Il libro
Quella che per Anastasia Steele e Christian Grey era
iniziata solo come una passione erotica travolgente è
destinata in breve tempo a cambiare le loro vite.
Ana ha sempre saputo che amarlo non sarebbe stato
facile e stare insieme li sottopone a sfide che nessuno
dei due aveva previsto. Lei deve imparare a condividere lo stile di vita di Grey senza sacrificare la sua
integrità e indipendenza, lui deve superare la sua ossessione per il controllo lasciandosi alle spalle i tormenti che continuano a perseguitarlo.
Le cose tra di loro evolvono rapidamente: Ana diventa
sempre più sicura di sé e Christian inizia lentamente
ad affidarsi a lei, fino a non poterne più fare a meno.
In un crescendo di erotismo, passione e sentimento,
tutto sembra davvero andare per il meglio. Ma i conti
con il passato non sono ancora chiusi...
Questo è il terzo e conclusivo volume della trilogia
Cinquanta
sfumature,
il
cui
successo
senza
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precedenti è iniziato grazie al passaparola delle donne
che ne hanno fatto un vero e proprio cult ponendolo
al primo posto in tutte le classifiche del mondo.
L’autore
E L James, londinese, moglie e madre di due figli, lavora in televisione. Ha sempre sognato di scrivere
storie di cui i lettori si sarebbero innamorati, ma ha
accantonato fino a oggi questa passione per concentrarsi sulla famiglia e sulla carriera. Alla fine, però,
ha preso il coraggio a due mani e ha scritto il suo
primo romanzo, Cinquanta sfumature di Grigio, cui
fanno seguito Cinquanta sfumature di Nero e Cinquanta sfumature di Rosso.
E L James
CINQUANTA SFUMATURE
DI ROSSO
Traduzione di Eloisa Banfi
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Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi
citati sono invenzioni dell’autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti,
luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente
casuale.
CINQUANTA SFUMATURE DI ROSSO
Para mi Mamá con todo mi
amor y gratitud
E per il mio amato padre
Papà, mi manchi ogni giorno
Ringraziamenti
Grazie a Niall, la mia roccia.
A Kathleen, per essere un’ottima
ascoltatrice, un’amica, una confidente e un
mago della tecnica.
A Bee, per l’infinito sostegno morale.
A Taylor (anche lui un mago della tecnica),
Susi, Pam e Nora per aver mostrato a una
ragazza come ci si diverte.
Vorrei ringraziare per i loro consigli e per
il loro tatto:
la dottoressa Raina Sluder per l’aiuto con
gli argomenti medici; Anne Forlines per i
consigli in ambito finanziario; Elizabeth de
Vos per la gentile consulenza sul sistema di
adozione americano.
Grazie a Maddie Blandino per la sua arte
squisita e fonte di ispirazione.
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E a Pam e a Gillian per il caffè del sabato
mattina e per avermi riportata con i piedi per
terra.
Ringrazio anche la squadra dei redattori,
Andrea, Shay e Janine, sempre adorabile e
solo di rado contrariata, che tollera i miei
malumori con pazienza, forza d’animo e
grande senso dell’umorismo.
Grazie ad Amanda e a tutti quelli della
Writer’s Coffee Shop Publishing House, e infine un enorme grazie a tutte le persone della
Vintage.
Prologo
Mamma! Mamma! La mamma è addormentata sul pavimento. È addormentata
da molto tempo. Le scompiglio i capelli perché le piace. Non si sveglia. La scuoto.
Mamma! Mi fa male la pancia. È la fame. Lui
non è qui. Ho sete. In cucina trascino una sedia vicino al lavello e bevo. L’acqua mi
schizza il maglione azzurro. La mamma è
ancora addormentata. Mamma, svegliati! È
immobile, fredda. Vado a prendere la mia
copertina, copro la mamma e mi sdraio accanto a lei sul tappeto verde appiccicoso. La
mamma è ancora addormentata. Ho due
macchinine. Le faccio correre sul pavimento
dove la mamma sta dormendo. Penso che
stia male. Cerco qualcosa da mangiare. Trovo
dei piselli nel freezer. Sono freddi. Li mangio
piano. Mi fanno venire il mal di pancia.
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Dormo accanto alla mamma. I piselli sono finiti. Nel freezer c’è qualcosa. Ha un odore
strano. Lo lecco e la lingua rimane attaccata.
Lo addento piano. Ha un sapore cattivo.
Bevo un po’ d’acqua. Gioco con le macchinine e dormo vicino alla mamma. La mamma
è così fredda, e non si sveglierà. La porta si
spalanca di colpo. Copro la mamma con la
mia copertina. Lui è qui. “Cazzo. Che cazzo è
successo qui? Oh, maledetta troia. Merda.
Cazzo. Stai fuori dai piedi, piccolo stronzo.”
Mi dà un calcio e io sbatto la testa sul pavimento. Mi fa male la testa. Lui chiama qualcuno e se ne va. Chiude la porta a chiave. Io
sto sdraiato vicino alla mamma. Mi fa male
la testa. La poliziotta è qui. No. No. No. Non
toccarmi. Non toccarmi. Non toccarmi. Io sto
con la mamma. No. Sta’ lontana da me. La
poliziotta ha preso la mia copertina e mi afferra. Grido. Mamma! Mamma! Voglio la
mia mamma. Le parole sono finite. Non
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riesco a dire le parole. La mamma non può
sentirmi. Non ho più parole.
«Christian! Christian!» L’urgenza nella
voce di lei lo fa riemergere dall’abisso dell’incubo, dall’abisso della disperazione. «Sono
qui! Sono qui!»
Si sveglia e lei è china sopra di lui, lo afferra per le spalle, lo scuote, il viso segnato
dall’angoscia, gli occhi azzurri sbarrati e luccicanti di lacrime.
«Ana.» La sua voce è un sussurro ansante,
il sapore della paura gli impasta la bocca.
«Sei qui.»
«Certo che sono qui.»
«Ho fatto un sogno…»
«Lo so. Sono qui. Sono qui.»
«Ana» mormora il suo nome, un talismano contro il panico soffocante che lo
attanaglia.
«Ssh, sono qui.» Lei si rannicchia contro
di lui, avvolgendolo, il suo calore gli penetra
nel corpo scacciando le ombre minacciose,
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scacciando la paura. Lei è la luce del sole, lei
è la luce… lei è sua.
«Ti prego, non litighiamo.» Ha la voce
roca mentre la circonda nel suo abbraccio.
«Okay.»
«La promessa. Niente obbedienza. Posso
riuscirci. Troveremo un modo.» Le parole
escono a precipizio in un tumulto di
emozioni, confusione e ansia.
«Sì. Lo troveremo. Troveremo sempre un
modo» mormora lei premendo la bocca sulla
sua, facendolo tacere, riportandolo al
presente.
1
Guardo tra le fessure dell’ombrellone di
paglia il cielo più azzurro del mondo, azzurro
estivo, azzurro mediterraneo, e sospiro felice.
Christian è accanto a me, abbandonato su
una sdraio. Mio marito – il mio focoso, bellissimo marito, a torso nudo – legge un libro
che predice il collasso del sistema bancario
occidentale. A quanto pare, un successo
strepitoso. Non l’ho mai visto stare seduto
così immobile, mai. Ha più l’aria di uno studente che dell’amministratore delegato di
una delle aziende più importanti degli Stati
Uniti.
Al termine della nostra luna di miele ci
crogioliamo sotto il sole sulla spiaggia del Le
Méridien Beach Plaza, a Monte-Carlo, anche
se per la verità non risiediamo in quell’albergo. Lancio un’occhiata al Fair Lady
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ancorato nella baia. Alloggiamo a bordo di
un lussuoso yacht. Costruito nel 1928, beccheggia maestoso sull’acqua, re di tutti gli
yacht che lo circondano. Sembra un giocattolo a molla per bambini. Christian lo adora… ho il sospetto che sia tentato di comprarlo. È proprio il caso di dirlo, i ragazzi e i
loro giocattoli.
Mi appoggio allo schienale, ascolto la
playlist di Christian Grey sul mio nuovo iPod
e sonnecchio, ricordando pigramente la sua
proposta da sogno nella rimessa delle
barche… Riesco quasi a sentire il profumo
dei fiori di campo… «Ci sposiamo domani?»
mi sussurra dolcemente all’orecchio Christian. Sono abbandonata sul suo petto in mezzo
ai fiori della rimessa, appagata dal sesso
appassionato.
«Mmh.»
«È un sì?» Avverto una nota sorpresa di
speranza.
«Mmh.»
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«È un no?»
«Mmh.»
Percepisco il suo sorriso. «Miss Steele, ti
contraddici?»
Sorrido. «Mmh.»
Scoppia a ridere e mi abbraccia stretta,
dandomi un bacio sui capelli. «Las Vegas,
domani, allora.»
Alzo la testa, assonnata. «Non credo che i
miei genitori ne sarebbero entusiasti.»
Lui fa scorrere la punta delle dita sulla mia
schiena nuda.
«Che cosa vuoi, Anastasia? Las Vegas? Un
matrimonio in grande stile con tutti gli annessi e connessi? Dimmelo.»
«Non in grande stile… Solo gli amici e la
famiglia.» Lo guardo, commossa dalla supplica silenziosa che leggo nei suoi brillanti
occhi grigi. “Lui che cosa vuole?”
«Okay.» Annuisce. «Dove?»
Mi stringo nelle spalle.
«Potremmo farlo qui?» chiede, esitante.
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«A casa dei tuoi? Che cosa direbbero?»
Sbuffa.
«Mia
madre
ne
sarebbe
entusiasta.»
«Okay, qui. Sono sicura che mia madre e
mio padre lo preferirebbero.»
Mi passa una mano tra i capelli. Potrei essere più felice?
«Va bene, abbiamo deciso dove. Pensiamo
a quando.»
«Dovresti chiederlo a tua madre.»
«Mmh.» Il suo sorriso si smorza. «Posso
concederle al massimo un mese. Ti voglio
troppo per aspettare di più.»
«Christian, io sono tua. Lo sono da un po’.
Ma okay… un mese.» Gli bacio il petto, un
bacio lieve, casto, e gli sorrido.
«Ti scotterai» mi sussurra Christian.
«Solo per te.» Gli faccio il più dolce dei
sorrisi. Il sole si è spostato e adesso sono
completamente esposta. Lui sorride malizioso e con un unico, rapido movimento trascina la mia sdraio al riparo dell’ombrellone.
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«Via dal sole mediterraneo, Mrs Grey.»
«Grazie per il tuo altruismo, Mr Grey.»
«Non c’è di che, Mrs Grey, e non sono affatto altruista. Se ti scotti, non potrò toccarti.» Negli occhi ha un lampo divertito, e il
mio cuore fa una capriola. «Ma sospetto che
tu lo sappia e che ti stia divertendo alle mie
spalle.»
«Davvero?»
sussulto,
ostentando
innocenza.
«Davvero, lo faresti e lo fai. Spesso. È una
delle tante cose che amo di te.» Mi bacia,
mordendomi il labbro inferiore.
«Speravo che mi spalmassi un altro po’ di
crema solare…»
«Mrs Grey, è un lavoro sporco… ma è
un’offerta che non posso rifiutare. Tirati su a
sedere» ordina, la voce roca. Obbedisco e lui,
lentamente, con una meticolosa pressione
delle dita forti e agili, mi unge di crema.
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«Sei proprio adorabile, sono un uomo fortunato» mormora mentre le sue dita mi
sfiorano il seno.
«Sì, lo sei, Mr Grey.» Lo guardo
timidamente.
«Il tuo nome è modestia, Mrs Grey.
Adesso la schiena.»
Sorrido, mi giro, e lui sgancia il laccetto
del mio bikini spaventosamente costoso.
«Che ne diresti se mi mettessi in topless
come fanno le altre qui in spiaggia?» chiedo.
«Direi che mi dispiacerebbe» risponde
senza esitare. «Non sono certo felice di
vederti così poco vestita, in questo momento.» Mi si avvicina e mi sussurra all’orecchio: «Non sfidare la tua buona sorte».
«È una minaccia, Mr Grey?»
«No. È una constatazione, Mrs Grey.»
Sospiro e scuoto la testa. “Oh, Christian…
possessivo, geloso, maniaco del controllo
Christian.”
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Quando ha finito di spalmarmi la crema,
mi dà una pacca sul sedere.
«Ecco fatto, fanciulla.»
Il suo onnipresente e iperattivo BlackBerry
vibra. Mi incupisco e lui mi fa un sorrisetto.
«Solo per i miei occhi, Mrs Grey.» Inarca
le sopracciglia in un ammonimento
scherzoso, mi dà un’altra pacca sul sedere e
si siede sulla sdraio per rispondere alla
chiamata.
Mi fa un sorrisetto complice, e io torno alla
mia siesta pomeridiana.
«Mam’selle? Un Perrier pour moi, une Diet
Coke pour ma femme, s’il vous plaît. Et
quelque chose à manger… laissez-moi voir
la carte.»
Mi sveglio sentendo Christian parlare il
suo francese perfetto. Sbatto le palpebre al
sole e vedo mio marito che mi guarda mentre
una ragazza in uniforme si allontana reggendo un vassoio, la coda di cavallo bionda
che oscilla provocante.
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«Sete?» chiede.
«Sì» farfuglio assonnata.
«Potrei stare a guardarti tutto il giorno.
Stanca?»
Avvampo. «Non ho dormito granché
stanotte.»
«Neanch’io.» Fa un ampio sorriso, mette
giù il BlackBerry e si alza. I jeans gli
scivolano sui fianchi lasciando intravedere il
costume da bagno. Christian se li toglie e
scalcia via le infradito. Perdo il filo dei
pensieri.
«Vieni a fare una nuotata con me.» Mi
tende la mano mentre io lo guardo confusa.
«Nuotiamo?» ripete, con un’espressione divertita. Non rispondo, e lui scuote lentamente la testa.
«Credo che ti ci voglia una sveglia.» Con
un movimento improvviso mi solleva tra le
braccia mentre io caccio un urlo, più per la
sorpresa che per lo spavento.
«Christian! Mettimi giù!» squittisco.
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Lui ridacchia. «Solo in acqua, piccola.»
Mentre mi porta verso il mare ed entra in
acqua, dalla spiaggia la gente ci osserva con
quel divertito distacco così tipico dei
francesi. Gli stringo le braccia al collo. «Non
lo farai» dico senza fiato.
Lui fa una smorfia. «Oh, Ana, piccola, non
hai ancora imparato niente da quando ci
conosciamo?» Mi bacia e io colgo l’occasione
al volo: lo afferro per i capelli e contraccambio il suo bacio infilandogli la lingua in
bocca. Lui inspira bruscamente e si stacca,
gli occhi velati ma diffidenti.
«Conosco il tuo gioco» sussurra e s’immerge lentamente nell’acqua fredda cercando di nuovo la mia bocca. Dimentico
subito il brivido mentre mi stringo al suo
corpo.
«Pensavo che volessi nuotare» mormoro.
«Mi distrai.» Christian mi sfiora il labbro
inferiore con i denti. «Ma non sono sicuro di
volere che le persone perbene di Monte-
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Carlo vedano mia moglie in preda alla
passione.»
Gli sfioro la mascella con i denti, la barba
sfatta mi solletica la lingua: non me ne importa nulla delle persone perbene di MonteCarlo.
«Ana.» Si avvolge la mia coda di cavallo al
polso e mi strattona delicatamente, tirandomi indietro la testa e scoprendomi la gola.
Mi bacia dall’orecchio fino alla base del collo.
«Vuoi che ti prenda in mare?» sospira.
«Sì» mormoro.
Christian si stacca da me e mi guarda, uno
sguardo caldo, pieno di desiderio, e divertito.
«Mrs Grey, sei insaziabile e così sfacciata.
Non avrò creato un mostro?»
«Un mostro adatto a te. Vorresti prendermi in qualche altro modo?»
«Ti prenderò in tutti i modi possibili, lo
sai. Ma non adesso. Non qui.» Indica la
spiaggia con un cenno della testa.
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Come c’era da aspettarsi, molte delle persone intente a prendere il sole hanno smesso
di essere indifferenti e ci guardano incuriosite. All’improvviso Christian mi afferra per la
vita e mi solleva in aria, facendomi cadere in
acqua; tocco la sabbia morbida del fondo.
Riemergo tossendo e ridendo.
«Christian!» lo rimprovero, lanciandogli
un’occhiataccia. Pensavo che stessimo per
fare l’amore in mare… spuntando dall’elenco
un’altra prima volta. Si morde il labbro per
trattenere una risata. Lo schizzo e lui fa lo
stesso.
«Abbiamo tutta la notte» dice, ridendo
come un matto. «A più tardi, piccola.» Si
tuffa e riemerge a un metro di distanza, poi
nuota a stile libero con movimenti fluidi e
aggraziati, allontanandosi dalla spiaggia e da
me.
Mi schermo gli occhi dal sole e lo guardo
nuotare. Perché mi provoca così? Cosa posso
fare per riportarlo indietro? Mentre nuoto
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verso la spiaggia, passo in rassegna tutte le
possibilità. Sotto l’ombrellone sono arrivate
le ordinazioni e io bevo un sorso di Diet
Coke. Christian ormai è un punto indistinto
in lontananza.
Mi sdraio a pancia in giù e armeggio con i
laccetti del reggiseno, poi lo butto distrattamente sulla sdraio di Christian. Ecco
fatto… guarda quanto posso essere sfacciata,
Mr Grey. Chiudo gli occhi e mi abbandono al
calore del sole che mi riscalda la pelle, penetrandomi nelle ossa… La mente vaga e io
ripenso al giorno del mio matrimonio.
«Puoi baciare la sposa» annuncia il reverendo Walsh.
Sorrido raggiante.
«Finalmente sei mia» sussurra prendendomi tra le braccia e dandomi un casto
bacio sulle labbra.
Sono sposata. Sono Mrs Grey. La gioia mi
dà le vertigini.
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«Sei bellissima, Ana» mormora e sorride,
gli occhi pieni d’amore… e di qualcosa di più
oscuro, qualcosa di lascivo. «Non permettere
che qualcun altro a parte me ti tolga quel
vestito, capito?» Il suo sorriso emana un
calore intenso, mentre lui mi sfiora la guancia con le dita, infiammandomi il sangue.
“Ma come fa, con tutte queste persone che
ci guardano?”
Annuisco in silenzio. Spero che nessuno ci
abbia sentiti. Per fortuna il reverendo Walsh
si è allontanato con discrezione. Lancio
un’occhiata alla gente riunita, tutti in abiti da
cerimonia… Mia madre, Ray, Bob e i Grey
stanno applaudendo, persino Kate, la mia
damigella d’onore, che è favolosa in rosa pallido accanto al testimone di Christian, suo
fratello Elliot. Tutti sfoggiano sorrisi raggianti, eccetto Grace, che piange di gioia in un
raffinato fazzoletto bianco.
«Pronta per la festa, Mrs Grey?» mormora
Christian, con un sorriso timido. Ha un
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aspetto divino nel suo smoking nero con il
panciotto e la cravatta color argento.
«Pronta come sarò sempre» dico con un
sorriso ebete.
Più tardi la festa è al culmine… Carrick e
Grace non hanno badato a spese. Hanno
fatto montare di nuovo il tendone e l’hanno
decorato in modo meraviglioso di rosa pallido, argento e avorio, lasciandolo aperto ai
lati che si affacciano sulla baia. La giornata è
bellissima e il sole del tardo pomeriggio
brilla sull’acqua. A un’estremità del tendone
c’è una pista da ballo e all’altra estremità un
sontuoso buffet.
Ray e mia madre ballano e ridono. Guardandoli, provo un sentimento dolceamaro.
Spero che Christian e io dureremo di più.
Non so che cosa farei se lui mi lasciasse.
“Sposati in fretta e pentiti con calma.” Quel
detto mi ossessiona.
Kate è accanto a me, bellissima nel suo
abito lungo di seta. Mi lancia un’occhiata,
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accigliata. «Ehi, dovrebbe essere il giorno
più bello della tua vita» mi rimprovera.
«Lo è» sussurro.
«Ana, cosa c’è? Stai guardando tua madre
e Ray?»
Annuisco malinconica.
«Sono felici.»
«Sono più felici quando sono lontani l’uno
dall’altra.»
«Ti stanno venendo dei dubbi?» chiede
Kate allarmata.
«No, per niente. Solo che… lo amo così
tanto.» Mi blocco, non riuscendo o non
volendo dar voce alle mie paure.
«Ana, lui ti adora, si vede. So che la vostra
relazione è cominciata in maniera insolita,
ma ho visto quanto siete stati felici nell’ultimo mese.» Mi prende le mani e le stringe.
«E poi, ormai è troppo tardi» aggiunge con
un ampio sorriso.
Ridacchio. Si può sempre contare su Kate
per le ovvietà. Mi attira in un abbraccio
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speciale alla Katherine Kavanagh. «Ana, andrà tutto bene, vedrai. E se lui ti torce anche
solo un capello, dovrà vedersela con me.»
Lasciandomi andare, sorride a qualcuno alle
mie spalle.
«Ciao, piccola.» Christian mi coglie di sorpresa e mi bacia su una tempia. «Kate» la saluta. La tratta ancora con freddezza anche se
sono passate sei settimane.
«Ciao di nuovo, Christian. Sto andando a
cercare il tuo testimone, che guarda caso è
anche il mio fidanzato.» Ci sorride e si dirige
verso Elliot che sta bevendo insieme a Ethan,
il fratello di Kate, e al nostro amico José.
«È ora di andare» sussurra Christian.
«Di già? È la prima festa in cui non m’importa di essere al centro dell’attenzione.» Mi
giro per guardarlo negli occhi.
«Te lo meriti. Sei uno schianto,
Anastasia.»
«Anche tu.»
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«Quest’abito meraviglioso è perfetto per
te.»
«Questo?» Arrossisco timida e tiro il pizzo
finissimo del vestito da sposa, un modello
semplice, aderente, disegnato per me dalla
madre di Kate. Mi piace che il pizzo sia appena sotto le spalle: pudico, eppure intrigante, spero.
Lui si china e mi bacia. «Andiamo. Non
voglio condividerti con tutta questa gente un
minuto di più.»
«Possiamo
andarcene
dal
nostro
matrimonio?»
«Piccola, è la nostra festa e possiamo fare
quello che vogliamo. Abbiamo tagliato la
torta. E adesso vorrei che ce la filassimo, così
potrò averti tutta per me.»
Faccio una risatina. «Mi avrai per tutta la
vita, Mr Grey.»
«Sono felicissimo di sentirtelo dire, Mrs
Grey.»
«Oh, eccovi qua, piccioncini!»
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Gemo in silenzio… La madre di Grace ci ha
trovati.
«Christian, tesoro… un ballo con tua
nonna?»
Christian arriccia le labbra. «Certo,
nonna.»
«E tu, bellissima Anastasia, vai a far felice
un vecchio… Balla con Theo.»
«Theo, Mrs Trevelyan?»
«Nonno Trevelyan. E penso che tu possa
chiamarmi nonna. Ora, bisogna che vi mettiate d’impegno per i miei bisnipoti. Non vivrò
molto a lungo.» Ci rivolge un sorriso
affettato.
Christian sbatte le palpebre in segno di
raccapriccio. «Andiamo, nonna» dice, prendendole bruscamente la mano e guidandola
verso la pista da ballo. Si gira a guardarmi,
quasi immusonito, e alza gli occhi al cielo. «A
più tardi, piccola.»
Mentre mi dirigo verso nonno Trevelyan,
mi si avvicina José. «Non ti chiederò un altro
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ballo. Credo di aver monopolizzato già
troppo del tuo tempo sulla pista… Sono felice
che tu sia felice, Ana. Ci sarò… se mai avessi
bisogno.»
«Grazie, José. Sei un vero amico.»
«Dico sul serio.» I suoi occhi scuri brillano
sinceri.
«Lo so. Grazie di nuovo. Adesso, se vuoi
scusarmi… ho appuntamento con un vecchio
signore… Il nonno di Christian» chiarisco.
Sorride. «Buona fortuna, Ana. Buona fortuna per tutto.»
«Grazie.»
Dopo aver ballato con il nonno di Christian, rimango a guardare il sole che tramonta
su Seattle, stendendo sulla baia pennellate di
arancio brillante e acquamarina.
«Andiamo» mi sollecita Christian.
«Devo cambiarmi.» Lo prendo per mano
con l’intenzione di portarlo con me dentro
casa e poi al piano di sopra. Lui aggrotta la
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fronte, senza capire, e mi trattiene
gentilmente.
«Se non sbaglio, volevi essere l’unico a
togliermi questo vestito» ricordo. Gli si illuminano gli occhi.
«Esatto.» Mi lancia uno sguardo lascivo.
«Ma non ho intenzione di svestirti qui. Non
ce ne andremo finché… non so…» Agita la
mano libera senza finire la frase, anche se il
significato è chiarissimo.
Arrossisco e gli lascio la mano.
«E non scioglierti nemmeno i capelli» sussurra minaccioso.
«Ma…»
«Niente ma, Anastasia. Sei bellissima. E
voglio essere l’unico a toglierti i vestiti di
dosso.» Aggrotto le sopracciglia.
«Metti in una borsa i vestiti per il viaggio»
ordina. «Ti serviranno. Taylor ha preso la valigia grande.»
«Okay.» Che cos’ha in mente? Non mi ha
detto dove andiamo. In realtà, credo che
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nessuno lo sappia. Né Mia né Kate sono riuscite a cavargli una parola. Mi giro verso mia
madre e Kate, che indugiano appena più in
là.
«Non mi cambio.»
«Cosa?» dice mia madre.
«Christian non vuole.» Mi stringo nelle
spalle come se questo spiegasse tutto. Lei si
incupisce per un istante.
«Non hai promesso di obbedire» mi ricorda con tatto. Kate cerca di mascherare lo
sbuffo di disapprovazione con un colpo di
tosse. La guardo con gli occhi socchiusi. Né
lei né mia madre hanno la minima idea della
lite che ho avuto con Christian su questa faccenda. Non ho alcuna intenzione di riaccendere quella discussione. Il solo ricordo mi
impensierisce.
«Lo so, mamma, ma gli piace questo
vestito e voglio accontentarlo.»
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La sua espressione si ammorbidisce. Kate
alza gli occhi al cielo e si allontana con discrezione per lasciarci sole.
«Sei adorabile, tesoro.» Mia madre mi tira
affettuosamente una lunga ciocca di capelli
sfuggita all’acconciatura e mi sfiora il mento.
«Sono così orgogliosa di te. Farai di Christian un uomo felice.» Mi attira a sé e mi abbraccia. «Non riesco a credere quanto sembri adulta in questo momento. Stai per iniziare una nuova vita… Ricordati solo che gli
uomini vengono da un altro pianeta, e andrà
tutto bene.»
“Christian viene da un altro universo… se
soltanto lei sapesse.”
«Grazie, mamma.»
Ray ci raggiunge, sorridendoci con affetto.
«Hai fatto una bambina bellissima, Carla»
dice, gli occhi pieni d’orgoglio. È così elegante con lo smoking nero e il panciotto rosa
pallido. Sento che sto per piangere. Oh, no…
finora sono riuscita a non farlo.
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«E tu l’hai tenuta d’occhio e l’hai aiutata a
diventare grande, Ray.» La voce di Carla è
venata di malinconia.
«E l’ho amata ogni minuto. Sei una sposa
meravigliosa, Annie.» Ray mi sistema la
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Oh, papà…» Soffoco un singhiozzo e lui
mi abbraccia nel suo modo sbrigativo e goffo.
«Sarai anche una moglie meravigliosa»
mormora. Quando mi lascia andare, Christian è di nuovo al mio fianco. Ray gli stringe la
mano. «Prenditi cura di mia figlia,
Christian.»
«È proprio quello che intendo fare, Ray.
Carla.» Rivolge uno sguardo d’intesa al mio
patrigno e bacia mia madre.
Il resto degli ospiti ha formato un grande
arco di braccia sollevate sotto cui dovremo
passare per arrivare alla casa.
«Pronta?» dice Christian.
«Sì.»
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Tenendomi per mano mi conduce sotto
l’arco, mentre gli invitati urlano “Buona fortuna” e “Congratulazioni”, sotto una pioggia
di riso. Grace e Carrick ci aspettano in fondo.
Ci baciano e abbracciano. Grace si commuove di nuovo quando li salutiamo
frettolosamente.
Taylor ci aspetta per portarci via sul SUV
Audi. Mentre Christian mi tiene aperta la
portiera, mi volto e lancio il bouquet di rose
bianche e rosa alla folla di giovani donne che
si è stretta intorno a noi. È Mia a prenderlo e
a sventolarlo trionfante, con un sorriso
radioso.
Mentre salgo leggera nel SUV compiacendomi dell’audace presa di Mia, Christian
si china per raccogliere l’orlo del mio vestito.
Poi saluta con la mano gli invitati. Taylor gli
tiene aperta la portiera. «Congratulazioni,
signore.»
«Grazie, Taylor» replica Christian,
sedendosi accanto a me.
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«Fin qui tutto bene, Mrs Grey?»
«Fin qui tutto meraviglioso, Mr Grey.
Dove andiamo?»
«All’aeroporto» dice, con un sorriso da
sfinge.
“Mmh… Che cos’ha in mente?”
Inaspettatamente Taylor non si dirige al
terminal delle partenze ma attraversa un accesso di sicurezza e va direttamente sulla
pista. Poi lo vedo… il jet di Christian: GREY
ENTERPRISES HOLDINGS INC. scritto in lettere
azzurre sulla fusoliera.
«Non dirmi che stai di nuovo abusando dei
beni aziendali!»
«Oh, spero proprio di sì, Anastasia» sorride Christian.
Taylor si ferma ai piedi della scaletta e
salta giù dall’Audi per aprire la portiera a
Christian. Parlano un attimo, poi Christian
apre la mia portiera… e invece di farsi da
parte per lasciarmi scendere si china e mi
prende in braccio.
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“Ehi!” «Che cosa stai facendo?» strillo.
«Ti porto oltre la soglia» dice.
«Ah.» “Non doveva essere la soglia di
casa?”
Mi porta senza sforzo su per la scaletta, e
Taylor lo segue con la mia valigia piccola. La
lascia appena oltre il portellone e poi torna
all’Audi. In cabina riconosco Stephan, il pilota di Christian, con l’uniforme.
«Benvenuto a bordo, Mr Grey.» Fa un ampio sorriso.
Christian mi mette giù e stringe la mano a
Stephan. Accanto al pilota c’è una donna con
i capelli scuri… Quanti anni avrà? Trenta?
Anche lei indossa l’uniforme.
«Congratulazioni a tutti e due» aggiunge
Stephan.
«Grazie, Stephan. Anastasia, tu conosci già
Stephan. È il nostro capitano, oggi, e lei è il
secondo pilota Beighley.»
La donna arrossisce quando Christian la
presenta. Un’altra donna completamente
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soggiogata dal mio troppo-affascinante-peril-suo-stesso-bene marito.
«Piacere di conoscerla» dice con trasporto.
Le rivolgo un sorriso gentile. In fin dei
conti… lui è mio.
«Tutto pronto?» chiede Christian.
L’interno dell’aereo è di legno d’acero
chiaro e pelle color crema. È bellissimo.
Un’altra ragazza in uniforme è in piedi al
capo opposto della cabina… una bruna molto
graziosa.
«Abbiamo il via libera. Il tempo è buono
da qui a Boston.»
“Boston?”
«Turbolenze?»
«Non prima di Boston. C’è una perturbazione sopra Shannon che potrebbe farci ballare un po’.»
“Shannon? Irlanda?”
«Capisco. Bene, spero di dormire per tutto
il viaggio» è la replica concreta di Christian.
“Dormire?”
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«Ci prepariamo al decollo, signore» dice
Stephan. «Vi affidiamo alle mani esperte di
Natalia, l’assistente di volo.» Christian
guarda accigliato nella sua direzione, ma
quando si gira verso Stephan sorride.
«Ottimo» dice. Tenendomi per mano, mi
guida verso una delle sontuose poltroncine di
pelle. In totale devono essercene dodici.
«Accomodati» dice togliendosi la giacca e
slacciandosi il raffinato panciotto di broccato
color argento. Sediamo in due poltroncine
singole sistemate una davanti all’altra e separate da un tavolino lucidissimo.
«Benvenuti a bordo, signore, signora, e
congratulazioni.» Natalia è accanto a noi e ci
offre un calice di champagne rosé.
«Grazie» dice Christian, lei sorride educatamente e si ritira nella cambusa.
«A una felice vita matrimoniale, Anastasia.» Christian alza il suo calice e lo avvicina
al mio per brindare. Lo champagne è
delizioso.
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«Bollinger?» chiedo.
«Sempre quello.»
«La prima volta che l’ho bevuto era servito
nelle tazze da tè.» Sorrido.
«Ricordo bene quel giorno. Quando ti sei
laureata.»
«Dove stiamo andando?» Sono troppo
curiosa.
«Shannon» dice Christian, gli occhi brillanti d’eccitazione. Sembra un ragazzino.
«In Irlanda?» Stiamo andando in Irlanda!
«Per
fare
rifornimento»
aggiunge,
stuzzicandomi.
«E poi?» replico.
Fa un ampio sorriso e scuote la testa.
«Christian!»
«Londra» dice, tentando di sondare la mia
reazione.
Sono senza fiato. “Porca miseria. Pensavo
che saremmo andati a New York o ad Aspen,
o magari ai Caraibi.” Faccio fatica a crederci.
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È da una vita che sogno di visitare l’Inghilterra. Scoppio di felicità.
«Poi Parigi.»
“Cosa?”
«Quindi il Sud della Francia.»
“Wow!”
«So che hai sempre sognato di andare in
Europa» dice dolcemente. «Adesso voglio
che i tuoi sogni diventino realtà, Anastasia.»
«Tu sei il mio sogno diventato realtà,
Christian.»
«Lo stesso vale per te, Mrs Grey» sussurra.
“Oddio…”
«Allacciati la cintura.»
Sorrido e obbedisco.
Quando siamo in volo, Natalia ci serve altro champagne e prepara il nostro banchetto
di nozze. E che banchetto: salmone affumicato, seguito da pernice arrosto con un’insalata verde di fagioli e patate alla dauphinoise,
tutto cucinato e servito dall’efficientissima
assistente.
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«Dessert, Mr Grey?» chiede.
Lui scuote la testa e si passa le dita sul labbro inferiore guardandomi con aria interrogativa, l’espressione seria e indecifrabile.
«No, grazie» mormoro, incapace di staccare gli occhi da lui. Le labbra gli si increspano in un sorriso complice e Natalia si
ritira.
«Bene» sussurra. «Avevo in mente di
prendere… te per dessert.»
“Oh… qui?”
«Vieni» dice, alzandosi e tendendomi la
mano. Mi guida verso il fondo della cabina.
«Qui c’è un bagno.» Indica una porticina,
poi mi conduce lungo un corridoio che termina con una porta più grande.
“Ehi… una camera da letto.” La cabina è
color crema e acero e il piccolo letto a due
piazze è coperto di cuscini grigi e oro. Ha
l’aria di essere molto confortevole.
Christian si volta e mi prende tra le braccia, i suoi occhi nei miei.
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«Ho pensato di passare la nostra prima
notte di nozze a diecimila metri. È una cosa
che non ho mai fatto.»
Un’altra prima volta. Lo guardo sbalordita,
il cuore che batte all’impazzata… Sesso in
aereo. Ne ho sentito parlare.
«Ma prima devo toglierti questo vestito favoloso.» I suoi occhi bruciano d’amore e di
qualcosa di più misterioso, qualcosa che adoro… Mi toglie il fiato.
«Girati.» La voce è bassa, autoritaria e tremendamente sexy. Come riesce a infondere
tante promesse in una sola parola? Faccio
come dice, obbediente, e lui allunga le mani
verso i miei capelli. Toglie le forcine, a una a
una, le sue dita esperte si muovono sicure e
veloci. I capelli mi ricadono a ciocche sulle
spalle, coprendomi la schiena e ondeggiando
sul seno. Cerco di rimanere impassibile, ma
muoio dalla voglia che mi tocchi. Dopo
questa giornata lunga ed estenuante, ma eccitante, lo voglio… voglio tutto di lui.
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«Hai dei capelli bellissimi, Ana.» La sua
bocca è vicina al mio orecchio e io percepisco
il suo respiro, anche se le labbra non mi toccano. Quando ha tolto tutte le forcine, mi
passa le dita tra i capelli, massaggiandomi
dolcemente la testa… “Oh, sì…” Chiudo gli
occhi e mi godo la sensazione. Le sue dita
scivolano verso il basso e lui mi tira indietro
la testa, scoprendomi la gola.
«Sei mia» sussurra, mordicchiandomi il
lobo dell’orecchio.
Gemo.
«Zitta, adesso» mi ammonisce. Mi scosta i
capelli dalle spalle e percorre con un dito la
pelle da una scapola all’altra, seguendo il
bordo di pizzo del mio vestito. Rabbrividisco.
Depone un bacio delicato sul primo bottone
del corpetto.
«Sei così bella» dice mentre slaccia sapientemente il bottone. «Oggi mi hai reso
l’uomo più felice del mondo.» Con infinita
lentezza slaccia anche gli altri bottoni, uno
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dopo l’altro, scendendo lungo la schiena. «Ti
amo così tanto.» Mi bacia, dalla nuca alla
spalla. Tra un bacio e l’altro mormora: «Ti.
Voglio. Così. Tanto. Voglio. Stare. Dentro.
Di. Te. Sei. Mia».
Ciascuna di quelle parole è inebriante.
Chiudo gli occhi e chino la testa per offrirgli
il collo, e cedo a quell’incantesimo che è
Christian Grey, mio marito.
«Sei mia» sussurra di nuovo. Mi fa
scivolare il vestito lungo le braccia, lasciando
che si raccolga ai miei piedi in una nuvola di
seta e pizzo avorio.
«Girati» sussurra, la voce improvvisamente roca. Lo faccio e lui trattiene il
respiro.
Indosso un bustino aderente di satin color
porpora con le giarrettiere, in tinta con le
mutandine di pizzo, e calze di seta bianche.
Christian mi scruta avidamente ma non dice
una parola. Si limita a guardarmi, gli occhi
colmi di desiderio.
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«Ti piace?» sussurro consapevole del
rossore che mi colora le guance.
«Altroché, piccola. Sei uno schianto. Qui.»
Allunga la mano, io la prendo e faccio un
passo avanti, liberandomi del vestito.
«Ferma» mormora, e senza staccare gli occhi dai miei, fa correre il dito medio sopra il
seno, seguendo l’orlo del bustino. Respiro in
fretta, e lui lo rifà, una carezza che mi manda
brividi lungo tutta la schiena. Si ferma e con
l’indice mi fa cenno di girarmi.
In questo momento farei qualsiasi cosa per
lui.
«Ferma» dice di nuovo. Sono rivolta verso
il letto e gli do le spalle. Mi cinge la vita con
le braccia, attirandomi a sé, e strofina il naso
sul mio collo. Prende i seni tra le mani con
delicatezza, passando il pollice intorno ai
capezzoli che diventano turgidi e premono
contro la stoffa del bustino.
«Mia» sussurra.
«Tua» ansimo.
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Abbandonando i miei seni, scende con le
mani sull’addome, sul basso ventre, poi giù
verso le cosce, i pollici a sfiorarmi il pube.
Soffoco un gemito. Le dita scivolano verso le
giarrettiere, che lui sgancia con l’abituale
destrezza. Sento le sue mani circondarmi le
natiche.
«Mia» mormora di nuovo, mentre mi accarezza, le dita che sfregano tra le mie cosce.
«Ah.»
«Ssh.» Con le mani scende lungo la parte
posteriore delle mie gambe e finisce di sganciarmi le calze.
Poi si protende in avanti e scosta il copriletto. «Siediti.»
Faccio come mi dice, completamente soggiogata, e lui si inginocchia ai miei piedi e mi
sfila delicatamente le scarpe Jimmy Choo.
Quindi afferra la sommità della calza sinistra
e la abbassa lentamente, facendo scorrere il
pollice lungo la gamba… “Oddio.” Poi fa lo
stesso con l’altra calza.
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«È come aprire un regalo di Natale.» Mi
sorride da sotto le lunghe ciglia scure.
«Un regalo che avevi già…»
Lui mi guarda con aria di rimprovero.
«Oh, no, piccola. Questa volta è davvero
mio.»
«Christian, sono tua da quando ho detto
sì.» Mi avvicino a lui e prendo tra le mani il
suo adorato viso. «Sono tua. Sarò sempre
tua. Ora, penso che tu sia troppo vestito.» Mi
chino per baciarlo e all’improvviso lui si alza,
mi bacia sulla bocca e mi afferra la testa, passandomi le dita tra i capelli.
«Ana» ansima. «Ana mia.» Cerca di nuovo
la mia bocca, la sua lingua mi esplora,
invitante.
«I vestiti» sussurro. I nostri respiri si fondono mentre gli sfilo il panciotto e lui si
divincola per liberarsene, lasciandomi andare per un momento. Si ferma, mi guarda,
gli occhi che bruciano di desiderio.
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«Lascia fare a me.» La mia voce è dolce,
allettante. Voglio svestire mio marito, il mio
Christian.
Si siede sui talloni, io mi chino e prendo la
cravatta – la sua cravatta argentata, la mia
preferita –, disfo lentamente il nodo e la allento. Lui alza il mento per permettermi di
slacciare il primo bottone della camicia bianca, poi mi dedico ai polsini. Indossa
gemelli di platino su cui sono incise una A e
una C intrecciate, il mio regalo di nozze.
Dopo che li ho sfilati lui li prende e li stringe
nel pugno. Quindi si bacia la mano e li fa
scivolare nella tasca dei pantaloni.
«Mr Grey, che romantico.»
«Per te, Mrs Grey… cuori e fiori. Sempre.»
Gli prendo la mano e bacio la fede di
platino. Lui geme e chiude gli occhi.
«Ana» mormora: il mio nome è una
supplica.
Allungo di nuovo la mano verso i bottoni
della camicia e, mimando i suoi gesti di poco
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prima, lo bacio ogni volta che ne slaccio uno,
mormorando a ogni bacio: «Mi. Rendi. Così.
Felice. Ti. Amo».
Lui geme e con un unico, rapido movimento, mi afferra per la vita e mi fa sdraiare
sul letto, poi è sopra di me. Cerca la mia
bocca, mi afferra la testa, mi tiene ferma
mentre le nostre lingue si saziano l’una
dell’altra. D’un tratto si mette in ginocchio,
lasciandomi senza fiato e piena di desiderio.
«Sei così bella…» Corre con le mani lungo
le gambe e mi afferra il piede sinistro. «Hai
delle gambe stupende. Voglio baciarle centimetro dopo centimetro. Cominciando da
qui.» Preme la bocca sul mio alluce e lo
mordicchia. Sono scossa da brividi di piacere
dalla vita in giù. Passa la lingua sul collo del
piede, e mi sfiora con i denti il calcagno, poi
la caviglia. Continua a baciarmi lungo la
parte interna del polpaccio; sono baci umidi,
delicati. Mi inarco sotto di lui.
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«Ferma, Mrs Grey» mi avverte, e all’improvviso mi volta a pancia in giù e continua a
baciarmi: le gambe, le cosce, le natiche, poi
s’interrompe. Gemo.
«Ti prego…»
«Ti voglio nuda» sussurra e slaccia lentamente il bustino, un gancetto alla volta, lasciandolo giacere sotto di me. La sua lingua
scorre lungo la mia spina dorsale.
«Christian, ti prego.»
«Che cosa vuoi, Mrs Grey?» La voce s’insinua nel mio orecchio. È sopra di me… Lo
sento, duro contro le natiche.
«Te.»
«E io voglio te, amore mio, sei la mia
vita…» sussurra e, prima che possa rendermene conto, mi fa girare di nuovo sulla schiena. Si alza in fretta e con un solo movimento si sbarazza dei pantaloni e dei boxer,
rimanendo splendidamente nudo, imponente e pronto sopra di me. La piccola cabina
dell’aereo scompare davanti alla sua bellezza
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mozzafiato, al suo desiderio e al suo bisogno
di me. Si china e mi sfila le mutandine, poi
mi guarda.
“Mia” mima con le labbra.
«Ti prego…» lo supplico e lui si schiude in
un ampio sorriso… un sorriso lascivo, malizioso, tentatore, in perfetto stile Mr Cinquanta Sfumature.
Arretra carponi sul letto e mi bacia la
gamba destra… finché non arriva all’attaccatura delle cosce. Me le allarga.
«Ah…» mormora, poi la sua bocca è su di
me. Chiudo gli occhi, mi abbandono alla sua
lingua esperta. Lo afferro per i capelli e
muovo il bacino, schiava del suo ritmo, poi
mi inarco sul letto. Mi afferra per i fianchi
per tenermi ferma, ma non interrompe
quella deliziosa tortura. Ci sono quasi, ci
sono quasi…
«Christian» gemo.
«Non ancora» ansima e mi bacia
l’ombelico, esplorandolo con la lingua.
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«No!» “Maledizione!” Percepisco il suo
sorriso sul mio ventre, mentre lui continua a
risalire.
«Sei così impaziente, Mrs Grey. Abbiamo
tempo fino all’Isola di smeraldo.» Mi bacia i
seni e stuzzica con le labbra un capezzolo.
Alza la testa per guardarmi, gli occhi cupi
come una tempesta tropicale.
“Oddio… L’avevo dimenticato. L’Europa.”
«Christian, ti voglio. Ti prego.»
Torreggia sopra di me, il suo corpo sul
mio, appoggiato ai gomiti. Sfrega il suo naso
contro il mio e io scendo con le mani lungo la
sua schiena snella e muscolosa, fino al
sedere, meraviglioso.
«Mrs Grey… Il nostro scopo è il piacere.»
Mi sfiora con le labbra. «Ti amo.»
«Ti amo anch’io.»
«Occhi aperti. Voglio vederti.»
«Christian… ah…» gemo, mentre affonda
dentro di me.
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«Ana, oh, Ana»
muoversi.
ansima
e inizia
a
«Che cosa diavolo pensi di fare così?» urla
Christian, svegliandomi dal mio sogno
meraviglioso. È in piedi, bagnato e splendido, accanto alla mia sdraio e mi guarda
furioso.
Che cos’ho fatto? “Oh, no… sono sdraiata
sulla schiena… Merda, merda, merda… E lui
è arrabbiato. Davvero arrabbiato.”
2
Di colpo sono sveglissima, il mio sogno erotico dimenticato.
«Ero sdraiata a pancia in giù. Devo essermi girata nel sonno» sussurro debolmente
in mia difesa.
I suoi occhi sprizzano lampi di rabbia. Si
allunga, afferra il reggiseno del bikini dalla
sdraio e me lo getta addosso.
«Rimettitelo!» sibila.
«Christian, non ci sta guardando
nessuno.»
«Fidati. Stanno guardando. Sono sicuro
che Taylor e gli uomini della scorta si stanno
godendo lo spettacolo!» ringhia.
“Accidenti!” Perché continuo a dimenticarmi di loro? Mi copro il seno in preda al panico. Da quando Charlie Tango è stato
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sabotato, la dannata sicurezza ci sta continuamente con gli occhi addosso.
«Sì!» dice Christian, rabbioso. «E qualche
fottuto paparazzo avrebbe potuto farti un
bello scatto. Vuoi finire sulla copertina di
“Star”? Nuda?»
“Merda! I paparazzi!” Mentre mi affanno a
rimettermi il reggiseno, armeggiando freneticamente, impallidisco. Sono percorsa da un
brivido. Mi torna in mente lo sgradevole ricordo dell’assedio dei paparazzi fuori dalla
SIP dopo che era trapelata la notizia del nostro fidanzamento… tutto compreso nel pacchetto Christian Grey.
«L’addition!» dice seccamente Christian
alla cameriera. «Ce ne andiamo» ordina,
rivolto a me.
«Adesso?»
«Adesso.»
Si rimette i jeans, con il costume ancora
gocciolante, e si infila una T-shirt grigia. La
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cameriera è di ritorno con la sua carta di
credito e la ricevuta.
Riluttante, mi infilo il prendisole turchese
e indosso le infradito. Appena la cameriera
se n’è andata, Christian prende il libro e il
BlackBerry e nasconde la furia dietro un paio
di occhiali da sole a specchio. È il ritratto
della tensione e della rabbia. Tutte le altre in
spiaggia sono in topless… Non vedo lo scandalo. In effetti sono io a sembrare strana, con
il pezzo di sopra del costume. Sospiro.
Pensavo che Christian avrebbe colto il lato
divertente… Forse se fossi rimasta a pancia
in giù… ma il suo senso dell’umorismo è
scomparso.
«Ti prego, non essere arrabbiato» mormoro, prendendogli il libro e il BlackBerry e
infilandoli nel mio zaino.
«Troppo tardi» replica con calma… con
troppa calma. «Andiamo.» Prendendomi per
mano fa un cenno a Taylor e ai suoi due assistenti, gli addetti alla sicurezza francesi
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Philippe e Gaston. Curiosamente, sono due
gemelli identici. Dalla veranda hanno tenuto
d’occhio noi e tutti quelli che stavano sulla
spiaggia. “Perché continuo a dimenticarmi di
loro?” Taylor è impassibile dietro gli occhiali
scuri. Anche lui è arrabbiato con me. Non
sono ancora abituata a vederlo vestito in
modo informale, in pantaloncini e polo nera.
Christian mi fa entrare nell’hotel, attraversiamo la hall e usciamo in strada. Tace, è di
cattivo umore ed è tutta colpa mia. Taylor e i
due francesi ci seguono come ombre.
«Dove stiamo andando?» provo a
chiedere, guardandolo.
«Ritorniamo allo yacht» risponde senza
ricambiare lo sguardo.
Non ho idea di che ore siano. Dovrebbero
essere le cinque o le sei del pomeriggio.
Quando arriviamo al porticciolo turistico,
Christian mi porta verso la banchina dove
sono ormeggiati la lancia a motore e la moto
d’acqua del Fair Lady. Mentre lui scioglie la
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cima della moto, allungo lo zaino a Taylor.
Nervosa, gli lancio un’occhiata ma la sua espressione è come quella di Christian, indecifrabile. Arrossisco, pensando a come mi ha
visto sulla spiaggia.
«Tenga, Mrs Grey.» Taylor mi passa un giubbotto salvagente preso dalla lancia e io lo
indosso. Perché sono l’unica a doverlo
mettere? Christian e Taylor si scambiano
un’occhiata strana. Ehi, è arrabbiato anche
con Taylor? Christian controlla le cinghie del
giubbotto e stringe quella centrale.
«Ecco fatto» borbotta, sempre senza
guardarmi.
Sale agilmente sulla moto e mi tende la
mano. La afferro forte e faccio del mio
meglio per mettermi a cavalcioni del sedile
senza finire in acqua. Taylor e i gemelli prendono posto sulla lancia. Con un calcio Christian si allontana dalla banchina e la moto
ondeggia
lieve
sulla
superficie
del
porticciolo.
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«Tieniti forte» ordina, e gli metto le braccia intorno alla vita. È la parte che preferisco
degli spostamenti con la moto d’acqua. Lo
abbraccio e strofino il naso contro la sua
schiena. Se penso a quando non tollerava che
lo toccassi in questo modo… Ha un buon
odore… di Christian e di mare.
Si irrigidisce. «Partiamo» dice, più dolce.
Gli bacio la schiena e appoggio la guancia
contro di lui, girandomi a guardare il molo
dove alcuni turisti osservano la scena.
Christian gira la chiave e il motore si accende rombando. Con un colpo di acceleratore la moto balza in avanti e acquista velocità sulle acque scure del porto, diretta al
centro della baia dove è ormeggiato il Fair
Lady. Mi stringo più forte a lui. Adoro farlo…
è così eccitante. Mentre aderisco alla sua
schiena, percepisco i suoi muscoli scolpiti.
Taylor viaggia al nostro fianco sul motoscafo. Christian accelera ancora facendo
schizzare in avanti la moto che sferza la
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superficie del mare come un sasso tirato da
mani esperte. Taylor scuote la testa e punta
dritto verso lo yacht, mentre Christian sfreccia oltre il Fair Lady in mare aperto.
Siamo investiti dagli spruzzi, mentre il
vento tiepido mi accarezza le guance e fa
svolazzare la mia coda di cavallo. È così divertente. Forse l’eccitazione di questa corsa
servirà a far scomparire il cattivo umore di
Christian. Non riesco a vederlo in faccia, ma
so che si sta divertendo: per una volta è finalmente spensierato come un ragazzo della sua
età.
Vira tracciando un ampio semicerchio, e io
osservo la costa, le imbarcazioni nel porticciolo, il mosaico di uffici e appartamenti gialli,
bianchi e color sabbia, le montagne scoscese
alle loro spalle. Christian mi lancia
un’occhiata.
«Ancora?» grida per farsi sentire sopra il
rumore della moto.
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Annuisco con entusiasmo. Mi rivolge un
sorriso abbagliante e accelera, girando intorno al Fair Lady per dirigersi di nuovo al
largo… Penso che mi abbia perdonata.
«Hai preso colore» dice con dolcezza Christian, mentre mi toglie il giubbotto salvagente.
Sono ancora tesa, e cerco di capire di che
umore sia. Siamo sul ponte dello yacht e uno
degli steward è in piedi, silenzioso, poco
lontano, in attesa del mio giubbotto. Christian glielo passa.
«È tutto, signore?» chiede il ragazzo.
Adoro quell’accento francese. Christian mi
guarda, si toglie gli occhiali da sole e li infila
nello scollo della T-shirt.
«Vorresti qualcosa da bere?»
«Ne ho bisogno?»
Piega la testa di lato. «Perché lo dici?» La
sua voce è dolce.
«Lo sai perché.»
Aggrotta la fronte, come se stesse riflettendo su qualcosa.
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«Due gin tonic, per favore. E anche noccioline e olive» dice allo steward, che annuisce
prima di scomparire.
«Pensi che stia per punirti?» Il tono è
carezzevole.
«Vuoi farlo?»
«Sì.»
«Come?»
«Ho in mente qualcosa. Forse dopo che
avrai bevuto il tuo drink.» Una minaccia sensuale. Deglutisco.
Christian aggrotta di nuovo la fronte.
«Vuoi essere punita?»
“Come fa a saperlo?” «Dipende» mormoro, avvampando.
«Da cosa?» Cerca di mascherare un
sorriso.
«Se vuoi farmi male davvero oppure no.»
La sua bocca diventa una linea dura, lo
scherzo è finito. Si protende verso di me e mi
dà un bacio sulla fronte.
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«Anastasia, sei mia moglie, non la mia
Sottomessa. Non voglio farti male. Ormai
dovresti saperlo. Solo… solo non toglierti i
vestiti in pubblico. Non voglio vederti nuda
su tutti i tabloid. Nemmeno tu lo vuoi, e sono
sicuro che non lo vorrebbero nemmeno tua
madre, o Ray.»
“Oh, Ray! Accidenti, gli verrebbe un infarto. Che cosa mi è saltato in testa?”
Lo steward ricompare con i nostri drink.
«Siediti» ordina Christian. Obbedisco, accomodandomi su una sedia da regista. Christian prende posto accanto a me e mi passa il
mio gin tonic.
«Alla salute, Mrs Grey.»
«Alla salute, Mr Grey.» Bevo un sorso del
drink, molto gradito. È dissetante, freddo,
delizioso. Quando guardo Christian, lui mi
sta osservando attentamente, con un’espressione indecifrabile. È davvero frustrante…
Non capisco se sia ancora arrabbiato con me.
Ricorro alla mia collaudata tattica diversiva.
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«A chi appartiene questo yacht?» chiedo.
«A un baronetto inglese. Sir “Qualcosa”. Il
suo bisnonno aveva una drogheria. Sua figlia
ha sposato uno dei principi ereditari
d’Europa.»
“Oh.” «Superricco?»
Di colpo Christian assume un’espressione
guardinga. «Sì.»
«Come te» mormoro.
«Sì. E come te» sussurra Christian mettendosi in bocca un’oliva. La visione di lui con
indosso lo smoking e il panciotto color argento mi attraversa la mente… I suoi occhi
pieni di sincerità durante la cerimonia
nuziale.
«Tutto ciò che è mio adesso è tuo» dice, la
voce chiara mentre recita la promessa a
memoria.
“Tutto mio?” «È strano. Dal niente a…»
faccio un gesto per indicare il lusso da cui
siamo circondati «… a tutto.»
«Ti ci abituerai.»
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«Non credo che ci riuscirò mai.»
Sul ponte compare Taylor. «Una chiamata,
signore.» Christian si incupisce, ma si alza e
prende il BlackBerry.
«Grey» risponde dirigendosi verso la prua
dello yacht.
Guardo il mare, senza ascoltare la sua conversazione con Ros – almeno credo che sia
lei –, la sua vice. Sono ricca… sfondata. Non
ho fatto niente per guadagnarmelo… ho solo
sposato un uomo ricco. Rabbrividisco
ripensando alla discussione sull’accordo prematrimoniale. Era la domenica dopo il compleanno di Christian ed eravamo seduti in
cucina a fare colazione… C’eravamo tutti. Elliot, Kate, Grace e io parlavamo dei pregi del
bacon rispetto alla salsiccia, mentre Carrick e
Christian leggevano il giornale della
domenica…
«Guardate un po’ qua» esclama Mia appoggiando il suo netbook sul tavolo di fronte a
noi. «Sul sito Nooz di Seattle c’è un
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pettegolezzo
sul
tuo
fidanzamento,
Christian.»
«Di già?» dice Grace, sorpresa. Poi arriccia
le labbra come se le fosse appena venuto in
mente qualcosa di sgradevole. Christian si
incupisce.
Mia legge il pezzo ad alta voce: «“Ci è giunta notizia che lo scapolo più ambito di
Seattle, quel Christian Grey, sia finalmente
impegnato e che si parli di nozze. Ma chi è la
fortunatissima signora? La caccia è aperta.
Scommettiamo che in questo momento è impegnata a leggere un infernale accordo
prematrimoniale”».
Mia ridacchia, ma s’interrompe quando
Christian le lancia un’occhiataccia. Cade il silenzio e nella cucina dei Grey l’atmosfera si
fa gelida.
“Un accordo prematrimoniale?!” Il pensiero non mi ha mai sfiorata. Deglutisco, sentendomi impallidire. Vorrei sprofondare.
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Guardo Christian che si agita sulla sedia, a
disagio.
“No” mima lui con le labbra verso di me.
«Christian» comincia Carrick in tono
gentile.
«Non intendo discuterne di nuovo» ribatte
seccamente Christian. Suo padre mi guarda,
vorrebbe replicare…
«Nessun accordo prematrimoniale!» alza
la voce Christian, prima di tornare a immergersi nella lettura del giornale, ignorando
tutti i presenti. Lanciano un’occhiata prima a
me, poi a lui… dopodiché distolgono lo
sguardo.
«Christian» mormoro «firmerò qualunque
cosa tu e Mr Grey vogliate.» Be’, non sarebbe
la prima volta che mi fa firmare qualcosa.
Lui alza lo sguardo e mi fa un’occhiataccia.
«No!» scatta. Sbianco.
«È per tutelarti.»
«Christian, Ana… credo sia meglio che ne
discutiate in privato» ci ammonisce Grace.
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Fulmina con lo sguardo Carrick e Mia. Oddio, a quanto pare sono nei guai anche loro.
«Ana, tu non c’entri» mormora Carrick in
tono rassicurante. «E per favore, chiamami
Carrick.»
Christian fissa il padre con uno sguardo
gelido, e io mi sento mancare. “Porca miseria… è arrabbiato sul serio.”
A un certo punto si mettono a parlare tutti
insieme. Mia e Kate, invece, balzano in piedi
e cominciano a sparecchiare.
«Io preferisco decisamente la salsiccia!»
esclama Elliot.
Mi fisso le mani intrecciate. Spero che i
genitori di Christian non pensino che io sia
una specie di cacciatrice di dote. Christian si
protende verso di me e mi attira a sé con un
gesto tenero.
«Smettila.»
Come fa a sapere a cosa sto pensando?
«Ignora mio padre» aggiunge, in modo
che solo io possa sentirlo. «È ancora
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incazzato per la storia di Elena. Ce l’ha con
me. Vorrei che mia madre avesse tenuto la
bocca chiusa.»
So che a Christian brucia ancora la “chiacchierata” avuta con il padre ieri sera riguardo
a Elena.
«Ma ha ragione. Tu sei ricchissimo,
mentre io non possiedo altro che i debiti del
prestito studentesco.»
Christian mi fissa, incupito. «Anastasia, se
mi lasci, puoi anche prenderti tutto. Mi hai
già lasciato una volta.»
“Accidenti!” «Era diverso» sussurro, commossa dall’intensità dei suoi sentimenti.
«Ma… potresti essere tu a volermi lasciare.»
Il solo pensiero mi fa star male.
Lui sbuffa e scuote la testa, fingendosi
indignato.
«Christian, sai che potrei fare qualcosa di
molto stupido… e tu…» Abbasso lo sguardo
sulle mani, trafitta dal dolore e incapace di
finire la frase. Perdere Christian…
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«Basta. Adesso smettila. L’argomento è
chiuso, Ana. Non ho intenzione di discuterne
ancora. Niente accordo prematrimoniale. Né
ora né mai.» Mi lancia un’occhiata eloquente, che mi zittisce. Poi si gira verso
Grace. «Mamma» dice «possiamo sposarci
qui?»
E non è più tornato sull’argomento. Anzi,
non ha perso occasione di rassicurarmi sul
fatto che la sua ricchezza è anche mia. Rabbrividisco al ricordo della folle maratona di
shopping che Christian mi ha chiesto di fare
insieme a Caroline Acton, la personal shopper del negozio Neiman Marcus, in vista del
matrimonio. Solo il bikini è costato cinquecentoquaranta dollari. Voglio dire… è carino,
non si discute, ma è una somma pazzesca per
quattro triangoli di stoffa.
«Ti ci abituerai.» Christian interrompe le
mie fantasticherie tornando a sedersi accanto a me.
«Mi ci abituerò?»
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«Al denaro» dice, alzando gli occhi al cielo.
“Oh, Christian, forse con il tempo.” Spingo
verso di lui il piattino di mandorle salate e
anacardi.
«I suoi stuzzichini, signore» dico con l’espressione più imperturbabile del mondo,
tentando di alleggerire l’atmosfera dopo i
miei pensieri cupi e la gaffe del costume.
Lui sorride. «Sei tu il mio stuzzichino.»
Prende una mandorla, negli occhi un malizioso lampo di divertimento per la battuta. Si
lecca le labbra. «Bevi. Andiamo a letto» mi
dice, lo sguardo torbido.
“Quegli sguardi potrebbero causare da soli
il riscaldamento globale del pianeta.” Bevo
d’un fiato. Lui schiude le labbra lasciando intravedere la punta della lingua tra i denti, poi
mi rivolge un sorriso lascivo. Con un unico
movimento fluido si alza e si curva su di me,
appoggiando le mani sui braccioli della mia
sedia.
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«Sto per darti una lezione. Vieni. Non fare
la pipì» mi sussurra nell’orecchio.
Trattengo il fiato. “Non fare la pipì?” Il
mio subconscio, allarmato, alza lo sguardo
dal primo volume delle opere complete di
Charles Dickens che sta leggendo.
«Non è quello che pensi.» Christian mi
tende la mano. «Fidati.» Ha l’aria così sexy e
serena. Come faccio a resistergli?
«Okay.» Gli prendo la mano perché, semplicemente, mi fido di lui. Che cos’ha in
mente? Il mio cuore accelera i battiti,
pregustando la sorpresa.
Mi guida lungo il ponte. Entriamo nello
sfarzoso salone principale, quindi attraverso
uno stretto corridoio raggiungiamo la sala da
pranzo e scendiamo le scale diretti alla cabina principale. È una stanza magnifica, con
due oblò sia a babordo sia a tribordo, è
arredata con eleganti mobili in noce scuro e
ha le pareti color crema e gli arredi rossi e
oro.
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Christian mi lascia la mano, si sfila la Tshirt e la getta su una sedia. Scalcia via le infradito e si toglie i jeans e il costume da
bagno. È assolutamente splendido, ed è mio.
Ha la pelle luminosa, ha preso colore anche
lui, e i capelli gli sono cresciuti in un ciuffo
che gli ricade sulla fronte. Sono una ragazza
molto fortunata.
Mi afferra il mento per impedirmi di mordermi il labbro e fa scorrere il pollice sul mio
labbro inferiore.
«Così va meglio.» Si volta e va verso il
grande armadio in cui tiene i vestiti, tirando
fuori dal cassetto più basso due paia di
manette di metallo e una mascherina per gli
occhi.
“Manette di metallo! Non abbiamo mai usato manette di questo tipo.” Lancio una rapida occhiata al letto. Sono nervosa. “Dove
diavolo pensa di attaccarle?” Lui si gira e mi
fissa, calmo, gli occhi scuri e luminosi.
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«Possono fare parecchio male. Se tiri
troppo, ti si conficcano nella carne.» Alza un
paio di manette per mostrarmele. «Però adesso ho davvero voglia di usarle.»
“Porca miseria!” Deglutisco a fatica.
«Ecco.» Mi si avvicina con decisione e me
ne porge un paio. «Vuoi provarle, prima?»
Sono pesanti, fredde. Distrattamente mi
auguro di non dovermi mai ritrovare ammanettata per motivi più seri.
«Dove sono le chiavi?» La mia voce è
incerta.
Lui apre il palmo rivelando una minuscola
chiave di metallo. «Questa va bene per entrambe. In realtà, funziona per tutte le
manette.»
“Ma quante ne ha?” Non ricordo di aver
visto niente del genere nel cassettone della
sua stanza dei giochi.
Mi percorre la guancia con l’indice fino
alla bocca. Si protende come se volesse
baciarmi.
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«Vuoi giocare?» dice, con la voce bassa. La
metà inferiore del mio corpo è percorsa da
un’ondata di calore, mentre avverto una fitta
di desiderio nel basso ventre.
«Sì» ansimo.
Lui sorride. «Bene. Ci servirà una
safeword.»
“Cosa?”
«“Basta” non va bene perché magari lo
dirai, ma non sul serio.» Sfrega il naso contro il mio… l’unico contatto tra noi.
Inizia a battermi forte il cuore. Come riesce a farmi questo soltanto con le parole?
«Non farà male. Sarà solo intenso. Molto
intenso, perché ho intenzione di non permettere che tu ti muova. Okay?»
Suona così erotico… Respiro rumorosamente. “Accidenti, sto già ansimando.” Grazie al cielo sono sposata con
quest’uomo,
altrimenti
sarebbe
imbarazzante.
Il mio sguardo si posa sulla sua erezione.
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«Okay» dico, la voce a malapena udibile.
«Scegli una parola, Ana. Una safeword»
dice dolcemente.
«Ghiacciolo» dico ansimando.
«Ghiacciolo?» ripete, divertito.
«Sì.»
Mi sorride, mentre si scosta per guardarmi. «Scelta interessante. Alza le braccia.»
Obbedisco, e Christian prende l’orlo del
mio prendisole, me lo sfila dalla testa e lo
getta sul pavimento. Stende la mano e io gli
restituisco le manette. Le mette sul comodino insieme alla mascherina e tira indietro il copriletto, lasciandolo cadere per
terra.
«Girati.»
Mi volto e lui slaccia il reggiseno del costume, che finisce ai miei piedi.
«Domani te lo cucio addosso, questo»
mormora. Poi toglie l’elastico che mi trattiene i capelli, sciogliendoli. Li raccoglie in
una mano e li strattona con delicatezza,
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tirandomi a sé. Contro il suo petto. Contro la
sua erezione. Ansimo mentre mi fa piegare la
testa di lato per baciarmi il collo.
«Sei stata molto disobbediente» mi sussurra nell’orecchio, facendomi rabbrividire
di piacere.
«Sì» mormoro.
«Mmh. E come facciamo, adesso?»
«Ce ne faremo una ragione» sussurro. I
suoi baci languidi mi fanno impazzire. Sorride appoggiandomi la bocca sul collo.
«Ah, Mrs Grey. Sei la solita ottimista.»
Si raddrizza. Mi divide i capelli in tre ciocche, li intreccia e li ferma all’estremità con
l’elastico. Mi tira gentilmente la treccia e mi
sussurra: «Sto per darti una lezione».
Con una mossa mi afferra per la vita, si
siede sul letto e mi sistema sulle sue ginocchia a pancia in giù. Sento la sua erezione
premermi contro lo stomaco. Mi colpisce le
natiche. Grido, poi mi ritrovo sdraiata di
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schiena sul letto mentre mi guarda, gli occhi
grigi come piombo fuso. Mi sento bruciare.
«Lo sai quanto sei bella?» Mi percorre una
coscia con le dita facendomi fremere… dappertutto. Senza staccare gli occhi dai miei, si
allunga per prendere le manette dal comodino. Mi afferra la gamba sinistra e fa
scattare una delle manette intorno alla caviglia. Poi mi solleva la gamba destra e fa la
stessa cosa, così a ogni caviglia è agganciato
un paio di manette. Ancora non ho idea di
dove intenda fissarle.
«Mettiti seduta» ordina e io obbedisco.
«Abbracciati le ginocchia.»
Sollevo le gambe, piegandole, poi le circondo con le braccia. Lui si abbassa, mi solleva il mento e mi dà un lieve bacio sulle labbra prima di farmi scivolare la mascherina
sugli occhi. Non vedo niente, sento solo il
mio respiro accelerato e lo sciabordio del
mare contro le pareti dello yacht che beccheggia dolcemente.
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“Oddio. Sono già così eccitata…”
«Qual è la safeword, Anastasia?»
«Ghiacciolo.»
«Bene.» Mi prende la mano sinistra e fa
scattare una delle manette intorno al polso,
poi fa lo stesso con la destra. Il braccio sinistro è legato alla gamba sinistra e il destro alla
destra. Non posso allungare le gambe.
«Adesso» ansima Christian «voglio
proprio scoparti fino a farti urlare.»
“Cosa?” Rimango completamente senza
fiato.
Mi afferra per i talloni e mi spinge al
centro del letto. Non posso far altro che
tenere le gambe piegate. Le manette stringono quando le distendo. Ha ragione… il
metallo mi si conficca nella carne quasi dolorosamente… È una sensazione strana:
legata e impotente, su una barca. Mi allarga
le gambe afferrandomi per le caviglie e strappandomi un gemito.
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Mi bacia l’interno delle cosce e io vorrei inarcarmi verso di lui, ma non ci riesco. Non
ho alcuna possibilità di muovere il bacino.
Ho i piedi sospesi in aria.
«Devi assaporare tutto il piacere, Anastasia. Senza muoverti» mormora risalendo con
la bocca sul mio corpo, baciandomi lungo
l’orlo delle mutandine del bikini. Tira i laccetti e il costume cade sul letto. Adesso sono
nuda, alla sua mercé. Mi bacia la pancia,
stuzzicandomi l’ombelico con i denti.
«Ah…» sospiro. Sarà dura… Mi bacia
lievemente e mi mordicchia risalendo fino al
seno.
«Ssh» mi blandisce. «Sei così bella, Ana.»
Gemo, frustrata. Normalmente inarcherei i
fianchi, rispondendo alle sue carezze con il
mio ritmo, ma non posso fare movimenti. Mi
lamento, strattonando le manette. Il metallo
affonda nella carne.
«Ahi!» grido. Lui non si scompone, come
aveva detto.
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«Mi fai impazzire» sussurra. «Così adesso
sarò io a far impazzire te.» Adesso è sopra di
me, appoggiato ai gomiti, e rivolge la sua attenzione al mio seno. Mordicchia, lecca, mi
stringe i capezzoli tra l’indice e il pollice, facendomi morire. Non si ferma. È sconvolgente. “Oh. Ti prego.” La sua erezione preme
contro di me.
«Christian» lo supplico e percepisco sul
suo viso un sorriso trionfante.
«Che dici, ti faccio venire così?» mormora
con la bocca su un mio capezzolo, facendolo
diventare ancora più turgido. «Sai che se
voglio…» Mi succhia con forza e io urlo di piacere. Strattono le manette, travolta da
questa sensazione.
«Sì…» gemo.
«Oh, piccola, troppo facile.»
«… ti prego.»
«Ssh.» Mi sfiora il mento con i denti
mentre risale con le labbra verso la mia
bocca, e io sussulto. Mi bacia. Mi infila in
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bocca la lingua esperta, assaporando, esplorando, dominando, ma io rispondo alla sfida
intrecciando la mia lingua alla sua. Sa di gin
freddo e di Christian Grey, e profuma di
mare. Mi afferra il mento, tenendomi la
testa.
«Ferma, piccola, voglio che tu stia ferma»
mormora.
«Voglio vederti.»
«No, Ana. Sentirai di più così.» E con insopportabile lentezza inarca il bacino e si
spinge dentro di me. Di solito mi sollevo per
andargli incontro, ma non riesco. Si ritrae da
me.
«Ah! Christian, ti prego!»
«Ancora?» mi stuzzica, la voce roca.
«Christian!»
Mi penetra di nuovo, poi si tira indietro,
baciandomi e strizzandomi i capezzoli. È un
piacere insopportabile.
«No!»
«Mi vuoi, Anastasia?»
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«Sì» lo supplico.
«Dimmelo» sussurra, il respiro accelerato.
Dentro… e fuori.
«Ti voglio» gemo. «Ti prego.»
«Mi avrai, Anastasia.»
Si ritrae e mi penetra di nuovo velocemente. Grido, gettando indietro la testa e
strattonando le manette mentre lui raggiunge il punto giusto… Sono inondata dalle
sensazioni… Un’agonia dolcissima, e non riesco a muovermi.
«Perché mi sfidi, Ana?»
«Christian, basta…»
Si muove dentro di me, ignorando la mia
supplica, ritraendosi lentamente e poi penetrandomi di nuovo con forza.
«Dimmelo. Perché?» sibila, e io sono vagamente consapevole che lo dice a denti stretti.
Grido, un gemito incoerente… È troppo.
«Dimmelo.»
«Christian…»
«Ana, ho bisogno di saperlo.»
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Mi penetra ancora, affondando dentro di
me, e il piacere cresce… La sensazione è così
intensa: mi sommerge levandosi dalle viscere
e diffondendosi in ogni parte del corpo, fino
alle manette di metallo che mi tengono
schiava.
«Non lo so!» grido. «Perché posso! Perché
ti amo! Ti prego, Christian.»
Geme forte e si spinge in fondo, ripetutamente, e poi di nuovo, e io mi perdo nel piacere. Mi esplode nel cervello… nel corpo…
Vorrei allungare le gambe, trattenere l’orgasmo, ma non posso… sono impotente.
Sono sua, semplicemente sua, perché mi usi
come vuole… Mi vengono le lacrime agli occhi. È troppo intenso. Non posso fermarlo.
Non voglio fermarlo… voglio… voglio… oh,
no… no… è troppo…
«Ecco» grugnisce Christian. «Sentilo,
piccola!»
L’orgasmo mi squassa divampando come
un incendio, consumando ogni cosa. Sono
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completamente svuotata, le lacrime mi solcano le guance… Il corpo pulsa, trema.
Christian si mette in ginocchio, ancora
dentro di me, e mi tira sopra di lui. Con una
mano mi afferra la testa, con l’altra mi tiene
la schiena e viene con violenza, mentre io
sono ancora percorsa dalle contrazioni
dell’orgasmo. È spossante, estenuante, è l’inferno… È il paradiso.
Christian mi strappa la mascherina e mi
bacia via le lacrime, stringendomi il viso tra
le mani.
«Ti amo, Mrs Grey» mormora. «Anche se
mi fai arrabbiare da morire, mi fai sentire
così vivo.» Non ho la forza di aprire gli occhi
né di muovere la bocca per rispondere. Con
estrema delicatezza mi adagia sul letto ed
esce da me.
Sussurro una protesta inarticolata. Lui
scende dal letto e apre le manette. Quando
sono libera, mi strofina delicatamente i polsi
e le caviglie, poi si sdraia accanto a me,
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prendendomi tra le braccia. Allungo le
gambe. Oddio, che sensazione meravigliosa.
Mi sento bene. È stato l’orgasmo più intenso
che abbia mai avuto. “Mmh… una scopata
punitiva alla Christian Grey.”
Dovrei davvero comportarmi male più
spesso.
Mi sveglio avvertendo una pressione alla vescica. Quando apro gli occhi sono disorientata. Fuori è buio. “Dove sono?” Londra?
Parigi? Oh… lo yacht. Lo sento rollare e beccheggiare, e avverto il basso ronzio dei motori. Ci stiamo muovendo. “Che strano.”
Christian è accanto a me e lavora al suo portatile; indossa una camicia bianca di lino e
pantaloni cachi ed è a piedi nudi. Ha i capelli
umidi e io sento l’odore di bagnoschiuma
della doccia appena fatta e il suo caratteristico profumo… “Mmh.”
«Ciao» mormora guardandomi, gli occhi
pieni di affetto.
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«Ciao.» Sorrido, improvvisamente intimidita. «Quanto tempo ho dormito?»
«Un’oretta o giù di lì.»
«Ci stiamo muovendo?»
«Visto che ieri sera abbiamo mangiato
fuori e siamo andati al balletto e poi al casinò, pensavo che oggi potremmo cenare a
bordo. Una tranquilla serata à deux.»
Gli rivolgo un sorriso luminoso. «Dove stiamo andando?»
«Cannes.»
«Okay.» Mi stiro, sentendo i muscoli irrigiditi. Nessun allenamento con Claude
avrebbe potuto prepararmi a un pomeriggio
come questo.
Mi alzo con cautela: ho bisogno di andare
in bagno. Prendo la mia vestaglia di seta e
me la infilo in fretta. Perché sono così
pudica? Sento gli occhi di Christian su di me.
Quando lo guardo, lui torna al computer, la
fronte aggrottata.
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Mentre mi lavo distrattamente le mani
nella toilette, la vestaglia si apre. Mi fisso
nello specchio, e resto scioccata.
“Merda! Che cosa mi ha fatto?”
3
Fisso con orrore i segni rossi che mi ricoprono il seno. Ho dei succhiotti! Sono
sposata con uno dei più rispettati uomini
d’affari degli Stati Uniti e lui mi ha fatto dei
succhiotti! Com’è che non me ne sono accorta? Il fatto è che so esattamente perché:
Mr Orgasmo stava usando le sue raffinate
abilità erotiche su di me.
Guardo a bocca aperta la mia immagine
nello specchio. Intorno a ciascun polso c’è un
segno rosso lasciato dalle manette. Diventerà
senz’altro un livido. Mi esamino le caviglie:
un altro segno. Mi guardo di nuovo tentando
di fare i conti con il mio aspetto. In questi
giorni il mio corpo è così diverso. È cambiato
sottilmente da quando conosco Christian…
Sono diventata più magra e muscolosa, ho i
capelli lucenti e tagliati in modo impeccabile.
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Mi hanno fatto la manicure e la pedicure, le
sopracciglia sono sfoltite e disegnate in un
arco perfetto. Per la prima volta nella mia
vita sono curatissima… tranne questi
spaventosi segni dell’amore.
Non voglio pensare a darmi una sistemata,
non ora. Sono troppo arrabbiata. Come osa
marchiarmi in questo modo, come uno stupido adolescente?! Da quando stiamo insieme non mi aveva mai fatto dei succhiotti.
Ho un aspetto orribile. “Maledetto maniaco
del controllo. Giusto!” La mia vocina interiore non si tiene: questa volta è andato decisamente oltre. Esco dal bagno ed entro nella
cabina armadio, evitando di guardare nella
direzione di Christian. Mi tolgo la vestaglia e
mi infilo i pantaloni della tuta e un top. Disfo
la treccia, prendo una spazzola e mi pettino i
capelli.
«Anastasia» chiama Christian e io percepisco la nota d’ansia. «Tutto bene?»
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Lo ignoro. “No, non va tutto bene.” Dopo
quello che mi ha fatto, dubito che potrò indossare un costume per il resto della nostra
luna di miele, per non dire del bikini assurdamente costoso. Di colpo questo pensiero
mi fa infuriare. Glielo do io il suo “Tutto
bene?”. Fremo di rabbia. Anch’io posso comportarmi come un’adolescente! Torno in
camera e gli lancio addosso la spazzola, mi
giro e me ne vado… non prima di aver visto
la sua espressione e il movimento fulmineo
con cui ha sollevato le braccia per proteggersi la testa; la spazzola lo colpisce sull’avambraccio e cade sul letto senza fargli niente.
Mi precipito fuori dalla nostra stanza,
salgo a razzo i gradini ed esco sul ponte, dirigendomi a prua. Ho bisogno di prendere una
boccata d’aria per calmarmi. È buio e la
serata è tiepida. Il vento caldo porta l’odore
del Mediterraneo e un sentore di gelsomino e
buganvillea dalla costa. Il Fair Lady scivola
morbidamente sul mare blu cobalto mentre
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io appoggio i gomiti sulla battagliola di
legno, guardando la costa lontana dove brillano minuscole luci ammiccanti. Faccio un
respiro profondo e comincio lentamente a
calmarmi. Percepisco la sua presenza alle
mie spalle prima di udire la sua voce.
«Sei arrabbiata con me» sussurra.
«Indovinato, Sherlock!»
«Quanto arrabbiata?»
«In una scala da uno a dieci, cinquanta.»
«Così
tanto
arrabbiata?»
Sembra
impressionato.
«Sì. Tanto da diventare violenta» rispondo
a denti stretti.
Lui rimane in silenzio mentre io mi volto e
gli lancio un’occhiataccia. Mi guarda con gli
occhi sgranati e guardinghi. È completamente spiazzato, lo capisco dalla sua espressione e dal fatto che non fa alcun tentativo di
toccarmi.
«Christian, devi smetterla di cercare di
costringermi a obbedirti. Avevi spiegato il
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tuo punto di vista sulla spiaggia. Molto efficacemente, a quanto ricordo.»
Si stringe nelle spalle. «Be’, non voglio che
tu ti metta di nuovo in topless» mormora in
tono stizzito.
E questo giustifica quello che mi ha fatto?
Lo guardo male. «Non mi piace che mi lasci
dei segni. Be’, non così tanti, comunque. È
un limite assoluto!» sibilo.
«E a me non piace che tu ti tolga i vestiti in
pubblico. Questo è un limite assoluto per
me» ringhia.
«Credevo che fossimo d’accordo» dico con
furia trattenuta. «Guardami!» Abbasso il top
per fargli vedere la parte superiore del seno.
Christian mi fissa, l’espressione cauta e incerta. Non è abituato a vedermi così arrabbiata. Non capisce quello che mi ha fatto? Non
si rende conto di quanto è assurdo? Vorrei
gridargli contro, ma mi trattengo… non
voglio provocarlo troppo. Dio solo sa come
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potrebbe reagire. Alla fine, sospira e alza le
mani in un gesto rassegnato di conciliazione.
«Okay» dice in tono più calmo. «Ho
capito.»
«Bene!»
Si passa una mano tra i capelli. «Mi dispiace. Ti prego, non essere arrabbiata con me.»
Finalmente ha l’aria contrita, mentre ripete
le parole che io avevo rivolto a lui.
«A volte ti comporti proprio come un adolescente» lo rimprovero caparbia, ma la
rabbia è ormai scomparsa dalla mia voce, e
lui lo sa. Si avvicina e solleva con fare esitante una mano per rimettermi a posto una
ciocca di capelli.
«Lo so» ammette con dolcezza. «Devo imparare un sacco di cose.»
Mi vengono in mente le parole del dottor
Flynn: “Dal punto di vista emotivo Christian
è un adolescente, Ana. Ha totalmente bypassato quella fase della sua vita. Ha incanalato
tutte le sue energie nel successo sul lavoro, e
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l’ha ottenuto al di là di tutte le aspettative. Il
suo universo emotivo deve essere ridefinito”.
Mi ammorbidisco un po’.
«Tutti e due dobbiamo imparare un sacco
di cose.» Sospiro e sollevo cautamente una
mano, appoggiandogliela sul cuore. Non indietreggia come al solito, però si irrigidisce.
Posa la sua mano sulla mia e fa un sorriso
timido.
«Ho appena imparato che hai una buona
mira, Mrs Grey. Non me lo sarei mai immaginato, ma del resto continuo a sottovalutarti. Mi sorprendi sempre.»
«Esercitazioni con Ray. Sono in grado di
lanciare e sparare con precisione, Mr Grey, e
faresti meglio a tenerlo a mente.»
«Sarò costretto a farlo, Mrs Grey, oppure
ad assicurarmi che qualunque oggetto
utilizzabile come un proiettile sia inchiodato
e che tu non abbia accesso a un’arma.»
«Sono una donna piena di risorse.»
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«Lo sei» sussurra. Mi stringe a sé e nasconde il viso tra i miei capelli. Lo abbraccio a
mia volta, sentendo svanire la tensione
mentre lui mi strofina il naso sul collo.
«Perdonato?»
«E io?»
Percepisco il suo sorriso. «Sì» risponde.
«Idem.»
Rimaniamo abbracciati, il mio risentimento è svanito. Adolescente o no, ha un
buon odore. Come posso resistergli?
«Fame?» dice dopo un po’.
«Sì. Una fame da lupi. Tutta quella…
ehm… attività mi ha fatto venire appetito.
Ma non sono vestita nel modo adatto.» Sono
sicura che in sala da pranzo non approverebbero i pantaloni della tuta e il top.
«Vai benissimo per me, Anastasia. Inoltre,
per questa settimana lo yacht è nostro. Possiamo vestirci come ci pare. Abbigliamento
informale per un martedì sulla Costa
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Azzurra. Pensavo che potremmo mangiare
sul ponte.»
«Sì, mi piacerebbe.»
Mi bacia – un casto bacio da richiesta di
perdono – poi ci dirigiamo verso il tavolo
dove ci aspetta il gazpacho.
Lo steward ci serve la crème brûlée e si ritira
con discrezione.
«Perché mi fai sempre la treccia?» chiedo
a Christian curiosa. Siamo seduti vicini a tavola, il mio polpaccio intrecciato al suo. Si
ferma con il cucchiaino a mezz’aria.
«Non voglio che ti si impiglino i capelli da
qualche parte» dice, e per un momento sembra perso nei suoi pensieri. «Un’abitudine,
credo» riflette ad alta voce. All’improvviso si
incupisce e sbarra gli occhi, le pupille
dilatate dalla paura.
“Che cosa ha pensato?” È qualcosa di doloroso, un ricordo d’infanzia, suppongo. Non
voglio che ci si soffermi. Mi protendo verso
di lui e gli metto un dito sulle labbra.
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«Non importa. Non ho bisogno di saperlo.
La mia era semplice curiosità.» Gli sorrido
con affetto, rassicurante. Ha un’espressione
diffidente ma dopo un attimo si rilassa, sollevato. Mi avvicino a lui e gli bacio l’angolo
della bocca.
«Ti amo» mormoro e lui mi rivolge un sorriso che mi spezza il cuore. Mi intenerisco.
«Ti amerò sempre, Christian.»
«E io amerò te» dice con dolcezza.
«Anche se sono disobbediente?» inarco un
sopracciglio.
«Proprio perché sei disobbediente,
Anastasia» risponde.
Rompo la croccante sfoglia di zucchero
caramellato che ricopre il mio dessert e
scuoto la testa. Capirò mai quest’uomo?
Mmh… la crème brûlée è deliziosa.
Dopo che lo steward ha portato via i piatti
del dessert, Christian prende la bottiglia di
rosé e riempie il mio bicchiere. Mi accerto
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che non ci sia nessuno e chiedo: «Che cos’era
quella storia di non fare la pipì?».
«Vuoi saperlo davvero?» Fa un mezzo sorriso, gli occhi illuminati da un lampo lascivo.
«Dovrei?» Bevo un sorso di vino.
«Più hai la vescica piena, più l’orgasmo è
intenso, Ana.»
Arrossisco. «Capisco.» “Questo spiega un
sacco di cose.”
Lui sogghigna, con l’aria di chi la sa troppo
lunga. Rimarrò sempre un passo indietro
rispetto a Mr Supersesso?
«Sì. Be’…» Mi guardo intorno disperata
alla ricerca di un appiglio per cambiare discorso. Lui ha pietà di me.
«Che cosa vuoi fare, adesso?» Piega la
testa di lato e mi rivolge il suo sorrisetto.
“Qualunque cosa tu voglia, Christian.
Sperimentare di nuovo la tua teoria?” Mi
stringo nelle spalle.
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«Io so che cosa voglio fare» mormora.
Prende il bicchiere di vino, si alza e mi tende
la mano. «Vieni.»
Prendo la sua mano e lui mi porta nel
salone principale.
Il suo iPod è collegato all’amplificatore sul
cassettone. Lo accende e seleziona una canzone. «Balla con me» mi chiede.
«Se insisti.»
«Insisto, Mrs Grey.»
Nell’aria si diffonde una musica provocante. È un ritmo latino? Christian mi
rivolge un sorriso luminoso e inizia a
muoversi, trascinandomi con sé per il salone.
A cantare è un uomo dalla voce che sembra caramello fuso. È una canzone che conosco, ma che non riesco a identificare. Christian mi fa piegare in un casqué. Ridacchio. Lui
è divertito. Poi mi solleva e mi fa passare
sotto il suo braccio.
«Balli così bene» dico. «È come se sapessi
ballare anch’io.»
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Mi fa un sorriso enigmatico ma non dice
niente, e io mi chiedo se non stia pensando a
lei… a Mrs Robinson, la donna che gli ha insegnato a ballare, e a scopare. Christian non
l’ha più nominata dal giorno del suo compleanno, e per quanto ne so il loro rapporto
d’affari è finito. Sebbene con riluttanza, devo
ammetterlo: è stata un’insegnante coi
fiocchi.
Mi fa piegare in un altro casqué e mi bacia.
«Il tuo amore mi è mancato» mormoro,
riecheggiando la canzone.
«Il tuo amore mi è molto più che mancato» ribatte lui e mi fa volteggiare ancora
una volta. Poi mi canta nell’orecchio le parole della canzone mandandomi in estasi.
La musica finisce e Christian mi guarda,
gli occhi senza più traccia di umorismo, e di
colpo rimango senza fiato.
«Vieni a letto con me?» sussurra, una supplica sincera che mi arriva dritta al cuore.
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“Christian, mi hai avuta… due ore e mezzo
fa.” Ma so che è il suo modo di scusarsi e di
essere sicuro che tra noi vada tutto bene
dopo la litigata.
Quando mi sveglio, il sole splende attraverso
gli oblò e il riflesso dell’acqua proietta motivi
scintillanti sul soffitto della cabina. Christian
non c’è. Mi stiracchio e sorrido. “Mmh…
Dovrei farmi tutti i giorni una scopata punitiva seguita da una bella seduta di sesso rappacificatore.” È come andare a letto con due
uomini diversi: il Christian arrabbiato e il
Christian tenero e devoto. È difficile stabilire
quale mi piace di più.
Vado in bagno. Aprendo la porta, trovo
Christian che si sta facendo la barba: è nudo,
eccetto un asciugamano sui fianchi. Si gira e
mi fa un sorriso radioso, nient’affatto turbato
da quell’interruzione. Ho scoperto che Christian non chiude la porta se è da solo in una
stanza… Un comportamento che fa pensare,
ma che non ho voglia di approfondire.
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«Buongiorno, Mrs Grey» dice, raggiante.
«Buongiorno a te.» Gli sorrido mentre lo
guardo radersi. Adoro farlo. Piega indietro la
testa e fa scorrere il rasoio sotto il mento,
con passaggi deliberatamente lunghi, e io mi
trovo a ripetere inconsapevolmente i suoi
gesti, abbassando il labbro superiore proprio
come fa lui per radersi il solco sotto il naso.
Si volta e mi rivolge un sorriso malizioso,
metà della faccia ancora ricoperta di schiuma
da barba.
«Ti piace lo spettacolo?»
“Oh, Christian, potrei guardarti per ore.”
«Uno dei miei preferiti in assoluto» mormoro e lui si protende per darmi un rapido
bacio, sporcandomi la faccia di schiuma.
«Dovrei fartelo di nuovo?» mormora malizioso, mostrandomi il rasoio.
Arriccio le labbra. «No» borbotto, fingendo di mettere il muso. «La prossima volta
mi faccio la ceretta.» Ripenso al godimento
di Christian a Londra quando aveva scoperto
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che mi ero rasata i peli del pube per curiosità. Ovviamente non l’avevo fatto secondo gli
elevati standard di Mr Precisino…
«Che diavolo hai fatto?» esclama Christian.
Non riesce a mascherare l’aria divertita e inorridita al tempo stesso. Si tira su a sedere
sul letto della nostra suite, accende l’abatjour e mi fissa, meravigliato. Dev’essere
mezzanotte. Divento del colore delle lenzuola
della stanza dei giochi e cerco di tirarmi giù
la camicia da notte di satin. Mi afferra la
mano per impedirmelo.
«Ana!»
«Io… ehm… rasata.»
«Questo lo vedo da solo. Perché?» Ha un
sorriso da un orecchio all’altro.
Mi nascondo la faccia tra le mani. Perché
sono così imbarazzata?
«Ehi» dice con dolcezza e mi scosta le
mani dal viso. «Non nasconderti.» Si morde
un labbro per non scoppiare a ridere.
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«Dimmelo. Perché?» Gli leggo l’ilarità negli
occhi. Perché lo trova così divertente?
«Smettila di ridere di me.»
«Non sto ridendo di te. Mi dispiace.
Sono… deliziato.»
«Oh…»
«Dimmelo: perché?»
Respiro a fondo. «Questa mattina, dopo
che sei uscito, ho fatto una doccia e mi sono
ricordata di tutte le tue regole.»
Lui sbatte le palpebre. Dal suo volto è
scomparsa ogni traccia di divertimento e adesso mi guarda con circospezione.
«Le ho spuntate a una a una, chiedendomi
che cosa provavo, così mi sono ricordata del
salone di bellezza e ho pensato… questo ti piacerebbe. Non ho avuto il coraggio di farmi
fare la ceretta.» La mia voce si spegne in un
sussurro.
Mi fissa, gli occhi ardenti… Questa volta
non brillano per l’ilarità suscitata dalla mia
idea, ma sono pieni d’amore.
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«Oh, Ana» sussurra. Si china verso di me e
mi bacia con tenerezza. «Mi incanti» sussurra contro la mia bocca e mi bacia di
nuovo, prendendomi la faccia tra le mani.
Dopo un momento si scosta e si appoggia
su un gomito. È di nuovo divertito. «Penso
che dovrei fare un’accurata ispezione del tuo
lavoro, Mrs Grey.»
«Cosa? No.» “Sta scherzando!” Mi copro,
proteggendo
la
zona
recentemente
“disboscata”.
«Oh, no, non farlo, Anastasia.» Mi blocca
le mani, mentre con un movimento agile si
mette in mezzo alle mie gambe, tenendomi
ferme le braccia. Mi lancia un’occhiata capace di scatenare un incendio, ma prima che
io possa prender fuoco si china e mi sfiora
l’addome con la bocca scendendo verso il pube. Mi dimeno sotto di lui.
«Bene, che cos’abbiamo qui?» Christian
depone un bacio nel punto fino a stamattina
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coperto di peli… poi sfrega il mento ispido
contro di me.
«Ah!» esclamo. “Wow… è sensibile.”
Christian cerca i miei occhi, lo sguardo
pieno di desiderio lascivo. «Penso che tu abbia dimenticato un pezzetto» mormora e tira
delicatamente il ciuffetto di peli.
«Oh… accidenti» borbotto, sperando che
questo metta fine a quell’esame francamente
invadente.
«Ho un’idea.» Balza nudo dal letto e va in
bagno. Torna un attimo dopo con un bicchiere d’acqua, una tazza, il mio rasoio, il suo
pennello da barba, la schiuma e un asciugamano. Mette tutto, tranne l’asciugamano, sul comodino.
Il mio subconscio chiude di colpo il libro di
Dickens, si alza dalla sedia e si mette le mani
sui fianchi.
«No. No. No» squittisco.
«Mrs Grey, se si fa un lavoro, tanto vale
farlo bene. Solleva il bacino.» Nei suoi occhi
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risplende il grigio luminoso di un temporale
estivo.
«Christian. Non vorrai radermi!»
Piega la testa di lato. «E perché no?»
Arrossisco… Non è ovvio? «Perché… è
troppo…»
«Intimo?» sussurra. «Ana, io desidero ardentemente l’intimità con te, lo sai. Inoltre,
dopo tutto quello che abbiamo fatto, non
metterti a fare la ragazzetta con me. Conosco
questa parte del tuo corpo meglio di quanto
la conosca tu.»
Rimango a bocca aperta. “Arrogante… Be’,
è vero, la conosce meglio di me…” «È
sbagliato, ecco!» piagnucolo.
«No, non è sbagliato… è eccitante.»
«Ti eccita?» Non riesco a fare a meno di
sembrare stupita.
Sbuffa. «Tu che dici?» Lancia un’occhiata
alla sua erezione. «Voglio raderti» sussurra.
Mi sdraio sulla schiena coprendomi il viso
con le braccia. «Se ti rende felice, Christian,
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fa’ pure. Sei così strano» borbotto, sollevando il bacino perché lui metta sotto l’asciugamano. Mi bacia l’interno della coscia.
«Oh, piccola, hai ragione da vendere.»
Sento il rumore dell’acqua mentre immerge il pennello nel bicchiere, quindi il
fruscio della schiuma nella tazza. Mi prende
la caviglia sinistra e mi allarga le gambe. Il
letto si abbassa quando si siede vicino a me.
«Mi piacerebbe davvero legarti, adesso»
mormora.
«Prometto di rimanere immobile.»
«Bene.»
Sussulto quando mi passa il pennello sul
monte di Venere. È caldo. L’acqua nel bicchiere dev’essere bollente. Mi muovo leggermente. Pizzica… ma in maniera piacevole.
«Non muoverti» mi ammonisce Christian,
ripassando il pennello «oppure dovrò legarti» aggiunge minaccioso, e un brivido di
piacere mi percorre la spina dorsale.
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«L’avevi già fatto?» chiedo esitante,
quando lui allunga la mano verso il rasoio.
«No.»
«Oh, bene» sorrido.
«Un’altra prima volta, Mrs Grey.»
«Mmh. Adoro le prime volte.»
«Anch’io. Ci siamo.» Con una delicatezza
che mi stupisce, passa il rasoio sulla pelle
sensibile. «Stai ferma» dice in tono distratto:
è concentrato su quel che sta facendo.
È una questione di pochi minuti, poi lui
prende l’asciugamano e toglie i residui di
schiuma.
«Ecco fatto… così va meglio» riflette a
voce alta, e finalmente io mi scopro il viso
per guardarlo mentre ammira l’opera
terminata.
«Contento?» chiedo, la voce roca.
«Molto.» Sorride malizioso e infila un dito
dentro di me.
«Però è stato divertente» dice, lo sguardo
canzonatorio.
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«Per te, forse» cerco di ribattere, ma ha ragione: è stato… eccitante.
«Mi pare di ricordare che il seguito sia
stato molto soddisfacente.» Christian riprende a radersi. Abbasso lo sguardo sulle mie
mani. Sì, lo è stato. Non avevo idea che l’assenza di peli pubici potesse fare tanta
differenza.
«Ehi, ti sto solo prendendo in giro. Non è
questo che fa un marito perdutamente innamorato di sua moglie?» Christian mi solleva il mento e mi guarda negli occhi, lo
sguardo
improvvisamente
preoccupato
mentre si sforza di decifrare la mia
espressione.
“Mmh… è il momento di fargliela pagare.”
«Siediti» borbotto.
Lui mi fissa, senza capire. Lo spingo verso
lo sgabello bianco del bagno. Perplesso, si
siede, e io gli prendo il rasoio.
«Ana» mi avverte quando capisce le mie
intenzioni. Mi chino e lo bacio.
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«Testa indietro» sussurro.
Esita.
«Occhio per occhio, Mr Grey.»
Mi guarda con divertita, guardinga incredulità. «Sai quello che fai?» chiede, con la
voce bassa. Scuoto la testa lentamente, deliberatamente, cercando di sembrare il più seria
possibile. Lui chiude gli occhi e sospira, poi
piega la testa all’indietro in segno di resa.
“Oh, porca miseria, mi permette di
raderlo.” Con una certa esitazione, gli infilo
le dita tra i capelli umidi della fronte, afferrandoli per tenerlo fermo. Lui chiude gli occhi e apre lievemente le labbra inspirando.
Passo delicatamente il rasoio dal collo al
mento, scoprendo una striscia di pelle sotto
la schiuma da barba. Christian espira.
«Pensavi che ti avrei fatto male?»
«Non so mai quello che farai, Ana, ma
no… non intenzionalmente, almeno.»
Gli passo di nuovo il rasoio sul collo, ampliando la striscia.
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«Non ti farei mai del male intenzionalmente, Christian.»
Lui apre gli occhi e mi circonda con le
braccia, mentre io gli passo delicatamente il
rasoio sulla guancia sotto la basetta.
«Lo so» dice, inclinando la testa in modo
che io possa radergli il resto della guancia.
Due passate di rasoio e ho finito.
«Fatto, senza una goccia di sangue.» Sorrido orgogliosa.
Lui mi fa scorrere una mano sulla gamba
facendomi risalire la camicia da notte sulle
cosce e mi prende in grembo, così adesso
sono a cavalcioni su di lui. Mi reggo appoggiandomi alle sue braccia. È davvero
muscoloso.
«Posso portarti da qualche parte?»
«Niente abbronzatura?» gli domando,
caustica.
Si passa la lingua sulle labbra. «Niente abbronzatura, oggi. Pensavo che avresti
preferito fare qualcos’altro.»
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«Be’, visto che mi hai coperta di succhiotti,
impedendomi di fatto di mettermi in costume, certo, perché no?»
Sceglie saggiamente di ignorare il mio
tono. «Richiede un tragitto in macchina, ma
da quel che ho letto vale la pena andarci. Mio
padre mi ha raccomandato di visitarlo. È un
paese arroccato su una collina che si chiama
Saint-Paul de Vence. Ci sono anche alcune
gallerie d’arte. Pensavo che potremmo comprare qualche quadro o magari una scultura
per la nuova casa, se troviamo qualcosa che
ci piace.»
“Accidenti!” Mi scosto da lui e lo guardo.
“Arte… vuole comprare opere d’arte. Come
faccio?”
«Che cosa c’è?» chiede.
«Non capisco niente di arte, Christian.»
Lui si stringe nelle spalle e mi sorride con
indulgenza. «Compreremo solo quello che ci
piace. Non si tratta di fare un investimento.»
“Investimento? Addirittura.”
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«Che cosa c’è?» chiede di nuovo. «Senti,
so che i disegni dell’architetto sono arrivati
solo l’altroieri ma… non c’è niente di male a
dare un’occhiata, e la cittadina è antica.»
Ah, l’architetto. Doveva proprio ricordarmi
quella donna… Gia Matteo, un’amica di Elliot che ha lavorato alla casa di Christian ad
Aspen. Durante i nostri incontri è stata addosso a Christian come una zecca.
«Che cosa c’è adesso?!» esclama Christian.
Scuoto la testa. «Dimmelo» mi sollecita.
“Come faccio a dirgli che Gia non mi piace? La mia antipatia è irrazionale. Non
voglio fare la moglie gelosa.”
«Non sarai ancora arrabbiata per quello
che ho fatto ieri?» Sospira e mi nasconde la
faccia tra i seni.
«No, ho fame» mormoro, sapendo bene
che questo lo distrarrà dalle sue domande.
«Perché non l’hai detto prima?» Mi mette
giù e si alza.
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Saint-Paul de Vence è uno dei posti più pittoreschi che io abbia mai visto. Passeggio con
Christian nelle strette vie acciottolate, con la
mano infilata nella tasca posteriore dei suoi
pantaloncini. Taylor e Gaston – o forse è
Philippe, non riesco a distinguerli – ci
seguono. Oltrepassiamo una piazza ombreggiata dagli alberi dove tre uomini – uno dei
quali con il tradizionale basco, nonostante il
caldo – giocano a bocce. È pieno di turisti,
ma io mi sento confortevolmente protetta accanto a Christian. C’è così tanto da vedere:
vicoli e passaggi che portano a cortili con
complicate fontane di pietra, sculture antiche
e moderne, piccole boutique e negozietti
affascinanti.
Nella prima galleria d’arte Christian
guarda distrattamente le fotografie erotiche
davanti a noi, mordicchiando la stanghetta
dei suoi occhiali da sole. Sono opere di
Florence D’elle: donne nude in diverse pose.
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«Non sono proprio quello che avevo in
mente» borbotto in tono di disapprovazione.
Mi fanno pensare alla scatola di fotografie
che ho trovato nella sua cabina armadio… la
nostra cabina armadio. Mi chiedo se le abbia
davvero distrutte.
«Nemmeno io» dice Christian, rivolgendomi un ampio sorriso. Mi prende per mano
e ci avviamo verso l’artista successivo. Mi
chiedo oziosamente se dovrei permettergli di
farmi delle foto.
L’esposizione successiva è di una pittrice
specializzata in nature morte dipinte in
colori splendidi e vivaci.
«Mi piacciono quelli» dico indicando tre
quadri con peperoni. «Mi ricordano la volta
in cui hai tagliato le verdure nel mio appartamento.» Ridacchio. Christian fa una smorfia
mentre tenta senza successo di nascondere la
sua ilarità.
«Pensavo di aver fatto un lavoro professionale» borbotta. «Un po’ lento, forse, e
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comunque» mi stringe in un abbraccio «mi
stavi distraendo. Dove vorresti metterli?»
«Cosa?»
Christian mi sfiora l’orecchio con la bocca.
«I quadri… dove vorresti metterli?» Mi
mordicchia il lobo e io avverto la familiare
sensazione nel basso ventre.
«In cucina» mormoro.
«Mmh. Ottima idea, Mrs Grey.»
Stringo gli occhi per guardare quanto costano. Cinquemila euro l’uno. “Però!”
«Sono carissimi!» dico senza fiato.
«E allora?» Mi sfiora di nuovo l’orecchio.
«Abituati, Ana.» Mi lascia andare e si avvicina lentamente al banco dove una donna
vestita di bianco lo fissa a bocca aperta. Vorrei alzare gli occhi al cielo, ma riporto l’attenzione sui dipinti. Cinquemila euro…
Accidenti.
Abbiamo finito di pranzare e ci stiamo rilassando con un caffè all’Hotel Le Saint Paul. Il
panorama sulla campagna circostante è
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sbalorditivo. Vigne e campi di girasoli formano un patchwork che ricopre la pianura e
sono inframmezzati qua e là da piccole e
linde fattorie. È una giornata limpida e bellissima e lo sguardo spazia fino al mare, che
luccica debolmente all’orizzonte. Christian
interrompe le mie fantasticherie.
«Mi hai chiesto perché ti faccio la treccia»
mormora. Il tono mi mette in allarme. Ha
l’espressione… colpevole.
«Sì.» “Oh, merda.”
«La puttana drogata mi lasciava giocare
con i suoi capelli, credo. Non so se è un ricordo o un sogno.»
“Caspita! La madre biologica.”
Mi fissa, l’espressione indecifrabile. Il
cuore mi balza in gola. Che cosa replico
quando mi racconta cose del genere?
«Mi piace che tu giochi con i miei capelli»
dico esitante.
Mi guarda incerto. «Davvero?»
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«Sì.» È la verità. Gli prendo la mano.
«Credo che tu amassi tua madre, Christian.»
Mi guarda impassibile, senza parlare.
“Mi sono spinta troppo in là? Di’ qualcosa,
Christian… ti prego.” Rimane muto, fissandomi con i suoi impenetrabili occhi grigi,
mentre il silenzio tra noi si dilata. Sembra
perso.
«Di’ qualcosa» sussurro, perché non riesco
più a sopportare il silenzio. Lui scuote la
testa, espirando con forza.
«Andiamo.» Sottrae la mano alla mia
stretta e si alza con un’espressione
guardinga. Ho passato il segno? Non ne ho
idea. Sento un tuffo al cuore e non so se aggiungere qualcos’altro o lasciar perdere. Decido di lasciar perdere e lo seguo obbediente
fuori dal ristorante.
Nella pittoresca stradina lui mi prende per
mano.
«Dove vuoi andare?»
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“Ha parlato! Non è arrabbiato con me…”
Sospiro, sollevata. «Sono solo felice che mi
parli ancora.»
«Sai che non mi piace discutere di tutto
quello schifo. È storia passata. Finita» dice
tranquillamente.
“No che non lo è, Christian.” Il pensiero mi
rattrista e per la prima volta mi chiedo se
sarà mai finita davvero. Lui sarà sempre Mr
Cinquanta Sfumature. Voglio che cambi? No,
non sul serio… Desidero solo che si senta
amato. Lo guardo di sottecchi, prendendomi
un momento per ammirare la sua seducente
bellezza… Lui è mio. E non è solo il fascino
del suo viso stupendo e del suo corpo perfetto ad ammaliarmi. È ciò che sta dietro ad
attirarmi, a tenermi avvinta… La sua anima
fragile, ferita.
Mi lancia quel suo sguardo obliquo, metà
divertito e metà circospetto, sexy da morire,
poi mi abbraccia e ci incamminiamo in
mezzo ai turisti verso il posto dove Philippe/
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Gaston ha parcheggiato la grossa Mercedes.
Tengo una mano infilata nella tasca posteriore dei pantaloncini di Christian, ringraziando il cielo che non sia arrabbiato. Ma, insomma, quale bambino di quattro anni non
ama la propria mamma, a prescindere da
quanto lei sia una cattiva madre? Mi stringo
più forte a lui. So che gli uomini della
sicurezza ci seguono con discrezione e mi
chiedo pigramente se abbiano mangiato.
Christian si ferma davanti a una piccola
boutique che vende gioielli meravigliosi e osserva la vetrina, poi si gira a guardarmi. Mi
afferra la mano libera e passa il pollice sul
segno lasciato dalle manette, ormai di un
rosso sbiadito.
«Non fa male» lo rassicuro. Lui mi fa
togliere l’altra mano dalla sua tasca posteriore. La prende e la gira delicatamente per osservare il polso. L’Omega di platino che mi
ha regalato a colazione, nella nostra prima
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mattina a Londra, nasconde il segno rosso.
La dedica mi fa ancora andare in estasi.
Anastasia
sei la cosa più importante,
il mio amore, la mia vita.
Christian
Nonostante tutto, a dispetto delle sue cinquanta sfumature, mio marito sa essere così
romantico. Guardo i segni sbiaditi sul mio
polso... E poi, qualche volta, può essere così
selvaggio. Mi lascia andare la mano, mi solleva il mento e scruta la mia espressione, lo
sguardo turbato.
«Non fanno male» ripeto. Si porta la mia
mano alle labbra e depone un bacio di scuse
all’interno del polso.
«Vieni» dice e mi guida dentro il negozio.
«Ecco.» Christian tiene in mano il braccialetto di platino che ha appena comprato. È
stupendo, con una finissima lavorazione in
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filigrana di fiori stilizzati e piccoli diamanti
al centro. Me lo allaccia al polso. È simile a
un polsino, e nasconde i segni rossi. “E costa
circa trentamila euro” penso, anche se non
sono riuscita a seguire del tutto la conversazione in francese con la commessa. Non ho
mai indossato niente di tanto costoso.
«Così va meglio» mormora.
«Meglio?» sussurro, guardando i suoi occhi luminosi, consapevole che la commessa
magra come un chiodo ci fissa con invidia e
disapprovazione.
«Tu sai perché» dice Christian in tono
incerto.
«Non ho bisogno di questo» dico
scuotendo il polso. Il braccialetto cattura la
luce pomeridiana che entra dalla vetrina e i
diamanti proiettano sulle pareti del negozio
piccoli arcobaleni scintillanti.
«Io sì» ribatte lui, con assoluta sincerità.
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Perché? Perché ne ha bisogno? Si sente in
colpa? E per cosa? I segni? Sua madre? Il
fatto che non si fida di me?
«No, non ne hai bisogno, Christian. Mi hai
già dato così tanto. Una luna di miele magica, Londra, Parigi, la Costa Azzurra… e te.
Sono una ragazza molto fortunata» sussurro
e il suo sguardo si addolcisce.
«No, Anastasia, io sono un uomo molto
fortunato.»
«Grazie.» Mi alzo in punta di piedi e gli
metto le braccia al collo, baciandolo… non
per avermi regalato il braccialetto ma per essere mio.
In macchina Christian è pensieroso. Ha lo
sguardo fisso sui campi di girasoli con le corolle piegate e immerse nella luce del sole
pomeridiano. Uno dei gemelli – Gaston, se
non sbaglio – è alla guida e Taylor gli è seduto accanto. Christian sta rimuginando su
qualcosa. Gli prendo la mano, stringendogliela con un gesto rassicurante. Lui mi
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lancia un’occhiata, poi sottrae la mano dalla
mia e mi accarezza un ginocchio. Indosso
una gonna corta a pieghe bianca e blu e una
camicetta senza maniche della stessa tonalità
di blu. Christian esita, e io non so se la sua
mano risalirà lungo la coscia o si abbasserà
sul polpaccio. Ho i sensi all’erta, risvegliati
dal suo tocco delicato, e trattengo il fiato.
“Che cosa sta per fare?” Decide: mi afferra
all’improvviso la caviglia e si mette il mio
piede in grembo. Mi giro per guardarlo in
faccia.
«Voglio anche l’altro.»
Lancio un’occhiata nervosa a Taylor e Gaston, che tengono gli occhi fissi sulla strada,
e gli appoggio in grembo anche l’altro piede.
Lo sguardo impassibile, lui allunga una
mano e preme un pulsante sul bracciolo della
sua portiera. Davanti a noi si alza un sottile
divisorio leggermente oscurato e dieci
secondi dopo siamo soli. Wow… non c’è da
stupirsi che nella parte posteriore di
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quest’auto ci sia così tanto spazio per le
gambe.
«Voglio guardarti le caviglie» spiega Christian tranquillamente. Ha un’espressione ansiosa. I segni delle manette? “Accidenti…
Pensavo che l’argomento fosse chiuso.” Se ci
sono dei segni, sono nascosti dal cinturino
dei sandali. Non mi sembra di averli visti stamattina. Strofina piano il pollice sull’interno
della caviglia, facendomi sussultare. Mentre
slaccia abilmente il cinturino, sulle labbra gli
aleggia un sorriso, che scompare alla vista
dei segni rosso scuro.
«Non fanno male» mormoro. Lui mi
guarda con un’espressione triste, la bocca
una linea sottile. Annuisce come se mi prendesse in parola e io scuoto il piede facendo
cadere il sandalo.
«Ehi. Che cosa ti aspettavi?» gli chiedo
con tenerezza. Lui mi lancia un’occhiata e si
stringe nelle spalle.
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«Non mi aspettavo di sentirmi come mi
sento alla vista di questi segni» dice.
“Oh!” Reticente un minuto prima e aperto
un minuto dopo? “Christian! Come faccio a
starti dietro?”
«E come ti senti?»
Mi lancia uno sguardo cupo. «A disagio»
mormora.
“Oh, no.” Sgancio la cintura di sicurezza e
mi avvicino, lasciandogli i piedi in grembo.
Vorrei sedermi in braccio a lui e stringerlo, e
lo farei se davanti ci fosse solo Taylor. Ma la
presenza di Gaston mi imbarazza, nonostante il divisorio. Se solo fosse più scuro. Gli
prendo le mani.
«Sono i succhiotti la cosa che non mi piace» sussurro. «Tutto il resto… quello che
hai fatto» abbasso la voce a un sussurro «con
le manette mi è piaciuto. Be’, più che
piaciuto. È stato travolgente. Puoi farlo di
nuovo quando vuoi.»
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Si agita sul sedile. «Travolgente?» La mia
dea interiore alza gli occhi stupefatta dal suo
libro di Jackie Collins.
«Sì.» Gli faccio un sorriso radioso. Fletto
le dita dei piedi toccandolo in mezzo alle
gambe dove gli sta venendo duro, e percepisco più che udirlo il suo respiro mozzato,
le labbra che si schiudono.
«Dovresti metterti la cintura di sicurezza,
Mrs Grey.» Ha la voce bassa e io lo accarezzo
di nuovo con le dita dei piedi. Ansima e i suoi
occhi si fanno cupi, poi mi afferra la caviglia.
Vuole che smetta? Che continui?
Fa una pausa, si acciglia, quindi estrae
dalla tasca l’immancabile BlackBerry per
rispondere a una chiamata e intanto guarda
l’orologio. Fa una smorfia.
«Barney» dice seccamente.
Interrotti di nuovo dal lavoro. Cerco di
spostare i piedi ma lui rafforza la stretta delle
dita sulla mia caviglia.
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«Nella stanza dei server?» dice incredulo.
«È scattato il sistema antincendio?»
“Un incendio!” Sposto i piedi e questa
volta mi lascia fare. Mi siedo al mio posto, allaccio la cintura e giocherello nervosamente
con il braccialetto da trentamila euro. Christian preme di nuovo il bottone sul bracciolo
della sua portiera e il divisorio scompare.
«Si è fatto male qualcuno? Danni?
Capisco… Quando?» Christian guarda di
nuovo l’orologio, poi si passa una mano fra i
capelli. «No. Né i pompieri né la polizia. Non
ancora, comunque.»
Un incendio? Nell’ufficio di Christian? Lo
fisso a bocca aperta, la mente che corre.
Taylor si gira per ascoltare la conversazione
telefonica.
«E lui? Bene… Okay. Voglio un rapporto
dettagliato dei danni. E una lista completa di
tutti quelli che sono entrati negli ultimi
cinque giorni, incluso il personale delle
pulizie… Mettiti in contatto con Andrea e fai
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in modo che mi chiami… Già, sembra
proprio che l’argo abbia funzionato.»
“Rapporto dei danni? Argo?” Ho un ricordo vago delle lezioni di chimica… È un
elemento, se non sbaglio.
«Capisco che è presto… Mandami una
mail entro due ore… No, ho bisogno di
saperlo. Grazie per avermi chiamato.» Christian chiude la telefonata e compone immediatamente un altro numero.
«Welch… Bene… Quando?» Christian
guarda ancora l’orologio. «Un’ora, quindi…
sì… sette giorni su sette all’archivio dati esterno… Bene.» Chiude la telefonata.
«Philippe, devo essere a bordo entro
un’ora.»
«Oui, monsieur.»
“Merda, è Philippe, non Gaston.” La macchina accelera.
Christian
mi
guarda,
l’espressione
indecifrabile.
«Si è fatto male qualcuno?» chiedo.
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Christian scuote la testa. «Pochissimi
danni.» Allunga il braccio e mi prende la
mano, stringendola con fare rassicurante.
«Non preoccuparti. I miei uomini sono sul
posto.» Ecco l’amministratore delegato, al
comando, con la situazione sotto controllo e
nient’affatto turbato.
«Dov’è stato l’incendio?»
«Nella stanza dei server.»
«Nella sede della società?»
«Sì.»
Dalle sue risposte secche capisco che non
vuole parlarne.
«Come mai così pochi danni?»
«La stanza dei server è dotata di un sistema antincendio all’avanguardia.»
Ovviamente.
«Ana, ti prego… non preoccuparti.»
«Non sono preoccupata» mento.
«Non siamo sicuri che si tratti di un incendio doloso» dice, andando dritto al punto. Mi
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porto le mani alla gola, spaventata. Charlie
Tango e adesso questo?
“Che cosa succederà ancora?”
4
Sono irrequieta. Christian è rintanato nello
studio dello yacht da più di un’ora. Ho cercato di leggere, di guardare la tivù, di prendere il sole – vestita – ma non riesco a rilassarmi, e nemmeno a tranquillizzarmi. Dopo
essermi cambiata e aver indossato calzoncini
e T-shirt, mi tolgo il costosissimo braccialetto e vado a cercare Taylor.
«Mrs Grey» dice, alzando gli occhi con un
sussulto dal romanzo di Anthony Burgess. È
seduto nel piccolo salone fuori dallo studio di
Christian.
«Vorrei andare a fare shopping.»
«Sì, signora.» Si alza.
«Vorrei prendere la moto d’acqua.»
Rimane a bocca aperta, senza sapere cosa
dire.
«Non voglio disturbare Christian.»
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«Mrs Grey… ehm… non credo che Mr Grey
ne sarebbe entusiasta, e mi piacerebbe tenermi il mio lavoro.»
Vorrei alzare gli occhi al cielo, invece li riduco a due fessure sospirando rumorosamente per esprimere, penso, la giusta
indignazione per non essere libera di fare
quello che voglio. D’altra parte, non mi va
che Christian se la prenda con Taylor… o con
me, tra parentesi. Lo oltrepasso con aria
sicura di me, busso alla porta dello studio ed
entro.
Christian è al telefono, appoggiato alla
scrivania di mogano. Alza gli occhi. «Andrea,
rimani in linea, per favore» borbotta, l’espressione seria. Mi guarda, in attesa. Perché
ho la sensazione di essere entrata nell’ufficio
del capo? Quest’uomo mi ha ammanettata,
ieri. Mi rifiuto di lasciarmi intimidire, è mio
marito, accidenti. Raddrizzo le spalle e gli
faccio un ampio sorriso.
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«Vado a fare shopping. Mi porto dietro gli
uomini della sicurezza.»
«Certo, prendi uno dei gemelli e Taylor»
dice, e io capisco che qualunque cosa stia
succedendo deve trattarsi di una faccenda
seria, dato che non mi fa ulteriori domande.
Rimango a fissarlo, chiedendomi se posso
dargli una mano.
«C’è altro?» mi chiede. Vuole che me ne
vada.
«Posso portarti qualcosa?» dico. Mi
rivolge il suo sorriso timido.
«No, piccola, sono a posto» dice.
«L’equipaggio si occuperà di me.»
«Okay.» Vorrei baciarlo… Posso farlo, è
mio marito. Mi avvicino e lo bacio sulle labbra, cogliendolo di sorpresa.
«Andrea, ti richiamo.» Appoggia il BlackBerry sulla scrivania dietro di sé, mi prende
tra le braccia e mi bacia con passione.
Quando mi lascia andare, sono senza fiato.
Ha lo sguardo torbido, pieno di desiderio.
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«Mi distrai. Devo sistemare questa faccenda, così potrò tornare alla mia luna di
miele.» Mi passa l’indice sul viso e mi accarezza il mento, sollevandomi la testa.
«Okay. Mi dispiace.»
«Ti prego, non scusarti, Mrs Grey. Adoro
le tue interruzioni. Vai a spendere un po’ di
soldi.» Mi lascia andare.
«Lo farò.» Mentre esco dallo studio gli
rivolgo un sorriso malizioso. “Non gli hai
detto che prendevi la moto d’acqua” mi rimbrotta la vocina interiore, cantilenante. La
ignoro.
Taylor sta aspettando paziente.
«Via libera dal comandante in capo… Andiamo?» Sorrido, cercando di non suonare
sarcastica. Taylor non nasconde un sorriso
d’ammirazione.
«Dopo di lei, Mrs Grey.»
Taylor mi spiega pazientemente i comandi
della moto d’acqua e come guidarla. È calmo,
autorevole ma gentile; un ottimo insegnante.
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Siamo a bordo della lancia a motore, che
beccheggia sulle acque tranquille del porto
accanto al Fair Lady. Gaston osserva, l’espressione nascosta dietro gli occhiali da sole,
e un marinaio del Fair Lady è ai comandi del
motoscafo. Caspita… tre persone, e solo perché voglio andare a fare shopping. È ridicolo.
Chiudo la lampo del giubbotto salvagente e
rivolgo a Taylor un sorriso radioso. Lui mi
tende la mano per aiutarmi a salire sulla
moto.
«Si leghi al polso il cinturino della chiave
di accensione, Mrs Grey. Se per caso cade, il
motore si spegnerà automaticamente»
spiega.
«Okay.»
«Pronta?»
Annuisco con entusiasmo.
«Prema il pulsante dell’accensione quando
sarà a circa un metro e mezzo dalla barca.
Noi la seguiremo.»
«Okay.»
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Spinge via dalla lancia la moto, che fluttua
morbidamente sulle acque del porto. Quando
mi dà l’okay, premo il pulsante dell’accensione e il motore si accende rombando.
«Okay, Mrs Grey, faccia attenzione.» Do
gas. La moto balza in avanti, poi si blocca.
“Com’è che quando guida Christian sembra
così facile?” Riprovo, e mi pianto di nuovo.
«Acceleri gradualmente, Mrs Grey» mi
urla Taylor.
«Sì, sì, sì» borbotto sottovoce. Riprovo, accelerando con cautela e la moto balza in avanti… ma questa volta continua a muoversi.
“Sì!” Avanza ancora. “Aha! Sta andando!”
Vorrei urlare per l’eccitazione ma mi trattengo. Mi allontano dallo yacht e comincio
ad attraversare lo specchio d’acqua del porto.
Sento il rumore gutturale del motore della
lancia alle mie spalle. Quando accelero, la
moto balza in avanti, pattinando sulla superficie dell’acqua. Il vento tiepido nei capelli e
gli spruzzi di acqua di mare che si sollevano
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ai lati della moto mi fanno provare una
sensazione di libertà. Che figata! Non c’è da
stupirsi che Christian non mi lasci mai
guidare.
Invece di puntare verso la costa e far cessare il divertimento, viro per fare un giro intorno al maestoso Fair Lady. “Wow… È
proprio grandioso.” Ignoro Taylor e gli
uomini dietro di me e faccio un altro giro.
Mentre lo completo, scorgo Christian sul
ponte. Credo che mi stia guardando con disapprovazione, anche se è difficile dirlo. Tolgo
audacemente una mano dal manubrio e agito
il braccio per salutarlo. Sembra di pietra, ma
alla fine solleva un braccio in quello che sembra un rigido gesto di saluto. Non riesco a
decifrare la sua espressione, così mi dirigo
verso il porticciolo turistico, scivolando
sull’acqua blu del Mediterraneo che scintilla
nella luce del tardo pomeriggio.
Al molo, aspetto che Taylor si fermi davanti a me. Ha lo sguardo gelido, e io sento un
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tuffo al cuore, anche se Gaston sembra vagamente divertito. Mi chiedo per un momento
se sia successo qualcosa di così grave da raffreddare le relazioni franco-americane, ma
dentro di me sospetto che con ogni probabilità il problema sia io. Gaston salta giù dal
motoscafo e lo lega alla bitta, mentre Taylor
mi fa cenno di avvicinarmi. Con cautela,
porto la moto dietro la lancia e la allineo
all’imbarcazione. La sua espressione si addolcisce un po’.
