura 11. L'elemento sensibile è un
cristallo fluorescente (vetro drogato con neodimio o cromo o altri materiali) incollato ad
un'estremità di una fibra ottica. La fluorescenza viene eccitata da un impulso di luce prodotto da
un diodo laser ed inviato in uno dei rami della terminazione a Y della fibra ottica. L'impulso di
fluorescenza generato dal cristallo viene convogliato dalla fibra ad un fotodiodo che permette di
registrare il tempo di salita e di decadimento dell'impulso stesso. Il tempo di decadimento τ
decresce al crescere della temperatura.
Fig. 11
Schema di un termometro a decadimento di fluorescenza.
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Gli attuali studi sui termometri a fibra ottica sono rivolti a migliorare la stabilità a lungo termine,
alla realizzazione di sistemi di misura multicanale ed a ridurre i costi dei termometri.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Le trattazioni generali sulla termometria in lingua italiana sono alquanto scarse. Si possono
segnalare:
- T. Ricolfi: Le misurazioni di temperatura, in "Le misure di grandezze fisiche" (curatori E. Arri
e S. Sartori), Paravia, Torino, 1984, pp. 165-221.
- Tecniche di approssimazione della Scala di Temperatura Internazionale del 1990. Trad. F.
Pavese, I quaderni del G.I.S.I. (Gruppo Imprese Strumentazione Italia), Milano, 1992, 237 pp.
Il testo originale di definizione della STI-90 è riportato nel lavoro:
- H. Preston-Thomas: The International Temperature Scale of 1990 (ITS-90), in Metrologia,
Vol. 27, (1990), pp. 3-10.
Trattazioni complete della termometria in lingua inglese si trovano in:
- Autori vari: Thermal Sensors, Vol. 4 della serie Sensors (curatori T. Ricolfi e J. Scholz), VCH,
Weinheim (Germania), 1990, 412 pp.
- J.V. Nicholas, D.R. White: Traceable Temperatures, John Wiley & Sons, Chichester, 1994,
358 pp.
Per l'approfondimento dei singoli argomenti si consiglia di fare riferimento ai numerosi articoli
contenuti nella serie dei volumi: Temperature. Its Measurement and Control in Science and
Industry. La serie comprende i seguenti volumi:
Vol 1: Reinhold Publishing Co., New York, 1941.
Vol. 2: Reinhold Publishing Co., New York, 1955.
Vol. 3: Curatore C.M. Herzfeld, Reinhold Publishing Co., New York, 1962, 3 tomi.
Vol. 4: Curatore H.H. Plumb, Instrument Society of America, Pittsburg, 1972, 3 tomi.
Vol. 5: Curatore J.F. Schooley, American Institute of Physics, New York, 1982, 2 tomi.
Vol. 6: Curatore J.F. Schooley, American Institute of Physics, New York, 1992, 2 tomi.
Vol. 7: Curatore D. C. Ripple, American Institute of Physics, New York, 2003, 2 tomi.
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Metrologia della temperatura