«Spenga il motore, Mrs Grey» dice con
calma, allungandosi verso il manubrio e
tendendomi la mano per aiutarmi a salire
sulla lancia. Salgo a bordo agilmente, stupita
di non cadere.
«Mrs Grey» dice Taylor nervoso, le guance
arrossate. «Mrs Grey, non mi sento esattamente a mio agio quando guida la moto
d’acqua.» È sulle spine per l’imbarazzo, e mi
rendo conto che ha ricevuto una telefonata
incazzata da Christian.
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Rivolgo un sorriso imperturbabile a
Taylor. «Capisco. Be’, Taylor, Mr Grey non è
qui e se lui non si sente “esattamente a suo
agio”, sono sicura che mi farà la cortesia di
dirmelo di persona quando tornerò a bordo.»
Taylor fa una smorfia. «Molto bene, Mrs
Grey» dice tranquillamente, porgendomi la
borsa.
Mentre scendo dalla lancia, colgo il suo
sorriso riluttante, e mi viene voglia di contraccambiarlo. Sono davvero affezionata a
Taylor, ma non apprezzo per niente il fatto
che mi rimproveri: non è mio padre, né mio
marito.
Sospiro. “Christian è arrabbiato, ed è già
abbastanza preoccupato di suo. Perché non
ci ho pensato prima?” Mentre aspetto sul
molo che Taylor mi raggiunga, sento vibrare
il BlackBerry e lo ripesco dalla borsa. Your
Love Is King di Sade è la suoneria che ho associato al numero di Christian… Solo al suo.
«Ciao» mormoro.
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«Ciao» dice.
«Tornerò con la lancia. Non essere
arrabbiato.»
Sento il lieve ansito di sorpresa. «Oh…»
«Però è stato divertente» sussurro.
Lui sospira. «Be’, lungi da me impedire
che tu ti diverta, Mrs Grey. Solo, stai attenta.
Ti prego.»
“Caspita! Ho il permesso di divertirmi!”
«Lo farò. Vuoi qualcosa in città?»
«Solo te, tutta intera.»
«Farò del mio meglio, Mr Grey.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire, Mrs Grey.»
«Il nostro scopo è il piacere» rispondo con
una risatina.
Percepisco il sorriso nella sua voce. «Ho
un’altra chiamata… a più tardi, piccola.»
Mette giù. “Crisi della moto d’acqua
scongiurata.” L’automobile è in attesa e
Taylor mi tiene aperta la portiera. Mentre
salgo gli faccio l’occhiolino e lui scuote la
testa divertito.
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In auto, scrivo una mail con il BlackBerry.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 17 agosto 2011 16.55
Oggetto: Grazie
Per non essere stato troppo brontolone.
La tua devota moglie
xxx
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 17 agosto 2011 16.59
Oggetto: Cerco di stare calmo
Prego.
Torna tutta intera.
Non è una richiesta.
X
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Christian Grey
Amministratore delegato & Marito Iperprotettivo,
Grey Enterprises Holdings Inc.
La sua risposta mi fa sorridere. Il mio maniaco del controllo.
Perché volevo andare a fare shopping? Odio
lo shopping. Ma dentro di me so la ragione e
cammino decisa passando davanti a Chanel,
Gucci, Dior e altre boutique di stilisti, scovando infine l’antidoto a ciò che mi affligge in
un negozietto per turisti zeppo di roba. Una
sottile cavigliera d’argento con cuoricini e
campanelle. Tintinna dolcemente e costa 5
euro. La indosso subito. Questa sono io,
questo è quello che mi piace. Mi sento subito
meglio. Non voglio perdere il contatto con la
ragazza che apprezza queste cose. Sono consapevole del fatto che non è solo Christian a
sopraffarmi, ma anche la sua ricchezza. Mi ci
abituerò mai?
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Taylor e Gaston mi seguono disciplinatamente tra la folla del tardo pomeriggio e ben
presto mi dimentico di loro. Voglio prendere
qualcosa per Christian, qualcosa capace di
distrarlo da quello che sta succedendo a
Seattle. Ma cosa compro a un uomo che ha
tutto? Mi fermo in una piazzetta moderna
circondata da negozi e li passo in rassegna a
uno a uno. Quando scorgo un negozio di
elettronica mi tornano in mente la visita alle
gallerie d’arte di qualche ora fa e quella al
Louvre. Stavamo guardando la Venere di
Milo… Mi riecheggiano in testa le parole di
Christian: “Tutti noi siamo in grado di apprezzare le forme femminili. Adoriamo
guardarle, che siano di marmo, dipinte, di
raso o di celluloide”.
Mi viene un’idea audace. Mi serve soltanto
una dritta per scegliere la cosa giusta e c’è
solo una persona che può aiutarmi. Tiro
fuori dalla borsa il BlackBerry e chiamo José.
«Chi è?» borbotta assonnato.
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«José, sono Ana.»
«Ana! Dove sei? È tutto a posto?» Sembra
preoccupato.
«Sono a Cannes, nel Sud della Francia, e
sto bene.»
«Sud della Francia, eh? Sei in qualche albergo fantastico?»
«Ehm… no. Stiamo su una barca.»
«Una barca?»
«Una grande barca» chiarisco con un
sospiro.
«Capisco.» Il tono di voce si raffredda…
“Non avrei dovuto chiamarlo. Non voglio affrontarlo in questo momento.”
«José, ho bisogno del tuo consiglio.»
«Il mio consiglio?» Sembra perplesso.
«Certo» dice, molto più amichevole. Gli
spiego che cosa ho in mente.
Due ore dopo Taylor mi aiuta a scendere
dalla lancia a motore e a salire sul ponte. Gaston dà una mano al marinaio con la moto
d’acqua. Christian non si vede da nessuna
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parte e io mi precipito nella nostra cabina
per incartare il suo regalo, eccitata come una
bambina.
«Sei stata via un bel po’.» Christian mi
sorprende proprio nel momento in cui finisco di chiudere il pacchetto. Mi giro e lo
vedo sulla soglia della cabina, intento a osservarmi. “Sono ancora nei guai per la moto
d’acqua? O è per via dell’incendio?”
«Tutto sotto controllo in ufficio?» chiedo,
esitante.
«Più o meno» dice, infastidito.
«Ho fatto spese» mormoro, sperando di
risollevargli l’umore e pregando che il fastidio non sia dovuto al mio comportamento.
Lui sorride, rassicurandomi.
«Che cos’hai comprato?»
«Questa» dico mettendo il piede sul letto
per mostrargli la cavigliera.
«Molto carina» dice. Si avvicina e sfiora le
minuscole campanelle facendole tintinnare.
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Si acciglia e passa il dito sul segno, facendomi rabbrividire.
«E questo.» Tiro fuori il pacchetto, sperando di distrarlo.
«Per me?» chiede sorpreso. Annuisco timidamente. Lui prende la scatola e la scuote.
Fa il suo meraviglioso sorriso da ragazzino e
si siede accanto a me sul letto. Si allunga, mi
prende il mento e mi bacia.
«Grazie» dice con gioia trattenuta.
«Non l’hai ancora aperto.»
«Mi piacerà, qualunque cosa sia.» Mi
guarda, gli occhi luminosi. «Non ricevo molti
regali.»
«È difficile comprarti qualcosa. Hai tutto.»
«Ho te.»
«Mi hai.» Gli faccio un ampio sorriso.
Strappa via la carta che avvolge la scatola.
«Una Nikon?» Mi lancia un’occhiata
perplessa.
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«So che hai la digitale compatta, ma
questa è per… ehm… ritratti e cose del
genere. Ci sono anche due obiettivi.»
Lui sbatte le palpebre, sempre senza
capire.
«Oggi alla galleria hai ammirato le fotografie di Florence D’elle. E mi ricordo che
cosa hai detto al Louvre. E, naturalmente,
c’erano quelle altre fotografie.» Deglutisco,
facendo del mio meglio per non ricordare le
immagini che ho trovato nella sua cabina
armadio.
Lui trattiene il respiro e spalanca gli occhi,
cominciando a capire, e io continuo in fretta
prima che mi manchi il coraggio.
«Pensavo che ti sarebbe… piaciuto fare
delle foto… a me.»
«Foto? A te?» Mi guarda stupefatto, ignorando la scatola che tiene sulle ginocchia.
Annuisco, cercando disperatamente di decifrare la sua reazione. Alla fine riporta gli
occhi sulla scatola, passando le dita
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sull’illustrazione della macchina fotografica
con affascinato rispetto.
Oh, non è la reazione che mi aspettavo e il
mio subconscio mi disapprova. Christian non
reagisce mai come mi aspetto. Mi guarda, gli
occhi colmi di… che cos’è, dolore?
«Perché pensi che voglia farlo?» chiede,
disorientato.
“No, no, no! Avevi detto che ti sarebbe
piaciuto…”
«Non vuoi?» chiedo, rifiutandomi di dar
retta al mio subconscio, che sta domandando
perché mai qualcuno dovrebbe volere mie
foto erotiche. Christian si passa una mano
fra i capelli e ha l’aria così confusa. Fa un
respiro profondo.
«Per me foto di quel genere di solito erano
una polizza d’assicurazione, Ana. So di aver
trattato le donne come oggetti per un sacco
di tempo» dice e tace imbarazzato.
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«E pensi che scattarmi delle foto significhi… ehm, trattarmi come un oggetto?» Sono
senza fiato e impallidisco.
Chiude gli occhi. «Sono così confuso»
mormora. Quando li riapre, il suo sguardo è
diffidente, pervaso da una sorta di emozione
primitiva.
“Accidenti. È colpa mia? Le mie domande
di prima sulla madre biologica? L’incendio
nel suo ufficio?”
«Perché dici così?» sussurro, il panico che
mi serra la gola. Pensavo che l’avrei reso felice. Non voglio confonderlo. L’ho fatto? La
mia mente inizia a correre. “Non vede Flynn
da quasi tre settimane. È per questa ragione
che sta andando in pezzi? Dovrei telefonare a
Flynn?” E, in un lampo di straordinaria lucidità, capisco: “L’incendio, Charlie Tango,
la moto d’acqua…”. Ha paura per me, e
vedere quei segni sulla mia pelle non fa che
peggiorare le cose. È tutto il giorno che ci
rimugina, confuso perché non è abituato a
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sentirsi in colpa quando infligge dolore. Il
pensiero mi raggela.
Si stringe nelle spalle e mi guarda di nuovo
il polso, dove portavo il braccialetto che mi
ha regalato oggi pomeriggio. “Tombola!”
«Christian, non è un problema.» Alzo il
braccio, mostrandogli il segno sbiadito. «Mi
avevi dato una safeword. Accidenti… ieri è
stato divertente. Mi è piaciuto. Smettila di
rimuginarci sopra: mi piace il sesso violento,
te l’ho già detto.» Divento scarlatta mentre
cerco di dominare il panico crescente.
Lui mi osserva attentamente, e io non ho
la minima idea di cosa gli passi per la testa.
Forse sta soppesando le mie parole. Mi
muovo alla cieca.
«Si tratta dell’incendio? Pensi che sia collegato in qualche modo con Charlie Tango?
È per questo che sei preoccupato? Parlami,
Christian, ti prego.»
Lui mi fissa, senza aprire bocca, e il silenzio si protrae com’è successo oggi
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pomeriggio. “Porca miseria! Non mi risponderà, lo so.”
«Non rimuginarci troppo, Christian» lo
rimprovero tranquillamente, e le parole
riecheggiano, suscitando un ricordo del passato recente: quello che mi ha detto del suo
stupido contratto. Mi allungo, prendo la
scatola che ha sulle ginocchia e la apro. Mi
guarda senza muoversi come se fossi un’affascinante creatura aliena. So che la macchina è già stata preparata dall’eccessivamente
premuroso commesso del negozio ed è
pronta a funzionare, e così la tiro fuori dalla
scatola e tolgo il copriobiettivo. Punto la
macchina verso di lui inquadrando la sua
bellissima faccia ansiosa. Schiaccio il pulsante e lo tengo premuto, immortalando dieci
immagini dell’espressione allarmata di
Christian in formato digitale.
«Vuol dire che sarò io a trattarti come un
oggetto» mormoro, scattando ancora.
Sull’ultima foto le sue labbra sono
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impercettibilmente incurvate. Scatto di
nuovo, e questa volta sorride… un sorriso appena accennato, ma pur sempre un sorriso.
Schiaccio di nuovo il pulsante dello scatto e
lo vedo rilassarsi visibilmente davanti ai miei
occhi e fare un’espressione da duro, una
plateale, artefatta, ridicola espressione… e mi
metto a ridacchiare. “Oh, grazie al cielo. Mr
Lunatico è di nuovo tra noi… e io non sono
mai stata tanto felice di vederlo.”
«Credevo che fosse il mio regalo» borbotta
scontroso, ma penso che mi stia prendendo
in giro.
«Be’, immaginavo che sarebbe stato divertente, ma a quanto pare è un simbolo dell’oppressione femminile» ribatto, scattandogli
altre foto e osservando il divertimento sul
suo viso in primissimo piano. Poi i suoi occhi
si incupiscono e l’espressione diventa rapace.
«Vuoi essere oppressa?» mormora con
voce melliflua.
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«No, oppressa no» rispondo, continuando
a scattare foto.
«Potrei opprimerti alla grande, Mrs Grey»
mi minaccia con voce roca.
«Lo so, Mr Grey. E lo fai, spesso.»
Assume un’espressione sgomenta. Abbasso la macchina fotografica e lo fisso.
«Cosa c’è che non va, Christian?» La mia
voce trasuda frustrazione. “Dimmelo!”
Rimane in silenzio. “Bah!” È così esasperante. Sollevo di nuovo la macchina
fotografica.
«Dimmelo» insisto.
«Niente» dice e all’improvviso scompare
dall’inquadratura. Con un unico movimento
fulmineo butta sul pavimento la scatola della
macchina fotografica, mi afferra e mi spinge
sul letto. Si siede a cavalcioni sopra di me.
«Ehi!» esclamo e gli scatto altre fotografie
mentre mi sorride con intenzioni minacciose. Prende la macchina per l’obiettivo e il
fotografo diventa il soggetto quando lui
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punta la Nikon su di me e preme il pulsante
di scatto.
«E così vuoi che ti faccia delle fotografie,
Mrs Grey?» dice, divertito. L’unica cosa che
riesco a vedere di lui sono i capelli ribelli e il
largo sorriso che gli aleggia sulle labbra scolpite. «Be’, tanto per cominciare, penso che
dovresti ridere» dice, e inizia a farmi il solletico mentre io ridacchio e mi contorco sotto
di lui, finché lo afferro per un polso nel vano
tentativo di farlo smettere. Sorride ancora di
più e continua a torturarmi scattando foto.
«No! Basta!» urlo.
«Stai scherzando?» grugnisce e appoggia
la macchina fotografica sul letto per potermi
fare il solletico con entrambe le mani.
«Christian!» farfuglio e ansimo tra le
risate. Non mi aveva mai fatto il solletico.
“Adesso… basta!” Agito la testa da una parte
all’altra, tentando di sottrarmi alla presa,
soffocando per il ridere e spingendogli via le
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mani, ma lui non mi dà tregua… Mi sorride
dall’alto, godendosi la mia tortura.
«Christian, basta!» lo supplico e lui
smette. Mi prende entrambe le mani e me le
blocca ai lati della testa, incombendo sopra
di me. Sto ansimando. Anche lui ha il fiato
corto e mi guarda con… cosa? Trattengo il fiato. Meraviglia? Amore? Venerazione?
«Sei. Così. Bella» ansima.
Guardo il suo viso, illuminato dall’intensità dello sguardo. È come se mi stesse
vedendo per la prima volta. Si piega verso di
me, chiude gli occhi e mi bacia, rapito.
Vederlo così preso da me risveglia la mia
passione. Mi lascia andare le mani e mi prende la testa, infilando le dita tra i miei capelli
e tenendomi ferma con tenerezza. I miei
sensi sono tutti all’erta, il mio corpo eccitato
risponde al suo bacio. E all’improvviso la
natura di quel bacio cambia, non più dolce,
colmo di venerazione, ma carnale, profondo
e vorace: la sua lingua mi esplora la bocca,
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prendendo invece di dare, con urgenza e disperazione. Mentre il desiderio mi infiamma
il sangue, risvegliando ogni muscolo e ogni
tendine del mio corpo, avverto un brivido di
paura.
“Oh, Christian, che cosa c’è che non va?”
Lui respira bruscamente e geme. «Oh, che
cosa mi fai» mormora, perso e selvaggio. Si
muove all’improvviso, sdraiandosi sopra di
me, schiacciandomi sul materasso, una
mano a reggermi il mento mentre l’altra percorre il mio corpo, i seni, la vita, i fianchi, le
natiche. Mi bacia ancora, spingendo le
gambe tra le mie e premendo contro di me,
l’erezione che mi sfrega sul pube. Ansimo e
gemo contro le sue labbra, abbandonandomi
alla sua passione. Rimango sorda ai lontani
campanelli d’allarme che mi risuonano in un
angolo del cervello, consapevole solo del
fatto che lui mi vuole, che ha bisogno di me e
che questo è il suo modo preferito di comunicare con me. Lo bacio con rinnovato
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abbandono, passandogli le dita tra i capelli.
Sa di buono e profuma di Christian, il mio
Christian.
All’improvviso si blocca, si alza e mi tira
giù dal letto, facendomi mettere in piedi davanti a lui, stordita. Slaccia il bottone dei miei
calzoncini e si inginocchia rapido, tirandomeli giù insieme agli slip, e prima che abbia avuto il tempo di respirare siamo di
nuovo sul letto, lui sopra di me che si apre i
pantaloni. “Ehi!” Non si toglie i vestiti né mi
leva la T-shirt. Mi tiene la testa e mi penetra
senza preavviso, strappandomi un grido, più
di sorpresa che altro. Riesco a udire il sibilo
del suo respiro tra i denti digrignati.
«Sì» sussurra vicino al mio orecchio. Si
ferma, ruota le anche e affonda ancora di più
dentro di me, facendomi gemere.
«Ho bisogno di te» grugnisce, la voce
bassa e roca. Fa scorrere i denti lungo la mia
mascella, mordicchiando e succhiando, e poi
mi bacia di nuovo, con violenza. Gli avvolgo
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le braccia e le gambe intorno al corpo, cullandolo e tenendolo stretto contro di me, decisa a spazzar via qualunque cosa lo preoccupi, e lui inizia a muoversi… come se stesse
cercando di entrare completamente dentro
di me. Continua in modo frenetico, selvaggio, disperato e prima di perdermi nel suo
ritmo folle mi chiedo ancora una volta che
cosa lo spinga, che cosa lo preoccupi. Ma il
mio corpo prende il sopravvento, cancellando il pensiero, perso nel piacere e inondato dalle sensazioni, e risponde colpo su
colpo ai suoi affondi. Sento il suo respiro accelerato, faticoso e feroce. So che è perso
dentro di me… Gemo forte, ansimando. Il
suo bisogno di me è così eccitante. Il piacere
cresce… cresce… e lui mi porta ancora oltre,
sopraffacendomi, prendendomi, e io lo
voglio. Lo voglio così tanto… per lui e per
me.
«Vieni con me» ansima, e si sposta un po’,
costringendomi a lasciare la presa.
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«Tieni gli occhi aperti» mi ordina. «Devo
vederti.» Il tono è urgente, implacabile.
Obbedisco e lo vedo su di me… il viso contratto per il piacere, lo sguardo selvaggio. La
sua passione e il suo amore sono la mia rovina e vengo, gettando indietro la testa
mentre il mio corpo esplode intorno a lui.
«Oh, Ana» grida venendo anche lui. Poi si
ferma e crolla sopra di me, quindi rotola
sulla schiena, trascinandomi con sé e rimanendo dentro di me. Mentre riemergo
dall’orgasmo e il mio corpo si calma, vorrei
fare una battuta sul fatto di essere trattata
come un oggetto e oppressa, ma tengo a
freno la lingua, non sapendo di che umore
sia. Mi sollevo per guardarlo in faccia. Ha gli
occhi chiusi e mi stringe forte tra le braccia.
Gli bacio il petto attraverso la stoffa sottile
della camicia di lino.
«Christian, cosa c’è che non va?» gli
chiedo dolcemente, e aspetto con ansia per
capire se adesso, appagato dal sesso, me lo
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dirà. Sento che le sue braccia mi stringono
più forte, ma è l’unica risposta. Non parlerà.
Mi viene un’ispirazione.
«Prometto solennemente di essere la tua
fedele compagna nella salute e nella malattia, di stare al tuo fianco nella buona e nella
cattiva sorte, di condividere le tue gioie e i
tuoi dolori» mormoro.
Si irrigidisce. L’unico movimento che fa è
aprire i suoi occhi impenetrabili e fissarmi
mentre io continuo a recitare la promessa
nuziale.
«Prometto di amarti incondizionatamente,
di sostenerti nei tuoi obiettivi e nei tuoi
sogni, di onorarti e rispettarti, di ridere con
te e di piangere con te, di condividere le mie
speranze e i miei sogni con te, e di offrirti
consolazione nei momenti di bisogno.» Faccio una pausa. Christian mi guarda, le labbra
socchiuse, ma non dice niente.
«E di amarti finché morte non ci separi.»
Sospiro.
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«Oh, Ana» sussurra e si muove, interrompendo il prezioso contatto tra noi.
Adesso siamo sdraiati uno di fianco all’altra.
Mi accarezza il viso con le nocche.
«Prometto solennemente di proteggerti, di
amarti con tutto il cuore e di aver cura della
nostra unione e di te» mormora, la voce
roca. «Prometto di amarti fedelmente, rinunciando a tutte le altre, nella buona e nella
cattiva sorte, nella salute e nella malattia, indipendentemente da dove ci condurrà la vita.
Ti proteggerò, avrò fiducia in te e ti rispetterò. Condividerò le tue gioie e i tuoi dolori, e
ti consolerò nei momenti di bisogno. Prometto di amarti, di sostenere le tue speranze
e i tuoi sogni e di tenerti salda al mio fianco.
Tutto quello che è mio è tuo. Ti offro la mia
mano, il mio cuore e il mio amore da questo
momento e finché morte non ci separi.»
Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Il suo
viso si addolcisce mentre mi guarda.
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«Non piangere» mormora, asciugandomi
una lacrima.
«Perché non mi parli? Ti prego,
Christian.»
Chiude gli occhi come se provasse dolore.
«Ho promesso di consolarti nei momenti
di bisogno. Ti prego, non farmi tradire la
promessa» lo supplico.
Lui sospira e apre gli occhi, l’espressione
cupa. «È un incendio doloso» dice semplicemente, e all’improvviso sembra così giovane
e vulnerabile. «E la preoccupazione maggiore è che ce l’abbiano con me. E se ce l’hanno con me…»
Si interrompe, incapace di proseguire.
«… potrebbero arrivare a me» sussurro.
Lui sbianca e io so di aver finalmente
scoperto che cosa lo mette tanto in ansia.
«Grazie» mormoro.
Si acciglia. «Per cosa?»
«Per avermelo detto.»
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Lui scuote la testa e sulle labbra gli aleggia
l’ombra di un sorriso. «Sai essere molto convincente, Mrs Grey.»
«E tu sei così bravo a rimuginare, a tenere
le cose per te, e a preoccuparti. Probabilmente morirai di infarto prima di arrivare a
quarant’anni, e io ti voglio con me molto più
a lungo.»
«Sarai tu a farmi morire. Quando ti ho
vista sulla moto d’acqua… per poco non mi è
venuto un accidente.» Si mette una mano
sugli occhi, e io lo sento rabbrividire.
«Christian, è una moto d’acqua. Ci vanno
persino i bambini. Riesci a immaginare che
cosa succederà quando andremo nella tua
casa di Aspen e io andrò a sciare per la prima
volta?»
Lui sussulta e si gira verso di me, e io vorrei ridere alla vista della sua espressione
d’orrore.
«Nella nostra casa» dice alla fine.
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Lo ignoro. «Sono adulta, Christian, e
molto più tosta di quel che sembro. Quand’è
che lo imparerai?»
Lui scrolla le spalle. Decido di cambiare
argomento.
«Allora, l’incendio. La polizia è stata
informata?»
«Sì.» Ha l’espressione seria.
«Bene.»
«Le misure di sicurezza saranno rafforzate» spiega.
«Capisco.» Lo guardo. Indossa ancora i
pantaloncini e la camicia, e io ho la T-shirt.
Accidenti… è stata proprio una sveltina. Il
pensiero mi fa ridacchiare.
«Che c’è?» chiede Christian, confuso.
«Tu.»
«Io?»
«Sì, tu. Ancora vestito.»
«Oh.» Christian si guarda, poi guarda me e
sul suo volto si allarga un sorriso.
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«Be’, sai quanto sia difficile per me non
metterti le mani addosso, Mrs Grey… soprattutto quando ridacchi come una scolaretta.»
“Oh, sì… il solletico.” Mi sposto in fretta,
mettendomi a cavalcioni su di lui, ma capisce
al volo le mie intenzioni e mi afferra i polsi.
«No» dice, e parla sul serio.
Metto il broncio ma decido che non è
pronto per questo gioco.
«Per favore, no» sussurra. «Non lo sopporto. Non mi hanno mai fatto il solletico
quando ero bambino.» Fa una pausa e io rilasso le mani, così me le lascia.
«Guardavo Carrick fare il solletico a Elliot
e Mia, e sembrava così divertente, ma io…
io…»
Gli metto un dito sulla bocca.
«Ssh, lo so» mormoro e lo bacio teneramente sulle labbra, nel punto dove ho appena posato il dito, poi mi accoccolo sul suo
petto. Dentro di me avverto il familiare
dolore e vengo invasa dalla profonda
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tristezza che provo per il bambino che era
Christian. So che farei qualunque cosa per
quest’uomo perché lo amo così tanto.
Mi circonda con le braccia e affonda il
naso nei miei capelli, inspirando a fondo
mentre mi accarezza piano la schiena. Non
so per quanto rimaniamo distesi lì, ma alla
fine rompo il silenzio appagato che c’è fra
noi.
«Qual è stato il periodo più lungo che hai
passato senza vedere il dottor Flynn?»
«Due settimane. Perché? Hai l’impulso irrefrenabile di farmi il solletico?»
«No.» Ridacchio. «Sono convinta che ti sia
d’aiuto.»
Christian sbuffa. «Deve, visto che lo pago
per farlo.» Mi prende delicatamente per i
capelli e mi fa girare in modo che lo guardi in
faccia. Alzo la testa e incontro i suoi occhi.
«Sei preoccupata per il mio benessere, Mrs
Grey?»
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«Ogni buona moglie si preoccupa del benessere del suo amatissimo marito, Mr
Grey» lo avverto scherzando.
«Amatissimo?»
sussurra,
e
quella
domanda toccante rimane sospesa tra noi.
«Molto più che amatissimo.» Mi affretto a
baciarlo e lui sorride.
«Vuoi scendere a terra per cena?»
«Voglio andare ovunque tu sia più
contento.»
«Bene.» Mi rivolge un ampio sorriso. «A
bordo è il posto dove posso tenerti al sicuro.
Grazie per il regalo.» Allunga una mano,
prende la macchina fotografica e tenendola
davanti a sé fa una fotografia di noi due
nell’abbraccio
postsolletico,
postcoito,
postconfessione.
«È stato un piacere.» Sorrido e i suoi occhi
si illuminano.
Vagabondiamo per l’opulento splendore dorato del settecentesco palazzo di Versailles.
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La parte più straordinaria è senza dubbio
la Galleria degli specchi. La luce del primo
pomeriggio si riversa dalle finestre rivolte a
ovest, accendendo gli specchi allineati sulla
parete orientale e illuminando la decorazione
in lamina d’oro e gli enormi lampadari di
cristallo. È una visione mozzafiato.
«Interessante vedere che cosa diventa un
megalomane dispotico che si isola in un
simile splendore» mormoro a Christian, che
è in piedi accanto a me. Lui abbassa lo
sguardo e piega la testa di lato, osservandomi divertito.
«È questo che pensi, Mrs Grey?»
«Oh, era soltanto un’osservazione, Mr
Grey.» Indico con un gesto ciò che ci circonda. Sorridendo, lui mi segue al centro
della sala, dove osservo rapita la visione che
ho davanti: gli splendidi giardini riflessi
nello specchio e lo splendido Christian Grey,
mio marito, lo sguardo brillante e fiero.
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«Io costruirei una cosa del genere per te»
sussurra. «Solo per guardare il modo in cui
la luce fa risplendere i tuoi capelli, proprio
qui e ora.» Mi sistema una ciocca dietro
l’orecchio. «Sembri un angelo.» Mi bacia
sotto il lobo, mi prende la mano e mormora:
«Noi despoti lo facciamo per le donne che
amiamo».
Arrossisco per il complimento, sorridendo
timida, e lo seguo attraverso l’enorme sala.
«A che cosa stai pensando?» chiede con dolcezza Christian, bevendo un sorso del caffè
che ci hanno portato dopo cena.
«A Versailles.»
«Pomposa, vero?» Fa un ampio sorriso. Io
lancio un’occhiata all’imponenza più contenuta della sala da pranzo del Fair Lady e arriccio le labbra.
«Questo non è affatto pomposo» dice
Christian, lievemente sulla difensiva.
«Lo so. È delizioso. La luna di miele più
bella che una ragazza potrebbe desiderare.»
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«Davvero?» dice sinceramente sorpreso.
«Certo.»
«Ci rimangono solo due giorni. C’è qualcos’altro che ti piacerebbe vedere o fare?»
«Solo stare con te» mormoro. Lui si alza,
gira intorno al tavolo e mi bacia sulla fronte.
«Bene, riesci a fare a meno di me per
un’ora? Devo controllare le mail e scoprire
che cosa sta succedendo a casa.»
«Certo» dico allegramente, tentando di
nascondere la delusione. È strano che voglia
stare con lui tutto il tempo?
«Grazie per la macchina fotografica» mormora, e si dirige verso lo studio.
Tornata in cabina, decido di controllare la
posta e apro il portatile. Ci sono mail di mia
madre e di Kate che mi riferiscono gli ultimi
pettegolezzi e mi chiedono come va la luna di
miele. Alla grande, finché qualcuno non ha
deciso di dar fuoco alla GEH, la Grey Enterprises Holdings Inc… Mentre sto finendo di
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rispondere a mia madre, arriva una mail di
Kate.
Da: Katherine L. Kavanagh
A: Anastasia Grey
Data: 17 agosto 2011 11.45
Oggetto: Oh, mio Dio!!!
Ana, ho appena saputo dell’incendio all’ufficio di
Christian.
Pensi che sia doloso?
K XOX
Kate è online! Mi affretto a usare il mio
nuovo giocattolo – Skype – per vedere se lei
è disponibile. Scrivo rapidamente un
messaggio.
Ana: Ehi, ci sei?
Kate: Sì, Ana! Come stai? Come va la luna di miele?
Hai visto la mia mail? Christian sa dell’incendio?
Ana: Sto bene. La luna di miele è grandiosa.
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Ho visto la tua mail. Sì, Christian lo sa.
Kate: Lo immaginavo. Le notizie su quanto è
successo
sono vaghe. Ed Elliot non vuole dirmi niente.
Ana: Sei a caccia di una storia?
Kate: Mi conosci troppo bene.
Ana: Christian non mi ha detto granché.
Kate: Elliot l’ha saputo da Grace!
Oh, no: sono sicura che Christian non gradirebbe se la cosa venisse strombazzata per
tutta Seattle. Provo la mia collaudata tecnica
per distrarre l’ostinata Kavanagh.
Ana: Come stanno Elliot e Ethan?
Kate: Ethan è stato accettato al corso di psicologia a
Seattle per la laurea specialistica. Elliot è adorabile.
Ana: Bravo, Ethan.
Kate: Come sta il nostro ex Dominatore preferito?
Ana: Kate!
Kate: Cosa?
Ana: TU SAI COSA!
Kate: Scusa.
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Ana: Sta bene. Più che bene.
Kate: Ottimo, finché tu sei felice, sono felice anch’io.
Ana: Sono divinamente felice.
Kate:
Devo scappare. Possiamo sentirci più tardi?
Ana: Non lo so. Guarda se sono online. Accidenti al
fuso orario!
Kate: Vero. Ti voglio bene, Ana.
Ana: Anch’io. A più tardi. X
Kate: A più tardi. <3
Ci avrei scommesso che Kate avrebbe dato
la caccia alla notizia dell’incendio. Chiudo
Skype prima che Christian veda questa chat.
Non apprezzerebbe il commento sull’ex
Dominatore, e poi non sono sicura che sia
del tutto ex…
Sospiro rumorosamente. Kate sa tutto fin
dalla sera in cui ci siamo sbronzate, tre settimane prima del matrimonio, quando ho ceduto al suo terzo grado. È stato un sollievo
poter parlare finalmente con qualcuno.
Lancio un’occhiata all’orologio. È passata
circa un’ora dalla cena e mio marito inizia a
181/1287
mancarmi. Mi dirigo sul ponte per vedere se
ha finito di lavorare.
Sono nella Galleria degli specchi e Christian
è in piedi di fianco a me, e mi sorride con
amore. “Sembri un angelo.” Ricambio, radiosa, ma quando guardo nello specchio, sono
in piedi da sola e la stanza è di un grigio incolore. “No!” Mi volto di scatto verso di lui,
che ha un sorriso triste e malinconico. Mi
sistema una ciocca di capelli dietro
l’orecchio, poi si gira senza una parola e si allontana lentamente, il rumore dei passi che
riecheggia tra gli specchi mentre lui percorre
l’enorme sala verso la porta a doppio battente decorata… un uomo solo, senza riflesso… Mi sveglio, ansimando senza fiato e in
preda al panico.
«Ehi» sussurra lui alle mie spalle nel buio,
la voce carica di preoccupazione.
“Oh, è qui. Sta bene.” Provo un enorme
sollievo.
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«Oh, Christian» borbotto, cercando di
controllare il battito frenetico del mio cuore.
Lui mi circonda con le braccia ed è solo in
questo momento che mi rendo conto di avere
il viso bagnato di lacrime.
«Che cosa c’è, Ana?» Mi passa la mano
sulle guance, asciugandomi le lacrime, e io
percepisco la sua angoscia.
«Niente. Uno stupido incubo.»
Mi bacia la fronte e le guance umide, consolandomi. «È solo un brutto sogno, piccola»
mormora. «Sei mia. Ti proteggerò.»
Inspiro il suo profumo e mi rannicchio
contro di lui, cercando di ignorare il senso di
perdita e di devastazione che ho provato nel
sogno, e mi rendo conto che la mia paura più
grande è quella di perderlo.
5
Mi muovo, cercando istintivamente Christian solo per accorgermi che non c’è. Mi sveglio di colpo e mi guardo intorno angosciata.
Lui mi osserva dalla poltroncina imbottita
accanto al letto. Si abbassa e appoggia qualcosa sul pavimento, poi si sdraia sul letto di
fianco a me. Ha addosso i jeans tagliati al
ginocchio e una T-shirt grigia.
«Ehi, non aver paura. Va tutto bene» dice,
la voce gentile e rassicurante… come se si
stesse rivolgendo a un animale selvatico in
trappola. Mi scosta i capelli dal viso con
tenerezza e io mi rilasso immediatamente.
Lo osservo mentre cerca senza successo di
nascondere la preoccupazione.
«Sei stata così irrequieta in questi due
giorni» mormora.
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«Sto bene, Christian.» Gli faccio il sorriso
più smagliante perché non voglio che sappia
quanto sono angosciata per la faccenda
dell’incendio. Continua a riaffiorare il doloroso ricordo di come mi sono sentita quanto
Charlie Tango è stato sabotato e Christian è
stato dato per disperso… quel vuoto terribile,
la sofferenza insopportabile… sensazioni che
mi assillano e mi tormentano. Cerco di cacciarle sorridendo.
«Mi stavi guardando dormire?»
«Sì» dice, continuando a fissarmi. «Stavi
parlando.»
«Ah!» “Accidenti, che cosa ho detto?”
«Sei preoccupata» aggiunge, con l’aria impensierita. C’è niente che posso nascondere a
quest’uomo? Si allunga verso di me e mi bacia tra le sopracciglia.
«Quando aggrotti la fronte, ti si forma una
piccola Vproprio qui. È morbida da baciare.
Non preoccuparti, piccola, baderò a te.»
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«Non è per me che sono preoccupata, è
per te» protesto. «Chi bada a te?»
Lui sorride con indulgenza. «Sono abbastanza grande e abbastanza cattivo da
badare a me stesso. Su, alzati. C’è una cosa
che mi piacerebbe fare prima di tornare a
casa.» Mi rivolge un sorriso, un grande sorriso della serie sì-è-vero-sono-solo-unragazzo-di-ventotto-anni, e mi dà una pacca
sul sedere. Strillo, presa alla sprovvista. Poi
mi rendo conto che oggi torniamo a Seattle e
divento malinconica. Non voglio andarmene.
Mi è piaciuto stare con lui ventiquattr’ore su
ventiquattro, sette giorni su sette, e non sono
pronta a dividerlo con la sua azienda e la
famiglia. Abbiamo trascorso una luna di
miele divina. Con alcuni alti e bassi, lo ammetto, ma è normale per una coppia appena
sposata, no?
Christian non riesce a contenere la sua eccitazione adolescenziale e, nonostante i pensieri cupi, sono contagiata. Quando si alza
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dal letto, lo imito, intrigata. Che cosa ha in
mente?
Mi lega la chiave al polso.
«Vuoi che guidi io?»
«Sì.» Sorride. «Così non è troppo stretta?»
«Va bene. È per quello che indossi il giubbotto salvagente?»
«Sì.»
«Che fiducia nelle mie capacità di guida,
Mr Grey!»
«Come sempre, Mrs Grey.»
«Be’, non farmi la predica.»
Christian alza le mani in segno di difesa.
«Oserei farlo?»
«Sì, oseresti, e sì, lo fai, e non possiamo
accostare e metterci a discutere sul marciapiede, qui.»
«Un punto per te, Mrs Grey. Vogliamo
rimanere qui tutto il giorno a intrattenerci
sulle tue abilità di guidatrice oppure andare
a divertirci?»
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«Un punto per te, Mr Grey.» Afferro il
manubrio e salgo in sella alla moto d’acqua.
Christian sale dietro di me e ci allontana con
un calcio dallo yacht. Taylor e due marinai ci
guardano divertiti. Mentre scivoliamo in avanti, Christian mi circonda con le braccia e
preme le cosce contro le mie. Infilo la chiave
nell’accensione, premo il pulsante di avviamento e il motore si accende con un rombo.
«Pronto?» urlo a Christian per sovrastare
il rumore.
«Come sempre» dice, la bocca vicina al
mio orecchio.
Accelero dolcemente e la moto d’acqua si
allontana dal Fair Lady, un po’ troppo compostamente per i miei gusti. Christian mi
stringe più forte. Do un po’ di gas e balziamo
in avanti, e io gioisco quando non ci
piantiamo.
«Piano!» mi avvisa Christian, ma l’eccitazione nella sua voce è palpabile. Oltrepasso il Fair Lady dirigendomi in mare
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aperto. Siamo ancorati al largo di SaintLaurent-du-Var e l’aeroporto di Nizza-Costa
Azzurra è annidato all’orizzonte, pare quasi
costruito nel Mediterraneo. Sento il rumore
degli aerei in atterraggio da quando siamo
arrivati qui, ieri sera. Decido di andare a
dare un’occhiata più da vicino.
Scivoliamo veloci sulle onde in direzione
dell’aeroporto. Questa cosa mi piace moltissimo e sono entusiasta che Christian mi lasci
guidare. L’ansia degli ultimi due giorni
svanisce.
«La prossima volta prendiamo due moto
d’acqua» urla Christian. Sorrido eccitata al
pensiero di gareggiare con lui.
Mentre sfrecciamo sul mare blu verso
quella che sembra la fine della pista di decollo, all’improvviso sento il rombo di un jet
in avvicinamento. Il rumore è così forte che
vado nel panico e scarto bruscamente.
«Ana!» urla Christian, ma è troppo tardi.
Vengo catapultata giù dalla moto d’acqua,
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mulinando braccia e gambe e trascinandomi
dietro Christian in un tuffo spettacolare.
Finisco in mare gridando e bevo una generosa sorsata di acqua salata. Il mare è gelido
così al largo, ma riemergo subito grazie al giubbotto salvagente. Mentre tossisco, mi
passo una mano sugli occhi e mi guardo intorno cercando Christian. Sta nuotando
verso di me. La moto galleggia inoffensiva a
pochi metri di distanza, il motore silenzioso.
«Stai bene?» chiede raggiungendomi,
terrorizzato.
«Sì» dico senza riuscire a contenere
l’euforia. “Visto, Christian? Questa è la cosa
peggiore che ti può capitare su una moto
d’acqua!” Mi abbraccia, poi mi prende la
testa tra le mani.
«Ehi, non è stato così male!» Faccio un
sorriso radioso.
Alla fine mi sorride, chiaramente sollevato.
«No, credo di no. Tranne che sono bagnato»
borbotta, ma il tono è giocoso.
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«Anch’io.»
«Mi piaci bagnata.» Mi lancia uno sguardo
lascivo.
«Christian!» lo rimprovero, fingendo una
giusta indignazione. Lui fa un sorriso meraviglioso, poi si avvicina e mi bacia con forza.
Quando si ritrae, sono senza fiato.
«Vieni. Rientriamo. Dobbiamo farci una
doccia. Guido io.»
Oziamo nella sala d’attesa di prima classe
della British Airways a Heathrow, in attesa
della coincidenza per Seattle. Christian è immerso nella lettura del “Financial Times”.
Tiro fuori la sua macchina fotografica, intenzionata a fargli qualche foto. Ha un’aria così
sexy in camicia bianca di lino e jeans. Il flash
lo disturba. Sbatte le palpebre e fa il suo sorriso timido.
«Come stai, Mrs Grey?» chiede.
«Triste di tornare a casa» mormoro. «Mi
piace averti tutto per me.»
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Lui mi afferra una mano e se la porta alla
bocca, solleticandomi le nocche con un lieve
bacio. «Anche a me.»
«Ma?» chiedo, percependo il non detto
alla fine delle sue parole.
Si acciglia. «Ma?» ripete, fingendo di non
capire. Piego la testa di lato fissandolo con
l’espressione “Dimmelo” che ho perfezionato
negli ultimi due giorni. Lui sospira,
mettendo giù il giornale. «Voglio che questo
piromane venga catturato e scompaia dalla
nostra vita.»
«Ah.» È giusto, ma la sua franchezza mi
sorprende.
«Mi farò portare la testa di Welch su un
piatto, se permetterà che una cosa simile
succeda di nuovo.» Il suo tono minaccioso
mi fa rabbrividire. Mi guarda impassibile, e
non capisco se mi stia sfidando. Faccio l’unica cosa che mi viene in mente per alleviare
l’improvvisa tensione e sollevo la macchina
fotografica per un altro scatto.
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«Ehi, dormigliona, siamo a casa» mormora
Christian.
«Mmh» borbotto, riluttante ad abbandonare il sogno in cui lui e io siamo su una
coperta da picnic ai Kew Gardens. Sono
stanchissima. Viaggiare è spossante, anche
in prima classe. Sono stata sveglia per oltre
diciotto ore, almeno credo… sono così
esausta che ho perso il conto. Sento aprirsi la
portiera dalla mia parte e poi Christian si
protende verso di me. Mi slaccia la cintura di
sicurezza e mi prende fra le braccia,
svegliandomi.
«Ehi,
posso
camminare»
protesto
assonnata.
Lui sbuffa. «Devo portarti oltre la soglia.»
Gli metto le braccia intorno al collo. «Per
tutti i trenta piani?» Gli sorrido con aria di
sfida.
«Mrs Grey, sono felice di annunciarti che
hai messo su peso.»
«Cosa?»
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«Perciò, se non ti dispiace, useremo l’ascensore.» Stringe gli occhi a fessura, anche
se so che sta scherzando.
Taylor apre la porta d’ingresso dell’Escala
e sorride. «Benvenuti a casa, Mr e Mrs
Grey.»
«Grazie, Taylor» dice Christian.
Rivolgo a Taylor un rapido sorriso e lo
guardo tornare all’Audi, dove Sawyer aspetta
al posto di guida.
«Che cosa intendi quando dici che ho
messo su peso?» Lancio un’occhiataccia a
Christian. Il suo sorriso si allarga e lui mi
stringe al petto con forza mentre attraversa
l’atrio.
«Non molto» mi assicura, ma all’improvviso si incupisce.
«Che c’è?» Cerco di evitare un tono
allarmato.
«Hai messo su un po’ del peso che avevi
perso quando mi hai lasciato» dice
194/1287
tranquillamente mentre chiama l’ascensore.
Sul suo viso appare un’espressione
contrariata.
Quell’angoscia improvvisa mi dà una
stretta al cuore. «Ehi.» Gli passo le mani sul
viso e tra i capelli, tirandomelo vicino. «Se
non me ne fossi andata, adesso saresti qui?»
I suoi occhi si inteneriscono, e lui mi fa il
suo sorriso timido, il mio preferito. «No»
dice ed entra nell’ascensore portandomi in
braccio. Si china e mi bacia dolcemente.
«No, Mrs Grey, non sarei qui. Ma saprei di
poterti
proteggere,
perché
non
mi
sfideresti.»
Ha un tono vagamente rammaricato…
«A me piace sfidarti.» Saggio il terreno.
«Lo so. E mi rende così… felice.» Mi sorride, confuso.
Oh, grazie al cielo. «Anche se sono
grassa?» sussurro.
Scoppia a ridere. «Anche se sei grassa.»
Mi bacia di nuovo, con passione questa volta,
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e io lo prendo per i capelli tenendolo stretto,
le nostre lingue impegnate in una danza sensuale. Quando l’ascensore tintinna annunciando che siamo arrivati all’attico, siamo
tutti e due senza fiato.
«Molto felice» mormora. Il suo sorriso è
più cupo, adesso, gli occhi sono socchiusi e
pieni di una promessa lasciva. Christian
scuote la testa come per riprendersi e mi
porta nell’atrio.
«Benvenuta a casa, Mrs Grey.» Mi bacia,
un bacio casto, negli occhi un lampo di gioia.
«Benvenuto a casa, Mr Grey» dico raggiante, il mio cuore in sintonia con il suo, colmo
di felicità.
Penso che Christian stia per mettermi giù
e invece mi porta lungo il corridoio nel
salone, depositandomi sul bancone della cucina, dove siedo con le gambe penzoloni.
Prende due flûte dalla credenza e una bottiglia di champagne dal frigo… il nostro
preferito, il Bollinger. Apre la bottiglia senza
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versarne neppure una goccia, riempie i bicchieri con lo champagne rosé e me ne porge
uno. Poi prende l’altro e mi allarga con gentilezza le gambe, per potersi avvicinare a me.
«A noi, Mrs Grey.»
«A noi, Mr Grey» sussurro timida. Facciamo tintinnare i bicchieri e beviamo un
sorso di champagne.
«So che sei stanca» dice, sfregando il naso
contro il mio. «Ma mi piacerebbe andare a
letto… e non per dormire. È la nostra prima
notte qui e tu sei davvero mia.» A Seattle è
tardo pomeriggio e io sono stanca morta, ma
il desiderio sboccia nel profondo del mio
corpo.
Christian è sdraiato immobile accanto a me,
mentre io fisso le strisce rosa e oro dell’alba
che entrano dalla vetrata. Ha un braccio appoggiato mollemente sul mio petto e io
ascolto il ritmo del suo respiro tentando di
riaddormentarmi, ma è inutile. Sono sveglissima, il mio orologio biologico regolato
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sull’ora di Greenwich, la testa piena di
pensieri.
Sono successe così tante cose in queste ultime tre settimane – “Chi credo di prendere
in giro? Negli ultimi tre mesi” – che ho la
sensazione di non aver mai toccato terra con
i piedi. E adesso eccomi qui, Mrs Grey,
sposata con l’uomo più delizioso, sexy, generoso e assurdamente ricco che una donna
potrebbe incontrare. Come è potuto succedere tutto così in fretta?
Mi giro su un fianco per osservare Christian. So che lui mi guarda dormire, ma io ho di
rado l’opportunità di rendergli il favore. Nel
sonno sembra spensierato, le lunghe ciglia
distese a ventaglio sulle guance, un’ombra di
barba sulla mascella e le labbra scolpite socchiuse, rilassate mentre respira profondamente. Vorrei spingergli la lingua in bocca,
passare le dita sull’accenno di barba. Devo
lottare contro l’impulso di toccarlo, per non
disturbarlo…
Potrei
limitarmi
a
198/1287
mordicchiargli il lobo. Il mio subconscio interrompe la lettura del secondo volume delle
opere complete di Dickens per guardarmi
con aria di disapprovazione.
Torno al lavoro lunedì. Ho solo oggi per rientrare nella routine. Sarà strano non vedere
Christian per un’intera giornata dopo che
nelle ultime tre settimane abbiamo passato
insieme quasi ogni minuto. Ho amato ogni
istante, anche le liti. Ogni cosa… tranne la
notizia dell’incendio nella sede della società.
Mi si gela il sangue. Chi potrebbe voler
fare del male a Christian? Mi arrovello sul
mistero. Qualche concorrente? Una ex? Un
impiegato scontento? Non ne ho la più pallida idea e Christian tiene la bocca chiusa,
dandomi meno informazioni possibile per
proteggermi. Sospiro. Il mio splendente
cavaliere bianco-cavaliere nero cerca sempre
di proteggermi. Come posso indurlo ad aprirsi un po’ di più?
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Lui si muove e io mi immobilizzo, non
volendo svegliarlo. Ottengo l’effetto opposto.
Due occhi brillanti mi fissano.
«Che cosa c’è che non va?»
«Niente. Dormi.» Tento un sorriso
rassicurante.
«Jetlag?» chiede.
«Sarà quello? Non riesco a dormire.»
«Ho la panacea universale proprio qui,
solo per te.» Ride come un ragazzino e io
alzo gli occhi al cielo. I pensieri cupi
scivolano via e io gli mordicchio il lobo
dell’orecchio.
Christian e io siamo sull’Audi R8 e viaggiamo sull’I-5 in direzione nord, verso il ponte
della 520. Stiamo andando a pranzo dai suoi
genitori, un pranzo domenicale di bentornato. Ci sarà tutta la famiglia, più Kate e
Ethan. Sarà strano ritrovarsi in compagnia
dopo essere stati da soli tutto questo tempo.
Non abbiamo avuto occasione di parlare per
quasi tutta la mattina. Christian è rimasto
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rintanato nello studio, mentre io disfacevo i
bagagli. Mi ha detto che non ce n’era
bisogno, che se ne sarebbe occupata Mrs
Jones. Ma questa è un’altra delle cose a cui
devo abituarmi: un aiuto domestico. Faccio
scorrere distrattamente le dita sul rivestimento di pelle della portiera cercando di distrarmi dai pensieri che mi si affollano in
testa. Mi sento fuori fase. Sarà il jetlag? O
l’incendio doloso?
«Mi lasceresti guidare questa macchina?»
chiedo, sorpresa di averlo detto a voce alta.
«Naturalmente» replica Christian con un
sorriso. «Tutto ciò che è mio è tuo. Ma se la
ammacchi, ti porterò nella Stanza Rossa
delle Torture.» Mi lancia una rapida occhiata
con un sorriso malizioso.
Lo guardo decisamente male. È una
battuta?
«Stai scherzando. Mi puniresti per averti
ammaccato la macchina? Ami la tua auto più
di me?» lo provoco.
201/1287
«Quasi» risponde, allungando una mano
per darmi una stretta al ginocchio. «Ma lei
non mi tiene caldo di notte.»
«Sono sicura che la cosa si può risolvere.
Potresti dormirci dentro» lo rimbecco.
Christian scoppia a ridere. «Siamo a casa
da nemmeno un giorno e mi stai già sbattendo fuori?» Sembra divertirsi un mondo.
Lo guardo e lui mi fa un sorriso, e anche se
vorrei essere arrabbiata con lui, è impossibile
quando è di quest’umore. Adesso che ci
penso, è più rilassato da quando è uscito dal
suo studio stamattina. Mi rendo conto di essere irritabile perché dobbiamo riprendere la
routine e non so se lui tornerà a essere il
Christian più chiuso di prima della luna di
miele, o se invece riuscirò a tenermi la nuova
versione migliorata.
«Com’è che sei così contento?» chiedo.
«Perché questa conversazione è così…
normale.»
202/1287
«Normale!» brontolo. «Non dopo tre settimane di matrimonio!»
Il suo sorriso scompare.
«Sto scherzando, Christian» replico in
fretta, non volendo guastargli il buonumore.
Talvolta sono colpita da quanto può essere
insicuro. Sospetto che sia sempre stato così,
ma ha nascosto l’insicurezza dietro una facciata minacciosa. È facilissimo provocarlo,
probabilmente perché non ci è abituato. È
una rivelazione e mi meraviglio ancora una
volta di quanto poco ci conosciamo.
«Non preoccuparti, continuerò a usare la
SAAB» borbotto e torno a guardare fuori dal
finestrino, tentando di scuotermi di dosso il
cattivo umore.
«Ehi. Che cosa c’è che non va?»
«Niente.»
«A volte sai essere così esasperante, Ana.
Dimmelo.»
Mi giro e gli sorrido. «Anche tu, Mr Grey.»
203/1287
Si acciglia. «Ci sto provando» dice con
dolcezza.
«Lo so. Anch’io.» Sorrido e il mio umore
migliora un po’.
Carrick è in piedi vicino al barbecue e ha
un’aria ridicola con il cappello da cuoco e il
grembiule con la scritta LICENZA DI GRIGLIARE.
Ogni volta che lo guardo, mi fa un sorriso. In
effetti, il mio umore è migliorato parecchio.
Siamo tutti seduti intorno al tavolo sul terrazzo dei Grey, a goderci il sole tardo estivo.
Grace e Mia stanno portando diversi tipi di
insalata, Elliot e Christian si scambiano insulti amichevoli e parlano del progetto della
nuova casa, mentre Ethan e Kate mi fanno
una raffica di domande sulla luna di miele.
Christian mi tiene per mano e giocherella
con la mia fede e l’anello di fidanzamento.
«Perciò, se tu riesci a definire il progetto
con Gia, io ho una disponibilità da settembre
a metà novembre e posso mettere all’opera
tutta la squadra» dice Elliot, allungando un
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braccio per circondare le spalle di Kate, che
gli fa un sorriso.
«Gia deve venire a discutere il progetto
domani sera» replica Christian. «Spero che
riusciremo a definire tutto.» Si volta e mi
guarda, con l’aria di chi aspetta qualcosa.
«Certo.» Gli sorrido, soprattutto a beneficio degli altri, ma il mio umore peggiora di
nuovo. Perché prende queste decisioni senza
consultarmi? Oppure a darmi fastidio è il
pensiero di Gia – tutta fianchi procaci, seno
abbondante, costosi abiti firmati e profumo
– che sorride a mio marito in modo provocante? La vocina non mi dà scampo: “Non
ti ha dato nessun motivo di essere gelosa”.
Com’è altalenante il mio umore oggi. Che
cosa c’è che non va in me?
«Ana» esclama Kate, strappandomi alle
mie fantasticherie. «Sei ancora nel Sud della
Francia?»
«Sì» rispondo con un sorriso.
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«Hai un aspetto splendido» commenta,
ma mentre lo dice aggrotta la fronte.
«Tutti e due.» Grace sorride raggiante
mentre Elliot ci riempie di nuovo i bicchieri.
«Alla coppia felice.» Carrick sorride
alzando il suo, imitato da tutti.
«E congratulazioni a Ethan per essere entrato al corso di psicologia» interviene Mia
orgogliosa. Gli rivolge un sorriso adorante e
Ethan contraccambia con un sorrisetto. Mi
chiedo se abbia fatto qualche progresso con
lui.
Ascolto le chiacchiere intorno al tavolo.
Christian descrive il nostro itinerario delle
ultime tre settimane, abbellendo qua e là il
racconto. Ha l’aria rilassata e calma, la preoccupazione per l’incendio sembra dimenticata. Io invece non riesco a liberarmi
del malumore. Pilucco il cibo. Ieri Christian
mi ha detto che sono grassa. Elliot fa cadere
accidentalmente un bicchiere, facendoci
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sussultare, e c’è un improvviso fervore di attività per raccogliere i cocci.
«Ti porterò alla rimessa delle barche e ti
darò una sculacciata, se non la smetti con
quel muso» mi sussurra Christian.
Boccheggio per lo shock, mi volto e lo
guardo perplessa.
«Non oserai!» grugnisco, avvertendo dentro di me la familiare eccitazione. Lui inarca
un sopracciglio. Certo che oserà. Lancio una
rapida occhiata a Kate, dall’altra parte del tavolo. Ci sta osservando con interesse. Mi giro
di nuovo verso Christian, gli occhi ridotti a
una fessura.
«Prima devi prendermi… e ho le scarpe
senza tacco» sibilo.
«Mi divertirò» sussurra con un sorriso lascivo, e io penso che stia scherzando.
Avvampo. Non so perché, ma mi sento
meglio.
Mentre stiamo finendo il dessert a base di
fragole e panna, inizia a piovere. Balziamo in
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piedi per sparecchiare il tavolo, portando
tutto in cucina.
«Meno male che il tempo ha retto finché
non abbiamo finito» dice Grace soddisfatta
mentre ci dirigiamo nella stanza sul retro.
Christian siede al piano verticale nero, schiaccia il pedale della sordina e inizia a suonare un motivo familiare che non riesco a
identificare subito.
Grace mi chiede di Saint-Paul de Vence.
Lei e Carrick ci sono stati anni fa durante la
loro luna di miele e la cosa mi sembra di
buon auspicio, visto quanto sono felici insieme ancora adesso. Kate e Elliot sono rannicchiati su uno dei grandi divani superimbottiti, mentre Ethan, Mia e Carrick sono immersi in una conversazione sulla psicologia,
se non sbaglio.
Di colpo, tutti insieme, i Grey smettono di
parlare e fissano Christian a bocca aperta.
“Che succede?”
208/1287
Christian canta tra sé al pianoforte. Cala il
silenzio mentre noi tendiamo l’orecchio per
ascoltare la sua bassa voce melodiosa e le parole di Wherever You Will Go. L’avevo già
sentito cantare; loro no? Si interrompe, improvvisamente consapevole del silenzio che è
sceso nella stanza. Kate mi lancia un’occhiata
interrogativa e io mi stringo nelle spalle.
Christian gira sullo sgabello e si acciglia, imbarazzato per tutta quell’attenzione concentrata su di lui.
«Continua» lo incita Grace con dolcezza.
«Non ti avevo mai sentito cantare, Christian.
Mai.» Lo fissa meravigliata. Lui la guarda
con aria assente, e dopo un momento alza le
spalle. I suoi occhi si posano nervosamente
su di me, quindi vagano verso le
portefinestre. Gli altri presenti si mettono a
chiacchierare a disagio, e io rimango a
guardare il mio adorato marito.
Grace mi distrae, prendendomi le mani e
poi abbracciandomi di slancio.
209/1287
«Oh, tesoro. Grazie, grazie» sussurra in
modo che soltanto io possa sentirla. Mi viene
un nodo in gola.
«Ehm…» Ricambio l’abbraccio, senza essere davvero sicura del perché mi ringrazia.
Grace sorride, gli occhi splendenti, e mi bacia sulla guancia. “Che cosa ho fatto?”
«Vado a preparare un po’ di tè» annuncia,
la voce rauca per le lacrime trattenute.
Mi avvicino lentamente a Christian, che si
è alzato in piedi e guarda fuori.
«Ciao» mormoro.
«Ciao.» Mi mette un braccio intorno alla
vita, attirandomi a sé, e io infilo la mano
nella tasca posteriore dei suoi jeans.
Guardiamo la pioggia.
«Ti senti meglio?»
Annuisco.
«Bene.»
«Certo che sai come imporre il silenzio in
una stanza.»
210/1287
«Lo faccio continuamente» dice e mi
sorride.
«Al lavoro, sì, ma non qui.»
«Vero, non qui.»
«Nessuno ti aveva mai sentito cantare?
Mai?»
«A quanto pare no» dice seccamente.
«Andiamo?»
Lo osservo, tentando di indovinare di che
umore è. Nei suoi occhi leggo tenerezza e
calore, e una punta di perplessità. Decido di
cambiare argomento.
«Mi sculaccerai?» sussurro, avvertendo
all’improvviso le farfalle nello stomaco.
Forse è quello che mi serve…
Mi scruta in faccia, mentre gli occhi diventano cupi.
«Non voglio farti male, ma sono più che
felice di giocare.»
Mi guardo intorno nervosamente. Nessuno
sta ascoltando.
211/1287
«Solo se ti comporti male, Mrs Grey» mi
sussurra.
Come riesce a infondere tanta carica sensuale in così poche parole? «Vedrò cosa
posso fare.» Gli sorrido.
Dopo aver salutato, ci avviamo alla
macchina.
«Tieni.» Christian mi lancia le chiavi
dell’R8. «Non ammaccarla» aggiunge serio
«o mi incazzerò come una iena.»
Deglutisco a fatica. Mi sta lasciando guidare la sua macchina? “Oh, sì.”
«Sei sicuro?» biascico, stupefatta.
«Sì, prima che cambi idea.»
Non credo di aver mai avuto un sorriso
così entusiasta. Lui alza gli occhi al cielo e
apre la portiera del guidatore per farmi salire. Avvio il motore prima ancora che lui sia
arrivato dalla parte del passeggero e balza
dentro in fretta.
«Impaziente, Mrs Grey?» chiede con un
sorriso sarcastico.
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«Molto.»
Inserisco la retromarcia e faccio manovra
lentamente sul vialetto. Con mia sorpresa, riesco a non far spegnere il motore. Ragazzi,
quant’è sensibile la frizione. Mentre avanzo
con cautela, guardo nello specchietto retrovisore e vedo Sawyer e Ryan che salgono sul
SUV Audi. Non avevo idea che gli uomini
della sicurezza ci avessero seguiti fin qui. Mi
fermo prima di immettermi sulla strada
principale.
«Sei sicuro?»
«Sì» risponde in tono fermo, dicendomi
che non è sicuro per niente. Avrei voglia di
ridere sia di lui sia di me stessa, perché sono
nervosa ed eccitata. Una parte di me vorrebbe seminare Sawyer e Ryan per il gusto
del brivido. Controllo il flusso delle auto e mi
immetto sulla strada. Christian è contratto
per la tensione e io non riesco a resistere. Via
libera. Schiaccio il pedale dell’acceleratore e
l’auto schizza in avanti.
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«Piano! Ana!» urla Christian. «Rallenta…
Finiremo per ammazzarci.»
Tolgo subito il piede dall’acceleratore.
“Wow, come fila questa macchina!”
«Scusa» borbotto, cercando di sembrare
contrita e fallendo miseramente. Christian
mi fa un sorrisetto, per mascherare il sollievo, penso.
«Be’, questo è comportarsi male» dice con
noncuranza, e io rallento ancora.
Guardo nello specchietto retrovisore. Nessuna traccia del SUV Audi, solo una solitaria
macchina scura con i vetri oscurati. Immagino Sawyer e Ryan innervositi, che si affannano a raggiungerci, e per qualche ragione il
pensiero mi dà i brividi. Ma non voglio che al
mio adorato marito venga un infarto, perciò
decido di comportarmi bene e guido piano,
con sicurezza crescente, verso il ponte della
520.
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All’improvviso Christian impreca e si contorce sul sedile per cercare di estrarre il
BlackBerry dalla tasca dei jeans.
«Cosa?» scatta con rabbia rivolto a chiunque ci sia all’altro capo della linea. «No»
dice e lancia un’occhiata alle sue spalle. «Sì.
Eccola.»
Controllo lo specchietto retrovisore, ma
non vedo niente di strano, solo qualche auto.
Il SUV è quattro macchine dopo di noi e andiamo tutti a una velocità regolare.
«Capisco.» Christian fa un lungo sospiro
rumoroso e si sfrega la fronte con le dita.
“Qualcosa non va.”
«Sì… Non lo so.» Mi lancia un’occhiata e
allontana il telefono dall’orecchio: «È tutto a
posto. Continua a guidare» dice con calma,
sorridendomi, ma gli occhi rimangono seri.
L’adrenalina comincia a scorrermi nelle
vene. Riprende a parlare al telefono.
«Okay, sulla 520. Non appena ci arriviamo… Sì… Lo farò.»
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Mette il BlackBerry nel portatelefono, attivando il vivavoce.
«Che cosa succede, Christian?»
«Guarda dove vai, piccola» mi esorta
dolcemente.
Mi sto dirigendo sulla rampa d’accesso
della 520 in direzione di Seattle. Quando lancio un’occhiata a Christian, lui fissa la strada
davanti a sé.
«Non voglio che tu ti faccia prendere dal
panico» dice con calma. «Ma non appena
siamo sulla 520, voglio che tu acceleri. Qualcuno ci sta seguendo.»
“Non è possibile!” Mi balza il cuore in gola,
mi viene la pelle d’oca e mi sento soffocare
dal panico. Seguiti da chi? Il mio sguardo
guizza verso lo specchietto retrovisore… Eccola, la macchina scura che ho visto prima è
ancora dietro di noi. “No! È quella?” Strizzo
gli occhi per capire chi c’è alla guida, ma non
vedo nulla.
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«Tieni gli occhi sulla strada, piccola» mi
dice Christian con gentilezza, senza il tono
aggressivo che usa ogni volta che parla di
come guido.
“Controllati!” Mi schiaffeggio mentalmente per dominare il terrore che minaccia
di sopraffarmi. Supponiamo che chiunque
sia la persona che ci sta seguendo sia armata.
Armata e all’inseguimento di Christian!
“Merda!” Avverto un’ondata di nausea.
«Come fai a essere sicuro che siamo seguiti?» La mia voce è uno squittio a malapena udibile.
«Il Dodge dietro di noi ha una targa falsa.»
“Come fa a saperlo?”
Metto la freccia, in attesa di immettermi
sulla 520. È tardo pomeriggio e sebbene abbia smesso di piovere l’asfalto è bagnato. Per
fortuna non c’è molto traffico.
Nella testa mi risuona la voce di Ray che
mi tiene una delle sue lezioni di autodifesa.
“Sarà il panico a ucciderti o a far sì che tu
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rimanga ferita seriamente, Annie.” Faccio un
respiro profondo, cercando di controllarmi.
Chiunque ci stia inseguendo vuole Christian.
Respiro di nuovo a fondo e la mia mente
comincia a schiarirsi. Devo proteggere mio
marito. Volevo guidare la sua auto e volevo
andare veloce. “Bene, ecco la mia occasione.”
Stringo la presa sul volante e do un’ultima
occhiata allo specchietto. Il Dodge si sta
avvicinando.
Rallento, ignorando l’improvvisa occhiata
di panico che Christian mi rivolge, e mi immetto sulla 520 in tempo per costringere il
Dodge a fermarsi per far passare il traffico.
Scalo una marcia e schiaccio il pedale dell’acceleratore a tavoletta. L’R8 schizza in avanti,
mandandoci a sbattere contro lo schienale
dei sedili. Il tachimetro sale a centoventi
chilometri orari.
«Fai attenzione, piccola» dice Christian
con calma, anche se sono certa che è tutto
tranne che calmo.
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Faccio lo slalom tra le due corsie come una
pedina nera in una partita di dama, saltando
auto e camion. Su questo ponte siamo così
vicini al lago Washington che sembra di
guidare sull’acqua. Ignoro deliberatamente
le rabbiose occhiate di disapprovazione degli
altri automobilisti. Christian ha le mani
strette in grembo e sta immobile, mentre io,
nonostante i pensieri febbrili, mi chiedo vagamente se lo fa per evitare di distrarmi.
«Brava bambina» dice incoraggiante.
Guarda alle nostre spalle. «Non riesco a
vedere il Dodge.»
«Siamo proprio dietro l’ESSE I, Mr Grey.»
La voce di Sawyer arriva dal vivavoce. «Sta
cercando di raggiungervi, signore. Noi tentiamo di stargli dietro e di metterci tra la
vostra auto e il Dodge.»
“ESSE I?” Che diavolo vuol dire?
«Bene. Mrs Grey sta andando bene. A
questa velocità, se il traffico rimarrà
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scorrevole – e da quel che capisco sarà così –
saremo fuori dal ponte tra pochi minuti.»
«Sì, signore.»
Oltrepassiamo la torre di controllo del
ponte e so che siamo a metà del lago Washington. Guardo il tachimetro: sto andando
sempre a centoventi chilometri all’ora.
«Ti stai comportando benissimo, Ana»
mormora Christian, lanciando un’altra occhiata alle nostre spalle. Per un fugace momento il suo tono mi ricorda il nostro primo
incontro nella sua stanza dei giochi, quando
lui mi incoraggiava pazientemente a
obbedirgli. Il pensiero mi distrae e lo scaccio
subito.
«Dove vado?» chiedo, abbastanza calma.
Adesso sento l’auto. È una gioia guidarla, è
così silenziosa e facile da maneggiare che è
difficile credere quanto stia correndo.
Andare a questa velocità con l’R8 è facile.
«Mrs Grey, si diriga verso l’I-5 e poi a sud.
Vogliamo vedere se il Dodge vi segue per
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tutto il tragitto» dice Sawyer al vivavoce. Il
semaforo sul ponte è verde – grazie al cielo –
e io lo oltrepasso a tutta velocità.
Guardo nervosamente Christian e lui mi fa
un sorriso rassicurante. Poi il suo volto si
rabbuia.
«Merda!» impreca a bassa voce.
Alla fine del ponte c’è una coda e io sono
costretta a rallentare. Lancio un’occhiata ansiosa allo specchietto e penso di aver visto il
Dodge.
«Dieci o dodici macchine indietro?»
«Già, lo vedo» dice Christian, sbirciando
dallo stretto lunotto posteriore. «Mi chiedo
chi accidenti sia.»
«Anch’io. Sappiamo se a guidare è un
uomo?» sbotto verso il BlackBerry.
«No, Mrs Grey. Potrebbe essere un uomo o
una donna. I vetri sono troppo scuri.»
«Una donna?» chiede Christian.
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Mi stringo nelle spalle. «La tua Mrs Robinson?» suggerisco senza staccare gli occhi
dalla strada.
Christian si irrigidisce e toglie il BlackBerry dal portatelefono. «Non è la mia Mrs
Robinson» ringhia. «Non le parlo dal giorno
del mio compleanno. E poi Elena non
farebbe una cosa del genere. Non è nel suo
stile.»
«Leila?»
«È in Connecticut con i genitori, te l’ho
detto.»
«Ne sei certo?»
Lui rimane in silenzio un attimo. «No. Ma
se si fosse data alla macchia, sono sicuro che
i suoi l’avrebbero fatto sapere a Flynn. Discutiamone a casa. Adesso concentrati su quello
che stai facendo.»
«Ma potrebbe trattarsi solo di una
coincidenza.»
«Non voglio correre rischi. Non quando ci
sei di mezzo tu» scatta. Rimette il BlackBerry
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nel portatelefono, così adesso siamo di
nuovo in contatto con gli uomini della
sicurezza.
“Porca miseria. Non voglio far innervosire
Christian proprio adesso… magari più tardi.”
Tengo a freno la lingua. Per fortuna, il traffico diventa un po’ più scorrevole. Riesco a
oltrepassare velocemente l’intersezione di
Mountlake verso l’I-5, facendo di nuovo lo
slalom tra le macchine.
«Che cosa facciamo se ci ferma la polizia?»
chiedo.
«Sarebbe un bene.»
«Non per la mia patente.»
«Non preoccuparti di questo» dice. Inaspettatamente, colgo una punta di umorismo
nella sua voce.
Premo sull’acceleratore e raggiungo di
nuovo i centoventi all’ora. Ragazzi, questa sì
che è una macchina. La adoro… è così docile.
Adesso siamo a centoquaranta. Non credo di
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essere mai andata così veloce. Ero fortunata
se il Maggiolino raggiungeva gli ottanta.
«È uscito dalla coda e ha aumentato la velocità.» L’incorporea voce di Sawyer snocciola informazioni. «Sta andando a centocinquanta all’ora.»
“Più veloce!” Schiaccio l’acceleratore e
l’auto schizza a centosessanta mentre ci avviciniamo all’innesto dell’I-5.
«Continua così, Ana» mormora Christian.
Rallento per imboccare l’I-5. L’interstatale
è abbastanza tranquilla e io mi porto sulla
corsia più veloce in una frazione di secondo.
Premo l’acceleratore e la favolosa R8 schizza
in avanti dominando la corsia di sinistra,
mentre i comuni mortali si fanno da parte
per lasciarci passare. Se non fossi così
spaventata, me la godrei un sacco.
«Va a centosettanta all’ora, signore.»
«Stagli alle costole, Luke» abbaia Christian a Sawyer.
“Luke?”
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“Accidenti!” Un camion si sposta sulla corsia di sinistra e io sono costretta a
inchiodare.
«Fottuto idiota!» impreca Christian contro
l’autista mentre noi veniamo scagliati in avanti. Meno male che abbiamo la cintura di
sicurezza.
«Giragli intorno, piccola» dice Christian.
Controllo gli specchietti e taglio a destra attraversando tre corsie. Superiamo il camion
e poi mi riporto sulla corsia di sinistra.
«Bella mossa, Mrs Grey» mormora Christian. «Dove sono i poliziotti quando hai
bisogno di loro?»
«Non voglio prendere una multa, Christian» borbotto, concentrata sulla strada. «Ti
hanno mai fatto una multa per eccesso di velocità con questa?»
«No» risponde, ma lanciandogli una rapida occhiata mi accorgo che sta sorridendo.
«Ti hanno fermato?»
«Sì.»
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«Oh…»
«Fascino. È tutta una questione di fascino.
Adesso concentrati. Dov’è il Dodge,
Sawyer?»
«Ha appena toccato i centottanta, signore» dice Sawyer.
Ho di nuovo il cuore in gola. Posso andare
più veloce di così? Accelero ancora e sfreccio
accanto agli altri veicoli.
«Lampeggia con gli abbaglianti» ordina
Christian quando una Ford Mustang si rifiuta di spostarsi.
«Ma è da stronzi.»
«E allora fai la stronza!» dice aspro.
“Accidenti. Okay!” «Ehm, dove sono gli
abbaglianti?»
«La freccia. Tirala verso di te.»
Lo faccio e la Mustang si sposta, non
prima però che il guidatore mi mostri il medio senza troppi complimenti. Sfreccio al suo
fianco.
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«È lui lo stronzo» borbotta Christian,
quindi abbaia: «Esci sulla Stewart».
“Sì, signore!”
«Prendiamo l’uscita di Stewart Street»
dice Christian a Sawyer.
«Dritto all’Escala, signore.»
Rallento, guardo negli specchietti, metto la
freccia, quindi mi sposto con sorprendente
facilità attraverso le quattro corsie e imbocco
la rampa di uscita. Mi immetto in Stewart
Street e punto verso sud. La strada è silenziosa, con pochi veicoli. “Dove sono finiti
tutti?”
«Siamo stati maledettamente fortunati con
il traffico. Ma questo vale anche per il Dodge.
Non rallentare, Ana. Portaci a casa.»
«Non mi ricordo la strada» borbotto,
presa dal panico perché abbiamo il Dodge
ancora alle costole.
«A sud sulla Stewart. Prosegui finché non
te lo dico io.» Christian è di nuovo agitato.
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Sfreccio per tre isolati ma in Yale Avenue il
semaforo diventa giallo.
«Vai, Ana» urla Christian. Premo sul
pedale così tanto da toccare il pavimento
dell’auto e affondare nello schienale, finché
passo l’incrocio con il rosso.
«Sta imboccando la Stewart» dice Sawyer.
«Stagli dietro, Luke.»
«Luke?»
«Si chiama così.»
Gli lancio una rapida occhiata e vedo che
mi fissa come se fossi pazza. «Guarda la
strada!» scatta.
Ignoro il suo tono. «Luke Sawyer.»
«Sì!» Ha un tono esasperato.
«Ah.» Com’è che non lo sapevo?
Quell’uomo mi ha accompagnata al lavoro
per settimane e io non so nemmeno come si
chiama.
«Sono io, signora» dice Sawyer,
cogliendomi di sorpresa, anche se parla con
228/1287
la solita calma. «L’ESSE I sta percorrendo la
Stewart, signore. Sta andando molto veloce.»
«Vai, Ana. Piantiamola con le chiacchiere!» ringhia Christian.
«Siamo fermi al primo semaforo della Stewart» ci informa Sawyer.
«Ana… svelta… qui» urla Christian, indicando un parcheggio sul lato meridionale di
Boren Avenue. Sterzo bruscamente facendo
stridere gli pneumatici ed entro nel parcheggio affollato.
«Gira intorno. In fretta» ordina Christian.
Guido più veloce che posso portandomi in
fondo al parcheggio, lontano dalla strada.
«Lì.» Christian indica uno spazio libero.
“Merda… Vuole che parcheggi!”
«Fallo e basta» dice. E io eseguo… alla perfezione. Probabilmente il primo parcheggio
perfetto della mia vita.
«Siamo nascosti nel parcheggio tra la Stewart e la Boren» dice Christian nel
BlackBerry.
229/1287
«Okay, signore.» Sawyer sembra irritato.
«Rimanete dove siete; noi stiamo dietro
l’ESSE I .»
Christian si gira verso di me, cercandomi
con gli occhi. «Tutto a posto?»
«Certo» sussurro.
Christian fa un sorrisetto malizioso. «Chiunque sia alla guida di quel Dodge non può
sentirci, sai.»
Scoppio a ridere.
«Stiamo passando tra la Stewart e la
Boren, signore. Vedo il parcheggio. L’ESSE I
ha tirato dritto, signore.»
Entrambi ci rilassiamo per il sollievo.
«Bel lavoro, Mrs Grey. Ottima guida.»
Christian mi sfiora il volto con le dita, e io
sobbalzo a quel contatto, inspirando bruscamente. Non mi ero accorta che stavo trattenendo il fiato.
«Vuol dire che la smetterai di lamentarti
di come guido?» chiedo. Lui scoppia a
ridere… una risata liberatoria.
230/1287
«Non mi spingerei ad affermare una cosa
del genere.»
«Grazie per avermi lasciato guidare la tua
macchina. E in una circostanza così mozzafiato.» Tento disperatamente di mantenere un
tono leggero.
«Forse adesso dovrei guidare io.»
«A essere sincera, non credo di riuscire a
scendere per cederti il posto. Le mie gambe
sembrano fatte di gelatina.» All’improvviso
ho i brividi e tremo.
«È l’adrenalina, piccola» dice lui. «Ti sei
comportata incredibilmente bene, come al
solito. Non mi deludi mai.» Mi appoggia il
dorso della mano su una guancia, gli occhi
pieni di amore, paura, rimpianto, e le sue parole mi fanno sciogliere. Sopraffatta, mi lascio sfuggire un singhiozzo e poi inizio a
piangere.
«No, piccola, no. Non piangere, ti prego.»
Si allunga, mi solleva sopra il bracciolo e mi
fa sedere sulle sue ginocchia. Mi scosta i
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capelli dalla faccia, mi bacia gli occhi, poi le
guance; lo circondo con le braccia e piango in
silenzio contro il suo collo. Lui affonda il
naso nei miei capelli e mi tiene stretta a sé.
Rimaniamo lì, senza dire una parola.
La voce di Sawyer ci fa sobbalzare. «L’ESSE
I ha rallentato fuori dall’Escala. Sta perlustrando la zona.»
«Seguilo» dice seccamente Christian.
Mi asciugo le lacrime con il dorso della
mano e faccio un respiro profondo per
calmarmi.
«Usa pure la mia camicia.» Christian mi
bacia sulla tempia.
«Scusa» borbotto, imbarazzata per aver
pianto.
«Per cosa? Non scusarti.»
Lui mi prende il mento e mi bacia
dolcemente sulla bocca. «Le tue labbra sono
così morbide quando piangi, mia stupenda,
coraggiosa ragazza» sussurra.
«Baciami ancora.»
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Christian si immobilizza, una mano sulla
mia schiena, l’altra sul sedere.
«Baciami» ansimo e vedo le sue labbra
schiudersi mentre inspira bruscamente. Allunga una mano, scavalcandomi, prende il
BlackBerry e lo butta sul sedile del guidatore,
accanto ai miei piedi. Poi sento la sua bocca
su di me, la mano destra tra i capelli, per tenermi ferma, la sinistra ad accarezzarmi la
faccia. Mi infila la lingua in bocca e io la accolgo grata. L’adrenalina ricomincia a scorrere, accendendomi i sensi. Gli prendo il viso, passandogli le dita sulle basette, godendomi il suo sapore. Lui geme alla mia
reazione appassionata, con un suono gutturale, e il mio inguine freme di desiderio. La
sua mano scende lungo il mio corpo, sfiorandomi il seno, la vita, accarezzandomi il
sedere. Mi sposto impercettibilmente.
«Ah!» dice e si scosta da me, senza fiato.
«Che c’è?» mormoro contro la sua bocca.
«Ana, siamo in un parcheggio a Seattle.»
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«E allora?»
«Be’, voglio scoparti subito, e tu ti muovi
sopra di me… È imbarazzante.»
A quelle parole il mio desiderio diventa
così intenso da farmi contrarre tutti i
muscoli.
«E allora scopami.» Lo voglio. Adesso.
Quell’inseguimento in auto è stato eccitante.
Troppo eccitante. Terrificante… e la paura mi
ha scatenato la libido. Lui si piega all’indietro per guardarmi, gli occhi socchiusi e
velati.
«Qui?» Ha la voce roca.
Come fa a eccitarmi con una parola? «Sì.
Ti voglio. Ora.»
Piega la testa di lato e mi fissa per qualche
istante. «Mrs Grey, che sfacciata» sussurra
dopo quella che sembra un’eternità. Mi
stringe la nuca, tenendomi ferma, e la sua
bocca è di nuovo sulla mia, più insistente
questa volta. Con l’altra mano mi percorre il
corpo, accarezzandomi le natiche e
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scendendo fino a metà coscia. Gli affondo le
dita nei capelli.
«Sono così felice che tu indossi questa»
mormora infilando la mano sotto la gonna
per accarezzarmi la coscia. Mi agito sopra di
lui e lui respira forte.
«Stai ferma» grugnisce. Mi mette una
mano sul pube e io mi immobilizzo. Il pollice
mi sfrega il clitoride e io smetto di respirare
mentre il piacere mi scorre addosso come
elettricità, fino al centro del corpo.
«Ferma» sussurra. Mi bacia di nuovo
mentre con il pollice fa dei movimenti circolari sopra il pizzo finissimo della mia biancheria intima firmata. Infila lentamente due
dita sotto le mutandine e me le mette dentro.
Gemo e mi inarco verso la sua mano.
«Ti prego» sussurro.
«Oh. Sei così pronta» dice, muovendo le
dita dentro e fuori con lentezza esasperante.
«Gli inseguimenti in auto ti eccitano?»
«Tu mi ecciti.»
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Fa un ghigno selvaggio e ritrae di colpo le
dita, lasciandomi piena di desiderio. Mette
un braccio sotto le mie ginocchia e,
cogliendomi di sorpresa, mi solleva e mi gira
con la faccia verso il parabrezza.
Mi accarezza le cosce e le natiche, sollevandomi la gonna.
«Mani sulle mie ginocchia, piccola. Piegati
in avanti. Solleva quel culo favoloso. Attenta
alla testa.»
Stiamo per farlo davvero, in un parcheggio
pubblico. Ispeziono rapidamente la zona
davanti a noi e non vedo nessuno, ma avverto un brivido di eccitazione. “Sono in un
luogo pubblico! È così erotico!” Christian si
sposta sotto di me e sento il rumore rivelatore della sua cerniera. Mi mette un braccio
intorno alla vita e con l’altra mano mi scosta
le mutandine di pizzo, poi mi impala con un
unico rapido movimento.
«Ah!» grido, abbassandomi per andargli
incontro. Lo sento respirare a fatica. La sua
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mano risale lungo il mio corpo per afferrarmi
il collo sotto il mento. Mi tira verso di sé e mi
fa piegare la testa di lato per baciarmi la
gola. Con l’altra mano mi tiene per un fianco
e iniziamo a muoverci insieme.
Mi sollevo sui piedi e lui si spinge dentro
di me… dentro e fuori. La sensazione è…
Gemo forte. Mi aggrappo con la sinistra al
freno a mano, puntellandomi contro la portiera con la destra. Lui mi mordicchia il lobo e
lo tira… È quasi doloroso. Me lo mette dentro, ripetutamente. Io mi alzo e mi abbasso;
poi, quando abbiamo trovato un ritmo, mi
mette una mano in mezzo alle gambe e mi
sfiora il clitoride con un dito attraverso il
pizzo delle mutandine.
«Vieni in fretta» mi mormora all’orecchio
a denti stretti, la mano ancora sul collo.
«Dobbiamo farlo alla svelta, Ana.» E
aumenta la pressione del dito sul mio pube.
«Ah!» Sento montare il piacere, che si
concentra e cresce dentro di me.
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«Andiamo, piccola» mi dice all’orecchio
con voce roca. «Voglio sentirti.»
Gemo di nuovo e adesso il piacere mi invade. Tengo gli occhi chiusi. La sua voce nel
mio orecchio, il suo respiro sul collo, il piacere che si irradia sotto la sua mano in
mezzo alle cosce e nel punto profondo dove
mi penetra… e mi perdo. Il mio corpo prende
il controllo, bramando il piacere.
«Sì» mi sibila Christian nell’orecchio e io
apro gli occhi, guardando senza vederlo il
tettuccio di stoffa dell’R8, poi li chiudo di
nuovo mentre vengo.
«Oh, Ana» mormora meravigliato, mi circonda con le braccia e affonda dentro di me
per l’ultima volta, irrigidendosi mentre raggiunge l’orgasmo.
Mi sfrega il naso contro la mascella e mi
bacia dolcemente la gola, la guancia, la
tempia, la testa abbandonata contro il suo
collo.
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«Scaricata la tensione, Mrs Grey?» mi
morde il lobo dell’orecchio e tira. Sono
svuotata, completamente esausta, e piagnucolo. Sento il suo sorriso sulla pelle.
«Di sicuro con me ha funzionato» aggiunge, facendomi spostare. «Hai perso la
voce?»
«Sì» mormoro.
«Però, che creatura lasciva. Non avevo
idea che fossi una simile esibizionista.»
Mi tiro su immediatamente, allarmata. Lui
si irrigidisce. «Nessuno ci ha visti, vero?»
Guardo con ansia il parcheggio.
«Pensi che permetterei a qualcuno di
guardare mia moglie mentre viene?» Mi accarezza la schiena per rassicurarmi, ma il
tono della sua voce mi fa venire i brividi. Mi
giro a guardarlo e gli faccio un sorriso
malizioso.
«Sesso in macchina!» esclamo.
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Lui contraccambia il sorriso e mi sistema
una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Torniamo indietro. Guido io.»
Apre la portiera per farmi scendere dal suo
grembo nel parcheggio. Quando lo guardo,
lui sta richiudendo in fretta la cerniera dei
pantaloni. Scende anche lui e mi tiene aperta
la portiera per farmi salire di nuovo in macchina. Si dirige velocemente dal lato del
guidatore, sale accanto a me, prende il BlackBerry e fa una chiamata.
«Dov’è Sawyer?» sbraita. «E il Dodge?
Perché Sawyer non è con te?»
Ascolta con attenzione Ryan, presumo.
«Lei?» sussulta. «Stalle addosso.» Christian chiude la telefonata e mi guarda.
“Lei!” La persona alla guida dell’auto? Chi
potrebbe essere… Elena? Leila?
«La persona alla guida del Dodge è una
donna?»
«Così sembrerebbe» dice lui sommessamente, la bocca una sottile linea dura. «Ti
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riporto a casa» borbotta. Mette in moto l’R8
e fa retromarcia per uscire dal parcheggio.
«Dov’è… ehm… l’ESSE I? E poi, che cosa
vuol dire?»
Christian sorride brevemente, mentre
guida l’auto fuori dal parcheggio e si immette
in Stewart Street.
«Sta per “soggetto ignoto”. Ryan è un ex
agente dell’FBI.»
«FBI?»
«Non fare domande.» Christian scuote la
testa. È ovvio che è immerso nei suoi
pensieri.
«Be’, dov’è questo ESSE I donna?»
«Sull’I-5, direzione sud.» Mi lancia un’occhiata, rabbuiato.
“Wow!” Da appassionato a calmo ad ansioso nel giro di pochi minuti. Gli accarezzo una
coscia, facendo correre le dita lungo la cucitura interna dei jeans nella speranza di tirarlo su di morale. Toglie una mano dal
volante e mi ferma.
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«No» dice. «Siamo arrivati sani e salvi fin
qui. Non vorrai farmi fare un incidente a tre
isolati da casa.» Si porta la mia mano alla
bocca per smussare l’asprezza del commento. Freddo, calmo, autorevole… E per la
prima volta da qualche tempo mi fa sentire
come una ragazzina ribelle. Ritiro la mano e
sto zitta per qualche istante.
«Una donna, dunque?»
«Così sembra.» Svolta nel garage sotterraneo dell’Escala e digita il codice di accesso
sul tastierino. Il cancello si apre e lui entra,
parcheggiando l’R8 nello spazio riservato.
«Questa macchina mi piace molto»
mormoro.
«Anche a me. E mi piace come la tratti… e
come sei riuscita a non ammaccarla.»
«Potresti regalarmene una per il mio compleanno» gli dico con un sorriso malizioso.
Christian rimane a bocca aperta, mentre io
scendo dall’auto.
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«Bianca, direi» aggiungo, chinandomi per
fargli un sorriso radioso.
Si illumina. «Anastasia Grey, non smetti
mai di sorprendermi.»
Chiudo la portiera e lo aspetto. Lui scende
agilmente, lanciandomi quello sguardo… che
fa appello a qualcosa di profondo dentro di
me. Lo conosco bene, quello sguardo.
Quando è di fronte a me, Christian si china e
sussurra: «A te piace la macchina. A me piace la macchina. Ti ho scopata dentro
l’auto… forse dovrei scoparti sopra».
Trattengo il fiato. Una lucente BMW argentea entra nel garage. Christian le lancia
un’occhiata ansiosa, poi infastidita, e mi fa
un sorriso malizioso.
«Ma a quanto pare abbiamo compagnia.
Vieni.» Mi prende per mano e si avvia verso
l’ascensore. Preme il pulsante per chiamarlo
e mentre aspettiamo il proprietario della
BMW ci raggiunge. È giovane, vestito in modo
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casual, con lunghi capelli scuri. Ha l’aria di
uno che lavora nel mondo dell’informazione.
«Salve» dice, rivolgendoci un sorriso
caloroso.
Christian mi mette un braccio intorno alla
vita e annuisce educatamente.
«Mi sono appena trasferito qui. Appartamento sedici.»
«Salve.» Contraccambio il sorriso. Ha occhi castani gentili e luminosi.
Arriva l’ascensore ed entriamo. Christian
mi
lancia
un’occhiata,
l’espressione
indecifrabile.
«Lei è Christian Grey» dice il giovane.
Christian gli fa un sorrisetto tirato.
«Noah Logan.» Tende la mano. Christian
gliela stringe con riluttanza. «Quale piano?»
chiede Noah.
«Devo inserire un codice.»
«Oh.»
«Attico.»
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«Oh.» Noah fa un ampio sorriso. «Naturalmente.» Preme il pulsante dell’ottavo piano e le porte dell’ascensore si chiudono.
«Mrs Grey, suppongo.»
«Sì.» Gli sorrido educata e ci stringiamo la
mano. Noah arrossisce leggermente guardandomi per un istante di troppo. Arrossisco
anch’io e il braccio di Christian aumenta la
stretta intorno a me.
«Quando si è trasferito?» chiedo.
«Lo scorso fine settimana. Mi piace moltissimo questo posto.»
C’è una pausa imbarazzata prima che l’ascensore si fermi al piano di Noah.
«Piacere di avervi conosciuti» dice in tono
sollevato, e scende. Le porte si chiudono silenziosamente alle sue spalle. Christian digita il codice e l’ascensore ricomincia a salire.
«Sembra simpatico» mormoro. «Non ho
mai incontrato nessuno dei vicini.»
Christian si rabbuia. «Io preferisco così.»
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«Perché sei un eremita. Pensavo che quel
tipo fosse abbastanza gradevole.»
«Eremita?»
«Eremita. Chiuso nella tua torre d’avorio»
dico. Christian piega le labbra in una smorfia
divertita.
«La nostra torre d’avorio. Penso che tu abbia un altro nome da aggiungere all’elenco
dei tuoi ammiratori, Mrs Grey.»
Alzo gli occhi al cielo. «Christian, tu pensi
che siano tutti miei ammiratori.»
«Hai appena alzato gli occhi al cielo?»
Il mio battito accelera. «Certo che l’ho
fatto» sussurro, la voce strozzata.
Piega la testa di lato con la sua espressione
cupa, arrogante, divertita. «E che cosa ti
meriti?»
«Qualcosa di violento.»
Sbatte le palpebre per mascherare lo
stupore. «Violento?»
«Ti prego.»
«Vuoi di più?»
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Annuisco lentamente. Le porte dell’ascensore si aprono e noi siamo a casa.
«Violento come?» ansima, gli occhi sono
due pozze scure.
Lo fisso, senza dir niente. Lui chiude gli
occhi per un attimo, poi mi prende per mano
e mi trascina nell’atrio.
Quando entriamo nell’appartamento, Sawyer è in piedi nel corridoio che ci aspetta.
«Sawyer, a rapporto tra un’ora» dice
Christian.
«Sì, signore.» Sawyer si gira e torna
nell’ufficio di Taylor.
“Abbiamo un’ora!”
Christian mi guarda. «Violento?»
Annuisco.
«Be’, Mrs Grey, è il tuo giorno fortunato.
Oggi accetto richieste.»
6
«Hai qualcosa in mente?» mormora Christian, inchiodandomi con il suo sguardo
sfrontato. Alzo le spalle, di colpo senza fiato
e agitata. Non so se sia a causa dell’inseguimento, del mio cattivo umore di
prima… non capisco, ma lo voglio e lo voglio
sul serio. Sul viso di Christian compare
un’espressione perplessa. «Sesso estremo?»
chiede.
Annuisco, il volto in fiamme. “Perché sono
così imbarazzata? Ho fatto sesso estremo di
ogni genere con quest’uomo. È mio marito,
accidenti! E sono a disagio perché lo voglio e
mi vergogno di ammetterlo?”
«Carta bianca?» Sussurra, guardandomi
pensieroso, come se stesse cercando di leggermi nella mente.
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“Carta bianca? Che cosa implicherà?” «Sì»
mormoro nervosa, cominciando a eccitarmi.
Sorride, un sorriso sensuale.
«Vieni» dice e mi trascina verso le scale.
Le sue intenzioni sono chiarissime. “Stanza
dei giochi!”
In cima alle scale, mi lascia andare la
mano e apre la porta. La chiave è attaccata al
portachiavi che gli ho regalato non molto
tempo fa.
«Dopo di te, Mrs Grey» dice e spalanca la
porta.
La stanza dei giochi ha un odore familiare
e rassicurante, di pelle, legno e cera. Arrossisco, sapendo che Mrs Jones deve averla pulita mentre noi eravamo in luna di miele.
Mentre entriamo, Christian preme l’interruttore e una luce morbida e diffusa rischiara le
pareti rosso scuro. Lo fisso in attesa, il
sangue che mi scorre veloce nelle vene. “Che
cosa farà?” Chiude la porta a chiave e si gira.
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Piega la testa di lato, mi guarda pensieroso,
poi scrolla la testa, divertito.
«Che cosa vuoi, Anastasia?» mi chiede con
gentilezza.
«Te.» Ho la voce ansimante.
Lui sorride malizioso. «Mi hai. Mi hai
dalla volta in cui sei caduta nel mio ufficio.»
«Allora stupiscimi, Mr Grey.»
Sulle labbra gli compare una smorfia di
promessa carnale. «Come desideri, Mrs
Grey.» Incrocia le braccia e si porta l’indice
alle labbra, valutandomi. «Penso che cominceremo liberandoti dei vestiti.» Fa un passo
avanti. Mi slaccia il corto giubbotto di jeans e
me lo fa scivolare dalle spalle, lasciandolo cadere a terra. Afferra l’orlo del top nero.
«Alza le braccia.»
Obbedisco e lui me lo sfila dalla testa. Si
piega e mi dà un lieve bacio, negli occhi uno
sguardo in cui si mescolano lussuria e amore.
Anche il top finisce sul pavimento.
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«Tieni»
sussurro,
guardandolo
nervosamente mentre mi sfilo l’elastico per i
capelli che tengo al polso e glielo porgo. Lui
si immobilizza, sgranando gli occhi per un
breve momento senza però rivelare nulla.
Alla fine prende l’elastico.
«Girati» ordina.
Sollevata, sorrido tra me e obbedisco. A
quanto pare, abbiamo superato questo piccolo ostacolo. Mi raccoglie i capelli e li intreccia rapidamente, poi li lega. Mi tira la
treccia, facendomi piegare la testa
all’indietro.
«Buona idea, Mrs Grey» mi sussurra
all’orecchio, pizzicandomi il lobo. «Adesso
voltati e togliti la gonna. Falla cadere.» Mi
lascia andare e fa un passo indietro mentre
io mi giro per guardarlo. Senza levargli gli
occhi di dosso, slaccio la cintura della gonna
e tiro giù la cerniera. La gonna si apre e cade
sul pavimento, raccogliendosi ai miei piedi.
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Mentre faccio un passo avanti, lui si
inginocchia davanti a me e mi afferra la caviglia destra. Slaccia abilmente i sandali
mentre io mi chino in avanti, tenendomi in
equilibrio con una mano appoggiata sulla
parete dove erano appese le fruste, i frustini
e gli sculacciatori. Adesso sono rimasti solo il
flagellatore e il frustino marrone. Li guardo
con curiosità. “Userà questi?”
Adesso che mi ha tolto i sandali, indosso
solo il reggiseno e le mutandine di pizzo.
Christian è seduto sui talloni e mi guarda.
«Sei una visione meravigliosa, Mrs Grey.» Si
tira su, in ginocchio, mi afferra i fianchi e mi
tira verso di sé, affondando il naso tra le mie
cosce. «E sai di te e di me e di sesso» dice,
inspirando bruscamente. «È inebriante.» Mi
bacia attraverso il pizzo delle mutandine,
mentre io sussulto alle sue parole… avvertendo una fitta di desiderio. È così… sconveniente. Raccoglie i miei vestiti e i sandali e
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si alza con un agile movimento, come un
atleta.
«Vai vicino al tavolo» mi dice, facendo un
cenno con il mento. Poi si volta e raggiunge il
cassettone delle meraviglie.
Lanciandosi un’occhiata alle spalle, mi fa
un sorrisetto. «Faccia al muro… così non
saprai che cos’ho in mente. Il nostro scopo è
il piacere, Mrs Grey, e tu volevi una
sorpresa.»
Mi giro, drizzando le orecchie… il mio
udito all’improvviso sensibile al minimo
rumore. È bravo in questo… far crescere le
mie aspettative, accendere il mio desiderio…
facendomi aspettare. Lo sento appoggiare i
miei sandali e, penso, i miei vestiti sul cassettone, poi sento il rumore delle sue scarpe
che cadono, una dopo l’altra. Mmh… Un attimo dopo, lo sento aprire un cassetto.
“Giocattoli!” Oh, quanto mi piace quest’attesa. Il cassetto si chiude e io trattengo il fiato. Come può il rumore di un cassetto farmi
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fremere così selvaggiamente? Il lieve sibilo
dell’impianto stereo che viene acceso mi dice
che ci sarà un interludio musicale. Un pianoforte comincia a suonare, in sordina, e accordi malinconici riempiono la stanza. So
che non è una canzone. Al piano si unisce
una chitarra elettrica. Si sente una voce
maschile e io distinguo le parole, qualcosa riguardo al non aver paura di morire.
Christian viene verso di me senza fretta, i
piedi nudi che risuonano sul parquet. Lo percepisco alle mie spalle mentre una donna
inizia a cantare… gemere…?
«Violento, hai detto, Mrs Grey?» mi alita
nell’orecchio sinistro.
«Mmh.»
«Devi dirmi di fermarmi se è troppo. Se tu
dici basta, smetterò immediatamente.
Capito?»
«Sì.»
«Ho bisogno che me lo prometti.»
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Inspiro bruscamente. «Prometto» mormoro senza fiato, ricordando le parole che mi
ha detto: “Non voglio farti male, ma sono più
che felice di giocare”.
«Brava bambina.» Si china e mi bacia sulla
spalla nuda, poi infila un dito sotto la chiusura del reggiseno e traccia una linea attraverso la mia schiena. Vorrei gemere. Come fa
a rendere tanto erotico un tocco così lieve?
«Toglilo» mi sussurra, e io obbedisco in
fretta, lasciandolo cadere per terra. Scende
con le mani lungo la mia schiena e infila i
pollici nelle mutandine, tirandomele giù.
«Liberatene» ordina. Faccio di nuovo
come ha detto. Mi bacia il sedere e si
raddrizza.
«Ti bendo, così sarà tutto più intenso.» Mi
fa scivolare sugli occhi una mascherina, e su
di me cala il buio. La donna che canta geme
in modo incoerente… una melodia ossessionante, che viene dal cuore.
255/1287
«Piegati e stenditi con il busto sul tavolo»
dice a bassa voce. «Adesso.»
Eseguo senza fiatare, la faccia imporporata
contro la superficie dura e lucida. Il legno è
freddo sulla pelle e sa un po’ di cera con un
vago sentore di agrumi.
«Distendi le braccia in avanti e afferra il
bordo.»
“Okay…” Aggancio le mani al bordo del tavolo. È piuttosto grande, per cui ho le braccia
completamente distese.
«Se lo lasci andare, ti sculaccerò. Hai
capito?»
«Sì.»
«Vuoi che ti sculacci, Anastasia?»
La parte inferiore del mio corpo si contrae
per il piacere. Mi rendo conto che l’ho desiderato sin da quando mi ha minacciata a
pranzo, e né l’inseguimento in macchina né il
sesso che abbiamo fatto dopo hanno soddisfatto questo bisogno.
«Sì.» La mia voce è un sussurro roco.
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«Perché?»
“Oh… dev’esserci un motivo?” Mi stringo
nelle spalle.
«Dimmelo» insiste. Poi all’improvviso mi
colpisce con forza.
«Ah!» grido.
«Silenzio, adesso.»
Mi strofina gentilmente le natiche dove mi
ha colpita. Quindi si piega su di me, schiacciando i suoi fianchi contro il mio sedere, e
mi depone baci sulla schiena. Si è tolto la
camicia e i peli del petto mi solleticano la
pelle; la sua erezione preme su di me attraverso la stoffa ruvida dei jeans.
«Apri le gambe» ordina.
Lo faccio.
«Di più.»
Gemo e obbedisco.
«Brava bambina» ansima. Mi fa scorrere
un dito lungo la schiena, nel solco tra le natiche e sull’ano, che si contrae al suo tocco.
«Ci divertiremo con questo» sussurra.
257/1287
Il suo dito scende ancora ed entra lentamente dentro di me.
«Sento che sei bagnata, Anastasia. Da
prima o da ora?»
Fa scorrere il dito dentro e fuori di me, ripetutamente. Spingo contro la sua mano,
bramando quell’intrusione.
«Oh, Ana, l’una e l’altra cosa, penso. Credo
che ti piaccia essere qui, in questa posizione.
Mia.»
“Oh, se mi piace.” Toglie il dito e mi
colpisce di nuovo.
«Dimmelo» sussurra, la voce roca e carica
di urgenza.
«Sì, mi piace» uggiolo.
Mi colpisce ancora facendomi urlare, poi
mi mette dentro due dita. Le tira subito fuori
e spalma l’umore sopra e intorno all’ano.
«Che cosa vuoi fare?» chiedo, senza fiato.
“Oddio…”
«Non è quello che pensi» mormora
rassicurante. «Un passo alla volta, piccola.»
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Sento il lieve gorgogliare di un liquido,
probabilmente spremuto da un tubetto, poi il
suo dito mi massaggia di nuovo nello stesso
punto. Mi sta lubrificando… lì! Mi dimeno
mentre la paura lotta contro l’eccitazione
dell’ignoto. Mi colpisce ancora, più in basso,
sul pube. Gemo. La sensazione è…
meravigliosa.
«Stai ferma» dice. «E non mollare il bordo
del tavolo. È lubrificante.» Me ne spalma
ancora un po’. Cerco di non muovermi, ma
mi batte forte il cuore, le pulsazioni impazzite, mentre ansia ed eccitazione lottano
dentro di me.
«Era da un po’ che volevo fartelo, Ana.»
Gemo. E sento qualcosa di freddo, il
freddo del metallo, che mi scende lungo la
spina dorsale.
«Ho un piccolo regalo per te» sussurra.
Mi viene in mente la nostra “presentazione
e descrizione del campionario”. Oh! Un
259/1287
dilatatore anale. Christian me lo fa scorrere
nel solco tra le natiche.
«Sto per mettertelo dentro, molto
lentamente.»
Trattengo il fiato, combattuta tra aspettativa e paura.
«Fa male?»
«No. È piccolo. Una volta che ce l’hai dentro, ti scoperò per bene.»
Per poco non mi vengono le convulsioni.
Piegandosi sopra di me, mi bacia tra le
scapole.
«Pronta?» sussurra.
“Sono pronta per questo?”
«Sì» rispondo a voce bassissima, la bocca
secca. Fa scorrere un altro dito sull’ano e sul
perineo, poi me lo mette dentro. “Porca
miseria, è il pollice.” Piega la mano a coppa
sul pube e mi accarezza piano il clitoride.
Gemo… è… bellissimo. E con delicatezza,
mentre le dita e il pollice fanno la loro magia,
260/1287
spinge lentamente il dilatatore freddo dentro
di me.
«Ah!» gemo forte alla sensazione estranea,
i muscoli che si contraggono per l’intrusione.
Muove il pollice in circolo dentro di me e
spinge il dilatatore con più forza, finché non
entra con facilità, e io non so se è perché
sono così eccitata o perché mi ha distratta
con le sue dita esperte, ma il mio corpo sembra accettarlo. È pesante… e strano… lì!
«Oh, piccola.»
E lo sento… dove il pollice si muove dentro
di me… e il dilatatore gli preme contro… oh,
ah… Gira lentamente l’oggetto, strappandomi un lungo gemito.
«Christian» mormoro confusamente, il
suo nome un mantra biascicato, mentre mi
abituo alla sensazione.
«Brava bambina» mormora. Fa scorrere la
mano libera lungo il mio fianco fino all’anca.
Ritrae lentamente il pollice e io sento il
rumore rivelatore della lampo dei jeans. Mi
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afferra l’altro fianco, mi tira verso di sé e mi
allarga ulteriormente le gambe, spingendo
un piede contro il mio. «Non mollare il tavolo, Ana» mi avverte.
«No» dico senza fiato.
«Qualcosa di violento? Dimmi se è troppo
violento. Capito?»
«Sì» sussurro, e lui me lo sbatte dentro tirandomi al contempo verso di sé, spingendo il
dilatatore più a fondo…
«Cazzo!» grido.
Lui s’immobilizza, il respiro affannoso, il
mio ansimare che si mescola al suo. Cerco di
assorbire tutte le sensazioni: quella meravigliosa di essere riempita, la sensazione allettante di fare una cosa proibita, il piacere
erotico che si diffonde dal centro del mio
corpo. Tira delicatamente il dilatatore.
“Oddio…” Gemo e sento che lui respira
forte… un ansito di piacere puro, genuino.
Mi infiamma il sangue. Mi sono mai sentita
così sfrenata? Così…
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«Ancora?» sussurra.
«Sì.»
«Stai giù!» Lo tira fuori e me lo infila dentro di nuovo.
“Oh… era questo che volevo.” «Sì» dico tra
i denti.
E lui prende il ritmo, il respiro più affannoso che si mescola al mio ansimare mentre
mi scopa.
«Oh, Ana» dice in un soffio. Toglie una
mano dal mio fianco e gira il dilatatore lentamente, tirandolo fuori e poi spingendolo di
nuovo dentro. La sensazione è indescrivibile,
penso che morirò su questo tavolo. Non
perde un colpo mentre mi prende, ripetutamente, muovendosi con violenza dentro di
me, mentre io mi contraggo e sono percorsa
dagli spasmi.
«Oh, cazzo» gemo. Mi sta aprendo in due.
«Sì, piccola» sibila.
«Ti prego» lo supplico, e non so per cosa…
perché smetta, perché non smetta mai,
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perché giri ancora il dilatatore. Mi contraggo
intorno a lui e all’oggetto.
«Ecco» ansima e mi colpisce con forza
sulla natica destra, e io vengo… ripetutamente, la sensazione di cadere, di vorticare,
di pulsare intorno a quello che mi riempie…
e Christian estrae delicatamente il dilatatore.
«Aah!» grido e Christian mi afferra per i
fianchi e raggiunge l’orgasmo urlando, tenendomi ferma.
La donna sta ancora cantando. In questa
stanza Christian mette sempre le canzoni in
loop. Sono accoccolata con le gambe intrecciate alle sue, la testa sul suo petto. Siamo sul
pavimento della stanza dei giochi, vicino al
tavolo.
«Bentornata» dice, togliendomi la mascherina. Sbatto le palpebre mentre gli occhi
si abituano alla luce. Mi solleva il mento e mi
bacia teneramente sulle labbra, lo sguardo
concentrato e ansioso che cerca il mio.
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Allungo una mano per accarezzargli la faccia.
Sorride.
«Bene, ho esaudito la richiesta?» chiede,
divertito.
Mi incupisco. «Richiesta?»
«Lo volevi violento» dice con gentilezza.
Faccio un sorriso radioso, semplicemente
perché non posso farne a meno. «Sì. Credo
che tu l’abbia esaudita…»
Lui inarca un sopracciglio e ricambia il
sorriso. «Sono molto felice di sentirlo. In
questo momento hai l’aria di una che è stata
assolutamente ben scopata, e sei bellissima.»
«È proprio come mi sento» faccio le fusa.
Mi bacia con tenerezza, le labbra calde
contro le mie. «Non mi deludi mai.» Si
scosta per guardarmi in faccia. «Come stai?»
Nella sua voce c’è una nota di
preoccupazione.
«Bene» mormoro, sentendomi avvampare.
«Assolutamente ben scopata.» Faccio un
sorriso timido.
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«Be’, Mrs Grey, usi un linguaggio davvero
volgare.» Christian finge un’espressione offesa, ma io percepisco il divertimento nella
sua voce.
«Perché sono sposata con un ragazzo davvero volgare, Mr Grey.»
Fa un sorriso assurdamente stupido ed è
contagioso. «Sono felice che tu sia sposata
con lui.» Prende in mano la mia treccia, se la
porta alle labbra e ne bacia l’estremità con
venerazione, gli occhi splendenti d’amore.
Gli prendo la mano sinistra e bacio la sua
fede, una semplice fascetta di platino uguale
alla mia. «Sei mio» sussurro.
«Tuo» conferma. Mi circonda con le braccia e affonda il naso nei miei capelli. «Posso
prepararti un bagno?»
«Mmh. Solo se lo fai insieme a me.»
«Okay» dice. Mi tira in piedi e si alza. Indossa ancora i jeans.
«Ti metterai gli… ehm… gli altri jeans?»
Mi guarda perplesso. «Altri jeans?»
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«Quelli che mettevi quando venivi qui.»
«Quei jeans?» mormora, con aria stupita.
«Sei molto sexy con quelli addosso.»
«Davvero?»
«Sì… voglio dire, proprio arrapante.»
Sorride timidamente. «Be’, per te, Mrs
Grey, forse lo farò.» Si china per baciarmi,
quindi raccoglie dal tavolo il piccolo contenitore con dentro il dilatatore anale, il tubetto
di lubrificante, la mascherina e le mie
mutandine.
«Chi pulisce questi giocattoli?» gli chiedo
seguendolo verso il cassettone.
Aggrotta la fronte. «Io. Mrs Jones.»
«Cosa?»
Lui annuisce, divertito e imbarazzato,
credo. Spegne la musica. «Be’… ehm…»
«Le tue Sottomesse lo facevano…» finisco
la frase al suo posto. Lui alza le spalle con
aria di scuse.
«Tieni.» Mi porge la sua camicia e io me la
metto, avvolgendomela intorno al corpo. Il
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lino ha ancora il suo odore e dimentico la
mortificazione riguardo alla pulizia del
dilatatore. Lui lascia gli oggetti sul cassettone. Quindi mi prende per mano, apre la
porta della stanza dei giochi, e mi guida giù
per le scale. Lo seguo docilmente.
L’ansia, il cattivo umore, il brivido, la
paura e l’eccitazione dell’inseguimento in
auto sono spariti. Mi sento rilassata… finalmente soddisfatta e calma. Mentre entriamo
in bagno, faccio uno sbadiglio rumoroso e mi
stiracchio… in pace con me stessa, una volta
tanto.
«Che cosa c’è?» mi chiede aprendo il rubinetto della vasca.
Scuoto la testa.
«Dimmelo» mi chiede sommessamente.
Versa l’olio al gelsomino nell’acqua, e la
stanza si riempie del suo aroma dolce e
sensuale.
Arrossisco. «È solo che mi sento meglio.»
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Lui sorride. «È vero, eri di un umore
strano oggi, Mrs Grey.» Mi prende tra le
braccia. «So che ti preoccupi per quello che è
successo di recente. Mi dispiace che tu sia rimasta coinvolta. Non so se si tratti di una
vendetta privata, di un ex dipendente o di un
rivale in affari. Se dovesse accaderti qualcosa
a causa mia…» La sua voce si spegne in un
sussurro sofferente. Lo circondo con le
braccia.
«E se succede qualcosa a te, Christian?»
dico, dando voce alle mie paure.
Lui mi guarda. «Ci penseremo. Adesso lasciati togliere questa camicia ed entriamo
nella vasca.»
«Non dovresti parlare con Sawyer?»
«Può aspettare.» Gli si induriscono i lineamenti e io provo un’improvvisa fitta di pietà
per Sawyer. Che cos’ha fatto per contrariare
Christian?
Mi aiuta a togliere la camicia, poi lo
sguardo è cupo quando mi giro verso di lui.
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Sul seno ci sono ancora i lividi sbiaditi dei
succhiotti che mi ha fatto durante la luna di
miele, ma decido di far finta di niente.
«Mi chiedo se Ryan sia riuscito a star dietro al Dodge.»
«Vedremo, dopo il bagno. Vieni, adesso.»
Mi tende la mano. Entro nell’acqua bollente
e profumata e mi siedo con cautela.
«Ahi.» L’acqua calda mi fa sussultare.
«Piano, piccola» mi avverte Christian, ma
mentre lo dice la sensazione di disagio
scompare.
Christian si spoglia ed entra nella vasca dietro di me, attirandomi contro il suo petto.
Mi rannicchio tra le sue gambe e ci godiamo
il bagno, pigri e felici. Faccio correre le dita
lungo la sua gamba, mentre lui prende la mia
treccia e se la rigira delicatamente tra le dita.
«Dobbiamo guardare il progetto per la
casa nuova. Più tardi, stasera?»
«Certo.» Quella donna sta per venire di
nuovo. Il mio subconscio alza lo sguardo dal
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terzo volume delle opere complete di Dickens con un’espressione torva. È molto contrariato, e stavolta sono d’accordo con lui.
Sospiro. Sfortunatamente, i disegni di Gia
Matteo sono mozzafiato.
«Devo preparare le mie cose per il lavoro»
sussurro.
Si irrigidisce. «Lo sai che non devi tornare
per forza in ufficio».
Oh, no… ci risiamo. «Christian, ne abbiamo già discusso. Per favore, non sollevare
di nuovo l’argomento.»
Mi tira la treccia per farmi alzare la testa.
«Era solo per dire…» Mi bacia dolcemente
sulle labbra.
Indosso i pantaloni della tuta e un top e decido di andare a prendere i miei vestiti nella
stanza dei giochi. Mentre percorro il corridoio, sento Christian alzare la voce nel suo
studio. Mi immobilizzo.
«Dove cazzo eri?»
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Sta urlando contro Sawyer. Mi faccio piccola piccola e mi precipito su per le scale.
Non voglio sentire quello che gli dice… Ho
ancora paura quando Christian alza la voce.
Povero Sawyer. Almeno io ho imparato a
rispondere a tono.
Raccolgo le mie cose e le scarpe di Christian, poi noto che il contenitore con il
dilatatore è ancora sul cassettone. “Bene… si
suppone che tocchi a me pulirlo.” Lo aggiungo alla pila di roba e torno al piano di
sotto. Lancio un’occhiata nervosa nel salone,
ma è tutto tranquillo. Grazie al cielo.
Taylor tornerà domani sera e di solito
Christian è più calmo quando c’è lui. Taylor
sta passando qualche giorno con la figlia. Mi
chiedo pigramente se la conoscerò mai.
Mrs Jones esce dalla lavanderia. Sobbalziamo entrambe.
«Mrs Grey… non l’avevo vista.» “Sono Mrs
Grey, adesso!”
«Salve, Mrs Jones.»
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«Benvenuta a casa e congratulazioni.»
Sorride.
«La prego, mi chiami Ana.»
«Mrs Grey, mi sentirei più a mio agio
così.»
Oh! Perché tutto deve cambiare solo per il
fatto che porto un anello al dito?
«Desidera decidere i menu della settimana?» mi chiede.
«Ehm…» “I menu?” Non è una domanda
che avevo previsto.
Lei sorride. «Da quando ho iniziato a lavorare per Mr Grey, tutte le domeniche sera
decidiamo insieme i menu della settimana e
facciamo la lista della spesa.»
«Capisco.»
«Posso occuparmi io di questi?»
Tende le mani per prendere i vestiti.
«Oh… ehm. Veramente mi servono
ancora.» “E nascondono il contenitore con il
dilatatore!” Divento scarlatta. È un miracolo
che riesca a guardarla negli occhi. Lei sa
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quello che facciamo… È lei che pulisce la
stanza…
«Quando vuole, Mrs Grey. Sarò più che felice di fare le cose insieme a lei.»
«Grazie.» Veniamo interrotte da Sawyer,
con la faccia livida, che esce in fretta dallo
studio di Christian e attraversa a lunghi passi
il salone. Ci rivolge un breve cenno del capo,
senza guardarci, e si infila furtivo nell’ufficio
di Taylor. Sono grata del suo intervento, dato
che in questo momento non ho alcun desiderio di parlare di menu o di giocattoli erotici
con Mrs Jones. Le rivolgo un rapido sorriso e
mi precipito in camera da letto. Mi abituerò
mai ad avere personale domestico ai miei ordini? Scuoto la testa… Un giorno, forse.
Lascio cadere sul pavimento le scarpe di
Christian e appoggio i miei vestiti sul letto,
poi prendo il dilatatore e vado in bagno. Lo
guardo con diffidenza. Non voglio soffermarmici e lo lavo in fretta con acqua e
sapone. Basterà? Dovrei chiedere a Mr Mago
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del Sesso se bisogna sterilizzarlo o roba del
genere. Rabbrividisco al pensiero.
Sono contenta che Christian abbia cambiato
la disposizione interna della biblioteca per
me. Adesso ospita una bella scrivania bianca
di legno su cui posso lavorare. Tiro fuori il
portatile e controllo gli appunti sui cinque
manoscritti che ho letto durante la luna di
miele.
Sì, ho tutto quello che mi serve. Una parte
di me è terrorizzata all’idea di tornare in ufficio, ma questo a Christian non posso dirlo.
Coglierebbe al volo l’occasione per indurmi a
lasciare il lavoro. A Roach per poco non è
venuto un colpo quando gli ho detto che
stavo per sposarmi, e con chi. E ricordo che,
poco dopo, la mia posizione è stata confermata. Adesso mi rendo conto che è stato perché ero prossima alle nozze con il capo. Il
pensiero è sgradevole. Non sono più direttore editoriale ad interim… adesso sono
Anastasia Steele, direttore editoriale.
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Non ho ancora trovato il coraggio di dire a
Christian che vorrei mantenere il mio
cognome da nubile al lavoro. Sono convinta
di avere delle buone ragioni. Ho bisogno di
un po’ di distanza, ma so che litigheremo
quando finalmente se ne renderà conto.
Forse dovrei discuterne con lui questa sera.
Mi appoggio allo schienale della sedia e affronto l’ultimo compito della giornata. Sono
le sette di sera. Christian è ancora chiuso nel
suo studio, quindi ho tempo. Estraggo la
memory card dalla Nikon e la inserisco nel
portatile per scaricare le foto. Mentre il computer lavora, ripenso a quello che è successo
oggi. Ryan sarà tornato? O sarà ancora in
viaggio verso Portland? È riuscito a sapere
qualcosa della donna misteriosa? Si è messo
in contatto con Christian? Vorrei qualche risposta. Non importa se Christian è occupato;
voglio sapere che cosa sta succedendo, e di
colpo mi sento come una bambina offesa
perché lui mi tiene all’oscuro. Mi alzo,
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intenzionata ad andare nel suo studio per affrontarlo, ma mentre lo faccio sullo schermo
compaiono le foto degli ultimi giorni della
nostra luna di miele.
Immagini su immagini di me. Mentre
dormo, i capelli sulla faccia o sparsi sul cuscino, le labbra socchiuse… “Anche mentre mi
succhio il pollice. Erano anni che non mi succhiavo il pollice!” Un sacco di foto. Non
avevo idea che me le avesse fatte. Ci sono alcuni innocenti campi lunghi, compreso uno
in cui sono appoggiata alla battagliola dello
yacht, mentre fisso malinconica l’orizzonte.
Sorrido all’immagine in cui sono rannicchiata sotto di lui e rido… i capelli scompigliati,
mentre cerco di sfuggire alle sue dita che mi
fanno il solletico. Poi c’è quella di noi due sul
letto della cabina, che Christian ha scattato
tenendo la macchina davanti a sé. Sono accoccolata sul suo petto e lui guarda la macchina fotografica, con gli occhi sgranati… innamorato. Con l’altra mano mi regge la testa
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e io sorrido innamorata persa, ma non riesco
a smettere di guardarlo. Oh, il mio uomo, i
capelli arruffati di chi ha appena fatto
l’amore, gli occhi grigi luminosi, le labbra
schiuse in un sorriso. Il mio uomo che non
sopporta che gli si faccia il solletico e che
solo fino a poco tempo fa non tollerava di essere toccato, eppure adesso accetta le mie
carezze. Devo chiedergli se gli piace, oppure
se mi permette di toccarlo per far piacere più
a me che a se stesso.
Mentre lo guardo mi incupisco, improvvisamente sopraffatta dai sentimenti che provo
per lui. Là fuori c’è qualcuno che vuole fargli
del male: prima Charlie Tango, poi l’incendio alla GEH e adesso quel dannato inseguimento in macchina. Sussulto, portandomi le mani alla bocca mentre mi sfugge un
singhiozzo involontario. Lascio perdere il
computer e mi alzo per andare a cercarlo…
solo per controllare che stia bene.
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Entro nel suo studio senza preoccuparmi
di bussare. Christian è seduto alla scrivania e
parla al telefono. Alza lo sguardo, infastidito,
ma quando mi vede cambia espressione.
«Quindi non puoi migliorarlo ulteriormente?» dice, proseguendo la conversazione
e continuando a tenermi gli occhi addosso.
Senza esitare, cammino intorno alla
scrivania e lui gira la sedia per guardarmi in
faccia, aggrottando la fronte. So che sta
pensando: “Che cosa vuoi?”. Quando mi
siedo sulle sue gambe, inarca le sopracciglia
per la sorpresa. Gli getto le braccia al collo e
mi rannicchio contro di lui. Mi circonda con
un braccio, esitante.
«Ehm… sì, Barney. Puoi rimanere un momento in linea?» Appoggia il telefono sulla
spalla.
«Ana, c’è qualcosa che non va?»
Scuoto la testa. Mi solleva il mento e mi
guarda negli occhi. Io mi libero dalla presa,
gli nascondo il viso nel collo e mi accoccolo
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sul suo petto. Confuso, mi abbraccia più
stretta.
«Okay, Barney, che cosa stavi dicendo?»
continua, tenendo il telefono tra l’orecchio e
la spalla e digitando qualcosa sul portatile.
Sullo schermo compare la granulosa immagine in bianco e nero di una telecamera a circuito chiuso. Nell’inquadratura si vede un
uomo con i capelli scuri e una tuta da lavoro
chiara. Christian preme un altro tasto e
l’uomo cammina verso la telecamera, con la
testa abbassata. Quando l’uomo è più vicino,
Christian ferma il filmato. L’uomo è in un
locale bianco fortemente illuminato, con una
lunga fila di quelli che sembrano alti armadietti neri sulla sinistra. Dev’essere la stanza
dei server della GEH.
«Okay, Barney, ancora una volta.»
Lo schermo prende vita. Intorno alla testa
dell’uomo compare un rettangolo e all’improvviso c’è una zoomata. Mi raddrizzo,
affascinata.
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«È Barney a farlo?» chiedo a bassa voce.
«Sì» risponde Christian. «Riesci ad avere
una definizione migliore?» domanda a
Barney.
L’immagine sfarfalla, poi torna a fuoco, un
po’ più nitida questa volta, mostrando
l’uomo che tiene la testa china per evitare di
farsi riprendere dalla telecamera. Mentre lo
guardo, un brivido mi scende lungo la schiena. C’è qualcosa di familiare nella linea
della mascella. Ha corti capelli neri dall’aspetto strano e arruffato… e nell’immagine
più nitida vedo un orecchino, un cerchietto.
“Porca miseria! So chi è.” «Christian» sussurro. «Quello è Jack Hyde.»
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«Tu credi?» chiede Christian, sorpreso.
«La linea della mascella è la sua.» Indico
lo schermo. «E poi ci sono gli orecchini e la
forma delle spalle. Anche la corporatura è
quella giusta. Forse si è messo una parrucca… oppure si è tagliato i capelli e li ha
tinti.»
«Barney, hai sentito?» Christian mette il
telefono in vivavoce. «Sembra che tu abbia
studiato il tuo ex capo nel dettaglio, Mrs
Grey» mormora, tutt’altro che compiaciuto.
Lo guardo, ma vengo salvata da Barney.
«Sì, signore. Ho sentito Mrs Grey. Ho appena avviato il programma di riconoscimento facciale su tutto il filmato della telecamera a circuito chiuso. Vediamo in quali
altri posti dell’azienda è stato questo
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stronzo… ehm, mi scusi, signora…
quest’uomo.»
Guardo Christian, che ignora la parolaccia
di Barney. Sta esaminando con attenzione
l’immagine della telecamera.
«Perché farebbe una cosa del genere?»
chiedo a Christian.
«Vendetta, forse. Non ne ho idea. È impossibile capire perché certa gente si comporta in un modo piuttosto che in un altro.
Mi fa arrabbiare che tu abbia lavorato a così
stretto contatto con lui.»
«Abbiamo anche il contenuto del suo hard
disk, signore» aggiunge Barney.
«Sì, me lo ricordo. Hai un indirizzo di Mr
Hyde?» dice seccamente Christian.
«Sì, signore, ce l’ho.»
«Allerta Welch.»
«Certo. Controllerò anche tutte le telecamere della città per vedere se riesco a
ricostruire i suoi movimenti.»
«Controlla quali veicoli possiede.»
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«Barney può fare tutte queste cose?»
sussurro.
Christian annuisce e fa un sorriso
compiaciuto.
«Che cosa c’era sul suo hard disk?»
chiedo.
L’espressione di Christian si indurisce e lui
scuote la testa. «Non molto» dice a labbra
strette, il sorriso svanito.
«Dimmelo.»
«No.»
«Erano cose che riguardavano te o me?»
«Me» sospira.
«Che genere di cose? Personali?»
Christian scuote la testa e si porta l’indice
alle labbra per indicarmi di tacere. Lo guardo
male, ma lui stringe gli occhi a fessura, un
chiaro avvertimento a tenere a freno la
lingua.
«Una Chevrolet Camaro del 2006. Ho
mandato i dati della targa a Welch» dice Barney al telefono in tono eccitato.
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«Bene. Fammi sapere in quali altri posti
della mia società è stato quella testa di cazzo.
E confronta quest’immagine con quelle
dell’archivio del personale della SIP.» Christian mi guarda scettico. «Voglio essere sicuro
di avere un riscontro.»
«Già fatto, signore, e Mrs Grey ha ragione.
Si tratta di Jack Hyde.»
Sorrido. “Visto? Posso essere utile.” Christian mi accarezza.
«Ottimo lavoro, Mrs Grey.» Sorride, il rancore passato. Dice a Barney: «Fammi sapere
quando avete ricostruito tutti i suoi movimenti nella sede centrale della società. Controlla anche le altre proprietà della GEH a cui
potrebbe aver avuto accesso e informa gli
uomini della sicurezza in modo che facciano
un’altra perlustrazione di quegli edifici».
«Sì, signore.»
«Grazie, Barney.» Christian chiude la
telefonata.
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«Bene, Mrs Grey, a quanto pare sei non
solo ornamentale, ma anche utile.» Negli occhi gli passa un lampo di malizioso divertimento. So che mi sta provocando.
«Ornamentale?» dico beffarda, stando al
gioco.
«Molto» replica, baciandomi dolcemente
sulle labbra.
«Sei molto più decorativo tu di me, Mr
Grey.»
Sorride e mi bacia con più forza, avvolgendosi la mia treccia intorno al polso e circondandomi con le braccia. Quando ci fermiamo per respirare, il cuore mi batte
all’impazzata.
«Fame?» chiede.
«No.»
«Io sì.»
«Di cosa?»
«Be’… di cibo, a dire il vero.»
«Ti preparo qualcosa.» Ridacchio.
«Adoro sentirlo.»
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«Cosa, che ti preparo qualcosa?»
«Che ridacchi.» Mi bacia sui capelli, poi io
mi alzo.
«Allora, che cosa desidera mangiare, signore?» chiedo dolcemente.
«Stai facendo la carina con me, Mrs
Grey?»
«Sempre, Mr Grey… signore.»
Fa un sorriso enigmatico. «Posso sempre
metterti sulle mie ginocchia» mormora in
tono seducente.
«Lo so» sogghigno. Metto le mani sui
braccioli della sua poltrona e mi chino per
baciarlo. «È una delle cose che amo di te. Ma
tieni a posto le mani, anche se ti prudono…
Hai detto che hai fame.»
Lui fa il suo sorriso timido e io sento una
stretta al cuore. «Oh, Mrs Grey, che cosa
devo fare con te?»
«Rispondere.
Che
cosa
vorresti
mangiare?»
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«Qualcosa di leggero. Stupiscimi» dice, ripetendo quel che gli ho detto io nella stanza
dei giochi.
«Vedrò quello che posso fare.» Esco dallo
studio e vado in cucina. Quando vedo che
Mrs Jones è lì, mi demoralizzo.
«Salve, Mrs Jones.»
«Mrs Grey. Siete pronti per mangiare?»
«Ehm…»
Sta mescolando qualcosa in una pentola
sui fornelli, da cui esce un profumo delizioso.
«Avevo intenzione di preparare qualche
panino per me e per Mr Grey.»
Rimane in silenzio per un istante. «Certo»
dice. «A Mr Grey piacciono le baguette… Ce
ne sono nel freezer, già tagliate. Sarei felice
di prepararle io, signora.»
«Lo so. Ma vorrei occuparmene io.»
«Capisco. Le faccio un po’ di posto.»
«Che cosa sta cucinando?»
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«Ragù. Si può mangiare quando si vuole.
Lo congelerò.» Mi fa un sorriso caloroso e
abbassa il fuoco.
«Ehm… che cosa piacerebbe a Christian in
un panino?»
«Mrs Grey, può mettere quello che vuole
in un sandwich; basta che sia una baguette, e
lui lo mangerà.» Ci scambiamo un sorriso.
«Okay, grazie.» Mi avvicino al freezer e
trovo le baguette tagliate e infilate in buste di
plastica con la zip. Ne prendo due pezzi, li
metto su un piatto e li infilo nel microonde
per scongelarli.
Mrs Jones è scomparsa. Torno al frigorifero per cercare gli ingredienti. Suppongo
che toccherà a me stabilire in che modo rapportarmi con Mrs Jones. Mi piace l’idea di
cucinare per Christian nei weekend. Mrs
Jones è più che benvenuta durante la settimana… L’ultima cosa che avrò voglia di fare al
rientro dal lavoro sarà cucinare. “Mmh… un
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po’ come la routine di Christian con le sue
Sottomesse.”
Scuoto la testa. Non devo rimuginarci
troppo. Nel frigo trovo del prosciutto e nello
scomparto della frutta e verdura c’è un avocado maturo al punto giusto.
Mentre sono intenta a condire l’avocado,
Christian esce dallo studio con in mano il
progetto della casa nuova. Lo mette sul
bancone, si avvicina lentamente e mi circonda con le braccia, baciandomi sul collo.
«A piedi nudi in cucina» mormora.
«Non dovrebbe essere “a piedi nudi e
incinta in cucina”? Si dice così, no?» chiedo
con un sorriso malizioso.
Si irrigidisce e io percepisco tutti i muscoli
del suo corpo in tensione. «Non ancora» dichiara, con evidente apprensione.
«No! Non ancora!»
Si rilassa. «Su questo possiamo essere
d’accordo, Mrs Grey.»
«Però vuoi dei bambini, vero?»
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«Certo, sì. Un giorno. Ma non sono ancora
pronto a condividerti.» Mi bacia di nuovo sul
collo.
«Che cosa stai facendo? Sembra buono.»
Mi bacia dietro l’orecchio per distrarmi.
Sento un brivido lungo la schiena.
«Panini.» Sorrido, ritrovando il senso
dell’umorismo.
Lui sorride con la bocca sul mio collo e mi
morde il lobo dell’orecchio. «Il mio piatto
preferito.»
Gli do una gomitata.
«Mrs Grey, mi hai fatto male.» Si porta la
mano sul fianco come se provasse dolore.
«Pappamolla» mormoro in tono di
disapprovazione.
«Pappamolla?» dice incredulo. Mi dà una
pacca sul sedere, facendomi strillare. «Sbrigati con la mia cena, donzella. E più tardi ti
mostrerò quanto sono pappamolla.» Mi dà
un’altra pacca scherzosa e si dirige verso il
frigorifero.
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«Ti andrebbe un bicchiere di vino?» mi
chiede.
«Sì, grazie.»
Christian apre il progetto di Gia sul bancone.
Ha alcune idee veramente spettacolari.
«Mi piace moltissimo la sua proposta di
realizzare in vetro tutta la parete posteriore
del piano di sotto, ma…»
«Ma?» mi incalza Christian.
«Non voglio stravolgere l’atmosfera di
quella casa.»
«Atmosfera?»
«Sì. Quello che suggerisce Gia è piuttosto
radicale, ma… be’… io mi sono innamorata di
quella casa così com’è… nonostante tutti i
suoi difetti.»
Christian sembra contrariato.
«Insomma, mi piace com’è» sussurro. Si
arrabbierà?
Mi guarda con calma. «Voglio che quella
casa sia come tu la desideri. Qualunque cosa
tu voglia. È tua.»
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«Voglio che piaccia anche a te, che anche
tu sia felice lì.»
«Io sarò felice ovunque ci sia tu. È semplicissimo, Ana.» Tiene lo sguardo fisso nel
mio. È sincero, assolutamente sincero. Mi si
allarga il cuore. “Mi ama sul serio.”
«Be’» deglutisco, lottando contro il nodo
che mi chiude la gola «mi piace la parete di
vetro. Forse potremmo chiederle di integrarla nella casa in maniera un po’ più
leggera.»
Christian sorride. «Certo. Tutto quello che
vuoi, Ana. Che cosa ne dici delle proposte per
il piano superiore e il seminterrato?»
«Quelle mi piacciono.»
«Bene.»
Okay… Mi faccio forza per fare la domanda
da un milione di dollari. «Vuoi metterci una
stanza dei giochi?» Mentre parlo, sento il
rossore ormai familiare imporporarmi le
guance. Christian inarca le sopracciglia.
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«E tu?» ribatte, sorpreso e divertito al
tempo stesso.
Mi stringo nelle spalle. «Ehm… se la vuoi
tu.»
Mi osserva per un istante. «Lasciamo
aperta l’opzione, per adesso. In fin dei conti,
sarà una casa di famiglia.»
Mi stupisco della fitta di delusione che
provo. Immagino che abbia ragione, anche
se… quando avremo una famiglia? Potrebbero volerci anni.
«Inoltre, possiamo improvvisare.»
«Mi piace improvvisare» sussurro.
Lui sorride. «C’è qualcosa di cui voglio
parlare con te.» Christian indica la stanza da
letto principale e cominciamo a discutere nel
dettaglio dei bagni e delle cabine armadio
separate.
Quando finiamo, sono le nove e mezzo di
sera.
«Torni al lavoro?» chiedo, mentre Christian arrotola i disegni.
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«No, se tu non vuoi.» Sorride. «Che cosa ti
piacerebbe fare?»
«Potremmo guardare la televisione.» Non
ho voglia di leggere né di andare a letto…
non ancora.
«Okay» Christian accetta e io lo seguo
nella stanza della tivù.
Siamo stati seduti qui tre, forse quattro
volte in tutto, e in genere Christian legge un
libro. Non gli interessa la televisione. Io mi
accoccolo accanto a lui sul divano, con le
gambe raccolte sotto di me e la testa appoggiata alla sua spalla.
«Vuoi guardare una stupidaggine in
particolare?»
«Non ti piace granché la tivù, vero?» borbotto ironica.
Lui scuote la testa. «Una perdita di tempo.
Ma guarderò qualcosa con te.»
«Pensavo che potremmo pomiciare.»
Lui si gira di colpo verso di me. «Pomiciare?» Mi guarda allibito. Smette il suo
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eterno zapping, lasciando la tivù su un’insulsa telenovela spagnola.
«Sì.» “Perché è così inorridito?”
«Potremmo andare a letto e pomiciare.»
«Lo facciamo sempre. Quand’è stata l’ultima volta che l’hai fatto davanti alla tivù?»
chiedo, timida e provocatoria.
Lui si stringe nelle spalle e scuote la testa.
Preme il telecomando e salta da un canale
all’altro prima di fermarsi su un vecchio
episodio di X-Files.
«Christian?»
«Non l’ho mai fatto» dice tranquillamente.
«Mai?»
«No.»
«Neppure con Mrs Robinson?»
Sbuffa. «Piccola, ho fatto un sacco di cose
con Mrs Robinson. Pomiciare non era una di
quelle.» Sorride malizioso e poi socchiude gli
occhi con divertita curiosità. «E tu?»
Avvampo. «Naturalmente.» Be’, una
specie…
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«Cosa? Con chi?»
“Oh, no.” Non voglio avventurarmi in
questa discussione.
«Dimmelo» insiste.
Mi guardo le dita intrecciate. Lui mi copre
le mani con una delle sue. Quando alzo gli
occhi, mi sta sorridendo.
«Voglio saperlo. Così posso ridurre in
poltiglia chiunque sia stato.»
Ridacchio. «Be’, la prima volta…»
«La prima volta! Ce n’è stata più di una?»
ringhia.
Ridacchio di nuovo. «Perché sei così sorpreso, Mr Grey?»
Aggrotta la fronte per un attimo, si passa
una mano nei capelli e mi guarda come se mi
vedesse in una luce completamente diversa.
Fa spallucce. «Lo sono e basta. Voglio dire…
data la tua mancanza di esperienza.»
Divento rossa. «Di sicuro mi sono messa
in pari da quando ti conosco.»
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«Oh, sì.» Sorride. «Dimmelo. Voglio
saperlo.»
Guardo i suoi pazienti occhi grigi, tentando di stabilire di che umore sia. Non voglio
che mi metta il muso… è impossibile quando
mette il muso.
«Vuoi sul serio che te lo dica?»
Annuisce lentamente e sulle labbra gli si
dipinge un sorriso divertito, arrogante.
«Ero in Texas per un breve periodo con
mia madre e il suo Marito Numero Tre. Ero
in seconda superiore. Lui si chiamava Bradley ed era il mio compagno di laboratorio a
fisica.»
«Quanti anni avevi?»
«Quindici.»
«E cosa fa lui adesso?»
«Non ne ho idea.»
«In che base è arrivato?»
«Christian!» lo rimprovero… e di colpo mi
afferra le ginocchia, poi le caviglie e mi solleva facendomi ricadere sulla schiena. Scivola
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lentamente sopra di me, intrappolandomi
sotto di lui, una gamba in mezzo alle mie.
Succede all’improvviso… Mi prende le mani e
me le mette sopra la testa.
«Allora, questo Bradley… è arrivato in
prima base?» mormora, strofinando il naso
contro il mio. Mi bacia lievemente l’angolo
della bocca.
«Sì» mormoro contro le sue labbra. Con
una mano mi solleva il mento e mi tiene
ferma infilandomi la lingua in bocca, e io mi
arrendo al suo bacio appassionato.
«Così?» Christian ansima e si ferma per
prendere fiato.
«No… niente del genere» riesco a dire,
mentre tutto il sangue affluisce nella parte
bassa del mio corpo.
Mi lascia andare il mento, mi percorre il
corpo con una mano, poi risale verso il seno.
«Così? Ti ha toccata così?» Mi sfiora un
capezzolo con il pollice attraverso il top e
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continua ad accarezzarlo facendomelo inturgidire sotto il suo tocco esperto.
«No.» Mi dimeno sotto di lui.
«È arrivato in seconda base?» mi mormora all’orecchio. La sua mano scende lungo
le mie costole, mi tocca la vita, i fianchi. Mi
prende il lobo tra i denti e lo tira
delicatamente.
«No» ansimo.
Alla tivù l’agente speciale Fox Mulder sta
blaterando qualcosa. Christian si ferma, si
solleva e azzera il volume con il telecomando.
Mi guarda.
«Che cosa mi dici del tizio numero due?
Lui è arrivato in seconda base?»
I suoi occhi sono incandescenti… arrabbiato? Eccitato? È difficile dirlo. Si sposta al
mio fianco e mi infila una mano nei pantaloni della tuta.
«No» sussurro, inchiodata dal suo sguardo
infuocato. Christian mi fa un sorriso lascivo.
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«Bene.» Mette la mano a coppa sul mio
pube. «Niente biancheria intima, Mrs Grey.
Approvo.» Mi bacia ancora mentre le sue
dita si muovono facendo la loro magia, il pollice che mi accarezza il clitoride mentre l’indice si insinua dentro di me con meravigliosa
lentezza.
«Avevamo parlato di pomiciare» gemo.
Si immobilizza. «Pensavo che lo stessimo
facendo.»
«No. Niente sesso.»
«Cosa?»
«Niente sesso…»
«Niente sesso, eh?» Tira fuori la mano
dalla mia tuta. «Ecco.» Fa scorrere l’indice
sulle mie labbra e io sento il gusto salato
della mia eccitazione. Mi infila un dito in
bocca, rispecchiando quello che stava facendo poco prima. Poi si mette in mezzo alle
mie gambe, premendomi addosso la sua
erezione. Spinge, una volta, due e poi ancora.
Sussulto mentre la stoffa dei miei pantaloni
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sfrega proprio nel punto giusto. Spinge di
nuovo, schiacciandosi su di me.
«È questo che vuoi?» mormora muovendo
le anche, sfregandosi contro di me.
«Sì» gemo.
Riporta la mano sul mio seno, stuzzicandomi il capezzolo, e mi sfiora la mascella con
i denti. «Lo sai quanto sei arrapante, Ana?»
Ha la voce roca mentre si spinge con più
forza contro di me. Apro la bocca per rispondere e fallisco miseramente, gemendo forte.
Mette la bocca sulla mia, tirandomi il labbro
inferiore con i denti prima di esplorarmi di
nuovo con la lingua. Le mie mani percorrono
avide le sue spalle, gli accarezzano la testa
mentre lui mi bacia. Quando gli tiro i capelli,
lui geme e alza gli occhi a guardarmi.
«Ti piace che ti tocchi?» sussurro.
Aggrotta lievemente la fronte come se non
capisse la domanda. Si ferma. «Certo. Adoro
che mi tocchi, Ana. Le tue carezze sono come
un banchetto per un uomo che sta morendo
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di fame.» La sua voce ha un tono di appassionata sincerità.
Si inginocchia tra le mie gambe e mi fa sollevare per togliermi il top. Sono seminuda
sotto di lui. Afferra l’orlo della sua camicia e
se la sfila dalla testa, gettandola sul pavimento, poi mi prende in grembo, le braccia
incrociate appena sopra il mio sedere.
«Toccami» dice piano.
“Oddio…” Esitante, gli sfioro con la punta
delle dita i ciuffi di peli sul petto, sopra le cicatrici delle bruciature. Lui inspira bruscamente e le sue pupille si dilatano, ma non è
paura. È una risposta sensuale alle mie
carezze. Mi guarda intensamente mentre
percorro la sua pelle con le dita, fermandomi
prima su un capezzolo, poi sull’altro. Si induriscono al mio tocco. Spingendomi in avanti, lo bacio lievemente sul petto e le mie
mani gli accarezzano le spalle, avvertendo le
linee scolpite dei muscoli e dei tendini.
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«Ti voglio» mormora, il segnale di via libera per la mia libido. Gli passo le dita tra i
capelli, tirandogli indietro la testa per reclamare la sua bocca, sentendo il calore che
si irradia dal mio ventre. Lui geme e mi
spinge sul divano. Si siede e mi strappa via i
pantaloni della tuta; poi si abbassa la cerniera dei calzoni.
«Fuoricampo» sussurra, penetrandomi in
fretta.
«Ah…» gemo, e lui si ferma.
«Ti amo, Mrs Grey» mormora e fa l’amore
con me teneramente, finché io perdo il controllo e mi aggrappo a lui, desiderando di
non lasciarlo andare mai più.
Siamo distesi sul pavimento della stanza
della tivù.
«Abbiamo saltato la terza base, sai.» Le
mie dita percorrono le linee dei suoi
pettorali.
Christian scoppia a ridere. «La prossima
volta.» Mi bacia sulla testa.
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Alzo gli occhi per guardare lo schermo
della tivù, dove stanno scorrendo i titoli di
coda di X-Files. Christian si allunga per
prendere il telecomando e rimette l’audio.
«Ti piaceva quella serie?»
«Quand’ero bambino.»
Oh… Christian da bambino… che pratica il
kick boxing, guarda X-Files e non si fa
toccare.
«E a te?» chiede.
«Ero troppo piccola.»
«Sei così giovane.» Christian sorride con
affetto. «Mi piace pomiciare con te, Mrs
Grey.»
«Anche a me con te, Mr Grey.» Lo bacio
sul petto e stiamo lì in silenzio a guardare la
tivù.
«Sono state tre settimane meravigliose.
Nonostante gli inseguimenti in auto, gli incendi e gli ex capi psicolabili. Come essere
nella nostra bolla privata» dico sognante.
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Christian fa un basso mormorio. «Non
sono sicuro di essere ancora pronto a condividerti con il resto del mondo.»
«Ritorno alla realtà, domani» dico piano,
cercando di non far trasparire la tristezza
dalla voce.
Christian sospira e si passa una mano tra i
capelli. «Le misure di sicurezza saranno rigide…» Gli metto un dito sulle labbra. Non
voglio sentire di nuovo questa tirata.
«Lo so. Farò la brava, lo prometto.» Il che
mi fa venire in mente… Mi sposto, puntellandomi su un gomito per vederlo meglio.
«Perché stavi urlando con Sawyer?»
Lui si irrigidisce subito.
«Perché siamo stati seguiti.»
«Non è stata colpa di Sawyer.»
Lui mi guarda pacato. «Non avrebbero
mai dovuto lasciarti andare così avanti. Lo
sanno, questo.»
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Arrossisco sentendomi colpevole e mi rannicchio di nuovo contro il suo petto. È stata
colpa mia. Volevo seminarli.
«Non è stata…»
«Basta!» Christian assume improvvisamente un tono secco. «Non è un argomento
di discussione, Anastasia. È un fatto, e loro
non permetteranno che succeda di nuovo.»
“Anastasia!” Sono Anastasia quando finisco nei guai, esattamente come con mia
madre.
«Okay» borbotto, placandolo. Non voglio
litigare. «Ryan è riuscito a prendere la donna
del Dodge?»
«No. E non sono convinto che fosse una
donna.»
«Oh?» Alzo di nuovo lo sguardo.
«Sawyer ha visto qualcuno con i capelli
legati sulla nuca, ma solo per un attimo. Ne
ha dedotto che fosse una donna. Adesso,
dato che tu hai identificato quel testa di
cazzo, forse era lui. Portava i capelli in quel
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modo.» Il disgusto nella voce di Christian è
palpabile.
Non so che cosa pensare di queste novità.
Christian mi accarezza la schiena nuda,
distraendomi.
«Se ti succedesse qualcosa…» mormora,
gli occhi seri.
«Lo so» dico. «Lo stesso vale per me nei
tuoi confronti.» Rabbrividisco al pensiero.
«Vieni. Stai prendendo freddo» osserva,
tirandosi su a sedere. «Andiamo a letto. Possiamo raggiungere la terza base di là.» Mi fa
un sorriso lascivo, appassionato, arrabbiato,
ansioso, sexy… Mr Cinquanta Sfumature. Gli
tendo una mano e lui mi tira in piedi, e senza
batter ciglio lo seguo attraverso il salone,
verso la camera da letto.
Il mattino dopo Christian mi stringe la mano
mentre accostiamo davanti alla SIP. È il ritratto del potente uomo d’affari con il completo blu scuro e la cravatta in tinta, e io
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sorrido. Non era così elegante dalla sera in
cui siamo andati al balletto a Monte-Carlo.
«Sai che non sei costretta a farlo, vero?»
mormora Christian. Sono tentata di alzare gli
occhi al cielo.
«Lo so» sussurro, non volendo che Sawyer
e Ryan mi sentano dai loro sedili sull’Audi.
Lui aggrotta la fronte e io sorrido.
«Però voglio farlo» continuo. «Questo lo
sai.» Mi protendo verso di lui e lo bacio. Il
cipiglio non scompare. «Cosa c’è che non
va?»
Lui guarda esitante Ryan, mentre Sawyer
scende dall’auto. «Mi dispiacerà non averti
tutta per me.»
Allungo una mano e gli accarezzo la faccia.
«Anche a me dispiace.» Lo bacio. «È stata
una luna di miele meravigliosa. Grazie.»
«Va’ al lavoro, Mrs Grey.»
«Anche tu, Mr Grey.»
Sawyer apre la portiera. Stringo la mano di
Christian prima di scendere sul marciapiede.
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Mentre mi dirigo verso l’edificio, gli faccio un
piccolo gesto di saluto con la mano. Sawyer
mi tiene aperta la porta d’ingresso e mi segue
all’interno.
«Ciao, Ana.» Claire mi sorride dal banco
della reception.
«Ciao, Claire.» Contraccambio il sorriso.
«Hai un aspetto stupendo. Bella la luna di
miele?»
«Favolosa, grazie. Come va qui?»
«Il vecchio Roach è sempre lo stesso, però
sono arrivati gli uomini della sicurezza e
stanno passando al setaccio la stanza dei
server. Ma te lo dirà Hannah.»
Sono sicura che lo farà. Faccio un sorriso
amichevole a Claire e punto dritta verso il
mio ufficio.
Hannah è la mia assistente. È alta, snella e
implacabilmente efficiente, al punto che talvolta la trovo un filo angosciante. Ma con me
è dolce, nonostante il fatto che sia più vecchia di me di un paio d’anni. Mi aspetta con
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il caffellatte… l’unico caffè che le permetto di
andarmi a prendere.
«Ciao, Hannah» dico calorosamente.
«Com’è stata la tua luna di miele, Ana?»
«Fantastica. Ecco… questo è per te.» Tiro
fuori la boccetta di profumo che ho preso per
lei e la metto sulla scrivania, e lei batte le
mani con gioia.
«Oh, grazie!» dice entusiasta. «La corrispondenza urgente è sulla tua scrivania e
Roach vorrebbe vederti alle dieci. Per il momento è tutto.»
«Bene. Grazie. E grazie per il caffè.» Entro
nel mio ufficio, appoggio la ventiquattrore
sulla scrivania e do un’occhiata alla pila di
lettere. Ho parecchie cose da fare.
Poco prima delle dieci sento un timido colpetto alla porta.
«Avanti.»
Fa capolino Elizabeth. «Ciao, Ana. Volevo
solo salutarti.» Ormai siamo passate a un più
informale tu.
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«Ciao. Devo dire che, leggendo tutta
questa corrispondenza, vorrei essere ancora
nel Sud della Francia.»
Elizabeth ride, ma la risata è spenta,
forzata, e io piego la testa di lato e la fisso
come fa Christian con me.
«Sono felice che tu sia tornata sana e
salva» dice. «Ci vediamo tra poco alla riunione con Roach.»
«Okay» mormoro, e lei chiude la porta dietro di sé. Mi incupisco. “Che cos’aveva?”
Sento il segnale sonoro che indica l’arrivo di
una nuova mail: un messaggio da Christian.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Steele
Data: 22 agosto 2011 09.56
Oggetto: Mogli disobbedienti
Moglie,
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ho mandato la mail sotto ed è tornata indietro. E
questo perché non hai cambiato nome. C’è qualcosa
che vuoi dirmi?
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Allegato:
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 22 agosto 2011 09.32
Oggetto: Bolla
Mrs Grey,
che bello toccare tutte le basi con te. Ti auguro un
magnifico rientro. Mi manca già la nostra bolla
Christian Grey
Amministratore delegato ritornato nel mondo reale,
Grey Enterprises Holdings Inc.
“Accidenti.” Rispondo immediatamente.
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Da: Anastasia Steele
A: Christian Grey
Data: 22 agosto 2011 09.58
Oggetto: Non far scoppiare la bolla
Marito,
sono completamente d’accordo sulla metafora del
baseball.
Voglio mantenere il mio nome, qui.
Te lo spiegherò questa sera.
Sto entrando in una riunione.
Anche a me manca la nostra bolla…
PS: Pensi che dovrei usare il BlackBerry?
Anastasia Steele
Direttore editoriale, SIP
Sarà una litigata di quelle toste. Lo sento.
Sospirando, raccolgo il materiale per la
riunione.
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L’incontro dura due ore. Ci sono tutti i direttori editoriali, più Roach ed Elizabeth. Discutiamo del personale, di strategia, di marketing, di sicurezza e della chiusura del bilancio.
Mentre la riunione va avanti, mi sento
sempre più a disagio. C’è un sottile cambiamento nel modo in cui i colleghi mi trattano:
una distanza e una deferenza che non esistevano prima che partissi per la luna di
miele. E Courtney, a capo della redazione
saggistica, è apertamente ostile. Forse sto diventando paranoica, ma questo spiegherebbe
lo strano comportamento di Elizabeth
quando mi ha salutato prima.
Torno con la mente allo yacht, poi penso
alla stanza dei giochi e alla fuga dal Dodge
sull’I-5 alla guida dell’R8. Forse Christian ha
ragione… forse dovrei lasciar perdere. Il pensiero è deprimente: è quello che ho sempre
voluto fare. Se non posso fare questo lavoro,
che cosa farò? Mentre torno nel mio ufficio,
cerco di scacciare questi pensieri cupi.
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Quando mi siedo alla scrivania, controllo
con calma la posta elettronica. Niente da
Christian. Guardo il BlackBerry… Niente.
Bene. Almeno non c’è stata alcuna reazione
negativa alla mia mail. Forse ne discuteremo
stasera, come gli ho chiesto. Difficile da credere, ma ignoro la sensazione di disagio e
apro il piano marketing che mi hanno dato
alla riunione.
Come ogni lunedì, Hannah entra nell’ufficio
con il vassoio del mio pranzo portato da casa,
grazie alla collaborazione di Mrs Jones, e ci
sediamo a mangiare, discutendo di quello
che bisogna fare. Mi aggiorna anche sui
pettegolezzi dell’ufficio che – visto che sono
stata via tre settimane – sono piuttosto corposi. Mentre chiacchieriamo, qualcuno bussa
alla porta.
«Avanti.»
Roach apre la porta e accanto a lui c’è
Christian. Rimango sbalordita per un attimo.
Christian mi lancia uno sguardo di fuoco ed
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entra dopo aver sorriso educatamente a
Hannah.
«Salve, lei deve essere Hannah. Io sono
Christian Grey» dice. Hannah balza in piedi
e gli tende la mano.
«Mr Grey. P-piacere di conoscerla» balbetta. «Posso portarle un caffè?»
«Sì, grazie» risponde con calore. Lei mi
lancia un’occhiata perplessa ed esce oltrepassando Roach, che è in piedi, sbalordito
quanto me, sulla soglia del mio ufficio.
«Se vuole scusarmi, Roach, vorrei dire due
parole a Miss Steele.» Christian calca la “s”…
in modo sarcastico.
“Ecco perché è qui… accidenti.”
«Certo, Mr Grey. Ana» borbotta Roach,
chiudendo la porta dell’ufficio mentre se ne
va. Recupero la parola.
«Mr Grey, che bello vederti.» Sorrido,
troppo dolcemente.
«Miss Steele, posso sedermi?»
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«È la tua azienda.» Gli indico la sedia lasciata vuota da Hannah.
«Sì, lo è.» Mi fa un ghigno da lupo, ma gli
occhi rimangono seri. Ha un tono brusco. È
carico di tensione… la avverto intorno a me.
Sento un tuffo al cuore.
«Il tuo ufficio è piccolo» commenta,
mentre si siede davanti alla mia scrivania.
«Per me va bene.»
Mi guarda in modo neutrale, ma so che è
furioso.
«Allora, che cosa posso fare per te,
Christian?»
«Stavo solo dando un’occhiata alle mie
proprietà.»
«Le tue proprietà? Tutte?»
«Tutte. Alcune hanno bisogno di un nuovo
marchio.»
«Un nuovo marchio? In che senso?»
«Penso che tu lo sappia.» La sua voce è
calma.
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«Ti prego… non dirmi che hai interrotto il
primo giorno di lavoro dopo tre settimane di
assenza per venire qui a litigare con me sul
mio nome.» “Io non sono una tua proprietà!”
Si muove sulla sedia e incrocia le gambe.
«Non esattamente a litigare. No.»
«Christian, sto lavorando.»
«A me è sembrato che tu e la tua assistente
foste impegnate a spettegolare.»
«Stavamo mettendo a punto gli impegni
della settimana» ribatto. «E tu non hai risposto alla mia domanda.»
Si sente bussare. «Avanti!» urlo, troppo
forte.
Hannah apre la porta ed entra con un vassoio. Bricco del latte, zuccheriera, caffettiera
a pressofiltro: ha fatto del suo meglio. Appoggia tutto sulla scrivania.
«Grazie, Hannah» borbotto, imbarazzata
per aver urlato.
«Le serve altro, Mr Grey?» chiede, senza
fiato. Avrei voglia di alzare gli occhi al cielo.
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«No, grazie. Basta così.» Le scocca un abbagliante sorriso strappamutandine. Lei
arrossisce e se ne va sorridendo in modo affettato. Christian riporta la sua attenzione su
di me.
«Allora, Miss Steele, dove eravamo
rimasti?»
«Stavi sgarbatamente interrompendo la
mia giornata lavorativa per litigare con me
sul mio nome.»
Christian è stupito, credo, per la veemenza
del mio tono. Si toglie un invisibile pelucco
dai pantaloni. Mi distrae. Lo fa apposta.
Stringo gli occhi a fessura.
«Mi piace fare strane visite inaspettate.
Tiene i dirigenti sul chi vive e le mogli al loro
posto. Sai com’è.» Si stringe nelle spalle,
sulla bocca un’espressione arrogante.
“Le mogli al loro posto!” «Non pensavo
che avessi tempo da perdere» dico
seccamente.
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Gli si gela lo sguardo. «Perché non vuoi
cambiare il tuo nome, qui?» chiede, la voce
mortalmente calma.
«Christian, dobbiamo discuterne adesso?»
«Sono qui. Non vedo perché no.»
«Ho un sacco di lavoro da fare, dato che
sono stata via per tre settimane.»
Ha uno sguardo freddo e calcolatore… distante, persino. Mi meraviglio di come possa
apparire così distaccato dopo ieri notte, dopo
le ultime tre settimane. “Dev’essere arrabbiato… arrabbiato sul serio. Quando imparerà
a non reagire in modo eccessivo?”
«Ti vergogni di me?» la voce ingannevolmente dolce.
«No! Certo che no, Christian» ribatto seccata. «È una cosa che riguarda me, non te.»
Accidenti, a volte sa essere davvero esasperante. Stupido megalomane prepotente.
«Cosa vuol dire che non riguarda me?»
Piega la testa di lato, sinceramente perplesso. Mi fissa. È meno distaccato, adesso, e
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io mi rendo conto che è ferito. “Merda. Ho
ferito i suoi sentimenti. Oh, no… è l’ultima
persona che voglio ferire.” Devo riuscire a
fargli capire il mio punto di vista. Devo spiegargli le ragioni della mia decisione.
«Christian, quando ho accettato questo lavoro, ti avevo appena conosciuto» dico,
sforzandomi di trovare le parole giuste.
«Non sapevo che tu stessi per acquistare
l’azienda…»
Che cosa posso dire di quella faccenda
nella nostra breve storia? Le folli ragioni del
suo gesto: la mania del controllo, le tendenze
da stalker spinte all’eccesso a causa della sua
ricchezza. So che vuole proteggermi, ma qui
il problema fondamentale è il fatto che lui
possiede la SIP. Se non avesse interferito,
sarei potuta andare avanti normalmente e
non sarei stata costretta a subire le recriminazioni risentite dei colleghi sussurrate alle
mie spalle. Mi prendo la testa tra le mani
solo per non doverlo guardare negli occhi.
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«Perché è così importante per te?» chiedo,
cercando disperatamente di non diventare
aggressiva. Alzo la testa e incontro il suo
sguardo impassibile, gli occhi limpidi, impenetrabili, senza traccia del rammarico di
poco fa.
«Voglio che tutti sappiano che sei mia.»
«Sono tua… Guarda.» Gli mostro gli anelli.
«Non basta.»
«Non basta che ti abbia sposato?» La mia
voce è un sussurro a malapena udibile.
Lui sbatte le palpebre di fronte allo sconcerto che mi si legge in faccia. E adesso? Che
cos’altro posso fare?
«Non è quello che intendevo» scatta e si
passa una mano nei capelli troppo lunghi,
che gli ricadono sulla fronte.
«Che cosa intendevi?»
Deglutisce. «Voglio che il tuo mondo inizi
e finisca con me» dice. Il suo commento mi
sconvolge. È come se mi avesse tirato un
pugno nello stomaco, sbattendomi a terra. E
323/1287
nella mia mente compare la visione di un
bambino terrorizzato, con i capelli color
rame e gli occhi grigi, vestito con abiti sporchi, male assortiti e della taglia sbagliata.
«È così» dico con sincerità, perché è vero.
«Sto solo cercando di farmi strada professionalmente e non voglio sfruttare il tuo
nome. Non posso stare reclusa all’Escala o
nella nuova casa senza fare niente. Impazzirei. Soffocherei. Ho sempre lavorato, e
questo lavoro mi piace. È il mio sogno, quello
che ho sempre desiderato. Ma ciò non significa che ti ami di meno. Tu sei tutto il
mondo, per me.» Mi si chiude la gola e sento
che sto per piangere. Non devo, non qui.
Continuo a ripeterlo dentro di me. “Non
devo piangere. Non devo piangere.”
Lui mi fissa, senza dire niente. Poi sul viso
gli compare una smorfia, come se stesse riflettendo su quello che ho detto.
«Ti soffoco?» mi chiede, riecheggiando un
discorso già fatto.
324/1287
«No… sì… no.» È una conversazione così
esasperante… di certo non vorrei farla adesso, qui. Chiudo gli occhi, cercando di capire come siamo arrivati a questo punto.
«Stiamo parlando del mio nome. Voglio
mantenerlo per mettere un po’ di distanza
tra noi due… ma solo qui, ecco tutto. Sono
convinti che io abbia avuto il lavoro grazie a
te, invece…» Mi interrompo quando lo vedo
spalancare gli occhi. “Oh, no… è stato grazie
a lui?”
«Vuoi sapere perché hai ottenuto il lavoro,
Anastasia?»
“Anastasia? Oh, no.” «Cosa? Che cosa vuoi
dire?»
Lui si agita sulla sedia come se stesse cercando di armarsi di coraggio. “Voglio
saperlo?”
«I vertici dell’azienda ti hanno offerto il lavoro di Hyde come tappabuchi. Non volevano affrontare il costo di assumere un dirigente esperto in un momento in cui l’azienda
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era in vendita. Non avevano idea di che cosa
avesse intenzione di fare il nuovo proprietario e hanno deciso saggiamente di non accollarsi spese eccessive. Perciò ti hanno offerto il lavoro di Hyde per temporeggiare
finché il nuovo proprietario» sorride ironico
«vale a dire io, non fosse subentrato.»
“Merda!” «Che cosa stai dicendo?» “Allora
è stato davvero grazie a lui!” Sono sconvolta.
Lui sorride e scuote la testa davanti alla
mia espressione allarmata. «Rilassati. Sei
stata più che all’altezza della sfida. Hai fatto
un ottimo lavoro.» Nella sua voce c’è una
vaga traccia di orgoglio, e per poco non cedo.
«Oh» mormoro, stordita dalla notizia. Mi
raddrizzo sulla sedia e lo fisso a bocca aperta.
Lui si agita di nuovo.
«Non voglio soffocarti, Ana. Non voglio
rinchiuderti in una gabbia dorata. Be’…» Fa
una pausa. «Be’, la parte razionale di me non
lo vuole.» Si sfrega il mento pensieroso,
come se stesse architettando qualcosa.
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“Dove vorrà andare a parare?” Christian
alza di colpo lo sguardo, come se avesse
avuto un’illuminazione. «Perciò, una delle
ragioni per cui sono qui… a parte parlare con
la mia disobbediente moglie» dice, socchiudendo gli occhi «è discutere che cosa fare di
quest’azienda.»
“Moglie disobbediente!” Non sono disobbediente, e non sono una sua proprietà!
Gli lancio un’occhiataccia e la voglia di piangere scompare. Sulle labbra gli aleggia
l’ombra di un sorriso. Caspita… un altro
cambiamento di umore! Come potrò mai star
dietro a Mr Lunatico?
«Voglio cambiare nome all’azienda… in
Grey Publishing. E, nel giro di un anno, sarà
tua.»
Rimango a bocca aperta… spalancata:
rende meglio l’idea.
«È il mio regalo di nozze.»
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Chiudo la bocca, poi la riapro tentando di
replicare qualcosa… ma inutilmente. Ho la
mente vuota.
«Perciò, dovrò cambiarle di nuovo il
nome… in Steele Publishing?»
Fa sul serio. “Porca miseria.”
«Christian» sussurro quando finalmente il
cervello si collega di nuovo con la bocca «mi
hai regalato un orologio per le nozze… Non
sono in grado di dirigere un’azienda.»
Piega la testa di lato e mi lancia un’occhiata critica. «Io dirigo un’azienda da quando
avevo ventun anni.»
«Ma tu… sei tu. Maniaco del controllo e
bambino prodigio. Accidenti, Christian, avevi
scelto politica ed economia come indirizzo di
studio a Harvard, prima di ritirarti. Almeno
tu hai idea di come muoverti. Io ho venduto
vernice e fascette stringicavo per tre anni
part-time. Non ho visto quasi niente del
mondo, e non so praticamente nulla!» Sul
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finire della tirata la mia voce diventa più
acuta.
«Sei anche una delle persone più colte che
io conosca» ribatte in tono serio. «Ami un
buon libro. Non sei riuscita a smettere di lavorare nemmeno in luna di miele. Quanti
manoscritti hai letto? Quattro?»
«Cinque» mormoro.
«E hai scritto schede esaurienti su tutti.
Sei una donna molto brillante, Anastasia.
Sono sicuro che te la caverai.»
«Sei pazzo?»
«Pazzo di te» sussurra.
E io sbuffo perché è l’unica cosa che riesco
a fare.
«Diventerai lo zimbello di tutti. Compri
un’azienda per l’insignificante donna che ha
un lavoro a tempo pieno solo da pochi mesi.»
«Credi che me ne fotta qualcosa di quello
che pensa la gente? Inoltre, non sarai da
sola.»
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Lo guardo stupefatta. Questa volta dà
veramente i numeri. «Christian, io…» Il mio
equilibrio è messo a dura prova. “È pazzo?” E
dalla parte più profonda e oscura di me
scaturisce l’impulso improvviso e inappropriato di scoppiare a ridere. Quando alzo lo
sguardo, lui ha gli occhi sgranati.
«Qualcosa ti diverte, Miss Steele?»
«Sì. Tu.»
Sbarra gli occhi ancora di più, scioccato
ma divertito. «Ridi di tuo marito? Inaccettabile. E ti stai mordendo il labbro.» Il suo
sguardo si incupisce… in quel modo. “Oh,
no… conosco quello sguardo.” Focoso, seducente, lascivo…
«Non pensarci nemmeno» lo ammonisco
allarmata.
«Pensare a cosa, Anastasia?»
«Conosco quello sguardo. Siamo al
lavoro.»
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Lui si protende verso di me, gli occhi fissi
nei miei, ardenti e famelici. Istintivamente
deglutisco.
«Siamo in un ufficio piccolo, ragionevolmente insonorizzato, con una porta che si
può chiudere a chiave» mormora.
«Volgare depravazione morale» dico,
scandendo le parole.
«Non con tuo marito.»
«Con il capo del capo del capo» sibilo.
«Sei mia moglie.»
«Christian, no. Dico sul serio. Puoi farmi
tutto quello che vuoi questa sera. Ma non adesso. Non qui!»
Sbatte le palpebre e socchiude gli occhi.
Poi, inaspettatamente, scoppia a ridere.
«Tutto quello che voglio?» Inarca un
sopracciglio, intrigato. «Potrei costringerti a
mantenere la promessa, Miss Steele.»
«Oh, piantala con questo Miss Steele!»
scatto, battendo una mano sulla scrivania e
facendo sobbalzare entrambi. «Per l’amor
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del cielo, Christian. Se significa così tanto
per te, va bene, cambierò nome!»
«Bene.» Batte le mani e all’improvviso si
alza in piedi. «Missione compiuta. Ho del lavoro da fare. Se vuole scusarmi, Mrs Grey.»
Bah… quest’uomo è così esasperante!
«Ma…»
«Ma cosa, Mrs Grey?»
Mi arrendo. «Vai.»
«È quello che intendo fare. Ci vediamo
questa sera. Tutto quello che voglio, eh?»
Gli lancio un’occhiataccia.
«Ah, ho una serie di impegni sociali legati
agli affari, e mi piacerebbe che tu mi
accompagnassi.»
Lo guardo a bocca aperta. “Te ne vai o
no?”
«Dirò ad Andrea di chiamare Hannah perché segni le date sulla tua agenda. Ci sono
persone che devi conoscere. Dovresti lasciare
che sia Hannah a gestire i tuoi impegni d’ora
in poi.»
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«Okay» borbotto, confusa, disorientata e
traumatizzata.
Si china sulla mia scrivania. “Che c’è adesso?” Mi fissa con il suo sguardo ipnotico.
«Adoro fare affari con te, Mrs Grey.» Mi si
avvicina mentre rimango seduta, paralizzata,
e mi bacia con tenerezza sulle labbra. «A più
tardi, piccola» sussurra. Si raddrizza bruscamente, mi strizza l’occhio e se ne va.
Appoggio la testa sulla scrivania, con la
sensazione di essere stata investita da un
treno in corsa… quel treno che è il mio adorato marito. Dev’essere l’uomo più frustrante,
sgradevole e ostinato del pianeta. Mi raddrizzo e mi sfrego gli occhi. “Che cosa abbiamo appena deciso?” Okay, Ana Grey dirige la SIP… cioè, la Grey Publishing. È fuori
di testa. Qualcuno bussa alla porta e Hannah
fa capolino.
«Stai bene?» chiede.
Mi limito a fissarla. Lei aggrotta la fronte.
«Posso prepararti un tè?»
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Annuisco.
«Twinings English Breakfast, leggero e
amaro?»
Annuisco.
«Torno subito, Ana.»
Fisso con lo sguardo assente lo schermo
del mio computer, ancora scioccata. Come
faccio a farglielo capire? Mail!
Da: Anastasia Steele
A: Christian Grey
Data: 22 agosto 2011 14.23
Oggetto: NON SONO UNA TUA PROPRIETÀ!
Mr Grey,
la prossima volta che vieni a trovarmi, prendi un appuntamento, così almeno posso essere avvisata in anticipo
della
dispotico.
Tua
tua
megalomania
da
adolescente
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Anastasia Grey <----------------- ti prego di notare il
nome.
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Steele
Data: 22 agosto 2011 14.34
Oggetto: Tutto quello che voglio
Mia cara Mrs Grey (sottolineo il “mia”),
che cosa posso dire in mia difesa? Ero da quelle parti.
E no, non sei una mia proprietà, sei la mia moglie
adorata.
Come sempre, dai un senso alla mia giornata.
Christian Grey
Amministratore delegato & Megalomane Dispotico,
Grey Enterprises Holdings Inc.
Sta cercando di essere spiritoso, ma non
sono dell’umore giusto. Faccio un respiro
profondo e torno alla mia corrispondenza.
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Christian è tranquillo, quando salgo in macchina quella sera.
«Ciao» mormoro.
«Ciao» risponde, circospetto… come
dovrebbe.
«Hai interrotto il lavoro di qualcun altro,
oggi?» chiedo troppo dolcemente.
L’ombra di un sorriso gli attraversa il
volto. «Solo quello di Flynn.»
«La prossima volta che vai da lui, ti do un
elenco di argomenti da affrontare» sibilo.
«Sembri di cattivo umore, Mrs Grey.»
Fisso con insistenza la nuca di Ryan e Sawyer davanti a me. Christian si sposta più
vicino.
«Ehi» dice piano e mi prende la mano. Per
tutto il pomeriggio non ho fatto altro che
pensare a quello che gli avrei detto, mentre
avrei dovuto concentrarmi sul lavoro. Ma
con il passare delle ore sono diventata
sempre più furiosa. Ne ho abbastanza del suo
comportamento sprezzante, stizzoso e, a
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dirla tutta, infantile. Sottraggo la mano alla
sua stretta… con un gesto altrettanto
sprezzante, stizzoso e infantile.
«Sei arrabbiata con me?» sussurra.
«Sì» dico a denti stretti. Incrocio le braccia
e do un’occhiata fuori dal finestrino. Lui si
avvicina di nuovo, ma io non voglio
guardarlo. Non capisco perché sono così infuriata con lui… però lo sono. Infuriata sul
serio.
Non appena accostiamo davanti all’Escala,
infrango il protocollo e salto giù dalla macchina stringendo in mano la ventiquattrore.
Entro nell’edificio senza guardarmi indietro.
Ryan mi supera e si precipita a chiamarmi
l’ascensore.
«Be’, che cosa c’è?» scatto quando lo raggiungo. Lui arrossisce.
«Mi scusi, signora» borbotta.
Arriva Christian e si mette accanto a me ad
aspettare l’ascensore.
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«Allora non sei arrabbiata solo con me»
mormora sarcastico. Gli lancio un’occhiataccia, ma lui sorride.
«Mi prendi in giro?» dico, stringendo gli
occhi a fessura.
«Non oserei mai» ribatte, alzando le mani
come se lo stessi tenendo sotto tiro. Ha un
aspetto fresco e ordinato nel suo abito blu,
con i capelli lunghi che gli ricadono sugli occhi in quel modo sexy e un’espressione schietta sul viso.
«Devi tagliare i capelli» borbotto ed entro
nell’ascensore.
«Davvero?» dice, scostandosi il ciuffo. Mi
segue.
«Sì.» Digito il codice del nostro appartamento sulla pulsantiera.
«Allora adesso mi parli?»
«Esatto.»
«Per cosa esattamente sei arrabbiata? Mi
serve un indizio» chiede con cautela.
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«Davvero non ne hai idea? Visto che sei
tanto brillante, qualche sospetto dev’esserti
venuto. Non posso credere che tu faccia finta
di non capire.»
Lui arretra di un passo, allarmato. «Sei arrabbiata sul serio. Pensavo che avessimo
risolto tutto nel tuo ufficio» mormora,
perplesso.
«Christian, mi sono solo arresa alla tua insistenza. Questo è quanto.»
Le porte dell’ascensore si aprono e io esco
come una furia. Taylor è in piedi nell’atrio. Si
sposta e chiude in fretta la bocca, mentre io
gli passo accanto furibonda.
«Salve, Taylor» borbotto.
«Mrs Grey» mormora lui.
Lascio cadere la ventiquattrore in corridoio e mi dirigo verso il salone. Mrs Jones è
ai fornelli.
«Buonasera, Mrs Grey.»
«Salve, Mrs Jones» bofonchio. Vado dritta
verso il frigorifero e tiro fuori una bottiglia di
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vino bianco. Christian mi segue in cucina e
mi guarda come un falco mentre io prendo
un bicchiere dalla credenza. Si toglie la giacca e la appoggia distrattamente sul piano
di lavoro.
«Vuoi qualcosa da bere?» chiedo in tono
mieloso.
«No, grazie» risponde, senza togliermi gli
occhi di dosso, e io mi rendo conto che è disorientato. Non sa come prendermi. Da un
certo punto di vista è comico, ma da un altro
è tragico. “Be’, strizzagli le palle.” Fatico a recuperare il mio lato compassionevole da
quando è venuto nel mio ufficio oggi pomeriggio. Christian si toglie la cravatta e
slaccia il primo bottone della camicia con
gesti lenti. Mi verso una generosa dose di
sauvignon e lui si passa una mano tra i
capelli. Quando mi volto, Mrs Jones è scomparsa. “Porca miseria! Era il mio scudo
umano.” Bevo un sorso di vino. Mmh.
Buono.
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«Smettila» sussurra Christian. Si avvicina.
Mi sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi accarezza il lobo con la punta delle
dita, facendomi rabbrividire. È questo che mi
è mancato tutto il giorno? Le sue mani su di
me? Scuoto la testa, allontanando la sua
mano, e lo guardo.
«Parlami» mormora.
«E perché mai? Non mi ascolti.»
«Sì che lo faccio. Sei una delle poche persone che ascolto.»
Bevo un altro sorso di vino.
«È per il nome?»
«Sì e no. È per come reagisci al fatto che
non sono d’accordo con te.» Lo fisso, aspettandomi che sia arrabbiato.
Aggrotta le sopracciglia. «Ana, lo sai che
ho… dei problemi. Per me è difficile lasciar
correre quando la cosa riguarda te. Lo sai,
questo.»
«Io non sono una bambina, e non sono
una tua proprietà.»
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«Lo so.» Sospira.
«Allora smettila di trattarmi come se lo
fossi» imploro.
Lui mi accarezza la guancia con il dorso
delle dita e mi passa il pollice sul labbro
inferiore.
«Non essere arrabbiata. Sei così preziosa
per me. Come una proprietà senza prezzo,
come un bambino» sussurra, un’espressione
triste e riverente sul viso. Le sue parole mi
distraggono. Preziosa come un bambino…
Un bambino sarebbe prezioso per lui!
«Non sono nessuna di queste cose, Christian. Sono tua moglie. Se ti ha ferito il fatto
che non abbia preso il tuo nome, avresti
dovuto dirlo.»
«Ferito?» Si incupisce, e io capisco che sta
soppesando le mie parole. All’improvviso si
raddrizza, ancora accigliato, e lancia una
rapida occhiata all’orologio. «L’architetto arriverà tra meno di un’ora. Dovremmo
mangiare.»
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“Oh, no.” Non mi ha risposto e adesso
devo affrontare Gia Matteo. La mia giornata
schifosa è appena diventata schifosissima.
Lancio un’occhiataccia a Christian.
«Questa discussione non è finita»
borbotto.
«Cos’altro c’è da discutere?»
«Potresti vendere l’azienda.»
Christian sbuffa. «Venderla?»
«Sì.»
«Credi che troverei un compratore nel
mercato attuale?»
«Quanto ti è costata?»
«Relativamente poco» dice in tono
prudente.
«E se fallisce?»
Fa un sorrisetto. «Ce la caveremo. Ma non
la lascerò fallire, Anastasia. Non finché tu lavori lì.»
«E se me ne andassi?»
«Per fare cosa?»
«Non lo so. Qualcos’altro.»
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«Hai già detto che è il lavoro dei tuoi
sogni. E se non sbaglio ho promesso davanti
a Dio, al reverendo Welsh e a un gruppo
delle persone a noi più vicine e più care “di
amarti, di sostenere le tue speranze e i tuoi
sogni e di tenerti salda al mio fianco”.»
«Citare la tua promessa nuziale è giocare
sporco.»
«Non ho mai promesso di giocare pulito
quando si tratta di te. Inoltre» aggiunge
«anche tu una volta hai usato la tua
promessa come un’arma contro di me.»
Mi acciglio. È vero.
«Anastasia, se sei ancora arrabbiata con
me, sfogati a letto più tardi.» All’improvviso
la sua voce è bassa e piena di desiderio sensuale, gli occhi sono ardenti.
“Cosa? Letto? Come?”
Lui sorride indulgente alla vista della mia
espressione. Si aspetta che lo leghi?
«Tutto quello che vuoi» sussurra. «Non
vedo l’ora.»
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“Wow!”
«Gail!» urla di punto in bianco e pochi
istanti dopo compare Mrs Jones. Dov’era?
Nell’ufficio di Taylor? Ascoltava? Oh, no.
«Mr Grey?»
«Vorremmo cenare, adesso.»
«Molto bene, signore.»
Christian non mi toglie gli occhi di dosso.
Mi osserva vigile come se fossi una creatura
esotica sul punto di imbizzarrirsi. Bevo un
altro sorso di vino.
«Credo che mi unirò a te bevendo un bicchiere» dice con un sospiro e si passa una
mano tra i capelli.
«Non finisci?»
«No.» Abbasso gli occhi sul piatto di
fettuccine quasi intatto per evitare l’espressione cupa di Christian. Prima che lui possa
dire qualcosa, mi alzo e sparecchio.
«Gia arriverà tra poco» borbotto. Christian fa una smorfia contrariata, ma non dice
niente.
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«Dia pure a me, Mrs Grey» dice Mrs Jones
prendendo i piatti.
«Grazie.»
«Non le sono piaciute le fettuccine?»
chiede, preoccupata.
«Erano buonissime. È solo che non ho
fame.»
Mi fa un sorriso comprensivo, poi si gira
per pulire il mio piatto e mettere tutto nella
lavastoviglie.
«Devo fare un paio di telefonate» annuncia Christian, soppesandomi con lo sguardo,
e scompare nel suo studio.
Faccio un sospiro di sollievo e vado in
camera da letto. La cena è stata imbarazzante. Sono ancora arrabbiata con
Christian e a quanto pare lui pensa di non
aver fatto niente di male. “L’ha fatto?” Il mio
subconscio sembra benevolo stavolta. Sì, l’ha
fatto. Mi ha reso le cose ancora più difficili al
lavoro. Non ha aspettato di discutere la faccenda nella relativa privacy di casa nostra.
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Come si sentirebbe se io mi presentassi inaspettata nel suo ufficio con fare arrogante? E,
ciliegina sulla torta, vuole affidarmi la SIP!
Come diavolo faccio a dirigere un’azienda?
Non capisco niente di affari.
Guardo lo skyline di Seattle contro il rosa
perlaceo del cielo al tramonto. E come al
solito vuole risolvere le nostre divergenze a
letto… ehm… atrio… stanza dei giochi…
stanza della tivù… bancone della cucina…
“Basta!” Con lui si torna sempre lì. Il sesso è
il suo sistema per affrontare i problemi.
Vado in bagno e guardo cupa il mio riflesso nello specchio. Tornare al mondo reale
è difficile. Siamo riusciti a superare tutte le
divergenze mentre eravamo chiusi nella nostra bolla perché eravamo immersi uno
nell’altra. Ma adesso? Per un breve momento
ritorno con la mente al nostro matrimonio,
ricordando le preoccupazioni che mi tormentavano quel giorno: sposati in fretta…
No, non devo pensare a queste cose. Sapevo
347/1287
che lui era Mr Cinquanta Sfumature quando
l’ho sposato. Devo solo tener duro e cercare
di risolvere la cosa parlando.
Sono pallida e adesso devo affrontare
quella donna.
Indosso una gonna grigio piombo e una
camicetta senza maniche. “Giusto!” La mia
dea interiore tira fuori il suo smalto rosso da
sgualdrina. Io slaccio due bottoni, rivelando
la sommità del solco tra i seni. Mi lavo la faccia, quindi mi trucco con cura, mettendo più
mascara del solito e una generosa quantità di
rossetto. Mi piego in avanti e mi spazzolo
vigorosamente. Quando mi raddrizzo, i miei
capelli sono una nuvola castana che mi
ricade sul petto. Li sistemo ad arte dietro le
orecchie e vado a cambiarmi le scarpe basse,
mettendone un paio con il tacco.
Quando torno nel salone, Christian ha
aperto il progetto della casa sul tavolo da
pranzo. Dall’impianto stereo proviene della
musica. Mi fermo ad ascoltarla.
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«Mrs Grey» mi saluta lui con calore, poi
mi lancia un’occhiata perplessa.
«Che cos’è?» chiedo. La musica è
straordinaria.
«Il Requiem di Fauré. Sembri diversa»
risponde, distratto.
«Ah. Non l’avevo mai sentito.»
«È molto rilassante» dice e inarca un
sopracciglio. «Hai fatto qualcosa ai capelli?»
«Li ho spazzolati» borbotto. Sono trasportata dalle voci ossessionanti. Abbandonando i disegni sul tavolo, cammina verso di
me lentamente, a ritmo della musica.
«Balli con me?» mormora.
«Questo? È un requiem» squittisco,
scioccata.
«Sì.» Mi prende tra le braccia e mi stringe,
affondando il naso tra i miei capelli e facendomi oscillare lievemente da una parte
all’altra. Ha il suo profumo meraviglioso.
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Oh… mi è mancato. Lo circondo con le
braccia e lotto contro l’impulso di piangere.
“Perché sei così esasperante?”
«Odio litigare con te» sussurra.
«Be’, allora piantala di fare lo stronzo.»
Lui ridacchia e il suono gli riverbera nel
petto. Mi stringe più forte. «Stronzo?»
«Imbecille.»
«Preferisco stronzo.»
«Giusto. Ti si addice.»
Lui scoppia a ridere e mi bacia la sommità
della testa.
«Un requiem?» mormoro, un po’ stupita
del fatto che stiamo ballando su questa
musica.
Lui si stringe nelle spalle. «È solo una musica bellissima, Ana.»
Taylor tossicchia con discrezione alle
nostre spalle e Christian mi lascia andare.
«È arrivata Miss Matteo.»
“Oh, che gioia!”
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«Falla entrare» dice Christian. Mi prende
la mano mentre Gia Matteo fa il suo ingresso
nella stanza.
8
Gia Matteo è una bella donna… una bella
donna alta. Porta i corti capelli biondi dal
taglio raffinato e dalla piega perfetta come
una preziosa corona. Indossa un tailleur pantalone grigio chiaro, la cui giacca svasata e
aderente le accarezza le curve provocanti.
Una mise costosa. Alla base della gola brilla
un diamante, abbinato agli orecchini. È curatissima… una di quelle donne cresciute in
mezzo al denaro e alle buone maniere, anche
se questa sera la sua raffinata educazione
sembra un po’ appannata; la camicetta
azzurra è troppo sbottonata. Come la mia.
«Christian, Ana.» Fa un sorriso radioso,
rivelando denti perfetti, e allunga una mano
curatissima per stringere prima quella di
Christian e poi la mia. Il che significa che
devo lasciare andare la mano di mio marito
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per contraccambiare il gesto. È alta quasi
come Christian, ma porta vertiginosi tacchi a
spillo.
«Gia» la saluta lui. Io sorrido con
freddezza.
«Avete entrambi un aspetto meraviglioso
dopo la luna di miele» dice disinvolta, gli occhi castani che guardano Christian da sotto
le lunghe ciglia annerite dal mascara. Christian mi circonda con un braccio, stringendomi a sé.
«È stata magnifica, grazie.» Mi sfiora la
tempia con le labbra, cogliendomi di
sorpresa.
“Vedi… lui è mio.” Fastidioso – esasperante, persino – però mio. Sorrido. “In questo
momento ti amo davvero, Christian Grey.”
Faccio scivolare la mano sulla sua vita e la
infilo nella tasca posteriore dei pantaloni,
dandogli una strizzata al sedere. Gia ci
rivolge un sorrisetto.
353/1287
«Siete riusciti a dare un’occhiata ai
disegni?»
«Sì» mormoro. Alzo gli occhi su Christian,
che mi sorride, un sopracciglio inarcato con
beffardo divertimento. È divertito per cosa?
Per la mia reazione a Gia o per il fatto che gli
ho toccato il sedere?
«Prego» dice Christian. «I disegni sono
qui.» Fa un gesto verso il tavolo da pranzo.
Tenendomi per mano, si avvia e Gia ci segue.
Mi ricordo solo in quel momento dei miei
doveri di ospitalità.
«Vuoi qualcosa da bere?» chiedo. «Un bicchiere di vino?»
«Volentieri» risponde Gia. «Bianco secco,
se l’avete.»
“Accidenti! Il sauvignon… è un bianco
secco, no?” Mi allontano riluttante da mio
marito e mi dirigo in cucina. Sento il sibilo
dell’iPod mentre Christian spegne la musica.
«Vuoi del vino anche tu, Christian?»
chiedo.
354/1287
«Sì, grazie, piccola» dice, accarezzandomi
con la voce e sorridendo. “Wow, può mandarti in estasi, quando vuole, eppure sa essere anche così irritante.”
Allungandomi per aprire la credenza, sono
consapevole del suo sguardo su di me e
vengo assalita dalla strana sensazione che lui
e io stiamo recitando, giocando a un gioco…
ma questa volta stiamo dalla stessa parte
contro Miss Matteo. Christian sa che lei è attratta da lui e si comporta apposta in modo
così esplicito? Sento un brivido di piacere
quando mi rendo conto che forse sta cercando di rassicurarmi. O forse sta solo
mandando un messaggio forte e chiaro a
questa donna per dirle che è impegnato.
È mio. “Sì, stronza… mio.” La mia dea interiore sta indossando la tenuta da gladiatrice, e non avrà pietà. Sorrido tra me e
prendo tre bicchieri dalla credenza, tiro fuori
la bottiglia aperta di sauvignon dal frigorifero e appoggio tutto sul bancone della
355/1287
cucina. Gia è china sul tavolo, mentre Christian è in piedi accanto a lei e indica uno dei
disegni.
«Credo che Ana abbia qualcosa da dire
sulla parete di vetro, ma in generale le tue
idee ci piacciono.»
«Oh, ne sono felice» si entusiasma Gia, rilassandosi, e tocca brevemente il braccio di
Christian con fare civettuolo. Lui si irrigidisce, ma non lo dà a vedere. Lei non sembra essersene nemmeno accorta.
“Lascialo in pace, signora. Non gli piace
essere toccato.”
Christian si sposta con noncuranza fuori
dalla sua portata e si volta verso di me. «Abbiamo sete» dice.
«Arrivo subito.» Lei lo mette a disagio.
Com’è che non me ne sono accorta prima?
Ecco perché non mi piace Gia. Lui è abituato
a come si comportano le donne in sua
presenza. L’ho visto abbastanza spesso in
situazioni simili e di solito non se ne dà
356/1287
pensiero. Ma toccarlo è una faccenda diversa. Bene, Mrs Grey alla riscossa.
Verso il vino, prendo i tre bicchieri e mi affretto a tornare dal mio cavaliere in difficoltà. Porgo un bicchiere a Gia e mi metto
apposta tra loro due. Lei mi sorride cortese e
accetta il bicchiere. Do il secondo a Christian, che lo prende con un’espressione di divertita gratitudine.
«Alla salute» dice Christian a entrambe,
guardando me. Gia e io alziamo il bicchiere e
rispondiamo all’unisono.
«Ana, vuoi dirmi qualcosa riguardo alla
parete di vetro?» chiede Gia.
«Sì. Mi piace… non fraintendermi. Ma
speravo che potessimo inserirla nella casa in
modo più organico. In fin dei conti, mi sono
innamorata di quella casa così com’era e non
voglio apportare cambiamenti radicali.»
«Capisco.»
«Vorrei solo che il progetto fosse più
rispettoso, sai… più in sintonia con l’edificio
357/1287
originale.» Lancio un’occhiata a Christian,
che mi sta osservando pensieroso.
«Nessun rinnovamento radicale?» mormora lui.
«No.» Scuoto la testa per enfatizzare il mio
punto di vista.
«Ti piace così com’è?»
«In gran parte sì. Ho sempre creduto che
bastassero solo cure amorevoli.»
Gli occhi di Christian brillano affettuosi.
Gia ci guarda e arrossisce leggermente.
«Okay» dice. «Credo di aver capito che cosa
intendi, Ana. Che ne dici se mantenessimo la
parete di vetro ma facessimo in modo che si
apra su un pavimento esterno più grande in
sintonia con lo stile mediterraneo? C’è già la
terrazza di pietra. Potremmo mettere dei pilastri della stessa pietra, molto distanziati tra
loro in modo da non ostruire il panorama, e
poi aggiungere una copertura di vetro o di
tegole come nel resto della casa. Potrebbe
358/1287
anche essere un posto all’aperto riparato,
dove stare seduti e mangiare.»
Ammettiamolo… questa donna è brava nel
suo lavoro.
«Oppure, invece del pavimento esterno,
potremmo inserire un profilo di legno di tua
scelta nelle porte di vetro… contribuirebbe a
mantenere
lo
spirito
mediterraneo»
continua.
«Come le persiane turchesi nel Sud della
Francia» sussurro a Christian, che mi guarda
con attenzione. Beve un sorso di vino e si
stringe nelle spalle, evitando di prendere
posizione. L’idea non gli piace, ma non vuole
scavalcarmi, contraddirmi o farmi sentire
stupida. Dio, quest’uomo è un groviglio di
contraddizioni. Mi torna in mente quello che
mi ha detto ieri: “Voglio che quella casa sia
come tu la desideri. Qualunque cosa tu
voglia. È tua”. Vuole che io sia felice… felice
in tutto quello che faccio. Dentro di me credo
di saperlo. Solo che… basta. “Non pensare
359/1287
alla vostra discussione, adesso.” La mia vocina interiore è categorica.
Gia sta guardando Christian, aspettando
che sia lui a decidere. Le si dilatano le pupille
e le si schiudono le labbra truccate. Si passa
rapidamente la punta della lingua sul labbro
superiore prima di bere un sorso di vino.
Quando mi giro verso Christian, lui sta
ancora guardando me… non lei. “Sì!” Sto per
dare una lezione a Miss Matteo.
«Ana, tu che cosa vuoi fare?» mormora
Christian, demandando chiaramente a me la
decisione.
«Mi piace l’idea del pavimento esterno.»
«Anche a me.»
Mi volto di nuovo verso Gia. “Ehi, signora,
guarda me, non lui. Sono io quella che decide, qui.” «Credo che vorrei vedere i disegni
modificati con il pavimento esterno più
grande e i pilastri in stile con la casa.»
360/1287
Con fare riluttante, Gia distoglie gli occhi
avidi da mio marito e mi sorride. Pensa forse
che non me ne accorga?
«Certo» concorda amabilmente. «C’è
altro?»
“Oltre al fatto che ti stai scopando con gli
occhi mio marito?” «Christian vorrebbe
modificare la camera da letto principale»
mormoro.
Un tossicchiare discreto sulla soglia del
salone ci interrompe. Ci voltiamo tutti insieme e vediamo Taylor.
«Taylor?» chiede Christian.
«Ho bisogno di parlare con lei di una
questione urgente, Mr Grey.»
Christian mi mette le mani sulle spalle e
dice a Gia: «Mrs Grey è responsabile del progetto. Ha carta bianca. Qualunque cosa
voglia va bene. Mi fido totalmente del suo
istinto. È molto acuta». Il tono è impercettibilmente cambiato. Intuisco l’orgoglio e un
velato avvertimento… a Gia?
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Si fida del mio istinto? Oh, quest’uomo mi
fa ammattire. Il mio istinto ha permesso che
questo pomeriggio lui passasse come un
bulldozer sopra i miei sentimenti. Scuoto la
testa per la frustrazione, ma sono grata che
stia chiarendo a Miss Provocante e Ahimè
Brava Nel Suo Lavoro chi ha la responsabilità qui. Gli accarezzo le mani che tiene appoggiate sulle mie spalle.
«Con permesso.» Christian mi stringe le
spalle e segue Taylor. Mi chiedo di sfuggita
che cosa stia succedendo.
«Allora… la camera da letto principale?»
dice Gia con una punta di nervosismo.
La guardo, rimanendo in silenzio un
istante per assicurarmi che Christian e
Taylor si siano debitamente allontanati. Poi
chiamo a raccolta tutte le mie risorse interiori e, contando sul fatto che sono stata davvero arrabbiata nelle ultime cinque ore, le do
quello che si merita.
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«Fai bene a essere nervosa, Gia, perché in
questo momento il tuo contributo al progetto
è pericolosamente in forse. Ma sono certa
che andrà tutto bene finché terrai giù le mani
da mio marito.»
Lei sussulta.
«Altrimenti sei licenziata. Chiaro?»
scandisco le parole.
Lei sbatte le palpebre, completamente
stordita. Non può credere a quello che ho appena detto. Ma io tengo duro, fissandola impassibile negli occhi castani spalancati.
“Non distogliere lo sguardo. Non distogliere lo sguardo!” L’ho imparato da Christian, capace di fissarti impassibile come nessun altro. So che rinnovare la residenza principale dei Grey è un progetto prestigioso per
lo studio di architettura di Gia… un fulgido
fiore all’occhiello. E in questo momento non
me ne frega un accidente se lei è amica di
Elliot.
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«Ana… Mrs Grey… S-sono così spiacente.
Non ho mai…» Avvampa, non sapendo che
cosa dire.
«Permettimi di essere chiara: mio marito
non è interessato a te.»
«Certo» mormora, impallidendo.
«Come ho detto, volevo solo essere
chiara.»
«Mrs Grey, mi dispiace molto se ha
pensato… che io…» dice Gia, dandomi improvvisamente del lei. S’interrompe, annaspando per trovare le parole.
«Finché ci capiamo, andrà tutto bene.
Adesso, ti dirò che cosa abbiamo in mente
per la camera da letto principale, poi vorrei
un elenco dettagliato di tutti i materiali che
intendi usare. Come sai, Christian e io gradiremmo avere una casa ecosostenibile e
vorrei poterlo rassicurare riguardo alla
provenienza dei materiali e alle loro
caratteristiche.»
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«C-certo» balbetta, con gli occhi sgranati e
un po’ intimorita da me. Questa sì che è una
vittoria. La mia dea interiore corre intorno
all’arena, salutando la folla in delirio.
Gia si aggiusta i capelli: è un gesto di
nervosismo.
«La camera da letto principale?» chiede
ansiosamente, la voce un sussurro ansimante. Adesso che l’ho messa KO, mi sento
rilassata per la prima volta da quando Christian è venuto nel mio ufficio oggi pomeriggio. Posso farlo. La mia dea interiore celebra
la stronza che è in lei.
Christian ci raggiunge mentre stiamo
finendo.
«Tutto a posto?» chiede. Mi mette un
braccio intorno alla vita e si gira verso Gia.
«Sì, Mr Grey.» Gia fa un gran sorriso…
nervoso. «Vi farò avere i disegni modificati
entro un paio di giorni.»
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«Ottimo. Sei contenta?» mi chiede, lo
sguardo affettuoso e indagatore. Annuisco e
arrossisco senza sapere perché.
«Sarà meglio che vada» dice Gia, eccessivamente allegra. Questa volta tende la
mano prima a me, poi a Christian.
«Alla prossima, Gia» mormoro.
«Sì, Mrs Grey, Mr Grey.»
Taylor compare sulla soglia del salone.
«Taylor ti accompagnerà» dico a voce abbastanza alta perché Taylor mi senta. Lei si
aggiusta i capelli di nuovo, poi gira sui tacchi
alti ed esce dalla stanza, tallonata da Taylor.
«Era notevolmente più fredda» dice Christian, guardandomi con aria perplessa.
«Ah, sì? Non l’ho notato.» Mi stringo nelle
spalle, cercando di rimanere impassibile.
«Che cosa voleva Taylor?» chiedo, in parte
perché sono curiosa e in parte per cambiare
argomento.
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Christian si acciglia e mi lascia andare,
mettendosi ad arrotolare i disegni sul tavolo.
«Si trattava di Hyde.»
«Che cos’è successo?»
«Niente di cui preoccuparsi, Ana.» Lascia
perdere i disegni e mi prende tra le braccia.
«Si è scoperto che non torna nel suo appartamento da settimane, tutto qui.» Mi bacia sui
capelli, poi riprende a mettere a posto i
disegni.
«Allora, che cosa avete deciso?» mi chiede,
e io so che lo fa perché non vuole che continui a fare domande su Hyde.
«Soltanto quello di cui avevamo parlato tu
e io. Credo che tu le piaccia» dico piano.
Lui sbuffa. «Le hai detto qualcosa?»
chiede, e io divento rossa come un peperone.
“Come fa a saperlo?” Per non rispondere
subito, mi fisso le mani.
«Eravamo Christian e Ana quando è arrivata e Mr e Mrs Grey quando se n’è andata» osserva in tono asciutto.
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«Può darsi che io abbia detto qualcosa»
bofonchio. Quando alzo gli occhi, lui mi sta
guardando con affetto e per un momento
sembra… divertito. Distoglie lo sguardo,
scuotendo la testa, e la sua espressione
cambia.
«È solo una reazione a me.» Ha un tono
vagamente amareggiato.
“Oh, Christian, no!”
«Che cosa c’è?» dice sorpreso dalla mia espressione perplessa. Sgrana gli occhi, allarmato. «Non sarai gelosa, vero?» mi
chiede, inorridito.
Io arrossisco di nuovo e deglutisco, poi
torno a fissarmi le mani. “Lo sono?”
«Gia è una predatrice sessuale, Ana. Non è
affatto il mio tipo. Come puoi essere gelosa
di lei? O di chiunque altra? Non sono minimamente interessato a lei.» Quando alzo gli
occhi, lui mi fissa come se mi fosse spuntato
un arto in più. Si passa una mano nei capelli.
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«Ci sei solo tu, Ana» dice piano. «Ci sarai
sempre solo tu.»
“Oddio.” Christian lascia perdere di nuovo
i disegni e mi si avvicina, prendendomi il
mento tra il pollice e l’indice.
«Come puoi pensare il contrario? Ti ho
mai dato motivo di credere che io possa essere anche solo lontanamente interessato a
qualcun’altra?» Mi fissa con gli occhi
ardenti.
«No» sussurro. «Sono una sciocca. È solo
che oggi… tu…» Riemergono tutte le mie
emozioni contraddittorie. Come faccio a
dirgli quanto sono confusa? Sono confusa e
frustrata dal suo comportamento di oggi nel
mio ufficio. Un minuto vuole che io stia a
casa e il minuto dopo mi regala un’azienda.
Come pensa che io riesca a stargli dietro?
«Io cosa?»
«Oh, Christian» mi trema il labbro inferiore «sto cercando di abituarmi a questa
nuova vita che non avrei mai immaginato per
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me. Mi viene offerto tutto su un piatto d’argento: il lavoro, il mio bellissimo marito, che
mai… mai avrei pensato di amare in questo
modo, così intensamente, così in fretta,
così… ineluttabilmente.» Faccio un respiro
profondo per calmarmi mentre lui rimane a
bocca aperta.
«Ma tu sei come un treno in corsa e io non
voglio essere travolta perché la ragazza di cui
ti sei innamorato finirebbe schiacciata. E
cosa rimarrebbe? Un’inutile anoressica
famosa, che passa da un comitato benefico
all’altro.» Mi interrompo di nuovo, sforzandomi di trovare le parole per esprimere
quello che provo. «E adesso vuoi che diventi
un dirigente d’azienda, una cosa che non mi
è mai nemmeno passata per la testa. Sono
sballottata qua e là da queste prospettive.
Vuoi che stia a casa. Vuoi che diriga una società. Sono così confusa.» Mi fermo, sul punto
di scoppiare a piangere, e soffoco un
singhiozzo.
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«Devi permettermi di prendere le mie decisioni, di assumermi i miei rischi e fare i
miei errori, e lasciare che impari da essi. Ho
bisogno di imparare a camminare prima di
poter correre, Christian, non lo capisci?
Voglio un po’ di indipendenza. Questo è ciò
che mantenere il mio cognome significa per
me.» Ecco che cosa avrei voluto dire oggi
pomeriggio.
«Ti senti travolta?» sussurra.
Annuisco.
Lui chiude gli occhi, agitato. «Voglio solo
offrirti il mondo, Ana, tutto quello che vuoi,
qualunque cosa. E salvarti dal mondo, anche.
Tenerti al sicuro. Ma voglio che tutti sappiano che sei mia. Oggi quando ho ricevuto la
tua mail sono andato nel panico. Perché non
mi hai parlato della faccenda del cognome?»
Arrossisco. Ha ragione.
«Ci ho pensato qualche volta durante la
luna di miele e, be’, non volevo far scoppiare
la nostra bolla, e me ne sono dimenticata. Mi
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è venuto in mente solo ieri sera. E a quel
punto il baseball… sai com’è, mi ha distratta.
Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo o discuterne
con te, ma non sembrava mai il momento
giusto.»
Lo sguardo di Christian è inquietante. È
come se stesse cercando di farmi accettare il
suo punto di vista con la pura forza di
volontà, ma non dice niente.
«Perché sei andato nel panico?» gli
chiedo.
«È solo che non voglio che mi scivoli tra le
dita.»
«Per l’amor del cielo, non sto andando da
nessuna parte. Quand’è che te lo ficcherai in
quella tua testa dura? Ti… amo.» Agito una
mano, come talvolta fa lui, per enfatizzare le
mie parole. «Più della… “vista, dello spazio,
della libertà”.»
Sgrana gli occhi. «L’amore di una figlia?»
Mi rivolge un sorriso ironico.
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«No.» Scoppio a ridere mio malgrado. «È
l’unica citazione che mi è venuta in mente.»
«Il folle re Lear?»
«L’amatissimo, folle re Lear.» Gli accarezzo il viso e lui si avvicina, chiudendo gli
occhi. «Cambieresti il tuo nome in Christian
Steele perché tutti sappiano che appartieni a
me?»
Christian spalanca gli occhi e mi guarda
come se avessi appena detto che la terra è piatta. Aggrotta la fronte. «Appartengo a te?»
mormora, saggiando le parole.
«Sei mio.»
«Tuo» dice, ripetendo le parole che abbiamo pronunciato soltanto ieri nella stanza
dei giochi. «Sì, lo farei. Se per te significasse
così tanto.»
«Significa così tanto per te?»
«Sì.» È inequivocabile.
«Okay.» Farò questo per lui. Gli darò l’ulteriore rassicurazione di cui ha bisogno.
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«Pensavo che fossi già d’accordo su
questo.»
«È vero, ma adesso che ne abbiamo discusso ancora, sono più felice della mia
decisione.»
«Oh» borbotta, sorpreso. Poi fa il suo
meraviglioso sorriso da ragazzino e mi toglie
il fiato. Mi afferra per la vita e mi fa roteare.
Caccio uno strillo e inizio a ridacchiare, e
non so se è felice, sollevato o… cosa?
«Mrs Grey, sai che cosa significa questo
per me?»
«Adesso lo so.»
Mi bacia, le dita tra i miei capelli per tenermi ferma.
«Significa tutto quello che voglio» mormora contro la mia bocca, sfregando il naso
contro il mio.
«Credi?» Mi scosto per guardarlo.
«Sono state fatte certe promesse. Formulata un’offerta e concluso un accordo» sussurra, gli occhi che scintillano di gioia.
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«Ehm…» Mi gira la testa nel tentativo di
star dietro ai suoi cambiamenti d’umore.
«Ti tiri indietro?» chiede incerto, poi fa un
sorriso pensieroso. «Ho un’idea» aggiunge.
“Oh, che tipo di sesso estremo avrà in
mente?”
«Una questione molto importante da affrontare» continua, all’improvviso serissimo.
«Sì, Mrs Grey. Una questione della massima
gravità…»
Aspetta… mi sta prendendo in giro.
«Che cosa?» dico in un soffio.
«Ho bisogno che mi tagli i capelli. A
quanto pare sono troppo lunghi e a mia
moglie non piacciono.»
«Non posso tagliarti i capelli!»
«Sì, che puoi.» Christian fa un sorriso radioso e scuote la testa, facendosi ricadere i
capelli sugli occhi.
«Be’, se Mrs Jones ha una scodella.»
Ridacchio.
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Lui scoppia a ridere. «Okay, un punto per
te. Andrò da Franco.»
“No! Franco lavora per la Strega!” Forse
potrei dargli una spuntatina. Dopotutto, ho
tagliato i capelli a Ray per anni, e lui non ha
mai avuto da ridire.
«Vieni.» Gli afferro una mano. Lui sgrana
gli occhi. Lo porto nel nostro bagno, dove gli
lascio andare la mano e prendo la sedia bianca di legno che sta nell’angolo, sistemandola davanti al lavandino. Quando lo guardo,
Christian mi sta osservando con malcelato
divertimento, i pollici agganciati ai passanti
dei pantaloni, ma nei suoi occhi arde il fuoco.
«Siediti.» Indico la sedia, tentando di
mantenere una posizione di superiorità.
«Hai intenzione di lavarmi i capelli?»
Annuisco. Lui inarca un sopracciglio e per
un momento penso che stia per tirarsi indietro. «Okay.» Comincia lentamente a sbottonarsi la camicia bianca, partendo dall’alto.
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Le sue dita agili si muovono veloci verso il
basso, slacciando un bottone dopo l’altro.
Christian mi porge un polsino, con un
gesto che significa “Slacciami questo, per
favore”, sulle labbra quella smorfia di sfida
così sexy.
“Oh, i gemelli.” Allungo le mani verso il
polsino e tolgo il primo dei gemelli, un dischetto di platino con le sue iniziali incise in
un semplice corsivo, quindi l’altro. Mentre
finisco, lo guardo: l’espressione divertita è
scomparsa, sostituita da qualcosa di più ardente… molto più ardente. Mi protendo
verso di lui e gli faccio scivolare la camicia
dalle spalle, lasciandola cadere sul
pavimento.
«Pronto?» sussurro.
«Per qualunque cosa tu voglia, Ana.»
Sposto lo sguardo dai suoi occhi alle sue
labbra, schiuse per inspirare più profondamente. Scolpita, cesellata, comunque la si
voglia definire, la sua bocca è bellissima e lui
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sa molto bene come usarla. Mi ritrovo a
baciarlo.
«No» dice, appoggiandomi le mani sulle
spalle. «Non farlo. Se lo fai, non riuscirai mai
a tagliarmi i capelli.»
“Oh!”
«Voglio che me li tagli» continua. Per
qualche inesplicabile motivo, i suoi occhi
sono pozze scure, percorse da un lampo
selvaggio. È disarmante.
«Perché?» sussurro.
Mi fissa per un momento, e i suoi occhi
sono ancora più profondi. «Perché mi farà
sentire amato.»
Per poco non mi si ferma il cuore. “Oh,
Christian… il mio Christian.” E prima di rendermene conto l’ho circondato con le braccia
e gli sto baciando il petto, strofinando il naso
nei peli che mi fanno il solletico.
«Ana, la mia Ana» sussurra. Mi abbraccia
e rimaniamo immobili, tenendoci stretti. Oh,
quanto mi piace stare tra le sue braccia.
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Anche se è uno stronzo megalomane tirannico, è il mio stronzo megalomane tirannico
che ha bisogno di una dose perenne di cure
amorevoli. Mi scosto da lui senza lasciarlo
andare.
«Vuoi davvero che lo faccia?»
Lui annuisce e mi fa il suo sorriso timido.
Ricambio con un sorriso radioso e mi libero
dal suo abbraccio.
«Allora siediti» ripeto.
Lui obbedisce, sedendosi con la schiena
rivolta verso il lavandino. Mi tolgo le scarpe e
le scalcio dove c’è la sua camicia arrotolata
per terra. Prendo dalla doccia lo shampoo
Chanel che abbiamo comprato in Francia.
«Il signore gradirebbe questo?» Sollevo la
boccetta con entrambe le mani come se fossi
a una televendita. «Importato direttamente
dal Sud della Francia. Mi piace il profumo
che ha… sa di te» aggiungo in un soffio,
smettendo di atteggiarmi a presentatrice
televisiva.
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«Volentieri» dice con un sorriso.
Prendo un piccolo asciugamano dallo scaldasalviette. Mrs Jones sa come ottenere asciugamani morbidissimi.
«Chinati in avanti» gli ordino e Christian
obbedisce. Gli metto l’asciugamano sulle
spalle, quindi apro il rubinetto e riempio il
lavandino di acqua calda.
«Testa indietro.» Ehi, mi piace dare ordini. Christian si piega all’indietro ma è
troppo alto e deve spostare avanti la sedia,
poi inclinarla in modo che lo schienale appoggi contro il lavandino. Perfetto. Getta indietro la testa. Occhi spavaldi mi fissano e io
sorrido. Prendo uno dei bicchieri che
teniamo nell’armadietto, lo immergo nell’acqua e gliela verso sulla testa, bagnandogli i
capelli. Ripeto l’operazione, china su di lui.
«Hai un profumo buonissimo, Mrs Grey»
mormora lui e chiude gli occhi.
Mentre gli bagno i capelli con metodo, lo
guardo. “Accidenti. Mi stancherò mai di
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questa visione?” Ha lunghe ciglia scure, le
sue labbra socchiuse hanno la forma di un
piccolo diamante e lui respira tranquillo.
Mmh… mi piacerebbe infilarci la lingua…
Gli schizzo l’acqua negli occhi. «Scusa!»
Lui prende un angolo dell’asciugamano e
ride tamponandosi gli occhi.
«Ehi, lo so che sono uno stronzo, ma non
annegarmi.»
Mi chino e gli bacio la fronte. «Non
provocarmi.»
Mi mette una mano dietro la testa e mi bacia, brevemente, facendo un basso verso gutturale. Quel rumore arriva dritto al centro
del mio corpo. Un suono davvero seducente.
Mi lascia andare e si piega all’indietro,
obbediente, guardandomi in attesa. Per un
attimo sembra vulnerabile, come un
bambino. Mi tocca il cuore.
Mi verso un po’ di shampoo nel palmo e gli
massaggio la testa, iniziando dalle tempie e
proseguendo verso la sommità, poi in basso,
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muovendo le dita in cerchio. Lui chiude gli
occhi e fa di nuovo quel verso gutturale.
«Che bello» dice dopo un momento e si rilassa sotto il tocco deciso delle mie mani.
«Sì, lo è» commento, baciandogli di nuovo
la fronte.
«Mi piace quando mi massaggi la testa con
le dita.» Ha gli occhi ancora chiusi, ma l’espressione beata, da cui è scomparsa ogni
traccia di vulnerabilità. Che cambiamento
d’umore, e mi consola sapere di esserne stata
io l’artefice.
«Su la testa» ordino e lui obbedisce.
Mmh… una ragazza potrebbe abituarcisi. Gli
insapono la nuca, grattando leggermente con
le unghie.
«Indietro.»
Lui si piega e io sciacquo la schiuma
usando il bicchiere. Questa volta riesco a non
schizzarlo.
«Ancora?» chiedo.
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«Grazie.» Apre gli occhi e mi guarda con
un’espressione serena. Gli sorrido dall’alto.
«Faccio subito, Mr Grey.»
Mi giro verso il secondo lavandino, quello
che di solito usa Christian, e lo riempio d’acqua calda.
«Per risciacquarteli» dico, in risposta al
suo sguardo perplesso.
Gli faccio un secondo shampoo, ascoltando
il suo respiro profondo e regolare. Quando è
insaponato e con gli occhi chiusi, mi fermo
un attimo a contemplare il suo volto bellissimo. Non posso resistergli. Gli accarezzo
una guancia e lui apre gli occhi, guardandomi quasi addormentato da sotto le
lunghe ciglia. Mi chino e gli do un casto bacio sulle labbra. Lui sorride, chiude gli occhi
di nuovo e fa un sospiro di pura felicità.
Chi avrebbe pensato che dopo la discussione di oggi pomeriggio potesse essere così
rilassato? Senza sesso? Mi chino sopra di lui.
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«Mmh» mormora con apprezzamento
quando i miei seni gli sfiorano la faccia. Resistendo all’impulso di muovermi sopra di lui,
tolgo il tappo per far scorrere via l’acqua
piena di schiuma. Mi mette una mano su un
fianco e poi sul sedere.
«Non palpare la shampista» mormoro,
fingendo disapprovazione.
«Sono sordo, non dimenticartelo» dice,
tenendo gli occhi chiusi, mentre la sua mano
scende sotto la gonna per sollevarmela. Gli
colpisco il braccio. Mi diverto a fare la parrucchiera. Lui fa un sorriso da ragazzino,
come se l’avessi colto a fare qualcosa di illecito di cui è segretamente orgoglioso.
Prendo il bicchiere per risciacquargli con
cura i capelli. Sono china su di lui, che mi
tiene una mano sulla schiena, percorrendomi
con le dita avanti e indietro, salendo e scendendo… mmh. Mi dimeno. Lui fa un basso
ringhio gutturale.
«Ecco. Finito.»
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«Bene» dice. Stringe la presa su di me e
all’improvviso si raddrizza sulla sedia, con i
capelli che gli sgocciolano addosso. Mi fa
sedere in grembo, risalendo con la mano fino
alla mia nuca e prendendomi il mento per
tenermi ferma. Sussulto sorpresa e la sua
bocca è sulla mia, la lingua ardente che mi
esplora. Gli metto le mani nei capelli bagnati
e gocce d’acqua mi scorrono lungo le braccia;
mentre il suo bacio si fa più profondo, i
capelli mi bagnano la faccia. Sposta la mano
dal mio mento al primo bottone della
camicetta.
«Basta farsi belli. Voglio che mantieni la
promessa, e possiamo scopare qui o in camera da letto. Decidi tu.»
Christian ha lo sguardo appassionato e
sensuale, mentre i suoi capelli sgocciolano
sui nostri corpi. Deglutisco a fatica.
«Che c’è, Anastasia?» chiede tenendomi
sulle ginocchia.
«Sei bagnato» rispondo.
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China la testa all’improvviso, sfregandomi
i capelli grondanti sul davanti della camicetta. Io strillo e cerco di allontanarmi, ma
lui rafforza la stretta su di me.
«Oh, no, non farlo, piccola.» Quando alza
la testa mi sta sorridendo con espressione
lasciva, e io sono Miss Maglietta Bagnata. La
stoffa fradicia è diventata trasparente. Sono
bagnata… dappertutto.
«Che visione meravigliosa» mormora e si
avvicina sfregando il naso intorno a uno dei
miei capezzoli. Mi dimeno.
«Rispondimi, Ana. Qui o in camera da
letto?»
«Qui» sussurro frenetica. Al diavolo il
taglio di capelli… lo farò dopo. Lui sorride
lentamente, le labbra incurvate in una
promessa dissoluta.
«Ottima scelta, Mrs Grey» ansima sulla
mia bocca. Porta una mano verso il mio
ginocchio e la fa scorrere lungo la coscia, sollevandomi la gonna e facendomi fremere. Mi
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bacia la base dell’orecchio e scende lungo la
mascella.
«Oh, che cosa ti farò?» sussurra. Le sue
dita si fermano sul bordo delle calze, tenute
dal reggicalze. «Mi piacciono queste» dice.
Infila un dito sotto le calze e mi accarezza
l’interno della coscia. Trattengo il fiato e mi
dimeno sopra di lui.
Christian geme forte. «Se devo scoparti
per bene, voglio che tu stia ferma.»
«Allora fammi stare ferma» lo sfido, a voce
bassa.
Lui inspira bruscamente. Stringe gli occhi
a fessura e mi guarda con espressione
vogliosa.
«Oh, Mrs Grey. Non hai che da chiederlo.»
Sposta la mano dal reggicalze alle
mutandine. «Togliti queste.» Le tira delicatamente e io mi sposto per aiutarlo.
Mentre mi muovo, respira forte tra i denti.
«Stai ferma» brontola.
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«Sto cercando di aiutarti» mi imbroncio, e
lui mi morde delicatamente il labbro
inferiore.
«Ferma» grugnisce. Mi fa alzare e fa
scivolare le mutandine lungo le gambe e me
le toglie. Poi mi alza la gonna raccogliendola
intorno ai miei fianchi, mi mette le mani
sulla vita e mi solleva. Tiene ancora in mano
le mie mutandine.
«Siediti. A cavalcioni su di me» ordina, fissandomi. Faccio come mi ha detto e lo
guardo con espressione provocatoria.
«Mrs Grey, mi stai incitando?» Mi guarda,
divertito ed eccitato. Una combinazione
irresistibile.
«Sì. Che cos’hai intenzione di fare?»
Reagisce alle mie parole con un lampo lascivo nello sguardo, e sento la sua erezione
premere contro di me. «Unisci le mani dietro
la schiena.»
“Oh!” Obbedisco e lui mi lega i polsi con le
mutandine.
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«I miei slip? Mr Grey, sei privo di vergogna» lo rimprovero.
«Quando si tratta di te, sì, ma tu lo sai.»
Lo sguardo è intenso e focoso. Mi prende per
la vita e mi sposta indietro verso le sue
ginocchia. Gli sgocciola ancora l’acqua sul
collo e sul petto. Vorrei avvicinarmi a lui per
leccare le gocce, ma sono legata e muovermi
è difficile.
Christian mi accarezza le cosce e fa
scivolare le mani fino alle ginocchia. Me le
allarga, poi apre anche le sue gambe, tenendomi in quella posizione. Allunga le dita
verso i bottoni della camicetta.
«Non credo che questa ci serva» dice. Inizia a slacciare con metodo i bottoni, senza
smettere di guardarmi negli occhi. Il suo
sguardo si fa via via più cupo mentre finisce
con calma di aprirmi la camicetta fradicia. Il
mio polso accelera e respiro in fretta. Non riesco a crederci… non mi ha praticamente
toccata e io sono così… eccitata… pronta.
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Vorrei muovermi. Mi lascia addosso la camicetta aperta e mi accarezza il viso con entrambe le mani, passandomi il pollice sul
labbro inferiore. All’improvviso mi infila il
pollice in bocca.
«Succhialo» ordina a voce bassissima, accentuando la “s”. Chiudo la bocca intorno a
lui e faccio come mi ha detto. Oh… Mi piace
questo gioco. Ha un buon sapore. Che cos’altro mi piacerebbe succhiare? A quel pensiero
sento uno spasmo nel basso ventre. Schiude
le labbra quando gli mordicchio il
polpastrello.
Geme e toglie lentamente il dito dalla mia
bocca, facendolo scorrere lungo il mento, la
gola, nel solco tra i seni. Lo infila sotto la
coppa del reggiseno e lo abbassa, liberandomi uno dei seni.
Continua a guardarmi negli occhi, osservando ogni mia reazione alle sue carezze, e io
contemplo lui. È sexy. Divorante. Possessivo.
Mi piace da morire. Ripete i gesti che ha
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appena fatto e mi libera anche l’altro seno,
poi li prende entrambi tra le mani e mi sfiora
i capezzoli con i pollici, con lenti movimenti
circolari, stuzzicandoli finché diventano duri
e gonfi sotto il suo tocco esperto. Cerco davvero di non muovermi, ma dai capezzoli si irradiano ondate di piacere al centro del mio
corpo, così gemo e getto indietro la testa, chiudendo gli occhi e arrendendomi a quella
dolcissima tortura.
«Ssh.» La voce carezzevole di Christian
stride con il ritmo eccitante, regolare delle
sue dita lascive. «Ferma, piccola, ferma.» Mi
lascia andare uno dei seni e mi mette la
mano sulla nuca. Si china in avanti e mi
prende in bocca il capezzolo succhiandolo
con forza, i capelli umidi che mi solleticano
la pelle. Smette di accarezzarmi l’altro e lo
stringe tra le dita, torcendolo delicatamente.
«Ah! Christian!» Gemo e mi sposto sulle
sue ginocchia. Ma lui non si ferma, continuando a infliggermi quella lenta agonia. Sento
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il mio corpo bruciare mentre il piacere diventa più intenso.
«Christian, ti prego» lo imploro.
«Mmh… Voglio farti venire così» dice,
dando una tregua momentanea al capezzolo
mentre le sue parole mi accarezzano la pelle,
ed è come se stesse facendo appello a una
parte oscura della mia psiche che solo lui
conosce. Quando ricomincia a mordicchiarmi il capezzolo il piacere è quasi intollerabile. Gemo forte, agitandomi sopra di
lui, cercando di sfregarmi contro i suoi pantaloni. Cerco inutilmente di liberarmi delle
mutandine che mi legano, bramando di toccarlo, ma sono persa… smarrita in quella
sensazione.
«Ti prego» sussurro, supplicandolo, e il piacere mi invade tutto il corpo, dal collo alle
dita dei piedi, facendomi contrarre.
«Hai dei seni meravigliosi, Ana.» Geme.
«Un giorno o l’altro te li scopo.»
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“Che diavolo significa?” Apro gli occhi e lo
guardo perplessa mentre lui mi succhia, la
pelle ardente sotto il suo tocco. Non sento
più la camicia bagnata, i capelli umidi… non
sento niente se non il piacere, che brucia al
centro del mio corpo facendo svanire qualunque pensiero mentre mi gonfio e mi
tendo… pronta, vicinissima… bramando lo
sfogo. E lui non si ferma… stuzzicandomi, facendomi impazzire.
«Vieni» dice in un soffio… e io godo, il mio
corpo scosso dagli spasmi dell’orgasmo, e lui
interrompe la tortura deliziosa e mi circonda
con le braccia, tenendomi stretta mentre il
mio corpo freme al culmine del piacere.
Quando apro gli occhi, accoccolata sul suo
petto, lui mi sta guardando.
«Dio, adoro guardarti godere, Ana.» La
sua voce è piena di meraviglia.
«È stato…» Mi mancano le parole.
«Lo so.» Si china e mi bacia, tenendomi
ancora la mano sulla nuca, facendomi
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inclinare la testa per darmi un bacio profondo… con amore, venerazione.
Mi smarrisco nel suo bacio. Lui si scosta
per prendere fiato, gli occhi del colore di una
tempesta tropicale.
«Adesso ho intenzione di fotterti per
bene» mormora.
Mi afferra per la vita spostandomi più
lontana, sulle sue ginocchia, poi si slaccia il
bottone dei pantaloni. Mi accarezza con le
dita la coscia, fermandosi ogni volta dove
iniziano le calze. Siamo faccia a faccia e io
sono impotente, legata dalle mutandine, e
dev’essere il momento più intimo che ci sia
mai stato tra noi: io seduta sulle sue ginocchia che fisso i suoi bellissimi occhi grigi. Mi
fa sentire impudica, ma anche in profonda
comunione con lui: non sono né imbarazzata
né intimidita. Questo è Christian, mio
marito, il mio amante, il mio megalomane
prepotente… l’amore della mia vita. Si
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abbassa la cerniera e mentre lui libera la sua
erezione, deglutisco a fatica.
Fa un sorriso malizioso. «Ti piace?»
sussurra.
«Mmh» mormoro in tono di apprezzamento. Se lo prende in mano e inizia a masturbarsi… “Oddio.” Lo guardo a occhi socchiusi. Accidenti, se è erotico.
«Ti stai mordendo il labbro, Mrs Grey.»
«Perché ho fame.»
«Fame?» Apre la bocca per la sorpresa e
sgrana gli occhi.
«Mmh…» rispondo, leccandomi le labbra.
Mi fa il suo sorriso enigmatico e si morde
il labbro inferiore mentre continua a toccarsi. Com’è che la vista di mio marito che si
masturba è così eccitante?
«Capisco. Avresti dovuto mangiare a
cena» commenta in tono scherzoso e al
tempo stesso critico. «Ma forse posso essere
generoso.» Mi mette una mano sulla vita.
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«Alzati» mi dice piano, e io so che cosa sta
per fare. Mi metto in piedi, le gambe salde.
«Inginocchiati.»
Obbedisco e mi inginocchio sul freddo pavimento di piastrelle del bagno. Scivola in
avanti sulla sedia.
«Baciami» dice, porgendomi la sua
erezione. Gli lancio un’occhiata e lui si passa
la lingua sui denti superiori. È eccitante,
molto eccitante vedere il suo desiderio, il suo
assoluto desiderio di me e della mia bocca.
Mi piego in avanti, gli occhi nei suoi, e gli bacio la punta del pene. Lo osservo inspirare
bruscamente e stringere i denti. Christian mi
mette la mano a coppa dietro la testa e io faccio scorrere la lingua sulla punta, leccando la
perla di rugiada che stilla da lui. Mmh… ha
un buon sapore. Lui sussulta e io mi abbasso,
accogliendolo in bocca e succhiandolo forte.
«Ah…» Respira tra i denti inarcando il bacino per spingersi dentro di me. Ma io non
mi fermo. Uso le labbra per coprire i denti,
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mi abbasso e poi mi ritraggo. Lui mi mette
entrambe le mani dietro la testa, seppellendo
le dita tra i miei capelli, e si muove lentamente dentro e fuori dalla mia bocca, il
respiro affrettato, aspro. Passo la lingua intorno alla punta e spingo in basso seguendo
il suo ritmo.
«Gesù, Ana.» Sospira e tiene gli occhi chiusi con forza. È perso ed è inebriante il modo
in cui risponde a me. “A me.” Ritraggo le labbra molto lentamente, scoprendo i denti.
«Ah!» Christian smette di muoversi. Si
protende verso di me e mi solleva sul suo
grembo.
«Basta!»
grugnisce.
Strattona
le
mutandine che mi legano le mani, liberandomi. Fletto i polsi e osservo a occhi socchiusi il suo sguardo bruciante, pieno di amore,
desiderio e lussuria. E mi rendo conto che
ero io a volerlo scopare. Lo voglio tantissimo.
Voglio guardarlo godere sotto di me. Afferro
la sua erezione e mi sposto in fretta sopra di
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lui. Appoggiandomi alla sua spalla, me lo
metto dentro lentamente e con delicatezza.
Lui fa un verso gutturale, ferino e allunga le
mani per togliermi la camicetta, lasciandola
cadere sul pavimento. Mi mette le mani sui
fianchi.
«Ferma» dice con voce spezzata, piantandomi le dita nella carne. «Ti prego, lasciamelo gustare. Lascia che ti assapori.»
Mi fermo. “Che bello averlo dentro.” Mi
accarezza la faccia, gli occhi due pozze profonde, le labbra socchiuse. Si inarca sotto di
me e io gemo, chiudendo gli occhi.
«Questo è il posto che preferisco» sussurra. «Dentro di te. Dentro mia moglie.»
“Accidenti, Christian.” Non riesco a
trattenermi. Infilo le dita tra i suoi capelli
umidi, cerco la sua bocca con la mia e inizio a
muovermi. Su e giù, assaporando lui, assaporando me. Geme forte, mettendomi una
mano dietro la testa e l’altra sulla schiena,
infilandomi la lingua in bocca, avido,
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prendendosi quello che sono così felice di
dargli. Dopo tutte quelle discussioni, la mia
frustrazione, la sua… abbiamo sempre
questo. Avremo sempre questo. Lo amo così
tanto, ne sono quasi sopraffatta. Mi mette le
mani sul sedere e mi controlla, facendomi
muovere al suo ritmo… eccitante e fluido.
«Ah» gemo sulla sua bocca mentre il piacere cresce.
«Sì. Sì, Ana» sibila lui, e io lo ricopro di
baci sul viso, sul mento, sulla mascella, sul
collo. «Piccola» ansima, cercandomi di
nuovo la bocca.
«Oh, Christian, ti amo. Ti amerò sempre.»
Sono senza fiato, voglio che lo sappia, voglio
che sia sicuro di me dopo il nostro scontro di
oggi.
Geme forte e mi stringe tra le braccia
mentre gode con un singhiozzo cupo, ed è
sufficiente… basta per portarmi di nuovo al
culmine. Gli prendo la testa tra le mani e
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vengo intorno a lui, con gli occhi pieni di lacrime perché lo amo così tanto.
«Ehi» sussurra sollevandomi il mento e
guardandomi con preoccupazione. «Perché
piangi? Ti ho fatto male?»
«No» cerco di rassicurarlo. Mi toglie i
capelli dalla faccia, asciuga una lacrima con
il pollice e mi bacia teneramente sulle labbra.
È ancora dentro di me. Si sposta, e io sussulto quando lo tira fuori.
«Che cosa c’è che non va, Ana? Dimmelo.»
Tiro su con il naso. «È solo che… è solo che
delle volte sono sopraffatta dal mio amore
per te» dico piano.
Dopo un istante fa il suo speciale sorriso
timido… quello riservato a me, credo. «Tu mi
fai lo stesso effetto» sussurra, e mi dà un altro bacio. Sorrido, e vengo inondata di una
gioia tranquilla.
«Davvero?»
Fa un sorrisetto malizioso. «Lo sai.»
«A volte lo so. Non sempre.»
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«Lo stesso vale per me, Mrs Grey.»
Sorrido radiosa e gli do dei leggerissimi
baci sul petto, strofinando il naso nei suoi
peli. Christian mi accarezza i capelli e mi fa
correre una mano lungo la schiena. Sgancia
il reggiseno e mi abbassa una spallina. Io mi
sposto e lui fa lo stesso con l’altra spallina,
lasciando cadere il reggiseno sul pavimento.
«Mmh. Pelle contro pelle» mormora in
tono di apprezzamento e mi circonda con le
braccia. Mi bacia la spalla e mi strofina il
naso fino all’orecchio. «Hai un odore meraviglioso, Mrs Grey.»
«Anche tu, Mr Grey.» Lo annuso e inspiro
il suo profumo, che ora è mescolato con
l’odore inebriante del sesso. Potrei stare tra
le sue braccia così, appagata e felice, per
sempre. Era proprio quello di cui avevo
bisogno dopo una giornata di lavoro e di discussioni, per non parlare di dover mettere KO
la stronza. È qui che voglio stare e nonostante la sua mania del controllo e la sua
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megalomania, è questo il posto cui appartengo. Christian affonda il naso nei miei
capelli e inspira profondamente. Io sospiro
felice e percepisco il suo sorriso. Stiamo seduti lì, abbracciati, senza dire niente.
Alla fine torniamo alla realtà.
«È tardi» dice Christian, strofinandomi la
schiena con le dita.
«Devo ancora tagliarti i capelli.»
Lui ridacchia. «È vero, Mrs Grey. Hai l’energia per finire il lavoro che hai iniziato?»
«Per te, Mr Grey, qualunque cosa.» Lo bacio ancora sul petto e mi alzo riluttante.
«Non andartene.» Mi prende per i fianchi
e mi fa girare. Mi tira giù la gonna e poi me
la slaccia, lasciandola cadere per terra. Mi
porge una mano e io faccio un passo, liberandomi della gonna. Adesso ho solo le calze e il
reggicalze.
«Sei una gran bella visione, Mrs Grey.» Si
appoggia allo schienale della sedia, dandomi
una lunga occhiata di apprezzamento.
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Allargo le braccia e giro su me stessa.
«Dio, sono un figlio di puttana molto
fortunato.»
«Sì, lo sei.»
Fa un sorriso radioso. «Mettiti la mia camicia e poi puoi tagliarmi i capelli. Così mi distrai e va a finire che non andiamo più a
letto.»
Non posso fare a meno di sorridere. Consapevole che sta osservando ogni mio movimento, cammino ancheggiando verso il
punto in cui ci sono le mie scarpe e la sua
camicia. Mi piego lentamente per raccogliere
la camicia, la annuso – “Mmh” – e la
indosso.
Christian ha gli occhi sgranati. Si è chiuso
la cerniera dei pantaloni e mi sta osservando
con attenzione.
«Che spettacolo, Mrs Grey.»
«Abbiamo delle forbici?» chiedo con aria
innocente, sbattendo le ciglia.
«Nel mio studio.»
403/1287
«Vado a cercarle.» Entro in camera da
letto e prendo il mio pettine dal tavolino da
toilette prima di dirigermi verso il suo studio. Mentre entro nel corridoio principale
noto che la porta dell’ufficio di Taylor è
aperta. Appena dietro la porta c’è Mrs Jones.
Mi fermo, paralizzata.
Taylor sta accarezzando la faccia di Mrs
Jones e le sorride con dolcezza. Poi si china e
la bacia.
“Accidenti! Taylor e Mrs Jones?” Li guardo
stupefatta… Voglio dire, pensavo… be’, un
sospetto ce l’avevo. Ma stanno chiaramente
insieme! Arrossisco, sentendomi una
guardona, e tiro dritto. Attraverso rapidamente il salone ed entro nello studio di
Christian. Accendo la luce e vado verso la sua
scrivania. “Taylor e Mrs Jones… Wow!” Sono
stordita. Avevo sempre creduto che Mrs
Jones fosse più vecchia di Taylor. Oh, devo
smetterla di pensarci. Apro il primo cassetto
404/1287
e vengo subito distratta dalla vista di una
pistola. “Christian ha una pistola!”
È una rivoltella. Non avevo idea che Christian possedesse un’arma. La tiro fuori, sgancio il fermo ed estraggo il tamburo. È carica,
ma leggera… troppo leggera. Dev’essere in
fibra di carbonio. Che cosa se ne fa Christian
di una pistola? Caspita, spero che sappia
usarla. I perenni avvertimenti di Ray sulle
armi da fuoco mi attraversano rapidamente
il cervello. Non ho mai dimenticato il suo addestramento. “Sono strumenti letali, Ana.
Devi sapere che cosa fai quando maneggi
un’arma.” Rimetto a posto la pistola e trovo
le forbici. Le prendo e mi affretto a tornare
da Christian, la testa piena di pensieri.
Taylor e Mrs Jones… la rivoltella…
Sulla soglia del salone vado a sbattere contro Taylor.
«Mi scusi, Mrs Grey.» Quando nota la mia
mise, arrossisce.
405/1287
«Ehm, Taylor, salve… ehm. Sto tagliando i
capelli a Christian!» sbotto, imbarazzata.
Taylor è altrettanto mortificato. Apre la
bocca per dire qualcosa, poi la chiude in
fretta e si fa da parte.
«Dopo di lei, signora» dice in tono formale. Ho la sensazione di essere del colore
della mia vecchia Audi, il Modello Speciale
Sottomessa.
Potrebbe
essere
più
imbarazzante?
«Grazie» bofonchio e mi affretto per il corridoio. “Porca miseria! Mi abituerò mai al
fatto che non siamo soli?” Entro nel bagno
come una furia, senza fiato.
«Ho appena visto Taylor.»
«Oh.» Christian si acciglia. «Vestita così.»
“Oh, merda!” «Non è colpa di Taylor.»
Christian si incupisce ancora di più. «No,
però…»
«Sono vestita.»
«A malapena.»
406/1287
«Non so chi fosse più imbarazzato, se io o
lui.» Provo la mia tecnica diversiva. «Lo
sapevi che lui e Gail sono… be’, stanno
insieme?»
Christian scoppia a ridere. «Sì, certo che lo
sapevo.»
«E non me l’hai detto?»
«Pensavo che lo sapessi.»
«No.»
«Ana, sono adulti. Vivono sotto lo stesso
tetto. Entrambi soli. Tutti e due attraenti.»
Arrossisco, sentendomi stupida per non
averci fatto caso.
«Be’, se la metti così… pensavo solo che
Gail fosse più vecchia di Taylor.»
«Lo è, ma non di molto.» Mi guarda, perplesso. «Ad alcuni uomini piacciono le donne
più grandi…» Si interrompe di colpo e sgrana
gli occhi.
Lo guardo con aria truce. «Lo so» scatto.
Christian sembra contrito. Mi sorride teneramente. Sì! La mia tecnica diversiva ha
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funzionato! Il mio subconscio è soddisfatto…
Ma a che prezzo? Adesso l’innominabile Mrs
Robinson incombe su di noi.
«Il che mi fa venire in mente…» dice
allegramente.
«Cosa?» borbotto irritata. Afferro la sedia,
la giro verso lo specchio sopra il lavandino.
«Siediti» gli ordino. Christian mi guarda con
divertimento indulgente, ma fa quello che gli
ho detto e si siede. Comincio a pettinargli i
capelli, ormai solo umidi.
«Stavo pensando che, nella nuova casa,
potremmo trasformare le stanze sopra il garage in un alloggio per loro» continua Christian. «Una specie di appartamento. Allora
forse la figlia di Taylor potrebbe stare con lui
più spesso.» Mi guarda attentamente nello
specchio.
«Perché lei non sta qui?»
«Taylor non me l’ha mai chiesto.»
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«Forse dovresti parlargliene tu. Ma
dovremmo stare attenti a come ci
comportiamo.»
Christian aggrotta la fronte. «Non ci avevo
pensato.»
«Forse è per questo che Taylor non te l’ha
chiesto. L’hai conosciuta?»
«Sì. È adorabile. Timida. Molto carina. Le
pago la scuola.»
“Oh!” Smetto di pettinarlo e lo fisso nello
specchio.
«Non lo sapevo.»
Lui si stringe nelle spalle. «Mi sembrava il
minimo che potessi fare. E poi significa che
lui non se ne andrà.»
«Sono sicura che gli piace lavorare per te.»
Christian mi guarda con espressione assente, poi alza le spalle. «Non lo so.»
«Penso che ti sia molto affezionato, Christian.» Riprendo a pettinarlo e gli lancio
un’occhiata. Lui continua a guardarmi.
«Credi?»
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«Sì.»
Sbuffa per liquidare l’argomento, eppure è
come se fosse segretamente contento di piacere al suo staff.
«Bene. Parlerai a Gia delle stanze sopra il
garage?»
«Sì, certo.» Non provo più il senso di fastidio che avvertivo prima alla menzione del
suo nome. La mia vocina interiore annuisce,
saggiamente. “Sì… ci siamo comportati bene,
oggi.” La mia dea interiore gongola. Adesso
Gia lascerà in pace mio marito e non lo farà
sentire a disagio.
Sono pronta a tagliare i capelli a Christian.
«Sei sicuro? Ultima occasione per filarsela.»
«Fai del tuo peggio, Mrs Grey. Io non devo
guardarmi, tu invece sì.»
Faccio un sorriso radioso. «Christian, potrei guardarti tutto il giorno.»
Scuote la testa, esasperato. «È solo un bel
faccino, piccola.»
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«E dietro c’è un uomo meraviglioso.» Gli
bacio una tempia. «Il mio uomo.»
Sorride timidamente.
Sollevo la prima ciocca, la pettino in su e la
tengo tra l’indice e il medio. Mi metto il pettine in bocca e do il primo colpo di forbice,
tagliando due centimetri e mezzo. Christian
chiude gli occhi e sta seduto immobile,
sospirando soddisfatto mentre io vado avanti. Di tanto in tanto apre gli occhi e io lo
sorprendo a guardarmi attentamente. Non
mi tocca mentre lavoro, e gliene sono grata.
Il suo tocco… mi distrae.
Un quarto d’ora dopo ho finito.
«Fatto.» Sono soddisfatta del risultato. È
eccitante come al solito, il ciuffo sexy… solo
un filo più corto.
Christian si osserva nello specchio, l’espressione piacevolmente sorpresa. Sorride.
«Ottimo lavoro, Mrs Grey.» Gira la testa da
una parte all’altra e fa serpeggiare le sue
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braccia intorno a me. Mi attira a sé e mi bacia la pancia strofinandola con il naso.
«Grazie» dice.
«È stato un piacere.» Mi piego in avanti e
gli do un rapido bacio.
«È tardi. A nanna.» Mi dà una sculacciata
scherzosa.
«Oh! Dovrei mettere a posto.» Ci sono
capelli sparsi su tutto il pavimento.
Christian aggrotta la fronte, come se il
pensiero non l’avesse mai sfiorato. «Okay,
vado a prendere la scopa» dice beffardo.
«Non voglio che metti in imbarazzo lo staff
con la tua tenuta inappropriata.»
«Sai dov’è la scopa?» chiedo con aria
innocente.
Christian si blocca. «Ehm… no.»
Scoppio a ridere. «Vado io.»
Mentre mi infilo a letto e aspetto che Christian mi raggiunga, rifletto su come questa
giornata sarebbe potuta finire in modo diverso. Ero così arrabbiata con lui, e lui con
412/1287
me. Come affronterò questa stupidaggine di
dirigere un’azienda? Non ho alcun desiderio
di farlo. Io non sono lui. Devo stroncare
l’idea sul nascere. Forse dovrei avere una
safeword per quando si comporta in modo
prepotente e tirannico, per quando fa lo
stronzo. Ridacchio. Forse la safeword
dovrebbe essere “stronzo”. L’idea è
allettante.
«Che c’è?» dice mentre si infila a letto accanto a me con indosso solo i pantaloni del
pigiama.
«Niente. Un’idea, e basta.»
«Quale idea?» Si stiracchia.
Ci siamo. «Christian, non credo proprio di
voler dirigere un’azienda.»
Si solleva, puntellandosi su un gomito, e
mi guarda. «Perché dici questo?»
«Perché è una cosa che non mi ha mai
attirata.»
«Ne hai tutte le capacità, Anastasia.»
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«A me piace leggere, Christian. Dirigere
un’azienda me lo impedirà.»
«Potresti essere la testa creativa.»
Mi acciglio.
«Vedi» continua «dirigere un’azienda di
successo significa soprattutto mettere a
frutto le qualità delle persone che hai a tua
disposizione. Se è in quello che risiedono il
tuo talento e i tuoi interessi, allora puoi
strutturare l’azienda in modo da renderli
possibili. Non respingere completamente la
possibilità, Anastasia. Sei una donna in
gamba. Penso che potresti fare tutto ciò vuoi,
se ti ci applichi.»
“Wow! Come fa a sapere che ne sarei
capace?”
«Temo anche che mi porterà via troppo
tempo.»
Christian aggrotta le sopracciglia.
«Tempo che potrei dedicare a te.» Tiro
fuori la mia arma segreta.
414/1287
Il suo sguardo si incupisce. «So che cosa
stai facendo» mormora, divertito.
“Maledizione!”
«Cosa?» chiedo fingendo innocenza.
«Stai cercando di distrarmi dall’argomento
della discussione. Lo fai sempre. Non respingere l’idea, Ana. Pensaci. È tutto quello
che ti chiedo.» Si protende verso di me e mi
dà un bacio casto, poi fa scorrere il pollice
sulla mia guancia. Questa discussione è destinata a ripresentarsi. Gli sorrido… e mi
viene in mente una cosa che ha detto oggi.
«Posso farti una domanda?» dico con voce
bassa e incerta.
«Certo.»
«Oggi hai detto che se ero arrabbiata con
te, avrei dovuto sfogarmi a letto. Che cosa
intendevi?»
Lui si immobilizza. «Che cosa pensavi che
intendessi?»
“Merda! Devo dirlo e basta.” «Che volevi
che ti legassi.»
415/1287
Christian non nasconde lo stupore.
«Ehm… no. Non intendevo affatto una cosa
del genere.»
«Ah.» Sono sorpresa dalla piccola fitta di
delusione che sento.
«Vorresti legarmi?» chiede, interpretando
correttamente la mia espressione. Sembra
scioccato. Arrossisco.
«Be’…»
«Ana, io…» Si interrompe e sul viso gli
passa un’ombra.
«Christian» sussurro, allarmata. Mi giro
su un fianco, puntellandomi su un gomito
come lui. Gli accarezzo la faccia. Ha gli occhi
sgranati e spaventati. Scuote la testa con espressione triste.
«Christian, basta. Non importa. Pensavo
che intendessi questo.»
Mi prende la mano e se la appoggia sul
cuore che batte forte. “Accidenti! Che
succede?”
416/1287
«Ana, non so come reagirei se tu mi toccassi quando sono legato.»
Mi viene la pelle d’oca. È come se stesse
confessando qualcosa di profondo e oscuro.
«È ancora troppo presto.» Ha la voce
bassa, inespressiva.
“Oh, no.” La mia era solo una domanda.
Mi rendo conto che lui ha fatto un lungo
cammino, ma che la strada da percorrere è
ancora tanta. “Oh, Christian, Christian.”
Sento una stretta d’ansia al cuore. Mi protendo verso di lui, che si irrigidisce, ma io gli
bacio teneramente l’angolo della bocca.
«Christian, mi sono fatta l’idea sbagliata.
Ti prego, non preoccuparti. Non pensarci.»
Lo bacio di nuovo. Lui chiude gli occhi, geme
e risponde al bacio, schiacciandomi sul materasso, le mani che mi afferrano il mento. E
ben presto siamo persi… l’uno nell’altra, di
nuovo.
9
Quando apro gli occhi prima della sveglia la
mattina dopo, Christian è avvinghiato intorno a me come un’edera, il braccio sulla
mia vita e una gamba tra le mie. Ed è dalla
mia parte del letto. Finisce sempre così, se la
sera prima discutiamo, lui mi si aggrappa addosso, lasciandomi accaldata e infastidita.
“Oh, Christian.” Da un certo punto di vista
è così bisognoso. Chi l’avrebbe detto? La familiare visione di un Christian bambino,
sporco e infelice, mi ossessiona. Gli accarezzo piano i capelli e la mia malinconia
svanisce. Lui si muove e i suoi occhi assonnati incontrano i miei. Sbatte le palpebre un
paio di volte mentre si sveglia.
«Ciao» mormora e sorride.
«Ciao.» Adoro svegliarmi con quel sorriso.
418/1287
Mi strofina la faccia sul seno e mugola di
apprezzamento. La sua mano mi accarezza la
vita, scivolando sopra il raso fresco della mia
camicia da notte.
«Che bocconcino tentatore» dice. «Ma
tentatore o no» lancia un’occhiata alla sveglia «devo alzarmi.» Si stiracchia, districandosi da me, e si alza.
Mi appoggio sul letto con le mani dietro la
testa e mi godo lo spettacolo: Christian che si
spoglia per fare la doccia. È perfetto. Non
cambierei una virgola.
«Ammiri il panorama, Mrs Grey?» Christian inarca un sopracciglio con espressione
sardonica.
«È un gran bel panorama, Mr Grey.»
Lui sorride e mi lancia i pantaloni del pigiama che per poco non mi colpiscono in faccia, ma io li prendo al volo e ridacchio come
una scolaretta. Con un sorriso lascivo, tira
via il copriletto, mette un ginocchio sul materasso, mi afferra per le caviglie e mi trascina
419/1287
verso di sé, facendo risalire la camicia da
notte. Lancio un gridolino e lui mi si arrampica addosso, dandomi lievi baci sul
ginocchio,
sulla
coscia…
su…
oh…
“Christian!”
«Buongiorno, Mrs Grey» mi saluta Mrs
Jones. Arrossisco imbarazzata, ricordando il
suo convegno amoroso con Taylor della notte
prima.
«Buongiorno» rispondo mentre lei mi
porge una tazza di tè. Siedo sullo sgabello accanto a mio marito che ha un aspetto radioso: fresco di doccia, i capelli umidi, con
una camicia bianca immacolata e la cravatta
argentea. La mia preferita. Ho ricordi appassionati di quella cravatta.
«Come va, Mrs Grey?» mi chiede, lo
sguardo caldo.
«Sono convinta che tu lo sappia, Mr
Grey.» Lo guardo da sotto le ciglia.
Fa un sorriso compiaciuto. «Mangia» mi
ordina. «Non hai mangiato, ieri.»
420/1287
“Oh, è autoritario!”
«Perché tu hai fatto lo stronzo.»
Mrs Jones lascia cadere qualcosa nel
lavandino, facendomi sobbalzare. Christian
sembra ignaro del rumore. Non fa una piega
e mi fissa impassibile.
«Stronzo o no, mangia!» Ha un tono serio.
Non si discute.
«Okay! Prendi in mano il cucchiaio e finisci i cereali» borbotto come un’adolescente
ribelle. Prendo lo yogurt greco e ne metto un
po’ sopra i cereali, poi aggiungo una manciata di mirtilli. Lancio uno sguardo a Mrs
Jones e lei coglie l’occhiata. Sorrido e lei
risponde sorridendo con calore. Mi ha preparato la mia colazione preferita, quella che
ho imparato ad apprezzare durante la luna di
miele.
«È probabile che debba andare a New
York in settimana.» L’annuncio di Christian
interrompe le mie fantasticherie.
«Ah.»
421/1287
«Starò fuori una notte e voglio che tu
venga con me.»
«Christian, non posso prendere ferie.»
Mi lancia la sua occhiata da “Ah, davvero?
Ma il capo sono io”.
Sospiro. «So che sei il proprietario
dell’azienda, ma sono stata via tre settimane.
Per favore. Come puoi aspettarti che gestisca
gli affari, se non ci sono mai? Starò benissimo. Immagino che porterai Taylor con te,
ma qui rimarranno Sawyer e Ryan…» Mi interrompo, perché mi guarda con un sorriso
da un orecchio all’altro. «Che cosa c’è?» dico
seccamente.
«Niente. Solo tu» dice.
Mi acciglio. Mi sta prendendo in giro? Poi
nella mia mente si affaccia un pensiero
sgradevole. «Come vai a New York?»
«Con il jet aziendale, perché?»
«Volevo sapere se avresti preso Charlie
Tango.» Parlo a voce bassa e un brivido mi
percorre la spina dorsale. Ricordo l’ultima
422/1287
volta che ha volato con il suo elicottero.
Vengo assalita da un’ondata di nausea
mentre rivivo le ore di ansia in attesa. È stato
forse il momento peggiore della mia vita.
Noto che anche Mrs Jones si è irrigidita.
Cerco di scacciare il pensiero.
«Non potrei andare a New York con
Charlie Tango. Non ha abbastanza autonomia. Inoltre rimarrà in riparazione per
altre due settimane.»
“Grazie al cielo.” Sorrido in parte per il sollievo, ma anche perché so che l’incidente a
Charlie Tango ha occupato gran parte dei
pensieri di Christian nelle ultime settimane.
«Bene, sono felice che sia quasi a posto,
ma…» Mi interrompo. Posso dirgli quanto
sarò sulle spine la prossima volta che lo
piloterà?
«Cosa?» chiede finendo l’omelette.
Alzo le spalle.
«Ana?» insiste, più severamente.
423/1287
«È solo che… lo sai. L’ultima volta che l’hai
pilotato… Pensavo, pensavamo, che tu…»
Non riesco a finire la frase e l’espressione di
Christian si addolcisce.
«Ehi.» Mi accarezza la faccia con il dorso
della mano. «È stato un sabotaggio.» Sul
volto gli passa un’ombra e per un momento
mi chiedo se sappia chi è il responsabile.
«Non potrei sopportare di perderti»
mormoro.
«Sono state licenziate cinque persone per
questo, Ana. Non succederà di nuovo.»
«Cinque?»
Annuisce, l’espressione seria.
“Porca miseria!”
«Questo mi fa venire in mente che nella
tua scrivania c’è una pistola.»
Si acciglia, forse per il mio tono accusatorio, anche se non intendevo essere critica.
«È di Leila» dice alla fine.
«È carica.»
424/1287
«Come fai a saperlo?» La sua espressione
si incupisce.
«Ho controllato ieri.»
Mi lancia un’occhiataccia. «Non voglio che
pasticci con le armi. Spero che tu abbia
rimesso la sicura.»
Sbatto le palpebre, sbalordita. «Christian,
non c’è nessuna sicura su quella rivoltella.
Non sai proprio niente di armi?»
Sgrana gli occhi. «Ehm… no.»
Taylor tossicchia con discrezione sulla
soglia del salone e Christian gli fa un cenno
di assenso con la testa.
«Dobbiamo andare» dice Christian. Si
alza, distratto, e si infila la giacca grigia. Lo
seguo nel corridoio.
“Ha la pistola di Leila.” Sono sbalordita da
questa notizia e mi chiedo che fine abbia
fatto lei. È ancora… qual è il posto? Da qualche parte a est. New Hampshire? Non riesco
a ricordarmelo.
«Buongiorno, Taylor» dice Christian.
425/1287
«Buongiorno, Mr Grey, Mrs Grey.» Ci
rivolge un cenno del capo, ma evita con cura
di guardarmi negli occhi. Gliene sono grata,
ricordando che ieri sera quando ci siamo
scontrati ero mezza nuda.
«Vado un attimo a lavarmi i denti» bofonchio. Christian si lava sempre i denti prima
di fare colazione. Non capisco perché.
«Dovresti chiedere a Taylor di insegnarti a
sparare» dico mentre ci dirigiamo verso l’ascensore. Christian mi lancia un’occhiata
divertita.
«Dovrei?» chiede asciutto.
«Sì.»
«Anastasia, io disprezzo le armi. Mia
madre ha rattoppato troppe vittime di sparatorie e mio padre è un antimilitarista convinto. Sono stato educato con questa etica.
Sostengo almeno due iniziative per il controllo della vendita delle armi nello Stato di
Washington.»
«Ah, Taylor porta una pistola?»
426/1287
Christian stringe le labbra.
«Talvolta.»
«Non approvi?» chiedo, mentre Christian
mi scorta fuori dall’ascensore al pianoterra.
«No» replica a denti stretti. «Diciamo soltanto che Taylor e io abbiamo una visione
completamente diversa riguardo al controllo
delle armi.» Su questo argomento io sto dalla
parte di Taylor.
Christian mi tiene aperta la porta dell’atrio
e io esco, dirigendomi alla macchina. Non mi
lascia andare da sola alla SIP da quando ha
scoperto che Charlie Tango è stato sabotato.
Sawyer sorride con fare gradevole, aprendomi la portiera, mentre Christian e io
saliamo sull’auto.
«Ti prego» dico a Christian, prendendogli
la mano.
«Ti prego cosa?»
«Impara a sparare.»
Lui alza gli occhi al cielo. «No. Fine della
discussione, Anastasia.»
427/1287
Mi sento come una bambina rimproverata.
Apro la bocca per fare un commento
tagliente, ma decido che non voglio cominciare la giornata lavorativa di cattivo umore.
Incrocio le braccia e sorprendo Taylor a
guardarmi nello specchietto retrovisore. Lui
distoglie lo sguardo, concentrandosi sulla
strada, ma scuote impercettibilmente la
testa, chiaramente frustrato.
“Mmh… Christian tira scemo anche lui, a
volte.” Il pensiero mi fa sorridere e il mio
umore è salvo.
«Dov’è Leila?» chiedo a Christian, che
guarda fuori dal finestrino.
«Te l’ho detto. In Connecticut dai suoi.»
Mi lancia un’occhiata.
«Hai controllato? In fin dei conti, ha i
capelli lunghi. Potrebbe esserci stata lei alla
guida del Dodge.»
«Sì, ho controllato. È iscritta a una scuola
d’arte a Hamden. Ha cominciato questa
settimana.»
428/1287
«Le hai parlato?» sussurro, impallidendo.
Christian gira la testa di scatto nell’udire il
mio tono.
«No. Le ha parlato Flynn.» Scruta il mio
viso per capire a cosa sto pensando.
«Capisco» mormoro, sollevata.
«Che cosa c’è?»
«Niente.»
Christian sospira. «Che cosa c’è, Ana?»
Mi stringo nelle spalle, non volendo ammettere la mia gelosia irrazionale.
Christian continua: «Controllo quello che
fa, accertandomi che se ne stia dov’è. Ora sta
meglio. Flynn l’ha mandata da uno strizzacervelli di New Haven, e tutti i rapporti sono
positivi. Si è sempre interessata di arte,
così…». Si interrompe, scrutandomi ancora il
viso. E in quel momento mi viene il sospetto
che sia lui a pagare la sua scuola. “Voglio
davvero saperlo? Dovrei chiederglielo? Non
che non possa permetterselo, ma perché si
sente in obbligo?” Sospiro. L’esperienza di
429/1287
Christian difficilmente può essere paragonata a Bradley Kent della mia classe di
fisica e al suo maldestro tentativo di baciarmi. Christian mi prende la mano.
«Non preoccuparti di questo, Anastasia»
mormora e io contraccambio la sua stretta
rassicurante. So che sta facendo quello che
ritiene giusto.
A metà mattina ho una pausa nelle riunioni.
Mentre prendo il telefono per chiamare Kate,
noto una mail di Christian.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 23 agosto 2011 9.54
Oggetto: Complimenti
Mrs Grey,
ho ricevuto i complimenti di tre persone per il mio
nuovo taglio di capelli.
430/1287
I complimenti da parte del mio staff sono una novità.
Dev’essere il sorriso idiota che mi compare sulla faccia ogni volta che penso alla notte scorsa. Sei davvero
una donna meravigliosa, bellissima e dotata.
E tutta mia.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Leggendola mi sciolgo.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 23 agosto 2011 10.48
Oggetto: Sto cercando di concentrarmi, qui
Mr Grey,
sto cercando di lavorare e non voglio essere distratta
da ricordi deliziosi.
431/1287
È venuto il momento di confessare che tagliavo
regolarmente i capelli a Ray? Non avevo idea che si
sarebbe rivelato un esercizio così utile.
E sì, io sono tua e tu, mio caro e prepotente marito
che
si
rifiuta
di
esercitare
il
proprio
diritto
costituzionale garantito dal Secondo Emendamento di
portare armi, sei mio. Ma non preoccuparti, perché ti
proteggerò io. Sempre.
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 23 agosto 2011 10.53
Oggetto: Annie Oakley, la pistolera
Mrs Grey,
sono felicissimo di constatare che hai parlato con i responsabili del settore informatico e ti sei fatta cambiare il nome. :D
432/1287
Riposerò tranquillo nel mio letto sapendo che una
moglie armata dorme accanto a me.
Christian Grey
Amministratore delegato & Hoplofobo, Grey Enterprises Holdings Inc.
Hoplofobo? Che diamine vuol dire?
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 23 agosto 2011 10.58
Oggetto: Paroloni
Mr Grey,
ancora una volta mi stupisci con la tua maestria
linguistica.
In realtà, con la tua maestria in generale, e penso che
tu sappia a cosa mi riferisco.
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
433/1287
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 23 agosto 2011 11.01
Oggetto: Boccheggio!
Mrs Grey,
stai flirtando con me?
Christian Grey
Amministratore delegato scioccato, Grey Enterprises
Holdings Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 23 agosto 2011 11.04
Oggetto: Preferiresti…
… che flirtassi con qualcun altro?
Anastasia Grey
Direttore editoriale valoroso, SIP
434/1287
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 23 agosto 2011 11.09
Oggetto: Grrrrr
NO!
Christian Grey
Amministratore delegato possessivo, Grey Enterprises
Holdings Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 23 agosto 2011 11.14
Oggetto: Wow…
Stai ringhiando contro di me? Perché è parecchio
eccitante.
Anastasia Grey
Direttore editoriale tremante (in modo piacevole), SIP
435/1287
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 23 agosto 2011 11.16
Oggetto: Attenta
Flirti e giochi con me, Mrs Grey?
Potrei venire a farti visita nel pomeriggio.
Christian Grey
Amministratore delegato priapeo, Grey Enterprises
Holdings Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 23 agosto 2011 11.20
Oggetto: Oh, no!
Farò la brava. Non vorrei che il capo del capo del capo
mi sottomettesse al lavoro. ;)
Adesso lasciami lavorare. Il capo del capo del capo potrebbe darmi un calcio nel culo.
436/1287
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 23 agosto 2011 11.23
Oggetto: &*%$&*&*
Credimi sulla parola quando ti dico che ci sono un
mucchio di cose favolose che lui vorrebbe fare con il
tuo culo. Darti un calcio non è una di queste.
Christian Grey
Amministratore delegato & Fanatico del culo, Grey
Enterprises Holdings Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 23 agosto 2011 11.26
Oggetto: Levati di torno!
437/1287
Non hai un impero da dirigere?
Smettila di infastidirmi.
Il mio prossimo appuntamento è qui.
Pensavo che fossi un fanatico delle tette…
Tu pensa al mio culo che io penso al tuo…
T.A. X
Anastasia Grey
Direttore editoriale bagnata, SIP
Non riesco a evitare di essere abbattuta
mentre Sawyer mi porta in ufficio giovedì. È
arrivato il temuto viaggio di lavoro a New
York e, anche se Christian è partito da poche
ore, mi manca già.
Accendo il computer, e c’è una mail ad aspettarmi. Il mio umore migliora di colpo.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 25 agosto 2011 04.32
Oggetto: Mi manchi già
438/1287
Mrs Grey,
eri adorabile questa mattina.
Comportati bene mentre sono via.
Ti amo.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Sarà la prima notte che passiamo lontani
da quando ci siamo sposati. Ho intenzione di
bere qualcosa con Kate… cosa che mi aiuterà
a dormire. Gli rispondo d’impulso, anche se
so che è ancora in volo.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 25 agosto 2011 9.03
Oggetto: Comportati bene!!
Fammi sapere quando atterri… rimarrò preoccupata
fino ad allora.
439/1287
E mi comporterò bene. Voglio dire, che problemi possono sorgere con Kate?
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Premo il tasto INVIA e bevo il caffellatte,
che mi ha gentilmente portato Hannah. Chi
avrebbe detto che avrei finito per apprezzare
il caffè? Nonostante che stasera uscirò con
Kate, mi sento come se mi mancasse un
pezzo. In questo momento lui è diecimilasettecento metri sopra il Midwest, diretto a
New York. Non credevo che mi sarei sentita
così scombussolata e ansiosa solo perché
Christian è via. Sicuramente con il tempo
non proverò più questo senso di perdita e di
incertezza, vero? Faccio un sospiro e torno al
lavoro.
Intorno all’ora di pranzo, inizio a controllare la mail e il BlackBerry in attesa di un
SMS. Dov’è Christian? È arrivato sano e
salvo? Hannah mi chiede se voglio pranzare,
440/1287
ma sono troppo in ansia e la congedo con un
gesto. Lo so che è irrazionale, ma devo essere
sicura che sia arrivato e stia bene.
Il telefono dell’ufficio si mette a suonare,
facendomi sussultare: «Ana St… Grey».
«Ciao.» La voce di Christian è calda, leggermente divertita. Avverto un’ondata di
sollievo.
«Ciao.» Faccio un sorriso da un orecchio
all’altro. «Com’è stato il volo?»
«Lungo. Che cosa fai con Kate?»
“Oh, no.” «Usciamo a bere qualcosa.»
Christian tace.
«Sawyer e la tizia nuova – Prescott – vengono con noi» dico, cercando di placarlo.
«Credevo che Kate sarebbe venuta a casa
nostra.»
«Lei vorrebbe un drink veloce.» “Ti prego,
lasciami uscire!”
Christian fa un sospiro. «Perché non me
l’hai detto?» dice con calma. Con troppa
calma.
441/1287
Mi do un calcio mentale. «Christian, andrà
tutto bene. Ci sono Ryan, Sawyer e Prescott.
È solo un drink veloce.»
Christian rimane in assoluto silenzio, e io
so che non è contento. «L’ho vista pochissimo da quando tu e io ci siamo conosciuti.
Per favore. È la mia migliore amica.»
«Ana, non voglio impedirti di vedere i tuoi
amici. Ma pensavo che venisse a casa.»
«Okay» mi arrendo. «Staremo in casa.»
«Solo finché c’è in giro quel folle. Ti
prego.»
«Ho detto va bene» borbotto esasperata,
alzando gli occhi al cielo.
Christian sbuffa piano nel telefono. «So
sempre quando alzi gli occhi al cielo.»
Faccio una smorfia. «Senti, mi dispiace.
Non intendevo farti preoccupare. Avvertirò
Kate.»
«Bene» mormora, chiaramente sollevato.
Mi sento in colpa per averlo fatto
preoccupare.
442/1287
«Dove sei?»
«Sulla pista del JFK.»
«Ah, allora sei appena atterrato.»
«Sì. Mi hai chiesto di chiamarti non appena arrivavo.»
Sorrido. La mia vocina non può evitare di
pungermi. “Visto? Lui fa quello che dice che
farà.”
«Be’, Mr Grey, sono felice che uno di noi
sia puntiglioso.»
Lui scoppia a ridere. «Mrs Grey, la tua
passione per le iperboli non conosce limiti.
Che cosa devo fare con te?»
«Sono sicura che escogiterai qualcosa di
fantasioso. Di solito lo fai.»
«Stai flirtando con me?»
«Sì.»
Percepisco il suo sorriso. «È meglio che
vada. Ana, fa’ come ti ho detto, per favore.
Gli addetti alla sicurezza sanno quello che
fanno.»
443/1287
«Sì, Christian. Lo farò.» Ho un tono esasperato, di nuovo. “E che cavolo, ho afferrato il messaggio!”
«Ci vediamo domani sera. Ti chiamo più
tardi.»
«Per controllarmi?»
«Sì.»
«Oh, Christian!» protesto.
«Au revoir, Mrs Grey.»
«Au revoir, Christian. Ti amo.»
Inspira bruscamente. «E io amo te, Ana.»
Nessuno dei due riaggancia.
«Metti giù, Christian» sussurro.
«Sei una piccola tiranna, non è vero?»
«La tua piccola tiranna.»
«Mia» dice in un soffio. «Fa’ come ti ho
detto. Metti giù.»
«Sì, signore.» Riaggancio e mi viene da
sorridere, istintivamente.
Qualche istante dopo arriva una mail.
Da: Christian Grey
444/1287
A: Anastasia Grey
Data: 25 agosto 2011 13.42 ORA LEGALE DEGLI
STATI UNITI ORIENTALI
Oggetto: Mi prudono le mani
Mrs Grey,
sei piacevolissima al telefono.
Dico sul serio. Fai come ti ho detto.
Devo sapere che sei al sicuro.
Ti amo.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Diciamoci la verità, è lui il tiranno. Ma è
bastata una telefonata e tutta la mia ansia è
scomparsa. È arrivato sano e salvo e mi sta
addosso come al solito. Mi abbraccio da sola.
Quanto amo quest’uomo! Hannah bussa alla
porta, distraendomi, e mi riporta alla realtà.
445/1287
Kate ha un aspetto splendido. Con i jeans bianchi aderenti e il top rosso, è pronta per
mettere sottosopra la città. Quando arrivo,
sta chiacchierando animatamente con Claire
alla reception.
«Ana!» strilla, sollevandomi da terra in un
abbraccio alla Kate. Mi allontana da sé per
guardarmi.
«Hai proprio l’aria della moglie dell’uomo
di potere. Chi l’avrebbe pensato, la piccola
Ana Steele? Hai un aspetto così… raffinato.»
Mi sorride radiosa. Io alzo gli occhi al cielo.
Indosso un tubino color crema con una cintura blu marina e scarpe con il tacco dello
stesso colore.
«È bello vederti, Kate» dico, contraccambiando l’abbraccio.
«Allora, dove andiamo?»
«Christian vuole che rimaniamo a casa
nostra.»
446/1287
«Oh, davvero? Non possiamo filarcela a
bere un drink veloce allo Zig Zag Café? Ho
prenotato un tavolo.»
Apro la bocca per protestare.
«Ti prego» piagnucola e mette un grazioso
broncio. Deve averlo imparato da Mia. Non
l’aveva mai fatto. Mi piacerebbe moltissimo
un drink allo Zig Zag. Ci siamo divertite
come matte l’ultima volta che ci siamo state,
ed è vicino all’appartamento di Kate.
Alzo l’indice: «Uno solo».
Lei fa un sorriso radioso: «Uno solo». Mi
prende sottobraccio e ci dirigiamo alla macchina, parcheggiata vicino al marciapiede
con Sawyer al volante. Siamo seguite da Miss
Belinda Prescott, la nuova arrivata della
sicurezza: una donna afroamericana alta con
un atteggiamento serio. Devo ancora affezionarmici, forse perché è troppo fredda e
professionale. Il giudizio non è definitivo,
comunque, e lei, come il resto della squadra,
è stata scelta personalmente da Taylor. È
447/1287
vestita con un sobrio tailleur pantalone
scuro.
«Per cortesia, puoi portarci allo Zig Zag
Café, Sawyer?»
Sawyer si gira a guardarmi e io so che vorrebbe dire qualcosa. Ovviamente ha ricevuto
degli ordini. Esita.
«Lo Zig Zag Café. Prenderemo solo un
drink.»
Lancio un’occhiata di sottecchi a Kate, che
sta guardando male Sawyer. Pover’uomo.
«Sì, signora.»
«Mr Grey ha chiesto che torniate all’appartamento» interviene Prescott.
«Mr Grey non è qui» replico. «Allo Zig
Zag, per favore.»
«Signora» dice Sawyer, lanciando un’occhiata a Prescott, che saggiamente tiene la
bocca chiusa.
Kate mi fissa come se non credesse ai suoi
occhi e alle sue orecchie. Stringo le labbra e
alzo le spalle. Okay, sono un po’ più assertiva
448/1287
di un tempo. Kate annuisce mentre Sawyer si
immette nel traffico del tardo pomeriggio.
«Sai, le misure di sicurezza straordinarie
stanno facendo impazzire Grace e Mia» dice
Kate in tono disinvolto.
La fisso con aria confusa, stupefatta.
«Non lo sapevi?» Sembra incredula.
«Sapevo cosa?»
«Le misure di sicurezza per tutti i Grey
sono
state
triplicate.
Centuplicate,
addirittura.»
«Sul serio?»
«Lui non te l’ha detto?»
Arrossisco. «No.» “Dannazione, Christian!” «Sai perché?»
«Jack Hyde.»
«Che cosa c’entra Jack? Credevo ce
l’avesse con Christian.» Trattengo il fiato.
“Accidenti. Perché non me l’ha detto?”
«Da lunedì» dice Kate.
Lunedì scorso? “Mmh… abbiamo identificato Jack domenica. Ma perché tutti i Grey?”
449/1287
«Come fai a sapere queste cose?»
«Elliot.»
Naturalmente.
«Christian non ti ha detto niente, vero?»
Arrossisco di nuovo. «No.»
«Oh, Ana, che rompiballe.»
Sospiro. Come sempre, Kate ha messo il
dito nella piaga con il consueto tatto da elefante. «Sai perché?» Se Christian non ha intenzione di dirmelo, forse lo farà Kate.
«Elliot ha detto che ha qualcosa a che fare
con le informazioni contenute nel computer
di Hyde quand’era alla SIP.»
“Porca miseria.” «Stai scherzando.» Avverto un’ondata di rabbia. Com’è che Kate lo
sa e io no?
Alzo lo sguardo e vedo che Sawyer mi sta
osservando dallo specchietto retrovisore. Il
semaforo diventa verde e lui parte, concentrandosi sulla strada. Mi porto un dito
alle labbra e Kate annuisce. Scommetto che
lo sa anche Sawyer.
450/1287
«Come sta Elliot?» chiedo per cambiare
argomento.
Kate fa un sorriso sciocco, dicendomi tutto
quello che mi serve sapere.
Sawyer accosta alla fine del vicolo che
porta allo Zig Zag Café e Prescott mi apre la
portiera. Io scendo in fretta dall’auto e Kate
mi segue. Ci prendiamo sottobraccio e ci incamminiamo, tallonate da Prescott che ha
l’aria arrabbiata. Oh, per l’amor del cielo, è
solo un drink. Sawyer si allontana per andare
a parcheggiare.
«Allora, com’è che Elliot conosce Gia?»
chiedo, bevendo un sorso del mio secondo
mojito alla fragola. Il locale è intimo e confortevole, e io non ho voglia di andarmene.
Kate e io non abbiamo ancora smesso un attimo di parlare. Avevo dimenticato quanto
mi piacesse uscire con lei. È liberatorio stare
fuori a rilassarmi, godendomi la compagnia
della mia migliore amica. Prendo in considerazione l’idea di scrivere un SMS a Christian,
451/1287
ma poi lascio perdere. Si arrabbierebbe e mi
costringerebbe a tornare a casa come una
bambina disobbediente.
«Non parlarmi di quella stronza!» sbotta
Kate.
Scoppio a ridere.
«Che cosa c’è di tanto divertente, Steele?»
mi rimbecca, ma non è tanto arrabbiata.
«Anch’io la penso così.»
«Sul serio?»
«Sì. Stava addosso a Christian.»
«Ha avuto una storia con Elliot.» Kate fa il
broncio.
«No!»
Lei annuisce, le labbra strette nel cipiglio
brevettato Katherine Kavanagh.
«È durata poco. L’anno scorso, mi pare. È
un’arrampicatrice sociale. Non mi stupisce
che abbia messo gli occhi su Christian.»
«Christian non è disponibile. Le ho detto
di lasciarlo in pace, oppure l’avrei
licenziata.»
452/1287
Kate mi guarda stupefatta. Annuisco orgogliosa e lei alza il bicchiere alla mia salute,
impressionata ed esultante.
«Mrs Anastasia Grey! Così si fa!» Facciamo tintinnare i bicchieri.
«Elliot ha una pistola?»
«No. È assolutamente contrario alle
armi.» Kate mescola il suo terzo cocktail.
«Anche Christian. Dev’essere stata l’influenza di Grace e Carrick» bofonchio. Mi sento
un po’ brilla.
«Carrick è un brav’uomo.» Kate annuisce.
«Voleva che facessimo un accordo prematrimoniale» mormoro cupa.
«Oh, Ana.» Allunga una mano sul tavolo e
mi prende un braccio. «Stava solo cercando
di proteggere suo figlio. Come entrambe sappiamo, avevi la scritta “cacciatrice di dote” in
fronte.» Mi sorride e io le faccio la linguaccia, ridacchiando.
453/1287
«Cresci, Mrs Grey» dice, sorridendo. Sembra Christian. «Un giorno farai lo stesso per
tuo figlio.»
«Mio figlio?» Non mi era mai venuto in
mente che i miei figli sarebbero stati ricchi.
Avranno tutto. Voglio dire… proprio tutto. Ci
devo riflettere meglio, ma non adesso. Lancio un’occhiata a Prescott e Sawyer che osservano noi e la folla serale da un tavolo appartato, bevendo acqua minerale.
«Pensi che dovremmo mangiare?» chiedo.
«No. Dovremmo bere, invece» risponde
Kate.
«Com’è che hai tutta questa voglia di
bere?»
«Perché non ti vedo più. Non sapevo che
avresti sposato il primo uomo che ti avrebbe
fatto girare la testa.» Si immusonisce. «A
dirla tutta, ti sei sposata così in fretta che
credevo fossi incinta.»
454/1287
Faccio una risatina. «Lo pensavano tutti.
Non tirar fuori di nuovo questa faccenda, per
favore! E devo andare in bagno.»
Prescott mi scorta, senza dire una parola.
Non è obbligata a parlare. Irradia disapprovazione come un isotopo letale.
«Non esco da sola da quando mi sono
sposata» borbotto rivolta alla porta chiusa.
Faccio una smorfia, sapendo che lei mi aspetta dall’altra parte, mentre faccio la pipì. E
comunque, che cosa verrebbe a farci Hyde in
un bar? Christian sta solo reagendo in modo
eccessivo, come al solito.
«Kate, è tardi. Dovremmo andare.»
Sono le dieci e un quarto di sera, e io ho finito il quarto mojito alla fragola. Adesso sento gli effetti dell’alcol, ho caldo e mi gira la
testa. Christian sarà contento. Prima o poi.
«Certo, Ana. È stato bellissimo vederti.
Sembri molto più, non so… sicura di te.
Chiaramente il matrimonio ti fa bene.»
455/1287
Sento il viso in fiamme. Detto da Katherine Kavanagh, è un vero complimento.
«È così» sussurro e, probabilmente perché
ho bevuto troppo, mi viene da piangere. Potrei essere più felice? Nonostante il suo passato, la sua natura, le sue cinquanta sfumature, ho incontrato e sposato l’uomo dei miei
sogni. Cambio in fretta argomento per allontanare quei pensieri, altrimenti so che mi
metterei a piangere.
«Mi sono proprio goduta la serata.»
Prendo la mano di Kate. «Grazie per avermi
trascinata fuori!» Ci abbracciamo. Quando ci
stacchiamo, faccio un cenno a Sawyer e lui
dà le chiavi della macchina a Prescott.
«Sono sicura che Miss Virtuosa Prescott
ha detto a Christian che non sono a casa.
Sarà furibondo» mormoro a Kate. E forse sta
pensando a qualche deliziosa punizione per
me… magari!
«Perché stai sorridendo come una cretina,
Ana? Ti piace far incavolare Christian?»
456/1287
«Non sul serio. Ma basta un niente. Talvolta è eccessivamente maniaco del controllo.» “La maggior parte delle volte.”
«L’ho notato» dice Kate asciutta.
Accostiamo davanti all’appartamento di
Kate. Lei mi abbraccia forte.
«Non sparire» sussurra, e mi bacia su una
guancia. Poi scende dall’auto. La saluto con
la mano, sentendo una strana nostalgia. Mi
sono mancate le chiacchiere tra ragazze.
Sono divertenti, rilassanti, e mi ricordano
che sono ancora giovane. Dovrei sforzarmi di
più di vedere Kate, ma la verità è che adoro
stare nella mia bolla con Christian. Ieri sera
abbiamo partecipato a una cena di beneficenza. C’erano così tanti uomini eleganti e
donne ben curate che parlavano dei prezzi
delle case, della recessione economica e del
crollo delle Borse. È stato noioso, di una noia
mortale. Quindi è una boccata d’ossigeno
confidarmi con qualcuno della mia età.
457/1287
Mi brontola lo stomaco. Non ho ancora
mangiato. “Christian!” Rovisto nella borsa e
ripesco il BlackBerry. Oh, no… cinque chiamate perse! E un SMS…
Dove accidenti sei?
E una mail.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 26 agosto 2011 00.42 ORA LEGALE DEGLI
STATI UNITI ORIENTALI
Oggetto: Arrabbiato. Non mi hai ancora visto
arrabbiato
Anastasia,
Sawyer mi dice che stai bevendo cocktail in un bar
quando hai detto che non l’avresti fatto.
Hai la minima idea di quanto sia furibondo in questo
momento?
Ci vediamo domani.
458/1287
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Sento un tuffo al cuore. Sono davvero nei
guai. La mia vocina interiore è prima indispettita, poi sconsolata: “Hai voluto la bicicletta? Ora pedala”. Che cosa mi aspettavo?
Prendo in considerazione l’idea di chiamarlo,
ma è tardi e probabilmente dorme… o cammina avanti e indietro. Un SMS può bastare.
Sono tutta intera. Mi sono divertita.
Mi manchi. Per favore, non essere arrabbiato.
Fisso il BlackBerry, desiderando che lui mi
risponda, ma il telefono rimane minacciosamente silenzioso.
Prescott accosta davanti all’Escala e Sawyer scende per aprirmi la portiera. Mentre
aspettiamo l’ascensore, colgo l’occasione per
fargli qualche domanda.
«A che ora ti ha chiamato Christian?»
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Sawyer arrossisce. «Intorno alle nove e
mezzo, signora.»
«Perché non hai interrotto la mia conversazione con Kate in modo che potessi
parlargli?»
«Mr Grey mi ha detto di non farlo.»
Stringo le labbra. Arriva l’ascensore e noi
entriamo in silenzio. All’improvviso sono
grata che Christian abbia tutta la notte per
riprendersi dal suo attacco di rabbia, e che
sia al capo opposto del Paese. Così ho un po’
di tempo anch’io. Però… lui mi manca.
Le porte dell’ascensore si aprono e per una
frazione di secondo fisso il tavolo dell’atrio.
“Che cosa c’è che non va?”
Il vaso di fiori giace in pezzi sul pavimento,
acqua, fiori e frammenti di porcellana sono
sparsi dappertutto, e il tavolo è capovolto. Mi
viene la pelle d’oca e Sawyer mi afferra per
un braccio, trascinandomi nell’ascensore.
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«Rimanga qui» sibila, tirando fuori una
pistola. Entra nell’atrio e scompare dal mio
campo visivo.
Mi rannicchio in fondo all’ascensore.
«Luke!» sento urlare Ryan dal salone.
«Codice blu!»
“Codice blu?”
«Hai il delinquente?» gli urla di rimando
Sawyer. «Gesù santo!»
Mi appiattisco contro la parete dell’ascensore. “Che diavolo sta succedendo?” L’adrenalina mi scorre nelle vene, e ho il cuore in
gola. Sento delle voci basse e un attimo dopo
Sawyer ricompare nell’atrio, in piedi in
mezzo alla pozza d’acqua. Rimette la pistola
nella fondina.
«Può entrare, Mrs Grey» dice gentilmente.
«Che cos’è successo, Luke?» sussurro con
voce a malapena udibile.
«Abbiamo avuto un visitatore.» Mi prende
per il gomito e io sono grata del sostegno…
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Mi sento le gambe di gelatina. Entriamo in
casa.
Ryan è in piedi sulla soglia del salone. Ha
un taglio sanguinante sopra un occhio e un
altro sulla bocca. Sembra che l’abbiano picchiato e ha gli abiti in disordine. Ma la visione più scioccante è Jack Hyde disteso ai
suoi piedi.
10
Mi batte forte il cuore e mi ronzano le orecchie; l’alcol che ho in corpo amplifica il
rumore.
«È…?» Ansimo, incapace di terminare la
frase e fissando Ryan con gli occhi spalancati. Sono terrorizzata.
«No, signora. È solo svenuto.»
Sento un’ondata di sollievo. “Oh, grazie a
Dio.”
«E tu?» chiedo, guardando Ryan. Mi
rendo conto che non so il suo nome di
battesimo. Ansima come se avesse corso la
maratona. Si pulisce l’angolo della bocca,
togliendo le tracce di sangue; sulla guancia
gli si sta formando un livido.
«È stata dura, ma sto bene, Mrs Grey.» Mi
sorride, rassicurante. Se lo conoscessi
meglio, direi che è un tantino compiaciuto.
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«E Gail? Mrs Jones?» “Oh, no… È rimasta
ferita?”
«Sono qui, Ana.» Mi giro e la vedo in camicia da notte e vestaglia, i capelli sciolti, il
colorito terreo e gli occhi sbarrati… come i
miei, immagino.
«Ryan mi ha svegliata. Ha insistito che
venissi qui» dice indicando l’ufficio di
Taylor. «Io sto bene. E lei?»
Annuisco e mi rendo conto che probabilmente è appena uscita dalla stanza blindata
adiacente all’ufficio di Taylor. Chi avrebbe
detto che ne avremmo avuto bisogno così
presto? Christian ha insistito per installarla
subito dopo il fidanzamento… e io avevo
alzato gli occhi al cielo. Adesso, guardando
Gail sulla soglia, sono grata della sua
lungimiranza.
Uno scricchiolio proveniente dalla porta
dell’atrio mi distrae. Penzola dai cardini. Che
accidenti è successo?
«Era solo?» chiedo a Ryan.
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«Sì, signora. Altrimenti lei non sarebbe
qui, glielo posso assicurare.» Ryan suona
vagamente offeso.
«Come ha fatto a entrare?» chiedo, ignorando il suo tono.
«Attraverso l’ascensore di servizio. Si è dimostrato piuttosto audace, signora.»
Guardo la figura di Jack accasciata a terra.
Indossa una specie di uniforme… una tuta da
lavoro, se non sbaglio.
«Quando?»
«Circa dieci minuti fa. L’ho individuato
sulla telecamera di sorveglianza. Indossava
dei guanti… un po’ strano, in agosto. L’ho
riconosciuto e ho deciso di farlo entrare. In
quel modo sapevo che l’avremmo preso. Lei
non c’era e Gail era al sicuro, così mi sono
detto ora o mai più.» Ryan ha un’aria molto
soddisfatta di sé e Sawyer gli lancia un’occhiataccia di disapprovazione.
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“Guanti?” Il pensiero mi distrae, e guardo
di nuovo Jack. È vero, indossa un paio di
guanti di pelle marrone. Raccapricciante.
«E adesso?» chiedo, cercando di scacciare
dalla mente il pensiero delle possibili
conseguenze.
«Dobbiamo metterlo in condizioni di non
nuocere» risponde Ryan.
«In condizioni di non nuocere?»
«Quando si sveglierà.» Ryan lancia un’occhiata a Sawyer.
«Che cosa vi serve?» chiede Mrs Jones, facendo un passo avanti. Ha recuperato la sua
compostezza.
«Qualcosa per legarlo… corda o fune»
risponde Ryan.
“Le fascette stringicavo.” Avvampo mentre
mi viene in mente la notte prima. Di riflesso,
mi massaggio i polsi e do una rapida occhiata. No, niente lividi. Bene.
«Io ho qualcosa. Fascette stringicavo. Possono andare bene?»
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Tutti gli occhi si girano verso di me.
«Sì, signora. Perfetto» dice Sawyer serio e
impassibile. Vorrei sprofondare, ma mi volto
e mi dirigo verso la camera da letto. Talvolta
bisogna limitarsi a fare come se niente fosse.
Forse a rendermi audace è la miscela di alcol
e paura.
Quando torno, Mrs Jones sta ispezionando
il caos nell’atrio e Miss Prescott si è unita agli
uomini della sicurezza. Porgo le fascette a
Sawyer, il quale lega le mani di Jack dietro la
schiena, lentamente e con inutile cautela.
Mrs Jones scompare in cucina e torna con la
cassetta del pronto soccorso. Prende Ryan
per un braccio, lo porta oltre la soglia del
salone e inizia a medicargli il taglio sopra
l’occhio. Lui si agita mentre lei lo disinfetta.
Poi noto la Glock con il silenziatore sul pavimento. “Oddio! Jack era armato?” Un fiotto
di bile mi invade la gola, ma lo ricaccio
indietro.
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«Non la tocchi, Mrs Grey» dice Prescott
quando mi chino per raccoglierla. Sawyer
emerge dall’ufficio di Taylor con indosso dei
guanti in lattice.
«Mi occupo io di questa, Mrs Grey» dice.
«È sua?» chiedo.
«Sì, signora» risponde Ryan, sussultando
mentre Mrs Jones lo medica. Accidenti. Ryan ha lottato contro un uomo armato in casa
mia. Rabbrividisco al pensiero. Sawyer si
china e raccoglie con cautela la Glock.
«Devi farlo tu?» chiedo.
«Mr Grey se lo aspetterebbe, signora.»
Sawyer infila la pistola in un sacchetto di
plastica con la zip, poi si accovaccia per perquisire Jack. Si ferma e da una delle tasche
dell’uomo tira fuori per metà un rotolo di
nastro adesivo da imballaggio. Impallidisce e
rimette il rotolo nella tasca di Jack.
“Nastro adesivo?” Il mio cervello registra
pigramente le informazioni mentre osservo
affascinata le mosse di Sawyer, con uno
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strano distacco. Poi ho un attacco di nausea
quando mi rendo conto delle implicazioni.
Mi affretto a cacciarle dalla mente. “Non
pensarci, Ana!”
«Dovremmo chiamare la polizia?» bofonchio, cercando di mascherare la paura.
Voglio che Hyde esca da casa mia, il prima
possibile.
Ryan e Sawyer si scambiano un’occhiata.
«Credo che dovremmo chiamare la polizia» dico, con una certa decisione,
chiedendomi che cosa stia succedendo tra i
due uomini.
«Ho appena provato a chiamare Taylor,
ma non risponde al cellulare. Forse dorme.»
Sawyer controlla l’orologio. «Sulla costa orientale sono le due meno un quarto del
mattino.»
«Avete chiamato Christian?» sussurro.
«No, signora.»
«Cercavate Taylor perché vi desse
istruzioni?»
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Sawyer sembra imbarazzato. «Sì, signora.»
Una parte di me si irrigidisce. Quest’uomo
– lancio un’altra occhiata a Hyde – si è introdotto furtivamente in casa mia e dev’essere
portato via dalla polizia. Ma guardando loro
quattro, la loro espressione ansiosa, capisco
che mi manca un pezzo, così decido di
chiamare Christian. Ho la pelle d’oca. So che
è arrabbiato con me – arrabbiatissimo, in realtà – ed esito davanti alla prospettiva di
quello che dirà. E di come si agiterà per non
essere qui e non poter arrivare prima di
domani sera. So di averlo fatto preoccupare
abbastanza, per oggi. Forse non dovrei
chiamarlo. E poi mi viene in mente. “E se
fossi stata qui?” Impallidisco al pensiero.
Grazie al cielo ero fuori. Forse non sono così
nei guai, dopotutto.
«Sta bene?» chiedo, indicando Jack.
«Al risveglio avrà un gran mal di testa»
dice Ryan, guardandolo con disprezzo. «Ma
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dobbiamo chiamare i paramedici per esserne
sicuri.»
Frugo nella borsa tirando fuori il BlackBerry e, prima di rimuginare troppo sul
grado di arrabbiatura di Christian, digito il
numero. Risponde immediatamente la segreteria telefonica. Deve averlo spento perché è furioso. Non riesco a farmi venire in
mente che cosa dire. Mi giro e cammino
lungo il corridoio, allontanandomi dagli altri.
«Ciao, sono io. Ti prego, non essere arrabbiato. C’è stato un incidente nell’appartamento. Ma la situazione è sotto controllo,
perciò non preoccuparti. Nessuno si è fatto
male. Chiamami.» Chiudo la telefonata.
«Chiama la polizia» dico a Sawyer. Lui annuisce, tira fuori il cellulare e fa la telefonata.
L’agente Skinner parla fitto fitto con Ryan al
tavolo da pranzo. L’agente Walker è con
Sawyer nell’ufficio di Taylor. Non so dove sia
Prescott, forse anche lei nell’ufficio di Taylor.
Il detective Clark mi sta abbaiando alcune
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domande mentre siamo seduti sul divano nel
salone. È alto, scuro e sarebbe un bell’uomo
se non fosse per l’espressione perennemente
accigliata. Sospetto che sia stato buttato giù
dal letto perché c’è stata un’intrusione nella
casa di uno degli uomini d’affari più ricchi e
influenti di Seattle.
«Era il suo capo?» chiede concisamente.
«Sì.»
Sono stanca – più che stanca – e voglio andare a letto. Non ho ancora sentito Christian.
Il lato positivo è che i paramedici hanno
portato via Hyde. Mrs Jones porge a me e al
detective Clark una tazza di tè.
«Grazie.» Clark si gira verso di me: «E
dov’è Mr Grey?».
«A New York, per lavoro. Tornerà domani
sera… cioè, questa sera.» È mezzanotte
passata.
«Hyde è noto alla polizia» mormora il detective Clark. «Avrò bisogno che lei venga
alla centrale a fare una deposizione. Ma si
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può rimandare. È tardi e ci sono un paio di
giornalisti appostati sul marciapiede. Le dispiace se do un’occhiata in giro?»
«Naturalmente no» rispondo, sollevata
che l’interrogatorio sia finito. Rabbrividisco
al pensiero dei reporter fuori. Be’, non saranno un problema fino a domattina. Ricordo a
me stessa di chiamare mia madre e Ray, nel
caso in cui sentano la notizia e si
preoccupino.
«Mrs Grey, posso suggerirle di andare a
letto?» dice Mrs Jones, la voce calda e
preoccupata.
Vedendo la sua espressione affettuosa e
gentile all’improvviso mi viene da piangere.
Lei allunga una mano verso di me e mi accarezza una spalla.
«Adesso siamo al sicuro» aggiunge a bassa
voce. «Le cose appariranno in una luce diversa fra qualche ora, dopo una buona dormita. E Mr Grey sarà di ritorno stasera.»
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La guardo nervosamente, ricacciando indietro le lacrime. Christian sarà infuriato.
«Posso portarle qualcosa prima che vada a
letto?» mi chiede.
Sono proprio affamata. «Vorrei mangiare
qualcosa.»
Fa un sorriso: «Un panino e un bicchiere
di latte?».
Annuisco con gratitudine e lei si dirige in
cucina. Ryan è ancora con l’agente Skinner.
Nell’atrio il detective Clark sta esaminando il
caos davanti all’ascensore. Ha l’aria pensierosa, nonostante il cipiglio. E di colpo provo
nostalgia… nostalgia di Christian. Mi prendo
la testa tra le mani. Vorrei che lui fosse qui.
Saprebbe cosa fare. “Che serata!” Vorrei sedermi sulle sue gambe, farmi abbracciare e
sentirmi dire che mi ama, anche se non ho
fatto quello che mi ha detto… ma sarà impossibile fino a questa sera. “Perché non mi
ha detto del rafforzamento delle misure di
sicurezza per tutti? Che cosa c’è esattamente
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nel computer di Jack?” Lui è così esasperante, ma in questo momento non m’importa.
Voglio mio marito. Mi manca.
«Ecco, Ana, cara.» Mrs Jones interrompe
il mio rimuginare. La guardo e lei mi porge
un panino al burro di arachidi e gelatina, con
gli occhi scintillanti. Non mangio una cosa
del genere da anni. Le sorrido timidamente e
lo addento.
Quando finalmente vado a letto, mi rannicchio dalla parte di Christian, con addosso
la sua T-shirt. Il cuscino e la maglietta hanno
il suo odore, e mentre scivolo nel sonno formulo il desiderio che torni sano e salvo… e di
buonumore.
Mi sveglio di soprassalto. C’è luce e mi fa
male la testa. Le tempie mi pulsano. Spero
che non si tratti dei postumi della sbronza.
Apro con cautela gli occhi e noto che la sedia
della camera da letto è stata spostata, e ci sta
seduto Christian. Indossa lo smoking e dal
taschino della giacca spunta il papillon. Mi
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chiedo se sto sognando. Ha il braccio sinistro
appoggiato allo schienale e tiene in mano un
bicchiere contenente un liquido ambrato.
Brandy? Whisky? Ha una gamba piegata
sull’altra, la caviglia posata sopra il ginocchio. Porta calzini neri e scarpe eleganti. Il
gomito destro è appoggiato al bracciolo della
sedia, la mano a sostenere il mento, e si sta
passando ritmicamente l’indice sul labbro inferiore. Nella luce dell’alba i suoi occhi bruciano di un’intensità grave, ma l’espressione
è indecifrabile.
Per poco non mi si ferma il cuore. È qui.
Dev’essere partito da New York stanotte. Da
quanto tempo è qui a guardarmi?
«Ciao» sussurro.
Mi guarda freddamente e il mio cuore
perde un battito. “Oh, no.” Allontana il dito
dalle labbra, ingolla quel che resta del liquore e appoggia il bicchiere sul comodino.
Mi aspetto quasi che mi baci, ma non lo fa. Si
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appoggia allo schienale, continuando a guardarmi, il viso impassibile.
«Ciao» dice alla fine, la voce sommessa. E
io so che è ancora arrabbiato. Molto
arrabbiato.
«Sei tornato.»
«A quanto pare.»
Lentamente mi tiro su a sedere sul letto,
senza togliergli gli occhi di dosso. «Da
quanto sei seduto lì a guardarmi dormire?»
«Un bel po’.»
«Sei ancora arrabbiato.» Riesco a malapena ad articolare le parole.
Lui mi guarda, come se stesse soppesando
la risposta. «Arrabbiato» dice, come per
mettere alla prova la parola, valutarne le sfumature, il significato. «No, Ana. Io sono
molto, molto più che arrabbiato.»
Cerco di deglutire, ma ho la bocca troppo
secca.
«Molto più che arrabbiato… non suona
bene.»
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Lui continua a fissarmi, impassibile, e non
replica. Tra noi scende un silenzio di tomba.
Allungo la mano verso il bicchiere d’acqua
che tengo sul comodino e bevo avidamente
un sorso, cercando di controllare il battito
impazzito del cuore.
«Ryan ha preso Jack.» Tento un approccio
diverso.
«Lo so» dice gelido.
Certo che lo sa. «Hai intenzione di rispondere a monosillabi ancora per molto?»
Inarca impercettibilmente le sopracciglia,
stupito, come se non si aspettasse quella
domanda. «Sì» dice alla fine.
Ah… okay. Che faccio? La miglior difesa
è… l’attacco. «Mi dispiace di essere stata
fuori.»
«Davvero?»
«No» mormoro dopo un attimo, perché è
la verità.
«Allora perché lo dici?»
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«Perché non voglio che tu sia arrabbiato
con me.»
Lui sospira pesantemente, come se stesse
reggendo la tensione da migliaia di ore, e si
passa una mano tra i capelli. È bellissimo.
Arrabbiato, ma bellissimo. Me lo mangio con
gli occhi… Christian è tornato… furioso, ma
tutto intero.
«Credo che il detective Clark voglia parlare
con te.»
«Ne sono certo.»
«Christian, per favore…»
«Per favore cosa?»
«Non essere così freddo.»
Inarca di nuovo le sopracciglia per la sorpresa. «Anastasia, freddo non è la parola
giusta. Io sto bruciando. Di rabbia. Non so
come comportarmi con questi…» agita una
mano, cercando le parole «sentimenti.» Ha
un tono amaro.
La sua onestà è disarmante. Voglio solo sedermi sulle sue ginocchia. È l’unica cosa che
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desidero da quando sono tornata a casa ieri
sera. Mi muovo, cogliendolo di sorpresa, e
mi arrampico goffamente sulle sue ginocchia. Lui non mi respinge, e dopo un attimo
mi circonda con le braccia e affonda il naso
nei miei capelli. Sa di whisky. Sa anche di
bagnoschiuma… e di Christian. Gli metto le
braccia al collo e gli strofino il naso contro la
gola, e lui sospira, profondamente.
«Oh, Mrs Grey. Che cosa devo fare con
te?» Mi bacia la testa. Chiudo gli occhi, godendomi il contatto con lui.
«Quanto hai bevuto?»
Lui si irrigidisce. «Perché?»
«In genere non bevi superalcolici.»
«Questo è il secondo bicchiere. Ho avuto
una notte faticosa, Anastasia. Dammi
respiro.»
Sorrido. «Se insisti, Mr Grey» mormoro
contro il suo collo. «Hai un odore meraviglioso. Ho dormito dalla tua parte del letto
perché il cuscino ha il tuo odore.»
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Lui strofina il naso nei miei capelli. «Davvero? Mi chiedevo perché fossi da questa
parte. Sono ancora arrabbiato con te.»
«Lo so.»
La sua mano mi accarezza ritmicamente la
schiena.
«E io sono arrabbiata con te» sussurro.
Si ferma. «Dimmi, che cosa ho fatto per
meritare la tua ira?»
«Te lo dirò più tardi, quando non starai
più bruciando di rabbia.» Gli bacio la gola.
Lui chiude gli occhi e asseconda il mio bacio.
Le sue braccia mi stringono più forte.
«Quando penso a quello che sarebbe potuto succedere…» La sua voce è un sussurro.
«Sto bene.»
«Oh, Ana.» È quasi un singhiozzo.
«Io sto bene. Stiamo tutti bene. Un po’
scossi. Ma Gail sta bene. Ryan anche. E Jack
è fuori combattimento.»
Lui scuote la testa. «Non grazie a te»
borbotta.
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“Cosa?” Mi scosto e lo guardo male. «Cosa
vuoi dire?»
«Non voglio discuterne adesso, Ana.»
Be’, forse io sì, ma decido di lasciar perdere. Perlomeno mi sta parlando. Mi rannicchio di nuovo contro di lui. Mi mette le dita
nei capelli e giocherella con le ciocche.
«Vorrei punirti» sussurra. «Picchiarti
selvaggiamente.»
Mi balza il cuore in gola. «Lo so» sussurro.
«Forse lo farò.»
«Spero di no.»
Mi abbraccia più stretta. «Ana, Ana, Ana.
Faresti perdere la pazienza a un santo.»
«Potrei accusarti di molte cose, Mr Grey,
ma non di essere un santo.»
Finalmente sono ripagata dalla sua riluttante risatina. «Un punto per te, Mrs Grey.»
Mi bacia la fronte e si sposta.
«Torna a dormire. Anche tu hai riposato
poco.» Si muove rapidamente, mi solleva e
mi deposita sul letto.
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«Vieni anche tu?»
«No, ho alcune cose da fare.» Allunga la
mano e prende il bicchiere. «Torna a
dormire. Ti sveglio tra un paio d’ore.»
«Sei ancora arrabbiato con me?»
«Sì.»
«Allora mi rimetto a dormire.»
«Bene.» Mi copre con le lenzuola.
«Dormi.»
E visto che sono intontita dalla notte
prima, sollevata perché lui è tornato ed emotivamente esausta per il nostro scontro di
prima mattina, faccio esattamente come mi
ha detto. Mentre scivolo nel sonno, sono
curiosa di scoprire perché non ha messo in
atto il suo solito sistema, saltandomi addosso
per risolvere le cose a letto.
«Ti ho portato una spremuta d’arancia» dice
Christian e io apro gli occhi. Sono state le
due ore di sonno più riposanti che ricordi di
aver mai dormito e mi sveglio ristorata,
senza mal di testa. La spremuta è una visione
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gradita… come pure mio marito. Indossa la
tuta. E la mia mente torna brevemente
all’Heathman Hotel e alla primissima volta
che mi sono svegliata insieme a lui. La canottiera grigia è fradicia di sudore. O si è allenato nella palestra del seminterrato oppure
è andato a correre, ma non dovrebbe avere
quell’aspetto meraviglioso dopo uno sforzo
fisico.
«Vado a farmi una doccia» mormora e
scompare nel bagno. È ancora distante. È
distratto a causa di tutto quello che è successo oppure infuriato o… cosa? Mi tiro su a
sedere sul letto e prendo la spremuta,
bevendola troppo in fretta. È deliziosa, gelata
e lava via il saporaccio che ho in bocca.
Scendo dal letto, ansiosa di accorciare la distanza – reale e psicologica – tra me e mio
marito. Lancio una rapida occhiata alla sveglia. Sono le otto. Mi tolgo la T-shirt di
Christian e lo seguo in bagno. Lui è nella
doccia, si sta lavando i capelli. Sguscio dietro
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di lui e lo abbraccio, la fronte sulla sua schiena bagnata. Lui si irrigidisce. Ignoro la sua
reazione e gli appoggio una guancia sulla
schiena. Dopo un attimo si sposta, così adesso siamo tutti e due sotto la cascata di acqua calda, e continua a lavarsi i capelli. Mi
lascio scorrere addosso il getto, mentre cullo
l’uomo che amo. Penso a tutte le volte che mi
ha scopata e a tutte le volte che abbiamo
fatto l’amore qui. Non è mai stato così silenzioso. Giro la testa e inizio a baciargli la schiena. Lui si irrigidisce di nuovo.
«Ana» dice in tono di avvertimento.
Passo le mani sul suo addome, scendendo
verso il basso. Lui mette le mani sulle mie e
mi ferma con un gesto brusco.
«No» mi intima.
Lo lascio andare immediatamente. “Sta
dicendo di no?” La mia mente precipita in
caduta libera… Era mai successo prima? Il
mio subconscio è molto irritato, persino
rassegnato, mi fa capire che me la sono
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cercata. “Questa volta hai combinato davvero
un casino.” Mi sento come se fossi stata schiaffeggiata con violenza. E la mia perenne
insicurezza fa sorgere uno spaventoso pensiero: “Non mi vuole più”. Sussulto mentre il
dolore mi trafigge. Christian si gira e io mi
accorgo con sollievo che non è completamente insensibile al mio fascino. Mi afferra il
mento, mi fa alzare la testa e io mi ritrovo a
fissare i suoi diffidenti occhi grigi.
«Sono ancora maledettamente arrabbiato
con te» dice, la voce pacata. Si china e appoggia la fronte sulla mia. Sollevo le mani
per accarezzargli la faccia.
«Ti prego, non essere arrabbiato con me.
Penso che tu stia reagendo in modo eccessivo» sussurro.
Lui impallidisce. Lascio ricadere le mani
lungo i fianchi.
«Reagendo in modo eccessivo?» dice in
tono rabbioso. «Un fottuto psicopatico si introduce nel mio appartamento per rapire
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mia moglie e tu pensi che io stia reagendo in
modo eccessivo?» La minaccia trattenuta
nella sua voce è spaventosa, e i suoi occhi
mandano lampi mentre mi fissa come se la
fottuta psicopatica fossi io.
«No… ehm, non intendevo questo.
Pensavo che tu ti riferissi al fatto che sono rimasta fuori.»
Lui chiude di nuovo gli occhi, come se
provasse dolore, e scuote la testa.
«Christian, non ero qui.» Cerco di placarlo
e rassicurarlo.
«Lo so» sussurra, aprendo gli occhi. «E
tutto perché non riesci a seguire una semplice richiesta.» Ha un tono amaro e questa
volta sono io a impallidire. «Non voglio discuterne adesso, sotto la doccia. Sono ancora
arrabbiatissimo con te, Anastasia. Mi spingi
a mettere in dubbio la mia capacità di giudizio.» Esce bruscamente dalla doccia. Afferra
un asciugamano e scompare come una furia
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dal bagno, lasciandomi sola e raggelata sotto
il getto di acqua bollente.
Poi mi rendo conto del significato di quello
che ha appena detto. “Rapire? Quindi Jack
voleva rapirmi?” Mi viene in mente il nastro
adesivo e il fatto che non ho voluto soffermarmi sul motivo per cui Jack l’avesse con
sé. Christian ha più informazioni? Mi lavo in
fretta, poi mi faccio lo shampoo e mi risciacquo. Voglio saperlo. Non gli permetterò di
tenermi all’oscuro su questa faccenda.
Quando esco dal bagno, lui non è in camera. Accidenti, si è vestito in fretta. Lo imito,
infilandomi il mio abito preferito, quello color prugna, e un paio di sandali neri. Sono
consapevole di aver scelto questo abito perché piace a Christian. Mi strofino vigorosamente i capelli con l’asciugamano, poi
li intreccio e li arrotolo in uno chignon. Mi
metto gli orecchini con i piccoli diamanti, e
poi corro in bagno per darmi un po’ di mascara e guardarmi nello specchio. “Sono
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pallida. Sono sempre pallida.” Faccio un
respiro profondo per calmarmi. Devo affrontare le conseguenze della mia decisione
impulsiva di divertirmi con un’amica. Sospiro, sapendo che Christian non la vedrà in
questo modo.
Nel salone Christian non c’è. Mrs Jones è
occupata in cucina.
«Buongiorno, Ana» dice dolcemente.
«’Giorno.» Le rivolgo un sorriso radioso.
Sono di nuovo Ana!
«Tè?»
«Sì, grazie.»
«Qualcosa da mangiare?»
«Sì, grazie. Questa mattina vorrei
un’omelette.»
«Con funghi e spinaci?»
«E formaggio.»
«La preparo subito.»
«Dov’è Christian?»
«Mr Grey è nel suo studio.»
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«Ha fatto colazione?» Lancio un’occhiata
ai due posti apparecchiati sul bancone.
«No, signora.»
«Grazie.»
Christian è al telefono, con indosso una
camicia bianca senza cravatta e l’aria da amministratore delegato rilassato. Come possono essere ingannevoli le apparenze. Forse
non andrà in ufficio. Quando compaio sulla
porta, lui alza lo sguardo ma scuote la testa,
facendomi capire che non sono la benvenuta.
Mi volto e torno abbattuta al bancone della
cucina. Appare Taylor, vestito elegantemente
con un completo scuro; ha l’aspetto di uno
che si è fatto otto ore filate di sonno.
«Buongiorno, Taylor» mormoro, cercando
di indovinare di che umore è, e sperando che
il suo atteggiamento mi riveli qualcosa di
quello che sta succedendo.
«Buongiorno, Mrs Grey» risponde, e in
quelle tre parole percepisco la solidarietà. Gli
rivolgo un sorriso compassionevole, sapendo
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che è stato costretto a sopportare Christian
per tutto l’imprevisto viaggio di ritorno a
Seattle.
«Com’è stato il volo?» mi arrischio a
chiedergli.
«Lungo, Mrs Grey.» Quella risposta laconica vale più di mille parole. «Posso chiederle
come sta?» aggiunge, in tono più disponibile.
«Sto bene.»
Annuisce. «Se vuole scusarmi.» Si dirige
verso lo studio di Christian. “Mmh. Taylor è
ammesso, io no.”
«Ecco.» Mrs Jones mi mette davanti il piatto della colazione. Mi è passata la fame, ma
mangio lo stesso perché non voglio
offenderla.
Christian non è ancora emerso dallo
studio.
«Grazie, Mrs Jones» mormoro, scivolando
giù dallo sgabello e dirigendomi in bagno.
Mentre mi lavo i denti, mi viene in mente
l’attacco di malumore di Christian sulla
491/1287
faccenda della promessa di matrimonio.
Anche quella volta si era rintanato nello studio. È di questo che si tratta? Di un attacco di
malumore? Rabbrividisco pensando all’incubo che ha fatto in seguito. Succederà di
nuovo? Dobbiamo parlare, sul serio. Devo
sapere di Jack e del rafforzamento delle misure di sicurezza per i Grey… tutti dettagli che
mi sono stati tenuti nascosti, e di cui invece
Kate è a conoscenza. È ovvio che Elliot parla
con lei.
Lancio un’occhiata all’orologio. Sono le
nove meno dieci… Farò tardi al lavoro. Finisco di lavarmi i denti, metto un filo di rossetto, prendo la giacca nera leggera e torno
nel salone. Sono sollevata nel vedere che
Christian è seduto a far colazione.
«Stai andando?» mi chiede quando mi
vede.
«Al lavoro? Sì, certo.» Mi avvicino coraggiosamente a lui e appoggio le mani sul
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bordo del bancone. Lui mi guarda senza
espressione.
«Christian, siamo tornati da nemmeno
una settimana. Devo andare a lavorare.»
«Ma…» Si interrompe e si passa una mano
tra i capelli. Mrs Jones esce silenziosamente
dalla stanza. “Sempre discreta, Gail.”
«So che dobbiamo parlare di un sacco di
cose. Forse, se ti sei calmato, possiamo parlarne stasera.»
Apre la bocca sbigottito. «Calmato?» dice
in tono minacciosamente sommesso.
Avvampo. «Sai che cosa intendo.»
«No, Anastasia, non so che cosa intendi.»
«Non voglio litigare. Ero venuta a
chiederti se posso prendere la mia
macchina.»
«No, non puoi» scatta.
«Okay» mi arrendo subito.
Ovviamente si aspettava uno scontro. «Ti
accompagnerà Prescott.» Il tono è un po’
meno aggressivo.
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“Dannazione, Prescott no.” Vorrei protestare, ma decido di lasciar perdere. Sicuramente, adesso che hanno arrestato Jack,
possiamo ridurre gli uomini della sicurezza.
Ricordo le “perle di saggezza” che mia
madre mi ha elargito il giorno prima del
matrimonio. “Ana, tesoro, devi scegliere le
tue battaglie. Sarà lo stesso quando avrai dei
bambini.” Be’, se non altro lui mi sta consentendo di andare al lavoro.
«Okay» borbotto. E siccome non voglio
lasciarlo con tutte quelle cose in sospeso e la
tensione tra noi, faccio un passo verso di lui.
Si irrigidisce, sgranando gli occhi, e per un
momento sembra così vulnerabile da toccare
una corda profonda dentro di me. “Oh,
Christian, mi dispiace così tanto.” Gli bacio
castamente l’angolo della bocca. Lui chiude
gli occhi come se si godesse il mio tocco.
«Non odiarmi» sussurro.
Mi afferra una mano. «Non ti odio.»
«Non mi hai baciata» dico piano.
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Mi guarda con sospetto. «Lo so» borbotta.
Vorrei disperatamente chiedergli perché,
ma non sono sicura di voler conoscere la risposta. Di colpo si alza in piedi e mi prende la
faccia tra le mani, premendo la sua bocca
sulla mia con violenza. Sussulto per la sorpresa, arrendendomi alla sua lingua senza
volerlo. Lui me la infila in bocca, reclamandomi, e proprio quando sto iniziando a
rispondere al bacio mi lascia andare,
ansimando.
«Taylor porterà te e Prescott alla SIP» dice,
e negli occhi gli si legge il bisogno. «Taylor!»
chiama. Io arrossisco, cercando di
ricompormi.
«Signore.» Taylor è sulla porta.
«Di’ a Prescott che Mrs Grey sta andando
in ufficio. Puoi accompagnarle tu, per
favore?»
«Certo.» Taylor gira sui tacchi e scompare.
«Se oggi riuscissi a stare lontana dai guai,
te ne sarei grato.»
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«Vedrò quello che posso fare.» Gli sorrido
con tenerezza. Sulle labbra gli aleggia un sorriso, ma lui lo reprime.
«A dopo, allora» dice freddamente.
«A più tardi» sussurro.
Prescott e io prendiamo l’ascensore di servizio fino al garage sotterraneo per evitare i
giornalisti appostati fuori dall’Escala. L’arresto di Jack e il fatto che sia stato sorpreso
nel nostro appartamento sono ormai di
dominio pubblico. Mentre entro nell’Audi,
mi chiedo se ci saranno paparazzi appostati
fuori dalla SIP come il giorno in cui è stato
annunciato il nostro fidanzamento.
Viaggiamo in silenzio per un po’, finché mi
ricordo di chiamare prima Ray e poi mia
madre per rassicurarli sul fatto che Christian
e io stiamo bene. Per fortuna entrambe le
telefonate sono brevi, e io chiudo il cellulare
proprio quando arriviamo davanti alla SIP.
Come temevo, c’è una piccola folla di
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giornalisti e fotografi in attesa. Si girano tutti
insieme, guardando speranzosi l’Audi.
«È sicura di volerlo fare, Mrs Grey?» mi
chiede Taylor. Una parte di me vorrebbe tornarsene a casa, ma ciò significherebbe passare tutto il giorno con Mr Rabbia Furiosa.
Spero che, avendo un po’ di tempo a disposizione, lui riesca a vedere le cose in prospettiva. Jack è nelle mani della polizia, perciò
Christian dovrebbe essere contento, ma non
lo è. Una parte di me sa perché; troppe cose
sono fuori dal suo controllo, me compresa,
ma adesso non ho tempo di pensarci.
«Taylor, per favore, portami all’ingresso di
servizio.»
«Sì, signora.»
È l’una e sono riuscita a immergermi nel lavoro tutta la mattina. Bussano alla porta. Elizabeth mette dentro la testa.
«Posso entrare un attimo?» chiede
vivacemente.
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«Certo» borbotto, sorpresa dalla sua visita
inaspettata.
Entra e si siede, gettando indietro i lunghi
capelli neri. «Volevo solo sapere se stai bene.
Roach mi ha chiesto di venire a trovarti» aggiunge in fretta e arrossisce. «Voglio dire,
con tutto quello che è successo questa
notte.»
L’arresto di Jack Hyde è su tutti i giornali,
ma nessuno sembra aver ancora fatto il collegamento con l’incendio alla GEH.
«Sto bene» rispondo, cercando di non soffermarmi troppo su come mi sento. Jack voleva farmi del male. Be’, non è una novità. Ci
aveva già provato. La cosa che più mi preoccupa è Christian.
Lancio una rapida occhiata alle mail.
Ancora niente da lui. Non so se mandargli io
una mail, rischiando di provocare ulteriormente Mr Rabbia Furiosa.
«Bene» dice Elizabeth, con un sorriso che,
una volta tanto, coinvolge anche gli occhi.
498/1287
«Se c’è qualcosa che posso fare… qualunque
cosa di cui tu abbia bisogno… fammelo
sapere.»
«Lo farò.»
Elizabeth si alza. «So che sei molto occupata, Ana. Ti lascio al tuo lavoro.»
«Ehm… grazie.»
Dev’essere stato l’incontro più breve e
inutile dell’intero emisfero occidentale oggi.
Perché Roach l’ha mandata? Forse è preoccupato, visto che sono la moglie del capo.
Scaccio dalla mente quei pensieri deprimenti
e cerco il BlackBerry sperando che ci sia un
messaggio di Christian. Proprio in quel momento arriva una mail sul computer.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 26 agosto 2011 13.04
Oggetto: Deposizione
Anastasia,
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il detective Clark verrà nel tuo ufficio oggi pomeriggio
alle tre per raccogliere la tua deposizione.
Ho insistito che venisse lui da te, perché non voglio
che tu vada alla centrale.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Fisso la mail per cinque minuti buoni, cercando di farmi venire in mente una risposta
lieve e spiritosa per sollevargli l’umore. Ho la
testa completamente vuota e opto per la
brevità.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 26 agosto 2011 13.12
Oggetto: Deposizione
Okay.
AX
500/1287
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Fisso lo schermo per altri cinque minuti,
ansiosa che mi risponda, ma non succede niente. Christian non è in vena di giocare, oggi.
Mi appoggio allo schienale della sedia.
Posso dargli torto? Il mio povero Christian
era probabilmente agitatissimo. Poi mi viene
in mente una cosa. Questa mattina quando
mi sono svegliata indossava lo smoking. A
che ora ha deciso di partire da New York? In
genere se ne va dai ricevimenti tra le dieci e
le undici. Ieri sera a quell’ora io ero ancora
con Kate.
Christian è tornato indietro perché ero
fuori o a causa della faccenda di Jack? Se è
partito perché io mi stavo divertendo, non
avrebbe saputo niente di Jack né della polizia fino al suo arrivo a Seattle. All’improvviso
per me è importantissimo saperlo. Se Christian è tornato soltanto perché ero uscita, allora stava reagendo in modo eccessivo. Il mio
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subconscio è perplesso, astioso anche. Okay,
sono felice che lui sia tornato, perciò forse
tutto ciò è irrilevante. Eppure… deve essersi
preso un dannato spavento quando è atterrato. Non c’è da meravigliarsi che sia così
confuso, oggi. Mi tornano in mente le parole
che mi ha detto questa mattina: “Sono
ancora arrabbiatissimo con te, Anastasia. Mi
spingi a mettere in dubbio la mia capacità di
giudizio”.
Devo saperlo… è tornato indietro a causa
della storia del drink con Kate o a causa del
fottuto psicopatico?
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 26 agosto 2011 13.24
Oggetto: Il tuo volo
A che ora hai deciso di tornare a Seattle, ieri?
Anastasia Grey
502/1287
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 26 agosto 2011 13.26
Oggetto: Il tuo volo
Perché?
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 26 agosto 2011 13.29
Oggetto: Il tuo volo
Chiamala curiosità.
Anastasia Grey
503/1287
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 26 agosto 2011 13.32
Oggetto: Il tuo volo
La curiosità uccise il gatto.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 26 agosto 2011 13.35
Oggetto: Eh?
Che
cos’è
questa
risposta
indiretta?
minaccia?
Sai dove voglio andare a parare, vero?
Un’altra
504/1287
Hai deciso di tornare perché sono uscita a bere un
drink con un’amica dopo che mi avevi chiesto di non
farlo, oppure sei tornato perché c’era un pazzo nel
nostro appartamento?
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Fisso lo schermo. Niente. Guardo l’orologio del computer. Due meno un quarto e
ancora nessuna risposta.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 26 agosto 2011 13.56
Oggetto: Ecco cos’era…
Prenderò il tuo silenzio come un’ammissione che sei
davvero
tornato
da
Seattle
perché
AVEVO
CAMBIATO IDEA. Sono una donna adulta e sono uscita per un drink con un’amica. Non avevo capito le
conseguenze per la sicurezza di AVER CAMBIATO
505/1287
IDEA perché TU NON MI DICI MAI NIENTE. Ho
scoperto da Kate che le misure di sicurezza erano
state rafforzate per tutti i Grey, non solo per noi.
Credo che tu sia portato a reagire in modo eccessivo
quando si tratta della mia sicurezza, e ne capisco la ragione, ma sei come il ragazzino che grida al lupo.
Non ho mai avuto un solo indizio per distinguere un
pericolo reale da ciò che tu ti limitavi a percepire
come tale. C’erano due persone della sicurezza con
me. Pensavo che Kate e io fossimo al sicuro. Tra
l’altro, eravamo più al sicuro in quel bar che a casa. Se
fossi stata PIENAMENTE MESSA AL CORRENTE
della situazione, avrei agito in maniera diversa.
So che le tue preoccupazioni hanno a che fare con il
materiale trovato nel computer di Jack… o almeno
così crede Kate. Hai idea di quanto sia seccante
scoprire che la mia migliore amica ne sa più di me su
quello che succede? E io sono tua MOGLIE. Quindi,
hai intenzione di dirmelo? O mi tratterai come una
bambina, assicurandoti che continui a comportarmi
come tale?
506/1287
Non sei l’unico a essere maledettamente arrabbiato,
okay?
Ana
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Premo il tasto INVIA. “Prendi e porta a casa,
Grey.” Faccio un profondo respiro. Adesso sì
che sono arrabbiata. Prima mi sentivo dispiaciuta e colpevole per essermi comportata
male. Be’, non più.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 26 agosto 2011 13.59
Oggetto: Ecco cos’era…
Come al solito, Mrs Grey, sei diretta e polemica nelle
mail.
Forse possiamo discuterne quando tornerai a casa nel
NOSTRO appartamento.
507/1287
Dovresti stare attenta a come parli. Anch’io sono
ancora maledettamente arrabbiato.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
“Stare attenta a come parlo!” Lancio un’occhiataccia al computer, rendendomi conto
che così non andrò da nessuna parte. Non
rispondo, prendo invece il manoscritto di un
nuovo autore promettente e inizio a leggere.
Il mio incontro con il detective Clark scorre
via liscio. Lui è meno burbero di ieri notte,
forse perché è riuscito a dormire un po’. O
forse è solo che preferisce lavorare di giorno.
«Grazie per la deposizione, Mrs Grey.»
«Prego, detective. Hyde è sotto la custodia
della polizia?»
«Sì, signora. È stato dimesso dall’ospedale
questa mattina presto. Viste le accuse che
pendono su di lui, mi sa che rimarrà con noi
508/1287
un bel po’.» Sorride, rivelando le rughe sottili
intorno agli occhi scuri.
«Bene. Questa faccenda è stata fonte di
parecchia angoscia per me e mio marito.»
«Ho parlato a lungo con Mr Grey, questa
mattina. È molto sollevato. Uomo interessante, suo marito.»
«Sì, lo credo anch’io.» Gli faccio un sorriso
educato, e lui capisce di essere stato
congedato.
«Se le viene in mente qualcosa, può
chiamarmi. Ecco il mio biglietto da visita.»
Tira fuori un cartoncino dal portafoglio e me
lo porge.
«Grazie, detective. Lo farò.»
«Buona giornata, Mrs Grey.»
«Buona giornata.»
Mentre se ne va, mi chiedo quali siano
esattamente le accuse mosse a Hyde. Di
sicuro Christian non me lo dirà. Faccio una
smorfia di disappunto.
509/1287
Viaggiamo in silenzio verso l’Escala. Alla
guida c’è Sawyer, Prescott è seduta accanto a
lui, e il mio cuore si fa via via più pesante a
mano a mano che ci avviciniamo a casa.
Sono sicura che Christian e io faremo una litigata spaventosa, e non so se ne ho la forza.
Mentre salgo in ascensore dal garage insieme a Prescott cerco di mettere ordine nei
miei pensieri. Che cosa voglio dire? Mi sembra di aver già detto tutto nella mail. Forse
lui mi darà qualche risposta. Lo spero. Non
riesco a controllare il nervosismo. Ho il
cuore in tumulto, la bocca secca e le mani sudate. Non voglio litigare. Ma talvolta lui è
così difficile, e io devo mantenere la mia
posizione.
Le porte dell’ascensore si aprono,
rivelando l’atrio, di nuovo in ordine. Il tavolo
è diritto e regge un vaso nuovo, con uno stupendo mazzo di peonie bianche e rosa. Controllo rapidamente i quadri… tutte le
Madonne sembrano intatte. La porta
510/1287
dell’atrio è stata sistemata, e Prescott me la
tiene gentilmente aperta. È stata silenziosissima, oggi. La preferisco così.
Lascio cadere la ventiquattrore in corridoio e mi dirigo verso il salone. Mi immobilizzo. “Oddio.”
«Buonasera, Mrs Grey» dice Christian
sommessamente. È in piedi vicino al pianoforte, con una T-shirt nera aderente e i
jeans… quei jeans… quelli che indossava
nella stanza dei giochi. “Oddio.” Sono scoloriti, comodi e strappati su un ginocchio, e arrapanti. Mi si avvicina, a piedi nudi, il bottone in alto dei jeans slacciato, gli occhi ardenti che non lasciano i miei.
«È bello averti a casa. Ti stavo
aspettando.»
11
«Davvero?» sussurro. La bocca mi diventa
ancora più secca, il cuore mi martella nel
petto. “Perché è vestito così? Che cosa significa? È ancora di malumore?”
«Davvero.» La voce è carezzevole, ma
mentre mi si avvicina lui fa un sorriso
malizioso.
Ha un aspetto che trovo molto eccitante…
il modo in cui i jeans gli cadono sui fianchi.
Oh, no, non ho intenzione di lasciarmi distrarre da Mr Sexy. Cerco di capire di che
umore è mentre cammina verso di me. Arrabbiato? Giocoso? Lascivo? Bah! Impossibile stabilirlo.
«Mi piacciono i tuoi jeans» mormoro. Lui
fa un disarmante sogghigno, ma gli occhi
rimangono seri. Si ferma di fronte a me, e la
sua intensità è bruciante. Mi fissa negli
512/1287
occhi, lo sguardo ardente e indecifrabile.
Deglutisco.
«Capisco che hai delle questioni in
sospeso, Mrs Grey» dice con voce vellutata,
tirando fuori qualcosa dalla tasca posteriore
dei jeans.
Non riesco a staccare gli occhi dai suoi, ma
lo sento spiegare un foglio di carta. Lo alza e
io do una rapida occhiata, riconoscendo la
mia mail. Torno a guardarlo negli occhi e
vedo balenare un lampo di rabbia.
«Sì, ho delle questioni in sospeso» bisbiglio, senza fiato. Ho bisogno di distanza se
dobbiamo discutere di questa faccenda. Ma
prima che io possa fare un passo indietro, lui
si china e strofina il naso sul mio. Chiudo gli
occhi accogliendo il suo tocco inaspettato,
lieve.
«Anch’io» sussurra sulla mia pelle, e a
queste parole io apro gli occhi. Lui si raddrizza e mi guarda con attenzione.
513/1287
«Credo di conoscere le tue questioni,
Christian.» Parlo in tono sarcastico e lui
stringe gli occhi a fessura, reprimendo un
lampo divertito. Stiamo per litigare? Faccio
un passo indietro per precauzione. Devo allontanarmi fisicamente da lui… dal suo
odore, dal suo aspetto, dal suo corpo fasciato
in quei jeans. Mentre io mi sposto, lui si
acciglia.
«Perché sei tornato da New York?» chiedo
con un filo di voce. Facciamola finita una
volta per tutte.
«Tu conosci il perché.» Nel suo tono c’è
una nota di avvertimento.
«Perché sono uscita con Kate?»
«Perché ti sei rimangiata la parola e mi hai
sfidato, correndo un rischio inutile.»
«Rimangiata la parola? È così che la
vedi?» Sussulto, ignorando il resto della
frase.
«Sì.»
514/1287
“Altro che reazione eccessiva!” Sto per
alzare gli occhi al cielo, ma mi blocco di
fronte al suo sguardo torvo. «Christian, ho
cambiato idea» gli spiego pazientemente
come se fosse un bambino. «Sono una
donna. Siamo famose per questo. È quello
che facciamo: cambiare idea.»
Sbatte le palpebre come se non capisse.
«Se avessi pensato anche per un solo
istante che avresti annullato il tuo viaggio di
lavoro…» Mi mancano le parole. Mi rendo
conto di non sapere che cosa dire. Per un
momento sono catapultata di nuovo alla lite
sulla promessa nuziale. “Non ti ho mai
promesso obbedienza, Christian.” Ma tengo
a freno la lingua, perché dentro di me sono
contenta che sia tornato. Nonostante la sua
furia, sono felice che sia qui tutto intero, arrabbiato e scalpitante davanti a me.
«Hai cambiato idea?» Non riesce a nascondere l’incredulità, venata di disprezzo. «E
non hai pensato di chiamarmi?» Mi lancia
515/1287
un’occhiata scettica, prima di continuare:
«E, quel che è peggio, a causa del tuo comportamento la squadra della sicurezza qui è
rimasta sguarnita e hai messo in pericolo
Ryan».
“Ah. Non ci avevo pensato.”
«Avrei dovuto chiamare, ma non volevo
che ti preoccupassi. Se l’avessi fatto, sono
sicura che mi avresti proibito di andare e io
avrei perso Kate. Inoltre, ero lontana da qui
quando è arrivato Jack. Ryan non avrebbe
dovuto lasciarlo entrare.» È tutto così complicato. Se Ryan non l’avesse fatto, Jack
sarebbe ancora a piede libero.
Nello sguardo di Christian passa un lampo
selvaggio. Poi chiude gli occhi, i lineamenti
del viso contratti come se provasse dolore.
“Oh, no.” Scuote la testa e prima che me ne
renda conto mi ha presa tra le braccia, stringendomi con forza.
«Oh, Ana» sussurra, tenendomi così
stretta che faccio fatica a respirare. «Se ti
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fosse successo qualcosa…» dice, la voce
ridotta a un sussurro a malapena udibile.
«Non è successo» riesco a dire.
«Ma avrebbe potuto. Sono morto mille
volte oggi, pensando a quello che sarebbe potuto succedere. Ero così arrabbiato, Ana. Arrabbiato con te, con me, con tutti quanti.
Non ricordo di essere mai stato così arrabbiato… tranne…» Si interrompe.
«Tranne?» lo sollecito.
«Una volta nel tuo vecchio appartamento.
Quando Leila era riuscita a entrare.»
“Oh. Non voglio pensare a questo.”
«Eri così freddo, stamattina» mormoro. La
mia voce si spezza sull’ultima parola mentre
ricordo l’orribile sensazione di essere
respinta che ho provato nella doccia. Mi
mette le mani sulla nuca, allentando la
stretta su di me, e io respiro a fondo. Mi tira
indietro la testa.
«Non so come affrontare questa rabbia.
Non credo di volerti fare del male» dice, gli
517/1287
occhi grandi e guardinghi. «Questa mattina
avrei voluto punirti, duramente, e…» Tace,
senza trovare le parole, penso, oppure troppo
spaventato per pronunciarle.
«… ed eri preoccupato di farmi male?» finisco la frase al suo posto, senza credere nemmeno per un istante che potrebbe farmi del
male, ma al tempo stesso sollevata. Una piccola, crudele parte di me temeva che fosse
perché non mi voleva più.
«Non mi fidavo di me stesso» dice
sommessamente.
«Christian, io so che non mi faresti mai del
male. Non fisicamente, almeno.» Gli prendo
la testa fra le mani.
«Davvero?» chiede, la voce venata di
scetticismo.
«Sì. Sapevo che le tue parole erano una
minaccia ipotetica, vuota. So che non facevi
sul serio quando hai detto che mi avresti picchiata selvaggiamente.»
«Volevo farlo.»
518/1287
«No, non è vero. Hai solo pensato di
farlo.»
«Non so se è vero» mormora.
«Pensaci» lo incalzo, circondandolo con le
braccia e sfregandogli il naso sul petto attraverso la maglietta nera. «A come ti sei sentito quando me ne sono andata. Mi hai detto
tante volte che cosa aveva significato per te.
Come aveva cambiato la tua visione del
mondo, di me. So a che cosa hai rinunciato
per me. Pensa a come ti sei sentito vedendo i
lividi lasciati dalle manette durante la nostra
luna di miele.»
Lui si irrigidisce e io so che sta riflettendo
sulle mie parole. Lo stringo più forte,
mettendogli le mani sulla schiena, percependo i muscoli scolpiti attraverso la Tshirt. Piano piano si rilassa e lentamente la
tensione svanisce.
Era questo che lo preoccupava? La possibilità di farmi del male? Perché mi fido più io
di lui che lui di se stesso? Non capisco.
519/1287
Abbiamo fatto progressi. In genere è così
forte, così controllato, ma senza il controllo è
perso. “Oh, Mr Cinquanta Sfumature… mi
dispiace.” Mi bacia i capelli, io alzo il viso
verso di lui e lui mi cerca le labbra e mi bacia, prendendo, dando, supplicando… per
cosa, non so. Voglio solo sentire la sua bocca
sulla mia e gli restituisco il bacio con
passione.
«Hai così tanta fiducia in me» dice piano,
dopo essersi staccato da me.
«Sì.» Mi accarezza il viso con le nocche e la
punta del pollice, fissandomi negli occhi. La
rabbia è scomparsa. Christian è di nuovo qui,
ovunque sia stato. Lo guardo e gli sorrido
timidamente.
«Tra l’altro» sussurro «non hai le
scartoffie.»
Sul viso gli si dipinge un’espressione di divertito stupore. Mi stringe di nuovo al petto.
«Hai ragione.» E scoppia a ridere.
520/1287
Siamo in piedi in mezzo al salone, abbracciati, stretti l’uno all’altra.
«Andiamo a letto» sussurra, dopo un
tempo che mi pare infinito.
“Oddio…”
«Christian, dobbiamo parlare.»
«Dopo» mi incalza a bassa voce.
«Christian, ti prego, parla con me.»
Sospira. «Di cosa?»
«Lo sai. Mi tieni all’oscuro.»
«Voglio proteggerti.»
«Non sono una bambina.»
«Lo so benissimo, Mrs Grey.» Mi fa
scivolare una mano lungo il corpo e me la
mette sul sedere. Inarca il bacino e preme
contro di me la sua erezione.
«Christian!» lo rimprovero. «Parlami.»
Sospira di nuovo, esasperato. «Che cosa
vuoi sapere?» Ha un tono rassegnato e mi
lascia andare. Rimango spiazzata… “Non
volevo dire che dovevi smettere di abbracciarmi.” Tenendomi stretta con una mano, si
521/1287
piega per raccogliere con l’altra la mail che è
caduta a terra.
«Un sacco di cose» borbotto, mentre mi
lascio condurre verso il divano.
«Siediti» mi ordina. Alcune cose non cambiano mai, rifletto, obbedendo. Christian si
siede accanto a me e si piega in avanti, prendendosi la testa tra le mani.
“Oh, no.” È così difficile per lui? Poi si raddrizza, si passa entrambe le mani nei capelli
e si gira verso di me, riconciliato con il suo
destino.
«Avanti» dice semplicemente.
Oh. Be’, è stato più facile di quanto
pensassi. «Perché il rafforzamento delle misure di sicurezza per la tua famiglia?»
«Hyde costituiva una minaccia per loro.»
«Come fai a saperlo?»
«Dal suo computer. C’erano dettagli personali su di me e sul resto della mia famiglia.
Soprattutto su Carrick.»
«Carrick? Perché lui?»
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«Non lo so ancora. Andiamo a letto.»
«Christian, dimmelo!»
«Dirti cosa?»
«Sei così… esasperante.»
«Anche tu» ribatte con un’occhiata torva.
«Non hai rafforzato subito le misure di
sicurezza quando hai scoperto che sul computer c’erano informazioni sulla tua famiglia.
Che cos’è successo? Perché adesso?»
Christian stringe gli occhi a fessura.
«Non sapevo che avrebbe tentato di dar
fuoco alla mia azienda o…» Si interrompe.
«Pensavamo che fosse una sgradevole ossessione, ma sai» si stringe nelle spalle «quando
sei sotto i riflettori, la gente diventa curiosa.
Erano informazioni casuali: articoli di
quando ero a Harvard… il canottaggio, i voti.
Resoconti riguardanti Carrick… la sua carriera, quella di mia madre… e in certa misura
anche cose su Elliot e Mia.»
“Che strano.”
«Hai detto “o…”» lo incalzo.
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«“O…” cosa?»
«Hai detto “tentato di dar fuoco alla mia
azienda o…”. Come se stessi per aggiungere
qualcos’altro.»
«Hai fame?»
Gli lancio un’occhiataccia, e il mio stomaco
brontola.
«Hai mangiato oggi?» chiede con la voce
severa e lo sguardo gelido.
Arrossisco, tradendomi.
«Come pensavo» dice seccamente. «Sai
come mi sento quando non mangi. Vieni»
dice. Si alza e mi tende la mano. «Lascia che
ti dia da mangiare.» E cambia ancora
umore… Questa volta la voce è piena di una
promessa sensuale.
«Darmi da mangiare?» bisbiglio, mentre
avverto un calore delizioso al centro del
corpo. “Maledizione.” È una manovra diversiva così tipica del suo temperamento lunatico
per distrarmi da quello di cui stavamo discutendo. “È così, dunque? È tutto quello che
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riuscirò a tirargli fuori per adesso?” Mi porta
verso la cucina, prende uno sgabello e lo gira,
in modo che dia le spalle al bancone.
«Siediti» dice.
«Dov’è Mrs Jones?» chiedo, notando per
la prima volta la sua assenza, mentre mi isso
sullo sgabello.
«Ho dato la serata libera a lei e a Taylor.»
«Perché?»
Mi guarda per un istante, un’espressione
di arrogante divertimento sul viso. «Perché
posso.»
«Quindi hai intenzione di cucinare?» Il
mio tono tradisce l’incredulità.
«Oh, Mrs Grey, donna di poca fede. Chiudi
gli occhi.»
“Wow.” Pensavo che avremmo fatto una
litigata di quelle toste, e invece eccoci qui, a
giocare in cucina.
«Chiudili» ordina.
Prima li alzo al cielo, poi obbedisco.
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«Mmh. Non basta» borbotta. Apro un occhio e lo vedo tirare fuori un foulard di seta
color prugna dalla tasca posteriore dei jeans.
Si intona al mio vestito. Gli lancio un’occhiata interrogativa. “E quello quando l’ha
preso?”
«Occhi chiusi» ordina ancora. «Non si
sbircia.»
«Hai intenzione di bendarmi?» balbetto
scioccata. All’improvviso sono senza fiato.
«Sì.»
«Christian…» Lui mi mette un dito sulle
labbra, facendomi tacere.
“Io voglio parlare.”
«Parleremo più tardi. Adesso voglio che
mangi. Devi avere fame.» Mi dà un bacio leggero sulle labbra. La seta è morbida sui miei
occhi, mentre lui mi lega il foulard dietro la
testa.
«Riesci a vedere?» chiede.
«No» bofonchio, alzando metaforicamente
gli occhi al cielo. Lui ridacchia piano.
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«So quando alzi gli occhi al cielo… e sai
che effetto mi fa.»
Stringo le labbra. «Possiamo darci un
taglio?» scatto.
«Quanta impazienza, Mrs Grey. Così ansiosa di parlare.» Il tono è scherzoso.
«Sì!»
«Prima devo darti da mangiare» dice e mi
sfiora una tempia con le labbra, placandomi
all’istante.
“Okay… facciamo a modo tuo.” Mi
rassegno al mio destino e lo ascolto muoversi
per la cucina. Lo sportello del frigo si apre e
Christian appoggia diversi piatti sul bancone
dietro di me. Si dirige verso il forno a microonde, mette dentro qualcosa e lo accende.
Ha suscitato la mia curiosità. Sento abbassarsi la leva del tostapane, il tasto che viene
acceso e il basso ticchettio del timer. Mmh…
toast?
«Sì, sono ansiosa di parlare» mormoro,
distratta. La cucina si riempie di una miscela
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di aromi esotici, speziati, e io mi agito sullo
sgabello.
«Stai ferma, Anastasia.» È di nuovo vicino
a me. «Voglio che tu faccia la brava…» sussurra. «E non morderti.» Con delicatezza mi
tira il labbro inferiore per sottrarlo alla presa
dei denti, e io non riesco a fare a meno di
sorridere.
Poi sento lo schiocco di un tappo di sughero e il gorgoglio del vino versato in un bicchiere. Quindi c’è un momento di silenzio e
poi un clic e il debole sibilo proveniente dagli
altoparlanti dello stereo. Il suono di una chitarra dà il via a una canzone che non conosco. Christian abbassa il volume in modo che
la musica faccia da sottofondo. Un uomo
inizia a cantare, la voce profonda, bassa e
sexy.
«Qualcosa da bere, per iniziare» bisbiglia
Christian, distraendomi dalla musica. «Testa
indietro.» Alzo la testa. «Di più» mi incalza.
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Obbedisco e lui mette le sue labbra sulle
mie, versandomi in bocca del vino bianco
fresco. Deglutisco istintivamente. Mi vengono in mente ricordi di non molto tempo
fa… io legata sul mio letto nella casa di Vancouver, prima di laurearmi, insieme a un
Christian eccitato e arrabbiato, che non
aveva apprezzato le mie mail. Le cose sono
cambiate? Non molto. Tranne che adesso
riconosco il vino, il preferito di Christian…
un Sancerre.
«Mmh» emetto un mormorio di
apprezzamento.
«Ti piace?» sussurra lui, il suo respiro
caldo sulla mia guancia. Sono immersa nella
sua vicinanza, nella sua vitalità, nel calore
che irradia dal suo corpo, anche se lui non mi
tocca.
«Sì» dico in un soffio.
«Ancora?»
«Ne voglio sempre ancora, con te.»
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Posso quasi udire il suo sogghigno. E
sogghigno anch’io. «Stai flirtando con me,
Mrs Grey?»
«Sì.»
La sua fede tintinna contro il bicchiere
mentre prende un altro sorso di vino. Questa
volta mi tira indietro la testa, reggendomi.
Mi bacia di nuovo e io inghiotto avidamente
il vino che mi versa in bocca. Sorride e mi
bacia ancora.
«Fame?»
«Se non sbaglio, questo l’avevamo già stabilito, Mr Grey.»
Dall’iPod si diffondono le note di una canzone che parla di giochi perversi. “Mmh…
molto appropriato.”
Il forno a microonde fa ping e Christian mi
lascia andare. Mi raddrizzo sullo sgabello. Il
cibo ha un odore speziato: aglio, menta, origano, rosmarino e agnello, mi pare. Lo sportello del microonde si apre e l’odore del cibo
si fa più intenso.
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«Merda! Cristo!» impreca Christian e sento il rumore di un piatto che atterra pesantemente sul bancone.
“Oh, Christian!” «Tutto bene?»
«Sì!» scatta, la voce tesa. Un attimo dopo è
di nuovo accanto a me.
«Mi sono solo scottato. Ecco.» Mi mette
l’indice in bocca. «Forse se lo succhi
passerà.»
«Oh.» Gli prendo la mano, sfilandomi delicatamente il suo dito dalla bocca. «Dammi
qui» dico, e mi chino per soffiargli sul dito,
poi lo bacio piano due volte. Lui trattiene il
fiato. Mi rimetto il dito in bocca e lo succhio.
Lui inspira bruscamente e quel suono mi arriva dritto al ventre. Ha un sapore delizioso,
come sempre, e mi rendo conto che è questo
il suo gioco… sedurre a poco a poco sua
moglie. Credevo che fosse furibondo, e adesso…? Quest’uomo, mio marito, è così imprevedibile. Ma è così che mi piace. Giocoso.
Divertente. Sexy da morire. Mi ha dato
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qualche risposta, ma io sono avida. Ne voglio
altre, però desidero anche giocare. Dopo
l’angoscia e la tensione di oggi, e l’incubo di
ieri notte con Jack, è un gradito diversivo.
«A cosa stai pensando?» mormora Christian, interrompendo le mie riflessioni e
togliendomi il dito dalla bocca.
«A quanto sei lunatico.»
Lui si irrigidisce. «Mr Cinquanta Sfumature, piccola» dice alla fine, e mi bacia delicatamente l’angolo della bocca.
«Il mio Mr Cinquanta Sfumature» sussurro. Gli afferro la T-shirt e lo tiro verso di
me.
«Oh, no, non farlo, Mrs Grey. Non toccarmi… non ancora.» Mi prende la mano, la
stacca dalla T-shirt e mi bacia le dita.
«Seduta dritta» ordina.
Faccio il broncio.
«Se fai il broncio ti sculaccio. Adesso apri
bene la bocca.»
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Obbedisco e lui infila una forchettata di
agnello speziato ricoperto da una salsa
fredda a base di menta e yogurt. Mmh.
Mastico.
«Ti piace?»
«Sì.»
Fa un verso di apprezzamento, e capisco
che sta mangiando anche lui.
«Ancora?»
Annuisco. Mi imbocca con un’altra
forchettata e io la mastico con entusiasmo.
Mette giù la forchetta e spezza… del pane, se
non sbaglio.
«Apri» mi ordina.
Questa volta si tratta di pita e hummus.
Capisco che Mrs Jones – o forse addirittura
Christian – ha fatto la spesa al negozio di
specialità gastronomiche che ho scoperto
circa cinque settimane fa a soli due isolati
dall’Escala. Mastico con gratitudine. Il fatto
che Christian sia di umore giocoso mi ha
fatto venire fame.
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«Ancora?» chiede.
Annuisco. «Ancora di tutto. Per favore. Sto
morendo di fame.»
Sento il suo sorriso deliziato. Con lentezza,
paziente, mi dà da mangiare, ogni tanto
mordendo un pezzetto di cibo sulla mia
bocca o pulendomi con un dito. Si interrompe per darmi da bere un sorso di vino in
quel suo modo speciale.
«Apri bene la bocca, poi addenta.»
Obbedisco. Mmh… uno dei miei piatti
preferiti, foglie di vite ripiene. Sono deliziose
anche fredde, sebbene le preferisca tiepide,
ma non voglio rischiare che Christian si
scotti di nuovo. Mi fa mangiare piano, e
quando ho finito gli pulisco le dita con la
lingua.
«Ancora?» chiede, la voce bassa e roca.
Scuoto la testa. Sono sazia.
«Bene» mi sussurra all’orecchio «perché è
venuto il momento del mio piatto preferito.
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Te.» Mi solleva tra le braccia, e io strillo per
la sorpresa.
«Non posso togliermi la benda?»
«No.»
Sto per fare il broncio, ma poi mi ricordo
della sua minaccia e lascio perdere.
«Stanza dei giochi» mormora.
“Oh… non so se è una buona idea.”
«Sei pronta per la sfida?» chiede. E dato
che ha usato la parola “sfida”, non riesco a
dire di no.
«Fatti sotto» mormoro, il corpo scosso dal
desiderio e da qualcos’altro che non voglio
nominare. Mi porta in braccio oltre la porta e
poi su per le scale fino al piano superiore.
«Credo che tu sia dimagrita» borbotta in
tono di disapprovazione. “Sul serio? Bene.”
Ricordo il suo commento quando siamo tornati dalla luna di miele, e quanto mi è bruciato. Accidenti… è stato solo pochi giorni fa?
Fuori dalla stanza dei giochi, mi fa
scivolare a terra, ma mi tiene un braccio
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intorno alla vita. Gira rapidamente la chiave
nella serratura.
C’è sempre lo stesso odore: legno lucidato
e agrumi. Sta diventando un aroma confortante. Christian mi lascia andare e mi fa voltare in modo che gli dia le spalle. Slega il
foulard e io sbatto le palpebre alle luci soffuse. Toglie le forcine dal mio chignon, liberandomi la treccia. La prende e la strattona
delicatamente, attirandomi a sé.
«Ho in mente qualcosa» mi sussurra
nell’orecchio, provocandomi deliziosi brividi
lungo la spina dorsale.
«Ne ero sicura» replico. Mi bacia
dolcemente sotto l’orecchio.
«Oh, Mrs Grey, ce l’ho eccome.» La sua
voce è dolce, ipnotica. Mi scosta la treccia di
lato e mi bacia sulla gola.
«Per prima cosa dobbiamo spogliarti.» Ha
la voce bassa, gutturale, che risuona nel mio
corpo. Lo voglio… voglio qualunque cosa abbia in mente. Voglio entrare in contatto con
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lui nel modo che conosciamo così bene. Mi fa
girare perché gli stia di fronte. Guardo i suoi
jeans, il bottone in alto ancora slacciato, e
non riesco a trattenermi. Gli passo l’indice
sulla vita, evitando la T-shirt, sentendo i peli
che dal pube arrivano all’ombelico solleticarmi la nocca. Lui inspira bruscamente, e io
alzo lo sguardo per incontrare il suo. Mi
fermo al bottone slacciato. I suoi occhi diventano di un grigio più cupo… “Oddio.”
«Dovresti
tenerli
addosso,
questi»
sussurro.
«È esattamente quello che intendo fare.»
E si muove, mettendomi una mano sulla
nuca e l’altra sul sedere. Mi attira a sé, poi
preme la sua bocca sulla mia e mi bacia come
se fosse una questione di vita o di morte.
Mi fa arretrare, le nostre lingue sempre
unite, finché non sento la croce di legno alle
mie spalle. Si inarca contro di me, il suo
corpo che preme sul mio.
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«Liberiamoci di questo vestito» dice, sollevandomi l’abito sulle cosce, sui fianchi, sulla
pancia… con lentezza deliziosa, la stoffa che
sfrega sulla pelle, sui seni.
«Chinati in avanti» dice.
Obbedisco e lui mi sfila il vestito dalla
testa, facendolo cadere sul pavimento e lasciandomi in mutandine e reggiseno, con i
sandali ai piedi. Ha lo sguardo ardente
mentre mi prende le mani e me le fa alzare
sopra la testa. Sbatte le palpebre e inclina il
capo, e io so che mi sta chiedendo il permesso. “Che cosa ha intenzione di farmi?”
Deglutisco, poi faccio segno di sì, e sulle labbra gli compare l’ombra di un sorriso di ammirazione. Mi chiude i polsi nelle cinghie di
cuoio della sbarra in alto e tira fuori di nuovo
il foulard.
«Penso che tu abbia visto abbastanza.» Me
lo mette intorno alla testa, bendandomi, e io
avverto un fremito mentre tutti i miei sensi si
risvegliano; il suono del suo respiro, la mia
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risposta eccitata, il sangue che pulsa nelle
orecchie, l’odore di Christian mescolato a
quello di cera e di agrumi della stanza… tutto
è amplificato dal fatto che non posso vedere.
Il suo naso sfiora il mio.
«Ho intenzione di farti impazzire» sussurra. Mi afferra i fianchi con le mani e mi
abbassa le mutandine, facendole scendere
lungo le gambe. “Farmi impazzire… Wow.”
«Alza i piedi, uno alla volta.» Obbedisco e
lui mi toglie prima gli slip e poi i sandali. Mi
prende la caviglia e mi tira lievemente la
gamba verso destra.
«Spostala» dice. Mi lega la caviglia destra
alla croce, poi fa lo stesso con la sinistra.
Sono impotente, con le braccia e le gambe divaricate sulla croce. Christian si alza e mi si
avvicina, e io sono immersa di nuovo nel suo
calore, anche se non mi tocca. Dopo un
istante mi prende il mento, mi fa sollevare la
testa e mi dà un bacio casto.
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«Un po’ di musica e giocattoli. Sei bellissima così, Mrs Grey. Mi concedo un momento per ammirare la visione.» Parla a voce
bassa. Tutto il mio corpo si contrae.
Dopo un paio di secondi lo sento dirigersi
con calma verso il cassettone dei giochi e
aprire uno dei cassetti. È quello dei dilatatori? Tira fuori qualcosa e lo appoggia in
cima al cassettone, seguito da qualcos’altro.
Gli altoparlanti si accendono e dopo un momento la stanza si riempie del suono di un
pianoforte che esegue una bassa melodia cadenzata. Mi è familiare – Bach, penso – ma
non riconosco il brano. Qualcosa di quella
musica mi mette a disagio. Forse perché è
troppo fredda, distaccata. Mi acciglio, cercando di capire perché mi turba, ma Christian mi prende il mento, facendomi sussultare,
e mi strattona gentilmente perché smetta di
mordermi il labbro inferiore. Sorrido, tentando di rassicurare me stessa. Perché mi
sento a disagio?
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Christian mi fa scorrere la mano sul
mento, sulla gola, sui seni. Servendosi del
pollice, abbassa una delle coppe del reggiseno, liberandomi il seno. Fa un verso gutturale di apprezzamento e mi bacia il collo.
Segue con le labbra il percorso delle dita sul
mio seno, baciandolo e succhiandolo. La
mano si sposta verso l’altro seno, liberando
anche quello. Gemo mentre lui mi accarezza
il capezzolo sinistro con il pollice e mi succhia il destro, tirandoli e stuzzicandoli con
delicatezza finché non sono gonfi e tesi.
«Ah.»
Non si ferma. Con deliziosa cura aumenta
a poco a poco l’intensità delle carezze. Strattono inutilmente le cinghie di cuoio che mi
trattengono, mentre acute fitte di piacere si
diramano dai seni al ventre. Cerco di
spostarmi ma non posso quasi muovermi,
cosa che rende la tortura ancora più intensa.
«Christian» lo supplico.
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«Lo so» mormora, la voce roca. «Questo è
quello che mi fai provare.»
“Cosa?” Gemo e lui ricomincia, torturandomi i capezzoli con il suo dolcissimo tocco
lancinante, ripetutamente… portandomi
sempre più vicina al culmine.
«Ti prego» mi lamento.
Lui fa un verso gutturale selvaggio, poi si
ferma, smettendo di toccarmi e lasciandomi
senza fiato a dibattermi tirando i lacci di
cuoio. Fa correre le mani lungo il mio corpo,
mettendomene una su un fianco e scendendo
con l’altra sulla pancia.
«Vediamo come ti stai comportando» dice
con voce bassa e melodiosa. Mi mette la
mano a coppa sul pube, sfregandomi il pollice sul clitoride e facendomi urlare. Lentamente infila prima un dito, poi un altro dentro di me. Gemo e inarco il bacino per incontrare le sue dita e il palmo della sua mano.
«Oh, Anastasia, sei così pronta» dice.
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Muove le dita dentro di me e mi tocca il
clitoride con il pollice, sfregandolo avanti e
indietro. È l’unico punto in cui mi sta toccando e tutta la tensione, tutta l’angoscia di
questa giornata sono concentrate lì.
“Oddio… è intenso… e strano… la musica…
il piacere inizia a crescere…” Christian si
sposta, continuando a muovere la mano dentro e contro di me, e io sento un ronzio.
«Che cosa…?» ansimo.
«Ssh» mi calma lui, mettendo la bocca
sulla mia e facendomi tacere. Accolgo con piacere questo contatto più caldo, più intimo, e
lo bacio avidamente sulle labbra. Lui si
scosta e il ronzio si fa più vicino.
«Questa è una bacchetta magica, piccola.
Vibra.»
Me la appoggia sul petto, la sensazione è
quella di un oggetto largo, una pallina, che
vibra contro di me. Rabbrividisco mentre si
muove sulla mia pelle, nel solco tra i seni,
contro i capezzoli, e vengo inondata dalle
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sensazioni, eccitata in ogni punto del corpo,
il cervello che esplode mentre un bisogno
profondo, selvaggio si concentra nel mio
ventre.
«Ah» gemo, le dita di Christian che continuano a muoversi dentro di me. “Sono vicinissima al culmine… tutti questi stimoli…”
Getto indietro la testa e gemo forte, e Christian si ferma. Tutte le sensazioni si
interrompono.
«No! Christian!» lo imploro, cercando di
inarcare il bacino per avere un contatto.
«Ferma, piccola» dice, mentre il mio orgasmo imminente scivola via. Si china verso
di me e mi bacia.
«Frustrante, vero?» mormora.
“Oh, no!” Di colpo, capisco il suo gioco.
«Christian, ti prego.»
«Ssh» dice e mi bacia ancora. Poi ricomincia a muoversi – il vibratore, le dita, il pollice
– una micidiale combinazione di tortura sensuale. Si sposta per sfiorarmi con il suo
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corpo. È ancora vestito, e il jeans morbido mi
sfrega contro le gambe, l’erezione mi preme
su un fianco. Così vicino, tentatore. Mi porta
di nuovo vicinissima a godere, il mio corpo
che freme per il bisogno, e si ferma.
«No» protesto a voce alta.
Mi dà lievi baci sulla spalla mentre estrae
le dita da me e sposta il vibratore verso il
basso. Lo fa oscillare sopra il mio stomaco, la
pancia, il pube, contro il clitoride. “Accidenti,
com’è intenso!”
«Ah!» urlo, strattonando forte i lacci di
cuoio che mi trattengono.
Il mio corpo è così sensibile che sento di
essere sul punto di esplodere, e proprio
mentre sto per godere, Christian si ferma di
nuovo.
«Christian!» grido.
«Frustrante, eh?» mormora contro la mia
gola. «Esattamente come te. Prometti una
cosa e poi…» La sua voce si spegne.
«Christian, ti prego!» lo imploro.
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Mi tocca con il vibratore, premendolo contro di me, ripetutamente, fermandosi sempre
appena prima. “Ah!”
«Ogni volta che ricomincio dopo che mi
sono fermato è più intenso, vero?»
«Ti prego» mi lamento. Le mie terminazioni nervose urlano reclamando lo
sfogo.
Il ronzio cessa e Christian mi bacia. Sfrega
il naso contro il mio. «Sei la donna più frustrante che abbia mai conosciuto.»
“No, no, no.”
«Christian, non ho mai promesso di
obbedirti. Per favore, ti prego…»
Si mette davanti a me, mi mette le mani
sul sedere e preme il bacino contro di me, facendomi sussultare… si sfrega contro di me, i
bottoni dei jeans che mi penetrano nella
carne, contenendo a stento la sua erezione.
Con una mano mi tira via il foulard e mi afferra il mento, e io sbatto le palpebre fissando il suo sguardo bruciante.
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«Mi fai impazzire» sussurra, inarcando il
bacino contro di me, una, due, tre volte,
portandomi di nuovo sull’orlo dell’orgasmo.
E negandomelo di nuovo. Lo voglio così
tanto. Ho un bisogno assoluto di lui. Chiudo
gli occhi e mormoro una preghiera. Non riesco a fare a meno di sentirmi punita. Io
sono impotente e lui è spietato. Cominciano
a spuntarmi le lacrime. Non so quanto ha intenzione di andare avanti.
«Ti prego» sussurro ancora una volta.
Ma lui mi fissa implacabile. Andrà avanti e
basta. Per quanto? Posso giocare a questo
gioco? “No. No. No… non posso farlo.” So
che non ha intenzione di smettere. Continuerà a torturarmi. Le sue mani mi percorrono di nuovo il corpo. “No…” E la diga
cede… tutta l’apprensione, l’ansia e la paura
che ho provato negli ultimi due giorni mi travolgono mentre cominciano a scendermi le
lacrime. Distolgo lo sguardo da lui. Questo
non è amore. È vendetta.
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«Rosso» gemo. «Rosso. Rosso.» Le lacrime mi scorrono sulle guance.
Lui si immobilizza. «No!» ansima, sconvolto. «Cristo santo, no.»
Si muove in fretta, mi slega le braccia, mi
abbraccia la vita e si china per liberarmi le
caviglie. Io mi prendo la testa tra le mani e
piango.
«No, no, no. Ana, ti prego. No.»
Mi prende in braccio e si dirige verso il
letto, si siede e mi tiene in braccio cullandomi mentre io singhiozzo inconsolabile.
Sono sopraffatta… il corpo eccitato al limite,
la mente vuota e le mie emozioni sparse al
vento. Allunga una mano dietro di sé, toglie
il lenzuolo di raso dal letto a baldacchino e
me lo avvolge intorno al corpo. La stoffa
fredda è estranea e sgradevole sulla mia pelle
ultrasensibile. Mi circonda con le braccia,
tenendomi stretta, cullandomi dolcemente
avanti e indietro.
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«Mi dispiace. Mi dispiace» mormora, la
voce desolata. Mi bacia i capelli, un bacio,
poi un altro. «Ana, perdonami, ti prego.»
Gli affondo la faccia nel collo e continuo a
piangere, uno sfogo liberatorio. Sono successe così tante cose negli ultimi giorni… l’incendio nella stanza dei server, l’inseguimento in macchina, la mia carriera di
donna d’affari, quella stronza di architetto, lo
psicopatico nell’appartamento, discussioni,
rabbia… e Christian è stato via. Uso un angolo del lenzuolo per asciugarmi il naso e a
poco a poco mi rendo conto che le fredde
note di Bach risuonano ancora nella stanza.
«Per favore, spegni la musica.» Tiro su con
il naso.
«Sì, certo.» Christian si sposta, senza lasciarmi andare, e tira fuori il telecomando
dalla tasca posteriore dei jeans. Preme un
tasto e il pianoforte smette di suonare,
sostituito dal mio respiro affannoso.
«Meglio?» chiede.
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Annuisco, smettendo un po’ alla volta di
singhiozzare. Christian mi asciuga con delicatezza le lacrime con il pollice.
«Non sei una fan delle Variazioni Goldberg di Bach, eh?» chiede.
«Non quel brano.»
Lui mi guarda, cercando senza successo di
nascondere la vergogna.
«Mi dispiace» ripete.
«Perché l’hai fatto?» La mia voce è a malapena udibile, mentre io cerco di mettere ordine nel caos di pensieri ed emozioni.
Lui scuote la testa rattristato e chiude gli
occhi. «Mi sono lasciato prendere la mano»
dice in modo poco convincente.
Lo guardo con la fronte aggrottata e lui
sospira. «Ana, la negazione dell’orgasmo è
uno standard nel… Tu non fai mai…» Si interrompe. Mi sposto in braccio a lui, e lui
sussulta.
“Oh.” Avvampo. «Scusa» borbotto.
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Christian alza gli occhi al cielo, poi all’improvviso si sdraia sul letto, portandomi con
sé. Adesso siamo entrambi distesi e io sono
tra le sue braccia. Il reggiseno mi dà fastidio
e lo sistemo.
«Ti serve aiuto?» chiede in tono
sommesso.
Scuoto la testa. Non voglio che mi tocchi il
seno. Si sposta per guardarmi e alza una
mano con fare esitante, accarezzandomi il viso con le dita. Mi spuntano di nuovo le lacrime. Come può essere così insensibile e
subito tanto tenero?
«Per favore, non piangere» sussurra.
Sono sbalordita e confusa da quest’uomo.
La mia rabbia se n’è andata nel momento
acuto del bisogno del piacere… Mi sento inebetita. Vorrei rannicchiarmi in posizione
fetale e chiudermi in me stessa. Sbatto le
palpebre, cercando di trattenere le lacrime
mentre guardo i suoi occhi socchiusi. Faccio
un respiro, tremando, senza smettere di
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fissarlo. Che cosa devo fare con quest’uomo?
Imparare a farmi controllare? Non credo…
«Non faccio mai cosa?»
«Quello che ti si dice. Hai cambiato idea;
non mi hai detto dov’eri. Ana, ero a New
York, impotente e furibondo. Se fossi stato a
Seattle, ti avrei riportata a casa.»
«Quindi mi stai punendo?»
Lui deglutisce, poi chiude gli occhi. Non ha
bisogno di rispondere, e io so che punirmi
era esattamente la sua intenzione.
«Devi smetterla di fare così» mormoro.
Lui aggrotta le sopracciglia.
«Tanto per cominciare, finisci solo per
sentirti di merda.»
Lui sbuffa. «È vero» borbotta. «Non mi piace vederti in questo stato.»
«E a me non piace sentirmi così. Sul Fair
Lady mi hai detto che sono tua moglie, non
la tua Sottomessa.»
«Lo so. Lo so» dice con voce bassa e
inerme.
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«Be’, allora smetti di trattarmi da Sottomessa. Mi dispiace di non averti chiamato.
Non mi comporterò più in modo così egoista.
So che ti preoccupi per me.»
Lui mi fissa, lo sguardo cupo e ansioso.
«Okay. Bene» dice alla fine. Si avvicina, ma
si ferma prima di posare le labbra sulle mie,
chiedendomi silenziosamente il permesso di
farlo. Alzo il viso verso di lui e lui mi bacia
con tenerezza.
«Le tue labbra sono sempre così morbide
dopo che hai pianto» mormora.
«Non ho mai promesso di obbedirti, Christian» sussurro.
«Lo so.»
«Fa’ i conti con questa cosa, ti prego. Per il
bene di entrambi. E io cercherò di avere più
riguardo per la tua… tendenza al controllo.»
Ha l’aria smarrita e vulnerabile, completamente confuso.
«Ci proverò» dice piano, la voce piena di
sincerità.
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Emetto un lungo sospiro tremante. «Fallo,
ti prego. Inoltre, se io fossi stata qui…»
«Lo so» mi interrompe impallidendo. Si
abbandona sul letto, coprendosi il volto con
un braccio. Mi avvinghio a lui e gli appoggio
la testa sul petto. Rimaniamo distesi in silenzio per un po’. La sua mano si muove verso
l’estremità della mia treccia. Toglie l’elastico
e mi scioglie i capelli, passandoci in mezzo le
dita, più volte. Ecco qual è il nodo della questione… la sua paura… la sua paura irrazionale per la mia sicurezza. Mi torna in
mente l’immagine di Jack Hyde disteso per
terra nell’appartamento con una Glock… Be’,
forse non è una paura così irrazionale, il che
mi ricorda…
«Che cosa intendevi prima, quando hai
detto “o…”?» gli chiedo.
«“O…”?»
«Qualcosa a proposito di Jack.»
Mi scruta attentamente. «Non molli, eh?»
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Gli appoggio il mento sullo sterno, godendomi la sua mano che mi accarezza i
capelli.
«Mollare? Mai. Dimmelo. Non mi piace
essere tenuta all’oscuro. A quanto pare sei
esageratamente convinto che io abbia
bisogno di protezione. Non sai nemmeno
sparare… io sì. Qualunque sia la cosa che
non vuoi dirmi, pensi che non riuscirei ad affrontarla, Christian? La tua ex Sottomessa
mi ha pedinata e mi ha puntato contro una
pistola, la tua ex amante pedofila mi ha molestata… e non guardarmi in quel modo»
sbotto, quando lui mi lancia un’occhiataccia.
«Tua madre la pensa allo stesso modo su di
lei.»
«Hai parlato di Elena con mia madre?» La
voce di Christian sale di qualche ottava.
«Sì, Grace e io abbiamo parlato di lei.»
Mi guarda stupefatto.
«Lei era sconvolta. Si dà la colpa.»
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«Non posso credere che tu ne abbia parlato con mia madre. Merda!» Si copre di
nuovo il volto con il braccio.
«Non sono entrata nei dettagli.»
«Lo spero proprio. Grace non ha bisogno
di tutti i sordidi dettagli. Cazzo, Ana. Ne hai
parlato anche con mio padre?»
«No!» scuoto la testa con veemenza. Non
ho quel genere di rapporto con Carrick. I
suoi commenti sull’accordo prematrimoniale
mi bruciano ancora. «Comunque, stai cercando di distrarmi… di nuovo. Jack. Che
cosa mi dici di lui?»
Christian solleva il braccio per un momento e mi fissa, l’espressione indecifrabile.
Sospira e abbassa di nuovo il braccio sul viso.
«Hyde è implicato nel sabotaggio di
Charlie Tango. Gli investigatori avevano
trovato un’impronta parziale… solo parziale,
perciò non hanno potuto fare un riscontro.
Ma poi tu hai riconosciuto Hyde nella stanza
dei server. Aveva alcune condanne per reati
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commessi a Detroit quand’era ancora
minorenne, e le impronte corrispondono.»
La mia mente lavora frenetica mentre
cerco di assorbire le informazioni. Jack ha
sabotato Charlie Tango? Christian ormai è
lanciato. «Questa mattina hanno trovato un
furgone nel garage qui sotto. Ce l’aveva
portato Hyde. Ieri ha consegnato della roba
al tizio nuovo, quello che si è appena
trasferito qui. Il tipo che abbiamo incontrato
in ascensore.»
«Non mi ricordo come si chiama.»
«Neanch’io» dice Christian. «Ma è così che
Hyde è riuscito a entrare nell’edificio legalmente. Lavorava per una ditta di
consegne…»
«Che cosa c’è di così importante riguardo
al furgone?»
Christian tace.
«Christian, dimmelo.»
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«La polizia ha trovato… delle cose, nel furgone.» Si interrompe di nuovo e mi abbraccia più stretta.
«Quali cose?»
Rimane zitto per parecchi secondi e io
apro la bocca per incalzarlo, ma lui mi precede: «Un materasso, una dose di sedativo
per cavalli sufficiente a metterne KO una
dozzina e un biglietto». La sua voce si riduce
a un sussurro mentre da lui emanano orrore
e disgusto.
“Accidenti!”
«Un biglietto?» sussurro anch’io.
«Indirizzato a me.»
«Che cosa diceva?»
Christian scuote la testa, non lo sa… o non
vuole dirmelo.
“Oh.”
«Ieri notte Hyde è venuto qui con l’intenzione di rapirti.» Christian si irrigidisce, il viso stravolto dalla tensione. Mentre pronuncia queste parole mi viene in mente il nastro
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adesivo e un brivido mi corre lungo la schiena, anche se la notizia non è nuova per me.
«Merda» borbotto.
«Puoi dirlo» commenta Christian, teso.
Cerco di ricordare Jack al lavoro. È sempre
stato folle? Come pensava di cavarsela?
Voglio dire, era piuttosto viscido, ma squilibrato fino a questo punto?
«Non capisco perché» mormoro. «Non ha
senso.»
«Lo so. La polizia sta facendo ulteriori indagini, e anche Welch. Ma pensiamo che il
legame sia Detroit.»
«Detroit?» Lo fisso, confusa.
«Già. C’è qualcosa lì.»
«Continuo a non capire.»
Christian alza la testa e mi fissa, l’espressione indecifrabile: «Ana, io sono nato a
Detroit».
12
«Pensavo che fossi nato qui a Seattle» mormoro. La mia mente corre. “Che cos’ha a che
fare con Jack, questo?” Christian solleva il
braccio dal volto, allunga la mano dietro di
sé e prende uno dei cuscini. Se lo mette sotto
la testa e mi fissa, guardingo. Dopo un attimo scuote il capo.
«No, sia io sia Elliot siamo stati adottati a
Detroit. Ci siamo trasferiti qui poco dopo la
mia adozione. Grace voleva stare sulla West
Coast, lontano dalla confusione urbana, e ha
trovato lavoro al Northwest Hospital. Ho
pochissimi ricordi di quel periodo. Mia è
stata adottata qui.»
«Quindi Jack è di Detroit?»
«Sì.»
“Oh…” «Come fai a saperlo?»
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«Ho fatto un controllo sul suo passato
quando sei andata a lavorare per lui.»
Ovviamente. «Hai un dossier anche su di
lui?» dico con un sorriso malizioso.
Christian fa una smorfia come se stesse
cercando di mascherare il divertimento. «Mi
sembra che sia in una cartelletta azzurra.»
«Che cosa c’è scritto nel suo dossier?»
Christian sbatte le palpebre. Si allunga
verso di me e mi accarezza una guancia.
«Vuoi davvero saperlo?»
«Sono cose brutte?»
Lui si stringe nelle spalle. «Ho visto di
peggio» sussurra.
Si sta riferendo a se stesso? Mi torna in
mente Christian bambino, un bambino
sporco, spaventato, smarrito. Mi rannicchio
contro di lui, stringendolo forte, coprendolo
con il lenzuolo, poi appoggio una guancia sul
suo petto.
«Che cosa c’è?» chiede, stupito dalla mia
reazione.
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«Niente» mormoro.
«No, no. Vale per tutti e due, Ana. Che
cosa c’è?»
Alzo lo sguardo, valutando la sua espressione apprensiva. Rimetto la guancia sul suo
petto e decido di dirglielo. «A volte ti immagino bambino… prima che andassi a stare
con i Grey.»
Christian si irrigidisce. «Non stavo parlando di me. Non voglio la tua pietà,
Anastasia. Quella parte della mia vita è passata. Finita.»
«Non si tratta di pietà» dico piano, inorridita. «Si tratta di comprensione e rammarico… rammarico per il fatto che qualcuno
possa comportarsi così con un bambino.»
Faccio un respiro profondo per calmarmi
mentre sento un nodo allo stomaco e sono di
nuovo sul punto di piangere. «Quella parte
della tua vita non è passata… Come puoi
dirlo? Vivi ogni giorno con il tuo passato. Me
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l’hai detto tu… cinquanta sfumature, ricordi?» La mia voce è un sussurro.
Christian sbuffa e si passa una mano tra i
capelli, anche se rimane silenzioso e teso.
«So che è il motivo per cui senti il bisogno
di controllarmi. Di tenermi al sicuro.»
«Eppure tu hai deciso di sfidarmi» mormora perplesso, smettendo di accarezzarmi i
capelli.
Aggrotto la fronte. “Accidenti. L’ho fatto
deliberatamente?” La mia vocina sembra
preoccupata, nervosa, e non può fare altro
che annuire. La ignoro. È una cosa così sconcertante… Sono sua moglie, non la sua Sottomessa, né un’azienda che ha comprato.
“Non sono la prostituta drogata che era sua
madre…” Il pensiero mi fa venire la nausea.
Mi tornano in mente le parole del dottor
Flynn: “Devi solo continuare a fare quello
che stai facendo. Christian è innamorato
cotto. È un piacere vederlo”.
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Questo è quanto. Sto semplicemente facendo quello che ho sempre fatto. Non è
forse ciò che Christian ha trovato attraente in
me?
«Il dottor Flynn ha detto che dovrei darti il
beneficio del dubbio. Credo di farlo… non ne
sono sicura. Forse è il mio modo di riportarti
al qui e ora… lontano dal tuo passato» sussurro. «Non so. È solo che, a quanto pare,
non riesco a trovare un sistema per capire
fino a che punto tu reagirai in maniera
eccessiva.»
Rimane un attimo in silenzio. «Dannato
Flynn» borbotta tra sé.
«Ha detto che dovrei continuare a comportarmi come ho sempre fatto con te.»
«Lo direbbe anche adesso?» chiede Christian seccamente.
Okay. O la va o la spacca. «Christian, so
che amavi tua madre, e non hai potuto salvarla. Non era compito tuo. Ma io non sono
lei.»
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Lui si gela. «No» sussurra.
«Stammi a sentire, ti prego.» Alzo la testa
per guardarlo negli occhi, sgranati per la
paura. Sta trattenendo il fiato. “Oh, Christian…” Mi si stringe il cuore. «Io non sono lei.
Sono molto più forte di lei. Io ho te, e tu sei
molto più forte adesso, e so che mi ami. Ti
amo anch’io» sussurro.
Lui inarca un sopracciglio come se non si
aspettasse di sentire quelle parole. «Mi ami
ancora?» chiede.
«Certo che ti amo, Christian. Ti amerò
sempre. Indipendentemente da quello che
mi fai.» È questa la rassicurazione di cui ha
bisogno?
Lui espira e chiude gli occhi, coprendosi di
nuovo il volto con il braccio, ma stringendomi più forte.
«Non nasconderti da me.» Gli prendo la
mano e gli faccio spostare il braccio. «Hai
passato la vita a nasconderti. Non farlo, ti
prego, non nasconderti da me.»
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Mi guarda incredulo e aggrotta la fronte.
«Nascondermi?»
«Sì.»
Si sposta all’improvviso, e io mi ritrovo di
fianco a lui. Mi toglie i capelli dalla faccia e
me li sistema dietro le orecchie.
«Oggi mi hai chiesto se ti odiavo. Non capivo perché, e adesso…» Si interrompe, fissandomi come se fossi un enigma.
«Pensi ancora che io ti odi?» chiedo con
voce incredula.
«No.» Scuote la testa. «Non adesso.» Sembra sollevato. «Ma ho bisogno di sapere…
perché hai detto la safeword, Ana?»
Sbianco. Che cosa posso dirgli? Che mi ha
spaventata. Che non sapevo se avrebbe
smesso. Che l’avevo implorato… e lui non si
era fermato. Che non volevo che la situazione
diventasse insostenibile… come… come
quella volta in questa stanza. Rabbrividisco
pensando a quando mi ha frustata con la
cintura.
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Deglutisco. «Perché… perché tu eri così arrabbiato e distante e… freddo. Non sapevo
quanto oltre ti saresti spinto.»
La sua espressione è indecifrabile.
«Avevi intenzione di farmi godere?» Parlo
a voce bassissima e mi sento avvampare, ma
sostengo il suo sguardo.
«No» dice alla fine.
«È… terribile.»
Mi sfrega teneramente la guancia con le
nocche. «Ma efficace» mormora. Mi guarda
come se stesse cercando di leggermi nell’anima, gli occhi che si incupiscono. Dopo
un’eternità aggiunge: «Sono contento che tu
l’abbia fatto».
«Davvero?» Non capisco.
Le labbra gli si incurvano in un sorriso
triste. «Sì. Non voglio farti male. Mi sono
lasciato trasportare.» Si abbassa e mi bacia.
«Ho perso la testa. Succede spesso, con te.»
Per qualche strana ragione la cosa mi fa piacere… Gli scocco un sorriso radioso. Perché
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ciò mi rende felice? Lui contraccambia il
sorriso.
«Non so perché stai sorridendo, Mrs
Grey.»
«Nemmeno io.»
Si stringe a me e mi mette la testa sul
petto. Siamo un groviglio di membra nude e
fasciate dai jeans, e di lenzuola di raso rosso
scuro. Gli accarezzo la schiena con una
mano. Lui sospira e si rilassa tra le mie
braccia.
«Vuol dire che posso fidarmi del fatto che
tu… mi fermi. Non vorrei mai farti male»
mormora. «Ho bisogno…» Si interrompe.
«Hai bisogno di che cosa?»
«Ho bisogno del controllo, Ana. Come ho
bisogno di te. È l’unico modo in cui riesco a
funzionare. Non posso rinunciarci. Ci ho
provato… Eppure, con te…» Scuote la testa,
esasperato.
Deglutisco. Questo è il nodo del nostro dilemma… il suo bisogno di controllare e il suo
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bisogno di me. Mi rifiuto di credere che le
due cose siano incompatibili.
«Anch’io ho bisogno di te» dico a bassa
voce, stringendolo forte. «Ci proverò, Christian. Proverò a stare più attenta.»
«Io voglio che tu abbia bisogno di me»
mormora lui.
«Io ho bisogno di te!» dico in tono appassionato. Ho così tanto bisogno di lui. Lo amo
così tanto.
«Voglio aver cura di te.»
«Lo fai. Di continuo. Mi sei mancato tantissimo mentre eri via.»
«Davvero?» Sembra così sorpreso.
«Sì, certo. Detesto che tu stia via.»
Percepisco il suo sorriso. «Saresti potuta
venire con me.»
«Christian, per favore. Non ricominciamo
con questa discussione. Io voglio lavorare.»
Sospira, mentre gli passo teneramente le
dita fra i capelli.
«Ti amo, Ana.»
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«Anch’io ti amo, Christian. Ti amerò
sempre.»
Stiamo lì, fermi, la quiete dopo la tempesta. Ascoltando il battito del suo cuore,
scivolo nel sonno, esausta.
Mi sveglio di soprassalto, disorientata. Dove
sono? La stanza dei giochi. Le luci sono
ancora accese e illuminano debolmente le
pareti rosso sangue. Christian si lamenta e
mi rendo conto che è stato lui a svegliarmi.
«No» geme. È sdraiato al mio fianco, la
testa gettata indietro, gli occhi chiusi, il viso
contratto dall’angoscia.
Sta facendo un incubo.
«No!» urla di nuovo.
«Christian, svegliati.» A fatica mi tiro su a
sedere, scalciando le lenzuola. Mi inginocchio accanto a lui e lo scuoto, mentre cominciano a spuntarmi le lacrime.
«Ti prego, Christian, svegliati!»
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Lui apre gli occhi di scatto, grigi e selvaggi,
le pupille dilatate dalla paura. Mi guarda
senza vedermi.
«Christian, è un incubo. Sei a casa. Sei al
sicuro.»
Lui sbatte le palpebre, si guarda intorno
frenetico e aggrotta la fronte quando capisce
dov’è. Poi riporta gli occhi nei miei. «Ana»
dice in un soffio, e senza preavviso mi afferra
la faccia con entrambe le mani, mi tira sul
suo petto e mi bacia. Con forza. Mi infila la
lingua in bocca, disperato e bisognoso. Senza
darmi quasi il tempo di respirare, rotola di
lato, la bocca incollata alla mia, e mi fa sdraiare sulla schiena premendomi contro il materasso. Con una delle mani mi prende la
mascella, con l’altra mi afferra la testa, tenendomi ferma e allargandomi le gambe con
un ginocchio, poi si abbandona tra le mie
cosce con ancora addosso i jeans.
«Ana» ansima, come se non riuscisse a
credere che sono lì con lui. Mi guarda per
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una frazione di secondo, concedendomi un
attimo di respiro. Poi preme di nuovo le labbra sulle mie, immergendosi nella mia bocca,
prendendo tutto quello che ho da dargli.
Geme forte inarcando il bacino contro di me.
La sua erezione inguainata nei jeans mi affonda nella carne. Gemo, mentre tutta la tensione sessuale frustrata di prima erompe
riemergendo con prepotenza, inondandomi
di desiderio e di bisogno. Spinto dai suoi demoni mi bacia il viso, gli occhi, le guance, la
mascella.
«Sono qui» sussurro, cercando di tranquillizzarlo, mentre i nostri respiri ansimanti si
mescolano. Gli metto le braccia intorno alle
spalle e mi inarco contro di lui,
accogliendolo.
«Ana» ansima, la voce roca e selvaggia.
«Ho bisogno di te.»
«Anch’io» sussurro con urgenza, con il
corpo che reclama disperatamente le sue
carezze. Lo voglio adesso. Voglio sanare le
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sue ferite. Voglio guarire le mie… Lui armeggia con i bottoni dei jeans, poi libera la sua
erezione.
“Accidenti.” Meno di un minuto fa
dormivo.
Si sposta, guardandomi per un istante,
sospeso su di me.
«Sì. Ti prego» dico con voce roca, carica di
urgenza.
E con un unico rapido movimento affonda
dentro di me.
«Ah!» grido, non di dolore, ma stupita
dalla rapidità con cui mi ha penetrata.
Lui geme e la sua bocca cerca di nuovo la
mia mentre si muove dentro di me, arrivando
in
fondo,
ripetutamente,
possedendomi con la lingua. Si muove frenetico, spinto dalla paura, dall’eccitazione, dal
desiderio, da… dall’amore? Non lo so, ma io
rispondo ai suoi affondi, accogliendolo con
gratitudine.
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«Ana» grugnisce con un suono quasi inarticolato e gode con violenza dentro di me, il
viso teso, il corpo rigido, prima di crollare
sopra di me, ansimante, lasciandomi insoddisfatta… di nuovo.
“Merda. Decisamente non è la mia serata.”
Lo tengo abbracciato, facendo un respiro
profondo e inarcandomi sotto di lui per il desiderio. Lui scivola fuori da me e mi tiene
stretta a lungo… molto a lungo. Alla fine
scuote la testa e si puntella su un gomito,
spostando parte del peso dal mio corpo. Mi
guarda come se mi vedesse per la prima
volta.
«Oh, Ana. Dio santo.» Si piega verso di me
e mi bacia teneramente.
«Stai bene?» sussurro, accarezzandogli il
viso adorabile. Lui annuisce, ma sembra
scosso e profondamente turbato. Il mio
bambino smarrito. Aggrotta le sopracciglia e
mi fissa con intensità negli occhi come se si
rendesse finalmente conto di dove si trova.
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«Tu?» chiede, in tono preoccupato.
«Ehm…» Mi muovo contro il suo corpo e
dopo un momento lui sorride, un lento sorriso lascivo.
«Hai delle esigenze, Mrs Grey» mormora.
Mi dà un rapido bacio, poi salta giù dal letto.
Si inginocchia ai piedi del letto e mi afferra
le gambe, tirandomi verso di lui; adesso ho il
sedere sul bordo del materasso.
«Siediti» mormora. Mi tiro su a sedere,
con i capelli che mi ricadono addosso come
un velo, coprendomi il seno. I suoi occhi
grigi fissano i miei mentre mi apre con delicatezza le gambe, facendomele allargare il più
possibile. Mi appoggio sulle mani… sapendo
benissimo che cosa sta per fare. Ma… è
proprio… ehm…
«Sei così dannatamente bella, Ana» dice in
un soffio, e io lo guardo mentre la sua
chioma color rame si abbassa e mi bacia l’interno della coscia destra, risalendo. Il mio
corpo si contrae pregustando il momento.
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Lui mi lancia un’occhiata, gli occhi due pozze
scure tra le lunghe ciglia.
«Guarda» dice con voce roca, poi la sua
bocca è su di me.
“Oddio.” Grido mentre il mondo si concentra tra le mie cosce, e guardarlo è così
erotico… La sua lingua su quella che è la
parte più sensibile del mio corpo. E non ha
pietà, mi stuzzica e mi stimola, mi venera. Il
mio corpo si tende e mi tremano le braccia
per lo sforzo.
«No… ah» ansimo. Con delicatezza infila
un dito dentro di me, e io mi abbandono, godendomi il suo tocco. Massaggia lentamente
il punto del piacere al centro del mio corpo.
Ed è sufficiente… godo. Esplodo intorno a
lui, gridando incoerentemente il suo nome
mentre l’intensità dell’orgasmo mi fa inarcare sul letto. È una sensazione così selvaggia
che ho l’impressione di vedere le stelle…
Sono vagamente consapevole che mi sta
576/1287
strofinando il viso sulla pancia, dandomi
lievi baci. Gli accarezzo i capelli.
«Non ho ancora finito con te» mormora. E
prima che io sia tornata del tutto a Seattle,
pianeta Terra, lui mi afferra per i fianchi e mi
tira giù dal letto mettendomi a cavalcioni
sulle sue ginocchia, dove mi aspetta la sua
erezione.
Sussulto mentre mi riempie. “Porca
miseria…”
«Oh, piccola» ansima, e mi circonda con le
braccia, fermandosi, cullandomi la testa e
baciandomi il viso. Inarca il bacino, e violente fitte di piacere si irradiano dal centro
del mio corpo. Mi prende per il sedere e mi
solleva, poi si spinge dentro di me.
«Ah» gemo, e la sua bocca è di nuovo sulla
mia, mentre, con infinita lentezza, mi solleva
e si spinge dentro di me, più volte. Gli metto
le braccia al collo, abbandonandomi al suo
ritmo e lasciandomi trasportare ovunque lui
voglia. Inarco il bacino, cavalcandolo… è
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bellissimo. Getto indietro la testa, la bocca
aperta in una muta espressione di piacere,
mentre lui fa l’amore con me dolcemente.
«Ana» dice in un soffio, e si china per baciarmi la gola. Mi tiene saldamente,
muovendosi piano fuori e dentro, facendo
crescere il mio piacere… sempre di più… con
un ritmo perfetto… una fluida forza carnale.
Dal mio corpo si irradiano ondate di piacere
mentre lui mi tiene così vicina a sé.
«Ti amo, Ana» mi sussurra all’orecchio, la
voce bassa e roca, e mi solleva di nuovo, poi
affonda dentro di me… più volte. Gli metto le
mani sulla nuca e poi nei capelli.
«Ti amo anch’io, Christian.» Apro gli occhi
e nel suo sguardo leggo solo amore, che risplende con forza nella luce soffusa della
stanza dei giochi, l’incubo apparentemente
dimenticato. E mentre sento avvicinarsi l’orgasmo, mi rendo conto che era questo che
volevo… questa connessione, questa dimostrazione del fatto che ci amiamo.
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«Vieni per me, piccola» dice a bassa voce.
Chiudo gli occhi mentre il mio corpo si contrae… Vengo urlando, travolta da un orgasmo violento. Lui si ferma, la fronte contro
la mia, sussurra il mio nome e viene anche
lui.
Mi solleva con delicatezza e mi mette sul
letto. Sono tra le sue braccia, svuotata e finalmente appagata. Mi sfrega il naso sul
collo.
«Meglio adesso?»
«Mmh.»
«Dovremmo andare a letto, o vuoi dormire
qui?»
«Mmh.»
«Parlami, Mrs Grey.» Ha un tono
divertito.
«Mmh.»
«È il meglio che riesci a fare?»
«Mmh.»
«Vieni. Ti porto a letto. Non mi piace
dormire qui.»
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Con riluttanza, mi giro per guardarlo in
faccia. «Aspetta» sussurro. Lui sbatte le
palpebre, con gli occhi sgranati e l’aria innocente, e al tempo stesso appagato dal sesso e
in pace con se stesso.
«Stai bene?» chiedo.
Lui annuisce, compiaciuto come un adolescente. «Adesso sì.»
«Oh, Christian» lo rimprovero e gli accarezzo lievemente il viso adorato. «Stavo
parlando del tuo incubo.»
Si irrigidisce per un momento, poi chiude
gli occhi e stringe le braccia intorno a me,
seppellendomi la faccia nel collo.
«Non chiedere» dice piano, la voce roca e
desolata. Mi si stringe il cuore e lo abbraccio
forte, accarezzandogli la schiena e passandogli una mano nei capelli.
«Mi dispiace» mormoro, allarmata dalla
sua reazione. Accidenti… come faccio a star
dietro a questi repentini cambiamenti
d’umore? Che diavolo ha sognato? Non
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voglio causargli altro dolore costringendolo a
rivivere i dettagli. «Va bene» dico piano, desiderando con tutta me stessa che ritorni a
essere l’adolescente giocoso di poco fa. «Va
bene» ripeto, in tono rassicurante.
«Andiamo a dormire» dice sommessamente dopo un po’, e si allontana da me
alzandosi dal letto, lasciandomi vuota e dolorante. Mi affretto a imitarlo, rimanendo
avvolta nel lenzuolo di raso, e mi chino per
raccogliere i miei vestiti.
«Lasciali qui» dice, e prima che me ne
renda conto mi solleva. «Non voglio che inciampi nel lenzuolo…» Lo abbraccio, stupita
che abbia recuperato la compostezza, e mi
accoccolo contro di lui mentre mi porta nella
nostra stanza.
Apro gli occhi di scatto. C’è qualcosa che non
va. Christian non è a letto, anche se è ancora
buio. Lancio un’occhiata alla radiosveglia e
vedo che sono le tre e venti del mattino.
Dov’è Christian? Poi sento il pianoforte.
581/1287
Mi alzo in fretta dal letto, afferro la
vestaglia e percorro il corridoio diretta al
salone. Una melodia così triste… un lamento
malinconico che gli ho già sentito suonare.
Mi fermo sulla soglia e lo guardo, immerso in
una pozza di luce, mentre quella musica cupa
riempie la stanza. Finisce il pezzo, poi riprende daccapo. Perché questa melodia
straziante? Mi stringo le braccia intorno al
corpo e ascolto affascinata mentre lui suona.
Ma ho il cuore pesante. “Perché sei così
triste, Christian? È a causa mia? Ti ho fatto
io questo?” Quando finisce, solo per ricominciare di nuovo, non riesco a sopportare oltre.
Lui non alza lo sguardo mentre mi avvicino,
ma si sposta di lato perché possa sedermi accanto a lui sullo sgabello. Continua a suonare
e io gli appoggio la testa sulla spalla. Mi bacia sui capelli, ma non smette finché non è
arrivato alla conclusione del brano. Gli lancio
un’occhiata e lui mi sta fissando, circospetto.
«Ti ho svegliata?» chiede.
582/1287
«Solo perché te n’eri andato. Che cos’è
questo brano?»
«Chopin. È uno dei suoi preludi, quello in
Mi minore.» Tace un momento. «Si chiama
Soffocamento…»
Mi allungo per prendergli la mano. «Sei
molto scosso, vero?»
Lui sbuffa. «Uno squinternato testa di
cazzo si introduce nel mio appartamento per
rapire mia moglie. Lei non vuole fare quello
che le si ordina. Mi farà impazzire. Mi dice la
safeword.» Chiude gli occhi per un istante e
quando li riapre il suo sguardo è arido, desolato. «Sì, sono piuttosto scosso.»
Gli stringo la mano. «Mi dispiace.»
Lui appoggia la fronte alla mia. «Ho
sognato che eri morta» sussurra. «Sdraiata
sul pavimento… così fredda… e non ti
svegliavi.»
“Oh, Christian.”
«Ehi… era solo un brutto sogno.» Gli
prendo la testa tra le mani. I suoi occhi
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ardono nei miei e l’angoscia che vi si legge è
terribile. «Sono qui e ho freddo a letto senza
di te. Torna di là, ti prego.» Gli prendo una
mano e mi alzo, aspettando per vedere se mi
segue. Finalmente si alza anche lui. Indossa i
pantaloni del pigiama, che gli cadono sui
fianchi in quel modo così sexy, e io vorrei
passare il dito all’interno dell’elastico, ma mi
trattengo e lo riporto in camera.
Quando mi sveglio, lui è avvinghiato a me e
dorme tranquillo. Mi rilasso e mi godo il
calore del suo corpo, la sua pelle contro la
mia.
Rimango
immobile,
per
non
disturbarlo.
Ragazzi, che serata. Mi sento come se fossi
stata investita da un treno… quel treno lanciato a tutta velocità che è mio marito. Difficile
credere che l’uomo sdraiato al mio fianco,
che sembra così sereno e giovane nel sonno,
fosse così tormentato questa notte… e mi abbia così tormentata. Guardo il soffitto e mi
viene in mente che penso sempre a Christian
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come a un uomo forte e dominante… quando
in realtà è tanto fragile, il mio bambino
smarrito. E l’ironia è che lui mi considera
fragile… mentre io non penso di esserlo. In
confronto a lui sono una roccia.
Ma sono forte abbastanza per tutti e due?
Abbastanza forte da fare quello che mi viene
detto e offrirgli un po’ di pace mentale? Sospiro. Non mi sta chiedendo molto, in fondo.
Ripenso alla nostra conversazione di ieri
sera. Abbiamo deciso altro oltre al fatto di
cercare di impegnarci entrambi di più? La
verità è che io amo quest’uomo, e ho bisogno
di stabilire una rotta per tutti e due. Una
strada che mi consenta di mantenere l’integrità e l’indipendenza, ma di rimanere
comunque un punto fermo. Io sono il suo
punto fermo, come lui è il mio. Decido di fare
uno sforzo particolare questo fine settimana
per non creargli preoccupazioni.
Christian si agita e alza la testa dal mio
petto, guardandomi con gli occhi assonnati.
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«Buongiorno, Mr Grey.» Sorrido.
«Buongiorno, Mrs Grey. Dormito bene?»
Si stira.
«Dopo che mio marito ha smesso di fare
quel terribile fracasso al pianoforte, sì,
grazie.»
Lui fa il suo sorriso timido e io mi sciolgo.
«Terribile fracasso? Manderò una mail a
Miss Kathie per riferirglielo.»
«Miss Kathie?»
«La mia insegnante di pianoforte.»
Ridacchio.
«Questa sì che è musica per le mie orecchie» dice. «Riusciremo ad avere una giornata
migliore, oggi?»
«Okay» concordo. «Che cosa vuoi fare?»
«Dopo aver fatto l’amore con mia moglie,
e dopo che mi avrà preparato la colazione, mi
piacerebbe portarla ad Aspen.»
Lo guardo a bocca aperta. «Aspen?»
«Sì.»
«Aspen, in Colorado?»
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«Proprio quella. A meno che non l’abbiano
spostata. In fin dei conti, hai pagato un po’ di
dollari per l’esperienza.»
Gli faccio un sorrisone. «Era denaro tuo.»
«Nostro.»
«Era denaro tuo quando ho fatto l’offerta
all’asta…»
«Oh, Mrs Grey, tu e quel tuo gesto» mi
sussurra mentre risale con la mano lungo la
coscia.
«Non ci vogliono ore per arrivare in Colorado?» chiedo per distrarlo.
«Non in aereo» dice in tono suadente,
mettendomi la mano sul sedere.
Già, mio marito ha un jet privato. Come ho
fatto a dimenticarlo? La sua mano continua
ad accarezzarmi, sollevandomi la camicia da
notte, e presto dimentico tutto.
Taylor ci accompagna in macchina sulla pista
del Sea-Tac, dove ci sta aspettando il jet della
GEH. È una giornata grigia, ma mi rifiuto di
lasciarmi
deprimere
dalle
condizioni
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meteorologiche. Christian è di umore molto
migliore. È eccitato per qualcosa… allegro
come a Natale e agitato, sembra un ragazzino
che nasconde un grande segreto. Mi chiedo
che cos’abbia escogitato. Ha un aspetto favoloso, i capelli scompigliati, la T-shirt bianca e
i jeans neri. Non sembra affatto un amministratore delegato, oggi. Mi prende per mano
mentre Taylor ferma l’auto ai piedi della
scaletta del jet.
«Ho una sorpresa per te» bisbiglia e mi
bacia le nocche.
Gli rivolgo un sorriso radioso. «Una bella
sorpresa?»
«Spero di sì.» Mi sorride con calore.
“Mmh… che cosa può essere?”
Sawyer balza giù dalla macchina e mi apre
la portiera. Taylor fa lo stesso con quella di
Christian, poi prende i bagagli dal baule.
Stephan ci sta aspettando in cima alla
scaletta. Lancio un’occhiata nella cabina di
pilotaggio e vedo il secondo pilota Beighley
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impegnata ad azionare interruttori sull’imponente quadro comandi.
Christian e Stephan si stringono la mano.
«Buongiorno, signore.» Stephan sorride.
«Grazie per aver fatto tutto con un preavviso così breve.» Christian ricambia il sorriso. «I nostri ospiti sono arrivati?»
«Sì, signore.»
“Ospiti?” Mi volto e rimango senza fiato.
Kate, Elliot, Mia e Ethan mi sorridono seduti
sulle poltroncine di pelle color crema. Wow!
Mi giro verso Christian.
«Sorpresa!» dice.
«Chi? Come? Quando?» balbetto confusa,
cercando di contenere l’entusiasmo.
«Hai detto che non vedevi abbastanza i
tuoi amici.» Si stringe nelle spalle e mi fa un
sorrisetto di scuse.
«Oh, Christian, grazie.» Gli getto le braccia
al collo e lo bacio con impeto. Lui mi mette le
mani sui fianchi, aggancia i pollici nei
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passanti dei miei jeans e contraccambia il
bacio.
«Continua così e ti trascino in camera da
letto» mormora.
«Non oserai» bisbiglio con le labbra sulla
sua bocca.
«Oh, Anastasia.» Fa un sorriso radioso,
scuotendo la testa. Mi lascia andare e senza
preavviso mi afferra per le cosce e mi solleva
come un sacco appoggiandomi sulla sua
spalla.
«Christian, mettimi giù!» strillo, dandogli
una pacca sul sedere.
Colgo brevemente il sorriso di Stephan
mentre si gira e si dirige nella cabina di pilotaggio. Taylor è in piedi sulla soglia del portellone e cerca di rimanere serio. Ignorando
le mie proteste e il mio futile agitarmi, Christian percorre il corridoio oltrepassando Mia
e Ethan, seduti uno di fronte all’altra nei
posti singoli, e Kate e Elliot, il quale lancia
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grida di incitamento come uno scimmione
demente.
«Se volete scusarmi» dice ai nostri ospiti.
«Devo dire una parola a mia moglie in
privato.»
«Christian!» urlo. «Mettimi giù!»
«A tempo debito, piccola.»
Ho una breve visione dei miei quattro
amici che ridono. “Maledizione!” Non è divertente, è imbarazzante. Ethan ci guarda
come un allocco, a bocca aperta e completamente scioccato, mentre noi scompariamo
nella cabina.
Christian si chiude la porta alle spalle e mi
lascia andare, facendomi scivolare lentamente lungo il suo corpo, e io sento ognuno
dei suoi tendini e dei suoi muscoli scolpiti.
Mi fa il suo sorriso da ragazzino, tutto
soddisfatto.
«Un bello spettacolo, Mr Grey.» Incrocio
le braccia e lo guardo con finta indignazione.
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«È stato divertente, Mrs Grey.» E sorride
ancora di più. Sembra così giovane.
«Hai intenzione di andare avanti?» Inarco
un sopracciglio, incerta su quello che provo.
Voglio dire, gli altri ci sentiranno. Di colpo,
sono intimidita. Lancio un’occhiata ansiosa
al letto e mi sento avvampare mentre ricordo
la prima notte di nozze. Abbiamo parlato
così tanto, ieri, fatto così tanto. Ho l’impressione che abbiamo superato un ostacolo
sconosciuto… ma è questo il problema. È
sconosciuto. I miei occhi incontrano lo
sguardo di Christian, intenso ma divertito, e
io non riesco a rimanere seria. Il suo sorriso
è troppo contagioso.
«Credo che sarebbe da maleducati far aspettare i nostri ospiti» dice con voce
suadente mentre mi si avvicina. “Da quando
ha iniziato a preoccuparsi di quello che
pensa la gente?” Faccio un passo indietro
contro la parete della cabina e lui mi imprigiona, basta il calore del suo corpo a farmi
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rimanere immobile. Si china su di me e
sfrega il naso contro il mio.
«Una bella sorpresa?» sussurra, nella voce
un po’ d’ansia.
«Oh, Christian, una sorpresa fantastica.»
Faccio scorrere le mani sul petto, verso l’alto,
gliele annodo sulla nuca e lo bacio.
«Quando l’hai organizzato?» gli chiedo
mentre mi stacco da lui, accarezzandogli i
capelli.
«Questa notte, quando non riuscivo a
dormire. Ho mandato una mail a Elliot e
Mia, ed eccoci qui.»
«È stato un pensiero davvero gentile. Grazie. Sono sicura che ci divertiremo un
mondo.»
«Lo spero. Pensavo che sarebbe stato più
facile evitare la stampa ad Aspen che a casa.»
I paparazzi! Se fossimo rimasti all’Escala,
saremmo stati assediati. Mi corre un brivido
lungo la schiena mentre ricordo i flash del
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manipolo di reporter in mezzo al quale è passato Taylor questa mattina.
«Vieni. È meglio che andiamo a sederci…
Stephan decollerà tra poco.» Mi porge la
mano e torniamo in cabina.
Elliot ci accoglie prendendoci in giro:
«Servizio celere a bordo, eh?».
Christian lo ignora.
«Prego, prendete posto, signore e signori,
a breve inizieremo il rullaggio per il decollo.»
La voce di Stephan riecheggia autorevole
nella cabina. La bruna – “Natalie?” – che era
sul volo della nostra prima notte di nozze
emerge dalla cambusa e raccoglie le tazze del
caffè. “Natalia… Si chiama Natalia.”
«Buongiorno Mr Grey, Mrs Grey» dice facendo le fusa. Perché mi mette a disagio? Per
sua stessa ammissione, Christian evita di assumere donne brune perché è attratto da
loro. Rivolge a Natalia un sorriso cortese
mentre si infila dietro il tavolino e si siede di
fronte a Elliot e Kate. Abbraccio brevemente
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Kate e Mia, e saluto con un cenno Elliot e
Ethan, poi mi sistemo accanto a Christian e
mi allaccio la cintura. Lui mi mette una
mano sul ginocchio e lo stringe con affetto.
Sembra rilassato e felice, anche se siamo in
compagnia. Mi chiedo pigramente perché
non possa essere sempre così… nient’affatto
maniaco del controllo.
«Spero che tu abbia messo in valigia gli
scarponi da trekking» dice, in tono
affettuoso.
«Non andiamo a sciare?»
«Sarebbe un’ardua sfida, in agosto» replica divertito. «Tu scii, Ana?» mi chiede
Elliot.
«No.»
Christian mi stringe la mano.
«Sono sicuro che il mio fratellino potrebbe
darti qualche lezione.» Elliot mi strizza l’occhio. «Va piuttosto veloce anche sulle piste.»
Non riesco a impedirmi di arrossire.
Quando guardo Christian, lui sta fissando
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impassibile Elliot, ma io penso che stia cercando di reprimere l’ilarità. L’aereo si muove
e inizia a rullare verso la pista di decollo.
Natalia illustra le procedure di emergenza
con voce chiara e squillante. Indossa una
camicetta a maniche corte blu scuro e una
gonna stretta dello stesso colore. Il trucco è
perfetto… È davvero molto carina. Il mio
subconscio osserva attentamente il mio
atteggiamento.
«Stai bene?» mi chiede Kate senza mezzi
termini. «Voglio dire, dopo la faccenda di
Hyde.»
Annuisco. Non voglio pensarci né tantomeno parlarne, ma Kate sembra avere
un’idea diversa.
«Allora, com’è che è uscito di testa?»
chiede, andando dritta al punto nel suo
modo inimitabile. Getta indietro i capelli
preparandosi a ulteriori indagini.
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Guardandola freddamente, Christian alza
le spalle. «L’ho licenziato» dice con franchezza brutale.
«Ah! Perché?» domanda Kate piegando la
testa di lato, e io so che è passata in modalità
Nancy Drew.
«Mi aveva fatto delle avances» borbotto.
Cerco di tirare un calcio alla caviglia di Kate
e la manco. Uffa!
«Quando?» Kate mi guarda male.
«Un secolo fa.»
«Non mi hai mai detto che ti aveva fatto
delle avances!» mi rimprovera. «Non può
aver portato rancore solo per quello. Voglio
dire, è una reazione del tutto eccessiva» continua Kate, ma adesso si rivolge a Christian.
«È mentalmente disturbato? E che cosa mi
dici delle informazioni che aveva sui Grey?»
Questo suo modo di incalzare Christian mi
sta infastidendo, ma lei ha già deciso che io
non so niente, perciò non può chiedere a me.
Il pensiero è sgradevole.
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«Crediamo che ci sia un legame con
Detroit» risponde Christian gentilmente.
Troppo gentilmente.
«Anche Hyde è di Detroit?»
Christian annuisce.
L’aereo accelera e io stringo la mano a
Christian, che mi lancia un’occhiata rassicurante. Sa che detesto il decollo e l’atterraggio.
Ricambia la stretta e mi accarezza con dolcezza le nocche, tranquillizzandomi.
«Che cosa sappiamo di lui?» chiede Elliot,
indifferente al fatto che siamo lanciati a tutta
velocità sulla pista di decollo a bordo di un
piccolo jet che sta per essere sparato nel
cielo, e altrettanto inconsapevole della crescente esasperazione di Christian nei confronti di Kate. Lei si china in avanti,
ascoltando con attenzione.
«Sono informazioni riservate» dice Christian rivolgendosi direttamente a Kate. La
bocca di Kate si indurisce in una linea sottile.
Io deglutisco. «Sappiamo poco su di lui»
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prosegue poi. «Suo padre è stato ucciso durante una rissa in un bar. Sua madre era
un’alcolista all’ultimo stadio. Da bambino è
passato da una famiglia affidataria all’altra…
e da un casino all’altro. Furti d’auto, perlopiù. Ha trascorso un periodo in riformatorio.
La madre si è rimessa in carreggiata grazie a
un programma di recupero, e Hyde è cambiato completamente. Ha vinto una borsa di
studio a Princeton.»
«Princeton?» chiede Kate, incuriosita.
«Già. È un ragazzo brillante.» Christian si
stringe nelle spalle.
«Non così brillante. Si è fatto beccare»
borbotta Elliot.
«Ma di sicuro questa prodezza non l’ha
fatta da solo» osserva Kate.
Christian si irrigidisce. «Non lo sappiamo
ancora» dice calmissimo. Quindi aveva dei
complici? Mi giro e fisso con orrore Christian, che mi stringe di nuovo la mano ma non
mi guarda negli occhi. L’aereo prende quota
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dolcemente e io avverto nello stomaco
quell’orribile sensazione di sprofondare.
«Quanti anni ha?» chiedo a Christian, avvicinandomi in modo che possa sentirmi solo
lui. Per quanto sia ansiosa di sapere che cosa
sta succedendo, non voglio incoraggiare l’interrogatorio di Kate. So che sta irritando
Christian, e sono sicura che lei è sulla sua
lista nera dalla serata del drink.
«Trentadue. Perché?»
«Sono curiosa, tutto qui.»
Christian contrae la mascella. «Non essere
curiosa riguardo a Hyde. Io sono felice che
quella testa di cazzo sia al fresco, e basta.» È
quasi un rimprovero, ma io decido di ignorare il suo tono.
«Tu pensi che avesse dei complici?» Il
pensiero che qualcun altro possa essere coinvolto mi fa star male. Significherebbe che
non è finita.
«Non lo so» risponde Christian.
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«Forse qualcuno che nutre del rancore
verso di te?» suggerisco. Accidenti. Spero
che non si tratti della Strega. «Come Elena?»
sussurro. Mi rendo conto di aver detto il suo
nome ad alta voce, ma lo sente solo lui. Lancio un’occhiata ansiosa a Kate, ma lei è immersa in una conversazione con Elliot, il
quale sembra incazzato con lei. Mmh.
«Ti piace demonizzarla, vero?» Christian
alza gli occhi al cielo e scuote la testa disgustato. «Forse nutre del rancore, ma non
farebbe una cosa del genere.» Mi inchioda
con un severo sguardo grigio. «Non parliamo
di lei. So che non è il tuo argomento di conversazione preferito.»
«L’hai affrontata?» bisbiglio, senza essere
sicura di volerlo sapere davvero.
«Ana, non la vedo dal giorno della mia
festa di compleanno. Lascia perdere, ti
prego. Non voglio parlare di lei.» Si porta la
mia mano alle labbra. Gli occhi ardono nei
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miei, e io non so se è il caso di incalzarlo su
questa faccenda.
«Prendetevi una stanza, ragazzi» scherza
Elliot. «Ah, giusto… ce l’avevate, ma non
l’avete usata a lungo.»
Christian alza lo sguardo e lancia a Elliot
un’occhiata gelida. «Vaffanculo, Elliot» dice
senza cattiveria.
«Amico, dico solo le cose come stanno.»
Negli occhi di Elliot passa un lampo di
ilarità.
«Com’è nel tuo stile» mormora Christian
sarcastico.
Elliot fa un ampio sorriso, godendosi
quello scambio scherzoso. «Hai sposato la
prima fidanzata che hai avuto» dice,
indicandomi.
“Accidenti, dove andrà a parare?”
Arrossisco.
«Puoi darmi torto?» Christian mi bacia di
nuovo la mano.
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«No.» Elliot scoppia a ridere e scuote la
testa.
Io arrossisco ancora di più e Kate dà una
pacca sul ginocchio a Elliot.
«Smettila di fare lo stronzo» lo
rimprovera.
«Dài retta alla tua fidanzata» dice Christian a Elliot, e la sua aria preoccupata di poco
fa sembra svanita. Mi si stappano le orecchie
mentre l’aereo continua a prendere quota e
quando si porta in posizione orizzontale la
tensione svanisce. Kate guarda male Elliot.
Mmh… qualcosa bolle in pentola tra loro?
Elliot ha ragione. Sbuffo per l’ironia della
cosa. Io sono – sono stata – la prima fidanzata di Christian, e adesso sua moglie. Le
quindici Sottomesse e la malvagia Mrs
Robinson… quelle non contano. Ma allora
Elliot non ne sa niente, e chiaramente Kate
non gliel’ha detto. Le sorrido e lei mi strizza
l’occhio con aria cospiratoria. I miei segreti
sono al sicuro, con Kate.
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«Okay, signore e signori, voleremo a
un’altitudine di circa novemilasettecento
metri, e la durata stimata del volo è di un’ora
e cinquantasei minuti» annuncia Stephan.
«Adesso siete liberi di muovervi per la
cabina.»
Natalia compare all’improvviso.
«Qualcuno gradisce un caffè?»
13
Atterriamo senza scosse al Sardy Field alle
12.25, ora locale. Stephan porta l’aereo a poca distanza dal terminal principale e dal
finestrino vedo un furgoncino Volkswagen in
attesa.
«Bell’atterraggio.» Christian sorride e
stringe la mano di Stephan, mentre noi ci
prepariamo a scendere dal jet.
«Tutto merito dell’altitudine di densità, signore.» Stephan ricambia il sorriso. «Beighley è bravissima con i calcoli.»
Christian annuisce rivolto al secondo pilota. «Ottimo lavoro, Beighley. Atterraggio
perfetto.»
«Grazie,
signore.»
Lei
sorride
compiaciuta.
«Buon fine settimana. Mr Grey, Mrs Grey.
Ci vediamo domani.» Stephan si fa da parte
605/1287
per lasciarci sbarcare. Christian mi prende
per mano e mi conduce giù dalla scaletta
dove Taylor ci sta aspettando con il veicolo.
«Un furgoncino?» dice Christian sorpreso
mentre Taylor fa scorrere la portiera.
Taylor gli fa un sorrisetto contrito e scrolla
le spalle.
«All’ultimo momento, lo so» dice Christian, placato. Taylor si dirige verso il jet per recuperare i bagagli.
«Vuoi pomiciare sui sedili di dietro?» mi
bisbiglia Christian, un lampo malizioso negli
occhi.
Ridacchio. Chi è quest’uomo, e che cosa ne
è stato di Mr Rabbia Furiosa degli uomini
due giorni?
«Su, voi due. Salite» dice Mia alle nostre
spalle, il ritratto dell’impazienza accanto a
Ethan. Saliamo, raggiungendo il sedile doppio posteriore, e ci sediamo. Mi rannicchio
contro Christian e lui appoggia un braccio
sullo schienale del mio sedile.
606/1287
«Comoda?» bisbiglia, mentre Mia e Ethan
si siedono davanti a noi.
«Sì.» Gli sorrido e lui mi bacia la fronte. E
per qualche ragione insondabile oggi mi sento timida con lui. “Perché? Questa notte? La
compagnia? Non riesco a capirlo.”
Elliot e Kate arrivano per ultimi mentre
Taylor apre il portellone posteriore per caricare i bagagli. Cinque minuti più tardi siamo
in viaggio.
Guardo fuori dal finestrino mentre ci dirigiamo verso Aspen. Gli alberi sono verdi, ma
qua e là ci sono già segni dell’autunno, nella
punta gialla delle foglie. Il cielo è limpido,
anche se a ovest si vedono nuvole scure.
All’orizzonte incombono le Montagne Rocciose, la cima più alta proprio di fronte a noi.
Sono lussureggianti e verdi, e la vetta più elevata è incappucciata di neve, sembra il disegno delle montagne fatto da un bambino.
Siamo nel campo giochi invernale della
gente ricca e famosa. “E io ho una casa qui.”
607/1287
Quasi non riesco a crederci. E dal profondo
di me affiora il familiare disagio che provo
sempre quando cerco di pensare alla ricchezza di Christian. Che cos’ho fatto per
meritarmi un simile stile di vita? Niente, eccetto innamorarmi.
«Sei mai stata ad Aspen, Ana?» mi chiede
Ethan, voltandosi e strappandomi alle mie
fantasticherie.
«No, prima volta. E tu?»
«Kate e io ci venivamo spesso da piccoli.
Nostro padre è uno sciatore provetto. E
anche la mamma se la cava.»
«Spero che mio marito mi insegnerà a
sciare.»
«Non contarci troppo» borbotta lui.
«Non sarò poi questo disastro!»
«Potresti romperti l’osso del collo.» Non
sorride più.
“Oh.” Non voglio discutere e rovinargli il
buonumore, così cambio argomento. «Da
quanto tempo hai questa casa?»
608/1287
«Quasi due anni. Adesso è anche tua, Mrs
Grey» dice con dolcezza.
«Lo so» sussurro. Ma, non so perché, non
ho il coraggio delle mie convinzioni. Mi protendo verso Christian e lo bacio sulla mascella, poi torno ad accoccolarmi contro di lui,
ascoltandolo scherzare con Ethan e Elliot.
Ogni tanto interviene anche Mia, ma Kate è
silenziosa e mi chiedo se stia rimuginando
sulla faccenda di Jack Hyde. Poi mi viene in
mente. Aspen… La casa di Christian è stata
riprogettata da Gia Matteo e ristrutturata da
Elliot. Mi domando se sia questo a preoccupare Kate. Non posso chiederglielo davanti a
Elliot, data la sua storia con Gia. E poi, Kate
sa del legame tra Gia e la casa di Aspen? Mi
acciglio, cercando di capire che cosa la turbi
e decido di parlargliene quando saremo sole.
Passiamo per il centro di Aspen e il mio
umore migliora mentre guardo la cittadina.
Ci sono edifici tozzi costruiti in mattoni rossi,
chalet in stile svizzero e numerose casette
609/1287
dell’inizio del Novecento dipinte in colori vivaci. È anche pieno di banche e di boutique
di stilisti, il che rivela la ricchezza della gente
che ci vive. Christian è a suo agio qui.
«Perché hai scelto Aspen?» gli chiedo.
«Cosa?»
Mi
lancia
un’occhiata
interrogativa.
«Per comprare una casa.»
«I nostri genitori ci portavano qui quando
eravamo piccoli. Ho imparato a sciare qui e
mi piace il posto. Spero che piaccia anche a
te… altrimenti vendiamo la casa e scegliamo
un’altra località.»
Mi sistema una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. «Sei adorabile, oggi» mormora.
Sento caldo alla faccia. Indosso comodi
abiti da viaggio: jeans e una maglietta, con
una giacca leggera blu scuro.
Mi bacia, un bacio tenero, dolce,
affettuoso.
Taylor esce dalla cittadina e iniziamo ad
arrampicarci sull’altro versante della valle,
610/1287
percorrendo una tortuosa strada di
montagna. Più saliamo e più sono eccitata, e
Christian si irrigidisce al mio fianco.
«Cosa c’è che non va?» gli chiedo mentre
facciamo un tornante.
«Spero che ti piaccia» dice piano. «Siamo
arrivati.»
Taylor rallenta e imbocca un ingresso di
pietra grigia, beige e rossa. Avanza sul
vialetto e si ferma davanti a una casa imponente. Ha finestre che si aprono su entrambi i
lati della porta principale, il tetto spiovente
ed è fatta di legno scuro e pietre simili a
quelle dell’ingresso. È straordinaria… moderna ed essenziale, molto nello stile di
Christian.
«Siamo a casa» dice piano mentre i nostri
ospiti iniziano a scendere dal furgoncino.
«È bella.»
«Vieni. Guarda» dice, un lampo eccitato e
al tempo stesso ansioso negli occhi, come se
611/1287
stesse per mostrarmi un progetto scientifico
o qualcosa del genere.
Mia sale di corsa i gradini dove una donna
aspetta in piedi sulla soglia. È minuscola e ha
i capelli corvini spruzzati di grigio. Mia le
getta le braccia al collo e la abbraccia.
«Chi è?» chiedo a Christian mentre mi
aiuta a scendere dall’auto.
«Mrs Bentley. Vive qui con il marito. Si occupano della casa.»
“Porca miseria… altro personale?”
Mia sta facendo le presentazioni: Ethan,
poi Kate. Anche Elliot abbraccia Mrs Bentley.
Mentre Taylor scarica il furgoncino, Christian mi guida verso la porta d’ingresso.
«Bentornato, Mr Grey» sorride Mrs
Bentley.
«Carmella, questa è mia moglie, Anastasia» dice Christian orgoglioso. La sua lingua
accarezza il mio nome, e il mio cuore fa una
capriola.
612/1287
«Mrs Grey.» Mrs Bentley china la testa in
un saluto rispettoso. Io le tendo la mano e ce
la stringiamo. Non è una sorpresa per me
che lei si comporti in modo molto più formale con Christian che con il resto della
famiglia.
«Spero che il volo sia stato piacevole. Le
previsioni danno bel tempo per tutto il fine
settimana, anche se io non ne sono sicura.»
Lancia un’occhiata alle nuvole scure alle
nostre spalle. «Il pranzo è pronto quando
volete.» Sorride di nuovo, gli occhi scuri che
brillano, e io la trovo simpatica.
«Ecco qui.» Christian mi afferra e mi
solleva.
«Che cosa fai?» squittisco.
«Ti porto oltre un’altra soglia, Mrs Grey.»
Faccio un sorriso radioso mentre lui mi
porta nell’ampio ingresso, mi dà un rapido
bacio e mi mette giù sul parquet. L’arredamento è essenziale e mi ricorda il salone
dell’Escala: pareti bianche, legno scuro e arte
613/1287
astratta contemporanea. L’ingresso immette
in un ampio salotto dove tre divani di pelle
color bianco sporco circondano un camino di
pietra che domina la stanza. Mia afferra la
mano di Ethan e lo trascina a vedere la casa.
Christian li osserva socchiudendo gli occhi, a
labbra strette. Scuote la testa, poi si gira
verso di me.
Kate fa un fischio. «Carinissimo.»
Vedo Elliot che aiuta Taylor con i bagagli.
Mi chiedo di nuovo se lei sa del contributo di
Gia a questa casa.
«Giro della casa?» mi chiede Christian, e
qualunque cosa stesse pensando a proposito
di Mia e Ethan è un lontano ricordo. Emana
eccitazione… o è ansia? Difficile dirlo.
«Certo.» Ancora una volta, sono sopraffatta dalla ricchezza. Quanto è costata questa
casa? E non ho contribuito nemmeno con un
centesimo. Ripenso brevemente alla prima
volta che Christian mi ha portata all’Escala.
614/1287
Anche allora ero stata sopraffatta. “A quello
ti sei abituata” mi sibila la vocina interiore.
Christian aggrotta la fronte, ma mi prende
per mano e mi guida attraverso le varie stanze. La cucina modernissima ha piani di lavoro di marmo chiaro e pensili neri. Al piano
di sotto ci sono un’imponente cantina per i
vini e una grande taverna, completa di un
enorme televisore, divani soffici… e un tavolo
da biliardo. Lo guardo stupefatta e arrossisco
quando Christian intercetta il mio sguardo.
«Ti va di giocare?» mi chiede, un lampo
malizioso negli occhi. Scuoto la testa e lui
aggrotta di nuovo la fronte. Mi prende per
mano e mi porta al primo piano. Ci sono
quattro camere da letto, ciascuna con un
bagno privato.
La camera da letto principale è tutt’altra
cosa. Il letto è gigantesco, persino più grande
di quello di Seattle, e sta di fronte a
un’enorme vetrata che si affaccia su Aspen e
sulle montagne verdeggianti.
615/1287
«Quello è il monte Ajax… o il monte
Aspen, se preferisci» dice Christian, guardandomi con cautela. È in piedi sulla soglia, i
pollici agganciati ai passanti dei jeans neri.
«Sei molto silenziosa» mormora.
«È bellissima, Christian.» E all’improvviso
vorrei essere all’Escala.
Mi raggiunge, mi prende il mento e mi
costringe a lasciar andare il labbro, che mi
stavo mordendo.
«Che cosa c’è?» chiede, i suoi occhi nei
miei.
«Sei molto ricco.»
«Sì.»
«A volte sono un po’ disorientata dalle tue
possibilità economiche.»
«Le nostre.»
«Le nostre» borbotto automaticamente.
«Non fartene un problema, Ana, ti prego.
È solo una casa.»
«E che cos’ha fatto Gia, esattamente?»
«Gia?» Inarca un sopracciglio, stupito.
616/1287
«Sì. Non ha riprogettato lei la casa?»
«Esatto. Ha progettato la taverna. Elliot
l’ha realizzata.» Si passa una mano tra i
capelli e mi guarda accigliato. «Perché stiamo parlando di Gia?»
«Sapevi che ha avuto una storia con
Elliot?»
Christian mi guarda per un attimo, l’espressione indecifrabile. «Elliot si è scopato
mezza Seattle, Ana.»
Trattengo il fiato.
«Perlopiù donne, a quanto ne so» scherza
Christian.
«No!»
Christian annuisce. «Non sono affari
miei» commenta, alzando le mani con il
palmo rivolto verso di me.
«Non credo che Kate lo sappia.»
«Non sono sicuro che lui abbia divulgato
l’informazione. A quanto pare, Kate se la sta
cavando piuttosto bene.»
617/1287
Sono scioccata. Il dolce Elliot, il ragazzo
senza pretese biondo e con gli occhi azzurri?
Lo fisso incredula.
Christian piega la testa di lato, osservandomi. «Non può essere solo per le storie di
sesso di Gia o di Elliot.»
«Hai ragione. Scusa. È solo che, dopo tutto
quello che è successo questa settimana…» Mi
stringo nelle spalle, provando all’improvviso
la voglia di piangere. Christian sembra sollevato. Mi prende tra le braccia e mi tiene
stretta, affondando il naso nei miei capelli.
«Lo so. Mi dispiace. Cerchiamo di rilassarci e di divertirci, okay? Puoi stare qui a
leggere, guardare qualche scemenza alla tivù,
fare shopping, una passeggiata… persino
pescare. Qualunque cosa tu abbia voglia di
fare. E dimentica quello che ho detto di Elliot. È stato indiscreto da parte mia.»
«Questo spiega perché continua a prenderti in giro» mormoro, accoccolandomi sul
suo petto.
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«Lui non sa niente del mio passato. Te l’ho
detto, la mia famiglia pensava che fossi gay.
Asessuato, ma gay.»
Ridacchio e inizio a rilassarmi tra le sue
braccia. «Ho pensato anch’io che fossi asessuato. Quanto mi sbagliavo.» Lo circondo
con le braccia, meravigliata dall’assurdità di
pensare che Christian fosse omosessuale.
«Mrs Grey, mi stai prendendo in giro?»
«Forse un po’» ammetto. «Sai, quello che
non capisco è perché tu abbia questa casa.»
«Che cosa vuoi dire?» Mi bacia i capelli.
«Hai una barca, e lo capisco, hai la casa di
New York per lavoro… ma perché qui? Non
l’hai condivisa con nessuno.»
Christian si irrigidisce e tace per un po’.
«Stavo aspettando te» dice con dolcezza, gli
occhi grigio cupo e luminosi.
«È… è una cosa bellissima quella che hai
detto.»
«È la verità. All’epoca non lo sapevo.» Sorride timido.
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«Sono contenta che tu abbia aspettato.»
«Ne valeva la pena, Mrs Grey.» Mi solleva
il mento e si china su di me per baciarmi.
«Vale anche per te.» Sorrido. «Anche se
ho l’impressione di aver barato. Non ho
dovuto aspettarti molto.»
Lui fa un sorriso radioso. «Sono un premio
così grande?»
«Christian, tu sei un terno al lotto, la cura
per il cancro e i tre desideri della lampada di
Aladino, tutto in uno.»
Inarca un sopracciglio.
«Quand’è che lo capirai?» lo rimprovero.
«Eri uno scapolo ambitissimo. E non mi
riferisco a questo.» Faccio un gesto per indicare il lusso che ci circonda. «Ma a questo»
dico, appoggiandogli una mano sul cuore.
Lui sgrana gli occhi. Il marito sicuro di sé e
sexy è scomparso, e davanti a me c’è il mio
bambino smarrito. «Credimi, Christian, per
favore» sussurro, prendendogli il viso tra le
mani e avvicinandomi alle sue labbra. Lui
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geme, non so se per le mie parole o se per la
sua abituale reazione. Lo reclamo, la mia
bocca sulla sua, la lingua che lo esplora.
Quando siamo entrambi senza fiato, lui si
scosta e mi guarda dubbioso.
«Quand’è che ti ficcherai in quella tua
testa straordinariamente dura che ti amo?»
gli chiedo, esasperata.
Lui deglutisce. «Un giorno» dice.
È un progresso. Gli sorrido e lui
contraccambia.
«Vieni. Andiamo a mangiare qualcosa… gli
altri si staranno chiedendo dove siamo. Possiamo parlare di quello che vogliamo fare.»
«Oh, no!» dice Kate all’improvviso.
Ci giriamo tutti verso di lei.
«Guardate» dice, indicando la vetrata. Ha
iniziato a piovere. Siamo seduti intorno al tavolo di legno scuro della cucina, dopo aver
fatto onore a un banchetto italiano di antipasti misti preparati da Mrs Bentley ed
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esserci scolati un paio di bottiglie di vino.
Sono sazia e un po’ stordita dall’alcol.
«Niente passeggiata» borbotta Elliot, in
tono vagamente sollevato. Kate lo guarda
storto. Decisamente bolle qualcosa in
pentola. Sono rilassati con tutti gli altri, ma
tra loro c’è tensione.
«Potremmo andare in città» propone Mia.
Ethan le rivolge un sorrisetto.
«Tempo perfetto per pescare» suggerisce
Christian.
«Io vado a pescare» dice Ethan.
«Allora dividiamoci.» Mia batte le mani.
«Le ragazze a fare shopping… i ragazzi a fare
cose noiose.»
Lancio un’occhiata a Kate, che guarda Mia
con indulgenza. Pesca o shopping? Caspita,
quando si dice l’imbarazzo della scelta.
«Che cosa vuoi fare, Ana?» chiede
Christian.
«È uguale» mento.
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Kate intercetta il mio sguardo e mima con
la bocca la parola “shopping”. Forse vuole
parlare.
«Ma sono più che felice di andare a fare
shopping.» Sorrido ironicamente a Kate e
Mia. Christian sogghigna. Sa che odio fare
shopping.
«Posso stare qui con te, se preferisci»
mormora, e il tono mi arriva dritto al ventre,
risvegliando qualcosa di oscuro.
«No, vai a pescare» ribatto. Christian ha
bisogno di dedicarsi a un’attività da maschi.
«Ha l’aria di un programma» dice Kate
alzandosi da tavola.
«Taylor verrà con voi» dice Christian, ed è
una dichiarazione di fatto… non si discute.
«Non abbiamo bisogno della baby-sitter»
replica Kate secca, diretta come al solito.
Le metto una mano sul braccio. «Kate,
Taylor dovrebbe venire.»
Lei si acciglia, poi alza le spalle e per una
volta nella sua vita tiene a freno la lingua.
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Sorrido timidamente a Christian. Lui rimane impassibile. Spero che non sia arrabbiato con Kate.
Elliot aggrotta la fronte. «Io ho bisogno di
una pila per l’orologio in città.» Lancia una
rapida occhiata a Kate, e io noto il suo leggero rossore. Lei non se ne accorge, perché lo
sta deliberatamente ignorando.
«Prendi l’Audi, Elliot. Quando torni, andiamo a pescare insieme» dice Christian.
«Sì» bofonchia Elliot, ma sembra distratto. «Ottima idea.»
«Entriamo qui.» Mia mi prende per mano e
mi trascina nella boutique di uno stilista,
tutta seta rosa e arredi anticati finto francesi.
Kate ci segue mentre Taylor aspetta fuori, riparandosi dalla pioggia sotto il tendone della
vetrina. Aretha Franklin sta cantando a
squarciagola Say a Little Prayer dall’impianto stereo del negozio. Adoro questa canzone. Dovrei metterla sull’iPod di Christian.
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«Questo ti starebbe a meraviglia, Ana.»
Mia solleva un pezzetto di stoffa argentea.
«Tieni, provalo.»
«Ehm… è un po’ corto.»
«Starai benissimo. A Christian piacerà da
morire.»
«Tu credi?»
Mia mi fa un sorriso radioso. «Ana, hai
delle gambe mozzafiato, e se questa sera andiamo in giro per locali» sorride, pregustando una facile vittoria «sarai molto eccitante per tuo marito.»
Sbatto le palpebre, leggermente scioccata.
“Andiamo per locali? Io non vado per locali.”
Kate scoppia a ridere quando vede la mia
faccia. Sembra più rilassata, adesso che è
lontana da Elliot. «Dovremmo andare a fare
quattro salti, questa sera» dice.
«Vai a provarlo» mi ordina Mia, e io mi dirigo riluttante verso il camerino.
Mentre aspetto che Mia e Kate emergano dal
camerino, vado verso la vetrina del negozio e
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guardo fuori, non vista, la via principale. La
compilation soul prevede Dionne Warwick
con Walk on By. Un’altra grande canzone…
una delle preferite di mia madre. Lancio
un’occhiata al vestito che tengo in mano.
“Vestito” è una parola grossa. È completamente scollato sulla schiena e cortissimo, ma
Mia l’ha dichiarato perfetto per ballare tutta
la notte. A quanto pare, mi servono anche
delle scarpe e una collana vistosa, cose che ci
procureremo tra poco. Alzo gli occhi al cielo
e rifletto di nuovo su quanto sia fortunata ad
avere Caroline Acton, la mia personal
shopper.
Vengo distratta dalla vista di Elliot. È
dall’altra parte della strada alberata e sta
scendendo da una grossa Audi. Si infila rapidamente in un negozio come se volesse ripararsi dalla pioggia. Sembra una gioielleria… forse sta cercando la pila per l’orologio.
Esce qualche minuto dopo e non è solo… è
insieme a una donna.
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“Sta parlando con Gia! Che cavolo ci fa lei
qui?”
Li osservo mentre si scambiano un breve
abbraccio e lei getta indietro la testa, come se
stesse ridendo per qualcosa che lui ha detto.
Lui la bacia sulle guance, poi si precipita
verso l’auto. Lei si gira e si incammina lungo
la strada, mentre io la guardo stupefatta.
“Che cos’è successo?” Mi volto ansiosamente
verso i camerini, ma non c’è traccia né di
Kate né di Mia.
Lancio un’occhiata a Taylor, in attesa fuori
del negozio. Lui coglie il mio sguardo e si
stringe nelle spalle. Anche lui è stato testimone del piccolo incontro di Elliot.
Avvampo, imbarazzata per essere stata sorpresa a spiare. Quando mi giro, compaiono
Mia e Kate, entrambe sorridenti. Kate mi
guarda con aria interrogativa.
«Cosa c’è che non va, Ana?» chiede. «Hai
cambiato idea sul vestito? Sei uno schianto
con quello addosso.»
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«Ehm… no.»
«Stai bene?» dice Kate sgranando gli
occhi.
«Sto bene. Paghiamo?» Mi dirigo verso la
cassa, unendomi a Mia, che ha preso due
gonne.
«Buon pomeriggio, signora.» La giovane
commessa – che ha più rossetto di quanto io
ne abbia mai visto sulle labbra di una persona – mi sorride. «Sono ottocentocinquanta
dollari.»
“Cosa? Per un pezzetto di stoffa!” Sbatto le
palpebre e le allungo docilmente la mia
American Express nera.
«Mrs Grey» fa le fusa Miss Rossetto.
Seguo Kate e Mia in uno stato di stordimento per le due ore successive, lottando
contro me stessa. “Dovrei dirlo a Kate? Sì,
dovrei… No, non dovrei. Potrebbe essere
stata una cosa del tutto innocente.”
«Bene, ti piacciono le scarpe, Ana?» Mia ha
le mani sui fianchi.
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«Ehm… sì, certo.»
Finisco per scegliere un paio di Manolo
Blahnik con il tacco impossibilmente alto e i
cinturini che sembrano fatti di specchi. Si intonano a meraviglia con il vestito e rendono
Christian più povero di circa un migliaio di
dollari. Mi va meglio con la lunga collana
d’argento che Kate insiste per farmi comprare; un’occasione, visto che costa 84
dollari.
«Ti stai abituando ad avere i soldi?» mi
chiede Kate senza essere sgarbata mentre
torniamo alla macchina.
«Lo sai che non sono io, Kate. Mi sento a
disagio in tutto questo. Ma sono stata debitamente informata che fa parte del pacchetto.»
Faccio il broncio e lei mi mette un braccio intorno alle spalle.
«Ti ci abituerai, Ana» dice con affetto.
«Sarai sensazionale, vestita così.»
«Kate, come va tra te e Elliot?» le chiedo.
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I suoi grandi occhi blu guizzano fulminei
nei miei.
«Non voglio parlarne adesso.» Rivolge un
cenno della testa a Mia. «Ma il fatto è…»
Non finisce la frase.
Questa non è la mia tenace Kate. “Merda.
Sapevo che qualcosa non andava. Le dico che
cosa ho visto?” Ma cosa ho visto? Elliot e
Miss Predatrice Sessuale parlare, abbracciarsi e baciarsi sulla guancia. Non sarà che
sono solo vecchi amici? No, non glielo dirò.
Non adesso. Le rivolgo il mio cenno capiscoperfettamente-e-rispetto-la-tua-privacy. Lei
mi prende la mano e me la stringe con gratitudine, ed eccola… una traccia di dolore nei
suoi occhi, che lei scaccia subito sbattendo le
palpebre. Avverto un improvviso desiderio di
proteggere la mia amica. A che accidenti di
gioco sta giocando Elliot Puttaniere Grey?
Quando torniamo a casa, Kate decide che ci
meritiamo qualcosa da bere dopo la faticaccia dello shopping e ci prepara un daiquiri
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alla fragola. Ci rannicchiamo sui divani del
salotto di fronte al fuoco che scoppietta nel
camino.
«Elliot è stato un po’ distante, in quest’ultimo periodo» mormora Kate, fissando il
fuoco. Kate e io abbiamo finalmente un momento per parlare da sole, mentre Mia sistema i suoi acquisti.
«Davvero?»
«E penso di essere finita nei guai per
averti messa nei guai.»
«L’hai saputo?»
«Sì. Christian ha chiamato Elliot e Elliot
ha chiamato me.»
Alzo gli occhi al cielo. “Oh, Christian…
Christian.”
«Mi dispiace. Christian è… protettivo. Non
vedi Elliot dal nostro drink fuori?»
«No.»
«Oh.»
«Lui mi piace davvero, Ana» sussurra. E
per un orribile minuto penso che stia per
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mettersi a piangere. Questo non è da Kate.
Significa il ritorno dei pigiami di flanella
rosa? Si gira verso di me.
«Mi sono innamorata di lui. All’inizio
pensavo che fosse solo il sesso favoloso. Ma
lui è affascinante, gentile, affettuoso e divertente. Già ci vedevo invecchiare insieme…
sai… bambini, nipoti… tutto quanto.»
«Il tuo “e vissero per sempre felici e contenti”» dico piano.
Lei annuisce triste.
«Forse dovresti parlargli. Cercare un momento da soli qui. Scoprire che cos’è che lo
tormenta.»
“Chi lo tormenta” ringhia la mia vocina. Se
avesse una faccia, le mollerei un ceffone, irritata come sono dalla mancanza di disciplina dei miei pensieri.
«Magari potreste andare a fare una
passeggiata domani mattina.»
«Vedremo.»
«Kate, odio vederti così.»
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Lei sorride debolmente e io mi avvicino
per abbracciarla. Decido di non menzionare
Gia, anche se forse potrei parlarne con il Puttaniere. Come si permette di scherzare con i
sentimenti della mia amica?
Torna Mia, e ci spostiamo su un terreno
meno infido.
Il fuoco sibila e scoppietta nel camino
quando metto l’ultimo ciocco. Abbiamo quasi
finito la legna. Anche se è estate, il tepore è
assai gradito in questa giornata umida.
«Mia, sai dov’è la legna per il caminetto?»
le chiedo mentre lei sorseggia il suo daiquiri.
«Se non sbaglio è nel garage.»
«Vado a prenderne un po’. Così ne approfitto per dare un’occhiata in giro.»
Quando esco, diretta al garage a tre posti
annesso alla casa, ha smesso di piovere. La
porta laterale non è chiusa a chiave e io entro, accendendo la luce. I tubi al neon
ronzano e si illuminano.
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Nel garage c’è un’auto: l’Audi su cui ho
visto Elliot oggi pomeriggio. Ci sono anche
due motoslitte. Ma quello che attira davvero
la mia attenzione sono le due moto da enduro 125 cc. Mi viene in mente l’estate
scorsa, quando Ethan aveva cercato di insegnarmi a guidare. Inconsciamente, mi sfrego
il braccio che mi ero malamente ammaccata
in una caduta.
«Vai in moto?» chiede Elliot alle mie
spalle.
Mi giro di scatto. «Sei tornato.»
«A quanto pare.» Mi sorride, e io mi rendo
conto che Christian potrebbe dirmi la stessa
cosa… ma senza il sorriso radioso che mi fa
sciogliere. «Be’?»
“Puttaniere!” «Più o meno.»
«Vuoi fare un giro?»
Sbuffo. «Ehm, no… Non credo che Christian sarebbe molto felice se lo facessi.»
«Christian non è qui.» Elliot fa un sorrisetto – “Oh, una caratteristica di famiglia” – e
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agita la mano in aria per dire che siamo soli.
Si dirige verso la moto più vicina e si accomoda sul sellino, afferrando il manubrio.
«Christian ha… ehm… un problema con la
mia sicurezza. Non dovrei.»
«Fai sempre quello che ti dice?» Negli occhi azzurri da bambino di Elliot si accende
una scintilla maliziosa, e io vedo balenare il
ragazzaccio… il ragazzaccio di cui Kate si è
innamorata. Il ragazzaccio di Detroit.
«No.» Inarco un sopracciglio in segno di
avvertimento. «Ma sto cercando di comportarmi nel modo giusto. Ha già abbastanza
preoccupazioni senza che mi ci metta
anch’io. È tornato?»
«Non lo so.»
«Non sei andato a pescare?»
«No. Avevo alcune faccende da sbrigare in
città.»
“Faccende! Sì… faccende bionde!” Inspiro
bruscamente e lo guardo a bocca aperta.
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«Se non vuoi fare un giro in moto, che ci
fai in garage?» Elliot è curioso.
«Sto cercando la legna per il camino.»
«Eccoti. Oh, Elliot… sei tornato» ci interrompe Kate.
«Ciao, piccola.» Fa un sorriso radioso.
«Preso qualcosa?»
Osservo attentamente la reazione di Elliot.
«No. Avevo alcune cose da fare in città.» E
per un momento sulla sua faccia compare
un’espressione esitante.
«Sono uscita per vedere che cosa
tratteneva Ana.» Kate ci guarda, confusa.
«Stavamo solo chiacchierando» dice Elliot,
e la tensione tra loro due è percettibile.
Rimaniamo
zitti
sentendo
arrivare
un’auto. “Oh, Christian è tornato! Grazie al
cielo.”
La porta automatica del garage si apre con
fracasso, facendoci sobbalzare. Fuori ci sono
Christian e Ethan impegnati a scaricare un
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pick-up nero. Christian si blocca quando ci
vede in piedi lì dentro.
«Garage band?» chiede sarcastico mentre
entra, venendo dritto verso di me.
Sorrido. Sono sollevata di vederlo. Sotto la
giacca da pesca indossa una delle tute da lavoro che gli ho venduto quando lavoravo da
Clayton.
«Ciao» dice, guardandomi con aria interrogativa e ignorando sia Kate sia Elliot.
«Ciao. Bella tuta.»
«Un sacco di tasche. Utilissima per pescare.» La voce è bassa e seducente, solo per
le mie orecchie, e quando mi guarda ha
un’espressione sensuale.
Arrossisco e lui mi fa un enorme sorriso
della serie senza-esclusione-di-colpi, tutto
per me.
«Sei bagnato» mormoro.
«Pioveva. Che cosa ci fate in garage,
ragazzi?» Finalmente si rivolge anche agli
altri.
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«Ana era venuta a prendere un po’ di
legna.» Elliot inarca un sopracciglio. Non so
come, riesce a far suonare indecenti quelle
parole. «Ho cercato di tentarla a fare una
sgroppata.» È il maestro del doppio senso.
Christian fa un’espressione sconvolta e il
mio cuore si ferma.
«Ma lei ha rifiutato. Ha detto che tu non
l’avresti gradito» dice Elliot gentilmente… e
senza doppi sensi.
Gli occhi grigi di Christian tornano su di
me. «Davvero?» mormora.
«Sentite, non vedo l’ora di parlare di che
cosa ha fatto Ana, ma potremmo farlo in
casa?» scatta Kate. Si accuccia, prende due
ceppi e gira sui tacchi, dirigendosi verso la
porta. “Oh, merda. Kate è incavolata… ma
non con me.” Elliot sospira e, senza una parola, la segue fuori. Io li guardo, ma Christian mi distrae.
«Sei capace di andare in moto?» mi
chiede, la voce incredula.
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«Non molto bene. Me l’ha insegnato
Ethan.»
Il suo sguardo si gela immediatamente.
«Hai preso la decisione giusta» dice, la voce
molto più fredda. «Il terreno è difficile, e la
pioggia l’ha reso infido e scivoloso.»
«Dove vuoi che metta l’attrezzatura da
pesca?» chiede Ethan da fuori.
«Lasciala lì, Ethan… Se ne occuperà
Taylor.»
«E il pesce?» continua Ethan in tono vagamente ironico.
«Hai preso un pesce?» gli chiedo,
sorpresa.
«Non io. È stato Kavanagh» dice Christian
e fa il broncio… con grazia.
Scoppio a ridere.
«Se ne occuperà Mrs Bentley» gli
risponde. Ethan sorride e si dirige verso la
casa.
«Ti faccio ridere, Mrs Grey?»
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«Parecchio. Sei bagnato fradicio… Lascia
che ti prepari un bagno.»
«Solo se lo fai insieme a me.» Si china e mi
bacia.
Riempio la grande vasca ovale e verso
nell’acqua un po’ di costoso olio da bagno
che forma subito la schiuma. Il profumo è celestiale… gelsomino, se non sbaglio. Tornata
in camera, appendo “il vestito” su una
gruccia.
«Ti sei divertita?» mi chiede Christian entrando. Indossa una T-shirt e i pantaloni
della tuta, ed è a piedi nudi. Si chiude la
porta alle spalle.
«Sì» mormoro, mangiandolo con gli occhi.
Mi è mancato. Ridicolo… si è trattato solo
di… quanto… un paio d’ore?
Piega la testa di lato e mi guarda. «Che
cosa c’è?»
«Stavo pensando a quanto mi sei
mancato.»
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«Sembra che tu abbia preso una bella
sbandata, Mrs Grey.»
«In effetti, Mr Grey.»
Viene verso di me e mi si ferma di fronte.
«Che cos’hai comprato?» sussurra, e io so
che vuole cambiare argomento.
«Un vestito, un paio di scarpe e una collana. Ho speso un sacco dei tuoi soldi.» Gli
lancio uno sguardo colpevole.
Lui è divertito. «Bene» dice e mi sistema
una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «E, per
la miliardesima volta, i nostri soldi.» Mi
prende per il mento, costringendomi a
smettere di mordermi il labbro, e fa scorrere
l’indice sul davanti della mia T-shirt, sullo
sterno, tra i seni, sullo stomaco, sulla pancia.
«Questa non ti servirà, nella vasca» sussurra, e afferra l’orlo della maglietta sollevandola lentamente. «Alza le braccia.»
Obbedisco, senza togliergli gli occhi di
dosso, e lui lascia cadere per terra la T-shirt.
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«Credevo che avremmo fatto il bagno.» Il
cuore accelera.
«Prima voglio renderti felice e sporca.
Anche a me sei mancata.» Si piega e mi
bacia.
«Christian, l’acqua!» Cerco di mettermi seduta, ancora stordita dal piacere.
Christian non mi lascia andare.
«Christian, la vasca!» Lo guardo dalla mia
posizione a pancia in giù sul suo petto.
Lui scoppia a ridere. «Rilassati… è un
bagno turco.» Rotola su un fianco e mi dà un
rapido bacio. «Vado a chiudere il rubinetto.»
Scende con grazia dal letto e si dirige in
bagno. Lo seguo avidamente con gli occhi.
Mmh… mio marito, nudo e tra poco bagnato.
Balzo giù dal letto.
Sediamo ai capi opposti della vasca che è
piena… così piena che non appena ci
muoviamo, l’acqua tracima sul pavimento.
Molto voluttuoso. Ancora più voluttuoso è il
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fatto che Christian mi lavi i piedi, massaggiando le piante e tirandomi delicatamente le
dita. Li bacia, prima uno poi l’altro, e mi
mordicchia gli alluci.
«Aaah!» Lo sento… nelle viscere.
«Ti piace?» dice lui in un soffio.
«Mmh» mormoro.
Ricomincia a massaggiare. Oh, che
sensazione meravigliosa. Chiudo gli occhi.
«Ho visto Gia in città» bisbiglio.
«Davvero? Credo che abbia una casa qui»
dice in tono indifferente. Non è minimamente interessato.
«Era con Elliot.»
Christian smette di massaggiarmi il piede.
Ho catturato la sua attenzione. Quando apro
gli occhi, ha la testa piegata di lato, come se
non capisse.
«Che cosa vuol dire che era con Elliot?»
Gli spiego quello che ho visto.
«Ana, sono soltanto amici. Credo che Elliot sia innamorato di Kate.» Fa una pausa,
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poi aggiunge più dolcemente: «In realtà, so
che Elliot è innamorato di Kate». E mi lancia
la sua occhiata da non-ho-idea-del-perché.
«Kate è meravigliosa» dico sulla difensiva,
prendendo le parti della mia amica.
Lui sbuffa. «Continuo a essere contento
che sia stata tu a cadere nel mio ufficio.» Mi
bacia l’alluce, lascia andare il piede sinistro e
prende il destro, poi ricomincia il massaggio.
Le sue dita sono forti e agili, e io mi rilasso.
Non voglio litigare su Kate. Chiudo gli occhi
e mi abbandono alla magia delle sue dita sui
miei piedi.
Mi fisso sbalordita nello specchio a figura intera, senza riconoscere la sventola che mi
restituisce lo sguardo. Questa sera Kate ha
superato se stessa e ha giocato alla Barbie
con me, acconciandomi i capelli e truccandomi. I capelli sono vaporosi e lisci, gli occhi
bordati di kohl, le labbra rosso scarlatto.
Sono… eccitante. Sono anche tutta gambe,
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soprattutto con i tacchi alti e il vestito corto
in maniera indecente.
Ho bisogno dell’approvazione di Christian,
anche se ho il terribile presentimento che
non gli piacerà vedermi mezza svestita. Decido che dovrei interpellarlo. Prendo il
BlackBerry.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 27 agosto 2011 18.53 ORA LOCALE
Oggetto: Mi fa il sedere grosso questo?
Mr Grey mi serve il tuo consiglio sartoriale.
Tua
Mrs G X
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 27 agosto 2011 18.55
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Oggetto: Fantastico!
Mrs Grey,
ne dubito seriamente. Ma verrò a fare un esame scrupoloso del tuo sedere giusto per esserne sicuro.
Tuo impaziente
Mr Grey X
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
e Ispettorato del sedere Inc.
Mentre leggo la mail, la porta della camera
da letto si apre e Christian si immobilizza
sulla soglia. Spalanca la bocca e sgrana gli
occhi.
“Porca miseria… non era così che doveva
andare.”
«Be’?» sussurro.
«Ana, sei… Wow.»
«Ti piace?»
«Sì, credo di sì.» Ha la voce un po’ roca.
Entra lentamente nella stanza e chiude la
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porta. Indossa un paio di jeans neri, una
camicia bianca e una giacca nera. È divino.
Mi si avvicina piano, ma non appena mi raggiunge mette le mani sulle mie spalle e mi fa
girare verso lo specchio, rimanendo dietro di
me. Il mio sguardo cerca il suo nello specchio, poi lui abbassa gli occhi, affascinato
dalla mia schiena nuda. Fa scivolare le dita
lungo la spina dorsale fino allo scollo del
vestito alla base della schiena, dove la pelle
pallida incontra la stoffa color argento.
«Lascia
poco
all’immaginazione»
mormora.
La sua mano scende sul mio sedere e poi
sulla coscia nuda. Si ferma, i suoi occhi grigi
ardenti fissi nei miei azzurri. Poi risale lentamente con le dita fino all’orlo della gonna.
Mentre guardo le sue lunghe dita muoversi
leggere sulla mia pelle che freme sotto il loro
tocco, spalanco la bocca.
«C’è poca strada da qui…» tocca l’orlo, poi
risale «… a qui» sussurra. Sussulto quando
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mi tocca il pube attraverso la stoffa delle
mutandine, facendomi eccitare.
«Che cosa ne pensi?» bisbiglio.
«Penso che… ci sia poca strada anche da
qui…» sfiora le mie mutandine con le dita,
poi infila un dito sotto la stoffa, sulla mia
carne umida «… a qui. E quindi… a qui.» Mi
infila dentro un dito.
Trattengo il fiato e gemo piano.
«Questa è mia» mi sussurra nell’orecchio.
Chiude gli occhi e muove lentamente il dito
dentro e fuori di me. «Non voglio che la veda
nessun altro.»
Ho il respiro corto e ansimo al ritmo della
sua carezza. Guardarlo nello specchio mentre
mi fa questo… è eccitante oltre ogni
immaginazione.
«Perciò fai la brava bambina e non chinarti, e andrà tutto bene.»
«Approvi?»
«No, ma non ho intenzione di impedirti di
metterlo. Sei uno schianto, Anastasia.»
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Toglie il dito all’improvviso, lasciandomi
piena di desiderio, e mi si mette di fronte.
Appoggia il dito con cui mi ha toccata sulle
mie labbra. D’istinto, lo bacio e lui mi scocca
un sorriso lascivo. Si mette il dito in bocca e
la sua espressione mi informa che ho un
buon sapore… buonissimo. Mi sconvolgerà
sempre facendo così?
Mi prende una mano.
«Vieni» ordina con dolcezza. Vorrei ribattere che stavo per farlo, ma dopo quello
che è successo ieri nella stanza dei giochi, decido di tenere la bocca chiusa.
Stiamo aspettando il dessert in un ristorante
esclusivo di Aspen. Finora è stata una serata
animata e Mia è decisa a far sì che continui,
sostenendo che dovremmo andare per locali.
Se ne sta zitta, per una volta, pendendo dalle
labbra di Ethan mentre lui parla con Christian. Mia è chiaramente infatuata di Ethan, e
lui è… Non so se sono soltanto amici o se c’è
qualcos’altro.
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Christian sembra a suo agio. Chiacchiera
animatamente con Ethan. È evidente che
hanno stretto amicizia pescando. Parlano
soprattutto di psicologia. Per ironia della
sorte, Christian sembra quello che ne sa di
più. Sbuffo piano mentre ascolto con un
orecchio solo la loro conversazione,
tristemente consapevole che le sue conoscenze sono il risultato dell’aver avuto a che
fare con un sacco di strizzacervelli.
“Sei la migliore delle terapie.” Le sue parole, sussurrate mentre facevamo l’amore, mi
riecheggiano nella testa. Sul serio? “Oh,
Christian, lo spero proprio.”
Lancio un’occhiata a Kate. È bellissima,
ma del resto lo è sempre. Lei e Elliot sono
meno vivaci. Lui sembra nervoso, fa le sue
battute a voce un po’ troppo alta e la risata è
spenta. “Hanno litigato? Che cos’è che lo tormenta? Quella donna?” Sento una stretta al
cuore pensando che potrebbe ferire la mia
migliore amica. Lancio un’occhiata verso
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l’ingresso, quasi aspettandomi di vedere Gia
che porta il suo culo curatissimo al nostro tavolo. La mia mente mi gioca degli scherzi, mi
sa che è la quantità d’alcol che ho in corpo.
Comincia a farmi male la testa.
All’improvviso Elliot ci sorprende alzandosi e spostando la sedia rumorosamente. Ci
giriamo tutti verso di lui. Guarda Kate per un
attimo e poi cade in ginocchio accanto a lei.
“Oddio.”
Le prende la mano e sul ristorante scende
un silenzio di tomba mentre tutti smettono
di mangiare, di parlare, di muoversi, e ci
fissano.
«Mia meravigliosa Kate, ti amo. La tua
grazia, la tua bellezza e il tuo spirito appassionato non hanno uguali, e hai rapito il mio
cuore. Passa la vita con me. Sposami.»
“Accidenti!”
14
Nel ristorante, gli occhi di tutti sono puntati
su Kate e Elliot, che aspettano respirando piano, all’unisono. L’attesa è ormai insostenibile. C’è un silenzio teso, l’atmosfera è
opprimente e inquietante, eppure carica di
speranza.
Kate fissa attonita Elliot che tiene lo
sguardo inchiodato su di lei, gli occhi
sgranati per il desiderio, e anche per la
paura. “Porca miseria, Kate! Smetti di farlo
soffrire così. Per favore.” Accidenti, avrebbe
dovuto chiederglielo in privato.
Una lacrima le bagna il viso, anche se lei
rimane attonita. “Oddio, Kate che piange?”
Poi inizia a sorridere, il lento sorriso incredulo di chi ha raggiunto il nirvana.
«Sì» mormora, con un sospiro carico di
dolce accettazione, nient’affatto tipico di
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Kate. C’è un impercettibile intervallo sospeso
in cui tutto il ristorante fa un sospiro di sollievo, e poi il rumore diventa assordante. Applausi spontanei, tutti che gridano “evviva”,
urla da ogni parte e di colpo le lacrime mi inondano il viso, sciogliendomi il trucco da
Barbie.
Del tutto incuranti della commozione che
li circonda, i due sono isolati nel loro mondo
privato. Elliot tira fuori di tasca una scatoletta, la apre e la porge a Kate. Un anello. E
da quel che riesco a vedere è di gran classe,
anche se avrei bisogno di guardarlo più da
vicino. “Era per questo che si trovava con
Gia? Per scegliere un anello? Merda!” Meno
male che non ne ho parlato con Kate.
Kate sposta lo sguardo dall’anello a Elliot e
gli getta le braccia al collo. Si baciano, molto
castamente per i loro standard, e la gente impazzisce. Elliot si alza e risponde all’entusiasmo che lo circonda facendo un inchino sorprendentemente aggraziato e poi, con un
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sorriso compiaciuto, si rimette a sedere. Non
riesco a togliere gli occhi di dosso a quei due.
Elliot tira fuori l’anello dalla scatoletta e lo
infila al dito di Kate, poi si baciano ancora
una volta.
Christian mi stringe la mano. Non mi ero
accorta che stavo stringendo la sua con tanta
forza. Mollo la presa, un po’ imbarazzata, e
lui scuote la mano articolando in silenzio la
parola: “Ahia”.
«Scusami. Ma tu ne sapevi qualcosa?»
sussurro.
Christian sorride e allora capisco che sì, lui
sapeva. Chiama il cameriere e gli ordina:
«Due bottiglie di Cristal per favore. Annata
2002, se ce l’avete».
Lo guardo con un sorrisetto ironico.
«Che cosa c’è?» chiede.
«Il 2002 è molto meglio del 2003» lo
punzecchio.
Lui si mette a ridere: «Per i palati raffinati,
Anastasia».
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«E il tuo lo è di sicuro, Mr Grey, ed è anche
di gusti un po’ particolari» dico con un
sorriso.
«Proprio così, Mrs Grey» dice, chinandosi
verso di me. «Ma il tuo gusto è di gran lunga
il migliore di tutti» mi mormora dandomi un
bacio in un punto speciale dietro l’orecchio.
Arrossisco nel ricordare, con un pizzico di
languore, la dimostrazione pratica dei
“limiti” del mio vestito che mi ha fatto poco
prima. Nel vero senso della parola!
Mia è la prima ad alzarsi per abbracciare
Kate e Elliot, poi a turno ci avviciniamo tutti
per congratularci con la coppia felice. Stringo
Kate in un formidabile abbraccio.
«Hai visto? Era solo preoccupato per la
proposta di matrimonio» le sussurro
all’orecchio.
«Oh, Ana!» Fa una risatina soffocata dalle
lacrime.
«Kate, sono così felice per te.
Congratulazioni.»
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Christian è dietro di me e stringe la mano
a Elliot. Poi, sorprendendo entrambi, lo attira a sé in un caloroso abbraccio. Riesco appena ad afferrare le sue parole.
«Vai così, Lelliot!» mormora. Elliot non
dice niente, una volta tanto costretto a tacere, poi contraccambia calorosamente l’abbraccio del fratello.
“Lelliot”?
«Grazie, Christian» risponde con la voce
un po’ strozzata.
Poi Christian abbraccia anche Kate, ma è
molto impacciato. So che il suo atteggiamento nei confronti di Kate è, nel migliore
dei casi, tollerante e ambiguo, per cui tutto
sommato mi sembra un passo avanti.
Sciogliendosi dall’abbraccio, le sussurra a
voce così bassa che solo lei e io riusciamo a
sentire: «Spero che tu sia felice nel matrimonio quanto lo sono io».
«Grazie, Christian, lo spero anch’io» gli
risponde lei.
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Il cameriere torna con lo champagne e
apre la bottiglia con un gesto plateale ma leggermente trattenuto.
Christian leva il suo flûte per brindare.
«A Kate e al mio caro fratello…
congratulazioni.»
Sorseggiamo tutti il vino… be’ io, in realtà,
lo tracanno d’un fiato. Mmh, il Cristal è così
buono! Mi ricordo la prima volta che l’ho assaggiato al club di Christian, seguito da quel
percorso in ascensore così carico di eventi.
Christian mi lancia uno sguardo interrogativo. «A cosa stai pensando?» mi chiede con
un sussurro.
«Alla prima volta che ho bevuto questo
champagne.»
Il suo sguardo è sempre più incuriosito.
«Eravamo al tuo club» gli rammento.
«Ah, sì, mi ricordo.» Sorride e mi fa
l’occhiolino.
«Elliot, avete già deciso una data?»
cinguetta Mia.
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Lui le lancia uno sguardo esasperato. «Ho
appena chiesto a Kate di sposarmi. Ti terremo informata, d’accordo?»
«Oh, dài, sposatevi a Natale! Sarebbe così
romantico, e poi non rischiereste di dimenticarvi l’anniversario» dice Mia battendo le
mani.
«Ci farò un pensierino» replica Elliot con
un sorrisetto.
«Quando abbiamo finito lo champagne
possiamo andare un po’ in giro per locali?»
Mia si gira e guarda Christian spalancando
gli occhioni marroni.
«Credo che dovremmo chiedere a Kate e a
Elliot che cosa hanno voglia di fare.»
Ci giriamo tutti verso di loro. Elliot alza le
spalle, mentre Kate diventa rossa come un
peperone. Il desiderio sessuale di Kate nei
confronti del fidanzato è così evidente che
per poco non sputo quattrocento dollari di
champagne sul tavolo.
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Lo Zax è il locale più esclusivo di Aspen, almeno a sentire Mia. Christian si avvicina alla
breve coda all’ingresso tenendomi un braccio
intorno alla vita e ci fanno subito entrare. Mi
chiedo se per caso il posto sia suo. Do un’occhiata all’orologio, sono le undici e mezzo di
sera e mi gira un po’ la testa. I due bicchieri
di champagne, insieme a diversi altri di
Pouilly-Fumé bevuti durante la cena, cominciano a fare effetto, e sono contenta che
Christian mi tenga stretta a sé.
«Bentornato, Mr Grey» lo accoglie una
bionda attraente con due gambe lunghissime, pantaloncini di raso nero, camicetta
senza maniche dello stesso colore e farfallino
rosso. Fa un largo sorriso che rivela una perfetta dentatura da ragazza americana, incastonata tra due labbra dello stesso colore del
farfallino. «Max penserà al soprabito.»
Un giovane vestito di nero, ma per fortuna
non di raso, si offre di prendere il mio
soprabito. I suoi occhi scuri sono invitanti.
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Sono l’unica a indossare un soprabito –
Christian ha insistito per farmi mettere il
trench di Mia perché mi coprisse la schiena –
così Max ha a che fare solo con me.
«Bel soprabito» dice, senza levarmi gli occhi di dosso.
Dietro di me Christian si irrigidisce e gli
lancia un’occhiataccia stile ora-levati-daipiedi. Max arrossisce e porge in fretta a
Christian la ricevuta del guardaroba.
«Vi accompagno al tavolo.» Miss Pantaloncini sbatte le ciglia a mio marito, scuote
i lunghi capelli biondi e veleggia
nell’ingresso. Stringo forte Christian, che per
un istante mi guarda con aria interrogativa e
poi mi fa l’occhiolino mentre seguiamo la
bionda all’interno del locale.
Le luci sono soffuse, le pareti nere e gli
arredi rosso cupo. Lungo i muri ci sono dei
séparé e al centro campeggia un bancone da
bar a forma di U. Il locale è pieno, anche se
siamo fuori stagione, ma non eccessivamente
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affollato di ricchi di Aspen in giro a divertirsi. Il codice di abbigliamento è informale,
e per la prima volta mi sento un po’ troppo
ben vestita. O troppo poco, diciamo così. Il
pavimento e le pareti vibrano al suono della
musica che pulsa dalla pista da ballo dietro il
bar e le luci vorticano e lampeggiano…
Miss Pantaloncini ci guida verso un séparé
d’angolo, chiuso con un cordone. È vicino al
bar e dà direttamente sulla pista. È chiaro
che sono i posti migliori del locale.
«Tra poco arriverà qualcuno a prendere le
ordinazioni.» Ci lancia uno dei suoi sorrisi
incendiari e se ne torna sempre veleggiando
da dove è venuta. Mia sta già saltellando da
un piede all’altro, non vede l’ora di cominciare a ballare e Ethan si impietosisce.
«Champagne?» chiede Christian mentre si
avviano verso la pista tenendosi per mano.
Ethan gli risponde alzando i pollici mentre
Mia annuisce con entusiasmo.
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Kate e Elliot si siedono mano nella mano
sui morbidi sedili di velluto. Hanno l’aria felice, i lineamenti distesi e radiosi alla luce
morbida delle piccole candele che guizzano
nei contenitori di cristallo disposti sul tavolino basso. Christian mi fa segno di sedermi e io mi affretto a sistemarmi accanto a
Kate. Lui si siede di fianco a me e comincia a
radiografare nervosamente la sala.
«Fammi vedere l’anello» chiedo a Kate,
alzando la voce per farmi sentire sopra la
musica. Prima che la serata sia finita sarò
completamente rauca. A Kate brillano gli occhi mentre solleva la mano verso di me. È un
gioiello splendido, un solitario inserito in un
castone sottile ma elaborato e circondato da
piccoli diamanti. Ha uno stile un po’ rétro,
vittoriano.
«È meraviglioso.»
Lei annuisce, con lo sguardo rapito, poi si
sporge in avanti e stringe una coscia a Elliot.
Lui si china e la bacia.
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«Prendetevi una stanza, ragazzi!» dico a
voce alta.
Una ragazza con i capelli scuri tagliati corti
e un sorriso malandrino, che indossa i pantaloncini di raso d’ordinanza, viene a prendere le ordinazioni.
«Che cosa bevete?» chiede Christian.
«Stavolta però lascia perdere il conto»
protesta Elliot.
«Non cominciare con queste cazzate, Elliot» ribatte Christian con gentilezza.
Nonostante la proteste di Kate, Elliot e
Ethan, è stato lui a offrire la cena a tutti. Si è
limitato a liquidarli con un gesto e non ha
voluto saperne di lasciar pagare qualcun altro. Gli rivolgo uno sguardo pieno d’amore.
Elliot apre la bocca per replicare ma poi,
forse saggiamente, la richiude.
«Per me una birra» dice.
«Kate?» chiede Christian.
«Champagne, per favore. Il Cristal è delizioso, ma sono sicura che Ethan preferirebbe
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una birra.» Sorride con dolcezza – sì, con
dolcezza! – a Christian. Arde di felicità, la irradia tutt’intorno a sé ed è un piacere crogiolarsi nella sua gioia.
«Ana?»
«Anche per me champagne.»
«Una bottiglia di Cristal, tre Peroni, una
bottiglia di acqua gasata molto fredda e sei
bicchieri» dice in tono sbrigativo.
«Grazie, signore. Arrivo subito.» Miss
Pantaloncini Numero Due gli scocca un’occhiata languida, ma questa volta a Christian
viene risparmiato lo sbattimento di ciglia,
anche se lei arrossisce un po’.
Scuoto la testa, rassegnata. “È mio,
ragazza.”
«Che cosa c’è?» mi chiede Christian.
«Non ti ha sbattuto le ciglia» gli dico con
un sorrisetto.
«Ah. Ma perché, scusa, avrebbe dovuto
farlo?» mi chiede, senza riuscire a nascondere il divertimento.
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«Le donne di solito lo fanno.» Il mio tono
è ironico.
«Sei gelosa, Mrs Grey?» mi chiede
sogghignando.
«Neanche per idea» gli rispondo, un po’
piccata. In quel momento mi rendo conto
che sto iniziando a tollerare che le altre
sbavino dietro mio marito. Be’, più o meno.
Christian mi prende una mano tra le sue e mi
bacia le nocche.
«Non hai motivo di essere gelosa, Mrs
Grey» mi sussurra all’orecchio, e il suo
respiro mi fa venire la pelle d’oca.
«Lo so.»
«Bene.»
La cameriera torna con le ordinazioni e un
attimo dopo sto sorseggiando un altro bicchiere di champagne.
«Tieni.» Christian mi porge un bicchiere
d’acqua. «Bevi.»
Lo guardo con aria interrogativa e riesco a
vedere, più che sentire, il suo sospiro.
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«Tre bicchieri di vino bianco a cena e due
di champagne, e prima, all’ora di pranzo, un
daiquiri alla fragola e due bicchieri di vino.
Bevi, Ana. Adesso.»
Come fa a sapere del cocktail di oggi? Lo
guardo accigliata. Ma devo ammettere che
non ha tutti i torti. Prendo l’acqua e la
tracanno in modo poco elegante per sottolineare la mia protesta per essermi sentita dire
ancora che cosa devo fare. Mi asciugo la
bocca con il dorso della mano.
«Brava bambina» mi dice, sorridendo
compiaciuto. «Mi hai già vomitato addosso
una volta, e non desidero ripetere l’esperienza tanto presto.»
«Non capisco perché ti lamenti. Poi sei
venuto a letto con me.»
Sorride e l’espressione si ammorbidisce.
«Sì, è vero.»
Ethan e Mia sono tornati.
«Ethan ne ha abbastanza, per il momento.
Forza ragazze, buttiamoci in pista. Ci
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mettiamo in posa, facciamo quattro salti e
bruciamo le calorie della mousse al
cioccolato.»
Kate si alza immediatamente. «Tu vieni?»
chiede a Elliot.
«Preferisco stare a guardarti» le risponde.
E mi affretto a distogliere lo sguardo, perché
il modo in cui la osserva mi fa arrossire. Lei
sogghigna mentre mi alzo in piedi.
«Vado a bruciare un po’ di calorie» dico e,
chinandomi verso Christian, gli sussurro
all’orecchio: «Puoi guardarmi».
«Attenta a non piegarti in avanti»
brontola.
«Va bene.» Mi alzo di scatto. Bam, la testa
comincia a girarmi e mi aggrappo alle spalle
di Christian mentre il locale sembra muoversi e inclinarsi leggermente.
«Forse dovresti bere ancora un po’
d’acqua» dice lui, una sfumatura di avvertimento nella voce.
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«Sto bene. È solo che i sedili qui sono
bassi e io ho i tacchi alti.»
Kate mi prende per mano, io faccio un
respiro profondo e, in equilibrio perfetto,
seguo lei e Mia sulla pista.
La musica pulsa: techno, con bassi potenti
e ritmati. La pista non è affollata, e abbiamo
un po’ di spazio. C’è di tutto: un mix di
giovani e meno giovani intenti a ballare fino
all’alba. Non sono mai stata brava a ballare.
A dire la verità, ho cominciato da quando sto
con Christian. Kate mi abbraccia.
«Sono così felice» mi urla per sovrastare la
musica, e poi comincia a ballare. Mia interpreta se stessa: ci guarda e si agita sulla
pista. Cavolo, occupa un sacco di spazio. Mi
giro verso il tavolo. Gli uomini ci stanno
guardando. Inizio a muovermi. Sento il ritmo
della musica martellare. Chiudo gli occhi e
mi lascio andare. Quando li riapro, scopro
che la pista si sta riempiendo. Kate, Mia e io
siamo costrette a stringerci un po’. Mi sto
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divertendo. Comincio a muovermi di più,
trovo un po’ di coraggio… Kate alza i pollici
in segno di apprezzamento, e io le rispondo
con un sorriso scintillante.
Chiudo gli occhi. Come ho fatto a passare i
primi vent’anni della mia vita senza tutto
questo? Ho sempre preferito leggere piuttosto che andare a ballare. “Jane Austen non
aveva a disposizione la musica adatta per
scatenarsi e quanto a Thomas Hardy… accidenti, si sarebbe sentito tremendamente in
colpa perché non stava ballando con la prima
moglie.”
Questi
pensieri
mi
fanno
ridacchiare.
È merito di Christian. È stato lui a farmi
prendere confidenza con il mio corpo e a
farmi capire come muoverlo.
All’improvviso sento due mani sui fianchi.
Sorrido. Christian mi ha raggiunta. Dimeno
un po’ le anche e le mani si muovono, raggiungono il mio sedere e gli danno una bella
strizzata, prima di tornare sui fianchi.
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Apro gli occhi e vedo Mia che mi guarda
con un’espressione piena di orrore. “Faccio
così schifo?” Afferro le mani di Christian.
Sono pelose. “Accidenti… non sono le sue!”
Mi giro ed ecco che su di me troneggia un gigante biondo con un numero esagerato di
denti e un sorriso lascivo.
«Levami le mani di dosso!» Caccio un urlo
molto più forte della musica e divento
paonazza per la rabbia.
«Dài, bella, siamo qui per divertirci.» Il
tipo sorride alzando le mani da scimmione,
gli occhi azzurri brillanti sotto le luci ultraviolette che pulsano.
Prima di rendermene conto, gli mollo un
ceffone.
“Ahia! Che male.” Brucia. «Vattene!» gli
urlo. Mi fissa massaggiandosi la guancia
arrossata. Gli sbatto la mano sana davanti
alla faccia e allargo le dita per fargli vedere
l’anello.
«Sono sposata, imbecille!»
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Lui alza le spalle in modo piuttosto arrogante, e mi rivolge un sorriso svogliato a mo’
di scuse.
Mi guardo intorno. Mia è alla mia destra,
con lo sguardo fisso sul gigante biondo. Kate
è persa nel suo mondo. Christian non è al tavolo. Faccio un passo indietro e mi trovo
davanti un viso molto familiare. Christian mi
mette un braccio intorno alla vita e mi sposta
di fianco a lui.
«Tieni lontane quelle cazzo di mani da mia
moglie» dice. Non sta gridando, ma in qualche modo riesce a farsi sentire nonostante la
musica altissima.
«Guarda che è in grado di badare a se
stessa» urla il gigante biondo. Toglie la mano
dalla guancia e Christian gli tira un pugno. È
come se lo vedessi al rallentatore. Un pugno
alla mascella con un tempismo straordinario,
veloce ma senza spreco di energia. Il gigante
biondo non lo vede arrivare e si affloscia per
terra da rifiuto umano qual è.
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«Christian, no!» gli grido senza fiato, in
preda al panico, e mi piazzo di fronte a lui
per cercare di tenerlo indietro. Accidenti, potrebbe ammazzarlo. «Gliele ho già date io»
urlo, cercando di farmi sentire. Christian non
mi guarda. Sta fissando il mio molestatore, e
nei suoi occhi brilla una cattiveria che non gli
avevo mai visto prima. O forse una volta sì,
quando Jack Hyde ci ha provato con me.
Gli altri danzatori si spostano verso l’esterno della pista come onde in uno stagno e
creano un po’ di spazio intorno a noi, cercando di tenersi a distanza di sicurezza. Il gigante biondo si sta rialzando, quando Elliot
ci raggiunge.
Kate è accanto a me, e ci guarda a bocca
aperta. Elliot afferra il braccio di Christian,
ed ecco arrivare anche Ethan.
«Rilassati, d’accordo? Non volevo fare niente di male.» Il gigante biondo si ripara con
le mani alzate e batte rapidamente in ritirata.
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Christian lo segue con lo sguardo finché non
è lontano dalla pista. Non mi guarda.
La musica cambia: dalla canzone piuttosto
esplicita Sexy Bitch si passa a un brano
techno molto ritmato, con una donna che
canta con voce eccitata. Elliot guarda me, poi
Christian. Gli lascia andare il braccio e riporta Kate a ballare. Finalmente Christian
mi guarda. Ha gli occhi scintillanti, un lampo
primitivo e selvaggio nello sguardo. Per una
frazione di secondo sembra un adolescente
rissoso. “Porca miseria.”
Mi scruta in volto. «Tutto bene?» chiede,
alla fine.
«Sì.» Mi sfrego il palmo tentando di attenuare il bruciore e gli appoggio le mani sul
petto. Tremano. Non avevo mai picchiato
nessuno prima d’ora. Che cosa mi è preso?
Toccarmi non è mica un crimine contro
l’umanità, no?
Però in fondo so perché l’ho colpito. Perché sapevo istintivamente quale sarebbe
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stata la reazione di Christian nel vedere qualcuno che mi metteva le mani addosso.
Sapevo benissimo che avrebbe perso il suo
prezioso autocontrollo. E il pensiero che il
primo cretino che passa può far perdere la
pazienza a mio marito, al mio amore… be’,
mi fa impazzire di rabbia. Letteralmente.
«Vuoi sederti?» mi chiede Christian, sovrastando il pulsare della musica.
“Ritorna da me, ti prego…”
«No. Vieni a ballare.»
Mi osserva impassibile, senza dire niente.
“Toccami…” canta la donna.
«Balla con me.» Ma lui è ancora arrabbiato. «Balla, Christian, per favore.» Gli
prendo le mani. Sta ancora guardando con
odio il tipo di prima, ma io inizio a
muovermi contro di lui, ballandogli intorno.
La gente torna ad affollare la pista, anche
se intorno a noi c’è una zona libera.
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«Gli hai dato uno schiaffo?» chiede Christian, rigido come un palo. Gli prendo le mani
chiuse a pugno.
«Certo che sì. All’inizio l’ho scambiato per
te, ma aveva le mani più pelose. Per favore,
balla con me.»
Christian mi guarda, e lentamente il fuoco
nei suoi occhi cambia in qualcos’altro, diventando più cupo, più caldo. All’improvviso
mi afferra i polsi e mi attira a sé, bloccandomi le mani dietro la schiena.
«Vuoi ballare? Allora balliamo» mi
ringhia, e mentre muove il bacino contro di
me non posso far altro che assecondarlo,
perché continua a bloccarmi le mani dietro la
schiena.
Christian si sa muovere, decisamente. Mi
tiene vicina e non mi lascia andare, ma a
poco a poco allenta la stretta sulle mie mani,
liberandomi. Risalgo lungo le sue braccia;
sento i muscoli sodi sotto la giacca e arrivo
alle spalle. Lui mi attira a sé e io seguo i suoi
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movimenti, mentre balla sensuale e lento con
me, a tempo con il ritmo pulsante della
musica.
Quando mi prende la mano e mi fa girare
in un senso e nell’altro, capisco che è tornato
da me. Sorrido. Mi sorride.
Ballare insieme è liberatorio. Ha dimenticato la rabbia, oppure l’ha solo repressa, e mi
fa girare con consumata abilità nel nostro
piccolo spazio sulla pista, senza mai fermarsi. Mi rende aggraziata. Mi rende sexy,
perché lui è sexy. Mi fa sentire amata, perché, nonostante le sue cinquanta sfumature,
ha tanto amore da dare. A guardarlo ora,
mentre si sta divertendo, si potrebbe credere
che non abbia pensieri. Ma io so che sul suo
amore grava l’ombra dell’iperprotettività e
del controllo, eppure non per questo lo amo
di meno.
Quando la musica cambia di nuovo, sono
senza fiato.
«Ci sediamo?» dico ansante.
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«Certo.» Mi conduce fuori dalla pista.
«Adesso sono tutta calda e sudata, per
colpa tua» gli sussurro mentre ritorniamo al
tavolo.
Mi circonda con le braccia. «Mi piaci calda
e sudata. Anche se preferisco che diventi così
in privato» dice facendo le fusa, e sulle labbra gli spunta un sorriso lascivo.
Quando mi siedo, è come se l’incidente
sulla pista non fosse mai successo. Sono sorpresa che non ci abbiano cacciati dal locale.
Nessuno ci sta osservando. Non c’è traccia
del gigante biondo. Kate e Elliot sono indecenti sulla pista, Ethan e Mia molto meno.
Bevo un sorso di champagne.
«Tieni.» Christian mi mette davanti un altro bicchiere d’acqua e mi fissa, in attesa.
“Bevilo. Adesso.” Gli obbedisco.
Prende una bottiglia di Peroni dal secchiello del ghiaccio sul tavolo e beve un lungo
sorso.
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«E se ci fossero stati dei giornalisti?»
chiedo.
Christian capisce immediatamente che mi
riferisco al KO con cui ha steso il gigante
biondo.
«Ho dei bravi avvocati» dice freddamente,
trasformandosi all’improvviso nella personificazione dell’arroganza.
Lo guardo preoccupata. «Ma la legge vale
anche per te, Christian. Avevo la situazione
sotto controllo.»
Mi gela con lo sguardo. «Quello che è mio
non si tocca» dice con agghiacciante perentorietà, come se non riuscissi a capire una
cosa ovvia.
“Ah…” Bevo un po’ di champagne. All’improvviso mi sento sopraffatta. La musica è
troppo alta, ho mal di testa, i piedi mi fanno
male e ho le vertigini.
Mi prende per mano. «Forza, andiamo. Ti
porto a casa.» Kate e Elliot ci raggiungono.
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«State andando?» chiede Kate con una
nota di speranza.
«Sì» risponde Christian.
«Bene, veniamo con voi.»
Mentre aspettiamo al guardaroba che Christian recuperi il mio soprabito, Kate mi fa il
suo terzo grado.
«Che cosa è successo con quel tipo sulla
pista?»
«Mi stava palpando.»
«L’hai colpito in un batter d’occhio.»
Mi stringo nelle spalle. «Be’, sapevo che
Christian si sarebbe scaldato parecchio, e che
avrebbe anche potuto rovinare la vostra
serata.» Sto ancora riflettendo su che cosa
provo riguardo al comportamento di Christian. Al momento ho temuto che finisse anche
peggio.
«La nostra serata» puntualizza lei. «È un
po’ una testa calda, vero?» aggiunge poi seccamente, guardando Christian che recupera
il soprabito.
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Sbuffo e sorrido. «Non posso negarlo.»
«Mi sembra che tu riesca a gestirlo bene.»
«Gestirlo?» Aggrotto le sopracciglia. Gestire Christian? Io?
«Ecco qui.» Christian mi tiene il soprabito
e mi aiuta a indossarlo.
«Svegliati, Ana.» Christian mi scuote leggermente. Siamo arrivati a casa. Apro gli occhi,
riluttante, ed esco barcollando dal furgoncino. Kate e Elliot sono spariti, e Taylor è in
paziente attesa accanto al veicolo.
«Devo prenderti in braccio?» chiede
Christian.
Faccio cenno di no con la testa.
«Vado a prendere Miss Grey e Mr
Kavanagh» dice Taylor.
Christian annuisce, poi mi guida verso l’ingresso. I piedi mi fanno male e incespico.
Davanti alla porta si china, mi afferra la caviglia e mi sfila delicatamente prima una
scarpa, poi l’altra. “Oh, che sollievo.” Si rialza
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e mi guarda, con le mie Manolo Blahnik in
mano.
«Meglio?» chiede divertito.
Annuisco.
«Queste mi hanno suscitato visioni deliziose» mormora, guardando pensoso le scarpe.
Scuote la testa e, sempre prendendomi la
mano, mi conduce nella casa ancora buia, su
per le scale, fino in camera da letto.
«Sei distrutta, vero?» mi chiede
dolcemente.
Annuisco. Inizia a slacciarmi la cintura del
soprabito.
«Faccio da sola» mormoro, con un blando
tentativo di allontanarlo.
«Lascia fare a me.»
Sospiro. Non mi ero resa conto di essere
così stanca.
«È colpa dell’altitudine. Non ci sei
abituata. E del bere, ovviamente.» Fa un sorrisetto, mi toglie il soprabito e lo getta su una
delle sedie della camera. Mi prende per
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mano e mi porta in bagno. “Che ci andiamo a
fare?”
«Siediti» mi dice.
Obbedisco. Lo sento trafficare con le boccette del mobiletto. Sono troppo stanca per
guardare. Dopo un attimo mi tira indietro la
testa e io apro gli occhi per la sorpresa.
«Occhi chiusi» mi dice. “Oh, cavolo!”: ha
in mano un batuffolo di cotone! Me lo passa
delicatamente sull’occhio destro. Rimango
sbalordita: mi sta struccando per bene.
«Ah, questa è la donna che ho sposato»
dice dopo alcune passate.
«Non ti piace il trucco?»
«Abbastanza, ma preferisco quel che c’è
sotto.» Mi bacia la fronte. «Tieni. Prenditi
queste.» Mi mette nel palmo della mano
qualche pastiglia di analgesico e mi porge un
bicchier d’acqua.
Faccio il broncio.
«Prendile» mi ordina.
Alzo gli occhi al cielo, ma obbedisco.
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«Bene. Hai bisogno della tua privacy?» mi
chiede beffardo.
Sbuffo. «Sei diventato timido, Mr Grey. Sì,
devo fare la pipì.»
Ride. «Quindi vuoi che esca…»
Faccio una risatina. «Vuoi stare qui?»
Piega la testa di lato, con espressione
divertita.
«Sei un pervertito figlio di puttana. Fuori.
Non voglio che mi guardi. È davvero
troppo.» Mi alzo e lo mando via con un
cenno della mano.
Quando esco dal bagno, Christian indossa
solo i pantaloni del pigiama. Osservo rapita il
suo petto, i muscoli, il ciuffo di peli che
spunta dall’elastico. Mi fa impazzire.
«Ti piace quello che vedi?» mi chiede
sarcasticamente.
«Sempre.»
«Credo che tu sia un po’ ubriaca, Mrs
Grey.»
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«Una volta tanto sono d’accordo con te,
Mr Grey.»
«Lascia che ti aiuti a togliere quel poco di
vestito che hai. Dovrebbero scrivere
sull’etichetta che fa male alla salute.» Mi fa
girare e slaccia l’unico bottone sulla nuca.
«Eri così arrabbiato» dico in un soffio.
«Sì, lo ero.»
«Con me?»
«No, non con te.» Mi bacia una spalla.
«Una volta tanto.»
Sorrido. Facciamo progressi. «È un buon
risultato.»
«Sì.» Mi bacia l’altra spalla, poi mi sfila il
vestito, che mi sfiora la schiena e cade sul pavimento. Nel frattempo, mi toglie anche le
mutandine, lasciandomi nuda.
«Fuori di lì» mi ordina, ed esco dal vestito,
stringendogli la mano per tenermi in
equilibrio.
Lui getta il vestito e le mutandine sulla sedia dove c’è il soprabito di Mia.
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«Alza le braccia» dice dolcemente. Mi infila la sua T-shirt e la tira giù. Mi prende fra
le braccia e mi bacia, il mio fiato profumato
alla menta che si mescola al suo.
«Ho una dannata voglia di mettertelo dentro come si deve, Mrs Grey, ma hai bevuto
troppo, sei a quasi duemilacinquecento metri
di altitudine e la scorsa notte non hai
dormito bene. Forza. A nanna.» Scosta la
trapunta e io salgo sul letto. Mi copre e mi
bacia un’altra volta la fronte.
«Chiudi gli occhi. Quando ritorno, voglio
trovarti addormentata.» È una minaccia, un
ordine… è Christian.
«Non andartene» lo imploro.
«Devo fare alcune telefonate, Ana.»
«È sabato. È tardi. Per favore.»
Si passa le mani tra i capelli. «Ana, se
vengo a letto con te adesso, non riuscirai a riposarti. Dormi.» È irremovibile. Chiudo gli
occhi e le sue labbra mi sfiorano ancora una
volta la fronte.
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«Buonanotte, piccola» sussurra.
Le immagini della giornata trascorsa mi
passano davanti agli occhi come una serie di
flash: Christian che mi porta in braccio
sull’aereo; la sua ansia che la casa mi faccia
buona impressione; quando abbiamo fatto
l’amore oggi pomeriggio; il bagno; la sua
reazione al mio vestito; quando ha steso il gigante biondo… Il mio palmo brucia e trema
ancora al ricordo. E poi Christian che mi
mette a letto.
Chi l’avrebbe detto? Faccio un gran sorriso, e la parola “progresso” mi attraversa la
mente mentre scivolo nel sonno.
15
Ho troppo caldo, e anche Christian è caldo.
Ha la testa appoggiata sulla mia spalla, e mi
respira dolcemente sul collo mentre dorme,
le gambe intrecciate alle mie e il braccio intorno alla mia vita. Sono ancora semiaddormentata, e mi rendo conto che svegliandomi completamente sveglierei anche lui,
che non dorme abbastanza. La mia mente
appannata vaga tra gli eventi di ieri sera. Ho
bevuto troppo, ragazzi… ho bevuto davvero
troppo. Sono stupita che Christian me l’abbia
lasciato fare. Sorrido, al ricordo di come mi
ha messa a letto. È stato dolce, anzi dolcissimo, e inatteso. Faccio un rapido inventario
mentale di come mi sento. Pancia? A posto.
Testa? Sembra strano, però è a posto, ma
confusa. Il palmo della mano è ancora
arrossato da ieri sera. Cavolo! Penso
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oziosamente ai palmi di Christian quando mi
ha sculacciata. Mi agito un po’ e lui si sveglia.
«C’è qualcosa che non va?» I suoi occhi
cercano i miei.
«Nulla. Buongiorno.» Gli passo le dita tra i
capelli.
«Mrs Grey, sei splendida stamattina» dice,
dandomi un bacio sulla guancia.
«Grazie per esserti preso cura di me ieri
sera.»
«Mi piace prendermi cura di te. È esattamente quello che voglio» replica tranquillo, ma i suoi occhi lo tradiscono con un
lampo di trionfo. È come se avesse vinto le
Olimpiadi, o i campionati di football.
«Mi hai trattata come una regina.»
«Perché lo sei» mormora, e io sento un
tuffo al cuore.
Mi stringe le mani e ho un fremito. Mi lascia andare immediatamente, un po’ allarmato. «È per via del pugno?» mi chiede. Il
suo sguardo si incupisce, mentre mi osserva,
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e la sua voce si vena improvvisamente di
rabbia.
«Gli ho dato solo uno schiaffo. Non era un
pugno.»
«Quel figlio di puttana!»
“Pensavo che avessimo già risolto la questione ieri sera.”
«Non riesco a sopportare che ti abbia
toccata.»
«Non mi ha fatto male, è stato solo inopportuno. Sto bene, Christian. Ho solo la
mano un po’ arrossata, tutto qui. Tu sai di
sicuro che cosa si prova…» Faccio un sorriso
malizioso e sul suo volto compare un’espressione di divertita sorpresa.
«Già, Mrs Grey, è una sensazione che mi è
molto familiare.» Fa una smorfia scherzosa.
«Potrei riabituarmici in un attimo, se per
caso tu lo volessi.»
«Oh, metti via la tua mano che prude, Mr
Grey.» Gli accarezzo la faccia con la mano
dolorante, le dita sulle basette. Gliele tiro
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delicatamente. Si distrae, mi prende la mano
e mi dà un tenero bacio sul palmo. Miracolosamente, il dolore scompare.
«Perché ieri sera non mi hai detto che ti
faceva male la mano?»
«Non la sentivo proprio. Ma adesso è passato tutto.»
Il suo sguardo si addolcisce e le labbra si
piegano in una smorfia. «Come ti senti?»
«Meglio di quanto mi merito.»
«Hai proprio un bel gancio destro, Mrs
Grey.»
«Farai bene a ricordartene, Mr Grey.»
«Ah, davvero?» Si gira improvvisamente, e
me lo ritrovo sopra, che mi preme sul materasso e mi tiene i polsi sopra la testa. Mi fissa
dall’alto.
«Prima o poi ti sfiderò nella lotta, Mrs
Grey. In realtà sottometterti a letto è una
delle mie fantasie.» Mi bacia la gola.
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«Pensavo che tu mi sottomettessi continuamente» dico ansimando, mentre mi
mordicchia il lobo.
«Mmh… ma non mi dispiacerebbe un po’
di resistenza» mormora, sfiorandomi la mascella con il naso.
“Resistenza?” Mi irrigidisco. Lui smette,
mi lascia le mani e si puntella sui gomiti.
«Vuoi fare la lotta? Qui?» sussurro, cercando di contenere la sorpresa… be’, lo
shock. Annuisce, con gli occhi socchiusi ma
attento a ogni mia reazione.
«Adesso?»
Si stringe nelle spalle, e mi rendo conto
che l’idea si sta facendo strada nella sua
testa. Mi rivolge il suo sorriso timido e annuisce di nuovo, lentamente.
Il suo corpo teso è sopra di me e la sua
erezione preme sulla mia carne morbida e
vogliosa, distraendomi. Che cos’è esattamente? Una rissa? Una fantasia? Mi farà
male?
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«Era questo che intendevi quando parlavi
di andare a letto arrabbiati?»
Annuisce per la terza volta, con aria
guardinga.
Mmh, Christian vuole farmi scoprire le
carte.
«Non morderti il labbro» mi ordina.
Obbediente, lo lascio andare. «Credo che
tu mi abbia messo in una condizione di
svantaggio, Mr Grey.» Gli faccio gli occhi
dolci e mi dimeno sotto di lui in modo provocante. Potrebbe essere divertente.
«Svantaggio?»
«Mi hai già messa nella posizione che
volevi, no?»
Con un sorrisetto preme l’inguine contro
di me.
«Un punto per te, Mrs Grey» mormora e
mi bacia rapidamente sulle labbra. Si gira di
colpo, mi trascina con sé e mi ritrovo a cavalcioni sopra di lui. Gli afferro le mani e gliele
blocco ai lati della testa, senza far caso al
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dolore che proviene dalla mano acciaccata. I
miei capelli ricadono come un velo su di noi
e io scuoto la testa per fargli il solletico con le
punte. Lui gira il volto, ma non tenta di
fermarmi.
«Vuoi giocare pesante, eh?» gli chiedo,
strusciando il pube contro il suo.
Spalanca la bocca e inspira bruscamente.
«Sì.» La risposta è un sibilo, e gli lascio
andare le mani.
«Aspetta.» Mi allungo per prendere il bicchiere d’acqua sul comodino di fianco al
letto: Christian deve averlo lasciato lì. L’acqua è fredda e piena di bollicine, troppo
fredda per essere lì da un po’. Mi chiedo
quando sia venuto a letto.
Mentre bevo un lungo sorso le dita di
Christian disegnano piccoli cerchi sulle mie
cosce dandomi un leggero fremito sulla pelle,
poi strizzano il mio sedere scoperto.
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Prendo spunto dal suo sterminato repertorio, mi piego in avanti e lo bacio, versando
l’acqua fresca dalla mia bocca alla sua.
Lui la manda giù. «Davvero squisita, Mrs
Grey» mormora, con un sorriso giocoso da
ragazzino.
Dopo aver rimesso il bicchiere sul comodino, tolgo le sue mani dal mio sedere e
gliele blocco di nuovo sopra la testa.
«Dunque si suppone che io sia non consenziente, giusto?» gli chiedo, con un sorrisetto compiaciuto.
«Esatto.»
«Non sono un granché come attrice.»
Lui sogghigna. «Be’, provaci.»
Mi abbasso e gli do un bacio casto. «D’accordo, giochiamo un po’» mormoro, mentre
gli accarezzo la mascella con la bocca e sento
la corta barba ispida tra la lingua e i denti.
Christian emette un verso gutturale basso
e sexy, poi si muove ribaltandomi sul letto
accanto a lui. Lancio un grido di sorpresa e
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lui è già sopra di me; comincio a lottare
mentre cerca di afferrarmi i polsi. Appoggio
le mani sul suo petto e spingo con forza nel
tentativo di spostarlo, mentre lui si dà da
fare per aprirmi le gambe con il ginocchio.
Continuo a spingere sul suo petto – “Accidenti, quanto pesa!” – ma lui non cede di un
millimetro e neppure si irrigidisce, come
avrebbe fatto in passato. “Gli piace!” Cerca di
afferrarmi i polsi e alla fine riesce a bloccarne uno, nonostante i miei coraggiosi tentativi di liberarlo a strattoni. È la mano che
mi fa male, così finisco con il cedere, ma con
quella libera gli afferro i capelli e tiro forte.
«Ahia!» Si libera la testa e mi fissa con uno
sguardo feroce e sensuale.
«Selvaggia!» mi sussurra, con la voce velata di piacere e lussuria.
Il mio desiderio esplode in reazione a
queste parole appena sussurrate e smetto di
recitare. Ricomincio a lottare per liberare la
mano dalla sua stretta e nello stesso tempo
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cerco di agganciarlo tra le caviglie e di
levarmelo di dosso. È troppo pesante. “Uffa!”
È frustrante, e anche eccitante.
Con un grugnito Christian riesce a catturarmi anche l’altra mano. Mi stringe i polsi
con la sinistra e con la destra vaga con comodo, quasi con insolenza, su e giù per il
mio corpo, tastando e accarezzando dove
capita e strizzandomi i capezzoli quando ci
passa vicino.
Per tutta risposta mi metto a strillare,
mentre brevi e acute fitte di piacere mi attraversano il corpo. Faccio un altro inutile tentativo di liberarmi, ma lui mi è troppo
addosso.
Quando cerca di baciarmi, muovo di scatto
la testa di lato per impedirglielo. Subito la
sua mano insolente lascia l’orlo della mia Tshirt per afferrarmi il mento e tenermi ferma
mentre mi accarezza la mascella con la
bocca, rispecchiando esattamente quello che
gli ho fatto io poco prima.
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«Oh, piccola, difenditi» sussurra.
Mi contorco e mi divincolo cercando di liberarmi dalla sua stretta impietosa, ma è
inutile. È decisamente più forte di me. Mi
morde delicatamente il labbro inferiore e
cerca di infilarmi la lingua in bocca. Mi accorgo di non volergli resistere. Lo voglio…
ora, come sempre. Smetto di lottare e gli
restituisco il bacio con passione. Non mi interessa se non mi sono lavata i denti, non mi
interessa se avremmo dovuto fare un gioco
un po’ speciale. È desiderio puro e semplice
quello che mi scorre nelle vene, e ne vengo
travolta. Libero le caviglie, gli circondo la
vita con le gambe e uso i talloni per abbassargli il pigiama sul sedere.
«Ana» ansima, e mi bacia dappertutto.
Non stiamo più lottando. Siamo mani,
lingue, carezze, incalzati dall’urgenza.
«Nuda» mi dice, con un mormorio rauco e
il respiro affannoso. Mi tira su a sedere e mi
sfila la T-shirt con un solo agile movimento.
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«Anche tu» gli sussurro mentre sono seduta. Gli afferro il davanti del pigiama e
glielo tiro giù, liberando la sua erezione. Lo
afferro e stringo. È duro. L’aria gli sibila tra i
denti mentre lui inspira bruscamente, e la
sua reazione non fa che aumentare il mio
piacere.
«Ti scopo» mormora. Si piega all’indietro,
mentre io lo tiro e lo stringo con forza, facendo scorrere la mano su e giù. Sentendo
affiorare una gocciolina sulla punta, la
spalmo con movimenti circolari del pollice.
Mentre mi distende sul materasso mi faccio
scivolare il pollice in bocca per sentire il suo
sapore, con le sue mani che esplorano il mio
corpo, mi accarezzano i fianchi, lo stomaco, i
seni.
«Sa di buono?» mi chiede sospeso sopra di
me, con gli occhi che brillano.
«Sì, assaggia.» Gli spingo il pollice in
bocca e lui lo succhia mordendo il polpastrello. Con un gemito gli afferro la testa e lo
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attiro verso di me per baciarlo. Lo circondo
con le gambe e gli sfilo i pantaloni del pigiama con i piedi, poi lo cullo, sempre tenendogli le gambe intorno alla vita. Le sue labbra mi sfiorano la guancia e poi il mento,
mordicchiandomi.
«Sei meravigliosa.» Scende più in basso
con la testa fino alla base della gola. «Hai
una pelle stupenda.» Respira piano mentre
le sue labbra scendono verso il mio seno.
«Christian.» Sento il tono implorante della
mia voce e gli metto le mani nei capelli.
«Ssh» sussurra, e disegna con la lingua dei
cerchi intorno a un capezzolo prima di infilarselo in bocca e tirare forte.
«Ah!» Gemo e mi dimeno, inarcando il bacino per tentarlo. Sogghigna con la bocca
sulla mia pelle e concentra la sua attenzione
sull’altro seno.
«Impaziente, Mrs Grey?» Poi comincia a
succhiarmi con energia il capezzolo. Gli tiro i
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capelli. Lui geme e alza lo sguardo. «Adesso
ti lego» mi avvisa.
«Prendimi» lo imploro.
«Ogni cosa a suo tempo» mormora contro
la mia pelle. Muove la mano con una lentezza
esasperante verso la mia anca mentre continua a darsi da fare con la bocca sul
capezzolo. Gemo forte, i respiri diventano
brevi e profondi, e cerco ancora una volta di
attirarlo dentro di me spingendomi contro di
lui. È grosso, duro e molto vicino al culmine,
ma lui se la sta prendendo dannatamente comoda con me.
“Al diavolo.” Ricomincio a divincolarmi e a
contorcermi, decisa a togliermelo di dosso.
«Ma che…?»
Christian mi afferra le mani e le blocca
premendole sul letto, sono lì con le braccia
spalancate e lui appoggia tutto il suo peso su
di me, sottomettendomi completamente.
Sono senza fiato, eccitatissima.
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«Non volevi un po’ di resistenza?» gli
chiedo, ansimando. Si ritrae, sempre sospeso
sopra di me e mi osserva, continuando a
bloccarmi i polsi con le mani. Gli appoggio i
talloni sul sedere e spingo. Non si muove.
“Uffa!”
«Non vuoi proprio fare la brava?» mi
chiede, un po’ sorpreso, con lo sguardo acceso d’eccitazione.
«Voglio solo che tu faccia l’amore con me,
Christian.» Come fa a essere così ottuso?
Prima lottiamo e ce le diamo di santa ragione, poi è tutto dolce e tenero. Mi confonde. Sono a letto con Mr Lunatico.
«Ti prego.» Premo i talloni contro la sua
schiena ancora una volta. I suoi ardenti occhi
grigi cercano i miei. Per un attimo la sua espressione è stupita, confusa. Mi lascia andare
le mani e si siede sui calcagni, attirandomi in
grembo.
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«D’accordo Mrs Grey, lo faremo a modo
tuo.» Mi solleva e lentamente mi fa scendere
su di lui, mettendomi a cavalcioni.
«Ah!» Ecco. È questo che voglio. È di
questo che ho bisogno. Gli circondo il collo
con le braccia e gli infilo le dita tra i capelli,
godendomi la sensazione di averlo dentro di
me. Inizio a muovermi. Prendo il controllo e
trascino Christian nel mio ritmo, alla mia velocità. Lui geme, le sue labbra cercano le mie
e all’improvviso siamo persi l’uno nell’altra.
Passo le dita tra i peli del petto di Christian.
È sdraiato sulla schiena, immobile e silenzioso al mio fianco, tutti e due stiamo riprendendo fiato. Tamburella ritmicamente con la
mano lungo la mia schiena.
«Sei silenzioso» sussurro e gli bacio la
spalla. Gira il viso verso di me e mi guarda,
con un’espressione impenetrabile. «È stato
divertente.» “Accidenti… c’è qualcosa che
non va?”
«Tu mi confondi, Ana.»
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«Ti confondo?»
Si sposta, così ora siamo di fronte. «Sì. Tu
che comandi. È… una cosa nuova.»
«Ma buona o cattiva?» Gli passo un dito
sulle labbra. Si acciglia, come se non capisse
fino in fondo la domanda. Mi bacia distrattamente il dito.
«Buona» mi risponde, ma non sembra
convinto.
«Non l’hai mai avuta prima questa fantasia?» gli chiedo arrossendo. Sono davvero
sicura di volerne sapere di più sulla caleidoscopica vita sessuale di mio marito prima di
incontrare me? Il mio subconscio sembra
davvero preoccupato.
«No, Anastasia. Tu puoi toccarmi.» È una
spiegazione semplice, ma dice tutto. Di certo
la numero quindici non poteva.
«Anche Mrs Robinson poteva toccarti.»
Sussurro le parole prima che il cervello registri quello che ho detto.
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Lui si irrigidisce. Spalanca gli occhi e assume la sua espressione da oh-no-e-adessodove-vuole-arrivare. «Era una cosa diversa»
mormora.
E di colpo voglio sapere. «Buona o
cattiva?»
Mi fissa. Incertezza e, forse, dolore gli attraversano il volto e per un attimo sembra un
uomo sul punto di annegare.
«Cattiva, credo.» Le sue parole si sentono
appena.
«Pensavo che ti piacesse.»
«Mi piaceva. Allora.»
«E adesso non ti piace più?»
Continua a fissarmi, con gli occhi spalancati, poi scuote lentamente la testa.
“Oddio…” «Oh, Christian.» Sono sopraffatta da una marea di emozioni che mi sommerge. Il mio bambino smarrito. Mi getto su
di lui e gli bacio il viso, la gola, il petto, le piccole cicatrici tonde. Geme e mi attira contro
di sé, baciandomi con passione. E con molta
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lentezza e tenerezza, con il suo ritmo, fa di
nuovo l’amore con me.
«Ana “Tyson”, quando vuole è in grado di
battere chiunque!» Ethan applaude mentre
entro in cucina per fare colazione. È seduto
con Mia e Kate al bancone, mentre Mrs Bentley sta cucinando i waffle. Nessuna traccia di
Christian.
«Buongiorno, Mrs Grey.» Mrs Bentley mi
saluta con un sorriso. «Che cosa gradisce per
colazione?»
«Buongiorno. Quello che c’è andrà benissimo, grazie. Dov’è Christian?»
«È uscito.» Kate indica con la testa il
giardino. Mi avvicino alla finestra da cui si
vedono il giardino e le montagne più in là. È
una giornata serena, il cielo è color cobalto e
il mio meraviglioso marito è qualche metro
più in là impegnato in un’animata discussione con un tizio.
«Sta parlando con Mr Bentley» dice Mia, a
voce alta. Mi giro a guardarla, distratta dal
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suo tono arrabbiato. Lancia uno sguardo carico di veleno a Ethan. “Oddio! Ma cosa sta
succedendo tra quei due?” Accigliata, concentro di nuovo l’attenzione su mio marito e
Mr Bentley.
Il marito di Mrs Bentley è biondo con gli
occhi scuri, e ha il fisico asciutto e muscoloso. Indossa pantaloni da lavoro e una
maglietta dei pompieri di Aspen. Christian
ha la T-shirt e i jeans neri. Camminano
lentamente sul prato davanti alla casa, presi
nella loro conversazione, e a un certo punto
Christian si china per raccogliere quella che
sembra una canna di bambù portata lì dal
vento, o dimenticata tra i fiori. Si ferma e
distrattamente la tiene sollevata lontano dal
corpo, come per valutarne con attenzione il
peso, poi la usa per dare un colpo secco
nell’aria, solo uno.
Mr Bentley non sembra trovare nulla di
strano in quel comportamento. I due continuano la loro discussione; ora si sono
706/1287
avvicinati alla casa, quindi si fermano di
nuovo e Christian ripete il gesto di prima. La
punta della canna colpisce il terreno. Christian alza lo sguardo e mi vede alla finestra. Di
colpo mi sento come se lo stessi spiando. Lui
si blocca e io gli faccio un saluto un po’ imbarazzato, poi mi volto e torno al bancone
della colazione.
«Che cosa stavi facendo?» mi chiede Kate.
«Stavo solo guardando Christian.»
«Che cotta che hai preso!» sbuffa.
«Perché tu no, futura cognatina?» le
rispondo sogghignando e cercando di togliermi dalla mente l’inquietante vista di Christian con una canna in mano. Sussulto
quando Kate si alza di colpo e viene ad
abbracciarmi.
«Praticamente sorelle!» esclama, e non è
facile evitare di essere travolti dalla sua gioia.
«Ciao, dormigliona.» Christian mi sveglia.
«Stiamo per atterrare. Allacciati la cintura.»
707/1287
Ancora assonnata mi metto ad armeggiare
con la cintura, ma è Christian ad allacciarla
per me. Mi dà un bacio sulla fronte prima di
rimettersi a sedere. Gli appoggio di nuovo la
testa sulla spalla e chiudo gli occhi.
Un’escursione inverosimilmente lunga e
un picnic in cima a una montagna spettacolare mi hanno distrutta. Anche il resto della
compagnia è tranquillo, persino Mia. È tutto
il giorno che ha l’aria abbattuta. Mi chiedo
come stiano andando le manovre per conquistare Ethan. Colgo il suo sguardo e le faccio un sorrisino, “Tutto bene?”. Mi
restituisce un breve sorriso triste, poi torna
al suo libro. Sbircio Christian. Sta lavorando
a un contratto, o qualcosa del genere, continua a rileggerlo e a scrivere annotazioni a
margine. Ma ha l’aria rilassata. Elliot russa
piano accanto a Kate.
Devo ancora mettere Elliot con le spalle al
muro e interrogarlo su Gia, ma finora è stato
impossibile staccarlo da Kate. A Christian la
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cosa non interessa più di tanto, quindi non
gli farà domande. È irritante, ma non ho
fatto pressione. Ci siamo divertiti troppo. Elliot tiene la mano appoggiata sul ginocchio di
Kate con un gesto possessivo. Lei è radiosa, e
pensare che solo ieri pomeriggio era piena di
dubbi su di lui. Com’è che l’ha chiamato
Christian? Lelliot. Un nomignolo di famiglia,
forse? È carino, molto meglio di
“puttaniere”. All’improvviso Elliot apre gli
occhi e mi guarda dritto in faccia. Arrossisco,
colta in flagrante mentre lo fissavo.
Fa un sorrisetto. «Mi piace come arrossisci, Ana» dice sfottendomi mentre si stiracchia. Kate mi gratifica del suo sguardo da
gatto che si è appena mangiato il canarino.
Il secondo pilota Beighley annuncia che ci
stiamo avvicinando all’aeroporto di Seattle e
Christian mi prende una mano tra le sue.
«Com’è stato il tuo weekend, Mrs Grey?» mi
chiede Christian appena saliti sull’Audi che
709/1287
ci riporterà all’Escala. Taylor e Ryan sono seduti davanti.
«Ottimo, grazie.» Di colpo mi sento un po’
timida.
«Possiamo andarci quando vogliamo. E
portare con noi chiunque tu voglia.»
«Dovremmo invitare Ray. A lui piace
pescare.»
«Buona idea.»
«E per te com’è stato?» gli domando.
«Molto buono» mi risponde dopo un attimo, sorpreso dalla mia domanda, credo.
«Davvero.»
«Sembravi rilassato.»
Si stringe nelle spalle. «Sapevo che tu eri
al sicuro.»
Mi rabbuio. «Christian, io sono quasi
sempre al sicuro. Se continui a essere così
ansioso, ti verrà un colpo prima dei quarant’anni. E io voglio invecchiare insieme a
te.» Gli stringo una mano. Mi guarda come
se non capisse di cosa sto parlando. Mi dà un
710/1287
bacio delicato sulle nocche e poi cambia
argomento.
«Come va la tua mano?»
«Molto meglio, grazie.»
Sorride. «Ottimo, Mrs Grey. Sei pronta ad
affrontare di nuovo Gia?»
“Oh, merda.” Mi ero dimenticata che
stasera dobbiamo vederla per la revisione del
progetto finale. Alzo gli occhi al cielo. «Forse
è meglio che io ti tenga un po’ in disparte, al
sicuro» gli dico facendo una smorfia.
«Vuoi proteggermi?» Christian si mette a
ridere.
«Come sempre, Mr Grey. Da ogni genere
di predatore sessuale» gli rispondo
sussurrando.
Mentre mi infilo sotto le lenzuola, Christian
si sta lavando i denti. Domani si torna alla
realtà: il lavoro, i paparazzi, Jack in carcere,
ma con la possibilità che abbia un complice.
“Mmh.” Christian è stato piuttosto vago
sull’argomento. “Lui lo sa? E se lo sapesse,
711/1287
me lo direbbe?” Sospiro. A Christian bisogna
tirare fuori le informazioni con le tenaglie,
anche adesso, dopo il meraviglioso fine settimana che abbiamo trascorso. Ho davvero intenzione di rovinare questo momento di
gioia cercando di carpirgli qualche notizia?
È stata una rivelazione vederlo fuori del
suo ambiente, fuori da casa sua, felice e rilassato con la sua famiglia. Ho il vago sospetto
che lui stia male a causa di questo appartamento, con tutti i suoi ricordi. Forse
dovremmo cambiare casa.
Poi sbuffo. “Stiamo già cambiando casa!”
Stiamo ristrutturando un’enorme villa sulla
costa. Il progetto di Gia è finito ed è stato approvato, e la squadra di Elliot comincerà i lavori la settimana prossima. Mi viene da sorridere pensando all’espressione di Gia
quando le ho detto che l’avevo vista ad
Aspen. Alla fine è venuto fuori che era una
coincidenza. Si era rifugiata nella sua casa di
vacanza per potersi dedicare al nostro
712/1287
progetto. Per un momento avevo pensato che
fosse stata coinvolta nella scelta dell’anello…
Comunque, continuo a non fidarmi di lei.
Voglio sentire la stessa versione da Elliot. Almeno stavolta si è tenuta a debita distanza
da Christian.
Guardo fuori e osservo il cielo notturno.
Mi mancherà questa vista così panoramica…
Sotto di noi c’è Seattle, ricca di possibilità eppure remota. Forse è questo il problema di
Christian: è rimasto troppo a lungo isolato
dalla vita reale, a causa dell’esilio che si è
autoimposto. Eppure quando è insieme alla
sua famiglia è meno ossessionato dal controllo, meno ansioso. È più libero, più felice.
Mi chiedo che cosa direbbe Flynn di questa
storia. Oddio, forse ho trovato la risposta.
Forse ha bisogno di una famiglia sua. Scuoto
la testa per allontanare il pensiero: siamo
troppo giovani, è troppo presto per queste
cose. Christian entra in camera, con la solita
aria affascinante e pensierosa.
713/1287
«Va tutto bene?» gli chiedo.
Annuisce distrattamente, mentre si infila
nel letto.
«Non sono poi tanto ansiosa di tornare
alla realtà.»
«Ah, no?»
Scuoto la testa e gli accarezzo il bellissimo
viso. «Ho passato un weekend meraviglioso.
Grazie.»
Sorride dolcemente. «La mia realtà sei tu,
Ana» dice, mentre mi bacia.
«Ti mancano tanto?»
«Che cosa?» chiede, perplesso.
«Lo sai. I colpi di verga… tutte quelle
cose» rispondo con un filo di voce,
imbarazzata.
Mi fissa impassibile. Poi un attimo d’incertezza, e l’espressione da chissà-questa-dovevuole-arrivare.
«No, Anastasia, non mi mancano.» La sua
voce è calma e decisa. Mi accarezza una
guancia. «Il dottor Flynn mi ha detto una
714/1287
cosa a cui ho continuato a pensare. Ha detto
che io non potevo comportarmi così se tu
non avevi le stesse inclinazioni. È stata una
rivelazione.» Si interrompe e aggrotta la
fronte. «Prima non conoscevo altri modi,
Ana. Ora sì. È stato molto educativo.»
«E ti avrei educato io?» gli chiedo ridendo.
Il suo sguardo si ammorbidisce. «E a te? A
te mancano?» mi domanda.
“Oh!” «Non voglio che tu mi faccia del
male, Christian, ma mi piace giocare. E lo
sai. Se tu avessi voglia di usare qualcosa…»
Scrollo le spalle e lo guardo dritto negli
occhi.
«Qualcosa?»
«Sì, lo sai. Il flagellatore, oppure il
frustino…» Mi interrompo, rossa come un
peperone.
Christian inarca un sopracciglio, stupito.
«Be’… Vedremo. In questo momento mi piacerebbe molto qualcosa di più tradizionale.
“Vaniglia”, come suol dirsi.» Mi accarezza il
715/1287
labbro inferiore con il pollice e mi bacia di
nuovo.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 29 agosto 2011 09.14
Oggetto: Buongiorno
Mr Grey,
volevo solo dirti che ti amo.
Questo è tutto
Sempre tua
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 29 agosto 2011 09.18
Oggetto: Teniamo lontana la tristezza del lunedì
716/1287
Mrs Grey,
è davvero gratificante sentire parole del genere dalla
propria moglie (disobbediente o meno) il lunedì
mattina.
Permettimi di rassicurarti che io provo esattamente la
stessa cosa.
Mi dispiace per la cena di stasera. Spero che non ti annoierai troppo.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Ah, già, la cena dell’associazione degli
armatori americani. Alzo gli occhi al cielo…
Ancora colletti inamidati. Christian mi porta
sempre a cerimonie davvero affascinanti.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 29 agosto 2011 09.26
Oggetto: Navi che passano nella notte
717/1287
Caro Mr Grey,
sono sicura che ti verrà in mente qualcosa per rendere
la cena più piccante…
Tua nell’attesa
Mrs G. X
Anastasia (non disobbediente) Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 29 agosto 2011 09.35
Oggetto: La varietà è il sale della vita
Mrs Grey,
qualche idea ce l’avrei…
x
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
718/1287
che adesso non vede l’ora di andare alla cena degli
armatori Inc.
Sento una deliziosa fitta al ventre. Mmh…
Mi chiedo su cosa stia fantasticando. Hannah bussa alla porta, interrompendo il mio
sogno a occhi aperti.
«Hai tempo per rivedere gli impegni della
settimana, Ana?»
«Certo, siediti.» Le sorrido mentre mi riprendo e intanto riduco a icona il programma di posta elettronica. «Ho dovuto
spostare un paio di appuntamenti. Mr Fox
alla prossima settimana e il dottor…»
Lo squillo del telefono la interrompe. È
Roach, che mi chiama nel suo ufficio.
«Possiamo riprendere tra venti minuti?»
«Certo.»
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 30 agosto 2011 09.24
719/1287
Oggetto: La notte scorsa
… è stata molto divertente!
Chi l’avrebbe mai detto che la cena annuale dell’associazione degli armatori sarebbe stata così stimolante?
Come al solito, non mi deludi mai, Mrs Grey.
Ti amo.
Christian Grey
Amministratore delegato ammirato, Grey Enterprises
Holdings Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 30 agosto 2011 09.33
Oggetto: Mi piacciono i giochi con la palla…
Caro Mr Grey,
mi mancavano le sfere d’argento.
Sei tu quello che non delude mai.
Questo è tutto.
Mrs G. X
720/1287
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Hannah bussa alla porta e mi interrompe
mentre sto rivivendo i momenti erotici della
sera precedente.
«Avanti.»
«Ana, poco fa ha chiamato la segretaria di
Mr Roach. Vorrebbe che tu partecipassi a
una riunione questa mattina, e quindi ho
dovuto spostare di nuovo qualche appuntamento. Per te va bene?»
“La sua lingua.”
«Sì, certo» mormoro, mentre cerco di fermare i miei pensieri che vanno alla deriva.
Lei mi sorride ed esce dall’ufficio, lasciandomi sola con i deliziosi ricordi della sera
precedente.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 1 settembre 2011 15.24
721/1287
Oggetto: Hyde
Anastasia,
volevo informarti che a Hyde è stata rifiutata la
domanda di libertà provvisoria su cauzione, per cui
rimane in carcere. È accusato di tentato rapimento e
incendio doloso. A oggi non è stata ancora fissata la
data per il processo.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 1 settembre 2011 15.53
Oggetto: Hyde
Mi sembra un’ottima notizia.
Questo significa forse che allenterai un po’ le misure
di sicurezza?
Non vado molto d’accordo con Prescott.
722/1287
Ana X
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 1 settembre 2011 15.59
Oggetto: Hyde
No. La sicurezza rimane. Non se ne parla neanche.
Cosa c’è che non va con Prescott? Se non ti piace, la
sostituiamo.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Il tono arrogante della sua mail mi fa rabbuiare. In fondo Prescott non è poi così male.
723/1287
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 1 settembre 2011 16.03
Oggetto: Stai calmo!
Era solo una domanda… (alzo gli occhi
al cielo). Quanto a Prescott, ci penserò.
Metti via la mano che prude!
Ana X
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 1 settembre 2011 16.11
Oggetto: Non tentarmi
La mano, in effetti, un po’ mi prude.
Magari stasera provo a rimediare.
Christian Grey
724/1287
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 1 settembre 2011 16.20
Oggetto: Imbarazzo
Parole, parole, parole…
Smettila di tormentarmi. Sto cercando di lavorare; ho
una riunione non programmata con un autore. Cercherò di non farmi distrarre e quindi eviterò di pensare
a te durante l’incontro.
AX
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 5 settembre 2011 09.18
725/1287
Oggetto: Veleggiare, volare e sculacciare
Marito,
è chiaro che tu sai molto bene come far divertire una
ragazza.
D’ora in poi è ovvio che mi aspetterò
lo stesso trattamento tutti i weekend.
Mi stai viziando, e lo adoro.
Tua moglie
XOX
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 5 settembre 2011 9.25
Oggetto: Lo scopo della mia vita…
… è proprio viziarti, Mrs Grey.
E tenerti al sicuro, perché ti amo.
726/1287
Christian Grey
Amministratore delegato innamorato cotto, Grey Enterprises Holdings Inc.
Oh, mio
romantico?
Dio.
Potrebbe
essere
più
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 5 settembre 2011 09.33
Oggetto: Lo scopo della mia vita…
… è lasciartelo fare, perché anch’io ti amo.
Ora piantala di fare il melenso.
Mi fai venire le lacrime agli occhi.
Anastasia Grey
Direttore editoriale altrettanto cotta, SIP
Il giorno dopo fisso il calendario sulla mia
scrivania. Mancano pochi giorni al 10
settembre, il giorno del mio compleanno. So
727/1287
che andremo a vedere i progressi di Elliot e
della sua squadra nella ristrutturazione della
nostra nuova casa. Mmh… Mi chiedo se per
caso Christian non abbia in mente anche
qualche altro piano. Il solo pensiero mi fa
sorridere. Hannah bussa alla porta.
«Avanti.»
Lì fuori c’è Prescott che gironzola.
“Strano…”
«Ciao, Ana» mi saluta Hannah. «Una certa
Leila Williams chiede di vederti. Dice che è
una faccenda personale.»
«Leila Williams? Non conosco nessuna…»
Di colpo deglutisco a fatica e Hannah spalanca gli occhi nel vedere la mia espressione.
“Leila? Che cosa vuole?”
16
«Vuoi che la mandi via?» mi chiede Hannah,
spaventata dalla mia espressione.
«Ehm, no. Dove si trova adesso?»
«Alla reception. Non è sola, con lei c’è
un’altra donna giovane. E Miss Prescott
vuole parlare con te» aggiunge Hannah.
Non stento a crederlo. «Falla entrare.»
Hannah si sposta di lato e Prescott entra
nel mio ufficio. È in missione, e sprizza efficienza e professionalità da tutti i pori.
«Solo un minuto, Hannah. Prendi una sedia, Prescott.»
Hannah chiude la porta dietro di sé, lasciandomi sola con Prescott.
«Mrs Grey, Leila Williams è nel suo elenco
di visitatori non graditi.»
«Che cosa?» “Ho un elenco di visitatori
non graditi?”
729/1287
«È sulla nostra lista nera, signora. Taylor e
Welch sono stati molto chiari: non bisogna
permetterle di entrare in contatto con lei.»
Non capisco, e le lancio un’occhiata interrogativa. «Ma è pericolosa?»
«Non glielo so dire, signora.»
«E allora come mai si trova qui?»
Prescott deglutisce, imbarazzata. «Mi ero
presa una pausa per andare in bagno. Lei è
entrata e ha parlato direttamente con Claire,
e Claire ha chiamato Hannah.»
«Ah, capisco.» Mi rendo conto che persino
Prescott deve fare la pipì e mi viene da
ridere. «Oh, povera!»
«Sì, signora.» Prescott mi fa un sorrisetto
e per la prima volta scorgo una crepa nella
sua corazza.
«Devo rivedere le procedure di sicurezza
con Claire» dice, con la voce un po’
affaticata.
730/1287
«Certo. Taylor sa che lei è qui?» Incrocio
inconsciamente le dita, sperando che
Prescott non abbia avvisato Christian.
«Gli ho lasciato un messaggio sulla segreteria telefonica.»
“Oh.” «Dunque ho pochissimo tempo. Vorrei sapere che cosa vuole quella donna.»
Prescott mi fissa per un istante. «Devo
sconsigliarglielo, signora.»
«È venuta a trovarmi con un obiettivo.»
«E io dovrei impedire che lo raggiunga, signora.» Il suo tono è dolce, ma rassegnato.
«Voglio davvero sapere che cos’ha da
dirmi.» Il mio tono è più deciso di quanto
volessi.
Prescott trattiene un sospiro. «Prima vorrei perquisire la donna e la sua accompagnatrice, però.»
«D’accordo. Puoi farlo?»
«Sono qui per proteggerla, Mrs Grey, certo
che posso. Vorrei anche essere presente
mentre parlate.»
731/1287
«Okay» concedo. In fondo, l’ultima volta
che ho visto Leila era armata. «Andiamo.»
Prescott si alza.
«Hannah.»
Hannah apre la porta un po’ troppo in
fretta. Probabilmente era lì fuori a origliare.
«Per favore, puoi controllare se la sala riunioni è libera?»
«Già fatto. Si può usare.»
«Prescott, puoi perquisirle? C’è abbastanza privacy?»
«Sì, signora.»
«Arrivo tra cinque minuti, allora. Hannah,
accompagna Leila Williams e l’altra persona,
chiunque sia, in sala riunioni.»
«D’accordo.»
Hannah,
preoccupata,
sposta lo sguardo da Prescott a me. «Devo
annullare il tuo prossimo appuntamento? È
alle quattro, ma dall’altra parte della città.»
«Sì» mormoro, distratta. Hannah annuisce e se ne va.
732/1287
Che cosa diavolo vuole, Leila? Non penso
che sia qui per farmi del male. Non l’ha fatto
nel passato, quando ne ha avuto l’opportunità. “Christian andrà fuori di testa.” Il mio
subconscio annuisce. Devo dirgli che cosa sto
per fare. Scrivo una rapida mail, poi mi
fermo e controllo l’ora. Ho una momentanea
fitta di rimorso. Dopo Aspen siamo andati
così d’accordo. Premo il tasto INVIA.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 6 settembre 2011 15.27
Oggetto: Visite
Christian,
Leila è venuta a trovarmi. La incontrerò in presenza di
Prescott.
Mi servirò delle doti pugilistiche che ho recentemente
acquisito, usando la mano appena guarita, se dovesse
servire.
Cerca di non preoccuparti, sul serio.
733/1287
Ormai sono cresciuta.
Ti chiamo appena abbiamo finito.
AX
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Nascondo velocemente il BlackBerry nel
cassetto della scrivania. Mi alzo, sistemandomi la gonna color grafite sui fianchi, mi
pizzico le guance per dare loro un po’ di
colore e slaccio un altro bottone della mia
camicetta di seta grigia. Faccio un bel respiro
ed esco dal mio ufficio per incontrare la
famigerata Leila, ignorando la suoneria Your
Love Is King che ronza piano dall’interno
della mia scrivania.
Leila ha un aspetto decisamente migliore.
Anzi, è proprio attraente. Ha le guance di un
bel colorito roseo e gli occhi castani sono
pieni di luce. I capelli sono puliti e brillanti.
Indossa una camicetta rosa pallido e pantaloni bianchi. Appena entro nella sala
734/1287
riunioni si alza in piedi imitata dalla sua amica, anche lei giovane, con i capelli scuri e gli
occhi del colore del brandy. Prescott si è sistemata in un angolo, e non toglie gli occhi di
dosso a Leila.
«Mrs Grey, la ringrazio per aver accettato
di incontrarmi.» La voce di Leila è
sommessa, ma chiara.
«Ehm… Mi dispiace per la sicurezza»
bofonchio. Agito distrattamente una mano
verso Prescott.
«Questa è la mia amica Susi.»
«Salve.» Saluto Susi con un cenno della
testa. Assomiglia a Leila. Assomiglia a me.
“Oh, no, un’altra.”
«Sì» dice Leila, come se mi avesse letto nel
pensiero. «Anche Susi conosce Mr Grey.»
E adesso che cosa dovrei dire? Sorrido
educatamente.
«Prego, sedetevi» riesco a mormorare.
735/1287
Bussano alla porta. È Hannah. Le faccio
cenno di entrare, sapendo benissimo per
quale motivo è venuta a disturbarci.
«Mi dispiace interromperti, Ana. C’è Mr
Grey in linea.»
«Digli che sono occupata.»
«È molto insistente» mi risponde,
timorosa.
«Non ne dubito. Ti dispiace scusarti con
lui e dirgli che lo richiamo tra pochissimo?»
Hannah esita.
«Ti prego, Hannah.»
Annuisce e corre via dalla stanza. Mi giro
di nuovo verso le due donne sedute di fronte
a me. Mi guardano come se fossero in
soggezione. Questo mi mette a disagio.
«Cosa posso fare per voi?» chiedo.
È Susi a rispondere. «So che tutta questa
faccenda sembra un po’ strana, ma anch’io
desideravo incontrarla. La donna che ha catturato Chris…»
736/1287
Alzo una mano e la interrompo a metà
della frase. Non voglio sentire altro. «Ehm…
il concetto è chiaro» mormoro.
«Ci siamo date un nome: il club delle Sottomesse.» Mi fa un sorrisetto complice, con
gli occhi che brillano di allegria.
Leila rimane senza fiato e fissa Susi a
bocca aperta, tra il divertito e lo spaventato.
Susi sobbalza: sospetto che Leila le abbia
dato un calcio sotto il tavolo.
Che diavolo dovrei rispondere a tutto
questo? Lancio qualche occhiata nervosa a
Prescott, che rimane impassibile e non toglie
mai lo sguardo da Leila.
Susi pare essersi ripresa. È diventata tutta
rossa, fa un cenno di saluto e poi si alza in
piedi. «Aspetto alla reception. Questo è il
momento di Lulu.» Ha l’aria davvero
imbarazzata.
“Lulu?”
737/1287
«Ce la fai?» chiede a Leila, che le risponde
sorridendo. Susi mi fa un bel sorriso, aperto
e genuino, ed esce in fretta dalla stanza.
“Susi e Christian…” Non è proprio il tipo di
pensiero su cui vorrei soffermarmi. Prescott
tira fuori il cellulare dalla tasca e risponde.
Non l’avevo sentito suonare.
«Mr Grey» sta dicendo. Leila e io ci giriamo verso di lei. Prescott chiude gli occhi,
come se stesse soffrendo.
«Sì, signore» dice, poi fa un passo e mi
porge il telefono.
Alzo gli occhi al cielo. «Ciao, Christian»
mormoro, tentando di trattenere la mia esasperazione. Mi alzo e schizzo fuori dalla
stanza.
«A che cazzo di gioco stai giocando?» urla.
«Non urlare con me.»
«Cosa vuol dire non urlare con me?»
grida, sempre più forte. «Ho dato istruzioni
dettagliate, che tu hai ignorato, ancora una
volta. Al diavolo, Ana, sono incazzato nero.»
738/1287
«Ne parliamo quando sarai più calmo.»
«Non provarci neanche ad attaccare»
sibila.
«Ciao, Christian.» Metto giù e spengo il
cellulare di Prescott.
“Porca miseria. Non mi rimane più molto
tempo con Leila.” Inspiro a fondo e rientro
nella sala riunioni. Leila e Prescott mi guardano con l’aria di chi si aspetta qualcosa, e io
restituisco il telefono a Prescott.
«Dove eravamo rimaste?» chiedo a Leila, e
mi siedo di fronte a lei. Sgrana lievemente gli
occhi.
Sì. A quanto pare, riesco a gestire Christian, vorrei dirle. Ma non penso che lei voglia
sentirlo.
Leila si attorciglia nervosamente le punte
dei capelli. «Per prima cosa, volevo scusarmi» dice piano.
“Ah…”
Alza gli occhi e si accorge della mia sorpresa. «Sì» aggiunge in fretta. «E anche
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ringraziarla per non aver sporto denuncia.
Sa, per l’auto e l’appartamento…»
«So che lei non… stava molto bene» mormoro, esitando. Non mi aspettavo delle
scuse.
«No, infatti.»
«Ora sta meglio?» le chiedo gentilmente.
«Molto meglio. Grazie.»
«Il suo dottore lo sa che lei è qui?»
Lei scuote la testa e assume un’espressione
colpevole. «So che dovrò affrontare le conseguenze di questo gesto, più avanti. Ma
dovevo fare alcune cose, e volevo vedere
Susi, e lei, e… Mr Grey.»
«Lei vuole vedere Christian?» Ho una
stretta allo stomaco. “Ecco perché è venuta
qui.”
«Sì, volevo chiederle se poteva andare
bene.»
La guardo a bocca aperta, e vorrei dirle che
non va affatto bene. Non voglio assolutamente che si avvicini a Christian. Perché è
740/1287
venuta? Per tastare il terreno? Per sconvolgermi? O forse ne ha bisogno per riuscire a
mettere in qualche modo la parola fine?
«Leila, questo non dipende da me.» Sono
confusa, esasperata. «Dipende da Christian.
Deve chiederlo a lui. Non ha bisogno del mio
permesso, è un uomo adulto… Il più delle
volte, almeno.»
Mi fissa per una frazione di secondo, come
se fosse rimasta sorpresa dalla mia reazione,
poi si mette a ridere sommessamente, continuando a tormentarsi le punte dei capelli.
«Lui ha ripetutamente detto di no alla mia
richiesta di vederlo» dice, con calma.
Mi sono ficcata in un guaio peggiore di
quanto pensassi.
«Perché è così importante per lei
vederlo?» le chiedo gentilmente.
«Per ringraziarlo. A quest’ora starei a marcire in un fetido manicomio criminale se non
fosse stato per lui. Lo so perfettamente.»
741/1287
Abbassa lo sguardo e fa scorrere un dito
sul bordo del tavolo. Poi riprende. «Ho sofferto di un episodio psicotico acuto e senza
Mr Grey e John, cioè il dottor Flynn…» Si
stringe nelle spalle e alza lo sguardo su di
me, con un’espressione piena di gratitudine.
Sono senza parole. Che cosa si aspetta che
io replichi?
«E anche per la scuola d’arte non gli sarò
mai abbastanza grata.»
“Lo sapevo. Christian le sta pagando le
lezioni!” Rimango impassibile mentre cerco
di capire meglio i miei sentimenti nei confronti di questa donna, ora che ha confermato i miei sospetti sulla generosità di Christian. Con mia sorpresa non nutro astio per
lei – è una vera rivelazione – anzi, mi fa piacere che stia meglio. Mi auguro che ora
possa riprendere la sua vita e uscire dalla
nostra.
742/1287
«Sta saltando una lezione in questo momento?» le chiedo, perché la cosa mi
interessa.
«Solo due. Torno a casa domani.»
“Accidenti.” «Che programmi ha qui in
città?»
«Prenderò le mie cose, che sono rimaste
da Susi, poi tornerò a Hamden. Voglio continuare a dipingere e a studiare. Mr Grey ha
già un paio dei miei quadri.»
Un’altra stretta allo stomaco. “Non saranno quelli appesi in sala?” Mi vengono i
brividi al pensiero.
«Che genere di quadri dipinge?»
«Soprattutto quadri astratti.»
«Capisco.» Rivedo con la mente gli ormai
familiari quadri nel salone. Un paio, forse,
potrebbero essere di questa sua ex
Sottomessa.
«Mrs Grey, posso parlarle francamente?»
mi chiede, del tutto ignara delle emozioni
contrastanti che mi dilaniano.
743/1287
«Certo» mormoro, e lancio un’occhiata a
Prescott che sembra essersi rilassata un po’.
Leila si protende verso di me come se stesse
per confidarmi un segreto custodito per
lungo tempo.
«Io amavo Geoff, il mio fidanzato, quello
che è morto quest’anno.» La sua voce si
spegne in un sospiro triste.
«Mi dispiace» bofonchio automaticamente, ma lei continua come se non mi
avesse sentita.
«Ho amato mio marito… e quest’altro
uomo» mormora.
«Mio marito.» Le parole mi escono dalla
bocca prima che riesca a fermarle.
“Sì.” Articola la risposta silenziosamente.
Non è una novità, per me. Quando solleva
gli occhi castani per guardarmi in faccia, nel
suo sguardo si colgono emozioni contrastanti. La più forte sembra essere il
timore… forse della mia reazione? Ma è
soprattutto compassione ciò che provo nei
744/1287
confronti di questa giovane donna sfortunata. Con la mente percorro tutti i classici
della letteratura che mi ricordo e che hanno
a che fare con l’amore non contraccambiato.
Deglutendo con difficoltà, assumo una posizione di superiorità morale.
«Lo so. È molto facile amarlo» sussurro.
I suoi grandi occhi si fanno ancora più
grandi per la sorpresa, e mi sorride. «Sì, lo
è… lo era.» Si corregge subito, e arrossisce.
Poi si mette a ridere con una tale dolcezza
che non riesco a resistere e inizio a ridacchiare anch’io. Esatto, Christian Grey riesce
a strapparci qualche risatina.
Do un’occhiata all’orologio. Lui sarà qui a
breve.
«Avrà l’opportunità di vedere Christian.»
«Sapevo che sarebbe stato così. So quanto
può essere protettivo.» Sorride.
Quindi è questo il suo piano. È molto scaltra. “O forse opportunista” sussurra la mia
745/1287
vocina. «È per questo motivo che è venuta a
cercarmi?»
«Sì.»
«Capisco.» E Christian fa il suo gioco. Con
riluttanza, devo ammettere che lo conosce
bene.
«Sembrava molto felice. Con lei, intendo»
mi dice.
“Che cosa?” «E come fa a saperlo?»
«Da quella volta, quando ero nel vostro
appartamento…» risponde, guardinga.
Dannazione…
come
ho
fatto
a
dimenticarmene?
«Ci andava spesso?»
«No. Ma con lei Christian era molto
diverso.»
Voglio davvero stare a sentirla? Sono percorsa da un brivido e mi viene la pelle d’oca
al ricordo della paura che ho provato quando
lei era l’ombra invisibile in casa nostra.
«Sa che ha commesso un reato? Violazione
di domicilio.»
746/1287
Annuisce, lo sguardo fisso sul tavolo. Di
nuovo, fa scorrere un dito sul bordo. «L’ho
fatto solo poche volte, e ho avuto la fortuna
di non essere mai scoperta. Ancora una volta
devo ringraziare Christian per questo.
Avrebbe potuto farmi arrestare.»
«Non credo che ne sarebbe stato capace»
mormoro.
All’improvviso si sente un frastuono fuori
dalla sala riunioni e istintivamente capisco
che Christian è arrivato. Un secondo dopo irrompe nella stanza e prima che richiuda la
porta colgo lo sguardo di Taylor che attende
pazientemente fuori. Ha un’espressione severa, e non mi restituisce il sorrisetto tirato
che gli faccio. “Oh, maledizione, anche lui è
arrabbiato con me.”
Lo sguardo di fuoco di Christian inchioda
prima me e poi Leila alle nostre sedie. Il suo
atteggiamento è di calma determinazione,
ma io lo conosco bene, e sospetto che lo
stesso valga per Leila. La fredda e
747/1287
minacciosa scintilla nei suoi occhi rivela la
verità: è pieno di rabbia, anche se lo nasconde bene.
Nel suo abito grigio, con la cravatta scura
allentata e il primo bottone della camicia
slacciato, ha un’aria professionale e al tempo
stesso informale… e molto sensuale. È spettinato… senza dubbio perché si è passato le
mani nei capelli in preda all’esasperazione.
Leila fissa nervosamente il bordo del tavolo e continua a passarci sopra il dito
mentre Christian sposta lo sguardo da me a
lei e poi a Prescott.
«Tu» si rivolge a Prescott in tono calmo.
«Sei licenziata. Vattene immediatamente.»
Sbianco di colpo. Oh, no, questo non è
leale.
«Senti, Christian…» Faccio per alzarmi.
Lui punta l’indice verso di me in segno di
ammonimento. «Stai seduta» mi dice, e la
sua voce è così minacciosamente calma che
mi zittisco di colpo e rimango incollata alla
748/1287
sedia. Prescott scuote la testa mentre esce
rapidamente dalla stanza per raggiungere
Taylor. Christian sbatte la porta dietro di lei
e si avvicina al tavolo. “Merda! Merda!
Merda! È tutta colpa mia.” Christian è in
piedi di fronte a Leila, appoggia le mani sulla
superficie di legno e si china in avanti.
«Che cazzo ci fai qui?» le ringhia.
«Christian!» farfuglio. Lui mi ignora.
«Allora?» chiede.
Leila alza lo sguardo verso di lui, gli occhi
con le lunghe ciglia spalancati, il viso terreo.
Il bel colorito roseo è sparito.
«Volevo vederti, ma tu non me l’avresti
permesso» sussurra.
«E così hai pensato di venire qui e molestare mia moglie, vero?» La voce è calma.
Troppo calma.
Leila abbassa di nuovo lo sguardo sul
tavolo.
Lui la fissa, torvo. «Leila, se ti avvicini
ancora una volta a mia moglie, sospendo
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tutti gli aiuti che ti sto dando. Le cure mediche, la scuola d’arte, l’assicurazione. Tutto finito. Hai capito bene?»
«Christian…» Ci riprovo, ma lui mi zittisce
con un’occhiata gelida. “Perché si comporta
in modo così ingiusto?” La compassione che
provo per questa povera donna aumenta.
«Sì» gli risponde lei, con un filo di voce.
«Cosa ci fa Susannah alla reception?»
«Mi ha accompagnata.»
Christian si passa una mano nei capelli,
continuando a fissarla.
«Per favore, Christian» lo scongiuro.
«Leila vuole solo ringraziarti e basta.»
Mi ignora, concentrando la sua rabbia su
Leila. «Quando stavi male vivevi da
Susannah?»
«Sì.»
«E lei sapeva che cosa facevi mentre stavi
da lei?»
«No. Era in vacanza.»
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Si passa l’indice sul labbro inferiore. «Perché vuoi vedermi? Sai che le tue richieste
devono passare da Flynn. Hai bisogno di
qualcosa?» Il suo tono si è ammorbidito,
anche se di poco.
Leila continua a far scorrere un dito sul
bordo del tavolo.
“Smetti di maltrattarla, Christian!”
«Dovevo sapere.» Per la prima volta lo
guarda in faccia.
«Sapere che cosa?» chiede lui in tono
brusco.
«Che stai bene.»
Christian la guarda a bocca aperta. «Che
sto bene?» chiede ridendo, incredulo.
«Sì.»
«Be’, sto benissimo. Ecco, adesso lo sai.
Taylor ti accompagnerà all’aeroporto, così
potrai tornartene a casa. E se fai un passo a
ovest del Mississippi, perdi tutto. Hai
capito?»
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“Accidenti, Christian!” Lo guardo a bocca
aperta. Che cosa lo rode in questo modo?
Non può esiliarla!
«Sì, ho capito» risponde Leila, calma.
«Bene.» Il tono di Christian è più
conciliante.
«Magari a Leila non va bene tornare a casa
adesso. Ha altri programmi» provo a obiettare, offesa da quel comportamento.
Christian mi guarda con freddezza.
«Anastasia» mi ammonisce, la voce gelida.
«Non è una cosa che ti riguarda.»
Gli lancio un’occhiataccia. Certo che mi riguarda. Questo è il mio ufficio. Ci dev’essere
sotto qualcos’altro che ancora ignoro. Lui si
comporta in modo irrazionale.
«Leila è venuta per me, non per te» mormoro infastidita.
Leila si gira verso di me, con gli occhi spalancati in modo innaturale.
«Avevo istruzioni precise, Mrs Grey, e ho
disobbedito.» Lancia un’occhiata nervosa a
752/1287
mio marito, poi si rivolge di nuovo verso di
me.
«Questo è il Christian Grey che conosco»
dice in tono triste e malinconico. Lui la
guarda accigliato mentre io rimango senza fiato. Non riesco a respirare. Christian era così
tutto il tempo con lei? E anche con me,
all’inizio? Faccio fatica a ricordarmene. Leila
mi rivolge un sorriso desolato e si alza.
«Vorrei fermarmi fino a domani. Ho un
volo a mezzogiorno» dice con calma a
Christian.
«Manderò qualcuno a prenderti verso le
dieci per accompagnarti all’aeroporto.»
«Ti ringrazio.»
«Stai a casa di Susannah?»
«Sì.»
«D’accordo.»
Sto fulminando Christian con lo sguardo.
Non può dettare legge in questo modo… e
poi come fa a sapere dove abita Susannah?
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«Arrivederci, Mrs Grey. Grazie per avermi
incontrata.»
Mi alzo e le tendo la mano, che lei stringe
con gratitudine.
«Ehm… arrivederci, e buona fortuna»
mormoro, non sapendo bene quale sia il cerimoniale per dire addio all’ex Sottomessa di
mio marito.
Lei annuisce e si rivolge a lui.
«Arrivederci, Christian.»
Lo sguardo di Christian si addolcisce un
po’. «Arrivederci, Leila.» Poi, a voce più
bassa: «Ricordati di andare dal dottor
Flynn».
«Sì, signore.»
Christian apre la porta per farla uscire, ma
lei si ferma di fronte a lui e alza lo sguardo.
Lui si blocca, guardandola perplesso.
«Mi fa piacere che tu sia felice. Te lo meriti» gli dice, e poi se ne va prima che lui
possa replicare. La guarda accigliato, poi fa
cenno a Taylor di seguirla fino alla reception.
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Chiude la porta, e mi lancia uno sguardo
incerto.
«Che non ti venga in mente di arrabbiarti
con me» gli sibilo. «Chiama il tuo personal
trainer e sfogati con lui, oppure vai da
Flynn.»
Lui rimane a bocca aperta di fronte al mio
scatto d’ira, e si incupisce.
«Mi avevi promesso che non l’avresti
fatto.» Il suo tono adesso è accusatorio.
«Fatto cosa?»
«Sfidarmi.»
«No, ti ho solo detto che sarei stata più
prudente. Ti ho avvertito che lei era qui.
Prescott ha perquisito lei e l’altra tua
amichetta ed è stata con me per tutto il
tempo. E adesso tu hai licenziato quella
poveretta che stava solo facendo ciò che le
avevo chiesto io. Ti avevo detto di non preoccuparti e sei piombato qui. Non mi pare di
aver ricevuto alcuna bolla papale che decretasse che non potevo incontrare Leila. Non
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sapevo che ci fosse una lista nera di persone
che non devo vedere.» Il tono della mia voce
sale insieme all’indignazione, mentre mi
scaldo sempre di più nel sostenere il mio
punto di vista. Christian mi guarda con
un’espressione indecifrabile. Dopo un attimo
la sua bocca si piega in un mezzo sorriso.
«Bolla papale?» dice, divertito, e si rilassa
visibilmente. Il mio obiettivo non era quello
di alleggerire il nostro confronto, eppure lui
è lì che ammicca, il che mi fa infuriare
ancora di più. La discussione tra lui e la sua
ex è stata uno spettacolo penoso. Come ha
potuto essere così freddo con lei?
«Che cosa c’è?» mi chiede, esasperato. La
mia espressione decisa non cambia.
«Come hai potuto essere così insensibile
con Leila?»
Avanza verso di me sospirando, poi si appoggia al tavolo.
«Anastasia» mi dice, con il tono di chi si
rivolge a una bambina. «Tu non capisci.
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Leila, Susannah e tutte le altre sono state
solo un divertente passatempo. Nient’altro.
Sei tu il centro del mio universo. E poi l’ultima volta in cui vi siete trovate nella stessa
stanza lei ti puntava addosso una pistola.
Non voglio che si avvicini a te.»
«Ma, Christian, era malata.»
«Lo so, e so anche che ora sta meglio. Tuttavia, non sono più disposto a concederle il
beneficio del dubbio. Quello che ha fatto è
stato imperdonabile.»
«Però hai appena fatto il suo gioco. Lei
voleva rivederti, e sapeva che saresti arrivato
di corsa se fosse venuta da me.»
Christian si stringe nelle spalle, come se
non gliene importasse. «Non voglio che la
mia vita di un tempo ti contagi.»
«Senti, Christian, tu sei quello che sei grazie alla tua vita di un tempo, a quella attuale
e tutto quanto. Quello che riguarda te riguarda anche me. L’ho accettato quando ho
acconsentito a sposarti, perché ti amo.»
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Rimane immobile. So che per lui è dura
sentire queste cose.
«Non mi ha fatto niente. E anche lei ti
ama.»
«Non me ne fotte un cazzo.»
Sono sbalordita, e lo fisso a bocca aperta.
“Questo è il Christian Grey che conosco.” Le
parole di Leila continuano a girarmi in testa.
Il suo atteggiamento verso di lei è stato così
freddo, così poco in sintonia con l’uomo che
ho imparato a conoscere e ad amare. Mi
acciglio ripensando al rimorso che lui ha
provato quando Leila ha avuto il crollo,
quando ha pensato di poter essere almeno in
parte responsabile del dolore che lei provava.
Deglutisco ricordando anche che lui le ha
fatto il bagno. Mi prende una stretta dolorosa allo stomaco se ci penso e mi sale la
bile in bocca. “Come fa a dire che non gliene
importa di lei? Una volta ci teneva. E poi che
cosa è cambiato?” Ci sono momenti come
questo in cui proprio non lo capisco. Lui
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agisce a un livello molto, molto lontano dal
mio.
«Perché tutt’a un tratto ti metti a difenderla?» mi chiede, confuso e irascibile.
«Senti, Christian, non credo proprio che
adesso Leila e io cominceremo a scambiarci
ricette e ad andare d’amore e d’accordo. Ma
non avrei mai immaginato che saresti stato
così insensibile nei suoi confronti.»
I suoi occhi diventano di ghiaccio. «Te l’ho
già detto una volta, io non ho un cuore»
mormora.
Alzo gli occhi al cielo. Oddio, adesso fa il
ragazzino.
«Non è affatto vero, Christian. Non essere
ridicolo, tu ci tieni a lei. Altrimenti non le pagheresti la scuola d’arte e tutto il resto.»
Fargli capire questo diventa all’improvviso
lo scopo della mia vita. È così evidente che ci
tiene a lei. Perché continua a negarlo? È
esattamente come con i sentimenti verso la
sua madre biologica. “Ma certo!” I suoi
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sentimenti verso Leila e le altre sue Sottomesse sono inestricabilmente legati con
quelli verso sua madre. “Mi piace frustare le
ragazze brune come te perché assomigliate
alla puttana drogata.” Non c’è da meravigliarsi che vada così fuori di testa. Sospiro.
“Chiamate il dottor Flynn, per favore.” Come
fa Christian a non rendersene conto?
Mi piange il cuore per lui. Il mio bambino
smarrito… Perché trova così difficile recuperare l’umanità e la compassione che ha dimostrato quando Leila ha avuto il suo crollo?
Mi guarda e i suoi occhi mandano lampi di
rabbia. «La discussione è finita. Andiamo a
casa.»
Lancio un’occhiata all’orologio. Sono le
quattro e ventitré del pomeriggio. Ho del lavoro da fare. «È troppo presto» mormoro.
«A casa» insiste.
«Senti, Christian» gli dico con voce stanca
«non ne posso più di litigare sempre sulla
stessa cosa.»
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Aggrotta la fronte, come se non capisse.
«È sempre così» gli spiego. «Io faccio
qualcosa che non ti piace e tu cerchi subito il
modo di farmela pagare. E di solito tiri fuori
qualcosa dal tuo campionario di sesso estremo, il che può essere molto eccitante, ma
anche crudele.» Alzo le spalle, esausta. Tutto
ciò mi toglie le forze e mi confonde.
«Molto eccitante, hai detto?» mi chiede.
“Che cosa?”
«Di solito, sì.»
«Che cosa ti ha molto eccitata?» chiede, e
il suo sguardo brilla di divertita e sensuale
curiosità. Sta cercando di distrarmi.
“Non ho nessuna intenzione di parlare di
questo nella sala riunioni della SIP.” La mia
vocina non nasconde l’irritazione: “Non
avresti dovuto tirare fuori il discorso, allora”.
«Lo sai.» Arrossisco, irritata con lui e
anche con me stessa.
«Posso solo immaginarmelo» sussurra.
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Accidenti! Sto cercando di fargliela pagare
ed ecco che è lui a mandarmi in confusione.
«Christian, io…»
«Adoro darti piacere.» Accarezza delicatamente con il pollice il mio labbro inferiore.
«E ci riesci» ammetto, con un filo di voce.
«Lo so» dice piano. Si china su di me e mi
sussurra all’orecchio: «È l’unica cosa che so
per certo». Oh, ha un così buon profumo. Si
raddrizza e mi guarda, con le labbra piegate
in un sorrisetto arrogante.
Faccio una smorfia, nel tentativo di sembrare indifferente al suo tocco. Ha un’abilità
straordinaria nel distogliermi da ciò che può
provocarmi dolore, o che lui non ha voglia di
affrontare. “E tu glielo lasci fare” salta ancora
su la vocina in tono supponente, interrompendo la lettura di Jane Eyre.
«Allora, che cosa ti ha molto eccitata,
Anastasia?» insiste, con una luce lasciva
nello sguardo.
«Vuoi l’elenco?» gli chiedo.
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«Ah, c’è un elenco?» mi risponde,
compiaciuto.
«Be’, le manette» mormoro a bassa voce, e
i ricordi mi catapultano in piena luna di
miele.
Aggrotta la fronte e mi afferra una mano,
poi con il pollice traccia una linea lungo il
polso.
«Non voglio lasciarti segni.»
“Oh…”
Le sue labbra si incurvano in un lento sorriso sensuale. «Vieni, andiamo a casa.» Il
tono della sua voce è molto seducente.
«Ho del lavoro da finire.»
«A casa» dice, con più insistenza.
Ci guardiamo negli occhi, il suo grigio
rovente contro il mio azzurro pieno di sconcerto, mettendo alla prova i nostri limiti e le
nostre volontà. Frugo nel suo sguardo, cercando di capire come sia possibile che in un
istante quest’uomo si trasformi da rabbioso
maniaco del controllo in amante seducente. I
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suoi occhi sono sempre più grandi e scuri, le
sue intenzioni chiare. Mi accarezza
dolcemente una guancia.
«Oppure possiamo rimanere qui.» La sua
voce è bassa e roca.
“No, no e poi no. In ufficio no.” «Christian,
non voglio fare sesso qui. La tua amante è
appena stata in questa stanza.»
«Leila non è mai stata la mia amante»
ringhia, la bocca tirata in una linea dura.
«Questione di semantica, Christian.»
Mi guarda storto, visibilmente perplesso.
L’amante seducente se n’è andato. «Non
rimuginarci troppo sopra, Ana. È una storia
vecchia» dice, liquidando la faccenda.
Sospiro… forse ha ragione. Voglio solo che
ammetta con se stesso che ci tiene ancora a
lei. Una morsa gelida mi stringe il cuore.
“Oh, no.” Ecco perché è così importante per
me. Supponiamo che un giorno sia io a fare
qualcosa di imperdonabile. Supponiamo che
sia io a non adeguarmi. Diventerò anch’io
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una storia vecchia? Se lui può cambiare a tal
punto, dopo essere stato tanto triste e preoccupato quando Leila stava male… potrebbe
cambiare nello stesso modo anche nei miei
confronti? Mi ricordo alcuni frammenti di un
sogno e mi manca il fiato: specchi dorati e il
rumore dei suoi passi che riecheggia sul pavimento di marmo, lui che se ne va e mi lascia da sola in quell’opulento splendore.
«No…» La parola mi esce dalla bocca in un
sussurro pieno d’orrore prima che possa
fermarla.
«Sì» dice lui, mi prende il mento e si china
su di me, baciandomi le labbra.
«Christian, a volte mi spaventi.» Gli
prendo la testa tra le mani e infilo le dita nei
capelli, poi metto la bocca sulla sua. Si irrigidisce per un attimo, mentre mi cinge con le
braccia.
«Perché?»
«Hai liquidato Leila con tanta facilità…»
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Si oscura in volto. «E tu credi che potrei
fare lo stesso con te, Ana? Come diavolo fai a
pensare una cosa del genere?»
«Non importa. Baciami, portami a casa» lo
supplico. E appena le sue labbra toccano le
mie, sono persa.
«Oh, ti prego» lo imploro, mentre soffia sul
mio pube.
«Ogni cosa a suo tempo» mormora.
Strattono i lacci che mi tengono ferma e mi
lamento forte per protestare contro la sua
aggressione erotica. Sono imprigionata con
due morbide fasce di cuoio, i gomiti legati
alle ginocchia. Christian muove la testa su e
giù e di lato tra le mie gambe, stuzzicandomi
con la sua lingua esperta. Apro gli occhi e
fisso senza vederlo il soffitto della nostra
camera da letto, lambito dalla morbida luce
del tardo pomeriggio. Con la lingua disegna
un cerchio dopo l’altro, passando sopra e intorno al centro del mio universo. Vorrei allungare le gambe e lotto invano cercando di
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controllare il piacere. Ma non ce la faccio. Gli
metto le dita tra i capelli e tiro forte, per
combattere la sublime tortura che mi sta
infliggendo.
«Non venire» mormora a mo’ di avvertimento, e sento il suo respiro delicato sulla
mia carne calda e umida mentre lui oppone
resistenza alle mie dita. «Se vieni, ti
sculaccio.»
Gemo.
«È una questione di controllo, Ana, è solo
una questione di controllo.» La lingua
ricomincia la sua incursione erotica.
“Oh, sa quello che fa.” Non riesco a resistere, né a fermare la mia reazione servile, e
ci provo, ci provo davvero, ma il mio corpo
esplode sotto le sue spietate attenzioni e la
sua lingua non si ferma finché non mi ha
spremuto l’ultima goccia di piacere
debilitante.
«Che peccato» mi schernisce. «Sei venuta.» La sua voce sommessa è piena di
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trionfale rimprovero. Mi gira e io mi appoggio sugli avambracci malfermi. Mi colpisce
forte sul sedere.
«Ah!» grido.
«Controllo!» mi ammonisce, poi mi afferra
per i fianchi e me lo sbatte dentro. Grido di
nuovo, con i brividi per i postumi dell’orgasmo di prima. È dentro di me fino in
fondo, e si ferma. Si china e sgancia prima
una e poi l’altra fascia. Mi circonda con le
braccia e mi prende in grembo, la fronte appoggiata alla mia schiena, le mani che scorrono lungo il mento e si incurvano intorno
alla mia gola. Godo nel sentirmi così.
«Adesso muoviti» mi ordina.
Con un gemito inizio ad andare su e giù sul
suo grembo.
«Più veloce» sussurra.
Mi muovo più veloce, sempre più veloce.
Comincia a grugnire e con una mano piega
all’indietro la mia testa per mordicchiarmi il
collo. L’altra mano si muove senza fretta sul
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mio corpo, dai fianchi fino al pube, e ancora
giù fino al clitoride… ancora molto sensibile
per le generose attenzioni che gli ha dedicato
poco prima. Ho un sussulto nel momento in
cui chiude le dita e ricomincia a stuzzicarmi.
«Oh, sì, Ana» mi sussurra all’orecchio.
«Sei mia. Solo tu.»
«Oh, sì.» Sospiro mentre il mio corpo si
tende ancora una volta, stringendosi intorno
a lui e cullandolo nel più intimo degli
abbracci.
«Vieni per me.»
E io mi abbandono, il mio corpo che si sottomette obbediente ai suoi ordini. Mi tiene
ferma mentre sono squassata dall’orgasmo e
grido invocando il suo nome.
«Oh, Ana, ti amo» grugnisce mentre mi
segue e si libera, svuotandosi dentro di me.
Mi bacia la spalla e mi toglie i capelli dalla
faccia. «Questo rientra nel tuo elenco, Mrs
Grey?» mormora. Sono sdraiata sul letto a
pancia in giù, mezza svenuta. Christian mi
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massaggia la schiena. È accanto a me, appoggiato su un gomito.
«Mmh.»
«È un sì?»
«Mmh.» Sorrido.
Lui contraccambia il sorriso e ricomincia a
baciarmi e io, un po’ riluttante, mi giro sul
fianco per averlo di fronte.
«Allora?» mi chiede.
«Sì, rientra nell’elenco. Ma è un lungo
elenco.»
Scoppia a ridere, poi si china su di me e mi
bacia. «Bene. Andiamo a mangiare?» I suoi
occhi brillano di amore e allegria.
Annuisco. Ho una fame da lupo. «Voglio
che tu mi dica qualcosa» gli sussurro.
«Che cosa?»
«Non ti arrabbiare, però.»
«Che cosa c’è, Ana?»
«Ci tieni a lei.»
Christian sbarra gli occhi. Ogni traccia di
buonumore è svanita.
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«Voglio che tu ammetta che ci tieni a lei,
perché il Christian che conosco e che amo ci
terrebbe.»
Rimane immobile, con gli occhi fissi nei
miei, e assisto alla lotta interiore che lo
dilania, neanche fosse il giudizio di re Salomone. Apre la bocca per dire qualcosa, poi
la richiude mentre diverse emozioni si alternano sul suo volto… tra cui il dolore,
probabilmente.
«Sì. Sì, ci tengo. Contenta?» La sua voce è
un sussurro.
Oh, grazie al cielo! Che sollievo. «Sì, molto
contenta.»
Si oscura in volto. «Non posso credere che
sto parlando con te, nel nostro letto, di…»
Gli metto un dito sulle labbra. «E infatti
non lo stai facendo. Andiamo a mangiare. Ho
fame.»
Sospira, scuotendo la testa. «Mi incanti e
mi confondi, Mrs Grey.»
«Ottimo.» Mi alzo e lo bacio.
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Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 9 settembre 2011 09.33
Oggetto: Elenco
Questa la metterei decisamente al primo posto.
:D
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 9 settembre 2011 09.42
Oggetto: Dimmi qualcosa di nuovo
Sono tre giorni che dici la stessa cosa. Deciditi.
Oppure… sarà il caso di provare qualcosa di nuovo.
;)
Christian Grey
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Amministratore delegato a cui piace molto questo
gioco, Grey Enterprises Holdings Inc.
Sorrido allo schermo. Le ultime sere sono
state… divertenti. Siamo di nuovo rilassati.
La breve interruzione di Leila è ormai dimenticata. Non ho ancora trovato il coraggio
di chiedergli se alle pareti c’è qualcuno dei
suoi quadri ma, sinceramente, non me ne
importa più di tanto. Rispondo al BlackBerry
che ronza, convinta che sia Christian.
«Pronto, Ana?»
«Sì?»
«Ana, tesoro. Sono José senior.»
«Mr Rodriguez! Salve!» Mi viene la pelle
d’oca. Chissà che cosa vuole il padre di José
da me.
«Senti, tesoro, mi dispiace chiamarti al lavoro. Si tratta di Ray.» La voce si fa esitante.
«Cosa c’è? Cosa è successo?» Ho il cuore
in gola.
«Ray ha avuto un incidente.»
“Papà, oh, no!” Mi manca il fiato.
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«È all’ospedale. Sarebbe meglio che tu
venissi qui in fretta.»
17
«Mr Rodriguez, che cos’è successo?» Ho la
voce velata e roca per le tante lacrime trattenute. “Oh, Ray, caro Ray. Il mio papà.”
«È rimasto coinvolto in un incidente
d’auto.»
«Okay, arrivo… arrivo subito.» L’adrenalina che mi aveva invaso ha ceduto il posto
al panico. Fatico a respirare.
«L’hanno trasferito a Portland.»
“A Portland? Che cosa diavolo ci fa a
Portland?”
«L’hanno portato con l’elicottero, Ana. Ci
sto andando anch’io. È all’OHSU, l’ospedale
universitario. Oh, Ana, io non ho visto quella
macchina, non l’ho proprio vista…»
“Oh, no, Mr Rodriguez!”
«Ci vediamo là» mi dice con voce soffocata. Poi il telefono tace.
775/1287
Un oscuro timore mi prende alla gola e finisce per travolgermi. Ray. “No, no!” Faccio
un respiro profondo cercando di calmarmi,
prendo il telefono e chiamo Roach. Mi
risponde al secondo squillo.
«Dimmi, Ana.»
«Jerry, si tratta di mio padre.»
«Che cos’è successo?»
Glielo racconto tutto d’un fiato.
«Vai da lui. Devi andarci, è ovvio. Spero
che lui stia bene.»
«Grazie. Ti faccio sapere.» Senza volere gli
attacco il telefono in faccia, ma in questo momento non m’importa.
«Hannah!» Mentre la chiamo mi rendo
conto dell’ansia nella mia voce. Pochi istanti
dopo la sua testa fa capolino, mentre finisco
di preparare la borsa e raccolgo un po’ di
documenti da mettere nella ventiquattrore.
«Cosa c’è, Ana?» mi chiede, e si rabbuia.
«Mio padre è rimasto coinvolto in un incidente. Devo andare.»
776/1287
«Oh, no…»
«Cancella tutti i miei appuntamenti di
oggi. Anche quelli di lunedì. Dovrai finire tu
di preparare la presentazione dell’e-book,
trovi tutte le note nel file condiviso. Fatti
aiutare da Courtney, se hai bisogno.»
«Sì» sussurra Hannah. «Speriamo non sia
niente
di
grave.
Non
preoccuparti
dell’ufficio. Ce la caveremo.»
«In ogni caso ho il BlackBerry con me.»
La preoccupazione sul volto pallido e tirato
mi fa quasi crollare. Afferro giacca, borsa e
ventiquattrore. «Se mi serve qualcosa ti
chiamo.»
«Sì, mi raccomando. In bocca al lupo Ana,
speriamo bene per tutto.»
Le rispondo con un sorriso tirato nel tentativo di mantenere la mia compostezza ed
esco dall’ufficio. Resisto alla tentazione di
mettermi a correre fino alla reception.
Quando arrivo, Sawyer balza in piedi.
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«Mrs Grey!» Mi saluta, stupito dalla mia
improvvisa apparizione.
«Dobbiamo
partire
per
Portland…
adesso.»
«Benissimo, signora» risponde, aggrottando la fronte, mentre apre la porta.
Muovermi mi fa bene.
«Mi scusi, Mrs Grey» dice Sawyer mentre
ci affrettiamo verso il parcheggio. «Posso
chiederle il motivo di questo viaggio non
programmato?»
«Si tratta di mio padre. È rimasto coinvolto in un incidente.»
«Capisco. Mr Grey lo sa?»
«Lo chiamerò dall’auto.»
Sawyer annuisce, apre la portiera posteriore del SUV Audi e io salgo. Mi tremano le
mani mentre prendo il BlackBerry per
chiamare Christian.
«Buongiorno, Mrs Grey.» La voce di
Andrea è squillante e molto professionale.
778/1287
«C’è Christian?» chiedo con un filo di
voce.
«Ehm… è da qualche parte nell’edificio, signora. Ha lasciato il BlackBerry in carica qui
da me.»
Gemo in silenzio, delusa.
«Può dirle che l’ho cercato e che ho
bisogno di parlare con lui? È urgente.»
«Posso cercare di rintracciarlo. Ogni tanto
ha l’abitudine di andare a farsi un giro.»
«Mi faccia chiamare, per favore» la imploro, cercando di tenere a freno le lacrime.
«Certo, Mrs Grey.» Esita un istante.
«Tutto bene?»
«No» sussurro, con la voce incerta. «Per
favore, faccia in modo che mi chiami.»
«Certo, signora.»
Riaggancio. Non riesco più a trattenere la
mia angoscia. Porto le ginocchia al petto e mi
raggomitolo sul sedile posteriore, con le
guance rigate da lacrime inopportune.
779/1287
«Dove esattamente a Portland, Mrs
Grey?» mi chiede Sawyer con molta
delicatezza.
«All’OHSU» gli rispondo con voce soffocata.
«L’ospedale universitario.»
Sawyer si immette nel traffico e si dirige
verso l’I-5 mentre io piango in silenzio sul
sedile posteriore, mormorando preghiere
senza parole. “Fa’ che stia bene, fa’ che stia
bene.”
Squilla il telefono. Your Love Is King mi fa
trasalire e interrompe il mio mantra.
«Oh, Christian.» Sono quasi senza fiato.
«Ana! Che cos’è successo?»
«Si tratta di Ray, è rimasto coinvolto in un
incidente.»
«Oh, merda!»
«Sì. Sto andando a Portland.»
«A Portland? Ti prego, dimmi che sei con
Sawyer.»
«Sì, sta guidando lui.»
«E Ray dove si trova?»
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«All’OHSU.»
Sento sullo sfondo una voce soffocata. «Sì,
Ros» ringhia Christian, con rabbia. «Lo so!
Scusami, piccola, posso essere lì nel giro di
tre ore, più o meno. Ho un lavoro da finire
qui, poi arrivo con l’elicottero.»
“Oh, merda.” Charlie Tango è di nuovo
pronto a partire, e l’ultima volta che Christian l’ha pilotato…
«Ho una riunione con alcune persone che
vengono da Taiwan. Non posso annullarla. È
un affare su cui lavoriamo da mesi.»
“Perché io non ne sapevo niente?”
«Mi muovo appena posso.»
«Okay» sussurro, e vorrei dirgli che va
bene così, di rimanere a Seattle a curare gli
affari, ma la verità è che lo voglio con me.
«Oh, piccola» mi sussurra.
«Ce la faccio, Christian. Prenditi il tempo
che ti serve, non precipitarti. Non voglio
dovermi preoccupare anche per te. Vola in
sicurezza.»
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«Certo.»
«Ti amo.»
«Anch’io ti amo, piccola. Sarò da te il più
presto possibile. Stai vicina a Luke.»
«Lo farò.»
«Ci vediamo dopo.»
«Ciao.» Dopo aver riagganciato, mi stringo
ancora di più le ginocchia al petto. Io non so
nulla del lavoro di Christian. Cosa diavolo sta
facendo con i taiwanesi? Guardo fuori dal
finestrino mentre passiamo davanti all’aeroporto King County International. Christian
deve volare in sicurezza. Mi si chiude lo
stomaco e la nausea mi assale. Ray e Christian. Il mio cuore non potrebbe sopportare
una cosa del genere. Mi appoggio allo schienale e riprendo con il mio mantra: “Fa’ che
stia bene, fa’ che stia bene”.
«Mrs Grey.» È la voce di Sawyer a scuotermi.
«Siamo nel comprensorio dell’ospedale.
Adesso devo solo trovare il pronto soccorso.»
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«So io dov’è.» Mi viene in mente l’ultima
volta in cui sono stata all’OHSU, quando, al
mio secondo giorno di lavoro da Clayton,
sono caduta da una scala pieghevole, procurandomi una distorsione alla caviglia. Ho
ancora in mente Paul Clayton in piedi vicino
a me. Rabbrividisco al ricordo.
Sawyer si ferma all’ingresso del pronto
soccorso e scende per aprirmi la portiera.
«Vado a cercare un parcheggio, signora,
poi vengo da lei. Lasci pure qui la ventiquattrore, la prendo io.»
«Grazie, Luke.»
Mi fa un cenno di assenso e io mi precipito
all’accettazione. L’impiegata allo sportello mi
accoglie con un sorriso e in pochi istanti localizza Ray e mi indirizza verso la sala operatoria al terzo piano.
“Sala operatoria? No!” Riesco a malapena
a mormorare un “grazie” mentre cerco di
concentrarmi sulle indicazioni che mi ha
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dato. Ho lo stomaco sottosopra mentre mi
dirigo quasi correndo verso gli ascensori.
“Fa’ che stia bene, fa’ che stia bene.”
L’ascensore è di una lentezza esasperante e
si ferma a tutti i piani. “Dài… su!” Cerco di
farlo andare più veloce con la forza del pensiero e lancio occhiatacce malevole alla gente
che continua a entrare e uscire.
Finalmente le porte si aprono al terzo piano e mi precipito verso un altro banco
dell’accettazione. Qui allo sportello ci sono
infermiere che indossano un’uniforme blu.
«Posso aiutarla?» mi chiede una zelante
infermiera con lo sguardo miope.
«Sto cercando mio padre, Raymond
Steele. È appena arrivato. Credo che sia nella
sala operatoria numero quattro.»
«Mi lasci controllare, Miss Steele.»
Annuisco, mentre scruta attentamente lo
schermo.
«Sì. È dentro da un paio d’ore. Se vuole aspettare, avviso il personale che lei si trova
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qui. La sala d’attesa è là.» Punta il dito verso
una grande porta bianca su cui campeggia la
scritta SALA D’ATTESA in grandi lettere blu.
«Lui sta bene?»
«Dovrà aspettare che uno dei medici che lo
sta operando venga a darle tutte le spiegazioni, signora.»
«Grazie» mormoro, ma dentro di me sto
urlando: “Voglio saperlo adesso!”.
Apro la porta bianca e mi trovo davanti
una stanza dall’aria austera e funzionale. Mr
Rodriguez e José sono già qui.
«Ana!» Mr Rodriguez mi saluta con il fiato
mozzo. Ha un braccio ingessato e una guancia piena di lividi. È seduto su una sedia a rotelle e ha anche una gamba ingessata. Lo abbraccio con circospezione.
«Oh, Mr Rodriguez» singhiozzo.
«Ana, tesoro.» Con il braccio sano mi dà
leggere pacche sulla schiena. «Mi dispiace
proprio tanto» mormora, la voce rotta.
“Oh, no.”
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«No, papá» lo rimprovera sommessamente José, avvicinandosi a me. Quando
mi giro mi abbraccia e mi stringe a sé.
«Oh, José» mormoro, e scoppio in lacrime, travolta dalla tensione, dalla paura e
dal dolore delle ultime ore.
«Forza, Ana, non piangere.» José mi accarezza delicatamente i capelli. Gli metto le
braccia al collo e piango in silenzio. Restiamo
in piedi così per un’eternità e sono davvero
contenta che il mio amico sia qui con me. Ci
separiamo nel momento in cui Sawyer ci raggiunge. Mr Rodriguez mi allunga una scatola
di fazzoletti opportunamente messi a disposizione dall’ospedale e io mi asciugo le
lacrime.
«Vi presento Mr Sawyer, della sicurezza»
mormoro. Sawyer fa un educato cenno della
testa a Mr Rodriguez e a José, poi va a sedersi in un angolo.
«Vieni a sederti, Ana.» José mi accompagna verso una delle poltroncine di vinile.
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«Che cos’è successo? Sapete in che condizioni è Ray? Che cosa gli stanno facendo?»
José alza una mano per fermare la mia raffica di domande e si siede accanto a me.
«Non abbiamo novità. Ray, papà e io stavamo andando ad Astoria per una battuta di
pesca. E un idiota, uno stronzo ubriaco, ci è
venuto addosso…»
Mr Rodriguez cerca di intervenire, balbettando qualche parola di scuse.
«Cálmate, papá!» gli dice José in tono
brusco. «Io non ho neanche un graffio, a
parte un paio di lividi sulle costole e un bernoccolo in testa. Papà… be’, lui si è rotto un
polso e una caviglia. Ma la macchina che ci è
venuta addosso ha preso in pieno il lato del
passeggero, dove c’era Ray.»
Oh, no, no… Il panico mi travolge. No, no,
no. Sto tremando come una foglia e rabbrividisco al pensiero di quello che stanno facendo a Ray in sala operatoria.
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«Lo stanno operando. Noi siamo stati
ricoverati all’ospedale di Astoria, mentre Ray
è stato portato qui con un’eliambulanza. Non
sappiamo che cosa gli stiano facendo.
Aspettiamo.»
Tremo sempre di più.
«Ehi, Ana, hai freddo?»
Annuisco. Indosso una camicetta bianca
senza maniche e una giacca estiva nera, che
non mi scaldano per niente. José si toglie il
giubbotto di pelle e me lo mette sulle spalle.
«Posso portarle un tè, signora?» È Sawyer,
che nel frattempo si è avvicinato. Annuisco
con gratitudine e lui sparisce nel corridoio.
«Perché stavate andando proprio ad
Astoria?»
José si stringe nelle spalle. «È un posto
famoso per la pesca. Era una di quelle cose
tra uomini, sai. Un po’ di coccole al mio vecchio prima che l’università mi risucchi per
l’ultimo anno.» Gli occhi scuri di José sono
sgranati e lucidi per la paura e il rimorso.
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«Avresti potuto farti male anche tu. E Mr
Rodriguez… anche peggio.» Deglutisco al
pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere.
La mia temperatura corporea scende ancora
e rabbrividisco per l’ennesima volta. José mi
prende la mano.
«Accidenti, Ana, sei gelata.»
Mr Rodriguez si avvicina piano e mi prende l’altra mano nella sua.
«Ana, mi dispiace così tanto.»
«La prego, Mr Rodriguez. È stato un incidente…» La mia voce è ridotta a un sussurro.
«Chiamami José» mi corregge. Gli faccio
un debole sorriso, che è il massimo a cui
posso arrivare. Un altro brivido.
«La polizia ha arrestato quello stronzo.
Erano le sette del mattino e il tipo era già
completamente fuori di testa» sibila José con
disgusto.
Sawyer ritorna con un bicchiere di carta
pieno d’acqua calda e una bustina di tè a
parte. “Sa persino come prendo il tè!” Sono
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sorpresa, e contenta di quella distrazione. Mr
Rodriguez e José mi lasciano andare le mani
e io prendo con gratitudine il bicchiere che
Sawyer mi porge.
«Volete qualcosa anche voi?» chiede Sawyer a Mr Rodriguez e a José. Entrambi scuotono la testa, e Sawyer torna a sedersi nel suo
angolo. Immergo la bustina nel bicchiere e la
agito, poi la tiro fuori e mi alzo per buttarla
nel cestino.
«Perché ci mettono così tanto tempo?»
mormoro, senza rivolgermi a nessuno in
particolare.
“Oh, papà… Fa’ che stia bene, fa’ che stia
bene.”
«Lo sapremo abbastanza presto, Ana» mi
dice José dolcemente. Annuisco e bevo un
sorso di tè. Torno a sedermi vicino a lui. Aspettiamo… e aspettiamo ancora. Mr Rodriguez ha gli occhi chiusi. Sta pregando, credo.
José mi tiene la mano e ogni tanto la stringe.
Bevo lentamente il tè. Non è Twinings, ma
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qualche schifosa sottomarca dal sapore
orribile.
Ripenso all’ultima volta in cui sono stata
ad aspettare notizie di qualcuno, all’ultima
volta in cui ho pensato che non ci fossero più
speranze, quando Charlie Tango era disperso. Chiudo gli occhi e formulo una muta
preghiera perché mio marito arrivi sano e
salvo. Do un’occhiata all’orologio. Sono le
due e un quarto del pomeriggio. Tra poco
dovrebbe essere qui. Il mio tè è diventato
freddo…
Mi alzo in piedi, faccio qualche passo e
torno a sedermi. Perché i medici non sono
ancora venuti a parlare con me? Afferro la
mano di José, che stringe la mia in un gesto
rassicurante. “Fa’ che stia bene, fa’ che stia
bene.”
Il tempo scorre così lentamente.
All’improvviso si apre la porta e tutti
alziamo lo sguardo speranzosi. Sento una
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stretta allo stomaco. “È arrivato il
momento?”
Entra Christian. Il suo viso si rabbuia per
un istante quando si accorge che José mi
tiene la mano.
«Christian!» È un’esclamazione soffocata.
Balzo in piedi e ringrazio Dio per averlo fatto
arrivare sano e salvo. Subito dopo lo abbraccio forte, il suo naso nei miei capelli, e
respiro il suo profumo, il suo calore, il suo
amore. Una piccola parte di me si sente più
calma, più forte, più resistente perché lui è
qui con me. Oh, che differenza fa la sua
presenza per la mia tranquillità!
«Ci sono novità?»
Scuoto la testa, incapace di parlare.
«Ciao, José.» Lo saluta con un cenno della
testa.
«Christian, ti presento mio padre, José
senior.»
«Buongiorno, Mr Rodriguez, ci siamo conosciuti al matrimonio. Mi sembra di capire
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che anche lei è rimasto coinvolto
nell’incidente.»
José gli riassume brevemente tutta la
storia.
«Voi due state abbastanza bene per rimanere qui?» chiede Christian.
«Non c’è nessun altro posto dove vorrei
essere» risponde Mr Rodriguez, con la voce
bassa. Christian annuisce. Mi prende per
mano e mi fa sedere, poi si siede vicino a me.
«Hai mangiato qualcosa?» domanda.
Scuoto la testa.
«Hai fame?»
Scuoto la testa.
«Hai freddo, però» mi chiede, notando il
giubbotto di José.
Annuisco. Si agita sulla sedia, ma non dice
nulla.
La porta si apre di nuovo ed entra un
giovane medico con un camice azzurro acceso. Ha l’aria esausta e preoccupata.
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Il sangue mi defluisce dal volto, mentre mi
alzo in piedi incespicando.
«Ray Steele» sussurro, mentre Christian
mi si affianca, cingendomi la vita con un
braccio.
«Lei è una parente?» chiede il dottore. Ha
gli occhi azzurri, quasi dello stesso colore del
camice. In un’altra situazione l’avrei trovato
attraente.
«Sono Ana, la figlia.»
«Piacere, Miss Steele…»
«Mrs Grey» lo interrompe Christian.
«Mi scusi» farfuglia il medico, e per un
istante avrei voglia di prendere Christian a
calci. «Sono il dottor Crowe. Le condizioni di
suo padre sono stabili, ma critiche.»
“Che cosa significa?” Mi tremano le ginocchia, e solo il sostegno di Christian mi impedisce di cadere a terra.
«Ha diverse lesioni interne» spiega il dottor Crowe «soprattutto al diaframma, ma
quelle siamo riusciti a sistemarle e anche la
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milza è salva. Sfortunatamente ha subito un
arresto cardiaco nel corso dell’operazione, a
causa della perdita di sangue. Siamo riusciti
a far ripartire il cuore, che però desta ancora
qualche preoccupazione. Tuttavia, quello che
ci preoccupa di più è il grave trauma cranico.
Abbiamo fatto una risonanza magnetica, che
ha evidenziato un edema cerebrale. Gli abbiamo indotto il coma farmacologico per tenerlo fermo e tranquillo mentre monitoriamo
la situazione.»
“Danni cerebrali? No!”
«È la procedura standard in casi come
questo. Per ora possiamo solo aspettare e
vedere che cosa succede.»
«Qual è la prognosi?» chiede Christian in
tono freddo.
«In questo momento è molto difficile
dirlo, Mr Grey. È possibile che il paziente si
riprenda completamente, ma per ora la cosa
è nelle mani di Dio.»
«Per quanto tempo lo terrete in coma?»
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«Dipende da come risponderà il cervello.
Di solito tra le settantadue e le novantasei
ore.»
“Così tanto tempo?!” «Posso vederlo?»
sussurro.
«Sì, dovrebbe poterlo vedere nel giro di
mezz’ora. L’hanno portato nel reparto di terapia intensiva, al sesto piano.»
«Grazie, dottore.»
Crowe fa un cenno con la testa, si gira e se
ne va.
«Be’, almeno è vivo» mormoro a Christian.
E le lacrime ricominciano a rigarmi il viso.
«Siediti» mi ordina Christian dolcemente.
«Papà, credo che faremmo meglio ad andarcene. Tu hai bisogno di riposare, e non ci
saranno notizie per un po’» mormora José a
suo padre, che lo fissa con uno sguardo inespressivo. «Possiamo tornare stasera, dopo
che ti sarai riposato un po’. Per te va bene,
Ana, vero?» José si gira verso di me con aria
implorante.
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«Ma certo.»
«Vi fermate a Portland?» chiede Christian.
José annuisce.
«Avete bisogno di un passaggio?»
José aggrotta la fronte. «Pensavo di
chiamare un taxi.»
«Può accompagnarvi Luke.»
Sawyer si alza, e José sembra un po’
confuso.
«Luke Sawyer» dico a bassa voce, per
chiarire.
«Ah, certo… Sì, ci farebbe comodo. Grazie,
Christian.»
Mi alzo e abbraccio Mr Rodriguez e poi
José.
«Coraggio, Ana» mi sussurra José all’orecchio. «È un uomo forte. Le probabilità sono
tutte a suo favore.»
«Lo spero proprio.» Lo stringo forte. Poi lo
lascio andare, mi tolgo il giubbotto e glielo
porgo.
«Tienilo pure, se hai ancora freddo.»
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«No, ora va meglio, grazie.» Lancio un’occhiata nervosa verso Christian e vedo che ci
sta osservando impassibile. Mi prende la
mano.
«Se ci sono novità, ve le comunico subito»
dico, mentre José spinge la sedia a rotelle del
padre verso la porta che Sawyer sta tenendo
aperta.
Mr Rodriguez alza una mano, e si fermano
sulla soglia. «Pregherò per Ray, Ana.» La sua
voce si incrina. «È stato così bello riprendere
i contatti con lui dopo tanti anni. È diventato
un buon amico.»
«Lo so.»
Se ne vanno, e Christian e io rimaniamo
soli. Mi accarezza. «Sei così pallida. Vieni
qui.» Si sistema sulla sedia e mi fa sedere
sulle sue ginocchia, abbracciandomi. Mi rannicchio contro il suo petto, oppressa dalla
disgrazia del mio patrigno, ma contenta che
mio marito sia qui a consolarmi. Mi sfiora i
capelli e mi stringe una mano tra le sue.
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«Com’è andata con Charlie Tango?» gli
domando.
Fa un sorrisetto. «“Oh, era un sogno”»
risponde, con una sfumatura di orgoglio
nella voce. Riesce a farmi sorridere per la
prima volta dopo ore, e lo guardo incuriosita.
«Un sogno?»
«È una battuta di Scandalo a Filadelfia. Il
film preferito di Grace.»
«Non lo conosco.»
«Credo di avere il DVD a casa. Possiamo
guardarlo mentre pomiciamo.» Mi dà un bacio sui capelli e io sorrido di nuovo.
«Pensi che riuscirò a convincerti a mangiare qualcosa?» mi chiede.
Il sorriso scompare. «Non adesso. Prima
voglio vedere Ray.» Si accascia deluso sulla
sedia, ma non cerca di forzarmi.
«Com’erano i taiwanesi?»
«Disponibili.»
«In che senso?»
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«Mi hanno permesso di comprare il loro
cantiere navale a un prezzo inferiore a quello
che ero disposto a pagare.»
“Si è comprato un cantiere navale?” «Ed è
una cosa buona?»
«Sì, è una cosa buona.»
«Credevo che tu avessi già un cantiere
navale da queste parti.»
«Sì, è così. Lo useremo per fare gli allestimenti interni delle barche. Costruiremo gli
scafi in Estremo Oriente. Costa molto
meno.»
“Ah.” «E i dipendenti di questo cantiere?»
«Li reimpiegheremo. Dovremmo riuscire a
contenere molto gli esuberi.» Mi dà un bacio
sui capelli. «Andiamo a trovare Ray?» mi
chiede, a bassa voce.
Quello di terapia intensiva è un reparto
sobrio e asettico, molto funzionale, dove si
sentono solo voci sussurranti e il bip dei
macchinari. Ci sono quattro pazienti, ognuno
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ospitato in un’area superattrezzata separata.
Ray è in fondo al reparto.
“Oh, papà!”
Sembra così piccolo in quel letto enorme,
circondato da tutta quella tecnologia. È un
vero shock. Mio padre non è mai stato così
piccino. Ha un tubo infilato in bocca e flebo
in entrambe le braccia. Un piccolo morsetto
gli stringe un dito. Mi chiedo a cosa serva.
Una gamba è fuori dalle coperte, imprigionata in un’ingessatura blu. Un monitor
mostra il suo battito cardiaco: bip, bip, bip.
Forte e regolare. Lo conosco bene. Mi avvicino lentamente. Ha il petto coperto da un
bendaggio grande e candido che scompare
sotto il sottile lenzuolo che gli arriva alla vita.
Mi accorgo che il tubo che gli esce dall’angolo destro della bocca finisce in un respiratore. Il suo rumore si mescola al bip, bip,
bip del monitor cardiaco, formando una
specie di battito ritmico. Aspira, espelli, aspira, espelli, aspira, espelli, sempre a ritmo
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con i bip. Ci sono quattro linee sullo schermo
del monitor cardiaco, e il loro movimento
regolare dimostra molto chiaramente che
Ray è ancora tra noi.
Anche con la bocca distorta dal tubo del
respiratore ha un’aria calma e pacifica, come
se dormisse profondamente.
Una giovane infermiera minuta è in piedi
accanto al letto e controlla i dati.
«Posso toccarlo?» le chiedo, allungando
esitante una mano verso quella di Ray.
«Certo.» Ha un sorriso gentile. Sulla targhetta c’è scritto KELLIE, e deve avere circa
vent’anni. È bionda, con gli occhi molto,
molto scuri.
Christian è in piedi in fondo al letto e mi
guarda attentamente mentre stringo la mano
di Ray. È sorprendentemente calda. Mi lascio
andare sulla sedia di fianco al letto, appoggio
con cautela la testa di fianco al braccio di Ray
e inizio a singhiozzare.
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«Oh, papà, ti prego, cerca di stare meglio»
gli sussurro.
Christian mi posa una mano sulla spalla e
mi dà una stretta rassicurante.
«Tutti i parametri vitali di Mr Steele sono
buoni» dice l’infermiera Kellie a bassa voce.
«Grazie» mormora Christian. Alzo lo
sguardo in tempo per notare che è rimasta a
bocca aperta. Alla fine ha dato una bella occhiata a mio marito. Non mi importa. Può
rimanere a fissare Christian per tutto il
tempo che vuole, purché rimetta in piedi mio
padre.
«Può sentirmi?»
«È in uno stato di sonno profondo, ma chi
lo sa?»
«Posso stare un po’ qui seduta?»
«Certo.» Mi sorride e le sue guance si coprono di un rossore rivelatore. Chissà perché,
mi sorprendo a pensare che il biondo non sia
il suo colore naturale.
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Christian mi guarda, ignorando l’infermiera. «Devo fare una telefonata. Sono qui
fuori, ti lascio un po’ da sola con tuo padre.»
Annuisco. Lui mi dà un bacio sui capelli ed
esce dalla stanza. Stringo la mano di Ray tra
le mie, e mi colpisce l’ironia del fatto che solo
adesso che è incosciente e non può sentire la
mia voce io desidero davvero dirgli quanto
gli voglio bene. Quest’uomo è stato il mio
punto fermo, la mia roccia. E non ci ho mai
pensato fino a ora. Non sono sangue del suo
sangue, ma lui è il mio papà e io lo amo profondamente. Le lacrime mi rigano le guance.
“Ti prego, ti prego, guarisci.”
A voce bassissima per non disturbare nessuno gli racconto del nostro weekend ad
Aspen e di quello che abbiamo trascorso veleggiando a bordo della Grace. Gli parlo della
nuova casa, del progetto, di come vorremmo
renderla ecosostenibile. Gli prometto di portarlo con noi ad Aspen, così potrà andare a
pescare con Christian, gli garantisco che
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anche Mr Rodriguez e José saranno i
benvenuti. “Per favore, papà, fa’ in modo di
esserci. Per favore.”
Ray rimane immobile, con il respiratore
che continua ad aspirare e a espellere aria, e
la sua unica risposta è il monotono ma
rassicurante bip, bip, bip del monitor
cardiaco.
Quando rialzo gli occhi, vedo Christian
tranquillamente seduto ai piedi del letto.
Non so da quanto tempo è lì.
«Ciao» dice, con gli occhi lucidi per la
commozione e la preoccupazione.
«Ciao.»
«E così andrò a pesca con tuo padre, Mr
Rodriguez e José, vero?» chiede.
Annuisco.
«Okay. Andiamo a mangiare, lasciamolo
dormire.»
Aggrotto la fronte. Non voglio lasciarlo
solo.
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«Ana, è in coma. Ho dato i nostri numeri
di cellulare alle infermiere: se succede qualcosa, ci chiamano. Andiamo a mangiare, poi
cerchiamo un hotel, ci riposiamo un po’ e
stasera torniamo.»
La suite dell’Heathman è esattamente come
me la ricordavo. Quante volte ho ripensato a
quella prima notte passata con Christian
Grey e al mattino successivo! Sono in piedi
sulla soglia, paralizzata. Oddio, tutto è
cominciato qui.
«A casa lontani da casa» commenta Christian a bassa voce, mentre appoggia la mia
ventiquattrore accanto a una delle poltrone
superimbottite.
«Vuoi farti una doccia? O un bagno? Di
che cos’hai bisogno, Ana?» Christian mi sta
fissando e mi rendo conto che è alla deriva, il
mio bambino smarrito alle prese con eventi
che vanno al di là del suo controllo. È rimasto chiuso e pensieroso per tutto il pomeriggio. È una situazione su cui non può
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intervenire e dove non è in grado di fare previsioni. È vita vera, in tutta la sua cruda realtà, e lui se n’è tenuto lontano per così tanto
tempo che ora è esposto e indifeso. Il mio
dolce, protetto Christian.
«Un bagno. Farei volentieri un bagno»
mormoro, sapendo che tenerlo occupato lo
farà stare meglio, si sentirà persino utile.
«Un bagno. Bene. Sì.» Si dirige verso la
camera e poi nel sontuoso bagno. Pochi
istanti dopo lo scroscio dell’acqua che scorre
nella vasca riecheggia nella suite.
Finalmente mi riscuoto e raggiungo Christian. Rimango costernata nel vedere parecchie borse di Nordstrom sul letto. Christian
ritorna con le maniche rimboccate, senza più
giacca né cravatta.
«Ho mandato Taylor a comprare un po’ di
cose. Pigiama, camicia da notte, sai» dice,
guardandomi con circospezione.
Ovvio. Faccio un cenno di assenso con la
testa per farlo stare meglio. “Dov’è Taylor?”
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«Oh, Ana» bisbiglia. «Non ti ho mai vista
così. Di solito sei forte e coraggiosa.»
Non so cosa dire. Mi limito a fissarlo con
gli occhi sgranati. In questo momento non
ho proprio nulla da dare. Credo di essere
sotto shock. Mi stringo le braccia intorno al
corpo cercando di tenere lontano il freddo
che mi ha invasa anche se so che è uno sforzo
inutile, perché è un freddo che viene da dentro. Christian mi prende tra le braccia.
«Dài, piccola, Ray è vivo. I suoi parametri
vitali sono buoni. Dobbiamo solo avere pazienza» mormora. «Vieni.» Mi prende per
mano e mi porta in bagno. Mi toglie delicatamente la giacca e la appoggia sulla sedia, poi
si gira e mi slaccia i bottoni della camicetta.
L’acqua è deliziosamente calda e fragrante, il
profumo dei fiori di loto è forte nell’aria
calda e soffocante del bagno. Sono appoggiata tra le gambe di Christian, con la schiena
contro di lui e i piedi sopra i suoi. Siamo taciturni e pensierosi, e io finalmente comincio
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a riscaldarmi. Ogni tanto Christian mi dà un
bacio sui capelli e io faccio distrattamente
scoppiare le bolle della schiuma. Mi circonda
le spalle con un braccio.
«Non sei entrato anche tu nella vasca con
Leila, vero? Quella volta che le hai fatto il
bagno» chiedo.
Si irrigidisce e sbuffa, con la mano mi
stringe quasi impercettibilmente la spalla.
«Ehm… no.» Sembra stupito.
«Lo pensavo. Bene.»
Mi tira leggermente i capelli raccolti in una
semplice crocchia e mi gira di lato la testa
per potermi guardare in faccia. «Perché me
lo chiedi?»
Mi stringo nelle spalle. «Curiosità
morbosa. Non so… forse il fatto di averla
vista questa settimana.»
I lineamenti del suo viso si induriscono.
«Capisco. Non tanto morbosa.» C’è una sfumatura di rimprovero nelle sue parole.
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«Per quanto tempo hai intenzione di
aiutarla?»
«Finché non ce la farà da sola. Non lo so.»
Si stringe nelle spalle. «Perché?»
«Ce ne sono altre?»
«Altre?»
«Altre ex che aiuti.»
«Ce n’era un’altra, sì. Ma ora non più.»
«Davvero?»
«Studiava medicina. Si è laureata e ha
trovato un altro.»
«Un altro Dominatore?»
«Sì.»
«Leila dice che hai due dei suoi quadri»
sussurro.
«Li avevo. Non ci ho mai tenuto molto.
Tecnicamente non erano male, ma erano
troppo colorati per me. Penso che adesso li
abbia Elliot. Come sappiamo, non ha molto
gusto.»
Ridacchio e lui mi stringe a sé, rovesciando un po’ d’acqua fuori dalla vasca.
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«Così va meglio» mormora e mi dà un bacio sulla tempia.
«Sta per sposare la mia migliore amica.»
«Allora sarà bene che io stia zitto»
commenta.
Dopo il bagno mi sento più rilassata. Avvolta
in un morbido accappatoio dell’Heathman
fisso le borse degli acquisti sul letto. Accidenti, devono contenere qualcosa più che un
pigiama e una camicia da notte. Ne apro una
a caso e sbircio dentro. Un paio di jeans e
una felpa azzurra con il cappuccio, entrambi
della mia taglia. Per la miseria… Taylor ha
comprato vestiti per un intero weekend, e
conosce bene i miei gusti. Sorrido… Non è la
prima volta che acquista capi di vestiario per
me mentre alloggio all’Heathman.
«A parte quella volta che sei venuto a molestarmi da Clayton, ti è mai capitato di entrare in un negozio e comprare qualcosa?»
«Molestarti?»
«Sì, esatto, molestarmi.»
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«Eri tutta agitata, se ricordo bene. E quel
ragazzo ti sbavava dietro. Come si
chiamava?»
«Paul.»
«Uno dei tuoi numerosi ammiratori.»
Alzo gli occhi al cielo e lui sorride, un sorriso sollevato e genuino, e mi bacia.
«Eccola, la mia bambina» sussurra. «Ora
vestiti. Non voglio che ti venga di nuovo
freddo.»
«Sono pronta» dico. Christian sta lavorando
con il Mac nell’area della suite adibita a studio. Indossa un paio di jeans neri e un maglioncino grigio a trecce, mentre io mi sono
messa i jeans, una T-shirt bianca e la felpa
con il cappuccio.
«Sembri giovanissima» mormora Christian, guardandomi con gli occhi che brillano.
«E pensare che domani sarai più vecchia di
un anno.» Ha un tono preoccupato. Gli faccio un sorriso un po’ triste.
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«Non sono dell’umore giusto per festeggiare. Possiamo andare subito a trovare Ray?»
«Certo. Vorrei che mangiassi qualcosa.
Non hai praticamente toccato cibo.»
«Christian, ti prego. Non ho fame. Magari
dopo aver visto Ray. Voglio dargli la
buonanotte.»
Quando arriviamo al reparto di terapia intensiva incontriamo José che se ne sta andando. È da solo.
«Ciao, Ana, ciao, Christian.»
«Dov’è tuo padre?»
«Era troppo stanco per tornare qui. In
fondo stamattina ha avuto un incidente
d’auto» dice, con un sorriso triste. «Gli antidolorifici hanno cominciato a fare effetto, ed
era fuori combattimento. Ho dovuto discutere per farmi ammettere nel reparto, visto
che non sono un parente.»
«E…?» gli chiedo, ansiosa.
«Sta bene, Ana. Come prima… ma tutto
bene.»
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Mi sento sollevata. Nessuna nuova, buona
nuova.
«Ci vediamo domani? È il tuo
compleanno!»
«Certo. Saremo qui.»
José dà un’occhiata a Christian e poi mi
stringe in un rapido abbraccio. «Mañana.»
«Buonanotte, José.»
«Ciao, José» lo saluta Christian. José fa un
cenno di saluto con la testa e si incammina
lungo il corridoio. «È ancora pazzo di te»
dice Christian tranquillamente.
«No, non lo è. E anche se lo fosse…» Mi
stringo nelle spalle, perché in questo momento non me ne importa nulla.
Christian mi fa un sorriso un po’ tirato e io
mi sciolgo.
«Complimenti» gli sussurro.
Lui aggrotta le sopracciglia.
«Per non esserti fatto venire la bava alla
bocca.»
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Mi guarda stupefatto, tra l’offeso e il divertito. «Non mi è mai venuta la bava alla
bocca. Andiamo a trovare tuo padre, ho una
sorpresa per te.»
«Una sorpresa?» mi allarmo.
«Vieni.» Christian mi prende per mano e
apriamo la porta del reparto di terapia
intensiva.
In piedi in fondo al letto di Ray c’è Grace,
impegnata in una serrata discussione con
Crowe e una dottoressa che non avevo
ancora visto. Quando ci vede, Grace ci fa un
ampio sorriso.
“Oh, grazie al cielo.”
«Christian.» Lo bacia su una guancia, poi
si gira verso di me e mi stringe in un caldo
abbraccio.
«Ana. Come stai?»
«Io sto bene, è per mio padre che sono
preoccupata.»
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«È in ottime mani. La dottoressa Sluder è
un’autorità in questo campo. Abbiamo studiato insieme a Yale.»
Ah…
«Mrs Grey, piacere.» La dottoressa Sluder
mi saluta cerimoniosamente. Ha i capelli
corti, un’aria da folletto e un leggero accento
del Sud. «In qualità di medico curante di suo
padre, ho il piacere di informarla che tutto
procede come previsto. I suoi parametri vitali sono stabili e forti. Abbiamo molta fiducia che si ristabilirà completamente. L’edema
si è fermato e mostra segni di essersi ridotto.
È un segnale molto incoraggiante, dopo così
poco tempo.»
«Questa è una buona notizia» mormoro.
La dottoressa mi sorride con calore. «Lo è,
Mrs Grey. Ci stiamo davvero prendendo cura
di lui.» Poi aggiunge: «È stato bello rivederti,
Grace».
«Anche per me, Lorraina.»
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«Dottor Crowe, lasciamo tranquilli i signori che sono venuti a trovare Mr Steele.»
Crowe segue la dottoressa Sluder verso
l’uscita.
Lancio un’occhiata a Ray e, per la prima
volta dopo l’incidente, comincio a essere un
po’ più ottimista. Le rassicuranti parole della
dottoressa Sluder e di Grace hanno riacceso
la mia speranza.
Grace mi prende la mano e la stringe
dolcemente. «Ana, tesoro, stai un po’ qui seduta con lui. Parlagli. Gli farà bene. Io rimango con Christian nella sala d’attesa.»
Annuisco. Christian mi sorride per
rassicurarmi e poi lui e la madre mi lasciano
sola con il mio adorato padre che dorme
tranquillo, cullato dalla dolce ninnananna
del respiratore e del monitor cardiaco.
Mi metto la T-shirt bianca di Christian e mi
infilo nel letto.
«Sembri più di buonumore» osserva lui
cautamente, mentre indossa il pigiama.
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«È vero. Penso che parlare con la dottoressa Sluder e con tua madre abbia davvero
cambiato le cose. Hai chiesto tu a Grace di
venire?»
Christian scivola nel letto e mi prende tra
le braccia, girandomi in modo che gli volti le
spalle.
«No, è voluta venire lei per vedere di persona come stava tuo padre.»
«E come ha fatto a saperlo?»
«Le ho telefonato io questa mattina.»
Ah.
«Piccola, sei distrutta. Dovresti dormire.»
«Mmh» mormoro, d’accordo con lui. Ha
ragione, sono davvero stanca. È stata una
giornata piena di emozioni. Volto la testa per
dargli una rapida occhiata. “Non stiamo per
fare l’amore?” La cosa mi solleva. In effetti
ha tenuto le mani a posto per tutto il giorno.
Mi domando se dovrei essere preoccupata da
questo cambiamento: ci penserò al risveglio.
Mi giro verso di lui e mi rannicchio tra le
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braccia di Christian, intrecciando le gambe
alle sue.
«Promettimi una cosa» mi dice, a bassa
voce.
«Mmh?» Sono troppo stanca per articolare una domanda.
«Domani mangerai qualcosa. Posso riuscire a sopportare che tu indossi il giubbotto
di un altro uomo senza farmi venire la bava
alla bocca, ma, Ana, ti prego, devi
mangiare.»
«Mmh» acconsento. Mi dà un bacio sui
capelli. «Grazie per essere qui con me» riesco a bofonchiare e gli do un bacio assonnato sul petto.
«In quale altro posto dovrei essere? Io
voglio stare dove sei tu, Ana. Il fatto di essere
qui mi fa pensare a quanta strada abbiamo
fatto. E alla prima notte in cui abbiamo
dormito insieme. Che notte! Sono rimasto a
guardarti per ore. Eri proprio un sogno»
sospira. Sorrido contro il suo petto.
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«Dormi» mormora, ed è un ordine. Chiudo gli occhi e scivolo nel sonno.
18
Mi sveglio, aprendo gli occhi su una luminosa mattina di settembre. Sono al caldo,
comodamente avvolta nelle lenzuola fresche
di bucato. Ci metto un attimo per orientarmi,
e sono travolta da una sensazione di déjà vu.
È ovvio: sono all’Heathman.
«Oddio! Papà!» grido con il fiato mozzo
appena mi ricordo perché sono a Portland, in
preda al panico e con il cuore che batte
all’impazzata.
«Ehi.» Christian è seduto in fondo al letto.
Mi accarezza una guancia con il dorso della
mano e riesce subito a calmarmi. «Ho
chiamato l’ospedale stamattina, Ray ha passato una notte tranquilla. Va tutto bene» mi
dice, in tono rassicurante.
«Ah, bene. Grazie» gli rispondo con un filo
di voce, tirandomi su a sedere.
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Si china e posa le labbra sulla mia fronte.
«Buongiorno, Ana» sussurra, dandomi un
bacio sulla tempia.
«Ciao» bofonchio io. È già vestito: T-shirt
e jeans.
«Ciao» mi risponde con uno sguardo dolce
e caldo. «Vorrei farti gli auguri di buon compleanno, posso?»
Rispondo con un sorriso incerto e gli accarezzo la guancia. «Ma certo. Grazie. Per
tutto.»
Aggrotta la fronte. «Tutto?»
«Sì, tutto.»
Per un attimo ha un’espressione confusa,
che però sparisce subito. Spalanca gli occhi
pregustandosi il momento. «Questo è per
te.» Mi porge una scatoletta impacchettata
con molta eleganza insieme a un minuscolo
bigliettino.
Nonostante la preoccupazione per mio
padre, percepisco l’ansia e l’eccitazione di
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Christian, e ne sono contagiata. Leggo il
biglietto.
Per tutte le nostre prime volte, nel tuo primo
compleanno
come mia moglie adorata.
Ti amo.
Cx
Oh, ma quanto è dolce? «Anch’io ti amo»
mormoro.
Lui sorride: «Aprila».
Tolgo la carta con cura per non strapparla,
e vedo spuntare una meravigliosa scatoletta
di pelle rossa. “Cartier.” Mi è familiare, per
via degli orecchini della seconda chance e
dell’orologio. Apro la scatoletta con cautela e
all’interno trovo un raffinato braccialetto
Charms d’argento o di platino o d’oro bianco,
non lo so. È incantevole. Ci sono appesi diversi ciondoli, tra cui la torre Eiffel; un taxi
londinese; un elicottero: Charlie Tango; un
aliante; un catamarano: la Grace; un letto
823/1287
e… un cono gelato? Alzo lo sguardo verso di
lui, confusa.
«Vaniglia?» Si stringe nelle spalle, come
per scusarsi, e non riesco a trattenere una
risata. Ma certo.
«Christian, è meraviglioso. Grazie. “È davvero un sogno.”»
Sorride.
Il mio ciondolo preferito è quello a forma
di cuore. È un piccolo medaglione.
«Dentro ci puoi mettere una foto, o quello
che vuoi.»
«Una foto tua.» Lo guardo con gli occhi
socchiusi. «Sei sempre nel mio cuore.»
Sfioro gli ultimi due ciondoli: una C. “…
Ah, sì, sono stata la prima delle sue donne a
chiamarlo per nome.” Sorrido al pensiero. E
poi una chiave.
«Per il mio cuore e la mia anima»
sussurra.
Mi vengono le lacrime agli occhi. Gli butto
le braccia al collo e mi accoccolo nel suo
824/1287
grembo. «È un regalo così meditato. Lo adoro. Grazie» gli sussurro all’orecchio. Oh, ha
un così buon profumo. Sa di pulito, di biancheria lavata, di bagnoschiuma e di Christian. È il profumo di casa, di casa mia. Non
riesco più a trattenere le lacrime.
Lui geme debolmente e mi avvolge in un
abbraccio.
«Non so che cosa farei senza di te.» Ho la
voce rotta e tento di frenare l’ondata di
emozioni che mi travolge.
Deglutisce e mi stringe forte. «Ti prego,
non piangere.»
Tiro su con il naso in modo poco raffinato.
«Mi dispiace. È che sono felice, triste e piena
di ansia nello stesso tempo.»
«Ehi.» La sua voce è delicata come una piuma. Mi fa inclinare indietro la testa e mi dà
un tenero bacio sulle labbra. «Lo capisco
benissimo.»
«Lo so» sussurro, e mi godo il suo sorriso
timido.
825/1287
«Vorrei che la situazione fosse più felice,
che fossimo a casa. Ma siamo qui.» Si stringe
di nuovo nelle spalle, come per scusarsi.
«Dài, alzati. Facciamo colazione e andiamo a
trovare Ray.»
Dopo aver indossato i jeans nuovi e la T-shirt
bianca il mio appetito fa una breve ma
gradita comparsa durante la colazione nella
suite. So che Christian è contento di vedermi
mangiare i cereali con lo yogurt greco.
«Grazie per aver ordinato la mia colazione
preferita.»
«Be’, è il tuo compleanno» dice lui a bassa
voce. «E la devi smettere di ringraziarmi.»
Alza gli occhi al cielo in segno di esasperazione, ma in modo affettuoso, penso.
«Voglio solo che tu sappia che lo
apprezzo.»
«Anastasia, questo è ciò che voglio fare.»
Ha un’aria seria. Certo, il Christian che
comanda e controlla. Come ho fatto a
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dimenticarmene… Lo vorrei forse diverso da
com’è?
Sorrido. «Sì, è così.»
Mi guarda sorpreso, poi scuote la testa.
«Andiamo?»
«Mi lavo i denti.»
Fa un sorrisetto. «Okay.»
Perché quel sorrisetto? Me lo chiedo anche
mentre sono in bagno. Poi di colpo spunta
un ricordo. Dopo la prima notte con lui ho
usato il suo spazzolino. Sorrido anch’io, e
prendo il suo spazzolino in omaggio a quella
prima volta. Mi guardo allo specchio mentre
mi lavo i denti. Sono pallida, troppo. Ma in
fondo sono sempre un po’ pallida. L’ultima
volta che sono stata qui ero single e ora sono
una donna sposata, a ventidue anni! Sto invecchiando. Mi sciacquo la bocca.
Sollevo il polso e lo scuoto, i ciondoli
emettono un piacevole tintinnio. Come fa il
mio dolce Christian a sapere sempre con
esattezza qual è la cosa giusta per me? Faccio
827/1287
un respiro profondo cercando di placare le
emozioni che ancora si agitano dentro di me,
e lancio un’altra occhiata al braccialetto.
Scommetto che costa una fortuna. “Ah… be’.”
Se lo può permettere.
Mentre ci dirigiamo verso gli ascensori,
Christian mi prende la mano e mi bacia le
nocche, sfregando il pollice sul ciondolo che
rappresenta Charlie Tango. «Ti piace?»
«Dire che mi piace è poco. Lo adoro. Tantissimo. Come adoro te.»
Sorride e mi dà un altro bacio sulle nocche. Mi sento più leggera rispetto a ieri. Sarà
perché è mattina e il mondo sembra sempre
un luogo pieno di speranze, molto più che in
piena notte. O forse è per via del dolce risveglio con mio marito. Oppure per il fatto di
sapere che Ray non è peggiorato.
Mentre entriamo nell’ascensore deserto,
lancio un’occhiata a Christian. Per una
frazione di secondo i suoi occhi incontrano i
miei, poi sorride di nuovo.
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«No, eh!» sussurra, mentre la porta si
chiude.
«No cosa?»
«Non guardarmi in quel modo.»
«Al diavolo le scartoffie» mormoro
sogghignando.
Scoppia a ridere ed è un suono davvero
spensierato e fanciullesco. Mi attira tra le sue
braccia e mi alza la testa. «Uno di questi
giorni affitto l’ascensore per un pomeriggio.»
«Solo per un pomeriggio?» chiedo,
maliziosa.
«Mrs Grey, sei un’ingorda.»
«Quando si tratta di te, lo sono.»
«Sono molto felice di sentirlo.» Mi bacia
con tenerezza.
E non so dire se è perché siamo proprio in
quell’ascensore o perché non mi tocca da più
di ventiquattr’ore o semplicemente perché è
lui, il mio inebriante marito, ma il desiderio
si risveglia in me. Gli infilo le dita tra i capelli
e lo bacio con maggior passione, lo spingo
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contro la parete e l’impeto del mio corpo si
unisce al suo.
Geme nella mia bocca, mi appoggia la
mano sulla nuca e mi solleva mentre ci baciamo, e come ci baciamo! Con la lingua
esploriamo quel territorio così familiare, eppure sempre nuovo ed eccitante che è la
bocca dell’altro. La mia dea interiore è in estasi, e libera la mia libido dall’isolamento. Gli
accarezzo con entrambe le mani il viso che
adoro.
«Ana» ansima.
«Ti amo, Christian Grey. Non dimenticarlo
mai» gli sussurro fissando i suoi occhi grigi
che si sono incupiti.
L’ascensore si ferma dolcemente e le porte
si aprono.
«Andiamo a trovare tuo padre, prima che
decida di affittare fin da adesso quest’ascensore.» Mi dà un rapido bacio, mi prende
per mano e mi conduce nella hall.
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Mentre passiamo davanti alla reception, fa
un cenno molto discreto all’uomo di mezz’età
seduto dietro il banco. Lui annuisce e alza il
ricevitore del telefono. Guardo Christian con
aria interrogativa, e lui mi risponde con il
suo sorriso segreto. Gli lancio un’occhiataccia e per un attimo sembra nervoso.
«Dov’è Taylor?» chiedo.
«Sarà qui tra poco.»
Certo, probabilmente è andato a prendere
la macchina. «E Sawyer?»
«È in giro per commissioni.»
“Quali commissioni?”
Christian evita di uscire dalla porta girevole, e so che lo fa per non dovermi lasciare
la mano. Il pensiero mi scalda il cuore. È una
dolce mattina di fine estate, ma nell’aria si
sente già il profumo dell’autunno imminente.
Mi guardo intorno cercando Taylor e il SUV
Audi. Nessuna traccia. La mano di Christian
stringe la mia. Lo guardo, mi sembra un po’
in ansia.
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«Che cosa c’è?»
Lui alza le spalle. Il suono di una macchina
che si avvicina mi distrae. È un rumore
basso… familiare. Quando mi giro per vedere
da dove proviene, cessa di colpo. Taylor sta
scendendo da un’auto sportiva bianca
parcheggiata di fronte a noi.
“Oh, merda!” È un’R8. Giro di scatto la
testa verso Christian, che mi scruta con attenzione. “Potresti regalarmene una per il
mio compleanno… Bianca, direi.”
«Buon compleanno» mi dice, e so che sta
valutando la mia reazione. Lo fisso a bocca
aperta, perché non riesco a fare altro. Tira
fuori una chiave.
«Tu sei completamente fuori di testa.» “Mi
ha comprato un’Audi R8! Proprio quella che
gli avevo chiesto!” La mia bocca si apre in un
gigantesco sorriso e mi metto a saltellare in
preda a un momento di eccitazione sfrenata
e senza controllo. L’espressione di Christian
riflette la mia e, continuando a saltellare, mi
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butto tra le sue braccia aperte. Lui mi fa girare tenendomi per le mani.
«Hai più soldi che buonsenso!» gli grido,
al culmine della gioia. «È bellissima! Grazie!» Si ferma e mi lascia andare di colpo;
colta di sorpresa, devo aggrapparmi alle sue
braccia.
«Qualunque cosa per te, Mrs Grey.» Mi
sorride. “Oddio.” Una vera manifestazione
pubblica di affetto. Si piega e mi bacia.
«Dài, andiamo a trovare tuo papà.»
«Sì. Posso guidare io?»
Mi sorride di nuovo. «Certo, è tua.» Si raddrizza, si stacca da me e io mi precipito verso
la portiera del guidatore.
Taylor me la apre, dicendomi con un gran
sorriso: «Buon compleanno, Mrs Grey».
«Grazie, Taylor.» Lo faccio sobbalzare
stringendolo in un rapido abbraccio che lui
mi restituisce un po’ a disagio. Quando salgo
in macchina sta ancora arrossendo, e appena
sono dentro chiude subito la portiera.
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«Prudenza, mi raccomando, Mrs Grey» mi
dice in tono burbero. Gli rivolgo uno sguardo
beato, incapace di contenere la mia
eccitazione.
«Prometto» lo rassicuro, mentre infilo la
chiave nell’accensione e Christian si siede al
mio fianco.
«Vai piano, non c’è nessuno che ci insegue
questa volta» mi ammonisce. Appena giro la
chiave il motore romba vivace. Do un’occhiata negli specchietti e, approfittando di uno
dei rari momenti di scarso traffico, eseguo
una perfetta inversione a Ue mi lancio in
direzione dell’OHSU.
«Piano!» esclama Christian, con aria
allarmata.
«Che cosa c’è?»
«Non voglio che tu finisca in terapia intensiva nel letto accanto a tuo padre. Rallenta»
borbotta, con un tono che non ammette discussioni. Allento la pressione sull’acceleratore e gli faccio una smorfia.
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«Così va meglio?»
«Molto meglio» bofonchia, cercando di assumere
un’aria
severa
e
fallendo
miseramente.
Le condizioni di Ray sono stazionarie. La
vista di mio padre mi fa tornare con i piedi
per terra, dopo l’inebriante giro in macchina
di poco fa. “Dovrei davvero guidare con più
prudenza.” Non si può mai sapere quanti
guidatori ubriachi ci sono in giro. Devo
chiedere a Christian che cosa ne è stato dello
stronzo che ha investito Ray, sono sicuro che
lo sa. Nonostante sia intubato, mio padre
sembra rilassato e mi sembra anche che gli
sia tornato un po’ di colore sulle guance.
Mentre gli racconto come è andata la mia
mattinata, Christian si sposta in sala d’attesa
per fare qualche telefonata.
Arriva l’infermiera Kellie, che controlla i
parametri di Ray e prende appunti sulla sua
cartella clinica. «Tutti i valori sono buoni,
Mrs Grey.» Mi sorride con gentilezza.
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«Questo è molto incoraggiante.»
Poco più tardi arriva anche il dottor Crowe
insieme a due assistenti e in tono cordiale mi
dice: «Dobbiamo portare suo padre in radiologia, Mrs Grey. Gli facciamo una TAC, così
controlliamo il cervello».
«Ci vorrà molto?»
«Al massimo un’ora.»
«Aspetto qui. Vorrei avere notizie subito.»
«Certo, Mrs Grey.»
Vado nella sala d’attesa, dove per fortuna
c’è solo Christian che cammina su e giù parlando al telefono e osservando al tempo
stesso il panorama di Portland fuori dalla
finestra. Quando chiudo la porta, si gira
verso di me e sembra arrabbiato.
«Quanto oltre il limite? Ho capito… Accusatelo di tutto quello di cui è possibile accusarlo. Il padre di Ana è in terapia intensiva.
Voglio che sia punito il più severamente possibile, papà… Ottimo, tienimi informato.»
Chiude la telefonata.
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«L’investitore?»
Annuisce. «È un pezzente, un ubriacone
squattrinato che sta nella zona industriale di
Portland.» Fa un sorriso cattivo, e io rimango irritata dal suo linguaggio e dal tono
derisorio. Mi si avvicina e la sua voce si
ammorbidisce.
«Hai finito con Ray? Vuoi che ce ne
andiamo?»
«Ehm… no.» Lo guardo negli occhi, ancora
colpita dal disprezzo che ha manifestato.
«Cosa c’è che non va?»
«Niente. Hanno portato Ray in radiologia
a fare una TAC per l’edema cerebrale. Vorrei
aspettare i risultati.»
«Okay, aspettiamo.» Si siede e allarga le
braccia. Visto che siamo soli, vado volentieri
a rannicchiarmi in braccio a lui.
«Non era così che avevo immaginato di
passare la giornata» mormora, affondando il
naso nei miei capelli.
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«Neanch’io, ma mi sento più ottimista, adesso. Tua madre è stata molto rassicurante. È
stata proprio gentile a venire ieri sera.»
Christian mi massaggia la schiena e appoggia la guancia sulla mia testa. «Mia
madre è una donna straordinaria.»
«Sì, lo è. Sei fortunato.»
Christian annuisce.
«Dovrei chiamare mia mamma, dirle di
Ray» mormoro. Christian si irrigidisce. «Mi
stupisce che non mi abbia ancora telefonato
lei.» Mi acciglio al pensiero. Anzi, ci rimango
proprio male. Dopotutto è il mio compleanno, lei c’era quando sono nata. Perché non
mi ha chiamata?
«Be’, magari l’ha fatto» dice Christian.
Tiro fuori il BlackBerry dalla tasca. Nessuna chiamata persa, ma parecchi messaggi:
gli auguri di Kate, José, Mia e Ethan. Da mia
madre, niente. Scuoto la testa, un po’
abbattuta.
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«Chiamala adesso» mi suggerisce. Lo faccio, ma lei non mi risponde. C’è la segreteria
telefonica. Non lascio messaggi. Come può
essersi dimenticata del mio compleanno?
«Non c’è. Riprovo più tardi, quando saprò
i risultati della TAC.»
Christian mi stringe tra le braccia, affondando ancora una volta il naso nei miei
capelli, ed evita opportunamente di fare
commenti sulla mancanza di istinto materno
di mia madre. Percepisco più che udire la vibrazione del suo BlackBerry. Senza permettermi di alzarmi, lo estrae con un po’ di fatica
dalla tasca.
«Andrea» dice seccamente, riacquistando
il tono professionale. Faccio il gesto di
alzarmi, ma lui mi blocca, accigliandosi e
tenendomi stretta intorno alla vita. Mi accoccolo di nuovo sul suo petto e ascolto la
telefonata.
«Bene… A che ora dovrebbe arrivare?… E
gli altri… ehm… pacchi?» Christian guarda
839/1287
l’orologio. «All’Heathman hanno tutti i
dettagli?… Bene… Sì. Può aspettare fino a
lunedì mattina, ma mandamelo comunque
via mail. Lo stampo, lo firmo e ti mando la
scansione… Possono aspettare. Ora vai a
casa, Andrea… No, stiamo bene, grazie.»
Riattacca.
«È tutto a posto?»
«Sì.»
«È quella cosa di Taiwan?»
«Sì.» Si muove sotto di me.
«Sono troppo pesante?»
Sbuffa. «No, piccola.»
«Sei preoccupato per questa cosa di
Taiwan?»
«No.»
«Pensavo che fosse importante.»
«Lo è. Il destino del cantiere di qui dipende da quell’accordo. Ci sono in gioco
molti posti di lavoro.»
“Ah!”
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«Dobbiamo solo vendere bene la cosa ai
sindacati. È compito di Sam e di Ros. Ma
visto come sta andando adesso l’economia,
nessuno di noi ha molta scelta.»
Sbadiglio.
«Ti sto annoiando, Mrs Grey?» dice con
aria divertita.
«No! Mai… Ma si sta così comodi in braccio a te. Mi piace ascoltarti quando parli del
tuo lavoro.»
«Davvero?» Sembra sorpreso.
«Certo.» Mi piego all’indietro per
guardarlo negli occhi. «Mi piace ascoltare
qualunque briciola di informazione tu ti degni di condividere con me.» Gli faccio un
sorrisetto e lui mi guarda divertito,
scuotendo la testa.
«Sempre avida di nuove informazioni, Mrs
Grey.»
«Dimmelo» lo incalzo e mi rannicchio di
nuovo contro il suo petto.
«Che cosa dovrei dirti?»
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«Perché lo fai?»
«Perché faccio cosa?»
«Perché lavori in quel modo.»
«Be’, bisogna pur guadagnarsi il pane»
risponde, divertito.
«Christian, tu ti guadagni altro che il
pane.» La mia voce è piena di ironia. Lui
rimane in silenzio per un attimo. Penso che
non mi svelerà alcun segreto, invece mi
sorprende.
«Non voglio essere povero» dice, con un
filo di voce. «Lo sono stato, e non voglio più
tornare a esserlo. E poi… è come un gioco»
mormora. «È questione di vincere. È un
gioco che ho sempre trovato facile.»
«A differenza della vita» mormoro tra me
e me. Poi mi accorgo di aver parlato a voce
alta.
«Sì, suppongo di sì.» Si rabbuia. «Anche
se con te è più facile.»
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“Con me è più facile?” Lo abbraccio forte.
«Non tutto può essere un gioco. Tu sei un
vero filantropo.»
Si stringe nelle spalle, e capisco che comincia a essere a disagio. «In alcune cose, forse»
dice piano.
«Io amo il Christian filantropo» mormoro.
«Solo lui?»
«Oh, amo anche il Christian megalomane,
il Christian maniaco del controllo, il Christian mago del sesso, il Christian pervertito, il
romantico, il timido… L’elenco non finisce
più.»
«Sono tanti Christian.»
«Direi almeno cinquanta.»
Ride. «Mr Cinquanta Sfumature» mormora, con la bocca sui miei capelli.
«Il mio Mr Cinquanta Sfumature.»
Cambia posizione, poi mi tira indietro la
testa e mi bacia. «Bene, Mrs Grey, andiamo a
vedere come sta tuo padre.»
«Okay.»
843/1287
«Possiamo andare a fare un giro?»
Siamo di nuovo a bordo dell’R8 e io mi
sento ottimista. Il cervello di Ray è tornato
normale, l’edema si è riassorbito. La dottoressa Sluder ha deciso di svegliarlo dal coma
domani. Dice che è soddisfatta dei progressi
che ha fatto.
«Certo.» Christian mi fa un ampio sorriso.
«È il tuo compleanno, possiamo fare tutto
quello che vuoi.»
Oh! Il tono della sua voce mi costringe a
girarmi per guardarlo in faccia. I suoi occhi
sono due pozze scure.
«Tutto?»
«Tutto.»
Come riesce a riempire di promesse una
sola parola? «Be’, ho voglia di fare un bel
giro in macchina.»
«Allora forza, piccola!» E ci sorridiamo a
vicenda.
La macchina va che è una meraviglia: appena prendiamo l’I-5 premo un po’
844/1287
sull’acceleratore e la velocità ci schiaccia
contro lo schienale.
«Piano, piccola.»
Mentre torniamo a Portland mi viene
un’idea.
«Hai già deciso dove mangiare?» chiedo a
Christian, tanto per tastare il terreno.
«No. Hai fame?» mi chiede, speranzoso.
«Sì.»
«Dove vuoi andare? Oggi è la tua festa,
Ana.»
«Conosco un bel posticino.»
Mi fermo nei pressi della galleria dove
José ha esposto le sue foto e parcheggio davanti al Le Picotin, il ristorante in cui Christian e io abbiamo cenato dopo la mostra.
Christian sorride. «Per un attimo ho
pensato che volessi portarmi in quel tremendo bar da cui mi avevi telefonato completamente ubriaca.»
«E perché avrei dovuto?»
845/1287
«Per controllare se le azalee sono ancora
vive.» Inarca le sopracciglia con un’espressione sarcastica.
Arrossisco. «Non farmici ripensare. Però…
mi hai portato lo stesso nella tua camera
d’albergo.» Gli faccio un sorriso malizioso.
«La miglior decisione che io abbia mai
preso» dice, con uno sguardo dolce e caldo.
«Sì, decisamente.» Mi protendo verso di
lui e lo bacio.
«Credi che ci sia ancora quell’arrogante
cameriere a servire ai tavoli?» mi chiede.
«Arrogante? A me sembrava a posto.»
«Stava cercando di far colpo su di te.»
«Be’, c’è riuscito.»
La bocca di Christian si piega in una smorfia tra il disgustato e il divertito.
«Vuoi che andiamo a controllare?» gli
propongo.
«Prego, dopo di te, Mrs Grey.»
Dopo pranzo facciamo un salto all’Heathman
a prendere il portatile di Christian e poi
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torniamo in ospedale. Passo il pomeriggio
con Ray a leggere ad alta voce uno dei manoscritti che mi sono fatta mandare. L’unica
compagnia è il suono dei macchinari che lo
tengono in vita, che lo tengono con me.
Adesso che so che sta facendo progressi
posso tirare un po’ il fiato e rilassarmi. Sono
ottimista. Ha solo bisogno di tempo per riprendersi. Io di tempo ne ho… glielo posso
offrire. Mi chiedo senza troppa convinzione
se dovrei riprovare a chiamare mia madre,
ma decido di rimandare. Mentre leggo, tengo
una mano di Ray nella mia e ogni tanto gliela
stringo, come per augurargli di guarire
presto. Le sue dita sono morbide e calde. Ha
ancora il segno della fede sull’anulare, dopo
tutti questi anni.
Un’ora o due dopo – non saprei dire con
esattezza – alzo lo sguardo e vedo Christian
in fondo al letto di Ray con il portatile in
mano che parla con Kellie.
«È ora di andare, Ana.»
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Oh. Afferro forte la mano di Ray, non
voglio lasciarlo.
«Voglio portarti a mangiare. Vieni, è
tardi.» Christian è insistente.
«Sto per lavare Mr Steele» dice
l’infermiera.
«Okay.» Mi arrendo. «Torniamo domani
mattina.»
Do un bacio sulla guancia a Ray e sotto le
labbra sento un’insolita barba ispida. Non mi
piace. “Continua a migliorare, papà. Ti voglio
bene.”
«Pensavo che potremmo cenare in una
saletta privata, qui sotto» dice Christian con
un lampo di luce negli occhi mentre apriamo
la porta della nostra suite.
«Davvero? Vuoi finire quello che hai
cominciato qualche mese fa?»
Mi fa un sorrisetto compiaciuto. «Solo se
sei molto fortunata, Mrs Grey.»
Scoppio a ridere. «Non ho niente di elegante da mettermi.»
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Lui sorride, mi porge la mano e mi porta in
camera da letto. Apre l’armadio, all’interno
del quale è appesa una grande custodia per
abiti bianca.
«Opera di Taylor?» domando.
«Di Christian» replica, deciso e un po’
ferito. Il suo tono mi fa ridere. Apro la custodia e dentro trovo un vestito di satin blu
marina. Lo tiro fuori, è stupendo, attillato e
con le spalline sottili. Mi sembra piccolo.
«È veramente bello. Grazie. Spero che mi
vada bene.»
«Certo che ti andrà bene» mi dice, sicuro
di sé. «E qui» dice, tirando fuori una scatola
da scarpe «ci sono le scarpe adatte.» Mi
rivolge un sorriso vorace.
«Pensi davvero a tutto. Grazie.» Mi avvicino e lo bacio.
«È proprio così.» Mi porge una borsa.
Lo guardo con espressione interrogativa.
Dentro c’è un body nero senza spalline con
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un inserto di pizzo al centro. Mi accarezza la
faccia, mi solleva il mento e mi bacia.
«Non vedo l’ora di togliertelo, più tardi.»
Sono appena uscita dal bagno, dove mi sono
lavata e depilata, e mi sento coccolata. Mi
siedo sul bordo del letto e accendo il phon.
Christian cammina avanti e indietro in camera da letto, credo che stia lavorando.
«Dammi, faccio io» dice, indicando la sedia di fronte al tavolino da toilette.
«Vuoi asciugarmi i capelli?»
Annuisce, e io gli faccio l’occhiolino.
«Vieni qui» mi dice, fissandomi intensamente. Conosco quell’espressione, e so
che non è il caso di replicare. Mi asciuga i
capelli lentamente e con metodo, una ciocca
per volta, con abilità.
«Si vede che sei abituato» mormoro. Lo
specchio riflette il suo sorriso, ma lui non
dice nulla e continua a pettinarmi i capelli.
Mmh… è decisamente rilassante.
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Quando entriamo nell’ascensore per andare
a cena, non siamo soli. Christian è bellissimo
con la sua camicia bianca firmata, i jeans
neri, la giacca e senza cravatta. Le due donne
nella cabina lanciano sguardi ammirati verso
di lui, e un po’ meno benevoli verso di me.
Cerco di nascondere un sorriso. “Ebbene sì,
signore: è tutto mio.” Christian mi prende la
mano e mi tiene vicina mentre scendiamo in
silenzio verso l’ammezzato.
È pieno di gente in abito da sera seduta
qua e là a bere e chiacchierare, tutti pronti
per il sabato sera. Sono contenta di essere
vestita in modo adeguato. Il vestito mi fascia,
sfiora le mie curve e tiene tutto al suo posto.
Devo ammetterlo, con questo abito mi sento… attraente. E so che Christian è d’accordo.
Pensavo che fossimo diretti verso la saletta
privata dove una volta abbiamo discusso il
contratto, invece Christian mi conduce oltre,
fino a una porta in fondo al corridoio.
«Sorpresa!»
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“Oddio.” Ci sono Kate e Elliot, Mia e
Ethan, Carrick e Grace, Mr Rodriguez e José,
mia madre e Bob, tutti con i calici alzati. Rimango a guardarli a bocca aperta, senza riuscire a proferire parola. “Come? Quando?” Mi
giro costernata verso Christian e lui mi
stringe la mano. Mia madre viene verso di
me e mi abbraccia. “Oh, mamma!”
«Cara,
sei
meravigliosa.
Buon
compleanno.»
«Mamma!» La abbraccio singhiozzando.
“Oh, mammina.” Nonostante ci sia tanta
gente non riesco a trattenere le lacrime e affondo il viso nel suo collo.
«Tesoro, non piangere. Ray si riprenderà.
È un uomo molto forte. Non piangere. Non
nel giorno del tuo compleanno.» Ha la voce
incrinata, ma mantiene la calma. Mi prende
il viso tra le mani e con i pollici mi asciuga le
lacrime.
«Pensavo che te ne fossi dimenticata.»
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«Oh, Ana, come avrei potuto? Diciassette
ore di travaglio non si dimenticano tanto
facilmente!»
Ridacchio tra le lacrime e lei sorride.
«Asciugati le lacrime, tesoro. Qui c’è un
sacco di gente che vuole condividere con te
questo giorno così speciale.»
Tiro su con il naso, non voglio guardare in
faccia nessuno dei presenti, imbarazzata ed
eccitata allo stesso tempo per lo sforzo che
hanno fatto tutti per venire a trovarmi.
«Come sei arrivata qui? E quando?»
«Tesoro, tuo marito ci ha mandato il suo
aereo.» Sorride, visibilmente impressionata.
Mi metto a ridere. «Grazie per essere venuta.» Mi pulisce il naso con un fazzoletto di
carta, come solo una madre può fare.
«Mamma!» la sgrido, cercando di darmi un
contegno.
«Così va meglio. Buon compleanno, tesoro.» Si fa da parte mentre tutti si mettono
in fila per farmi gli auguri.
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«Ray sta facendo progressi, Ana. La dottoressa Sluder è una delle migliori. Buon
compleanno, angelo mio.» Grace mi
abbraccia.
«Piangi finché ti pare, Ana. È la tua festa.»
José mi stringe forte a sé.
«Buon compleanno, ragazza mia.» Carrick
sorride, accarezzandomi il viso.
«Che c’è, piccola? Il tuo vecchio se la
caverà.» Elliot mi avvolge tra le braccia.
«Buon compleanno.»
«Okay.» Christian mi prende per mano e
mi trascina via dall’abbraccio di Elliot.
«Smetti di palpare mia moglie e vai a palpare
la tua fidanzata.»
Elliot gli risponde con un sorrisetto complice e fa l’occhiolino a Kate.
Un cameriere che non avevo notato offre a
Christian e a me un calice di champagne
rosé.
Christian si schiarisce la voce. «Questo
giorno sarebbe perfetto se anche Ray fosse
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qui con noi, ma in fondo non è lontano. Sta
migliorando, e sono sicuro che vorrebbe che
tu ti divertissi, Ana. A tutti voi il mio grazie
per essere venuti a festeggiare il compleanno
della mia meravigliosa moglie, il primo di
tanti che verranno. Buon compleanno,
amore mio.» Christian alza il calice verso di
me in mezzo a un coro di auguri e io devo
fare del mio meglio per non piangere.
Osservo le conversazioni animate intorno al
tavolo. È strano trovarmi circondata dalla
mia famiglia sapendo che l’uomo che considero mio padre è attaccato a un respiratore
in una fredda stanza del reparto di terapia
intensiva. Me ne sto in disparte, ma sono
contenta che siano tutti qui. Ascolto Christian e Elliot scambiarsi battute, prendo nota
della sagace arguzia di José, dell’eccitazione
di Mia edel suo entusiasmo per il cibo e mi
accorgo che Ethan la osserva di sottecchi.
Penso che lei gli piaccia. Mr Rodriguez è appoggiato allo schienale e, come me, si gode le
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varie conversazioni. Ha un aspetto decisamente migliore, riposato. José è molto
premuroso con lui, gli taglia il cibo, fa in
modo che abbia sempre il bicchiere pieno. Il
fatto che l’unico genitore che gli è rimasto sia
andato così vicino alla morte ha portato José
ad apprezzare ancora di più suo padre… lo so
bene.
Guardo mia madre. È a suo agio: affascinante, spiritosa, cordiale. Le voglio davvero
bene. Devo ricordarmi di dirglielo. La vita è
un bene prezioso, adesso me ne rendo conto.
«Tutto bene?» mi domanda Kate, con un
tono di voce eccessivamente gentile, insolito
per lei.
Annuisco e le prendo la mano. «Sì. Grazie
per essere venuta.»
«Pensi che Mr Miliardo sarebbe riuscito a
tenermi lontana da te il giorno del tuo compleanno? Abbiamo persino volato in elicottero!» mi dice, con un largo sorriso.
«Sul serio?»
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«Sì, tutti quanti. E pensare che Christian è
in grado di pilotarlo!»
Annuisco.
«È molto eccitante.»
«Sì, credo di sì.»
Sorridiamo entrambe.
«Ti fermi a dormire qui?»
«Sì, ci fermiamo tutti, credo. Davvero non
ne sapevi niente?»
Scuoto la testa.
«Ci sa fare, eh?»
Annuisco.
«Cosa ti ha regalato?»
«Questo.» Alzo il braccio, esibendo il
braccialetto.
«Che carino!»
«Molto.»
«Londra, Parigi… E il gelato?»
«Non penso che tu voglia saperlo
davvero.»
«No, infatti…»
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Scoppiamo a ridere e io arrossisco al ricordo di Ben & Jerry’s & Ana.
«Ah… anche un’R8.»
Per la sorpresa Kate si sputa sul mento il
vino che ha in bocca. Ridiamo ancora più
forte.
«Un vero bastardo di prima classe, eh?»
ridacchia.
Al momento del dolce portano al tavolo una
spettacolare torta al cioccolato illuminata da
ventidue candeline d’argento e accolta da un
entusiasmante coro di auguri. Grace osserva
Christian che canta con i miei amici e la mia
famiglia e i suoi occhi brillano d’amore.
Quando incrocia il mio sguardo mi scocca un
bacio.
«Esprimi un desiderio» mi sussurra Christian. Spengo tutte le candeline con un solo
soffio, pregando per mio padre. “Papà guarisci. Per favore, guarisci. Ti voglio tanto
bene.”
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A mezzanotte Mr Rodriguez e José si
congedano.
«Grazie davvero per essere venuto» dico a
José mentre lo abbraccio.
«Non mi sarei perso questa festa per niente al mondo. Sono contento che le cose per
Ray si stiano mettendo bene.»
«Sì. Tu, tuo padre e Ray dovete venire a
pescare con Christian ad Aspen.»
«Davvero? Dev’essere divertente.» José mi
sorride prima di andare a prendere il
soprabito del padre e io mi chino per salutare Mr Rodriguez.
«Sai, Ana, una volta… be’, io pensavo che
tu e José…» La voce si affievolisce e mi osserva, con uno sguardo intenso ma
affettuoso.
“Oh, no.”
«Voglio molto bene a suo figlio, Mr
Rodriguez, ma per me è come un fratello.»
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«Saresti stata una nuora perfetta. E in effetti lo sei. Per i Grey.» Sorride malinconico
e io arrossisco.
«Spero che diventerete amici.»
«Certo. Tuo marito è una brava persona.
Hai scelto bene, Ana.»
«Lo penso anch’io» gli sussurro. «Lo amo
davvero tanto.» Abbraccio Mr Rodriguez.
«Trattalo bene, Ana.»
«Lo farò.»
Christian chiude la porta della suite.
«Finalmente soli» mormora, appoggiandosi con la schiena al battente e
guardandomi.
Mi avvicino e gli passo le dita sul bavero
della giacca. «Grazie per questo meraviglioso
compleanno. Sei il marito più attento,
premuroso e generoso del mondo.»
«È un piacere per me.»
«Già… a proposito di piacere per te,
vediamo di fare qualcosa al riguardo» gli
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sussurro. Stringo più forte il bavero e attiro
le sue labbra verso le mie.
Dopo aver fatto colazione tutti insieme, apro
i regali e poi saluto i Grey e i Kavanagh che
tornano a Seattle a bordo di Charlie Tango.
Mia madre, Christian e io andiamo in ospedale sull’auto guidata da Taylor, visto che
in tre sull’R8 non ci stiamo. Bob ha deciso di
non venire, meglio così. Sarebbe stato strano
e sono sicura che Ray non sarebbe contento
se Bob lo vedesse quando non è al meglio.
L’aspetto di Ray è sempre lo stesso. Ha la
barba lunga. Nel vederlo la mamma rimane
sconvolta e scoppiamo entrambe a piangere.
«Oh, Ray.» Gli stringe la mano e gli accarezza delicatamente il viso. Mi commuovo
nel vedere l’affetto che prova verso il suo ex
marito. Sono contenta di avere qualche
fazzoletto di carta nella borsetta. Ci sediamo
accanto a lui, io prendo la mano di mia
madre, che stringe quella di Ray.
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«Ana, c’è stato un tempo in cui
quest’uomo per me era il centro del mio
mondo. Il sole sorgeva e tramontava con lui.
Gli vorrò bene per tutta la vita. Si è preso
davvero cura di te.»
«Oh, mamma…» Mi manca quasi il
respiro, mentre lei mi accarezza il viso e mi
sistema una ciocca dietro l’orecchio.
«Tu sai che ho sempre voluto bene a Ray.
È solo che abbiamo preso strade diverse»
sospira. «E non potevo più continuare a
vivere con lui.» Abbassa lo sguardo e si
guarda le dita, e io mi chiedo se stia
pensando a Steve, il Marito Numero Tre del
quale non parliamo mai.
«So che vuoi bene a Ray» le sussurro asciugandomi le lacrime. «Lo fanno uscire dal
coma oggi.»
«Sono sicura che starà bene. È così testardo. Penso che tu abbia imparato da lui in
questo.»
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Sorrido. «Ti sei messa d’accordo con
Christian?»
«Perché, pensa che tu sia testarda?»
«Credo di sì.»
«Gli dirò che è una caratteristica di
famiglia. State così bene insieme, Ana. Sembrate tanto felici.»
«E lo siamo, credo. O comunque ci stiamo
lavorando. Lo amo, è il centro del mio
mondo. Anche per me il sole sorge e tramonta con lui.»
«È evidente che lui ti adora.»
«E io adoro lui.»
«Ricordati di dirglielo. Gli uomini hanno
bisogno di sentirselo dire, proprio come
noi.»
Insisto per andare all’aeroporto con la
mamma e Bob per salutarli. Christian guida
il SUV, mentre Taylor ci segue sull’R8. Mi dispiace che non possano fermarsi di più, ma
devono tornare a Savannah. Il nostro è un
arrivederci strappalacrime.
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«Abbi cura di lei, Bob» gli sussurro mentre
lo abbraccio.
«Certo, Ana, e tu riguardati.»
«Va bene.» Mi giro verso mia madre.
«Ciao, mamma, e grazie per essere venuta»
le dico, con la voce bassa e roca. «Ti voglio
tanto bene.»
«Oh, tesoro mio, anch’io ti voglio bene.
Vedrai che Ray si riprenderà alla grande.
Non è ancora pronto per andarsene da
questo mondo complicato. È probabile che ci
sia una partita dei Mariners che non vuole
perdersi.»
Ridacchio. Forse ha ragione. Decido che in
serata leggerò a Ray le pagine sportive dei
giornali della domenica. Guardo mia madre e
Bob salire sulla scaletta del jet della GEH. Lei
mi saluta tristemente con la mano, e scompare. Christian mi circonda le spalle con il
braccio.
«Torniamo indietro, piccola» mormora.
«Guidi tu?»
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«Certo.»
La sera, quando torniamo in ospedale, Ray
ha un aspetto diverso. Ci metto un attimo a
rendermi conto che il rumore ritmico del respiratore non c’è più. Mio padre respira da
solo. Una sensazione di sollievo mi invade.
Gli accarezzo la faccia ispida e tiro fuori un
fazzoletto di carta per pulirgli un po’ di saliva
dalla bocca.
Christian va a cercare la dottoressa Sluder
o il dottor Crowe per avere un aggiornamento, mentre io mi siedo come sempre vicino a Ray per vegliarlo.
Apro le pagine sportive dell’“Oregonian”
della domenica e mi metto a leggere scrupolosamente la cronaca della partita di calcio
tra i Sounders e i Real Salt Lake. A detta di
tutti, è stato un incontro teso ed equilibrato,
ma i Sounders sono stati sconfitti a causa di
un autogol di Kasey Keller. Stringo la mano
di Ray, mentre continuo a leggere.
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«E la partita si è conclusa con il punteggio
di Sounders uno, Real Salt Lake due.»
«Ehi, Annie! Abbiamo perso? Oh, no!»
dice Ray con la voce roca, ricambiando la
mia stretta.
“Papà!”
19
Le lacrime mi rigano le guance. È tornato.
Papà è tornato.
«Non piangere, Annie» dice Ray. «Che
cosa sta succedendo?»
Gli prendo le mani tra le mie e me le avvicino al viso. «Hai avuto un incidente. Sei in
ospedale, a Portland.»
Ray aggrotta la fronte, ma non riesco a capire se sia perché la mia inconsueta dimostrazione d’affetto lo mette a disagio o
perché non ricorda l’incidente.
«Vuoi un po’ d’acqua?» gli chiedo, anche
se non sono sicura di potergliela dare. Lui
annuisce, frastornato. Ho il cuore gonfio. Mi
alzo e mi chino su di lui, baciandogli la
fronte. «Ti voglio bene, papà. Bentornato.»
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Imbarazzato, fa un cenno con la mano.
«Anch’io, Annie. L’acqua.» Corro verso la vicina stanza degli infermieri.
«Mio padre… è sveglio!» dico raggiante a
Kellie, che mi sorride di rimando.
«Avvertite la dottoressa Sluder» dice alla
collega e si avvicina in tutta fretta alla
scrivania.
«Vuole dell’acqua.»
«Gliene porterò un po’.»
Ritorno da mio padre, profondamente sollevata. Quando lo raggiungo, ha gli occhi chiusi e subito mi preoccupo che sia ripiombato
nel coma.
«Papà?»
«Ci sono» mormora e spalanca gli occhi
quando appare Kellie con una tazza di
cubetti di ghiaccio e un bicchiere.
«Buongiorno, Mr Steele. Sono Kellie, la
sua infermiera. Sua figlia mi ha detto che ha
sete.»
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Nella sala d’aspetto Christian ha lo sguardo
fisso sul portatile. Quando entro, chiudendo
la porta, alza la testa.
«Si è svegliato» annuncio. Sorride, e la
tensione nei suoi occhi scompare. Oh… non
ci avevo fatto caso. È stato così teso per tutto
il tempo? Sposta il portatile, si alza e mi
abbraccia.
«Come sta?» mi chiede, mentre lo stringo
a me.
«Parla, ha sete, è confuso. Non ricorda
nulla dell’incidente.»
«È comprensibile. Adesso che si è svegliato, vorrei farlo trasferire a Seattle. Così potremo ritornare a casa e mia madre potrà
tenerlo d’occhio.»
“Di già?”
«Non sono sicura che stia così bene da potersi muovere.»
«Parlerò con la dottoressa Sluder. Le
chiederò un parere.»
«Hai nostalgia di casa?»
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«Sì.»
«D’accordo.»
«Non hai smesso un attimo di sorridere» mi
dice Christian mentre accosto davanti
all’Heathman.
«Sono davvero sollevata. E felice.»
Christian fa un largo sorriso. «Bene.»
Il sole sta tramontando e, quando scendo
dall’auto nell’aria fresca e frizzante della sera
e porgo le chiavi all’addetto al parcheggio,
rabbrividisco. Lui guarda la mia macchina
con malcelata invidia, e non posso fargliene
una colpa. Christian mi cinge con il braccio.
«Festeggiamo?» mi chiede mentre entriamo nella hall.
«Festeggiare?»
«Il tuo papà.»
Ridacchio. «Ah, lui.»
«Mi è mancato il suono della tua risatina.»
Christian mi bacia i capelli.
«Possiamo mangiare qualcosa in camera, e
passare una serata tranquilla?»
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«Certo. Vieni.» Mi prende la mano, e mi
accompagna verso gli ascensori.
«Deliziosa» mormoro soddisfatta mentre
sposto il vassoio, finalmente sazia dopo tanto
tempo. «Certo che qui fanno proprio un’ottima tarte tatin.»
Mi sono lavata da poco e indosso solo la Tshirt di Christian e le mutandine. L’iPod è in
riproduzione casuale e Dido canta
dolcemente White Flag in sottofondo.
Christian mi osserva pensieroso. I suoi
capelli, dopo il bagno che abbiamo fatto insieme, sono ancora umidi, e indossa la Tshirt nera e i jeans. «È la prima volta che ti
vedo mangiare come si deve da quando
siamo qui» mi dice.
«Avevo fame.»
Si mette comodo sulla sedia con un sorriso
compiaciuto e beve un sorso di vino bianco.
«E ora che cosa vorresti fare?» chiede in
tono sommesso.
«E tu?»
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Alza un sopracciglio, divertito. «Quello che
ho sempre voglia di fare.»
«E cioè?»
«Mrs Grey, non fare la timida.»
Allungando un braccio sul tavolo, gli
prendo una mano, la giro e gli sfioro il palmo
con l’indice. «Vorrei che mi toccassi con
questo.» Faccio scorrere il dito sul suo
indice.
Si sistema sulla sedia. «Solo con quello?»
Il colore dei suoi occhi diventa più scuro, e
anche più caldo.
«Forse anche con questo.» Faccio scorrere
il dito in avanti fino al suo medio e poi indietro, di nuovo sul palmo. «E con questo.» Il
mio dito percorre il suo anulare. «Con questo
di sicuro.» Mi soffermo sulla sua fede. «È
molto sexy.»
«Davvero?»
«Certo che lo è. Dice “Quest’uomo mi appartiene”.» Accarezzo il piccolo callo che si è
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già formato sul palmo sotto l’anello. Si china
e mi mette la mano a coppa sotto il mento.
«Mrs Grey, stai cercando di sedurmi?»
«Spero di riuscirci.»
«Anastasia, è il mio punto debole» dice a
bassa voce. «Vieni qui.» Mi prende la mano,
e mi trascina sulle sue ginocchia. «Mi piace
poterti toccare quando voglio.» Mi accarezza
una coscia, su fino al sedere. Con l’altra
mano mi afferra saldamente la nuca e mi bacia, tenendomi ferma.
Sa di vino bianco, di torta di mele e di
Christian. Gli passo le dita tra i capelli, stringendolo mentre le nostre lingue si esplorano
e si intrecciano, e il sangue scorre caldo nelle
vene. Quando Christian si scosta, siamo
senza fiato.
«Andiamo a letto» mi mormora sulle
labbra.
«Letto?»
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Si scosta di nuovo e mi tira i capelli per
costringermi a guardarlo negli occhi. «Dove
preferiresti, Mrs Grey?»
Mi stringo nelle spalle, facendo l’indifferente. «Stupiscimi.»
«Sei aggressiva, stasera.» Mi sfiora il naso
con il suo.
«Forse ho solo bisogno di qualcuno che mi
leghi.»
«Forse sì. Invecchiando diventi prepotente.» Socchiude gli occhi, ma non riesce a
nascondere il divertimento.
«E tu che cosa farai al riguardo?» gli dico
con aria di sfida.
I suoi occhi scintillano. «So perfettamente
che cosa vorrei fare. Dipende se anche tu ne
hai voglia.»
«Oh, Mr Grey, sei stato molto gentile con
me in questi ultimi giorni. Ma non sono fatta
di vetro, sai.»
«Non ti piace la gentilezza?»
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«Sì, con te certamente. Ma, sai… la varietà
è il sale della vita» gli dico sbattendo le
ciglia.
«E quindi sei in cerca di qualcosa di meno
gentile?»
«Qualcosa che mi faccia sentire viva.»
Inarca le sopracciglia, sorpreso. «Sentire
viva» ripete, con una sfumatura di ironia
nella voce.
Annuisco. Mi fissa per un attimo. «Non
morderti il labbro» sussurra, poi si alza improvvisamente, continuando a tenermi in
braccio. Sussulto e mi aggrappo ai suoi bicipiti, temendo che mi lasci cadere. Raggiunge il più piccolo dei tre divani e mi ci fa
sedere.
«Aspettami qui. Non muoverti.» Mi scocca
una rapida occhiata, sensuale e intensa, e si
gira, dirigendosi a grandi passi verso la camera da letto. Oh… Christian a piedi nudi. Perché i suoi piedi sono così sexy? Poco dopo è
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di ritorno, e mi sorprende chinandosi su di
me da dietro.
«Di questa possiamo fare a meno…»
Prende la T-shirt dall’orlo e me la sfila dalla
testa,
lasciandomi
addosso
solo
le
mutandine. Mi tira indietro la coda di cavallo
e mi bacia.
«In piedi» mi ordina con la bocca sulle
mie labbra e mi lascia andare. Stende un asciugamano sul divano.
“Un asciugamano?”
«Togliti le mutandine.»
Deglutisco, ma me le tolgo, buttandole sul
divano.
«Siediti.» Mi afferra di nuovo la coda, tirandomi indietro la testa. «Mi dirai di
smettere, se ne avrai abbastanza, vero?»
Annuisco.
«Dillo.» Il tono è severo.
«Sì» dico piano.
Sogghigna. «Bene, Mrs Grey… a grande
richiesta, sto per legarti.» La sua voce
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diventa un sussurro impercettibile. Sentendo
quelle parole, il mio corpo è percorso da fitte
di desiderio. “Oh, mio dolce Christian, sul
divano?”
«Tira su le ginocchia» ordina a bassa voce.
«E appoggia bene la schiena.»
Faccio come mi viene detto. Lui si china
sulla mia gamba sinistra e, dopo aver preso
la cintura di uno dei due accappatoi, ne lega
un’estremità sopra il mio ginocchio.
«Accappatoi?»
«Sto improvvisando.» Sogghigna di nuovo.
Stringe il cappio sopra il ginocchio e lega l’altra estremità della morbida cintura all’elemento ornamentale nell’angolo posteriore
del divano, costringendomi a divaricare le
gambe.
«Non ti muovere» mi ammonisce e ripete
il procedimento con la gamba destra, legando la cintura del secondo accappatoio
all’altro elemento decorativo del divano.
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“Oddio…”
Sono
seduta
a
gambe
spalancate.
«Tutto a posto?» chiede dolcemente,
guardandomi concentrato.
Annuisco, e mi aspetto che mi leghi anche
le mani. Ma non lo fa. Si china a baciarmi.
«Non hai idea di quanto sei sexy, adesso»
mormora, accarezzandomi il naso con il suo.
«Meglio cambiare musica.» Si rialza e raggiunge il dock dell’iPod con passo indolente.
Ma come fa? Sono qui, legata stretta e
parecchio eccitata, mentre lui è calmo e
freddo. Ora che è nel mio campo visivo,
osservo i muscoli delle spalle, flessibili e
forti, mentre lui cambia canzone. Una voce
femminile dolce, quasi infantile, inizia a cantare e dice: “Guardami”.
Christian si gira e mi tiene gli occhi incollati addosso mentre si sposta davanti al divano, poi si inginocchia con eleganza di
fronte a me. Improvvisamente mi sento
molto indifesa.
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«Indifesa? Vulnerabile?» chiede con la sua
sorprendente capacità di dar voce ai miei
pensieri. Tiene le mani sulle ginocchia.
Annuisco.
Perché non mi tocca?
«Bene» mormora. «E ora dammi le
mani.» Mentre obbedisco, non riesco a distogliere gli occhi dal suo sguardo ipnotico.
Mi versa sui palmi un po’ di liquido oleoso da
una bottiglietta trasparente: è profumato…
una fragranza ricca, muschiata e sensuale
che non riesco a identificare.
«Strofinati le mani.» Mi agito sotto il suo
sguardo sexy e insistente. «Stai ferma» mi
ordina.
“Oddio.”
«Adesso, Anastasia, voglio che ti tocchi.»
Oh, cavolo.
«Inizia dalla gola e scendi.»
Esito.
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«Non essere timida, Ana. Dài, fallo.» L’ironia e la sfida nella sua espressione sono più
che evidenti, proprio come il suo desiderio.
La cantante canta con voce dolce che in lei
non c’è niente di dolce. Metto le mani sulla
gola e le faccio scivolare giù, sul seno. L’olio
le fa scorrere senza attrito sulla pelle. Ho i
palmi caldi.
«Più giù» mormora Christian, gli occhi
due pozze scure. Non mi tocca.
Accarezzo i seni con le mani a coppa.
«Stuzzicati.»
“Oddio.” Mi stringo delicatamente i
capezzoli.
«Più forte» mi incita Christian. Se ne sta
immobile tra le mie gambe, e si limita a
guardarmi. «Come farei io» aggiunge, con un
oscuro bagliore negli occhi. Sento contrarsi i
muscoli del ventre. Gemo e tiro un po’ di più
i capezzoli, che si induriscono e si gonfiano
sotto le mie dita.
«Sì. Così. Ancora.»
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Chiudo gli occhi e li tormento ancora più
forte, stringendoli e torcendoli tra le dita.
Gemo.
«Apri gli occhi.»
Li socchiudo.
«Ancora. Voglio vedere quanto ti piace
toccarti.»
“Oddio.” Faccio come dice. È tutto così…
eccitante.
«Le mani. Più giù.»
Comincio a contorcermi.
«Stai ferma, Ana. Lasciati invadere dal piacere. Più giù» La sua voce è bassa e roca,
tentatrice e seducente.
«Toccami tu» gli sussurro.
«Oh, lo farò… presto. Tu. Più giù. Adesso.»
Christian, che trasuda sensualità da tutti i
pori, fa scorrere la lingua sui denti. “Oh, accidenti.” Mi dimeno, strattonando le cinture
che mi trattengono.
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Scuote lentamente la testa. «Ferma.» Appoggia le mani sulle mie ginocchia per tenermi ferma. «Forza, Ana. Più giù.»
Le mani scivolano giù sulla pancia.
«Più giù» sussurra appena, e mi sembra la
personificazione dell’istinto carnale.
«Christian, ti prego.»
Fa scivolare le mani sulle mie ginocchia,
accarezzandomi le cosce e avvicinandosi al
pube. «Dài, Ana. Toccati.»
Mi sfioro con la mano sinistra, toccandomi
il pube con lenti movimenti circolari. Ansimo
ormai a bocca aperta.
«Ancora» mi sussurra.
Gemo più forte, mi accarezzo ancora una
volta; rovescio la testa all’indietro,
ansimando.
«Ancora.»
Gemo forte, e Christian inspira bruscamente. Mi afferra le mani, si china, e fa scorrere il naso e poi la lingua su e giù tra le
cosce.
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«Ah!»
Vorrei toccarlo ma, quando cerco di
muovere le mani, le sue dita mi si stringono
intorno ai polsi.
«Legherò questi. Stai ferma.»
Gemo. Mi lascia andare, poi mi infila dentro le due dita centrali, appoggiando il polso
sul clitoride.
«Voglio farti venire in fretta, Ana. Sei
pronta?»
«Sì» ansimo.
Inizia a muovere le dita e la mano, avanti e
indietro, aggredendo contemporaneamente
quel magico punto dentro di me e il clitoride.
La sensazione è intensa… Il piacere si concentra nella metà inferiore del mio corpo,
trafiggendola. Vorrei allungare le gambe, ma
non posso. Afferro l’asciugamano sotto di
me.
«Lasciati andare» sussurra Christian.
Esplodo intorno alle sue dita, urlando. Lui
preme il polso sul clitoride mentre sono
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attraversata dagli spasmi dell’orgasmo, prolungando la deliziosa agonia. Mi rendo a
malapena conto che mi sta slegando le
gambe.
«Ora tocca a me» mormora, e mi gira, con
il viso contro il divano e le ginocchia sul pavimento. Mi spalanca le gambe e mi colpisce
con forza le natiche.
«Ah!» strillo, e lui affonda dentro di me.
«Oh, Ana» sibila a denti serrati mentre
inizia a muoversi. Le sue dita stringono forte
i miei fianchi, mentre ruota il bacino sempre
più in fretta. E sto per venire di nuovo.
«Godi, Ana!» grida Christian, e io esplodo
ancora una volta, pulsando intorno a lui e urlando mentre vengo.
«Ti ho fatta sentire abbastanza viva?» mi
chiede Christian baciandomi i capelli.
«Oh, sì» mormoro, fissando il soffitto.
Sono sdraiata su mio marito, con la schiena
sul suo petto: siamo entrambi sul pavimento
davanti al divano. Lui è ancora vestito.
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«Penso che dovremmo rifarlo. Ma questa
volta ti svesti anche tu.»
«Dio, Ana. Dammi due secondi.»
Ridacchio, e lui fa altrettanto. «Sono felice
che Ray abbia ripreso conoscenza. A quanto
pare, anche tutti i tuoi appetiti si sono risvegliati» dice, senza nascondere il sorriso nella
voce.
Mi giro e lo guardo corrucciata: «Ti sei dimenticato di ieri sera e di stamattina?». Faccio il broncio.
«No di certo!» Il suo largo sorriso lo fa
sembrare così giovane, spensierato e felice.
Mi abbraccia da dietro. «Hai un culo fantastico, Mrs Grey.»
«Anche tu.» E inarco un sopracciglio:
«Però il tuo è ancora ben coperto».
«E cosa pensi di fare, Mrs Grey?»
«Be’, sto per spogliarti, Mr Grey.
Completamente.»
Fa un largo sorriso.
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«Penso che ci sia molta dolcezza in te»
mormoro, con riferimento alla canzone, che
è in loop sull’iPod. Il suo sorriso svanisce.
«Sì, è così» sussurro. Mi chino e gli bacio
l’angolo della bocca. Chiude gli occhi e mi
cinge con le braccia.
«Christian, sei davvero dolce. Hai reso
speciale questo weekend, nonostante ciò che
è successo a Ray. Grazie.»
Apre i grandi occhi grigi, e la sua espressione mi dà una stretta al cuore.
«Perché ti amo» mi sussurra.
«Lo so. Ti amo anch’io.» Gli accarezzo il
viso. «E sei anche prezioso per me. Lo sai,
vero?»
Si zittisce, con l’aria smarrita.
«Credimi» sussurro.
«Non è facile» dice con voce quasi
impercettibile.
«Provaci. Sforzati, perché è vero.» Gli accarezzo di nuovo il viso, sfiorandogli le basette con le dita. I suoi occhi sono oceani
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grigi di solitudine, risentimento e dolore.
Vorrei arrampicarmi su di lui e stringerlo:
farei qualsiasi cosa pur di far scomparire
quello sguardo. Quando si renderà conto che
è tutto il mio mondo? Che è più che degno
del mio amore, e di quello dei suoi genitori e
dei suoi fratelli? Tempo. Ci vorrà solo tempo.
«Prenderai freddo, vieni qui.» Si rimette
in piedi con eleganza e mi fa alzare accanto a
lui. Gli faccio scivolare un braccio intorno
alla vita mentre ritorniamo in camera. Non
voglio fargli pressione, ma, da quando Ray
ha avuto l’incidente, per me è diventato più
importante che sappia quanto lo amo.
Entro in camera accigliata, perché vorrei
riavere il Christian dell’umore spensierato di
solo pochi istanti fa.
«Guardiamo un po’ di tivù?» gli chiedo.
Christian sbuffa. «Speravo in un secondo
round.» Il mio lunatico Christian è tornato.
Mi fermo vicino al letto.
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«Be’, in tal caso, penso di potermene occupare io.»
Rimane stupito; lo spingo sul letto e mi
metto rapidamente a cavalcioni su di lui,
stringendogli le mani dietro la testa.
Mi sorride. «Mrs Grey, adesso che mi tieni
in pugno, che cosa vuoi fare di me?»
Mi chino e gli sussurro all’orecchio:
«Voglio scoparti con la bocca».
Chiude gli occhi, inspirando bruscamente.
I miei denti gli accarezzano piano la
mascella.
Christian sta lavorando al computer, nella
luce chiara del primo mattino. Sta scrivendo
una mail, penso.
«Buongiorno» mormoro timidamente
dalla soglia. Si gira e mi sorride.
«Mrs Grey, ti sei alzata presto.» Spalanca
le braccia.
Attraverso la suite di corsa e vado ad accoccolarmi sulle sue ginocchia. «Anche tu.»
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«Stavo solo lavorando.» Si sposta e mi bacia i capelli.
«A cosa?» gli chiedo, intuendo che c’è
qualcosa che non va.
Sospira. «Ho ricevuto una mail dal detective Clark. Vuole farti qualche domanda su
quel bastardo di Hyde.»
«Davvero?» Lo fisso.
«Sì. Gli ho detto che ora sei a Portland,
quindi dovrà aspettare. Ma dice che vorrebbe
interrogarti qui.»
«Sta venendo qui?»
«Pare di sì.» Christian sembra perplesso.
Aggrotto le sopracciglia. «Ti stai
chiedendo cosa c’è di così importante che
non può aspettare?»
«Esattamente.»
«Quando arriverà?»
«Oggi. Risponderò alla sua mail.»
«Non ho nulla da nascondere. Però mi
chiedo che cosa voglia sapere.»
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«Lo scopriremo presto. La cosa incuriosisce anche me.» Christian si sposta di nuovo.
«Fra un po’ arriva la colazione. Mangiamo, e
poi andiamo a trovare tuo padre.»
Annuisco. «Puoi rimanere qui, se vuoi.
Vedo che sei occupato.»
Mi guarda corrucciato. «No, voglio venire
con te.»
«Okay.» Sorrido, gli getto le braccia al
collo e lo bacio.
Ray è di cattivo umore. È meraviglioso
vederlo così. È nervoso, ruvido, impaziente e
irrequieto.
«Papà, hai avuto un incidente grave. Ci
vorrà tempo per guarire. Christian e io
vogliamo farti trasferire a Seattle.»
«Non vedo perché dobbiate preoccuparvi
per me. Starò benissimo qui per conto mio.»
«Non essere ridicolo.» Gli stringo la mano
affettuosamente, e lui mi fa la cortesia di
sorridermi.
«Davvero non hai bisogno di niente?»
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«Potrei uccidere per una ciambella,
Annie.»
Gli sorrido con benevolenza. «Vado a
prendertene una o due. Andiamo al
Voodoo.»
«Perfetto!»
«Vuoi anche un caffè come si deve?»
«Puoi giurarci!»
«Okay, vado a prenderti anche quello.»
Christian è nella sala d’aspetto, e sta parlando al telefono. Potrebbe davvero trasferire
l’ufficio qui. Stranamente non c’è nessun altro a parte lui, anche se tutti i letti del reparto di terapia intensiva sono occupati. Mi
domando se Christian non abbia spaventato
gli altri visitatori. Chiude la telefonata.
«Clark sarà qui oggi pomeriggio alle
quattro.»
Aggrotto le sopracciglia. Che cosa ci sarà
mai di così urgente? «Okay. Ray vuole caffè e
ciambelle.»
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Christian fa una risata. «Credo che li vorrei anch’io se avessi avuto un incidente.
Chiedi a Taylor di portarti a prenderli.»
«No, vado io.»
«Fatti accompagnare da Taylor» dice con
tono deciso.
«Okay.» Alzo gli occhi al cielo e lui mi rimprovera con lo sguardo. Poi sorride
compiaciuto e piega la testa di lato.
«Non c’è nessuno, qui.» La sua voce è deliziosamente bassa, e so che mi sta minacciando di sculacciarmi. Sto per raccogliere la
sfida, quando una giovane coppia entra nella
sala.
La
donna
sta
piangendo
sommessamente.
Mi stringo nelle spalle con aria di scuse, e
Christian annuisce. Prende il computer, mi
dà la mano e mi conduce fuori. «Hanno
bisogno di privacy più di noi» mormora
Christian. «Ci divertiremo un’altra volta.»
Fuori c’è Taylor che aspetta paziente. «Andiamo tutti a prendere caffè e ciambelle.»
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Alle quattro in punto bussano alla porta della
suite. Taylor fa entrare Clark, che sembra di
umore peggiore del solito. In realtà sembra
sempre di cattivo umore. Forse sono i lineamenti del volto a dargli questa espressione.
«Mr Grey, Mrs Grey, grazie per avermi
ricevuto.»
«Detective Clark.» Christian gli stringe la
mano e lo fa accomodare. Io mi siedo sul divano dove ieri sera ho goduto tanto. Al solo
pensiero arrossisco.
«È Mrs Grey la persona con cui vorrei parlare» dice Clark rivolgendosi a Christian e a
Taylor che è in piedi accanto alla porta.
Christian lancia un’occhiata a Taylor e gli fa
un cenno quasi impercettibile con la testa.
Lui si gira e se ne va, chiudendosi la porta
alle spalle.
«Qualunque cosa lei voglia dire a mia
moglie può dirla davanti a me» dichiara poi
in tono freddo e professionale. Clark si
rivolge a me.
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«Vuole davvero che suo marito sia
presente?»
Lo guardo aggrottando la fronte. «Certo.
Non ho nulla da nascondere. È un interrogatorio di routine, no?»
«Sì, signora.»
«Vorrei che mio marito fosse presente.»
Christian si siede vicino a me, visibilmente
teso.
«D’accordo» mormora Clark rassegnato.
Si schiarisce la voce: «Mrs Grey, Mr Hyde afferma che lei l’avrebbe molestato e fatto più
volte oggetto di avances particolarmente
sgradite».
Per poco non scoppio a ridere. Poi metto
una mano sulla coscia di Christian per
trattenerlo, perché ha fatto uno scatto in
avanti.
«È assurdo» borbotta Christian. Lo zittisco
stringendogli la gamba.
«Non è vero» dico con calma. «In realtà è
successo esattamente il contrario. Mi ha fatto
894/1287
delle avances in modo molto aggressivo, ed è
stato licenziato.»
Prima di proseguire, Clark stringe le labbra per un attimo.
«Hyde sostiene che lei si è inventata la
storia delle molestie per farlo licenziare. Dice
che l’avrebbe fatto perché lui aveva rifiutato
le sue avances e perché lei voleva rubargli il
posto.»
“Dio santo.” Jack è più fuori di quanto
pensassi.
«Non è vero.» Scuoto la testa.
«Detective, non mi dica che è venuto fin
qui per tormentare mia moglie con accuse
ridicole.»
Clark fissa Christian con i suoi occhi di un
azzurro metallico. «Lasciamolo dire a Mrs
Grey, signore» afferma, perfettamente
padrone di sé.
Stringo la gamba di Christian ancora una
volta, implorandolo in silenzio di stare
calmo.
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«Non devi stare a sentire tutte queste
cazzate, Ana.»
«Penso che dovrei far sapere al detective
Clark ciò che è successo.»
Christian mi osserva impassibile per un attimo, poi fa un gesto rassegnato con la mano.
«Ciò che Hyde dice è semplicemente
falso.» La mia voce suona calma, anche se io
non lo sono affatto. Sono sconcertata da
queste accuse e temo fortemente che Christian possa esplodere. “A che gioco sta
giocando Jack?” «Mr Hyde mi ha abbordato
una sera nella cucina dell’ufficio. Mi ha detto
che ero stata assunta grazie a lui, e che si aspettava in cambio favori di natura sessuale.
Ha cercato di ricattarmi, usando le mail che
avevo inviato a Christian, il quale all’epoca
non era ancora mio marito. Non sapevo che
Hyde stesse monitorando la mia posta
elettronica. Farnetica… Mi ha persino accusata di essere una spia mandata da Christian,
probabilmente per aiutarlo a impossessarsi
896/1287
dell’azienda. Non sapeva che Christian aveva
già comprato la SIP.» Scuoto la testa ricordando l’incontro teso e angoscioso con Hyde.
«Alla fine, l’ho rimesso al suo posto.»
Clark alza le sopracciglia, sorpreso.
«Rimesso al suo posto?»
«Mio padre è un ex militare. Hyde… ehm…
mi ha messo le mani addosso, e io so come
difendermi.»
Christian mi lancia una breve occhiata
piena d’orgoglio.
«Capisco.» Clark si appoggia allo schienale
del divano, sospirando rumorosamente.
«Avete già parlato con qualcuna delle ex
assistenti personali di Hyde?» chiede Christian in tono quasi cordiale.
«Sì, ma la verità è che non siamo riusciti a
farne parlare nessuna. Dicono tutte che era
un capo esemplare, anche se nessuna di loro
è durata più di tre mesi.»
«Anche noi abbiamo avuto lo stesso problema» mormora Christian.
897/1287
Ah, sì? Guardo Christian stupita, e Clark fa
lo stesso.
«Il mio consulente per la sicurezza. Ha interrogato le cinque ex assistenti personali di
Hyde.»
«E perché?»
Christian lo fissa con sguardo glaciale.
«Perché mia moglie ha lavorato per lui, e faccio sempre controlli di sicurezza sulle persone con cui mia moglie lavora.»
Clark arrossisce. Mi stringo nelle spalle
con aria di scuse e un sorriso da benvenutonel-mio-mondo.
«Capisco» mormora Clark. «Credo che ci
sia sfuggito qualcosa, Mr Grey. Domani
faremo una perquisizione più approfondita
del suo appartamento, così forse verrà fuori
qualche dettaglio. A ogni modo, non vive lì
da qualche tempo.»
«Avete già fatto una perquisizione?»
«Sì, ma la rifaremo. E questa volta setacceremo minuziosamente.»
898/1287
«Non l’avete ancora accusato del tentato
omicidio di Ros Bailey e del sottoscritto?»
chiede Christian a bassa voce.
“Cosa?”
«Speriamo di ottenere qualche altra prova
del sabotaggio del suo elicottero, Mr Grey. Ci
serve più di un’impronta parziale e, mentre
lui è in prigione, possiamo raccogliere prove
sul caso.»
«È venuto fin qui solo per questo?»
Clark si inalbera. «Sì, Mr Grey, a meno che
non le sia venuto in mente qualcos’altro su
quel biglietto.»
“Ah, già, il biglietto.”
«No, glielo ripeto: per me non vuol dire niente.» Christian non riesce a mascherare l’irritazione. «E di questo avremmo potuto parlare anche al telefono.»
«Penso di averle già detto che preferisco
un approccio diretto. E poi sto andando a
trovare la mia prozia che vive qui a Portland:
come suol dirsi… due piccioni con una fava.»
899/1287
Clark rimane freddo e impassibile di fronte
alla collera di mio marito.
«Okay, se abbiamo finito, il lavoro mi aspetta.» Christian si alza e Clark lo imita
prontamente.
«Grazie per avermi concesso il suo tempo,
Mrs Grey» dice educatamente.
Gli rispondo con un cenno del capo.
«Arrivederci, Mr Grey.» Christian apre la
porta, e Clark esce.
Mi lascio cadere sul divano.
«Figlio di puttana! Non riesco a credere
che abbia detto quelle cose» esplode
Christian.
«Chi, Clark?»
«No, quello stronzo di Hyde.»
«Neanch’io.»
«A che razza di gioco sta giocando?» mormora Christian.
«Non lo so. Pensi che Clark abbia creduto
a quello che gli ho detto?»
900/1287
«Certo. Sa benissimo che Hyde è un figlio
di puttana.»
«Sei davvero un imprecatore.»
«Un imprecatore?» sorride Christian. «Ma
si dice?»
«Da adesso sì.»
Fa un sorriso inatteso e si siede vicino a
me, prendendomi tra le braccia.
«Non pensare a quello stronzo. Andiamo a
trovare tuo padre e proviamo a parlargli del
trasferimento di domani.»
«È stato categorico: vuole stare a Portland
e non essere di peso a nessuno.»
«Gli parlerò io.»
«Vorrei viaggiare insieme a lui.»
Christian mi fissa e, per un istante, penso
che mi dirà di no. «Okay, verrò anch’io. Sawyer e Taylor possono prendere le macchine.
Dirò a Sawyer che può guidare la tua R8
stasera.»
Il giorno successivo Ray esamina il suo
nuovo ambiente: una stanza luminosa e
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ariosa nel centro di riabilitazione del Northwest Hospital di Seattle. È mezzogiorno, e
sembra stanco. Il viaggio in elicottero l’ha
sfinito.
«Di’ a Christian che lo ringrazio» dice a
bassa voce.
«Potrai dirglielo tu stesso. Verrà qui
stasera.»
«Non vai al lavoro?»
«Non so. Vorrei solo essere sicura che qui
sia tutto a posto.»
«Vai pure. Non preoccuparti per me.»
«Mi piace preoccuparmi per te.»
Sento la vibrazione del BlackBerry. Controllo il numero: non lo riconosco.
«Non rispondi?» chiede Ray.
«No, non so chi sia. Ci penserà la segreteria. Ti ho portato qualcosa da leggere.» Indico
la pila di riviste sportive sul comodino.
«Grazie, Annie.»
«Sei stanco, vero?»
Annuisce.
902/1287
«Allora ti lascio dormire.» Gli do un bacio
sulla fronte. «A più tardi, papà» mormoro.
«Ci vediamo dopo, tesoro. E grazie.» Ray
mi prende la mano e me la stringe leggermente. «Mi piace che mi chiami papà. Mi
aiuta a riprendermi.»
“Oh, papà.” Ricambio la stretta.
Mentre raggiungo l’ingresso principale dove
Sawyer mi sta aspettando con il SUV, sento
qualcuno che mi chiama.
«Mrs Grey! Mrs Grey!»
Mi giro e vedo la dottoressa Greene che
corre verso di me, la sua solita aria impeccabile, anche se un po’ agitata.
«Mrs Grey, come sta? Ha ricevuto il mio
messaggio? L’ho chiamata prima.»
«No.» Mi viene la pelle d’oca.
«Be’, mi stavo chiedendo perché ha disdetto quattro appuntamenti.»
“Quattro appuntamenti?” La guardo
stupita. “Ho saltato quattro appuntamenti!
Come ho fatto?”
903/1287
«Forse è meglio che ne parliamo nel mio
ambulatorio. Sono in pausa pranzo e stavo
uscendo. Ha tempo adesso?»
Annuisco docilmente. «Certo, io…» Non
trovo le parole. Ho saltato quattro appuntamenti? “Oh, no! Sono in ritardo per
l’iniezione anticoncezionale!”
Stordita, la seguo fino al suo ambulatorio.
Come ho fatto a saltare quattro appuntamenti? Mi ricordo vagamente di averne
spostato uno… Hannah me ne ha parlato. Ma
quattro? Come ho fatto a saltarne quattro?
L’ambulatorio della dottoressa Greene è
spazioso, minimalista e ben arredato.
«Le sono molto grata di avermi fermata
prima che uscissi» mormoro, ancora sconvolta. «Mio padre ha avuto un incidente, e lo
abbiamo appena trasferito qui da Portland.»
«Oh, mi dispiace. Adesso come sta?»
«Sta bene, grazie. È in convalescenza.»
«Bene. Ecco perché ha annullato l’appuntamento di venerdì scorso.»
904/1287
La dottoressa Greene muove il mouse sul
tavolo, e il computer prende vita.
«Sì, è da tredici settimane che non ci
vediamo. Siamo un po’ al limite. È meglio
fare un test prima della prossima iniezione.»
«Un test?» sussurro, la testa vuota.
«Un test di gravidanza.» Apre il cassetto
della scrivania. «Può usare questo» e mi
porge un piccolo contenitore. «La toilette è
qui fuori.»
Esco, praticamente in trance, come se
avessi il pilota automatico, e mi dirigo verso
il bagno con passo malfermo.
“Merda, merda, merda! Com’è potuto succedere?” Improvvisamente mi sento male, e
inizio a pregare in silenzio. “Per favore, no.
Non è ancora il momento. Non ancora.”
Quando rientro nell’ambulatorio, la dottoressa Greene mi fa un sorriso tirato e mi
invita con un cenno a sedermi sulla sedia
davanti alla scrivania. Obbedisco e le allungo
il campione, senza parlare. Lei immerge un
905/1287
piccolo stick bianco nel contenitore e lo
guarda. Quando il bastoncino si colora di
azzurro, inarca le sopracciglia.
«Che cosa significa?» Sto quasi soffocando
per la tensione.
Alza lo sguardo e mi dice in tono serio:
«Mrs Grey, significa che lei è incinta».
“Cosa? Oh, no. No!”
20
Guardo la dottoressa Greene a bocca aperta:
il mio mondo crolla all’improvviso. Un
bambino. “Non voglio un bambino… non
ancora, accidenti!” E so perfettamente che
Christian andrà fuori di testa.
«Mrs Grey, è molto pallida. Vuole un bicchiere d’acqua?»
«Sì, grazie» rispondo con voce quasi impercettibile. I pensieri corrono veloci.
Incinta? Quando è successo?
«Vedo che è una notizia inaspettata.»
Annuisco in silenzio alla dottoressa che mi
porge un bicchiere d’acqua preso dal distributore. Ne bevo un sorso, ne avevo bisogno.
«Sono sconvolta» sussurro.
«Potremmo fare un’ecografia per vedere a
che punto è la gravidanza. A giudicare dalla
sua reazione, intuisco che il concepimento
907/1287
sia avvenuto poche settimane fa. Scommetto
che non ha avvertito sintomi.»
Scuoto la testa senza parlare. “Sintomi?”
Mi sembra proprio di no. «Pensavo…
Pensavo che fosse una forma di contraccezione affidabile.»
La
dottoressa
Greene
inarca
un
sopracciglio. «Normalmente lo è, quando la
paziente si ricorda di fare le iniezioni» replica con freddezza.
«Devo aver perso la cognizione del
tempo.» Christian andrà fuori di testa, lo so.
«Ha mai avuto perdite di sangue?»
Aggrotto la fronte. «No.»
«È normale quando si prende il contraccettivo che le ho prescritto. Facciamo un’ecografia? Ho tempo.»
Annuisco, disorientata, e la dottoressa
Greene mi fa strada verso un lettino di pelle
nera dietro un paravento di stoffa.
908/1287
«Si tolga la gonna e le mutandine e si
copra con la coperta che trova sul lettino:
cominceremo da lì» dice in tono spiccio.
“Mutandine?” Mi aspettavo di dover fare
un’ecografia esterna. Perché devo togliermi
la biancheria intima? Mi stringo nelle spalle,
costernata, poi le obbedisco in fretta e mi
stendo sotto la morbida coperta bianca.
«Bene.» La dottoressa Greene appare in
fondo al lettino, avvicinando l’ultratecnologico apparecchio per le ecografie. Mentre si
siede, sposta lo schermo in modo che entrambe possiamo vederlo, e dà un colpetto
alla trackball sulla tastiera. Lo schermo prende vita.
«Sollevi e pieghi le gambe, poi le apra
bene» dice in tono pratico.
Aggrotto la fronte, con aria diffidente.
«È un’ecografia transvaginale. Se è incinta
da poco, dovremmo essere in grado di individuare il bambino con questa.» Tiene in
mano una lunga sonda bianca.
909/1287
“Oh, dimmi che stai scherzando!”
«Okay» borbotto, mortificata, ed eseguo i
suoi ordini. La dottoressa infila un preservativo sulla sonda e la lubrifica con un gel
trasparente.
«Mrs Grey, si rilassi, per favore.»
Rilassarmi? Sono incinta, maledizione!
Come fa a pretendere che mi rilassi? Arrossisco e tento di immaginare il mio luogo felice… che dev’essersi spostato dalle parti
dell’isola perduta di Atlantide.
La dottoressa inserisce la sonda lentamente e con delicatezza.
“Dio santo!”
Sullo schermo vedo una specie di effetto
neve, ma color seppia. La dottoressa muove
la sonda lentamente. La cosa è molto
imbarazzante.
«Ecco» mormora. Preme un pulsante e
ferma l’immagine sullo schermo, evidenziando un minuscolo puntino nella tempesta
color seppia.
910/1287
“È un puntino.” C’è un minuscolo puntino
nella mia pancia. Minuscolo. “Wow!” Dimentico il disagio e lo fisso sbalordita.
«È ancora presto per sentire il battito, ma
sì, lei è sicuramente incinta. Di quattro o
cinque settimane, direi.» Si acciglia. «Sembra che l’effetto dell’iniezione si sia esaurito
troppo presto. Be’, qualche volta può
succedere.»
Sono troppo affascinata per parlare. Quel
puntino è un bambino. Un bambino vero. Il
bambino di Christian. Il mio bambino. Porca
miseria! “Un bambino!”
«Vuole che le stampi un’immagine?»
Annuisco, ancora incapace di parlare, e la
dottoressa Greene preme un pulsante. Poi
toglie delicatamente la sonda e mi allunga un
asciugamano di carta perché possa pulirmi.
«Congratulazioni, Mrs Grey» mi dice
mentre mi tiro su a sedere. «Dobbiamo fissare il prossimo appuntamento: le consiglio
di ritornare tra quattro settimane. Potremo
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capire l’età esatta del feto e stabilire la data
presunta del parto. Ora può rivestirsi.»
«Okay.» Mi alzo barcollante e mi rivesto in
tutta fretta. C’è un puntino, un minuscolo
puntino. Quando riemergo da dietro il paravento, la dottoressa Greene è seduta alla
scrivania.
«Prima che ci rivediamo, le consiglio di
iniziare la terapia a base di acido folico e vitamine. Ecco una piccola guida alla
gravidanza.»
Mentre mi passa la scatola di pillole e la
guida, continua a parlare, ma non la sento,
perché sono sotto shock. Travolta dalle
emozioni. Sicuramente dovrei essere felice.
Sicuramente avrei dovuto aspettare fino ai
trent’anni, almeno. Ora è presto… troppo
presto. Cerco di controllare il panico che mi
invade.
Saluto educatamente la dottoressa e mi dirigo verso l’uscita e verso il fresco pomeriggio autunnale. Improvvisamente vengo
912/1287
investita da un freddo strisciante e da un
profondo senso di inquietudine. Christian
perderà la testa, lo so, anche se non sono in
grado di dire fino a che punto. Le sue parole
mi perseguitano: “Non sono ancora pronto a
condividerti”. Mi stringo nella giacca, cercando di scacciare il freddo.
Sawyer salta giù dal SUV e mi apre la portiera. Quando mi guarda in faccia, aggrotta la
fronte, ma io ignoro la sua espressione
preoccupata.
«Dove la porto, Mrs Grey?» chiede
gentilmente.
«Alla SIP.» Mi accoccolo sul sedile posteriore, chiudo gli occhi e appoggio la testa.
Dovrei essere felice. So che dovrei esserlo,
ma non lo sono. Non è ancora il momento. È
troppo presto. Che ne sarà del mio lavoro? E
della SIP? E di Christian e me? No. No. No.
Andrà tutto bene. Anche con lui. Voleva bene
alla piccola Mia, ricordo che Carrick me l’ha
detto, e adesso stravede per lei. Forse dovrei
913/1287
avvertire Flynn… Forse non dovrei dirlo a
Christian. Forse… forse dovrei smetterla. Mi
costringo a scacciare questi pensieri cupi,
spaventata per la direzione che stanno prendendo. Istintivamente appoggio le mani sulla
pancia, come per proteggerla. “No. Il mio
Puntino. Mi viene da piangere. E ora che
cosa faccio?”
La visione di un bambino con i capelli
ramati e gli occhi grigi che corre sul prato
della nuova casa invade i miei pensieri,
aprendomi un mondo di possibilità affascinanti e allettanti. Ridacchia e strilla divertito
mentre Christian e io lo rincorriamo. Christian lo tira su e se lo mette a cavalcioni su un
fianco, mentre ci dirigiamo mano nella mano
verso casa.
Questa visione si trasforma in quella di
Christian che distoglie lo sguardo da me, disgustato. Sono grassa e sgraziata, appesantita
dalla gravidanza. Percorre a passi pesanti il
salone degli specchi, sempre più lontano, e il
914/1287
suono dei suoi passi riecheggia sugli specchi,
sulle pareti e sui pavimenti. “Christian…”
Mi riscuoto. “No.” Andrà di sicuro fuori di
testa.
Quando Sawyer si ferma davanti all’ingresso della SIP, balzo fuori e mi dirigo verso
l’edificio.
«Ana, piacere di vederti. Come sta tuo
padre?» mi chiede Hannah appena arrivo. La
guardo freddamente.
«Sta meglio, grazie. Puoi venire nel mio
ufficio?»
«Certo» e mi segue con aria sorpresa. «C’è
qualcosa che non va?»
«Vorrei sapere se hai spostato o annullato
gli appuntamenti con la dottoressa Greene.»
«Con la dottoressa Greene? Sì. Ne ho annullati due o tre. Di solito perché eri in riunione o in ritardo. Perché?»
“Perché adesso sono incinta!” le urlo mentalmente. Faccio un respiro profondo per
tranquillizzarmi.
«Se
sposti
gli
915/1287
appuntamenti, puoi assicurarti che io lo sappia? Non controllo sempre l’agenda.»
«Certo» risponde Hannah a bassa voce.
«Mi dispiace. Ho fatto qualcosa che non va?»
Scuoto la testa e sospiro profondamente.
«Mi faresti un tè? Poi parleremo di quello
che è successo mentre ero via.»
«Certo, vado subito.» Rianimata, esce
dall’ufficio.
La guardo mentre esce. “Vedi quella
donna?” dico con calma al Puntino. “Probabilmente è lei il motivo per cui sei qui.” Mi accarezzo la pancia, e poi mi sento una vera
stupida, perché sto parlando al Puntino. Al
mio minuscolo Puntino. Scuoto la testa,
prendendomela con me stessa e con Hannah
anche se, dentro di me, so che Hannah non
c’entra niente. Avvilita, accendo il computer.
C’è una mail di Christian.
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
916/1287
Data: 13 settembre 2011 13.58
Oggetto: Mi manchi
Mrs Grey,
sono ritornato in ufficio solo tre ore fa e già mi
manchi.
Spero che Ray si sia sistemato bene nella nuova
stanza. Mia madre passerà a trovarlo oggi pomeriggio
per vedere come sta.
Ti passo a prendere questa sera alle sei, così possiamo
andarlo a trovare prima di tornare a casa.
Ti va?
Tuo marito, che ti ama
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Scrivo una risposta veloce.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
917/1287
Data: 13 settembre 2011 14.10
Oggetto: Mi manchi
Certo che sì.
X
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 13 settembre 2011 14.14
Oggetto: Mi manchi
Tutto okay? Stai bene?
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
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No, Christian. Non è tutto okay. Ho paura
che tu vada fuori di testa. Non so cosa fare.
Ma non te lo dirò per mail.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 13 settembre 2011 14.17
Oggetto: Mi manchi
Tutto bene. Impegnata con il lavoro.
Ci vediamo alle sei.
X
Anastasia Grey
Direttore editoriale, SIP
Quando glielo dirò? Stasera? Forse dopo
aver fatto l’amore? Forse mentre facciamo
l’amore? No, sarebbe pericoloso per entrambi. Mentre sta dormendo? Mi prendo la
testa tra le mani. E ora che cosa cavolo
faccio?
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«Ciao» mi dice Christian con aria guardinga
quando salgo sul SUV.
«Ciao» mormoro.
«Che cosa c’è che non va?» mi chiede
accigliato. Scuoto la testa mentre Taylor si
dirige verso l’ospedale.
«Niente.» “Dovrei dirglielo adesso?” Non
posso dirglielo ora che siamo in uno spazio
chiuso e c’è Taylor con noi.
«Tutto bene al lavoro?» Christian continua
a indagare.
«Sì, bene. Grazie.»
«Ana, che cosa c’è che non va?» ripete. Il
suo tono è un po’ più inquisitorio, e io non
ho il coraggio di rispondere.
«Mi sei mancato molto, tutto qui. E sono
preoccupata per Ray.»
Christian si rilassa visibilmente. «Ray sta
bene. Ho parlato con mia madre oggi pomeriggio e lei mi ha detto che è colpita dai
suoi progressi.» Christian mi stringe la
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mano. «Dio, che dita gelide. Hai mangiato
oggi?»
Arrossisco.
«Ana!» mi rimprovera Christian, irritato.
“Be’, non ho mangiato perché so che ti infurierai quando ti dirò che sono incinta.”
«Mangerò stasera. Non ho davvero avuto
tempo.»
Scuote la testa, frustrato. «Vuoi che aggiunga “dar da mangiare a mia moglie”
all’elenco dei compiti degli addetti alla
sicurezza?»
«Mi dispiace. Mangerò più tardi. È stata
una giornata un po’ strana, con il trasferimento di papà e tutto il resto.»
Stringe le labbra con durezza, ma non dice
nulla. Guardo fuori dal finestrino. “Diglielo!”
mi suggerisce la vocina. No, ho troppa paura.
Christian interrompe il mio rimuginare.
«Forse dovrò andare a Taiwan.»
«Ah, quando?»
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«A fine settimana. O forse la prossima
settimana.»
«Okay.»
«Vorrei che mi accompagnassi.»
Deglutisco. «Christian, per favore. C’è il
mio lavoro. Non discutiamone un’altra
volta.»
Sospira e fa il broncio come un adolescente scontroso. «Era solo una proposta»
borbotta stizzoso.
«Quanto tempo starai via?»
«Solo qualche giorno. Vorrei che mi dicessi che cosa c’è che non va.»
“Come ha fatto a indovinarlo?” «Be’, ora
che il marito che amo deve andare via…»
Christian mi bacia le nocche. «Non starò
via a lungo.»
«Bene.» Gli faccio un debole sorriso.
Ray ha un colorito decisamente migliore ed è
molto meno scontroso. Sono commossa dalla
sua silenziosa gratitudine nei confronti di
Christian e per un attimo dimentico la novità
922/1287
che incombe su di me quando mi siedo e li
ascolto parlare della pesca e dei Mariners.
Ma Ray si stanca facilmente.
«Ti lasciamo dormire, papà.»
«Grazie, tesoro. Sono contento che tu sia
passata. Ho anche visto tua madre oggi,
Christian. Mi ha tranquillizzato molto. E tifa
anche lei per i Mariners.»
«Però non va pazza per la pesca» dice
Christian con ironia mentre si alza.
«Non conosco molte donne che ne siano
entusiaste, eh?» replica Ray con un sorriso.
«Ci vediamo domani, okay?» Gli do un bacio. Il mio subconscio non sembra d’accordo.
“A patto che Christian non ti metta sotto
chiave… o peggio.” Il mio umore cola a picco.
«Vieni.» Christian mi tende la mano,
guardandomi accigliato. Gliela stringo e lasciamo l’ospedale.
Giocherello con il cibo. È il pollo alla cacciatora di Mrs Jones, ma non ho appetito. Ho lo
stomaco contratto per l’ansia.
923/1287
«Dannazione, Ana! Vuoi dirmi che cosa c’è
che non va?» Irritato, Christian spinge via il
suo piatto vuoto. Lo fisso. «Per favore. Mi fai
diventare matto.»
Deglutisco e tento di dominare il panico
che mi serra la gola. Faccio un respiro profondo per calmarmi. Ora o mai più. «Sono
incinta.»
Lui si immobilizza e diventa pallido come
un cencio. «Cosa?» sussurra, livido.
«Sono incinta.»
Aggrotta le sopracciglia come se non
capisse. «Com’è possibile?»
“Com’è possibile?” Ma che assurdità è
questa? Arrossisco e gli lancio un’occhiata
della serie “Come credi che sia successo?”.
Cambia immediatamente atteggiamento e
il suo sguardo diventa di pietra.
«L’iniezione?» ruggisce.
“Oh, merda!”
«Ti sei dimenticata l’iniezione?»
924/1287
Mi limito a fissarlo, senza proferire parola.
“Porca miseria, è incavolato nero.”
«Cristo santo, Ana!» Sbatte il pugno sul
tavolo, facendomi trasalire e si alza così
bruscamente che quasi rovescia la sedia.
«Devi ricordarti una cosa sola, una sola.
Merda! Non ci posso credere. Come hai fatto
a essere così stupida?»
“Stupida?” Rimango senza fiato. Vorrei
dirgli che l’iniezione non ha fatto effetto, ma
non riesco a parlare. Mi guardo le mani. «Mi
dispiace» sussurro.
«Ti dispiace? Ma vaffanculo!» mi dice in
tutta risposta.
«Lo so che non è il momento giusto.»
«Il momento giusto!» grida. «Ci conosciamo da cinque fottuti minuti. Volevo farti
vedere come funziona questo cazzo di mondo
e ora… Vaffanculo. Pannolini, vomito e
merda!» Chiude gli occhi. Penso che stia lottando per controllarsi, ma perde la battaglia.
925/1287
«Te ne sei dimenticata? O l’hai fatto apposta?» I lampi di rabbia nei suoi occhi
creano una sorta di campo di forze.
«No» sussurro. Non posso dirgli di Hannah, perché la licenzierebbe.
«Pensavo che fossimo d’accordo!» grida.
«Lo so. Hai ragione. Scusa.»
Mi ignora. «Ecco perché. Ecco perché mi
piace avere il controllo. Così le stronzate
come questa non mandano tutto a puttane.»
No… il mio Puntino. «Christian, per
favore. Non mi urlare addosso.» Le lacrime
iniziano a rigarmi il viso.
«Non cominciare con i piagnistei, adesso»
dice con un altro scatto di rabbia. «Vaffanculo.» Si passa una mano tra i capelli, tirandoli. «Pensi che io sia pronto per diventare
padre?» La sua voce strozzata è un misto di
rabbia e panico.
E tutto diventa chiaro: la paura e l’odio
scritti a chiare lettere nei suoi occhi… la rabbia è quella di un adolescente indifeso. “Oh,
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Christian, mi dispiace tanto. Anch’io sono
sconvolta.”
«So che nessuno di noi due è pronto, ma
penso che sarai un padre meraviglioso» dico
con voce soffocata. «Lo scopriremo
insieme.»
«E come cazzo fai a saperlo?» grida.
«Dimmi come cazzo fai!» Ha gli occhi ardenti, mentre sul suo viso si alternano le
emozioni: la più evidente è la paura.
«Oh, vaffanculo!» sbraita sprezzante,
alzando le mani in un gesto di sconfitta. Si
gira e si dirige a passi pesanti verso l’atrio,
dopo aver afferrato la giacca. I suoi passi
risuonano sul parquet, sbatte la porta e sparisce, facendomi trasalire.
Rimango da sola nel silenzio… nel vuoto
immobile e muto del salone. Rabbrividisco
involontariamente mentre fisso stordita la
porta chiusa. “Se n’è andato!” La sua reazione è stata molto peggiore di quanto immaginassi. Allontano il piatto e incrocio le
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braccia sul tavolo, poi ci appoggio la testa e
piango.
«Ana, cara.» Mrs Jones è in piedi accanto a
me.
Alzo in fretta la testa, asciugandomi le
lacrime.
«Ho sentito. Mi dispiace» dice con gentilezza. «Vuole una tisana o qualcosa del
genere?»
«Vorrei un bicchiere di vino bianco.»
Mrs Jones rimane interdetta per un attimo, e mi ricordo del puntino. Adesso non
posso bere. O posso? Devo studiarmi la
guida che mi ha dato la dottoressa Greene.
«Gliene porto un bicchiere.»
«In realtà preferisco una tazza di tè, grazie.» Mi pulisco il naso. Mrs Jones mi sorride
con dolcezza.
«Arrivo subito.» Sparecchia e va verso la
cucina. La seguo e mi sistemo su uno sgabello, guardandola mentre mi prepara il tè.
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Mi mette di fronte una tazza fumante. «C’è
altro che posso fare per lei, Ana?»
«No, va bene così. Grazie.»
«È sicura? Non ha mangiato molto.»
Alzo gli occhi su di lei. «Non ho fame, tutto
qui.»
«Ana, deve mangiare. Adesso non lo fa
solo per lei. Per favore, lasci che le prepari
qualcosa. Che cosa le andrebbe?» Mi guarda
con aria speranzosa. Ma davvero non mi va
niente.
Mio marito mi ha appena lasciata perché
sono incinta, mio padre ha avuto un incidente grave e quel folle di Jack Hyde cerca di
far credere in giro che l’ho molestato. Di
colpo mi viene una voglia incontrollabile di
ridacchiare. “Guarda un po’ che cosa mi hai
fatto, Puntino!” Mi accarezzo la pancia.
Mrs Jones mi sorride con aria indulgente.
«Di quante settimane è?» mi chiede
dolcemente.
929/1287
«Poche. Quattro o cinque, la dottoressa
non lo sa con certezza.»
«Se non vuole mangiare, almeno si
riposi.»
Annuisco, prendo la tazza di tè e vado in
biblioteca. È il mio rifugio. Tiro fuori il
BlackBerry dalla borsetta e per un attimo
penso di chiamare Christian. Capisco che
anche lui sia sconvolto, ma ha reagito in
modo eccessivo. “E quand’è che non reagisce
in modo eccessivo?” Sospiro.
“Sì, è il tuo papà, Puntino. Speriamo che si
calmi e ritorni… presto.”
Tiro fuori la guida alla gravidanza e mi
siedo a leggere.
Non riesco a concentrarmi. È la prima
volta che Christian se ne va così. Negli ultimi
giorni è stato così premuroso e gentile, così
amorevole e adesso… E se non ritorna più?
Merda! Forse dovrei chiamare Flynn. Non so
che cosa fare. Non ne ho proprio idea. È talmente fragile sotto tanti aspetti e io sapevo
930/1287
che avrebbe reagito male alla notizia. È stato
così dolce durante questo weekend: tutto ciò
che è successo era fuori dal suo controllo, eppure è riuscito a gestirlo bene. Ma la notizia
che gli ho dato è stata troppo.
Da quando l’ho incontrato, la mia vita è diventata complicata. È colpa sua? O è colpa di
entrambi? E se non riesce a farsene una ragione? E se vuole divorziare? Un fiotto di bile
mi sale in gola. No. Non devo pensare così.
Ritornerà, ne sono certa. So, nonostante le
urla e le parole dure, che mi ama. Sì. E
amerà anche te, Puntino.
Sdraiata sulla poltrona, scivolo nel sonno.
Quando mi sveglio, ho freddo e sono disorientata. Rabbrividendo, controllo l’orologio:
sono le undici di sera. “Oh, sì… tu.” Mi accarezzo la pancia. Dov’è Christian? Irrigidita,
mi alzo dalla poltrona e vado in cerca di mio
marito. Dopo cinque minuti mi rendo conto
che non è in casa. Spero che non gli sia successo nulla. Vengo assalita dai ricordi della
931/1287
lunga attesa, quando Charlie Tango era stato
dato per disperso.
“No, no, no. Smettila di pensare queste
cose. Probabilmente è andato… Dove?” Da
chi potrebbe essere andato? Da Elliot? O
forse è da Flynn. Lo spero. Torno in biblioteca a prendere il BlackBerry e gli mando
un messaggio.
Dove sei?
Vado a farmi un bagno. Ho davvero
freddo.
Quando esco dalla vasca, Christian non è
ancora ritornato. Mi infilo una delle mie
camicie da notte di satin in stile anni Trenta
e la vestaglia, e vado nel salone. Passo davanti alla camera da letto degli ospiti. Forse
potrebbe diventare la camera del Puntino. Il
pensiero mi fa trasalire e rimango imbambolata nel corridoio, contemplando questa
possibilità. La dipingeremo di azzurro o di
932/1287
rosa? Il dolcissimo pensiero è guastato dal
fatto che mio marito, tuttora disperso, si infuria solo a sentirne parlare. Prendo la
coperta del letto degli ospiti, e vado nel
salone ad aspettarlo.
Qualcosa mi sveglia. Un rumore.
«Merda.»
È Christian, nell’atrio. Sento di nuovo il
rumore: il tavolo che striscia sul pavimento.
«Merda!» ripete, questa volta a voce più
bassa.
Mi ricompongo in tempo per vederlo varcare la soglia barcollando. “È ubriaco.” Mi
viene la pelle d’oca. “No, Christian ubriaco?”
So perfettamente quanto odia gli ubriachi.
Balzo in piedi e corro verso di lui.
«Christian, va tutto bene?»
Si appoggia allo stipite della porta dell’atrio. «Mrs Grey» farfuglia.
Accidenti! È ubriaco fradicio. Non so cosa
fare.
«Oh, sei davvero bella, Anastasia.»
933/1287
«Dove sei stato?»
Si porta un dito alle labbra e mi fa un sorriso sbilenco. «Ssh!»
«Faresti meglio a venire a letto.»
«Con te…» dice ridacchiando.
“Ridacchia!” Sconcertata, gli circondo la
vita con il braccio, perché riesce a malapena
a stare in piedi, figuriamoci a camminare.
Dov’è stato? Come ha fatto a ritornare a
casa?
«Ti aiuto ad andare a letto. Appoggiati a
me.»
«Sei molto bella, Ana.» Si appoggia a me e
mi annusa i capelli, rischiando di farci cadere
entrambi.
«Christian, cammina. Voglio portarti a
letto.»
«Okay» mi dice, come se stesse tentando
di concentrarsi.
Inciampiamo nel corridoio e alla fine riusciamo ad arrivare in camera.
«Letto» dice con un sorriso.
934/1287
«Sì, letto.» Lo faccio sedere sul bordo, ma
lui mi trattiene.
«Vieni anche tu.»
«Christian, penso che ti farebbe bene
dormire.»
«Ecco che comincia. L’ho già sentito dire.»
Lo guardo perplessa. «Sentito? Che cosa?»
«Niente sesso quando ci sono i bambini.»
«Sono sicura che non è così. Altrimenti
saremmo tutti figli unici.»
Mi fissa. «Sei divertente.»
«E tu sei ubriaco.»
«Sì.» Sorride, ma il suo sorriso si trasforma mentre pensa a ciò che ha detto, e
un’espressione tormentata gli attraversa il
viso, raggelandomi.
«Dài, Christian» gli dico dolcemente. Odio
quell’espressione. Testimonia ricordi orrendi
e abietti, che nessun bambino dovrebbe
avere. «Andiamo a letto.» Lo spingo con delicatezza
e
lui
si
lascia
cadere
935/1287
scompostamente sul materasso. Mi sorride,
l’espressione tormentata è scomparsa.
«Vieni anche tu» farfuglia.
«Prima ti svesto.»
Fa un ampio sorriso, da ubriaco. «Wow,
questo sì che è parlare!»
Dio santo. Christian ubriaco è carino e
giocoso. Lo preferisco mille volte al Christian
infuriato.
«Tirati su a sedere. Lascia che ti tolga la
giacca.»
«Mi gira la testa.»
“Accidenti. E se vomita?” «Christian, tirati
su a sedere!»
Mi fa un sorrisetto malizioso. «Mrs Grey,
certo che ti piace comandare…»
«Sì. Ora fai come ti dico io, e tirati su a
sedere.» Mi metto le mani sui fianchi. Fa un
altro sorrisetto, si solleva a fatica sui gomiti e
poi si siede in un modo goffo che non è da
lui. Prima che si lasci ricadere di nuovo, lo
936/1287
afferro per la cravatta e lotto per farlo uscire
dalla giacca grigia, un braccio alla volta.
«Hai un buon profumo.»
«E tu sai di liquori forti.»
«Sì… bour-bon.» Calca così tanto le sillabe
che devo trattenere una risatina. Lascio cadere la giacca sul pavimento vicino a me, e
mi dedico alla cravatta. Lui mi posa le mani
sui fianchi.
«Mi piace come ti sta questo tessuto,
Anasta-sia» dice balbettando. «Dovresti
sempre vestirti di satin o di seta.» Fa scorrere le mani su e giù sui miei fianchi, poi mi
attrae a sé, premendomi la bocca contro la
pancia.
«E qui abbiamo un invasore.»
Smetto di respirare. Accidenti, sta parlando al Puntino.
«E tu mi terrai sveglio, vero?» dice alla
mia pancia.
937/1287
“Oddio!” Christian mi guarda da sotto le
lunghe ciglia scure, con gli occhi velati e rannuvolati. Ho una stretta al cuore.
«Preferirai lui a me» osserva tristemente.
«Christian, non so di cosa stai parlando.
Non essere ridicolo: non preferisco nessuno
a nessuno. E poi “lui” potrebbe essere una
bambina.»
Mi guarda perplesso. «Una bambina… Oddio.» Si lascia ricadere sul letto e si copre gli
occhi con il braccio. Cerco di allentargli la
cravatta. Gli slaccio una scarpa e gliela tiro
via insieme al calzino, poi faccio la stessa
cosa dall’altra parte. Quando mi rialzo,
capisco perché non mi ha opposto resistenza:
Christian è crollato. Pare addormentato e
russa piano.
Lo guardo. È maledettamente bello,
persino quando è ubriaco e russa. Le labbra
scolpite socchiuse, un braccio sopra la testa
che arruffa i capelli spettinati, il volto rilassato. Sembra giovane… e dopotutto lo è: il
938/1287
mio giovane, stressato, ubriaco e infelice
marito. Il pensiero mi pesa sul cuore.
Be’, se non altro è a casa. Mi chiedo dove
sia andato. Non sono sicura di avere l’energia
o la forza fisica per spostarlo o svestirlo ulteriormente. Però è sopra la trapunta. Ritorno in soggiorno, prendo la coperta che ho
usato prima e la porto in camera.
È sempre addormentato, con la cravatta e
la cintura. Salgo sul letto accanto a lui, gli
tolgo la cravatta e gli slaccio il primo bottone
della camicia. Mormora qualcosa di incomprensibile nel sonno, ma non si sveglia. Gli
slaccio cautamente la cintura e gliela sfilo dai
passanti, con qualche difficoltà. La camicia
gli è uscita dai pantaloni, scoprendo in parte
i peli sull’addome. Non resisto. Mi chino e lo
bacio proprio lì. Si sposta, flettendo le anche,
ma continua a dormire.
Mi siedo e lo guardo di nuovo. “Oh, Christian… che cosa devo fare con te?” Gli
939/1287
accarezzo i capelli: sono così morbidi. E lo
bacio su una tempia.
«Ti amo, Christian. Ti amo anche se sei
ubriaco e sei stato chissà dove. Ti amerò
sempre.»
«Mmh» mormora. Gli bacio di nuovo la
tempia, poi scendo dal letto e lo copro. Possiamo dormire vicini, di traverso sul materasso. “Okay, proviamo.”
Prima però metto in ordine i suoi vestiti.
Scuoto la testa, prendo i calzini e la cravatta
e ripiego la giacca sul braccio. Proprio in
quel momento, il suo BlackBerry cade. Lo
raccolgo e, senza volere, lo sblocco. Si apre la
pagina dei messaggi. Vedo il mio messaggio
e, sopra, un altro.
Porca miseria! Mi si rizzano i capelli in
testa.
Sono contenta di averti visto. Adesso capisco.
Non preoccuparti. Sarai un padre meraviglioso.
È suo. È di Mrs Elena Strega Robinson.
940/1287
“Ecco dov’è andato. È andato da lei.”
21
Continuo a fissare il messaggio a bocca
aperta, poi alzo gli occhi verso la sagoma di
mio marito che dorme. È stato in giro a bere
fino all’una e mezzo del mattino con lei! Sta
russando piano, il sonno di un ubriaco apparentemente innocente e inconsapevole.
Sembra molto sereno.
“Oh, no, no, no.” Le gambe mi diventano
di gelatina e mi trascino lentamente fino alla
sedia accanto al letto, incredula. La cruda,
amara umiliazione del tradimento mi
trafigge come una lancia. Come ha potuto?
Come ha potuto andare da lei? Lacrime di
rabbia bruciante mi scendono lungo le
guance. La rabbia, la paura, il bisogno di
prendersela con me sono cose che posso capire e perdonare, anche se a fatica. Ma
questo… è un tradimento troppo grande.
942/1287
Piego le ginocchia e me le porto al petto,
stringendole tra le braccia per proteggere me
e il Puntino. Piango sommessamente, dondolandomi avanti e indietro.
Che cosa mi aspettavo? Ho sposato
quest’uomo troppo in fretta. Lo sapevo…
sapevo che saremmo arrivati a questo. Perché, perché, perché? Come ha potuto farmi
questo? Sa che cosa provo verso quella
donna. Come ha potuto andare da lei?
Come? La lama affonda lentamente e dolorosamente nel mio cuore e mi lacera. D’ora
in poi sarà sempre così?
Tra le lacrime la sua figura sdraiata è un
tremolio sfocato. “Oh, Christian.” L’ho
sposato perché lo amo, e so che anche lui mi
ama. Lo so. Mi viene in mente il suo regalo di
compleanno, così dolorosamente dolce.
“Per tutte le nostre prime volte, nel tuo
primo compleanno come mia moglie adorata. Ti amo. C x”
943/1287
No, no, no… Non posso credere che d’ora
in poi sarà sempre così, due passi avanti e tre
indietro. Ma con lui le cose sono sempre andate in questo modo. Dopo ogni battuta d’arresto abbiamo fatto un passo avanti, centimetro dopo centimetro. Lui tornerà in sé, ne
sono sicura. Ma io? Riuscirò a superare tutto
questo? Il suo tradimento? Penso a com’è
stato lui durante questo terribile e meraviglioso weekend. La sua forza e la sua tranquillità, mentre il mio patrigno giaceva ferito
e in coma nel reparto di terapia intensiva…
La festa a sorpresa per il mio compleanno,
l’aver riunito la mia famiglia e i miei amici…
Il bacio fuori dall’Heathman, davanti a tutti.
“Oh, Christian, fai di tutto per distruggere la
mia fiducia… e io ti amo.”
Ma adesso non sono più sola. Appoggio
una mano sulla pancia. No, non gli permetterò di fare questo a me e al nostro Puntino.
Il dottor Flynn ha detto che dovrei concedergli il beneficio del dubbio: be’, non questa
944/1287
volta. Mi asciugo le lacrime e mi pulisco il
naso con il dorso della mano.
Christian si agita e si gira, tira le gambe sul
letto e si rannicchia sotto la coperta. Allunga
una mano come per cercare qualcosa, poi
grugnisce e aggrotta la fronte, ma alla fine si
rimette a dormire, con un braccio fuori dalla
coperta.
“Oh, Christian. Cosa devo fare con te? E
cosa diavolo stavi facendo con la Strega?”
Devo assolutamente saperlo.
Lancio un’altra occhiata al messaggio incriminato ed elaboro in fretta un piano. Faccio un respiro profondo e inoltro il messaggio al mio BlackBerry. Primo passo fatto.
Sbircio velocemente gli altri messaggi recenti, ma tutti quelli che vedo sono di Elliot,
Andrea, Taylor, Ros e miei. Nessuno di
Elena. Bene, penso. Esco dalla schermata degli SMS sollevata dal fatto che non le abbia
scritto e il cuore mi balza in gola. “Oddio.” Il
suo telefono ha come sfondo un collage di
945/1287
mie foto, tante Anastasia in varie situazioni:
durante la luna di miele, nel nostro recente
weekend in barca e anche un paio di foto
scattate da José. Quando ha creato questo
sfondo? Recentemente, penso.
Noto l’icona della posta elettronica e
un’idea molto tentatrice si fa strada nella mia
mente… “Potrei leggere la posta di Christian.” Controllare se ha scritto a lei. Devo
farlo? Fasciata nella seta verde giada, la mia
dea interiore annuisce con energia, facendo
il broncio. Prima di riuscire a fermarmi, ho
già violato la sua privacy.
Ci sono centinaia di mail. Scorro l’elenco, e
sono tutte noiose da morire… Provengono
quasi tutte da Ros, Andrea e me, più qualche
altro dirigente della società. Nessuna dalla
Strega. E, già che ci sono, mi solleva vedere
che non ce ne sono neanche da Leila.
Una mail cattura la mia attenzione. È di
Barney Sullivan, il responsabile dell’ufficio
informatico della società di Christian.
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L’oggetto è “Jack Hyde”. Lancio un’occhiata
colpevole a Christian, che sta ancora russando dolcemente. Non l’avevo mai sentito
russare. Apro la mail.
Da: Barney Sullivan
A: Christian Grey
Data: 13 settembre 2011 14.09
Oggetto: Jack Hyde
Una telecamera di Seattle ha ripreso il furgone bianco
che proveniva da South Irving Street. Non ho trovato
altre tracce precedenti, quindi la base di Hyde dev’essere in quella zona.
Come le ha detto Welch, l’auto dell’ESSE I è stata noleggiata con un nome falso da una donna sconosciuta,
anche se non ci sono collegamenti con la zona di
South Irving Street.
I dettagli dei dipendenti della GEH e della SIP che
abitano nella zona sono nel file allegato, che ho inoltrato anche a Welch.
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Nel computer di Hyde non c’era nulla sulle sue assistenti personali precedenti.
Le allego come promemoria un elenco di quello che
abbiamo trovato sul computer che Hyde usava alla
SIP.
Indirizzi di casa di Grey:
Cinque immobili a Seattle
Due immobili a Detroit
Schede personali di:
Carrick Grey
Elliot Grey
Christian Grey
Dottoressa Grace Trevelyan
Anastasia Steele
Mia Grey
Articoli da giornali e siti Internet che parlano
delle seguenti persone:
Dottoressa Grace Trevelyan
Carrick Grey
Christian Grey
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Elliot Grey
Fotografie di:
Carrick Grey
Dottoressa Grace Trevelyan
Christian Grey
Elliot Grey
Mia Grey
Continuo con le indagini, vedo cos’altro riesco a
trovare.
B. Sullivan
Responsabile dell’Ufficio informatico, GEH
Questa strana mail per un attimo mi distoglie dalla mia notte di dolore. Faccio clic
sull’allegato per vedere i nomi che contiene,
ma ovviamente si tratta di un file troppo
grosso per poter essere aperto sul
BlackBerry.
Ma che cosa sto facendo? È tardi, ed è
stata una giornata faticosa. Non ci sono mail
della Strega o di Leila Williams e ne traggo
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una specie di gelido conforto. Do un’occhiata
veloce alla sveglia: sono appena passate le
due. È stata una giornata piena di rivelazioni.
Diventerò madre e mio marito ha fraternizzato con il nemico. Bene, lasciamolo cuocere nel suo brodo. Non dormirò con lui. Domattina può benissimo svegliarsi da solo.
Appoggio il suo BlackBerry sul comodino,
prendo la mia borsetta e, dopo aver dato
un’ultima occhiata al mio angelico Giuda addormentato, esco dalla camera da letto.
La chiave di riserva della stanza dei giochi
è al suo posto nel mobiletto della lavanderia.
La prendo e me la svigno al piano di sopra.
Dall’armadio della biancheria tiro fuori un
cuscino, una trapunta e le lenzuola, poi apro
la stanza dei giochi ed entro. Regolo le luci al
minimo. È strano che io trovi l’odore e l’atmosfera di questa stanza così confortevoli, se
si tiene conto che l’ultima volta che siamo
stati qui ho dovuto ricorrere alla safeword.
Chiudo la porta a chiave dietro di me e lascio
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la chiave nella toppa. So che domani mattina
Christian impazzirà a cercarmi e non credo
che verrà a controllare qui dentro, trovando
la porta chiusa a chiave. Bene, gli servirà di
lezione. Mi rannicchio sul divano Chesterfield, mi avvolgo nella trapunta e tiro fuori il
mio BlackBerry dalla borsetta. Scorro i messaggi e trovo quello della Strega che ho inoltrato a me stessa dal telefono di Christian.
Premo il tasto INOLTRA e scrivo:
VUOI CHE MRS LINCOLN SI UNISCA A NOI
QUANDO FINIREMO
PER DISCUTERE DEL MESSAGGIO CHE TI HA
MANDATO?
COSÌ PUOI EVITARE DI CORRERE DA LEI DOPO.
TUA MOGLIE.
Premo il tasto INVIA e metto il telefono in
modalità silenziosa. Mi raggomitolo sotto la
trapunta. Nonostante questa mia prodezza,
sono distrutta dall’enormità del tradimento
di Christian. Questo dovrebbe essere un
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momento di gioia. Caspita, avremo un figlio.
Rivivo brevemente l’istante in cui dico a
Christian che sono incinta e me lo immagino
che cade in ginocchio davanti a me in preda
alla gioia, prendendomi tra le braccia e
dicendo quanto ama me e il nostro Puntino.
E invece sono qui, sola e infreddolita in
una stanza attrezzata per le fantasie e i giochi
sadomaso. Mi sento vecchia di colpo, più
vecchia della mia età. Affrontare Christian è
sempre stata una sfida, ma questa volta ha
davvero superato se stesso. Che accidenti gli
è venuto in mente? Bene, se cerca lo scontro,
l’avrà. Non ho nessuna intenzione di permettere che corra a trovare quella donna
mostruosa tutte le volte che avremo un problema. Dovrà fare una scelta: o lei o me e il
Puntino. Singhiozzo piano ma, stanca come
sono, mi addormento subito.
Mi sveglio di soprassalto, per un attimo disorientata… “Ah, sì… Sono nella stanza dei
giochi.” Non ci sono finestre e così non ho
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idea di che ora sia. Sento scuotere la
maniglia della porta.
«Ana!» È Christian che sta gridando fuori
dalla porta. Mi raggelo. Lui non entra. Sento
voci attutite, che poi si allontanano.
Ricomincio a respirare e guardo l’ora sul
Black-Berry. Sono le otto meno dieci e ho
quattro chiamate perse e due messaggi sulla
segreteria telefonica. Le chiamate sono quasi
tutte di Christian, ma ce n’è anche una di
Kate. “Oh, no.” Deve averla chiamata. Non
ho tempo di ascoltare i messaggi. Non voglio
far tardi al lavoro.
Mi avvolgo nella trapunta per coprirmi e
prendo la borsetta prima di avvicinarmi alla
porta. La apro con cautela, do un’occhiata
fuori. Nessun segno di vita. Forse tutto ciò è
un po’ troppo melodrammatico. Alzo mentalmente gli occhi al cielo, faccio un respiro
profondo e scendo al piano di sotto.
Taylor, Sawyer, Ryan, Mrs Jones e Christian sono tutti in piedi sulla soglia del salone e
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Christian sta snocciolando una raffica di ordini. Si voltano all’unisono verso di me, a
bocca aperta. Christian indossa ancora i
vestiti in cui ha dormito. È pallido e scarmigliato, bello da svenire. I suoi grandi occhi
grigi sono spalancati, e non capisco se sia per
via del timore o della rabbia. È difficile dirlo.
«Sawyer, sarò pronta per uscire nel giro di
venti minuti» mormoro, stringendo ancora
più forte la trapunta intorno a me come per
proteggermi.
Lui annuisce, e tutti gli sguardi si concentrano su Christian che mi sta fissando
intensamente.
«Desidera la colazione, Mrs Grey?» mi
chiede Mrs Jones. Scuoto la testa.
«Non ho fame, grazie.» Lei stringe le labbra, ma non dice nulla.
«Dov’eri?» mi chiede Christian, con la
voce bassa e roca. All’improvviso Sawyer,
Taylor, Ryan e Mrs Jones si sparpagliano e
scompaiono; chi nell’ufficio di Taylor, chi
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nell’atrio, chi in cucina, come topi terrorizzati che abbandonano la nave che
affonda.
Io ignoro Christian e vado dritta verso la
camera da letto.
«Ana» mi grida dietro «rispondimi.»
Sento i suoi passi dietro di me, mentre entro
in camera e proseguo verso il bagno. Chiudo
in fretta la porta a chiave.
«Ana!» Picchia sulla porta. Apro la doccia.
Sento il rumore della porta che viene scossa.
«Ana, apri questa maledetta porta.»
«Vattene!»
«Non vado da nessuna parte.»
«Fa’ come ti pare.»
«Ana, per favore.»
Entro nella doccia, così lo taglio fuori davvero. Ah, è deliziosamente calda. La cascata
d’acqua che mi scorre addosso è salutare, e
cancella dalla mia pelle tutta la stanchezza
della notte appena trascorsa. “Accidenti.” È
davvero piacevole. Per un attimo, per un
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brevissimo attimo, posso fare finta che vada
tutto bene. Mi lavo i capelli e, quando ho finito, mi sento meglio, più forte, pronta ad affrontare quel treno lanciato a tutta velocità
che è Christian Grey. Avvolgo i capelli in un
asciugamano, con un altro mi do una veloce
asciugata e me lo metto intorno al corpo.
Giro la chiave e apro la porta, e vedo
Christian appoggiato alla parete di fronte,
con le mani dietro la schiena. Ha un’espressione circospetta, come quella di un cacciatore diventato preda. Gli passo davanti e mi
infilo nella cabina armadio.
«Mi stai ignorando?» mi chiede con aria
incredula dalla soglia della cabina.
«Davvero perspicace» gli mormoro distrattamente mentre cerco qualcosa da mettermi. Ah, ecco, il vestito color prugna. Lo
sfilo dall’attaccapanni, prendo gli stivali con i
tacchi a spillo e torno in camera da letto. Mi
fermo aspettando che Christian si tolga di
mezzo, cosa che peraltro fa: si vede che le sue
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naturali buone maniere prendono il
sopravvento. Sento i suoi occhi che mi
sondano in profondità mentre mi dirigo
verso il cassettone e lo intravedo nello specchio, immobile sulla soglia che mi guarda.
Con una mossa da attrice consumata lascio
cadere l’asciugamano a terra fingendo di non
rendermi conto di essere nuda. Lo sento
trattenere il fiato e lo ignoro.
«Perché fai così?» mi domanda, a voce
bassa.
«Secondo te?» Ho la voce vellutata, e intanto tiro fuori un paio di graziose mutandine
nere di pizzo La Perla.
«Senti, Ana…» Si interrompe quando me
le infilo.
«Vai a chiederlo alla tua Mrs Robinson,
sono sicuro che saprà darti una spiegazione»
borbotto mentre cerco il reggiseno
coordinato.
«Ana, te l’ho già detto una volta, non è la
mia…»
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«Non dirmi più niente, Christian.» Lo liquido con un gesto della mano. «Il momento
giusto per parlare era ieri, ma tu hai preferito
metterti a sbraitare e andarti a ubriacare con
la donna che ha abusato di te per anni.
Chiamala, sono sicuro che sarà più che felice
di sentirti, adesso.» Trovo il reggiseno e me
lo infilo lentamente, prima di allacciarlo.
Christian fa qualche passo verso il centro
della camera da letto e si mette le mani sui
fianchi.
«Perché mi hai spiato?»
Nonostante tutta la mia determinazione,
arrossisco. «Non è questo il punto, Christian» gli rispondo, brusca. «Di fatto, appena le
cose si sono messe male, sei corso da lei.»
La sua bocca si torce in una smorfia di rabbia. «Non è andata così.»
«Non mi interessa.» Prendo un paio di
autoreggenti nere con il bordo di pizzo e mi
riavvicino al letto. Mi siedo, infilo il piede e
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faccio scorrere delicatamente il tessuto finissimo fino alla coscia.
«Dove sei stata?» mi chiede, mentre con
gli occhi segue il movimento delle mie mani
sulle gambe. Io continuo a ignorarlo mentre
mi infilo lentamente l’altra calza. Mi alzo in
piedi e mi chino per asciugarmi i capelli con
l’asciugamano. Vedo il suo piede nudo inquadrato dalle mie cosce e percepisco il suo
sguardo rovente. Appena finisco, mi rialzo e
vado a prendere il phon.
«Rispondi.» La voce di Christian è bassa e
rauca.
Accendo il phon per non sentirlo più e
guardo il suo riflesso nello specchio attraverso le palpebre socchiuse, mentre finisco di
asciugarmi i capelli. Mi fissa con gli occhi a
fessura e freddi, quasi gelidi. Distolgo lo
sguardo e mi concentro su quel che sto facendo, cercando di far cessare il brivido che
mi percorre. È ancora arrabbiato. Se ne va in
giro con quella stronza e si arrabbia con me?
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“Come si permette?” Quando i miei capelli
assumono un aspetto selvaggio e indomito,
mi fermo. Sì… così mi piacciono. Spengo il
phon.
«Dove sei stata?» mi chiede con un sussurro gelido.
«Che cosa ti importa?»
«Ana, smettila. Subito.»
Mi stringo nelle spalle. Christian attraversa la camera e mi si avvicina velocemente.
Quando mi raggiunge, mi giro su me stessa e
faccio un passo indietro.
«Non toccarmi» ringhio, e lui si blocca.
«Dove sei stata?» mi chiede, con i pugni
stretti sui fianchi.
«Di certo non in giro a ubriacarmi con il
mio ex» gli sibilo. «Sei andato a letto con
lei?»
Christian resta senza fiato. «Che cosa?
No!» Mi fissa a bocca aperta e ha persino il
coraggio di fare la faccia ferita e arrabbiata.
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«Pensi che io ti abbia tradita?» mi chiede,
sdegnato.
«È quello che hai fatto» ringhio. «Sei andato a spifferare i particolari più privati della
nostra vita a quella donna, come uno
smidollato.»
Rimane a bocca aperta. «Uno smidollato?
È questo ciò che pensi?» Un lampo di rabbia
gli attraversa lo sguardo.
«Christian, ho letto il messaggio. Questo è
ciò che so.»
«Quel messaggio non era indirizzato a te»
ruggisce.
«Be’, comunque l’ho visto sul tuo BlackBerry quando ti è caduto dalla giacca, mentre
ti stavo svestendo perché eri troppo ubriaco
per farlo da solo. Hai idea di quanto mi abbia
ferito che tu abbia incontrato quella donna?»
Lui impallidisce per un attimo, ma ormai
ho ingranato la quarta e la mia dea interiore
è scatenata.
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«Ti ricordi ieri notte quando sei tornato a
casa? Ti ricordi che cos’hai detto?»
Mi guarda, inespressivo.
«Be’, avevi ragione. Preferisco di sicuro
questo bambino indifeso a te. È quello che fa
qualunque genitore amorevole. È quello che
avrebbe dovuto fare tua madre con te. E mi
dispiace che non l’abbia fatto, perché se
l’avesse fatto adesso tu e io non saremmo qui
a dirci queste cose. Ora però sei un uomo
adulto, devi crescere e darti una bella svegliata, devi smettere di comportarti come un
adolescente irascibile.
«Magari questo bambino non ti rende
completamente felice. Neanch’io faccio i salti
di gioia, visto il momento e la tua meno che
tiepida accoglienza a questa nuova creatura,
che è carne della tua carne. Ma puoi scegliere
se vivere questa cosa con me o lasciare che la
viva da sola. È una decisione che spetta solo
a te.
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«Mentre tu sguazzi nell’autocommiserazione e stai lì a disprezzarti, io vado a lavorare. E, quando torno, porterò le mie cose
nella camera di sopra.»
Sbatte le palpebre, sotto shock.
«Ora, se vuoi scusarmi, vorrei finire di vestirmi.» Respiro a fatica.
Christian fa un passo indietro con molta
lentezza e il suo atteggiamento si indurisce.
«È questo quello che vuoi?» sussurra.
«Non so più quello che voglio.» Il mio
tono riflette il suo e mi ci vuole uno sforzo
enorme per fingere disinteresse mentre intingo distrattamente la punta delle dita nella
crema idratante e me la spalmo con cura
sulla faccia. Mi guardo nello specchio. Occhi
azzurri spalancati, volto pallido ma guance
rosate. “Stai andando alla grande. Non mollare ora, non mollare ora.”
«Non mi vuoi più?» sussurra.
“Oh… no. Non fare così, Grey.”
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«Sono ancora qui, no?» gli rispondo, in
tono brusco. Prendo il mascara e comincio
ad applicarmelo all’occhio destro.
«Hai pensato di andartene?» Le sue parole
si sentono a malapena.
«Quando tuo marito preferisce la compagnia della sua ex amante, di solito non è
un buon segno.» Cerco di tenere il giusto livello di sdegno nella voce ed evito di rispondere alla sua domanda. E ora il lucidalabbra.
Sporgo le labbra come se facessi il broncio
all’immagine nello specchio. “Tieni duro,
Steele… ehm, Grey.” Porca miseria, non riesco neanche a ricordare come mi chiamo.
Prendo gli stivali, mi siedo sul letto e me li
infilo tirandoli su fino al ginocchio. Oh, sì.
Sono decisamente stuzzicante solo con gli
stivali e la biancheria intima, me ne rendo
conto. Mi alzo in piedi e lo guardo con distacco. Lui sbatte le palpebre e mi mangia con
gli occhi.
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«So che cosa stai facendo, sai?» mormora
e il suo tono si è fatto caldo e seducente.
«Davvero?» La mia voce si incrina. “No,
Ana… resisti.”
Deglutisce e fa un passo in avanti. Io indietreggio e alzo le mani.
«Non pensarci neanche, Grey» sussurro,
minacciosa.
«Sei mia moglie.» La sua voce ha un tono
tra il dolce e il minaccioso.
«Sono la donna incinta che ieri hai abbandonato, e se solo mi tocchi faccio venire giù
la casa a forza di urla.»
Solleva le sopracciglia, incredulo. «Ti
metteresti a urlare?»
«Come una pazza.» Gli occhi mi diventano
una fessura.
«Nessuno ti sentirebbe» mormora con uno
sguardo ardente e mi ricordo per un attimo
di quella mattina ad Aspen. “No. No. No.”
«Stai cercando di spaventarmi?» mormoro, senza fiato, per sviarlo.
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Funziona. Si blocca e deglutisce. «Non era
mia intenzione.» Si acciglia.
Ho il fiato corto. Se mi toccasse, cederei di
schianto. Conosco il potere che ha su di me e
su quel traditore del mio corpo. Lo conosco
eccome. Mi aggrappo alla mia rabbia.
«Sono andato a bere qualcosa con una persona a cui una volta tenevo. Ci siamo chiariti.
Non la vedrò più.»
«Sei stato tu a cercarla?»
«All’inizio no. Volevo vedere Flynn. E poi
mi sono ritrovato al salone di bellezza.»
«E tu ti aspetti che io creda che non la
vedrai più?» Non riesco a trattenere la mia
rabbia e le mie parole diventano un sibilo.
«Cosa succederà la prossima volta che oltrepasserò un’altra delle tue linee immaginarie?
Continuiamo a discutere sempre della stessa
cosa. Come se fossimo legati a una specie di
ruota di Issione. Se sgarro un’altra volta, tu
corri di nuovo da lei?»
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«Non la vedrò più» dice, con una glaciale
risolutezza. «Ora finalmente ha capito come
mi sento.»
Sbatto le palpebre per la sorpresa. «Che
cosa significa?»
Si irrigidisce e si passa una mano tra i
capelli, esasperato, arrabbiato e ammutolito.
Provo a cambiare tattica.
«Perché con lei riesci a parlare e con me
no?»
«Ero incazzato con te. Come lo sono ora.»
«Non azzardarti!» scatto. «Sono io a essere infuriata, adesso. Perché ieri sei stato
così freddo e insensibile mentre io avevo
bisogno di te. Perché hai detto che ho fatto
apposta a rimanere incinta, quando non è
vero. Perché mi hai tradita.» Riesco a
trattenere i singhiozzi. Lui rimane a bocca
aperta, sconvolto, e chiude per un attimo gli
occhi, come se l’avessi schiaffeggiato. Deglutisco. “Calmati, Anastasia.”
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«Avrei dovuto fare attenzione alle date
delle iniezioni. Ma non l’ho fatto apposta.
Questa gravidanza è uno shock anche per
me» mormoro, cercando di recuperare un
po’ di cortesia. «Può darsi che una delle
iniezioni non abbia fatto effetto.»
Mi fissa in silenzio.
«Ieri hai davvero combinato un casino»
sussurro, mentre la mia rabbia trabocca.
«Ho avuto un sacco di problemi nelle ultime
settimane.»
«Il casino l’hai combinato tu tre o quattro
settimane fa, o quando è stato che ti sei dimenticata l’iniezione.»
«Be’, grazie al cielo non sono perfetta
come te!»
“Ora basta, basta, basta.” Rimaniamo a fissarci in cagnesco.
«Gran bella sceneggiata, Mrs Grey»
sussurra.
«Be’, sono contenta di continuare a divertirti anche mentre sono incinta.»
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Mi fissa con aria inespressiva. «Devo farmi
una doccia» mormora.
«E io ti ho messo in piedi un bello
spettacolino, eh?»
«Uno spettacolino fantastico» sussurra. Fa
un passo avanti, e io indietreggio di nuovo.
«Non provarci.»
«Detesto quando non ti lasci toccare.»
«Che ironia, no?»
Stringe gli occhi a fessura. «Non abbiamo
fatto grandi passi avanti, eh?»
«Direi di no, a parte il fatto che sto per andarmene da questa camera.»
I suoi occhi si infiammano. «Lei non significa nulla per me.»
«Tranne quando ne hai bisogno.»
«Io non ho bisogno di lei, ho bisogno di
te.»
«Ieri non era così. Quella donna è un limite assoluto per me, Christian.»
«È fuori dalla mia vita.»
«Vorrei poterti credere.»
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«Cazzo, Ana!»
«Per favore, lasciami vestire.»
Sospira e si passa un’altra volta la mano
tra i capelli. «Ci vediamo stasera» dice, la
voce piatta e senza espressione.
Per un breve momento vorrei prenderlo
tra le braccia e placare la sua collera, ma resisto perché sono troppo arrabbiata. Si gira e
si dirige verso il bagno. Rimango immobile
finché non sento la porta che si chiude.
Barcollo verso il letto e mi ci lascio cadere
pesantemente. Non ho fatto ricorso alle lacrime, alle urla o all’omicidio e non ho
neanche ceduto alla sua magia del sesso. Mi
meriterei la Medaglia d’oro del Congresso,
ma ora mi sento a pezzi. Merda. Non abbiamo risolto niente. Siamo sull’orlo di un
precipizio. È forse in gioco il nostro matrimonio? Come fa a non rendersi conto di
quanto è stato stronzo a correre da quella
donna? E che cosa intende quando dice che
non la rivedrà mai più? Come diavolo può
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pretendere che io gli creda? Do un’occhiata
alla radiosveglia, sono le otto e mezzo. “Accidenti. Non voglio arrivare in ritardo.” Faccio
un respiro profondo.
«Nel secondo round abbiamo pareggiato,
Puntino» sussurro, accarezzandomi la pancia. «Forse papà è una causa persa, ma spero
di no. Ma perché, oh, perché sei arrivato così
presto, Puntino? Le cose stavano cominciando ad andare bene.» Mi tremano le labbra, ma faccio un profondo respiro purificatore e riesco a tenere le mie emozioni sotto
controllo.
«Forza. Andiamo a spaccare il mondo in
ufficio.»
Non saluto Christian. Quando Sawyer e io ce
ne andiamo, lui è ancora sotto la doccia.
Mentre guardo fuori dai finestrini oscurati
del SUV il mio autocontrollo ha un cedimento
e mi si inumidiscono gli occhi. Il mio stato
d’animo si riflette perfettamente nel cielo
tetro e grigio e provo uno strano senso di
971/1287
inquietudine. Di fatto del bambino non abbiamo parlato. Io ho avuto meno di ventiquattr’ore per assorbire la novità del
Puntino. Christian ha avuto ancora meno
tempo. “Non sa neanche come ti chiami.” Mi
accarezzo la pancia e scoppio in lacrime.
«Mrs Grey» dice Sawyer, interrompendo
le mie fantasticherie «siamo arrivati.»
«Oh, grazie, Sawyer.»
«Sto per fare un salto in rosticceria, signora. Vuole che le prenda qualcosa?»
«No, grazie. Non ho fame.»
Hannah mi sta aspettando con il mio caffellatte. Lo annuso e il mio stomaco si rivolta.
«Ehm… potrei avere un tè, per favore?»
mormoro, un po’ imbarazzata. Sapevo che
c’era un motivo se il caffè in fondo non mi è
mai piaciuto. Gesù, ha un pessimo odore.
«Tutto bene, Ana?»
Annuisco e mi affretto verso la protezione
offerta dal mio ufficio. Il mio BlackBerry vibra: è Kate.
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«Perché Christian ti cercava?» mi chiede,
senza preamboli.
«Buongiorno, Kate, come stai?»
«Piantala con le cazzate, Steele. Che cosa
succede?» Comincia il terzo grado di Katherine Kavanagh.
«Niente, Christian e io abbiamo avuto un
piccolo scontro, tutto qui.»
«Ti ha fatto del male?»
Alzo gli occhi al cielo. «Sì, ma non nel
senso che intendi tu.» In questo momento
non posso parlare con Kate. So che scoppierei a piangere, proprio adesso che sono
così orgogliosa di non aver avuto cedimenti
stamattina. «Kate, scusa ma ho una riunione. Ti richiamo più tardi.»
«D’accordo. Ma tu stai bene?»
«Sì.» “No.” «Ti chiamo più tardi, okay?»
«Okay, Ana, come preferisci. Io per te ci
sono sempre.»
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«Lo so» sussurro, cercando di reggere
l’impatto delle sue parole gentili. “No, non
mi metterò a piangere.”
«Ray sta bene?»
«Sì» le rispondo con un filo di voce.
«Oh, Ana…» sussurra.
«No, ti prego.»
«Okay. Ne parliamo dopo.»
«Sì.»
Nel corso della mattinata ogni tanto controllo le mail, nella speranza di ricevere qualcosa da Christian, ma non arriva nulla. A
mano a mano che la giornata procede, mi
rendo conto che non mi contatterà e che è
ancora furioso. Be’, lo sono anch’io. Mi butto
a capofitto nel lavoro, facendo solo una breve
pausa per il pranzo, che consiste in un bagel
al formaggio cremoso e salmone. È incredibile quanto mi senta meglio dopo aver
mangiato qualcosa.
Alle cinque in punto Sawyer e io usciamo
per andare all’ospedale a trovare Ray.
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Sawyer è estremamente attento, fin troppo
premuroso. Mi irrita. Mentre ci avviciniamo
alla camera di Ray, mi incalza.
«Vado a prenderle un po’ di tè mentre lei
fa visita a suo padre?»
«No, grazie, Sawyer, sto bene così.»
«L’aspetto qui fuori.» Mi apre la porta e
sono contenta di liberarmi di lui per un po’.
Ray è seduto a letto e sta leggendo una rivista. È sbarbato e indossa la giacca del pigiama. Sembra il solito Ray.
«Ciao, Annie.» Mi sorride. Ma poi il suo
volto si rattrista.
«Oh, papà…» Gli vado vicino e lui, con un
gesto per nulla abituale, spalanca le braccia e
mi stringe forte.
«Dimmi, Annie» sussurra. «Cosa c’è?» Mi
abbraccia e mi bacia i capelli. Lì tra le sue
braccia mi rendo conto di quanto siano stati
rari tra noi due momenti come questo. “Chissà perché…” È forse per questo motivo che
mi piace rannicchiarmi in braccio a
975/1287
Christian? Dopo qualche istante mi stacco da
lui e mi siedo sulla sedia di fianco al letto.
Ray ha un’espressione preoccupata.
«Dillo al tuo vecchio.»
Scuoto la testa. Non ha certo bisogno dei
miei problemi, in questo momento.
«Non è niente, papà. Tu sei in gran
forma.» Gli stringo la mano.
«Comincio a essere di nuovo me stesso,
anche se la gamba ingessata fa un sacco di
storie.»
«Un sacco di storie?» Mi fa sorridere.
«Sì, insomma, prude parecchio.»
«Oh, papà, sono felice che tu stia bene.»
«Anch’io, Annie. Mi piacerebbe far sedere
qualche nipotino su questo ginocchio noioso,
un giorno. È una cosa che non mi perderei
per nulla al mondo.»
Sbatto le palpebre. “Sa già tutto?” Ricaccio
indietro le lacrime che si affacciano all’angolo degli occhi.
«Tutto a posto con Christian?»
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«Be’, abbiamo avuto un piccolo scontro»
gli sussurro, cercando di far uscire la voce
nonostante il nodo in gola. «Ma risolveremo
tutto.»
Ray annuisce. «È un brav’uomo, tuo
marito» mi dice, in tono rassicurante.
«Sì, ogni tanto ha i suoi momenti no. Cosa
dicono i medici?» Non ho voglia di parlare di
lui in questo momento, è un argomento
troppo doloroso.
Quando torno all’Escala, Christian non è in
casa.
«Mr Grey ha chiamato per avvisare che
lavorerà fino a tardi» mi informa Mrs Jones
con aria di scuse.
«Ah, grazie per avermelo detto.» Non poteva avvertirmi lui? Accidenti, il suo cattivo
umore è decisamente salito di livello. Mi ricordo per un attimo della litigata sulla
promessa nuziale e dello sfogo che aveva
avuto allora. Ma questa volta sono io la parte
lesa.
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«Che cosa vorrebbe mangiare?» Lo
sguardo di Mrs Jones ha una venatura di
grande determinazione.
«Pasta.»
Sorride. «Spaghetti, penne o fusilli?»
«Spaghetti, con il suo ragù.»
«Sono pronti in un attimo. C’è un’altra
cosa che dovrebbe sapere, Ana. Mr Grey era
letteralmente impazzito stamattina, quando
pensava che lei se ne fosse andata. Completamente fuori di sé.» Mi rivolge un sorriso
affettuoso.
“Ah…”
Alle nove Christian non è ancora rincasato.
Sono in biblioteca, alla mia scrivania, e mi
domando dove possa essere. Decido di
chiamarlo.
«Sì, Ana?» mi risponde freddamente.
«Ciao.»
Inspira. «Ciao» dice, a voce più bassa.
«Torni a casa?»
«Più tardi.»
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«Sei in ufficio?»
«Certo, dove pensi che potrei essere?»
“Con lei.” «Bene. Ti lascio lavorare.»
Rimaniamo tutti e due in linea, il silenzio
tra noi si fa pesante.
«Buonanotte, Ana» dice lui, infine.
«Buonanotte, Christian.»
Riattacca.
Fisso il BlackBerry. Non so che cosa si aspetta da me. Non ho intenzione di permettergli di calpestarmi. È furioso, d’accordo, ci
può stare. Sono furiosa anch’io. Ma la
situazione è questa. Non sono stata io a correre sbavando dalla mia ex amante pedofila.
Voglio che riconosca che questo modo di
comportarsi non è accettabile.
Mi appoggio allo schienale della sedia e
guardo il tavolo da biliardo, ricordando i bei
momenti trascorsi giocando a biliardo
inglese. Appoggio una mano sulla pancia.
Forse è troppo presto. Forse non è destino…
Ma anche se ho questo pensiero, la mia
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vocina interiore grida “No!”. Se interrompessi la gravidanza, non riuscirei mai a
perdonare me stessa… né Christian. «Oh,
Puntino, che cosa ci hai combinato?» Non ho
il coraggio di parlare con Kate, né con nessun
altro. Le mando un messaggio, promettendole che la chiamerò presto.
Alle undici non riesco più a tenere gli occhi
aperti. Mi dirigo rassegnata verso la mia vecchia camera. Rannicchiata sotto la trapunta,
mi lascio andare, singhiozzo con la faccia affondata nel cuscino, senza ritegno e in modo
poco signorile…
Mi sveglio con la testa pesante. Dalle ampie
finestre della camera filtra una luce autunnale. Guardando la sveglia, vedo che sono le
sette e mezzo. Il primo pensiero è: “Dov’è
Christian?”. Sul pavimento di fianco al letto
c’è la cravatta argentea, la mia preferita. Non
c’era la sera prima, quando sono andata a
letto. La prendo e la osservo, accarezzo il tessuto setoso con il pollice e l’indice e poi la
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stringo contro la guancia. Lui è stato qui, mi
ha guardata mentre dormivo. Nel cuore mi si
accende una scintilla di speranza.
Quando scendo, Mrs Jones è indaffarata in
cucina.
«Buongiorno» mi saluta allegramente.
«’giorno. E Christian?» le chiedo.
Il suo viso si rabbuia. «È già uscito.»
«Ma è tornato a casa?» Devo verificarlo,
anche se ho la cravatta come prova.
«Sì, è tornato.» Fa una pausa. «Ana, mi
perdoni se sono inopportuna, ma non molli.
È un uomo cocciuto.»
Annuisco e lei tace. Sono sicura che la mia
espressione le fa capire che non ho voglia di
discutere di mio marito.
Appena arrivata in ufficio controllo la posta
elettronica. Ho un tuffo al cuore nel vedere
che c’è una mail di Christian.
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Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 15 settembre 2011 06.45
Oggetto: Portland
Ana,
oggi vado a Portland. Devo chiudere un affare con la
Washington State University. Ho pensato che volessi
saperlo.
Christian Grey
Amministratore delegato, Grey Enterprises Holdings
Inc.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Tutto
qui? Ho lo stomaco sottosopra. “Merda!” Ho
la nausea. Corro in bagno e arrivo giusto in
tempo per depositare la mia colazione nel
water. Mi siedo per terra e mi tengo la testa
tra le mani. “Oh, povera me!” Dopo un po’
sento bussare sommessamente alla porta.
«Ana?» È Hannah.
“Oh, no.” «Sì?»
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«Va tutto bene?»
«Sì, esco tra un attimo.»
«È arrivato Bryce Fox, ha un appuntamento con te.»
“Porca miseria.” «Fallo accomodare in sala
riunioni, arrivo tra un attimo.»
«Ti porto un tè?»
«Sì, grazie.»
Dopo il pranzo, di nuovo a base di bagel al
formaggio cremoso e salmone, che in qualche modo riesco a trattenere nello stomaco,
mi siedo a fissare distrattamente il computer, in cerca di ispirazione e chiedendomi
in che modo Christian e io risolveremo il
nostro problema.
Il BlackBerry vibra e mi fa sussultare.
Guardo lo schermo: è Mia. Accidenti, il suo
esuberante entusiasmo è proprio quello che
mi ci vuole. Esito per un attimo,
chiedendomi se posso ignorare la chiamata,
poi la buona educazione ha la meglio.
«Ciao, Mia» rispondo in tono allegro.
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«Ehilà, ciao, Ana… È tanto che non ci sentiamo.» È una voce maschile familiare.
“Accidenti!”
Mi si rizzano i capelli e ho la pelle d’oca
ovunque mentre l’adrenalina mi inonda il
corpo. È come se il mondo si fermasse.
È Jack Hyde.
22
«Jack.» Non riesco a parlare, soffocata dalla
paura. Come fa a essere fuori di prigione?
Perché ha il telefono di Mia? Il sangue ha
smesso di affluirmi al volto e sono
frastornata.
«Ti ricordi di me?» mi dice con voce
sommessa. Percepisco il suo sorriso amaro.
«Sì, certo» gli rispondo automaticamente,
mentre i pensieri corrono veloci.
«Ti starai chiedendo perché ti ho
chiamata.»
«Sì.»
“Riattacca!”
«Non riattaccare. Ho chiacchierato un po’
con la tua cognatina.»
“Che cosa? Mia! No!” «Che cosa hai
fatto?» sussurro, cercando di controllare la
paura.
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«Stammi a sentire, puttana succhiasoldi.
Mi hai rovinato la vita. Grey mi ha rovinato
la vita. Sei in debito con me. Ho qui con me
quell’altra puttanella. E tu, quel succhiacazzi
di tuo marito e tutta la sua fottuta famiglia
me la pagherete.»
Il disprezzo e la rabbia di Hyde mi sconvolgono. “La sua famiglia?” E perché?
«Che cosa vuoi?»
«Voglio i soldi di tuo marito. Voglio i suoi
fottuti soldi. Se le cose fossero andate diversamente, ci sarei stato io al suo posto. Quindi
tu ora vai a prendermeli. Voglio cinque
milioni di dollari, entro oggi.»
«Jack, non posso disporre di tutti quei
soldi.»
Fa uno sbuffo di derisione. «Hai due ore
per procurarteli: solo due ore. Non dirlo a
nessuno, o la puttanella qui con me la pagherà. Non dirlo alla polizia. Né a quello
stronzo di tuo marito. E nemmeno a quelli
della sicurezza. Se lo farai, lo verrò a sapere.
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Capito?» Fa una pausa e cerco di rispondergli, ma il panico e la paura mi serrano la gola.
«Capito o no?» grida.
«Sì» sussurro.
«Altrimenti la ammazzo.»
Respiro a fatica.
«Porta il telefono con te. Non dirlo a nessuno o prima di ucciderla me la scopo. Hai
due ore.»
«Jack, dammi più tempo. Tre ore. Come
faccio a sapere che lei è lì con te?»
Cade la linea. Fisso il telefono inorridita, le
labbra secche per la paura e, in bocca, il
nauseante gusto metallico del terrore. “Mia,
ha rapito Mia.” Oppure è tutto un imbroglio?
Quell’orrenda possibilità mi attraversa la
mente e il mio stomaco comincia a protestare. Penso che sono sul punto di vomitare,
ma faccio un respiro profondo, cercando di
controllare il panico, e la nausea scompare.
Passo rapidamente in rassegna tutte le possibilità. “Dirlo a Christian? Dirlo a Taylor?
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Chiamare la polizia? Come farà Jack a
saperlo? Ha davvero rapito Mia?” Ho
bisogno di tempo, di tempo per pensare, ma
posso averlo solo se eseguo i suoi ordini. Afferro la borsetta e mi dirigo verso la porta.
«Hannah, devo uscire. Non so quanto ci
metterò. Annulla gli appuntamenti del pomeriggio. Di’ a Elizabeth che ho avuto
un’emergenza.»
«Certo, Ana. Tutto a posto?» Hannah è
perplessa, e sul suo viso si legge la preoccupazione mentre mi guarda correre via.
«Sì» le rispondo distratta, mentre mi precipito verso la reception, dove Sawyer mi sta
aspettando.
«Sawyer.» Balza in piedi dalla poltrona
quando mi sente e mi guarda in faccia
dubbioso.
«Non mi sento bene. Mi porti a casa, per
favore?»
«Certo, signora. Vuole aspettarmi qui
mentre vado a prendere la macchina?»
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«No, vengo con te. Così facciamo più in
fretta.»
Terrorizzata, fisso fuori dal finestrino mentre
riepilogo il mio piano. Andare a casa. Cambiarmi. Trovare il libretto degli assegni. Liberarmi in qualche modo di Ryan e Sawyer.
Andare in banca. “Oddio, quanto spazio occupano cinque milioni di dollari? Peseranno
tanto? Avrò bisogno di una valigia? Devo
telefonare in banca per avvertire? Mia…
Mia.” E se non ha rapito Mia? Come faccio a
esserne certa? Se chiamo Grace, le faccio
sospettare qualcosa, e forse metto in pericolo
Mia. Lui ha detto che lo verrebbe a sapere.
Lancio un’occhiata dal lunotto del SUV. Qualcuno ci sta seguendo? Il mio cuore batte
forte mentre scruto le macchine dietro di
noi. Sembrano abbastanza innocue. “Oh,
Sawyer, vai più in fretta, per favore.” I miei
occhi fremono quando incontrano i suoi
nello specchietto retrovisore e lui aggrotta le
sopracciglia.
989/1287
Sawyer preme un pulsante sull’auricolare
Bluetooth per rispondere a una chiamata.
«T… Volevo informarla che Mrs Grey è con
me.» Lo sguardo di Sawyer incontra ancora
una volta il mio prima di ritornare a concentrarsi sulla strada. «Non si sente bene. La
sto riportando all’Escala… Capisco… signore.» Il suo sguardo guizza di nuovo dalla
strada al mio nello specchietto retrovisore.
«Sì» dice e riattacca.
«Taylor?» sussurro.
Annuisce.
«È con Mr Grey?»
«Sì, signora.» Lo sguardo di Sawyer si addolcisce, comprensivo.
«Sono ancora a Portland?»
«Sì, signora.»
Bene. Devo tenere Christian fuori da
questa storia, al sicuro. Involontariamente la
mano scivola sulla pancia, accarezzandola
con piena consapevolezza. Devo tenere al
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sicuro anche te, Puntino. Devo proteggervi
entrambi.
«Possiamo andare un po’ più veloce, per
favore? Non mi sento bene.»
«Sì, signora.» Sawyer preme sull’acceleratore e l’auto scivola nel traffico.
Non c’è traccia di Mrs Jones quando Sawyer
e io arriviamo a casa. La sua macchina non è
nel garage, quindi presumo che stia facendo
le commissioni con Ryan. Sawyer si dirige
nell’ufficio di Taylor, mentre io mi precipito
nello studio di Christian. In preda al panico,
spalanco il cassetto della scrivania in cerca
dei libretti degli assegni. Vedo la pistola di
Leila. Provo un’incongrua fitta di fastidio
perché Christian non l’ha messa al sicuro.
Non capisce nulla di armi.
Dopo un attimo di esitazione, afferro la
pistola, controllo che sia carica, e la fisso alla
cintura dei miei pantaloni sportivi neri. Potrei averne bisogno. Mi sono sempre allenata
solo con i bersagli inanimati. Non ho mai
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sparato a nessuno… Mi concentro sui libretti
degli assegni, per trovare quello giusto. Ce ne
sono cinque, uno solo è intestato a C. Grey e
Mrs A. Grey. Sul mio conto personale ho
circa cinquantaquattromila dollari. Non ho
idea di quanti soldi ci siano su questo. Ma
Christian è un uomo da cinque milioni di
dollari. Forse ci sono dei soldi nella cassaforte? “Accidenti! Non so la combinazione.”
Christian non aveva accennato al fatto che la
combinazione si trova nello schedario? Provo
ad aprirlo, ma è chiuso a chiave. Dovrò
seguire il piano A.
Faccio un respiro profondo e, con un’andatura più composta ma determinata, vado
nella nostra camera da letto. Il letto è stato
rifatto, e per un attimo il dolore mi trafigge.
Forse avrei dovuto dormire qui la notte
scorsa. A che cosa serve discutere con qualcuno che, per sua stessa ammissione, è Mr
Cinquanta Sfumature? Ora non mi parla
nemmeno.
992/1287
Mi tolgo velocemente i pantaloni neri, infilo i jeans e una felpa con il cappuccio, le
scarpe da ginnastica e assicuro la pistola alla
cintura, dietro. Nella cabina armadio prendo
un grande borsone da viaggio morbido. Ci
staranno cinque milioni di dollari? La borsa
da palestra di Christian è sul pavimento. La
apro, aspettandomi di trovarla piena di
vestiti da lavare e invece scopro che la sua
roba per la palestra profuma di pulito. Mrs
Jones pensa proprio a tutto. Getto il contenuto sul pavimento e infilo la borsa da
palestra nel borsone. Così dovrebbe andare.
Controllo di avere la patente, che mi servirà
quando in banca mi chiederanno un documento d’identità, e lancio un’occhiata all’orologio. Sono passati trentuno minuti da
quando Jack ha chiamato. Ora non mi resta
che uscire dall’Escala senza che Sawyer mi
veda.
Lentamente e silenziosamente mi avvio
verso l’atrio, consapevole della presenza
993/1287
della telecamera di sorveglianza puntata
sull’ascensore. Penso che Sawyer sia ancora
nell’ufficio di Taylor. Apro la porta dell’atrio,
cercando di fare meno rumore possibile. La
richiudo piano, e rimango sulla soglia, contro
la porta, fuori dalla portata della telecamera.
Estraggo il cellulare dalla borsetta e chiamo
Sawyer.
«Mrs Grey.»
«Sawyer, sono al piano di sopra, puoi
venire a darmi una mano?» Parlo a bassa
voce, perché so che si trova in fondo al corridoio, poco oltre la porta che ho appena
chiuso.
«Arrivo subito, signora» mi dice, ma sento
che è confuso. Prima d’ora non gli ho mai
telefonato per chiedergli una mano. Ho il
cuore in gola. Funzionerà? Riattacco e
ascolto i suoi passi che attraversano il corridoio e salgono le scale. Faccio un altro
respiro profondo per calmarmi, e per un attimo penso alla situazione paradossale in cui
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mi trovo: sto scappando da casa mia come
una delinquente.
Quando Sawyer arriva al pianerottolo,
corro verso l’ascensore e lo chiamo. La porta
si apre, con quel suono metallico troppo
forte che annuncia che l’ascensore è arrivato.
Mi precipito dentro e premo freneticamente
il pulsante del seminterrato, il piano del garage. Dopo una pausa angosciante, la porta
dell’ascensore inizia lentamente a chiudersi
e, nello stesso istante, sento le urla di
Sawyer.
«Mrs Grey!» Mentre la porta dell’ascensore si chiude, lo vedo precipitarsi nell’atrio. «Ana!» grida incredulo. Ma è troppo
tardi, e scompare dalla mia vista.
L’ascensore sprofonda lentamente verso il
seminterrato. Ho pochi minuti di vantaggio
su Sawyer, e so che cercherà di fermarmi.
Lancio un’occhiata di desiderio all’R8, mentre
corro verso la SAAB: apro la portiera, getto il
995/1287
borsone sul sedile del passeggero e mi infilo
al posto del guidatore.
Metto in moto, e le gomme stridono
mentre mi precipito verso l’entrata e attendo
undici terribili secondi prima che la sbarra si
alzi. Appena è alta a sufficienza esco, intercettando con lo sguardo nello specchietto
retrovisore Sawyer che sta uscendo di corsa
dall’ascensore di servizio in garage. La sua
espressione sconcertata mi perseguita
mentre arrivo in fondo alla rampa e svolto
sulla Fourth Avenue.
Lascio andare il respiro a lungo trattenuto.
So che Sawyer chiamerà Christian o Taylor,
ma a questo penserò al momento opportuno:
ora non ho tempo di riflettere. Continuo ad
agitarmi sul sedile, perché so, nel profondo
del cuore, che Sawyer probabilmente ha
perso il lavoro. “Non fermarti a pensare.”
Devo salvare Mia e prelevare cinque milioni
di dollari in banca. Do un’occhiata nello
specchietto retrovisore: mi aspetto già di
996/1287
vedere il SUV che sbuca a tutta velocità dal
garage, ma mentre mi allontano non c’è traccia di Sawyer.
La banca è elegante, moderna e sobria. Tutti
parlano sottovoce e ovunque ci sono pavimenti riecheggianti e vetri satinati verde
chiaro. Mi avvicino in fretta al banco
informazioni.
«Come posso aiutarla, signora?» La
giovane impiegata mi rivolge un sorriso ampio e ipocrita e per un attimo mi pento di essermi messa i jeans.
«Vorrei ritirare una somma di denaro un
po’ alta.»
Miss
Sorriso
Ipocrita
inarca
un
sopracciglio.
«Ha un conto qui da noi?» chiede con malcelato sarcasmo.
«Sì» rispondo, e passo all’attacco. «Mio
marito e io abbiamo diversi conti qui da voi.
Sono la moglie di Christian Grey.»
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Gli occhi della giovane si spalancano impercettibilmente e l’ipocrisia lascia il posto
alla sorpresa. Mi squadra dalla testa ai piedi,
con un misto di incredulità e timore
reverenziale.
«Mi segua, signora» sussurra e mi fa
strada verso un ufficio semivuoto con le
pareti dell’onnipresente vetro satinato.
«Prego, si accomodi.» Mi indica una sedia
di pelle nera vicino a una scrivania di vetro
che ospita un computer e un telefono di ultima generazione. «Quanto vuole prelevare
oggi, Mrs Grey?» mi chiede amabilmente.
«Cinque milioni di dollari» la guardo
dritta negli occhi, come se fossi abituata a
ritirare somme del genere.
Impallidisce. «Capisco. Vado a chiamare il
direttore. Ah, mi scusi se glielo chiedo: ha un
documento?»
«Sì. Ma vorrei parlare con il direttore.»
«Certo, Mrs Grey» ed esce precipitosamente. Mi accascio sulla sedia, in preda
998/1287
a un conato di vomito, mentre avverto la
sgradevole pressione della pistola contro la
parte bassa della schiena. “Non adesso. Non
posso avere la nausea proprio ora.” Faccio un
profondo respiro purificatore e il conato
cessa. Controllo nervosamente l’orologio.
Sono le due e venticinque.
Un uomo di mezza età entra nella stanza.
È stempiato e indossa un costoso ed elegante
completo color antracite e una cravatta in
tinta. Mi porge la mano.
«Mrs Grey. Sono Troy Whelan.» Sorride,
ci stringiamo la mano e si siede di fronte a
me alla scrivania.
«Mi è stato detto che vorrebbe prelevare
una somma ingente.»
«Sì. Cinque milioni di dollari.»
Si gira verso il computer e digita alcune
cifre.
«Normalmente, quando si tratta di somme
del genere, preferiamo avere un preavviso.»
Tace per un attimo e mi scocca un sorriso
999/1287
rassicurante ma altezzoso. «Per fortuna,
però, abbiamo una riserva di contanti sufficiente per l’intero Nordovest del Pacifico»
dice con orgoglio.
«Mr Whelan, vado di fretta. Che cosa devo
fare? Ho la patente, e il libretto degli assegni
del conto cointestato a me e a mio marito.
Posso semplicemente compilare l’assegno?»
«Una cosa alla volta, Mrs Grey. Posso
vedere il documento?» Da gioviale simpaticone si trasforma in banchiere serio.
«Eccolo.» Gli allungo la patente.
«Mrs Grey… Qui c’è scritto Anastasia
Steele.»
«Ah… sì. Be’…»
«Chiamo Mr Grey.»
«Oh, no. Non è necessario.» “Merda!”
«Devo avere qualcosa con il mio cognome da
sposata» rovisto nella borsetta. Che cos’ho
con il mio nome sopra? Prendo il portafoglio,
lo apro e trovo una fotografia mia e di Christian, sul letto della cabina della Fair Lady.
1000/1287
“Non posso fargliela vedere!” Tiro fuori la
mia American Express nera.
«Ecco.»
«Mrs Anastasia Grey» Whelan legge ad
alta voce. «Sì, dovrebbe andare bene.»
Aggrotta le sopracciglia. «Ma è un’operazione molto irregolare, Mrs Grey.»
«Vuole che dica a mio marito che la sua
banca si rifiuta di collaborare?» Raddrizzo le
spalle e lo squadro con lo sguardo più minaccioso possibile.
Tace, riesaminandomi per un attimo,
credo. «Dovrà compilare un assegno, Mrs
Grey.»
«Certo. Su questo conto?» Gli mostro il
libretto degli assegni, cercando di calmare il
cuore che mi martella nel petto.
«Va bene. Dovrei anche farle compilare alcuni moduli. Se vuole scusarmi un attimo…»
Annuisco, lui si alza ed esce in fretta. Lascio andare il respiro a lungo trattenuto. Non
avevo idea che potesse essere così difficile.
1001/1287
Impacciata, apro il libretto degli assegni e
tiro fuori una penna dalla borsa. Devo girare
l’assegno? Non lo so proprio. Con le dita che
mi tremano scrivo: CINQUE MILIONI DI DOLLARI.
$ 5.000.000.
“Oddio, spero di fare la cosa giusta. Mia,
pensa a Mia. Non posso dirlo a nessuno.”
Le parole agghiaccianti e ripugnanti di
Jack mi ossessionano. “Non dirlo a nessuno
o prima di ucciderla me la scopo.”
Mr Whelan ritorna, imbarazzato e pallido
in volto.
«Mrs Grey? Suo marito vuole parlarle»
mormora, indicando il telefono sulla
scrivania di vetro che ci separa.
“Che cosa? No.”
«È sulla linea uno. Prema il tasto. Io sono
qui fuori.» Ha la compiacenza di sembrare
imbarazzato. Che razza di traditore! Lo
guardo con aria torva, e mi sento impallidire,
mentre lui esce dall’ufficio strascicando i
piedi.
1002/1287
“E adesso che cosa dico a Christian?” Lui
saprà già tutto. Vorrà intervenire. Così mette
in pericolo sua sorella. Con la mano che
trema, afferro la cornetta, me la avvicino
all’orecchio, cercando di calmare il respiro
irregolare, e premo il tasto della linea uno.
«Ciao» mormoro, cercando senza successo
di tranquillizzarmi.
«Mi stai lasciando?» sussurra Christian
con voce straziata e appena percettibile.
“Cosa?”
«No!» gli rispondo. “Oh, no. No. No…
come può pensare una cosa del genere?” I
soldi? Pensa che lo stia lasciando perché
voglio i soldi? E, in un attimo di orrenda lucidità, capisco che l’unico modo per tenere
Christian a distanza, e al sicuro, e per salvare
sua sorella è… mentire.
«Sì» sussurro. Un dolore bruciante mi
trafigge e mi vengono le lacrime agli occhi.
Lui respira a fatica, quasi singhiozzando.
«Ana, io…» Le parole gli muoiono in gola.
1003/1287
«Christian, ti prego. Non dire nulla.» Ricaccio indietro le lacrime.
«Vuoi andartene?» mi dice.
«Sì.»
«Perché i soldi? Sei stata con me solo per i
soldi?» Il tormento rende la sua voce quasi
impercettibile.
“No!” Le lacrime mi rigano il volto. «No»
sussurro.
«Ti bastano cinque milioni?»
“Ti prego, smettila!”
«Sì.»
«E il bambino?» La sua voce strozzata
risuona nel vuoto.
Sposto la mano dal volto alla pancia. «Mi
prenderò cura di lui» mormoro. Il mio
Puntino… il nostro Puntino.
«È questo ciò che vuoi?»
“No!”
«Sì.»
Inspira bruscamente. «Prenditi tutto»
sibila.
1004/1287
«Christian» dico singhiozzando «lo faccio
per te. Per la tua famiglia. Per favore. Non
fare così.»
«Prenditi tutto, Anastasia.»
«Christian…» Sto quasi per cedere. Sto
quasi per raccontargli di Jack, di Mia, del
riscatto. “Credimi e basta!” lo prego in
silenzio.
«Ti amerò per sempre» dice con voce roca.
E riattacca.
«Christian! No… Ti amo anch’io.» E tutto
quel mare di cazzate in cui ci siamo infilati
negli ultimi giorni svanisce nel nulla. Avevo
promesso che non l’avrei mai lasciato. “Non
ti sto lasciando. Sto salvando tua sorella.” Mi
accascio di nuovo sulla sedia, piangendo a
dirotto con le mani sul viso.
Un timido colpetto alla porta mi interrompe. Whelan entra, anche se non gli ho
dato il permesso di farlo. Evita di incrociare
il mio sguardo, mortificato.
1005/1287
“L’hai chiamato tu, bastardo!” penso fissandolo torva.
«Suo marito ci ha dato il permesso di liquidare cinque milioni di dollari del suo patrimonio, Mrs Grey. È un’operazione altamente irregolare, ma è il nostro cliente più
importante. Ha insistito… molto.» Si interrompe e arrossisce. Poi mi guarda perplesso,
non so se è per via dell’operazione irregolare
di Christian o se è perché non sa come gestire una donna che piange nel suo ufficio.
«Sta bene?» chiede.
«Le sembra che io stia bene?» lo
aggredisco.
«Mi scusi, signora. Vuole un bicchiere
d’acqua?»
Annuisco, accigliata. Ho appena lasciato
mio marito…
«Glielo faccio portare, mentre le preparo i
soldi. Firmi qui, signora. Poi dovrebbe girare
l’assegno e firmare anche questo.»
1006/1287
Posa un modulo sulla scrivania. Scarabocchio la mia firma nell’apposito spazio dell’assegno, poi sul modulo. “Anastasia Grey.” Le
lacrime cadono sulla scrivania, mancando di
poco il foglio.
«Questi li prendo io, signora. Ci vorrà una
mezz’ora per preparare il denaro.»
Controllo rapidamente l’orologio. Jack ha
detto due ore, che scadranno esattamente fra
mezz’ora. Annuisco a Whelan che esce in
punta di piedi dall’ufficio, lasciandomi sola
con il mio dolore.
Dopo alcuni istanti, che potrebbero anche
essere ore, Miss Sorriso Ipocrita rientra con
una caraffa d’acqua e un bicchiere.
«Mrs Grey» mi avverte gentilmente,
mentre posa il bicchiere sulla scrivania e lo
riempie.
«Grazie.» Prendo il bicchiere e bevo,
riconoscente. Esce, lasciandomi sola con i
miei pensieri, confusa e spaventata. In qualche modo sistemerò le cose con Christian…
1007/1287
sempre che non sia troppo tardi. Almeno è
fuori dai giochi. Ora devo concentrarmi su
Mia. “E se Jack sta mentendo? E se non l’ha
rapita?” Dovrei chiamare la polizia.
“Non dirlo a nessuno o prima di ucciderla
me la scopo.” Non posso farlo. Mi appoggio
allo schienale della sedia, avvertendo la
rassicurante presenza della pistola di Leila.
Oh, Ray, sono così felice che tu mi abbia insegnato a sparare.
“Ray!” Lui si aspetterà che stasera io vada
a trovarlo. Forse posso semplicemente fare
uno scambio con Jack: gli mollo i soldi e lui
può darsela a gambe, mentre io riporto Mia a
casa…
Il mio BlackBerry dà segni di vita. Your
Love Is King risuona nella stanza. “Oh, no!”
Che cosa vuole Christian? Girare il coltello
nella piaga?
“Sei stata con me solo per i soldi?”
“Oh, Christian, come hai potuto pensare
una cosa del genere?” La rabbia mi
1008/1287
attanaglia le viscere. Dirotto la chiamata
sulla segreteria telefonica. Affronterò mio
marito più tardi.
Qualcuno bussa alla porta.
«Mrs Grey.» È Whelan. «I soldi sono
pronti.»
«Grazie.» Mi alzo e per un attimo mi gira
la testa. Mi aggrappo alla sedia.
«Mrs Grey, si sente bene?»
Annuisco e gli scocco un’occhiata come per
dirgli di lasciarmi in pace. Faccio un respiro
profondo per rilassarmi. “Devo farlo. Devo
farlo. Devo salvare Mia.” Abbasso l’orlo della
felpa, nascondendo il calcio della pistola.
Mr Whelan, perplesso, mi tiene aperta la
porta e io esco, con le gambe tremanti.
Sawyer attende nell’ingresso, sta tenendo
d’occhio l’entrata. I nostri sguardi s’incontrano e lui aggrotta le sopracciglia per valutare la mia reazione. Oh, è furioso. Faccio un
cenno con l’indice, come per dirgli che sarò
da lui fra un attimo. Annuisce e risponde al
1009/1287
cellulare. “Merda! Scommetto che è Christian.” Mi giro bruscamente, andando quasi a
sbattere contro Whelan che è subito dietro di
me, e mi rifugio in un piccolo ufficio.
«Mrs Grey?» Whelan sembra confuso
mentre mi segue dentro.
Sawyer potrebbe far saltare tutto. Guardo
fisso Whelan.
«Fuori c’è un tipo che non mi piace: mi sta
seguendo.»
Whelan spalanca gli occhi.
«Vuole che chiami la polizia?»
«No!» Dio santo, no. Che cosa faccio? Do
un’occhiata all’orologio. Sono quasi le tre e
un quarto. Jack potrebbe chiamare da un
momento all’altro. “Pensa, Ana, pensa!”
Whelan mi fissa, con disperazione e perplessità crescenti. Certamente pensa che sono
pazza.
«Devo fare una telefonata. Può cortesemente lasciarmi da sola per un attimo?»
1010/1287
«Certo» risponde Whelan, e credo sia sollevato di poter lasciare l’ufficio. Faccio il numero di Mia, tremando.
«Guai a te se non hai i miei soldi»
risponde Jack sprezzante.
Non ho tempo per queste cazzate. «Ho un
problema.»
«Lo so. Il tipo della sicurezza ti ha seguita
fino in banca.»
“Cosa?” Come cavolo fa a saperlo?
«Dovrai seminarlo. Ho un’auto che aspetta
sul retro della banca. È un SUV nero, un
Dodge. Hai tre minuti per raggiungerlo.»
“Il Dodge!”
«Potrebbero volerci più di tre minuti.» Il
cuore mi balza in gola.
«Sei intelligente per essere una puttana
succhiasoldi. Trova il modo. E butta via il
telefono quando hai raggiunto l’auto. Ci
siamo capiti, stronza?»
«Sì.»
«Dillo» sbotta.
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«Ho capito.»
Riattacca.
“Merda!” Apro la porta e trovo Whelan in
paziente attesa.
«Mr Whelan, ho bisogno di una mano per
portare le borse in macchina. È parcheggiata
qui fuori, sul retro. C’è un’uscita sul retro?»
Aggrotta le sopracciglia.
«Sì, c’è. Per il personale.»
«Possiamo uscire di lì? Così riesco a
evitare le attenzioni non richieste all’uscita
principale.»
«Come desidera, Mrs Grey. Le mando due
impiegati ad aiutarla con le borse e due
guardie per controllare. Se vuole seguirmi…»
«Ho un altro favore da chiederle.»
«Dica pure, Mrs Grey.»
Due minuti dopo i miei accompagnatori e io
siamo in strada, diretti verso il Dodge. Ha i
vetri oscurati e non riesco a distinguere chi ci
sia alla guida. Ma, mentre ci avviciniamo, la
portiera sul lato del conducente si apre, e
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una donna vestita di nero con un cappello
nero che le copre il volto scende con una
mossa elegante dall’auto. “Elizabeth, quella
dell’ufficio! Ma che cavolo…?” Si sposta verso
il retro del SUV e apre il bagagliaio. I due
giovani impiegati che trasportano i soldi gettano dentro le pesanti borse.
«Mrs Grey.» Ha la faccia tosta di sorridere, come se fossimo in una gita tra
amiche.
«Elizabeth.» Le rivolgo un saluto glaciale.
«Che piacere vederti fuori dall’orario di
lavoro.»
Whelan si schiarisce la gola.
«Be’, è stato un pomeriggio interessante,
Mrs Grey» mi dice. Sono costretta a seguire i
convenevoli di rito: gli stringo la mano e lo
ringrazio, mentre la mia mente lavora a
ritmo vorticoso. “Elizabeth?” Che cosa ci fa
con Jack? Whelan e i suoi scompaiono nella
banca, lasciandomi da sola con il direttore
delle risorse umane della SIP, coinvolta in un
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rapimento a scopo di estorsione e, molto
probabilmente, anche in altri reati. Perché?
Elizabeth apre la portiera posteriore e mi
fa entrare.
«Il telefono, Mrs Grey?» mi chiede, guardandomi sospettosa. Glielo consegno e lei lo
getta in un bidone dell’immondizia lì vicino.
«Così metteremo fuori strada quei cani»
dice compiaciuta.
Chi è davvero questa donna? Chiude con
forza la mia portiera e sale sul sedile del conducente. Mentre si immette nel traffico,
diretta a est, lancio un’occhiata ansiosa dal
lunotto. Nessuna traccia di Sawyer.
«Elizabeth, hai i soldi. Chiama Jack. Digli
di lasciar andare Mia.»
«Credo che lui voglia ringraziarti
personalmente.»
La fisso impietrita nello specchietto
retrovisore.
«Perché lo stai facendo, Elizabeth?
Pensavo che Jack non ti piacesse.»
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Mi lancia una rapida occhiata nello specchietto e il dolore le vena per un attimo lo
sguardo.
«Ana, andremo d’accordo se terrai la
bocca chiusa.»
«Ma non puoi fare questo. Stai
sbagliando.»
«Sta’ zitta» dice, ma intuisco che è a
disagio.
«Ti tiene in pugno in qualche modo?» le
chiedo. Mi lancia un’occhiataccia e preme
forte il freno, scagliandomi in avanti così
forte che sbatto la faccia contro il poggiatesta
del sedile anteriore.
«Ti ho detto di stare zitta» ringhia. «E ti
consiglio di metterti la cintura.»
In quell’istante capisco che Jack la ricatta,
qualcosa di così atroce che adesso lei è
pronta a fare questo per lui. Furto
all’azienda? Qualcosa che ha a che fare con la
sua vita privata o con il sesso? Christian ha
detto che nessuna delle assistenti personali
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di Jack voleva parlare. Forse tutte avrebbero
la stessa storia da raccontare. “Ecco perché
voleva scopare anche me.” Il solo pensiero
mi ripugna.
Elizabeth si allontana dal centro di Seattle
e si dirige verso le colline a est. Dopo un po’
attraversiamo i quartieri residenziali. Intravedo uno dei cartelli stradali: SOUTH IRVING
STREET. L’auto svolta improvvisamente a sinistra in una strada deserta con un parco giochi abbandonato su un lato e, sull’altro, un
ampio parcheggio asfaltato costeggiato da
una serie di edifici di mattoni vuoti. Elizabeth si infila nel parcheggio e si ferma davanti all’ultimo degli edifici.
Si gira verso di me. «Inizio dello
spettacolo» mormora.
La testa mi formicola per la paura e l’adrenalina mi scorre nelle vene.
«Non devi farlo per forza» le rispondo.
Stringe la bocca in una linea dura e scende
dall’auto.
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Dico una veloce preghiera per Mia. “Fa’
che stia bene, ti prego, fa’ che stia bene.”
«Scendi» mi ordina Elizabeth, aprendo
con violenza la mia portiera.
Mentre scendo a fatica, le gambe mi tremano così tanto che mi chiedo se riuscirò a
reggermi in piedi. Il vento fresco del pomeriggio porta il profumo dell’autunno imminente e l’odore di gesso e di polvere degli
edifici abbandonati.
«Bene, guarda un po’ chi abbiamo qui.»
Jack esce da una porticina chiusa con delle
assi sul lato sinistro dell’edificio. Ha i capelli
corti. Non porta gli orecchini e indossa un
completo. “Un completo?” Mi si avvicina con
passo tranquillo, trasudando arroganza e
odio.
«Dov’è Mia?» balbetto, con la bocca così
secca che riesco a malapena a parlare.
«Una cosa alla volta, troia» sogghigna
Jack, fermandosi davanti a me. Riesco a percepire il suo disprezzo. «I soldi?»
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Elizabeth sta controllando le borse nel bagagliaio. «Qui c’è una quantità di soldi
pazzesca» dice ammirata, mentre apre e
richiude le borse.
«Il suo cellulare?»
«L’ho buttato nella spazzatura.»
«Bene» ringhia Jack e, di punto in bianco,
mi dà uno schiaffo, un pesante manrovescio
sulla faccia. Il colpo, violento e inaspettato,
mi getta a terra. Sbatto la testa contro il cemento producendo un tonfo sordo e sgradevole. Sento un dolore terribile, gli occhi mi si
riempiono di lacrime e la vista mi si offusca,
mentre il forte impatto mi riverbera nel
cranio.
Lancio un grido silenzioso di sofferenza e
di terrore. Oh, no… “Puntino!” Jack continua
con un calcio veloce e crudele nelle costole,
talmente forte che mi fa uscire tutta l’aria dai
polmoni. Chiudo gli occhi e cerco di combattere la nausea e il dolore e di inalare una
1018/1287
boccata d’aria. “Puntino, Puntino, piccolo
mio!”
«Questo è per la SIP, troia» urla Jack.
Mi rannicchio, mettendomi in posizione
per parare il colpo successivo. “No, no, no.”
«Jack!» strilla Elizabeth. «Non qui. Non in
pieno giorno, cazzo!»
Si ferma.
«Questa troia se lo merita!» risponde maligno a Elizabeth. E mi concede un prezioso
istante per girarmi appena ed estrarre la pistola dalla cintura dei jeans. Tremante, la
punto verso di lui, premo il grilletto e faccio
fuoco. Il proiettile lo colpisce proprio sopra il
ginocchio e lui cade davanti a me, urlando
per il dolore e stringendosi la coscia tra le
dita, che si macchiano di sangue.
«Vaffanculo» urla in preda alla rabbia. Mi
giro verso Elizabeth: mi sta fissando terrorizzata e con le mani in alto sulla testa. Mi
si offusca la vista… tutto diventa nero. L’oscurità la lambisce. Lambisce anche me. Si
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scatena l’inferno. Rumore di sgommate,
freni, portiere, grida, gente che corre, passi.
Lascio andare la pistola.
«Ana!» La voce di Christian… La voce
straziata di Christian… Mia… “Salva Mia.”
«Ana!»
Buio… e pace.
23
C’è solo dolore. La testa, il petto… dolore lancinante. Il fianco, il braccio. Dolore. Dolore e
voci sussurrate nel buio. “Dove sono?” Provo
ad aprire gli occhi, ma non ci riesco. Le parole sussurrate diventano più chiare… un
faro nell’oscurità.
«Ha delle contusioni alle costole, Mr Grey,
e una frattura alla testa in corrispondenza
dell’attaccatura dei capelli. I parametri vitali,
però, sono buoni e stabili.»
«Perché è ancora svenuta?»
«Mrs Grey ha subito un forte trauma cranico. Ma la sua attività cerebrale è normale e
non ci sono edemi. Riprenderà i sensi
quando sarà il momento, bisogna darle
tempo.»
«E il bambino?» chiede angosciato, senza
fiato.
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«Il bambino sta bene, Mr Grey.»
«Oh, grazie a Dio.» Le parole sono una litania… una preghiera. “Oh, grazie a Dio.”
“Oddio.” È preoccupato per il bambino… il
bambino? “Puntino.” Ma certo. Il mio
Puntino. Cerco invano di portare la mano
sulla pancia. Nulla si muove, nulla reagisce.
“E il bambino?… Oh, grazie a Dio.”
Puntino sta bene.
“E il bambino?… Oh, grazie a Dio.”
Gli importa del bambino.
“E il bambino?… Oh, grazie a Dio.”
Vuole il bambino. Oh, grazie a Dio. Mi rilasso e l’incoscienza mi reclama di nuovo,
sottraendomi al dolore.
È tutto pesante e dolorante: gli arti, la testa,
le palpebre, non riesco a muovere nulla. Occhi e bocca sono risolutamente chiusi, impossibili da aprire, e mi lasciano cieca, muta
e in balia del dolore. Mentre riemergo dalla
nebbia, il ritorno alla coscienza si libra sopra
1022/1287
di me, come una seducente sirena che non riesco a raggiungere. I suoni diventano voci.
«Non la lascio.»
“Christian!” È qui. Cerco di svegliarmi. La
sua voce è tesa, un sospiro straziato.
«Christian, dovresti dormire un po’.»
«No, papà. Voglio esserci quando si
sveglierà.»
«Starò io accanto a lei. È il minimo che
possa fare dopo che ha salvato mia figlia.»
«Come sta Mia?»
«È stordita… spaventata e arrabbiata. Ci
vorrà qualche ora prima che gli effetti del
sedativo svaniscano del tutto.»
«Maledizione.»
«Lo so. Mi sento un idiota per aver allentato un po’ la sicurezza su di lei. Tu mi
avevi avvertito, ma Mia è così testarda. Se
non fosse stato per la nostra Ana…»
«Eravamo tutti convinti che Hyde fosse
ormai fuori gioco. E quella stupida pazza di
1023/1287
mia moglie… Perché non me l’ha detto?» La
voce di Christian è piena di angoscia.
«Christian, cerca di calmarti. Ana è una
ragazza davvero notevole. È stata incredibilmente coraggiosa.»
«Coraggiosa, ostinata e stupida» dice, con
la voce rotta.
«Ehi» mormora Carrick. «Non essere così
duro con lei, e neanche con te stesso,
figliolo… È meglio che io torni da tua madre.
Sono le tre del mattino, Christian. Dovresti
davvero cercare di dormire un po’.»
La nebbia scende di nuovo su di me.
La nebbia si è rialzata, ma non ho alcuna
percezione del tempo.
«Se non la sculacci tu, lo faccio io, poco ma
sicuro. Ma che diavolo le è saltato in
mente?»
«Credimi, Ray, potrei farlo davvero.»
“Papà! È qui. Cerco di combattere contro
la nebbia… lotto…” Ma ricado di nuovo nella
spirale dell’oblio. “No…”
1024/1287
«Detective, come può vedere lei stesso, mia
moglie non è in grado di rispondere alle sue
domande.»
«È una giovane donna ostinata, Mr Grey.»
«Vorrei che l’avesse ammazzato, quel
bastardo.»
«Questo avrebbe significato altre carte da
riempire per me, Mr Grey… Miss Morgan ha
cantato come un canarino. Hyde è un vero
figlio di puttana pervertito. Ha un forte risentimento nei confronti di suo padre e di
lei…»
La nebbia mi avvolge ancora e mi trascina
giù… “No!”
«Cosa vuol dire che non vi parlavate?» È
Grace. Sembra arrabbiata. Cerco di muovere
la testa, ma mi scontro con un ostinato, indifferente silenzio da parte del mio corpo.
«Che cos’hai combinato?»
«Mamma…»
«Christian! Che cos’hai combinato?»
1025/1287
«Ero così arrabbiato.» Sembra quasi un
singhiozzo… No.
«Ehi…»
Il mondo intorno a me si allontana e sprofonda, e sono di nuovo nel buio.
Riesco a udire voci attutite e confuse.
«Mi avevi detto che con lei avevi rotto i
ponti.» È Grace a parlare. La voce è calma,
ma il tono è di rimprovero.
«Lo so.» Christian sembra rassegnato.
«Ma averla rivista ha messo tutto nella
giusta prospettiva per me. Capisci, vero? La
storia del bambino… Per la prima volta ho
sentito… Quello che avevamo fatto… era
sbagliato.»
«Quello che ha fatto lei, tesoro… I figli fanno proprio questo effetto. Ti fanno guardare
il mondo sotto una luce diversa.»
«Comunque, lei finalmente ha capito il
messaggio… e anch’io… Ho ferito Ana»
sospira.
1026/1287
«Finiamo sempre con il ferire le persone
che amiamo, caro. Devi dirle che ti dispiace.
Con sincerità. E lasciarle il tempo che le
serve.»
«Ha detto che mi stava lasciando.»
«E tu le hai creduto?»
«All’inizio sì.»
«Tesoro, tu credi sempre le cose peggiori
per chiunque, incluso te stesso. Sei sempre
stato così. Ana ti ama moltissimo, ed è evidente che anche tu la ami.»
«Era furiosa con me.»
«Oh, ne sono certa. Anch’io sono furiosa
con te, in questo momento. Penso che possiamo infuriarci davvero solo con le persone
che amiamo.»
«Ci ho pensato a lungo, lei mi ha dimostrato più e più volte quanto mi ama…
fino al punto di mettere in pericolo la propria
vita.»
«Sì, è così, tesoro.»
1027/1287
«Oh, mamma, perché non si sveglia?» La
sua voce si incrina. «Per poco non la
perdevo.»
“Christian!” Sento dei singhiozzi attutiti.
No…
“Oh…” Il buio si richiude sopra di me.
“No…”
«Ci sono voluti ventiquattro anni perché tu
mi permettessi di starti così vicina.»
«Lo so, mamma, sono contento che abbiamo parlato.»
«Anch’io, tesoro. Io ci sono sempre. Non
riesco ancora a credere che sto per diventare
nonna.»
“Nonna!”
Il dolce oblio mi attira a sé.
Mmh. Sta sfregando la barba ispida sul dorso
della mia mano e intanto mi stringe le dita.
«Oh, piccola, ti prego, torna da me. Mi dispiace. Scusami, per tutto. Ma, per favore,
1028/1287
svegliati, apri gli occhi. Mi manchi. Ti
amo…»
“Ci sto provando. Voglio vederlo.” Ma il
mio corpo mi disobbedisce, e cado addormentata ancora una volta.
Ho un urgente bisogno di fare la pipì. Apro
gli occhi. Sono nell’ambiente sterile e pulito
di una stanza di ospedale. È buio, tranne che
per la luce di cortesia, e silenzioso. Mi fanno
male la testa e il petto, ma soprattutto ho la
vescica che scoppia. Il braccio destro brucia,
e vedo l’ago della flebo infilato all’altezza del
gomito. Chiudo subito gli occhi. Giro la testa,
notando con piacere che risponde ai miei
comandi, e riapro gli occhi. Christian sta
dormendo, seduto accanto a me, con la testa
appoggiata sulle braccia incrociate sopra il
letto. Allungo la mano, contenta che il mio
corpo risponda, e gli passo le dita sui capelli
morbidi.
1029/1287
Si sveglia con un sussulto e alza la testa
talmente di scatto che la mia mano ricade
debolmente sul letto.
«Ciao» dico con voce roca.
«Oh, Ana» mi risponde con voce strozzata,
ma allo stesso tempo sollevata. Mi prende la
mano e la stringe piano, poi se l’appoggia
alla guancia ispida.
«Devo andare in bagno» sussurro.
Mi fissa e per un attimo si acciglia.
«Okay.»
Mi sforzo di tirarmi su a sedere.
«Ana, stai giù. Chiamo un’infermiera.» Si
alza in piedi con l’aria un po’ allarmata e afferra il cicalino di fianco al letto.
«Ti prego» sospiro. “Ma perché mi fa male
dappertutto?” «Devo alzarmi.» “Accidenti,
mi sento debolissima.”
«Vuoi darmi retta una buona volta?»
sbotta, esasperato.
1030/1287
«Ho davvero bisogno di fare la pipì» gli
dico, con una vocina stridula. Ho la gola e la
bocca completamente secche.
Entra un’infermiera. Avrà una cinquantina
d’anni, anche se i capelli sono corvini. Porta
enormi orecchini di perle.
«Bentornata, Mrs Grey. Informerò la dottoressa Bartley che si è svegliata.» Si avvicina
al letto. «Mi chiamo Nora. Sa dove si trova?»
«Sì, all’ospedale. Devo fare la pipì.»
«Le hanno messo un catetere.»
“Che cosa? Oh, che schifo!” Lancio un’occhiata ansiosa a Christian e poi mi rivolgo di
nuovo all’infermiera.
«Per favore, vorrei alzarmi.»
«Mrs Grey…»
«La prego.»
«Ana» mi dice Christian, con tono di rimprovero. Faccio un altro tentativo per mettermi seduta.
«Lasci che le tolga il catetere. Mr Grey,
sono certa che Mrs Grey desidera un po’ di
1031/1287
privacy.» L’infermiera guarda Christian con
decisione per farlo allontanare.
«Non vado da nessuna parte.» La fissa
torvo.
«Christian, per favore» sospiro mentre gli
prendo la mano e gliela stringo. Mi
restituisce una stretta rapida, poi mi lancia
un’occhiata esasperata. «Per favore» lo
imploro.
«D’accordo» dice in tono brusco e si passa
una mano nei capelli. «Le concedo due
minuti» sibila all’infermiera, poi si china a
baciarmi la fronte prima di voltarsi e uscire.
Christian irrompe nella camera due minuti
dopo, mentre l’infermiera Nora mi sta
aiutando a scendere dal letto. Indosso un
leggero camice da ospedale, non mi ricordo
di essere stata svestita.
«Lasci che la accompagni io» dice
avvicinandosi.
«Mr Grey, ce la faccio da sola» lo redarguisce Nora.
1032/1287
Lui
le
lancia
un’occhiataccia.
«Maledizione, è mia moglie. L’accompagno
io» dice a denti stretti, mentre si fa largo
spostando l’asta della flebo.
«Mr Grey!» protesta lei.
Lui la ignora e si china, sollevandomi delicatamente dal letto. Gli metto le braccia intorno al collo, il corpo dolorante. Mi porta
nel bagno della stanza, con l’infermiera che
ci segue, spingendo l’asta della flebo.
«Mrs Grey, sei troppo magra» borbotta
con disapprovazione mentre mi mette delicatamente in piedi. Barcollo, mi sento le
gambe molli. Christian preme l’interruttore
della luce e, per un attimo, sono accecata dal
neon che si accende tremolando e ronzando.
«Siediti, così non cadi» mi dice bruscamente, continuando a sostenermi.
Mi siedo sul water con un po’ di incertezza.
«Vai.» Gli faccio segno di uscire.
«No. Fa’ la pipì, Ana.»
1033/1287
Che situazione imbarazzante. «Non ci riesco, se stai qui.»
«Rischi di cadere.»
«Mr Grey!»
Entrambi ignoriamo l’infermiera.
«Ti prego» lo imploro.
Alza le mani in segno di resa. «Rimango
qui fuori, con la porta aperta.» Fa un paio di
passi indietro fino a ritrovarsi proprio dietro
la porta, insieme all’infermiera arrabbiata.
«Per favore, girati» gli chiedo. Lui alza gli
occhi al cielo, ma obbedisce. E appena mi
volta le spalle… comincio a fare la pipì, assaporando la sensazione di sollievo.
Faccio l’inventario delle ferite. Ho mal di
testa e un dolore al petto, dove Jack mi ha
presa a calci, e il fianco pulsa nel punto in cui
ho sbattuto per terra. Inoltre ho sete e fame.
“Gesù, altro che fame.” Quando ho finito,
ringrazio di non dovermi alzare per lavarmi
le mani, visto che il lavandino è molto vicino.
Non mi reggo in piedi.
1034/1287
«Ho fatto» dico a Christian, mentre mi asciugo le mani.
Lui si gira, entra nel bagno e, prima che
me ne renda conto, sono di nuovo tra le sue
braccia. Mi sono mancate tanto le sue braccia. Lui si ferma e affonda il naso tra i miei
capelli.
«Oh, quanto mi sei mancata, Mrs Grey»
sussurra, e con l’infermiera sempre alle calcagna mi mette sul letto e, un po’ riluttante,
mi lascia andare.
«Se ha finito, Mr Grey, vorrei dare un’occhiata a Mrs Grey.» L’infermiera Nora è
furibonda.
Christian fa un passo indietro.
«È tutta sua» dice, in tono più tranquillo.
L’infermiera sbuffa e poi si concentra su di
me.
«Come si sente?» mi chiede, comprensiva
ma irritata verso Christian.
«Dolorante e assetata. Molto assetata»
sussurro.
1035/1287
«Le porterò un po’ d’acqua, dopo aver controllato i suoi parametri e dopo che la dottoressa Bartley l’avrà visitata.»
Prende un manicotto per misurare la pressione. Lancio un’occhiata preoccupata a
Christian. Ha un aspetto tremendo, sembra
quasi spiritato, come se non dormisse da
giorni. Ha i capelli in uno stato pietoso, la
barba lunga e la camicia stropicciata. Lo
guardo accigliata.
«Come ti senti?» Ignorando completamente l’infermiera, si siede sul letto, fuori
dalla mia portata.
«Confusa. Dolorante. Affamata.»
«Affamata?» Sbatte le palpebre, sorpreso.
Annuisco.
«Che cosa vorresti mangiare?»
«Qualunque cosa. Del brodo.»
«Mr Grey, c’è bisogno del permesso della
dottoressa prima che Mrs Grey possa mangiare qualcosa.»
1036/1287
Lui la fissa con aria impassibile per un
istante, poi tira fuori il BlackBerry dalla tasca
dei pantaloni e compone un numero.
«Ana vuole del brodo di pollo… Bene…
Grazie.» Poi mette giù.
Sbircio Nora, che sta guardando malissimo
Christian.
«Era Taylor?» gli chiedo.
Christian annuisce.
«La pressione è a posto, Mrs Grey. Vado a
cercare la dottoressa.» Toglie il manicotto ed
esce con passo deciso dalla stanza,
trasudando irritazione da tutti i pori.
«Credo che tu abbia fatto infuriare
l’infermiera.»
«Faccio quest’effetto, alle donne» mi
risponde.
Scoppio a ridere, ma smetto di colpo appena il dolore si irradia nel petto.
«Sì, è così.»
«Oh, Ana, sono felice di sentirti ridere.»
1037/1287
Nora ritorna con una caraffa d’acqua.
Christian e io ci zittiamo e ci guardiamo in
faccia mentre lei riempie un bicchiere e me
lo porge.
«Beva a piccoli sorsi.»
«Sì, signora» mormoro e mando giù un po’
d’acqua fresca. “Ah, sì.” È buonissima. Ne
bevo un altro sorso, mentre Christian mi
guarda assorto.
«E Mia?» gli domando.
«È al sicuro. Grazie a te.»
«L’avevano rapita?»
«Sì.»
Ho avuto ragione a fare quella pazzia. Il
sollievo invade ogni fibra del mio corpo.
“Grazie a Dio, grazie a Dio, grazie a Dio, sta
bene.” Aggrotto le sopracciglia.
«Come hanno fatto a rapirla?»
«Elizabeth Morgan» risponde Christian.
«No!»
Annuisce. «L’ha prelevata fuori dalla
palestra.»
1038/1287
Mi acciglio, ancora non capisco.
«I dettagli te li racconto un’altra volta. Mia
sta bene, tutto sommato. L’hanno drogata.
Adesso è un po’ intontita e scossa, ma miracolosamente incolume.» Christian serra la
mascella. «Quello che hai fatto è stato incredibilmente coraggioso e incredibilmente
stupido. Avresti potuto farti ammazzare.»
Nei suoi occhi brilla una debole fiamma grigia, e capisco che sta trattenendo la rabbia.
«Non sapevo cos’altro fare» gli dico con un
filo di voce.
«Avresti dovuto dirmelo!» replica lui con
foga, stringendo i pugni.
«Lui mi ha detto che l’avrebbe ammazzata,
se ne avessi parlato con qualcuno. Non potevo correre il rischio.»
Christian chiude gli occhi, con il terrore
dipinto sul volto.
«Sono morto mille volte da giovedì a
oggi.»
«Ma che giorno è oggi?»
1039/1287
«È quasi sabato» mi risponde, guardando
l’orologio. «Sei stata priva di sensi per più di
ventiquattr’ore.»
«E Jack e Elizabeth?»
«Li hanno arrestati. Anche se Jack in realtà è qui, piantonato. Hanno dovuto estrargli la pallottola che gli hai ficcato in corpo»
dice Christian in tono amaro. «Non so in
quale reparto sia, per fortuna, altrimenti
probabilmente sarei già andato ad ammazzarlo.» Il suo viso si incupisce.
“No… Jack è qui?”
“Questo è per la SIP, troia.” Impallidisco.
Lo stomaco mi si contrae, ho le lacrime agli
occhi e sono percorsa da un profondo
brivido.
«Ehi.» Christian si precipita verso di me,
preoccupatissimo. Mi toglie il bicchiere di
mano e mi stringe dolcemente tra le braccia.
«Sei al sicuro, adesso» mormora rauco, con
la bocca sui miei capelli.
1040/1287
«Christian, mi dispiace davvero.» Iniziano
a scendermi le lacrime.
«Ssh.» Mi accarezza i capelli, e io comincio
a piangere con il viso affondato nel suo collo.
«Se penso a quello che ti ho detto. Non ho
mai avuto l’intenzione di lasciarti.»
«Ssh, piccola, lo so.»
«Davvero?» Smetto di piangere.
«L’ho capito. Alla fine l’ho capito. Onestamente, Ana, che cosa pensavi?» Il tono della
sua voce è affaticato.
«Mi hai colto di sorpresa» mormoro contro la sua camicia «quando ero in banca e abbiamo parlato. Quando credevi che ti avrei
lasciato. Io pensavo che mi conoscessi
meglio. Te l’ho detto e ridetto che non ti
avrei mai lasciato.»
«Ma dopo il mio comportamento inqualificabile…» Sussurra a voce bassissima, e le
sue braccia si stringono intorno a me. «Per
un momento ho pensato di averti persa.»
1041/1287
«No, Christian, non accadrà mai. Non
volevo che tu interferissi e mettessi in pericolo la vita di Mia.»
Sospira, e non so se sia per la rabbia, l’esasperazione o il dolore.
«Come hai fatto a capirlo?» gli domando
in fretta, per distrarlo dal corso dei suoi
pensieri.
Mi sistema i capelli dietro l’orecchio. «Ero
appena atterrato a Seattle quando mi ha
chiamato la banca. Le ultime notizie che
avevo erano che stavi male ed eri diretta a
casa.»
«Quindi eri a Portland quando Sawyer ti
ha chiamato dall’auto?»
«Stavamo per decollare. Ero preoccupato
per te.»
«Davvero?»
«Certo che lo ero.» Passa il pollice sul mio
labbro inferiore. «Trascorro la vita a preoccuparmi per te. Ormai lo sai.»
“Oh, Christian!”
1042/1287
«Jack mi ha telefonato in ufficio» gli racconto a voce bassa. «Mi ha dato due ore di
tempo per procurarmi i soldi.» Alzo le spalle.
«Dovevo andare via subito, e mi è sembrata
la scusa migliore.»
La bocca di Christian diventa una linea
dura. «E hai seminato Sawyer. Anche lui è
furibondo con te.»
«Anche lui?»
«Sì, come me.»
Gli tocco la faccia esitando un po’, facendo
correre le dita sulla barba ispida.
«Non essere arrabbiato con me, ti prego»
gli sussurro.
«Sono furioso con te. Quello che hai fatto è
stato di una stupidità colossale. Ai limiti
della follia.»
«Te l’ho già detto, non sapevo che altro
fare.»
«Sembra che tu non abbia alcun riguardo
per la tua sicurezza. E adesso non sei più
sola» aggiunge, con rabbia.
1043/1287
Mi trema il labbro. Sta pensando al nostro
Puntino.
La porta si apre, cogliendoci di sorpresa,
ed entra una giovane afroamericana con una
giacca bianca sopra un camice grigio.
«Buonasera, Mrs Grey. Sono la dottoressa
Bartley.»
Comincia a visitarmi a fondo. Prima mi
punta una luce negli occhi, poi mi fa toccare
le sue dita, e poi il mio naso chiudendo
prima uno e poi l’altro occhio, e mi controlla
i riflessi. La sua voce è dolce e il suo tocco
delicato, ha un modo di fare rassicurante,
caldo. Arriva anche l’infermiera Nora, e
Christian si sposta in un angolo della camera
a fare qualche telefonata mentre le due
donne si occupano di me. È difficile concentrarsi sulla dottoressa Bartley, sull’infermiera Nora e su Christian nello stesso momento, ma lo sento chiamare suo padre, mia
madre e Kate per avvisarli che mi sono
1044/1287
svegliata. Infine, lascia un messaggio sulla
segreteria di Ray.
“Ray. Oh, no…” Mi torna in mente un ricordo vago della sua voce. Era qui quando
ero priva di conoscenza.
La dottoressa Bartley mi controlla le
costole, preme dolcemente ma con fermezza
con le dita. «Sono contuse, ma non sono
rotte né incrinate. È stata molto fortunata,
Mrs Grey.»
“Fortunata?” Non è il termine che avrei
scelto. Anche Christian la guarda un po’
male. Mima una parola con le labbra. Credo
che sia “temeraria”, ma non ne sono sicura.
«Le prescrivo qualche analgesico per il
dolore alle costole e per il mal di testa che
dovrebbe esserle già venuto. Sta andando
tutto bene, Mrs Grey. Le consiglio di
dormire. A seconda di come si sentirà domattina, potremmo già mandarla a casa.
Sarà la mia collega, la dottoressa Singh, a
seguirla.»
1045/1287
«Grazie.»
Bussano alla porta: entra Taylor, portando
una scatola di cartone nero con la scritta
FAIRMONT OLYMPIC su un lato.
“Accidenti.”
«Cibo?» chiede la dottoressa Bartley,
sorpresa.
«Mrs Grey ha fame» risponde Christian.
«Qui c’è del brodo di pollo.»
La dottoressa sorride. «Il brodo va bene,
ma mi raccomando, solo quello, niente di
pesante.» Ci fissa per un momento e poi esce
con l’infermiera Nora.
Christian sposta il tavolino con le ruote vicino a me e Taylor ci appoggia la scatola.
«Bentornata, Mrs Grey.»
«Salve, Taylor, grazie mille.»
«Prego, signora.» Credo che voglia aggiungere qualcosa, ma si trattiene.
Christian sta aprendo la confezione e tira
fuori un thermos, una scodella, un piattino,
un tovagliolo di lino, un cucchiaio, un cestino
1046/1287
pieno di panini, una saliera d’argento e un
macinapepe… Taylor ha svaligiato l’Olympic!
«Taylor, è fantastico.» Il mio stomaco sta
brontolando, muoio di fame.
«Va tutto bene?» mi chiede.
«Sì, grazie» gli risponde Christian,
congedandolo.
Taylor fa un cenno con la testa.
«Grazie, Taylor.»
«Posso fare qualcos’altro per lei, Mrs
Grey?»
Do un’occhiata a Christian. «Magari dei
vestiti puliti per mio marito.»
Taylor sorride. «Sì, signora.»
Christian abbassa lo sguardo sulla sua
camicia.
«Da quanto tempo hai addosso quella
camicia?» gli chiedo.
«Da giovedì mattina.» Mi fa un sorriso
sbilenco.
Taylor esce.
1047/1287
«Anche Taylor ce l’ha abbastanza con te»
aggiunge Christian, in tono scontroso. Svita
il coperchio del thermos e versa il brodo
nella scodella.
“Anche Taylor!” Ma non ci rimugino
troppo sopra, distratta dal brodo. Ha un profumo delizioso e dalla superficie si alzano
piccole volute di vapore molto invitanti. Ne
assaggio un po’ e sembra all’altezza delle
aspettative.
«È buono?» mi chiede Christian, che si è
seduto sul letto.
Annuisco con entusiasmo e comincio a
mangiare con voracità. Mi fermo solo per pulirmi la bocca con il tovagliolo.
«Dimmi che cosa è successo… dopo che
hai capito che cosa stava accadendo.»
Christian si passa una mano tra i capelli e
scuote la testa.
«Oh, Ana, è bello vederti mangiare.»
«Ho fame. Su, racconta.»
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Si rabbuia. «Be’, dopo la telefonata della
banca ho pensato che tutto il mio mondo
fosse crollato…» Non riesce a nascondere il
dolore nella voce.
Smetto di mangiare. “Oh, no.”
«Non fermarti, se no io smetto di raccontare» mi sussurra severo. Io riprendo a
sorseggiare il brodo. “Okay… Okay… Accidenti, è davvero buono.” Lo sguardo di
Christian si addolcisce. Dopo un attimo
ricomincia.
«Comunque, poco dopo la nostra conversazione al telefono, Taylor mi ha informato
che a Hyde era stata concessa la libertà su
cauzione. Come sia potuto succedere, non lo
so; ero convinto di essere riuscito a bloccare
tutti i suoi tentativi di ottenerla. Ma questa
notizia mi ha dato modo di riflettere su
quello che avevi detto… e ho capito che c’era
qualcosa che non andava, qualcosa di molto
grave.»
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«Non mi è mai importato niente dei tuoi
soldi» sbotto all’improvviso, con un inaspettato rigurgito di rabbia. Alzo la voce.
«Come hai potuto anche solo pensarlo? Non
è mai stata una questione di soldi per me!»
Christian mi fissa per una frazione di
secondo, stupito dalla mia veemenza.
«Modera le parole» ringhia. «Calmati e
mangia.»
Lo fisso con un’espressione di protesta.
«Ana» mi ammonisce.
«È la cosa che mi ha fatto più male di
tutte, Christian» sospiro. «Quasi quanto il
fatto che tu abbia rivisto quella donna.»
Inspira bruscamente, come se gli avessi
dato uno schiaffo, e all’improvviso sembra
esausto. Chiude gli occhi per un istante e
scuote la testa, rassegnato.
«Lo so» sospira. «E mi dispiace davvero.
Più di quanto tu possa immaginare.» I suoi
occhi sono pieni di rimorso. «Per favore,
mangia, finché il brodo è ancora caldo.» Il
1050/1287
suo tono è dolce e pressante, e io obbedisco.
Lui tira un sospiro di sollievo.
«Continua» sussurro, mentre mastico
qualche boccone proibito di pane fresco.
«Non sapevo che Mia fosse sparita.
Pensavo che lui ti ricattasse, o qualcosa del
genere. Ti ho richiamata, ma tu non mi hai
risposto.» Il suo volto si indurisce. «Ti ho
lasciato un messaggio e poi ho chiamato
Sawyer. Taylor ha cominciato a seguire il tuo
telefono. Sapevo che eri in banca e ci siamo
precipitati lì.»
«Non so come abbia fatto Sawyer a trovarmi. Anche lui ha localizzato il mio
telefono?»
«La SAAB ha un dispositivo di localizzazione. Tutte le nostre auto ce l’hanno.
Quando siamo arrivati alla banca, tu ti eri già
mossa, e ti abbiamo seguita. Perché stai
sorridendo?»
«In un certo senso sapevo che mi saresti
stato alle calcagna.»
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«E perché lo trovi divertente?»
«Jack mi aveva dato istruzioni di gettare
via il cellulare. Così mi sono fatta prestare
quello di Whelan: è quello che è stato buttato
via. Il mio l’ho messo dentro uno dei borsoni,
in modo che tu potessi seguire i tuoi soldi.»
Christian sospira. «I nostri soldi, Ana»
dice in tono calmo. «Mangia.»
Pulisco la scodella con l’ultimo pezzo di
pane e me lo infilo in bocca. Per la prima
volta dopo molto tempo mi sento sazia,
nonostante la conversazione con Christian.
«Ho finito.»
«Brava bambina.»
Bussano alla porta, è l’infermiera Nora con
un bicchierino. Christian toglie le stoviglie e
rimette tutto nella scatola.
«È un analgesico.» Nora sorride mentre
mi mostra la pillola bianca contenuta nel
bicchierino.
«Ma posso prenderla? Sa, con il
bambino…»
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«Sì, Mrs Grey. Va benissimo.»
La ringrazio con un cenno del capo. La
testa continua a pulsare. Ingoio la pillola con
un po’ d’acqua.
«Dovrebbe riposarsi un po’, Mrs Grey.»
L’infermiera fissa Christian negli occhi.
Lui annuisce.
“No!” «Te ne vai?» esclamo, mentre il panico mi assale. “Non andartene, abbiamo appena cominciato a parlare.”
Christian sbuffa. «Se pensi solo per un attimo che ti perda di vista, Mrs Grey, ti sbagli
di grosso.»
Nora si avvicina al letto con un gesto di
stizza e mi sistema il cuscino in modo che mi
possa sdraiare.
«Buonanotte, Mrs Grey.» E con un’ultima
occhiataccia a Christian esce dalla camera.
Appena lei chiude la porta, lui inarca un
sopracciglio.
«Non credo di essere molto simpatico
all’infermiera.»
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È in piedi vicino al letto e ha l’aria stanca.
Pur desiderando che resti, so che dovrei persuaderlo ad andare a casa.
«Anche tu hai bisogno di riposarti, Christian. Vai a casa, hai l’aria esausta.»
«Non ti lascio sola. Farò un pisolino in
poltrona.»
Lo guardo contrariata, poi mi volto su un
fianco.
«Dormi con me.»
Si acciglia. «No, non posso.»
«Perché no?»
«Non voglio farti male.»
«Ma non mi fai male. Ti prego, Christian.»
«Hai la flebo attaccata.»
«Christian, ti prego.»
Mi fissa, e capisco che è un po’ tentato.
«‘Fanculo.» Sollevo le coperte per invitarlo
nel letto.
«Al diavolo.» Si toglie scarpe e calze e si
infila nel letto di fianco a me. Mi mette un
1054/1287
braccio intorno alle spalle e io appoggio la
testa sul suo petto. Mi dà un bacio.
«Non credo che l’infermiera Nora sarà
molto contenta di questa sistemazione» sussurra in tono cospiratorio.
Ridacchio ma smetto subito a causa del
dolore lancinante al petto. «Non farmi
ridere, mi fa male.»
«Ah, ma io amo sentirti ridere» risponde a
voce bassa, con una sfumatura di tristezza.
«Mi dispiace, piccola, mi dispiace davvero
tanto.» Mi bacia di nuovo i capelli e inspira
forte, e non so per che cosa si stia scusando…
Per avermi fatta ridere? O per il casino in cui
siamo finiti? Appoggio una mano sul suo
cuore e lui ci mette sopra la sua. Per un attimo restiamo in silenzio.
«Perché sei andato da quella donna?»
«Oh, Ana» mi risponde con un gemito.
«Vuoi davvero parlarne in questo momento?
Non possiamo lasciar perdere? Mi dispiace
di averlo fatto, d’accordo?»
1055/1287
«Ho bisogno di saperlo.»
«Te lo dico domani» mormora irritato.
«Ah, e il detective Clark vuole parlarti, una
formalità. Ora cerca di dormire.»
Mi dà un bacio sui capelli. Io sospiro forte.
Devo sapere il perché. Almeno ha detto che
gli dispiace. È già qualcosa. “Accidenti, il detective Clark.” Al pensiero di dover rivivere
gli eventi di giovedì mi viene un brivido.
«Si sa perché Jack l’ha fatto?»
«Mmh» mormora Christian. Il lento
alzarsi e abbassarsi del suo petto mi placa,
culla dolcemente la mia testa e mi conduce
lentamente verso il sonno; il suo respiro rallenta sempre più. Mentre mi addormento,
cerco di dare un senso ai frammenti di conversazione che ho udito quando ero semicosciente, ma continuano a scivolare via dalla
mia mente, a rimanere sfuggenti, a
schernirmi dai confini della memoria. Oh, è
frustrante e stancante… e…
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L’infermiera Nora fa una smorfia e incrocia le braccia con aria ostile. Mi porto un dito
alla bocca.
«Per favore, lo lasci dormire» sussurro,
con gli occhi socchiusi nella prima luce del
mattino.
«Questo letto è per lei, non per lui» sibila
in tono severo.
«Ho dormito meglio con lui qui» insisto,
pronta a prendere le difese di mio marito.
Dopotutto, è la verità. Christian si muove nel
letto, e l’infermiera e io ci blocchiamo.
Sta mormorando qualcosa nel sonno.
«Non toccarmi. Non toccarmi più. Solo
Ana.»
Mi acciglio, non ho quasi mai sentito
Christian parlare nel sonno. Certo, forse è
perché lui dorme meno di me. Ho sentito
solo i suoi incubi. Mi stringe fra le braccia e
io ho un sussulto.
«Mrs Grey…» l’infermiera Nora ha lo
sguardo torvo.
1057/1287
«Per favore» la imploro.
Scuote la testa, si gira e se ne va, e io mi
rannicchio di nuovo contro Christian.
Quando mi sveglio, non ci sono tracce di
Christian. Il sole brilla attraverso le finestre e
posso finalmente rendermi conto di com’è la
camera. “Ci sono dei fiori!” Non li avevo notati la notte scorsa. Ci sono tanti mazzi diversi. Mi chiedo distrattamente chi li abbia
mandati.
Un leggero bussare mi distrae. Carrick fa
capolino dalla porta. Si illumina quando
vede che sono sveglia.
«Posso entrare?» mi chiede.
«Certo.»
Entra e mi si avvicina, e poi mi esamina
molto attentamente con i suoi dolci e gentili
occhi azzurri. Indossa un completo scuro,
probabilmente viene dal lavoro. Mi sorprende chinandosi su di me e baciandomi la
fronte.
«Posso sedermi?»
1058/1287
Annuisco e lui si sistema in fondo al letto e
mi prende una mano tra le sue.
«Non so come ringraziarti per mia figlia,
pazza, coraggiosa e cara ragazza. Il tuo intervento probabilmente le ha salvato la vita.
Sarò per sempre in debito con te.» Gli trema
un po’ la voce, colma di gratitudine e di
commozione.
“Oh…” Non so che cosa dire. Gli stringo la
mano, ma rimango muta.
«Come ti senti?»
«Meglio. Un po’ indolenzita» gli dico, per
amore di verità.
«Ti hanno dato le medicine contro il
dolore?»
«Sì. Mi hanno dato… qualcosa.»
«Bene. Christian dov’è?»
«Non lo so. Quando mi sono svegliata, non
c’era più.»
«Non sarà lontano, ne sono sicuro. Non se
ne andrebbe di certo, mentre sei
addormentata.»
1059/1287
«Lo so.»
«È un po’ arrabbiato con te, e ha ragione.»
Carrick mi fa un sorrisetto compiaciuto. “Ah,
ecco da chi ha preso Christian.”
«Christian è sempre arrabbiato con me.»
«Davvero?» Carrick sorride, come se fosse
una cosa positiva. Il suo sorriso è contagioso.
«Come sta Mia?»
Lo sguardo di Carrick si rannuvola e il sorriso sparisce. «Sta meglio. È veramente
furibonda. Credo che la rabbia sia una reazione sana a quello che le è accaduto.»
«È qui?»
«No, è tornata a casa. Non credo che Grace
le permetterà di allontanarsi dal suo campo
visivo.»
«Conosco la situazione.»
«Anche tu hai bisogno di essere tenuta
d’occhio» mi ammonisce. «Non voglio che
corra altri rischi, che metta a repentaglio la
tua vita o quella del mio nipotino.»
Arrossisco. “Lo sa!”
1060/1287
«Grace ha letto la tua cartella clinica e me
l’ha detto. Congratulazioni.»
«Ehm… grazie.»
Mi guarda e la sua espressione si addolcisce, anche se la mia faccia lo lascia
perplesso.
«Christian capirà» dice. «Questa sarà la
cosa migliore che poteva capitargli. Solo…
dagli un po’ di tempo.»
Annuisco. “Oh… si sono parlati.”
«Devo andare. Mi aspettano in tribunale.»
Sorride e si alza. «Ti chiamo più tardi per
sapere come stai. Grace stima molto la dottoressa Singh e la dottoressa Bartley. Sanno
il fatto loro.»
Si china su di me e mi dà un altro bacio.
«Lo dico davvero, Ana: non potrò mai ripagarti per quello che hai fatto per noi.
Grazie.»
Lo guardo cercando di trattenere le lacrime,
improvvisamente
travolta
1061/1287
dall’emozione, e lui mi accarezza una guancia con affetto. Poi si gira e se ne va.
“Oddio.” Questa manifestazione di gratitudine mi ha fatto girare la testa. Forse ora
posso archiviare la faccenda dell’accordo
prematrimoniale. Scuoto la testa e con molta
cautela scendo dal letto. Mi conforta vedere
che sono più stabile sulle gambe rispetto a
ieri. Nonostante la presenza di Christian nel
letto, ho dormito bene e mi sento rinvigorita.
La testa mi fa ancora male: è un dolore sordo
e fastidioso, ma niente a che vedere con le
fitte pulsanti di ieri. Sono irrigidita e indolenzita, e ho bisogno di lavarmi. Mi sento
sporca. Entro nel bagno della camera.
«Ana!» urla Christian.
«Sono in bagno» gli rispondo mentre finisco di lavarmi i denti. Va molto meglio.
Cerco di ignorare la mia immagine nello
specchio. “Sono proprio un disastro.”
Quando apro la porta, vedo Christian vicino
al letto, con in mano un vassoio pieno di
1062/1287
cibo. È completamente trasformato. Tutto
vestito di nero, sbarbato, fresco di doccia. Ha
un aspetto molto riposato.
«Buongiorno, Mrs Grey» mi dice, allegro.
«Ti ho portato la colazione.» Sembra un
ragazzino, ha l’aria felice.
Mentre salgo sul letto gli faccio un sorriso
radioso. Mi avvicina il tavolino e mi mostra il
contenuto del vassoio: porridge con frutta
secca, pancake con sciroppo d’acero, bacon,
succo d’arancia e tè Twinings English Breakfast. Mi viene l’acquolina in bocca. Bevo il
succo d’arancia in pochi sorsi e mi butto sul
porridge. Christian si siede in fondo al letto e
sorride con aria compiaciuta.
«Che cosa c’è?» gli chiedo, con la bocca
piena.
«Mi piace guardarti mangiare» mi
risponde. Ma non penso che sia questo che lo
fa sorridere. «Come ti senti?»
«Meglio» mormoro tra un boccone e
l’altro.
1063/1287
«Non ti ho mai vista mangiare così.»
Gli lancio un’occhiata, e mi si stringe il
cuore. Non possiamo più nascondere l’evidenza. «È perché sono incinta, Christian.»
Sbuffa, e curva le labbra in un sorriso
ironico. «Se avessi saputo che bastava metterti incinta per farti mangiare, l’avrei fatto
prima.»
«Christian Grey!» Mi manca il fiato, e
poso la ciotola con il porridge.
«Non smettere di mangiare.»
«Christian, dobbiamo parlare.»
Si irrigidisce. «E cosa c’è da dire?
Diventeremo genitori.» Si stringe nelle
spalle, cercando disperatamente di sembrare
disinvolto, ma io percepisco la sua paura. Allontano il tavolino e scendo dal letto per avvicinarmi a lui. Gli prendo una mano tra le
mie.
«Sei spaventato» sussurro. «Lo vedo.»
Mi fissa con aria inespressiva, gli occhi
spalancati, e l’aria da ragazzino svanisce.
1064/1287
«Lo sono anch’io, è normale» mormoro.
«Ma che padre potrò mai essere?» mi
chiede. La sua voce è roca, a stento udibile.
«Oh, Christian.» Cerco di trattenere un
singhiozzo. «Uno che fa del suo meglio. La
sola cosa che ognuno di noi può fare.»
«Ana… io non so se ce la faccio…»
«Ma certo che sì. Sei affettuoso, divertente, forte, sai porre delle regole. A nostro
figlio non mancherà nulla.»
Mi fissa immobile, il dubbio dipinto sul viso bellissimo.
«D’accordo, aspettare sarebbe stato
l’ideale. Avere più tempo per noi due. Ma adesso saremo noi tre, e cresceremo insieme.
Saremo una famiglia. La nostra famiglia. E
tuo figlio ti amerà incondizionatamente,
proprio come me.» Mentre parlo, mi
spuntano le lacrime agli occhi.
«Oh, Ana» sussurra Christian, con la voce
piena di angoscia e dolore. «Pensavo di
averti persa di nuovo. Ti ho vista lì per terra,
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pallida, fredda, priva di sensi. I miei peggiori
timori sembravano essersi realizzati. E invece eccoti qui, forte e coraggiosa, e capace
di darmi speranza. Mi ami ancora dopo tutto
quello che ho fatto.»
«Certo che ti amo, Christian, moltissimo.
E ti amerò per sempre.»
Mi prende delicatamente la testa tra le
mani e mi asciuga le lacrime con i pollici. Mi
guarda dritto negli occhi, i suoi occhi grigi
nei miei occhi azzurri, e tutto quello che vedo
sono paura, meraviglia e amore.
«Anch’io ti amo» sospira. E mi bacia con
dolcezza, teneramente, come un uomo che
adora la propria moglie. «Cercherò di essere
un buon padre» sussurra, con la bocca sulle
mie labbra.
«Ci riuscirai. E, comunque, non hai molta
scelta, visto che Puntino e io non abbiamo alcuna intenzione di andarcene.»
«Puntino?»
«Sì, Puntino.»
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Inarca un sopracciglio. «Il nome che avevo
in testa io era Junior.»
«Junior va benissimo.»
«Ma Puntino mi piace.» Mi rivolge uno dei
suoi sorrisi timidi e mi bacia di nuovo.
24
«Starei qui tutto il giorno a baciarti, ma la
tua colazione si raffredda» mormora Christian sfiorandomi le labbra. Adesso ha un’espressione divertita, ma i suoi occhi sono più
cupi e sensuali. È cambiato di nuovo. Il mio
Mr Lunatico.
«Mangia» mi ordina con voce dolce. Mi infilo di nuovo a letto, cercando di non impigliarmi nel tubicino della flebo. Mi spinge il
vassoio davanti. Il porridge è freddo, ma i
pancake sotto il coprivivande non sono
male… anzi, mi fanno venire l’acquolina in
bocca.
«Sai» mormoro tra un boccone e l’altro
«Puntino
potrebbe
essere
una
femminuccia.»
1068/1287
Christian si passa una mano nei capelli.
«Due donne, eh?» Il timore gli balena sul viso, e la sua espressione sensuale scompare.
“Oh, cavolo!” «Tu che cosa preferiresti?»
«In che senso?»
«Maschio o femmina?»
Aggrotta la fronte. «Mi basta che sia sano»
dice con calma, chiaramente sconcertato
dalla domanda. «Mangia» mi ordina in tono
secco e mi rendo conto che sta cercando di
cambiare discorso.
«Mangio, mangio… stai calmo, Grey.» Lo
guardo con attenzione. Ha piccole rughe di
preoccupazione intorno agli occhi. Ha detto
che ce la metterà tutta, ma so che l’idea del
bambino gli fa ancora paura. “Oh, Christian,
anche a me.” Si siede nella poltrona vicino a
me e prende il “Seattle Times”.
«Sei di nuovo in prima pagina, Mrs Grey»
mi dice amaramente.
«Di nuovo?»
1069/1287
«Quei giornalisti da strapazzo hanno rimaneggiato la storia di ieri, ma la ricostruzione
dei fatti sembra abbastanza fedele. Vuoi
leggerla?»
Scuoto la testa. «Leggimela tu. Sto
mangiando.»
Inizia a leggere. È un servizio su Jack e Elizabeth, che li dipinge come una specie di
Bonnie e Clyde dei nostri giorni. Racconta il
rapimento, il mio intervento e la liberazione
di Mia, oltre al fatto che Jack e io ci troviamo
nello stesso ospedale. Come ha ottenuto la
stampa tutte queste informazioni? Dovrò
chiederlo a Kate.
Quando Christian finisce, dico: «Per
favore, leggimi qualcos’altro. Mi piace ascoltarti». Mi accontenta e mi legge un articolo
su una paninoteca che pare straordinaria e
un altro sulla Boeing che ha dovuto annullare il lancio di non so quale aereo. Aggrotta
le sopracciglia durante la lettura, mentre io,
ormai certa che sto bene, che Mia è al sicuro
1070/1287
e che il mio Puntino è sano e salvo,
nell’ascoltare la sua rassicurante voce vivo
un prezioso momento di pace.
Capisco che Christian sia spaventato
dall’idea di avere un figlio, ma non riesco a
rendermi conto di quanto sia profondo il suo
timore. Decido di non lasciar cadere il discorso, e di vedere se riesco a tranquillizzarlo.
La cosa che mi confonde è che non gli sono
mancati modelli genitoriali positivi. Sia
Grace sia Carrick sono genitori esemplari, o
almeno così sembrano. Forse è stata l’interferenza della Strega a ferirlo così profondamente. Vorrei che fosse così. Ma, in realtà,
penso che la cosa risalga alla sua madre biologica, anche se ovviamente Mrs Robinson
non gli è stata d’aiuto. Smetto di pensare,
perché mi vengono in mente brandelli di una
conversazione sussurrata. “Accidenti!” Sono
relegati ai margini della mia memoria, da
quando ho perso conoscenza. Christian che
parla con Grace: poi tutto scompare nelle
1071/1287
ombre della mia mente. “Oh, è così
frustrante.”
Mi chiedo se Christian mi dirà mai spontaneamente la ragione per cui è andato a trovare quella donna, o se dovrò essere io a
spingerlo a farlo. Sto per interrogarlo sull’argomento, quando qualcuno bussa alla porta.
Il detective Clark entra nella stanza, con
aria di scuse. Il mio cuore smette di battere,
quando lo vedo.
«Mr Grey, Mrs Grey. Disturbo?»
«Sì» risponde seccamente Christian.
Clark lo ignora. «Sono felice di vedere che
sta bene, Mrs Grey. Devo farle un paio di
domande su giovedì pomeriggio. Pura formalità. Adesso le andrebbe bene?»
«Certo» borbotto, ma non voglio rivivere
gli eventi di quel giorno.
«Mia moglie dovrebbe riposare» si inalbera Christian.
«Sarò rapido, Mr Grey. Toglierò il disturbo
in fretta.»
1072/1287
Christian si alza, offrendo il posto a Clark,
e si siede sul bordo del letto, mi stringe la
mano con fare rassicurante.
Mezz’ora dopo Clark ha finito. Non sono venuta a conoscenza di dettagli nuovi, ma gli ho
raccontato i fatti di giovedì con voce pacata
ed esitante, mentre osservavo Christian impallidire e fare smorfie.
«Vorrei che tu avessi mirato più in alto»
mormora Christian.
«Se l’avesse fatto, Mrs Grey avrebbe reso
un servizio al genere femminile» concorda
Clark.
“Cosa?”
«Grazie, Mrs Grey. Per ora abbiamo
finito.»
«Non lo farete uscire di nuovo, vero?»
«Non credo che stavolta riusciranno a
pagargli la cauzione, signora.»
«Si sa chi gliel’ha pagata?» chiede
Christian.
«No. È un’informazione riservata.»
1073/1287
Christian aggrotta le sopracciglia, ma
credo che sospetti di qualcuno. Clark si alza
e, proprio mentre si sta congedando, entrano
nella stanza la dottoressa Singh e due suoi
colleghi.
Dopo una visita accurata la dottoressa Singh
stabilisce che posso essere dimessa. Christian si accascia, sollevato.
«Mrs Grey, faccia attenzione che il mal di
testa non peggiori e che non le si offuschi la
vista. In tal caso, dovrà tornare immediatamente in ospedale.»
Cerco di contenere la gioia per l’imminente ritorno a casa.
Quando la dottoressa Singh esce, Christian
chiede di poter scambiare due parole con lei
nel corridoio. Le rivolge una domanda e, attraverso la porta socchiusa, vedo che lei
sorride.
«Sì, Mr Grey, si può.»
Lui fa un ampio sorriso e, quando rientra
in camera, ha un’aria decisamente contenta.
1074/1287
«Che cosa le hai chiesto?»
«Del sesso» dice, con un ghigno malizioso.
Arrossisco. «E?»
«Puoi farlo.» Fa un sorrisetto compiaciuto.
«Ho mal di testa» gli rispondo con un analogo sorrisetto.
«Lo so. Non potrò toccarti per un po’. Mi
sono solo informato.»
“Non potrà toccarmi?” Aggrotto le
sopracciglia, avvertendo una momentanea
fitta di disappunto. Non sono proprio sicura
di non voler essere toccata.
L’infermiera Nora ci raggiunge e mi toglie
l’ago della flebo. Guarda fisso Christian.
Penso che sia una delle poche donne di mia
conoscenza insensibile al suo fascino.
Mentre se ne va con l’asta della flebo, la
ringrazio.
«Vuoi che ti porti a casa?» chiede
Christian.
«Prima vorrei passare da Ray.»
«Certo.»
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«Sa già del bambino?»
«Pensavo che volessi dirglielo tu. Non l’ho
detto neanche a tua madre.»
«Grazie.» Gli sorrido, riconoscente.
«Mia madre lo sa» aggiunge Christian.
«Ha visto la tua cartella clinica. L’ha detto a
mio padre, ma a nessun altro. Dice che di
solito si aspetta più o meno fino alla dodicesima settimana… per essere sicuri.» Si stringe
nelle spalle.
«Non sono sicura di essere pronta a dirlo a
Ray.»
«Devo avvertirti: è furioso. Secondo lui
dovrei sculacciarti.» “Che cosa?” Christian
ride per la mia espressione sbigottita. «Gli
ho detto che ho tutte le intenzioni di
accontentarlo.»
«Non puoi averlo fatto!» ribatto senza fiato, ma l’eco di una conversazione sussurrata
mi stuzzica la mente. Sì, quando ero priva di
sensi c’era Ray con me…
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Mi fa l’occhiolino. «Tieni, Taylor ti ha
portato qualcosa di pulito da metterti. Ti
aiuto a vestirti.»
Come preannunciato da Christian, Ray è
furioso. Da che mi ricordo, non l’ho mai visto
così. Christian ha deciso di lasciarci soli. Per
essere un uomo taciturno Ray riempie la
camera dell’ospedale di invettive, accusandomi di essermi comportata da irresponsabile. Ho di nuovo dodici anni.
«Ho anche dovuto affrontare tua madre»
brontola, facendo un gesto di esasperazione
con entrambe le mani.
«Papà, mi dispiace.»
«E povero Christian! Non l’avevo mai visto
così. Siamo entrambi invecchiati di colpo
negli ultimi giorni.»
«Ray, mi dispiace.»
«Tua madre sta aspettando che la chiami»
dice, in tono più pacato.
Lo bacio sulla guancia e alla fine lui smette
di inveire.
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«Le telefonerò. Mi dispiace davvero. Ma ti
ringrazio per avermi insegnato a sparare.»
Per un attimo mi guarda con malcelato orgoglio paterno. «Sono contento della tua
mira» mi dice in tono burbero. «Adesso vai a
casa a riposarti un po’.»
«Hai un’ottima cera, papà» dico per cambiare discorso.
«Tu invece sei pallida.» Il suo sguardo è
identico a quello che aveva Christian ieri
sera, e gli stringo forte la mano.
«Sto bene. Prometto di non rifarlo mai
più.»
Mi stringe la mano e mi abbraccia, attirandomi a sé. «Se ti fosse successo qualcosa…»
sussurra con voce roca appena percettibile.
Mi vengono le lacrime agli occhi. Non sono
abituata a manifestare le mie emozioni davanti al mio patrigno.
«Papà, sto bene. Una doccia calda e mi
passerà tutto.»
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Lasciamo l’ospedale dall’uscita posteriore
per evitare i paparazzi radunati all’entrata.
Taylor ci accompagna al SUV che ci sta
aspettando.
Sawyer è alla guida e Christian pare tranquillo. Evito lo sguardo di Sawyer nello specchietto retrovisore: sono a disagio perché
l’ultima volta che l’ho visto è stato in banca,
quando gli ho fatto perdere le mie tracce.
Telefono a mia madre, che non la smette di
singhiozzare. Mi ci vuole quasi tutto il tragitto per calmarla. Mentre parlo al telefono
Christian mi tiene la mano. È nervoso…
«Cosa c’è che non va?» gli chiedo quando
alla fine riesco a liberarmi da mia madre.
«Welch vuole vedermi.»
«Welch? E perché?»
«Ha trovato qualcosa su quel bastardo di
Hyde.» Le sue labbra si piegano in una smorfia di rabbia, e io sono percorsa da un
brivido. «Non mi ha voluto dire nulla al
telefono.»
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«Ah…»
«Arriverà qui oggi pomeriggio da Detroit.»
«Pensi
che
abbia
scoperto
un
collegamento?»
«Non ne ho idea.» Christian è perplesso.
Taylor entra nel garage dell’Escala e si
ferma vicino all’ascensore per farci scendere
prima di parcheggiare. Riusciamo a sottrarci
ai fotografi appostati in attesa. Christian mi
fa scendere. Cingendomi la vita con un braccio, mi accompagna all’ascensore che ci sta
aspettando.
«Sei contenta di essere a casa?» mi
domanda.
«Sì» sussurro. Ma, mentre sono nell’ascensore, in quel posto così familiare,
l’enormità di quanto è successo mi travolge e
mi fa vacillare.
«Ehi.» Christian mi prende tra le braccia e
mi attira a sé. «Sei a casa. Sei al sicuro» dice
baciandomi i capelli.
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«Oh, Christian.» Un argine di cui ignoravo
l’esistenza si rompe, e inizio a singhiozzare.
«Calmati, dài» sussurra lui, cullandomi la
testa appoggiata sul suo petto.
Ma è troppo tardi. Sopraffatta, piango
sulla sua camicia, ricordando l’attacco
crudele di Jack – “Questo è per la SIP, troia!”
– le cose terribili che ho detto a Christian e la
sua domanda disperata: “Mi stai lasciando?”.
E ricordo la paura, la terribile paura per Mia,
per me stessa e per Puntino.
Quando le porte dell’ascensore si aprono,
Christian mi prende in braccio come una
bambina e mi porta nell’atrio. Io mi aggrappo a lui, gemendo piano.
Mi porta in bagno e mi depone delicatamente sulla sedia. «Vuoi fare un bagno?» mi
chiede.
Scuoto la testa. No… no… non come Leila.
«Una doccia?» Ha la voce strozzata dalla
preoccupazione.
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Annuisco, tra le lacrime. Voglio lavare via
la sporcizia degli ultimi giorni, lavare via il
ricordo dell’attacco di Jack. “Puttana succhiasoldi.” Singhiozzo portandomi le mani al
volto, mentre lo scroscio della cascata d’acqua della doccia riecheggia sulle pareti.
Christian si inginocchia davanti a me, mi
scosta le mani dalle guance rigate di lacrime
e mi prende il viso tra le dita. Lo guardo,
sbattendo le palpebre per allontanare le
lacrime.
«Sei al sicuro. Siete tutti e due al sicuro»
sussurra.
“Puntino e io.” Mi vengono ancora le lacrime agli occhi.
«Basta, adesso. Non sopporto di vederti
piangere» mi dice con voce roca. Mi asciuga
le guance con i pollici, ma io continuo a
piangere.
«Mi dispiace, Christian. Mi dispiace tanto.
Per averti fatto preoccupare, per aver rischiato tutto, per le cose che ho detto.»
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«Calmati, piccola, ti prego.» Mi bacia la
fronte. «Mi dispiace. Si sbaglia sempre in
due, Ana. Be’, mia madre dice sempre così.
Ho fatto e detto cose di cui non sono affatto
orgoglioso.» Ha lo sguardo desolato, ma
pentito. «Lascia che ti svesta» mi dice con
voce dolce. Mi asciugo il naso con il dorso
della mano, e lui mi bacia di nuovo la fronte.
Mi spoglia velocemente, con particolare
cautela quando mi toglie la maglietta sfilandomela dalla testa. Ma la testa non mi fa
poi così male. Mentre mi accompagna verso
la doccia, si spoglia a tempo di record prima
di entrare insieme a me sotto il gradito getto
di acqua calda. Mi prende tra le braccia e mi
tiene stretta per un tempo lunghissimo,
mentre l’acqua scroscia su di noi, calmandoci
entrambi.
Mi lascia piangere sul suo petto. Di tanto
in tanto mi bacia i capelli, ma non molla la
presa: si limita a cullarmi piano sotto l’acqua
calda. Sento la sua pelle sulla mia, la peluria
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del suo torace contro le mie guance: è l’uomo
che amo, quest’uomo meraviglioso e
insicuro, l’uomo che avrei potuto perdere
con il mio comportamento folle. Avverto una
sensazione di vuoto e di pena, eppure sono
riconoscente che sia ancora qui, nonostante
quello che è successo.
Mi deve qualche spiegazione, ma adesso
voglio godermi la sensazione delle sue braccia protettive che mi stringono. Non posso
forzarlo, dev’essere lui a parlarmi. Non
voglio diventare una di quelle mogli assillanti che vessano il marito per strappargli informazioni: è estenuante. So che lui mi ama.
So che mi ama più di quanto abbia mai amato nessun’altra, e per ora va bene così. È
una presa di coscienza liberatoria: smetto di
piangere e mi sciolgo dal suo abbraccio.
«Va meglio?»
Annuisco.
«Bene. Fatti guardare» mi dice e per un attimo non so come interpretare le sue parole.
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Ma lui mi prende le mani ed esamina il braccio su cui sono caduta quando Jack mi ha
colpita. Ho dei lividi sulla spalla e dei graffi
sul gomito e sul polso. Prende una spugna e
il docciaschiuma dalla mensola, e il familiare
profumo di gelsomino mi invade le narici.
«Girati.» Inizia a lavarmi con cautela il
braccio che mi fa male, poi il collo, le spalle,
la schiena e l’altro braccio. Mi fa girare e mi
accarezza il fianco con le sue dita affusolate.
Ho un fremito quando scivolano sul grosso
livido che ho proprio su quel lato. Lo sguardo
di Christian si inasprisce. La sua rabbia è
palpabile mentre fischia tra i denti.
«Non
fa
male»
mormoro
per
tranquillizzarlo.
I suoi occhi grigi ardenti incontrano i miei.
«Vorrei ucciderlo. Ci ero quasi riuscito» sussurra enigmatico. Aggrotto le sopracciglia,
poi la sua espressione fredda mi dà un
brivido. Mette ancora un po’ di docciaschiuma sulla spugna e con tenerezza
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commovente mi lava i fianchi e il sedere poi,
inginocchiandosi, scende verso le gambe. Si
ferma a esaminare il ginocchio. Mi accarezza
il livido con le labbra, prima di ritornare a
lavarmi le gambe e i piedi. Chinandomi, gli
accarezzo la testa, passandogli le dita nei
capelli bagnati. Si alza in piedi e percorre con
le dita il contorno del livido sulle costole, che
Jack mi ha procurato con il calcio.
«Oh, piccola» geme, con la voce spezzata
per l’angoscia e gli occhi incupiti per l’ira.
«Sto bene.» Lo attiro a me e lo bacio sulle
labbra. Prima di ricambiare, esita, ma,
quando le nostre lingue si incontrano, il suo
corpo aderisce al mio.
«No» mi sussurra con le labbra sulle mie,
e si allontana. «Devo lavarti.»
Ha un’espressione grave. “Accidenti!” Fa
proprio sul serio. Mi acciglio, e l’atmosfera
tra di noi si surriscalda in un attimo. Lui fa
un ampio sorriso e mi bacia rapidamente.
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«Ho detto lavare» sottolinea. «Non
sporcare.»
«Mi piacciono le cose sporche.»
«Anche a me, Mrs Grey. Ma non ora. Non
qui.» Prende lo shampoo e, prima che possa
convincerlo a desistere, si mette a lavarmi i
capelli.
A dire il vero mi piace anche essere pulita.
Mi sento rinfrescata e rinvigorita, non so se
per la doccia, perché ho pianto o per la decisione di smetterla di tormentare Christian.
Mi avvolge in un grande asciugamano e se ne
mette un altro intorno ai fianchi, mentre io
mi asciugo i capelli. Ho mal di testa, ma è un
dolore più che sopportabile. La dottoressa
Singh mi ha prescritto degli analgesici, consigliandomi però di usarli solo in caso di effettiva necessità.
Mentre mi asciugo i capelli penso a
Elizabeth.
«Continuo a non capire che c’entra Elizabeth con Jack.»
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«Io lo so» borbotta Christian tetro.
Questa mi giunge nuova. Lo guardo male,
ma qualcosa mi distrae. Si sta frizionando i
capelli con un asciugamano: ha il petto e le
spalle imperlati di gocce d’acqua che scintillano sotto le alogene. Si ferma e mi sorride
malizioso.
«Ti piace lo spettacolo, eh?»
«Come fai a saperlo?» gli chiedo, cercando
di non pensare al fatto che sono stata sorpresa a spiare mio marito.
«Che ti piace lo spettacolo?» mi stuzzica.
«No» lo rimbrotto. «Di Elizabeth.»
«Me l’ha accennato il detective Clark.»
Lo guardo come per invitarlo a parlare, e
mi torna in mente un altro fastidioso ricordo
di quando ero priva di sensi. C’era Clark
nella mia camera. Se solo potessi ricordarmi
quello che ha detto.
«Hyde le aveva filmate. Le aveva filmate
tutte. E teneva i filmati su chiavette USB.»
“Cosa?”
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«I filmati di lui che si scopava Elizabeth e
tutte le altre assistenti personali.»
“Ah!”
«Esatto. Materiale ricattatorio. Gli piace il
sesso violento.» Christian si incupisce, e sul
suo viso passano prima la confusione e poi il
ribrezzo. Impallidisce, e il ribrezzo si trasforma in disgusto verso se stesso. Certo…
anche a Christian piace il sesso violento.
«No, tu no» dico prima di riuscire a
fermarmi.
Si incupisce ancora di più. «Che cosa vuoi
dire?» Mi guarda con apprensione.
«Tu sei completamente diverso.»
Il suo sguardo si indurisce, ma non dice
nulla, confermandomi così che ho indovinato
i suoi pensieri.
«Completamente»
ribadisco
con
decisione.
«Siamo fatti della stessa pasta.»
«Non direi proprio» sbotto, ma posso capire la ragione di quel pensiero. “Suo padre è
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stato ucciso durante una rissa in un bar. Sua
madre era un’alcolista all’ultimo stadio. Da
bambino è passato da una famiglia affidataria all’altra… e da un casino all’altro. Furti
d’auto, perlopiù. Ha trascorso un periodo in
riformatorio.” Ricordo ciò che Christian mi
ha rivelato durante il viaggio in aereo verso
Aspen.
«Entrambi avete un passato problematico,
ed entrambi siete nati a Detroit. Questo è
tutto, Christian» ribatto.
«Ana, la tua fiducia in me è commovente,
soprattutto dopo quello che è successo negli
ultimi giorni. Ne sapremo di più quando arriverà Welch.»
«Christian…»
Mi ferma con un bacio. «Basta» sussurra,
e mi ricordo la promessa che ho fatto a me
stessa di non perseguitarlo pretendendo di
sapere tutto.
«E non fare il broncio» aggiunge. «Vieni.
Lascia che ti asciughi i capelli.»
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Dopo aver indossato i pantaloni della tuta e
una T-shirt, mi siedo tra le gambe di Christian che mi asciuga i capelli.
«Quindi Clark non ti ha detto nient’altro
mentre ero svenuta?»
«Non che io mi ricordi.»
«Ho sentito qualcosa di ciò che vi siete
detti.»
La spazzola si ferma tra i miei capelli.
«Davvero?» mi chiede con noncuranza.
«Sì. Mio padre, tuo padre, il detective
Clark… tua madre.»
«E Kate?»
«C’era anche Kate?»
«Ha fatto un salto, sì. Anche lei è arrabbiata con te.»
Mi giro. «E smettila con la storia che tutti
sono arrabbiati con me, d’accordo?»
«Ti sto solo dicendo le cose come stanno»
ribatte Christian, confuso dal mio scatto
d’ira.
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«E va bene, è stata una cazzata, però sai
bene che tua sorella era in pericolo.»
«Sì, è vero» ammette, sgomento. Spegne il
phon e lo appoggia sul letto accanto a sé. Mi
afferra il mento.
«Grazie» mi dice, sorprendendomi. «Ma
non fare più cazzate. La prossima volta, ti
sculaccio finché non mi implori di smettere.»
«Non lo faresti!»
«Sì.» È serio. Serissimo. «Ho il permesso
del tuo patrigno» aggiunge con un sorrisetto.
Mi sta prendendo in giro! O fa finta? Mi
avvento contro di lui, ma lui si sposta, cosicché cado sul letto tra le sue braccia, avvertendo una fitta di dolore alle costole che mi
strappa una smorfia.
Christian impallidisce. «Fa’ attenzione»
mi ammonisce, per un attimo arrabbiato.
«Mi dispiace» borbotto, accarezzandogli la
guancia.
Strofina il naso sulla mia mano e poi la bacia. «Ana, non hai davvero nessuna
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considerazione per la tua incolumità.» Mi
tira su l’orlo della T-shirt e mi appoggia le
dita sulla pancia. «Ora non sei più da sola»
sussurra, accarezzandomi. Il desiderio
esplode inaspettato, sensuale e dirompente.
Ansimo e Christian si irrigidisce, fermando
la mano e fissandomi. Mi sistema una ciocca
di capelli dietro l’orecchio.
«No» sussurra.
“Cosa?”
«Non guardarmi così. Ho visto i lividi. E la
risposta è no.» Inflessibile, mi bacia la
fronte.
Mi stiracchio e piagnucolo: «Christian…».
«No, vai a letto» mi dice, tirandosi su a
sedere.
«A letto?»
«Hai bisogno di riposarti.»
«Ho bisogno di te.»
Chiude gli occhi e scuote la testa, come se
stesse cercando di dominarsi. Quando li
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riapre, brillano di risolutezza. «Fai come ti
ho detto, Ana.»
Sono tentata di spogliarmi, ma poi mi ricordo dei lividi e capisco che in questo modo
non l’avrei vinta.
Annuisco, riluttante. «Okay» e mi acciglio
in modo volutamente esagerato.
Sorride, divertito. «Ti porto qualcosa da
mangiare.»
«Vuoi cucinare?»
Ha il buongusto di mettersi a ridere. «Riscalderò qualcosa. Mrs Jones è stata
occupata.»
«Christian, faccio io. Sto bene. Accidenti,
se ho voglia di fare sesso, di sicuro posso
anche cucinare!» Mi tiro su goffamente a
sedere, cercando di ignorare la fitta acuta
alle costole.
«Stai giù!» Christian indica il cuscino.
«Vieni qui anche tu» mormoro, rimpiangendo di non avere addosso qualcosa di più
sexy dei pantaloni della tuta e della T-shirt.
1094/1287
«Ana, mettiti giù. Subito!»
Mi alzo con aria corrucciata e lascio cadere
i pantaloni sul pavimento, continuando a fissare Christian. Lui fa una smorfia ironica,
mentre tira indietro la trapunta.
«Hai sentito la dottoressa Singh, no? Ha
detto che devi riposarti» dice in tono più
gentile. Mi rimetto a letto e incrocio le braccia, frustrata. «Stai un po’ tranquilla» aggiunge, con aria chiaramente divertita.
Lo guardo storto.
Lo spezzatino di pollo di Mrs Jones è uno dei
miei piatti preferiti. Christian mangia con
me, seduto al centro del letto.
«Molto ben scaldato» dico maliziosamente. Sono sazia, e ho sonno. Era
questo il suo piano?
«Sembri stanca.» Prende il mio vassoio.
«Sì.»
«Bene. Dormi» e mi bacia. «Devo lavorare
un po’. Rimango qui, se per te va bene.»
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Annuisco. Sto perdendo la battaglia contro
il sonno. Non sapevo che lo spezzatino di
pollo fosse così spossante.
Mi sveglio al crepuscolo. La stanza è immersa in una pallida luce rosata. Christian è
seduto in poltrona e mi guarda, gli occhi
grigi luminosi. Stringe convulsamente dei
fogli. È pallido come un cencio.
«Che cos’è successo?» gli chiedo immediatamente, tirandomi su a sedere incurante
delle costole che protestano.
«Welch se n’è appena andato.»
“Oh, merda.” «E?»
«Ho vissuto insieme a quel bastardo»
sussurra.
«Vissuto? Con Jack?»
Annuisce, gli occhi sgranati.
«Siete parenti?»
«No. Grazie al cielo, no.»
Scosto la trapunta, invitandolo a sedersi
vicino a me: non si fa pregare. Si libera delle
scarpe con un calcio e mi si sdraia vicino. Mi
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circonda con un braccio, si accoccola e mi
posa il capo in grembo. Sono sbalordita.
“Che succede?”
«Non capisco» mormoro, passandogli le
dita tra i capelli e fissandolo. Christian chiude gli occhi e aggrotta la fronte, come se si
stesse sforzando di ricordare.
«Dopo che mi hanno trovato con quella
puttana drogata e prima che andassi a vivere
con Carrick e Grace, i servizi sociali mi hanno mandato presso una famiglia affidataria.
Ma io non ricordo nulla di quel periodo.»
Sono sconvolta. Una famiglia affidataria?
«Per quanto tempo?» sussurro.
«Due mesi, più o meno. Ma non ho ricordi» ribadisce.
«Ne hai parlato con i tuoi?»
«No.»
«Forse dovresti. Magari riuscirebbero a
colmare le lacune.»
Mi abbraccia forte. «Guarda qui.» Mi
porge i fogli, che risultano essere due
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fotografie. Mi allungo verso il comodino e accendo la luce, per poterle esaminare meglio.
La prima ritrae una casa fatiscente con una
porta d’ingresso gialla e una grande finestra
a timpano. Davanti ci sono un porticato e un
giardinetto. È un edificio anonimo.
Nella seconda foto si vede una famiglia, a
prima vista una normale famiglia operaia:
due che sembrano essere marito e moglie e i
loro figli. Gli adulti indossano vecchie T-shirt
di un azzurro scolorito dai molti lavaggi.
Sono sulla quarantina. La donna ha i capelli
biondi tirati indietro e l’uomo un austero
taglio a spazzola e sorridono entrambi
all’obiettivo. L’uomo ha la mano sulla spalla
di un’adolescente corrucciata. Osservo ciascuno dei bambini: due maschi – gemelli, di
circa dodici anni, i capelli biondi come la
sabbia – che sorridono al fotografo; poi c’è
un altro bambino, più piccolo, con i capelli
rossicci e lo sguardo corrucciato; dietro di
lui, un bimbetto con i capelli color rame e gli
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occhi grigi. Ha lo sguardo terrorizzato; indossa vestiti scompagnati e stringe una piccola coperta sporca.
«Questo sei tu» sussurro con il cuore in
gola. So che Christian aveva quattro anni
quando sua madre è morta. Ma il bambino
della foto sembra molto più piccolo. Con
ogni probabilità è gravemente denutrito.
Reprimo un singulto, e mi vengono le lacrime agli occhi.
Lui annuisce. «Sono io.»
«È stato Welch a portarti queste foto?»
«Sì. Non mi ricordo assolutamente nulla»
dice con voce atona e spenta.
«Perché dovresti ricordarti della coppia
che ti ha preso in affido? È passato un sacco
di tempo, Christian.»
«Mi ricordo di altre cose del periodo prima
e di quello dopo… quando ho conosciuto i
miei attuali genitori. Ma questo… È come se
ci fosse un buco nero.»
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Il cuore mi balza in gola e improvvisamente tutto diventa chiaro. Il mio amato
maniaco del controllo vuole che tutto sia al
suo posto, e ora è venuto a conoscenza della
tessera del puzzle che mancava.
«C’è Jack nella foto, vero?»
«Sì, è il bambino più grande.» Ha ancora
gli occhi chiusi e si aggrappa a me come se
fossi la sua ancora di salvezza. Gli accarezzo i
capelli, mentre osservo il bambino più
grande che fissa l’obiettivo con aria spavalda
e arrogante. Riconosco Jack in lui. Ma è solo
un bambino, un bambino triste di otto o
nove anni, che nasconde la paura dietro l’ostilità. Mi viene in mente una cosa.
«Quando Jack mi ha chiamata per dirmi
che aveva rapito Mia, ha detto che, se le cose
fossero andate diversamente, ci sarebbe
stato lui al tuo posto.»
Christian rabbrividisce. «Che bastardo!»
«Pensi che abbia fatto tutto questo perché
i Grey hanno adottato te e non lui?»
1100/1287
«Chi lo sa» dice con amarezza. «Non me
ne frega un cazzo di lui.»
«Forse ha capito che ci frequentavamo
quando sono andata a fare il colloquio. Forse
aveva intenzione di sedurmi fin dal principio.» Sento la bile salirmi in gola.
«Non credo» mormora Christian, che adesso ha aperto gli occhi. «Le ricerche che ha
effettuato sulla mia famiglia sono iniziate
solo dopo circa una settimana dal tuo arrivo
alla SIP. Barney conosce le date esatte. E,
Ana, si è scopato tutte le sue assistenti personali e le ha filmate.» Christian chiude gli
occhi e mi stringe forte.
Dominando il tremore, cerco di ricordare
le conversazioni con Jack quando ho iniziato
a lavorare alla SIP. Dentro di me sentivo che
non ne sarebbe venuto nulla di buono, ma
non ho dato retta all’intuito. Christian ha ragione: non faccio proprio attenzione alla mia
incolumità. Ricordo la litigata che abbiamo
fatto a proposito del mio viaggio a New York
1101/1287
con Jack. Accidenti, sarei potuta finire filmata in qualche squallido video! Il pensiero
mi dà la nausea. E in quell’istante ricordo le
fotografie che Christian aveva scattato alle
sue Sottomesse.
“Siamo fatti della stessa pasta.” No, Christian, non è vero. Tu sei completamente diverso. È ancora avvinghiato a me, come un
bambino.
«Christian, penso che dovresti parlare con
i tuoi genitori.» Sono riluttante a farlo
spostare, perciò scivolo nel letto finché non
ci ritroviamo uno di fronte all’altra.
Due occhi grigi e disorientati incontrano i
miei, ricordandomi lo sguardo del bambino
della fotografia.
«Lascia che li chiami» sussurro. Christian
scuote la testa. «Ti prego» lo imploro. Mi
guarda: nei suoi occhi leggo il dolore e la
sfiducia in se stesso, mentre lui riflette sulle
mie parole. “Oh, Christian, ti prego.”
«Li chiamo io» sussurra.
1102/1287
«Bene. Possiamo andare a trovarli insieme, oppure puoi andare da solo. Come
preferisci.»
«No. Possono venire loro qui.»
«Perché?»
«Non voglio che ti muovi.»
«Christian, posso fare un viaggio in
macchina.»
«No» dice irremovibile, ma con un sorriso
ironico. «E comunque è sabato sera; forse
sono andati da qualche parte.»
«Chiamali. Questa notizia ti ha chiaramente sconvolto. Magari possono aiutarti a
fare chiarezza.» Lancio un’occhiata alla radiosveglia. Sono quasi le sette di sera. Mi osserva impassibile per un attimo.
«Okay» dice, come se gli avessi lanciato
una sfida. Si tira su a sedere e prende il telefono dal comodino.
Lo stringo in un abbraccio e appoggio la
testa sul suo petto.
1103/1287
«Papà?» Intuisco che è sorpreso perché è
Carrick a rispondere. «Ana sta bene. Siamo a
casa. Welch se n’è appena andato. Ha trovato
il collegamento… la famiglia affidataria di
Detroit… Non mi ricordo nulla di tutto ciò.»
La voce di Christian si riduce a un sussurro
mentre mormora l’ultima frase. Avverto
un’emozione forte. Lo abbraccio più forte e
lui mi dà una stretta alla spalla.
«Sì… Davvero venite? Fantastico.» Riattacca. «Stanno arrivando.» Sembra sorpreso,
e mi rendo conto che forse non ha mai chiesto aiuto ai suoi genitori.
«Bene. È meglio che mi vesta.»
Christian mi stringe con il braccio. «Non
andare.»
«Okay.» Mi rannicchio contro il suo
fianco, stupita perché mi ha appena raccontato qualcosa di molto importante su se
stesso… del tutto spontaneamente.
Sulla soglia del salone Grace mi abbraccia
dolcemente.
1104/1287
«Ana, Ana, tesoro mio» sussurra. «Hai
salvato due dei miei figli. Come potrò mai
ringraziarti?»
Arrossisco, commossa e imbarazzata dalle
sue parole. Anche Carrick mi abbraccia, baciandomi in fronte.
Poi Mia mi stringe forte, schiacciandomi le
costole. Faccio una smorfia e ansimo, ma lei
non lo nota. «Grazie per avermi salvata da
quei bastardi.»
Christian la guarda accigliato. «Mia, fa’ attenzione: è ancora dolorante.»
«Oh, mi dispiace.»
«Sto bene» mormoro, sollevata quando lei
allenta la presa.
Ha un aspetto splendido, impeccabilmente
vestita con un paio di jeans neri attillati e
una camicetta rosa chiaro con i volant. Sono
contenta di essermi messa un comodo vestito
e le ballerine. Se non altro, ho un’aria
presentabile.
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Mia corre verso il fratello e gli stringe le
braccia alla vita.
Senza parlare, Christian porge la foto a
Grace. Lei sussulta e si porta le mani alla
bocca per trattenere l’emozione quando
riconosce il figlio. Carrick le mette un braccio
intorno alle spalle ed esamina anche lui
l’immagine.
«Oh, tesoro.» Grace accarezza la guancia
di Christian.
Taylor appare sulla soglia. «Mr Grey? Miss
Kavanagh, suo fratello e Elliot stanno
salendo.»
«Grazie, Taylor» mormora Christian
perplesso.
«Ho telefonato a Elliot e gli ho detto che
stavamo venendo qui.» Mia fa un mezzo sorriso. «Festeggiamo il ritorno a casa di Ana.»
Lancio un’occhiata comprensiva al mio
povero marito, mentre sia Grace sia Carrick
fissano la figlia esasperati.
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«Forse è meglio che mangiamo qualcosa
tutti insieme» dichiaro. «Mia, mi aiuti?»
«Oh, volentieri.»
Ci dirigiamo verso la zona cucina, mentre
Christian porta i suoi genitori nello studio.
Kate è furibonda con me e Christian, ma
soprattutto con Jack e Elizabeth.
«Che cosa credevi di fare, Ana?» urla, affrontandomi in cucina e facendo sì che tutti
si voltino a guardarci.
«Kate, ti prego. Mi avete già fatto tutti la
predica!» sbotto. Mi fissa e per un attimo
penso che stia per impartirmi una delle
lezioni stile Kavanagh. Invece mi abbraccia.
«Accidenti… a volte sembra che tu ti sia
bevuta il cervello, Steele» sussurra. Quando
mi bacia sulla guancia, ha le lacrime agli occhi. “Kate!” «Sono stata così in pensiero per
te.»
«Non piangere. Farai piangere anche me.»
Si scosta e si asciuga le lacrime, imbarazzata, poi fa un profondo respiro e si
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ricompone. «Parlando di cose più gradevoli,
abbiamo deciso quando sposarci. Pensavamo
al maggio prossimo. Ovviamente ti voglio
come testimone.»
«Oh… Kate… Congratulazioni.» “Puntino…
Junior!”
«Che cosa c’è?» mi chiede, fraintendendo
la mia preoccupazione.
«Ehm… sono così felice per te. Finalmente
una buona notizia.» La circondo con le braccia e la stringo. Quando nascerà Puntino?
Faccio un rapido calcolo mentale. La dottoressa Greene ha detto che era di quattro o
cinque settimane. Quindi dovrebbe essere a
maggio?
Elliot mi porge un bicchiere di champagne.
“Non dovrei.”
Christian fa capolino dallo studio, con il viso terreo, e segue i suoi genitori in soggiorno.
Quando vede il bicchiere che ho in mano,
sgrana gli occhi.
«Kate» dice, salutandola con freddezza.
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«Christian» replica lei, con altrettanta
freddezza. Sospiro.
«Le medicine, Mrs Grey.» Lancia un’occhiata al bicchiere di champagne.
“Voglio bere qualcosa!” Grace mi raggiunge, sorridendo e prendendo un bicchiere
da Elliot mentre gli passa vicino.
«Un sorso puoi concedertelo» mi sussurra
facendomi l’occhiolino come se fossimo due
congiurate, e alza il bicchiere per brindare.
Christian ci guarda corrucciato, finché Elliot
non lo distrae con le novità dell’ultima
partita tra i Mariners e i Rangers.
Carrick si unisce a noi, abbracciandoci entrambe, e Grace gli dà un bacio prima di raggiungere Mia nel salone.
«Come sta Christian?» sussurro a Carrick,
mentre dalla cucina osserviamo la famiglia
che si rilassa sul divano. Noto con sorpresa
che Mia e Ethan si tengono per mano.
«È sconvolto» mi mormora Carrick,
accigliato e con il volto serio. «Ricorda così
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tante cose della vita con la sua madre biologica; molte cose che vorrei non ricordasse.
Ma questa…» si interrompe. «Spero che gli
siamo stati utili. Sono contento che ci abbia
chiamati. Dice che gliel’hai consigliato tu.»
L’espressione di Carrick si addolcisce. Mi
stringo nelle spalle e bevo un piccolo sorso di
champagne.
«Sei molto brava con lui. Non ascolta nessun altro.»
Inarco le sopracciglia. Non penso che sia
vero. Lo sgradito fantasma della Strega incombe minaccioso nei miei pensieri. So che
Christian parla anche con Grace. L’ho sentito. Provo un’altra fitta di frustrazione
mentre cerco di ricostruire ciò che si sono
detti in ospedale; ma continua a sfuggirmi.
«Vieni a sederti, Ana. Hai l’aria stanca.
Sono sicura che non ci aspettavi tutti quanti
qui, questa sera.»
«È bellissimo vedervi tutti» dico sorridendo. Perché è vero: è davvero bellissimo.
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Sono una figlia unica che, con il matrimonio,
è entrata in una grande famiglia di persone
socievoli, e mi piace che sia così. Mi rannicchio vicino a Christian.
«Solo un sorso» mi sibila, prendendomi il
bicchiere.
«Sì, signore» e sbatto le ciglia, disarmandolo completamente. Mi cinge le spalle con il
braccio e riprende a parlare di baseball con
Elliot e Ethan.
«I miei pensano che tu sia in grado di fare
miracoli» mormora Christian, togliendosi la
T-shirt.
Sono raggomitolata sul letto, intenta ad
ammirare lo spettacolo. «Meno male che tu
non sei d’accordo» sbuffo.
«Mah, non saprei.» Si sfila i jeans.
«Hanno colmato le lacune che avevi?»
«In parte. Ho vissuto con i Collier due
mesi mentre la mamma e il papà aspettavano
i documenti. Erano già stati dichiarati idonei
all’adozione per via di Elliot, ma per legge
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doveva esserci un periodo d’attesa per vedere
se per caso ci fosse ancora un parente in vita
che potesse venire a reclamarmi.»
«Come ti senti?» sussurro.
Aggrotta le sopracciglia. «Riguardo al fatto
di non avere nessun parente in vita? Non me
ne frega un cazzo. Se fossero anche lontanamente simili alla puttana drogata…» Scuote
la testa disgustato.
“Oh, Christian! Anche tu sei stato un
bambino che voleva bene alla sua mamma.”
Si infila il pigiama, viene a letto e mi
abbraccia.
«Mi sta venendo in mente qualcosa. Mi ricordo il cibo. Mrs Collier cucinava bene. E almeno adesso sappiamo perché quel bastardo
è fissato con la mia famiglia.» Si passa l’altra
mano nei capelli. «Cazzo!» dice, girandosi di
colpo verso di me.
«Cosa?»
«Adesso ha un senso!» Gli si illuminano
gli occhi.
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«Che cosa?»
«Passerotto. Mrs Collier mi chiamava
sempre Passerotto.»
Aggrotto le sopracciglia. «E quindi?»
«Il biglietto» dice, fissandomi. «La richiesta di riscatto di quel bastardo. C’era scritto
qualcosa del tipo: “Sai chi sono. Perché io so
chi sei tu, Passerotto”.»
Non ci capisco niente.
«Viene da un libro per bambini. Maledizione! Ce l’avevano i Colliers. Si intitolava Sei
tu la mia mamma? Merda!» Sbarra gli occhi.
«Adoravo quel libro.»
Oh, lo conosco anch’io. Ho un tuffo al
cuore: Christian!
«Mrs Collier me lo leggeva sempre.»
Non so davvero che cosa dire.
«Cristo. Sapeva tutto. Quel bastardo
sapeva tutto.»
«Lo dirai alla polizia?»
«Sì. E Dio solo sa che cosa ne farà Clark di
quest’informazione.» Christian scuote la
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testa, come per cercare di schiarirsi le idee.
«Comunque, grazie per questa sera.»
“Oh, cambio di direzione!” «E per cosa?»
«Hai cucinato per la mia famiglia in un
batter d’occhio.»
«Non è me che devi ringraziare, ma Mia. E
Mrs Jones che tiene la dispensa ben fornita.»
Scuote la testa, come se fosse esasperato.
Ce l’ha con me? Perché?
«Come ti senti, Mrs Grey?»
«Bene. E tu?»
«Sto bene.» Aggrotta la fronte, senza capire perché mi sto preoccupando.
Be’, in tal caso… Gli accarezzo l’addome, la
striscia di peli che va dall’ombelico al pube.
Ride e mi afferra la mano. «Oh, no. Non
farti venire strane idee.»
Faccio il broncio, e lui sospira. «Ana, Ana,
Ana. Che cosa devo fare con te?» Mi bacia
sui capelli.
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«Io saprei che cosa…» Mi dimeno accanto
a lui, e faccio una smorfia quando avverto
una fitta di dolore proveniente dal costato.
«Piccola, per oggi hai già dato troppo. E
poi ho una storia della buonanotte da
raccontarti.»
“Ah, sì?”
«Volevi sapere…» Si interrompe, chiude
gli occhi e deglutisce.
Ogni singola fibra del mio essere è in
allerta.
Inizia a voce bassa: «Immaginati un adolescente che cerca di guadagnarsi un po’ di
soldi extra per continuare a bere di
nascosto». Si sposta su un fianco, così possiamo guardarci mentre stiamo sdraiati, e mi
fissa negli occhi.
«Ero nel cortile posteriore dei Lincoln, e
stavo raccogliendo calcinacci e detriti dalla
nuova ala che Mr Lincoln aveva deciso di aggiungere alla casa.»
“Oh, cavolo…” Mi sta raccontando di sé.
25
Respiro a fatica. Voglio sentire questa storia?
Christian ha ancora gli occhi chiusi e deglutisce di nuovo. Quando li riapre, sono luminosi ma circospetti, pieni di ricordi
inquietanti.
«Era una calda giornata d’estate. Stavo lavorando sodo.» Sbuffa e scuote la testa, improvvisamente divertito. «Era massacrante
trasportare tutte quelle macerie. Ero da solo,
e a un certo punto El… Mrs Lincoln è comparsa dal nulla e mi ha portato un po’ di limonata. Abbiamo scambiato qualche parola,
io ho fatto un apprezzamento da gradasso… e
lei mi ha tirato uno schiaffo. Uno schiaffo
molto forte.» Si porta involontariamente la
mano al viso e si strofina la guancia, mentre
il suo sguardo si rannuvola al ricordo.
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«E poi mi ha baciato. E dopo il bacio, un
altro schiaffo.» Sembra confuso ancora adesso, dopo tanto tempo.
«Non ero mai stato baciato prima, né colpito in quel modo.»
“Ah. Lei si è buttata addosso a un
ragazzino.”
«Vuoi sentire il resto?» chiede Christian.
“Sì… No…”
«Solo se ti va di raccontarmelo» dico con
un filo di voce, mentendo, mentre lo guardo
con la mente in subbuglio.
«Sto cercando di spiegarti il contesto.»
Annuisco, in quello che spero sia un segnale di incoraggiamento. Ma temo di avere
più l’aria di una statua, immobile e con gli
occhi sgranati per lo shock.
I suoi occhi cercano i miei nel tentativo di
valutare la mia reazione. Poi si gira sulla
schiena e fissa il soffitto.
«Be’, ovviamente ero confuso, arrabbiato
ed eccitato da morire. Una donna più grande
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e molto sexy che ti fa una cosa del genere…»
Scuote la testa, come se non riuscisse ancora
a crederci.
“Sexy?” Sono nauseata.
«Poi è rientrata in casa, lasciandomi lì in
cortile. Si comportava come se niente fosse
accaduto. Io ero confuso. E così ho ricominciato a lavorare, a buttare roba nel cassone
per le macerie. Quando stavo per andarmene, quella sera, lei mi ha chiesto di tornare il giorno dopo. Non ha minimamente
accennato a quello che era successo. E così
l’indomani sono tornato. Non vedevo l’ora di
rivederla» sussurra, come se stesse confessando qualche peccato… e in effetti è un po’
così.
«Non mi aveva toccato durante il bacio»
mormora, e volta la testa per guardarmi.
«Devi capire… La mia vita era un inferno…
Ero praticamente un’erezione ambulante,
avevo quindici anni ed ero alto per la mia
età, con gli ormoni in subbuglio… A scuola le
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ragazze…» Si interrompe, ma io ho afferrato
il concetto: un adolescente spaventato, solitario e molto attraente. Sento una stretta al
cuore.
«Ero arrabbiato, dannatamente arrabbiato
con tutti, con me, con i miei. Non avevo
amici. Il mio terapeuta di allora era una testa
di cazzo. I miei tenevano il guinzaglio corto,
non capivano.» Riprende a fissare il soffitto e
si passa una mano tra i capelli.
«Non sopportavo che qualcuno mi toccasse. Non tolleravo di avere qualcuno vicino.
Facevo sempre a botte… Cazzo, quante botte.
Sono anche rimasto coinvolto in qualche
rissa di quelle brutte. Sono stato espulso da
un paio di scuole. Ma era un modo per sfogarmi… per tollerare qualche forma di contatto fisico.» Si interrompe di nuovo. «Be’, hai
capito. E quando lei mi ha baciato, mi ha
preso solo la faccia. Non mi ha toccato.» La
sua voce si sente appena.
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Lei doveva aver capito. Forse gliel’aveva
detto Grace. “Oh, il mio povero Christian.”
Devo infilare le mani sotto il cuscino e appoggiarci sopra la testa per resistere all’impulso di stringerlo a me.
«Be’, il giorno dopo sono tornato in quella
casa senza sapere che cosa aspettarmi. Ti
risparmio i dettagli scabrosi, ma è stato più o
meno come il giorno prima. Così è cominciata la nostra relazione.»
“Porca
miseria,
fa
male
sentirlo
raccontare.”
Si gira di nuovo su un fianco per guardarmi in faccia.
«E vuoi sapere una cosa, Ana? Il mio
mondo è diventato più nitido. Chiaro e preciso. Tutto. Era esattamente ciò di cui avevo
bisogno. Lei è stata come una ventata d’aria
fresca. Prendeva le decisioni, mi toglieva
tutta quella merda di dosso e così mi permetteva di respirare. E anche quando la storia è finita il mio mondo è rimasto nitido
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grazie a lei. Ed è stato così finché non ho
conosciuto te.»
Che cosa dovrei replicare a un racconto del
genere? Esitante, Christian mi sistema una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Tu hai messo sottosopra il mio mondo.»
Chiude gli occhi, e quando li riapre ardono.
«Il mio mondo era ordinato, calmo e controllato e poi sei entrata tu nella mia vita, con la
tua lingua biforcuta, la tua innocenza, la tua
bellezza e la tua calma temerarietà… E tutto
quello che avevo fatto prima di colpo mi è
sembrato noioso, vuoto, mediocre… Non era
nulla.»
“Oddio.”
«Mi sono innamorato» sospira.
Smetto di respirare. Mi accarezza una
guancia.
«Lo stesso vale per me» riesco a mormorare, con quel poco fiato che mi resta.
Il suo sguardo si addolcisce. “Lo so” mima
con le labbra.
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«Davvero lo sai?»
«Sì.»
Gli
rivolgo
un
timido
sorriso.
«Finalmente» sussurro.
«E ha messo tutto nella prospettiva giusta
per me. Quando ero più giovane, Elena era il
centro del mio mondo. Non c’era nulla che
non avrei fatto per lei. E lei ha fatto molto
per me. Mi ha fatto smettere di bere. Mi ha
fatto studiare… Sai, mi ha insegnato un sistema per affrontare i problemi che non conoscevo, mi ha permesso di sperimentare cose
che non avrei mai pensato di poter
sperimentare.»
«Tipo l’essere toccato.»
Annuisce. «In un certo modo.»
Aggrotto la fronte, chiedendomi che cosa
intende.
Vedendo la mia reazione, ha un attimo di
esitazione.
“Dimmelo!” Cerco di costringerlo con la
forza del pensiero.
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«Quando uno cresce con un’immagine di
sé completamente negativa, pensando di essere una specie di reietto, un selvaggio impossibile da amare, pensa anche di meritarsi
di essere picchiato.»
“Christian… tu non sei nessuna di queste
cose.”
Fa una pausa. «Ana, è molto più facile
mostrare il proprio dolore all’esterno…»
Un’altra confessione. «Lei ha incanalato la
mia rabbia.» Piega le labbra in una smorfia
desolata. «Soprattutto verso l’interno, me ne
rendo conto ora. Il dottor Flynn ha insistito
un bel po’ su questa cosa. È solo da poco che
vedo la mia relazione con lei per quello che
era. Lo sai… dal mio compleanno.»
Rabbrividisco allo sgradevole ricordo di
Elena e Christian che si distruggono a parole
durante la festa dai Grey.
«Per lei la nostra relazione era un fatto di
sesso e controllo… una donna solitaria che
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trovava una sorta di consolazione nel giocare
con un ragazzino.»
«Ma a te il controllo piace» sussurro.
«Sì, molto. E mi piacerà sempre, Ana. Ho
ceduto il controllo per un breve periodo. Ho
lasciato che qualcuno prendesse tutte le decisioni al posto mio. Io non potevo farlo, non
ero nelle condizioni giuste. Ma sottomettendomi a lei ho trovato me stesso e la forza di
farmi carico della mia vita… di assumere il
controllo e prendere le decisioni da solo.»
«E cioè di diventare un Dominatore?»
«Sì.»
«È stata una tua scelta?»
«Sì.»
«Anche quella di ritirarti da Harvard?»
«Sì, è stata una mia decisione, la migliore
che abbia mai preso. Almeno finché non ho
conosciuto te.»
«Me?»
«Sì.» Le sua labbra si piegano in un sorriso dolce. «Perché la miglior decisione che
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abbia mai preso in assoluto è stata quella di
sposarti.»
“Oddio.” «Non quella di fondare la tua
azienda?»
Scuote la testa.
«Neanche quella di imparare a pilotare?»
Scuote la testa. “Sei stata tu” mima con le
labbra. Mi accarezza la guancia con le nocche. «E lei lo sapeva» sussurra.
Mi acciglio. «Sapeva cosa?»
«Che ero tanto innamorato di te da aver
perso la testa. Mi ha esortato a venire a trovarti in Georgia, e sono contento che l’abbia
fatto. Pensava che saresti rimasta disorientata e te ne saresti andata. Cosa che hai
fatto.»
Impallidisco. Preferirei non pensarci.
«Pensava che io avessi bisogno di tutti gli
ammennicoli dello stile di vita che mi
piaceva.»
«Quello del Dominatore?» sussurro.
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Annuisce. «Mi consentiva di tenere tutti a
debita distanza, mi dava il controllo e mi
manteneva distaccato, almeno così pensavo.
E sono sicuro che tu hai capito perché» aggiunge con voce sommessa.
«La tua madre biologica?»
«Non volevo essere di nuovo ferito. Poi tu
mi hai lasciato.» Le sue parole si sentono a
malapena. «E io ero distrutto.»
“Oh, no.”
«Ho evitato l’intimità per tanto tempo…
Non so come comportarmi.»
«Stai andando benissimo» mormoro. Gli
passo l’indice sulle labbra. Lui le chiude in
un bacio. “Stai parlando con me.”
«Ti manca?» sussurro.
«Che cosa?»
«Quello stile di vita.»
«Sì.»
“Ah!”
«Ma solo perché mi manca il controllo che
comporta. E per essere franco, la tua stupida
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bravata» fa una pausa «quella che ha salvato
mia sorella» continua sussurrando, con la
voce piena di sollievo, meraviglia e incredulità «è stata ciò che mi ha fatto capire.»
«Capire?»
«Capire fino in fondo che tu mi ami.»
Mi acciglio. «Davvero?»
«Sì. Perché hai rischiato così tanto… per
me, per la mia famiglia.»
Mi acciglio ancora di più. Si avvicina e fa
scorrere l’indice lungo la mia fronte, sopra
l’attaccatura del naso.
«Quando aggrotti la fronte ti viene una V
proprio qui» mormora. «È morbida da baciare. Io sono capace di comportarmi così
male… eppure tu sei ancora qui.»
«Perché la cosa ti stupisce? Ti avevo detto
che non ti avrei mai lasciato.»
«Per il modo in cui mi sono comportato
quando mi hai detto che eri incinta.» Fa
scorrere il dito lungo la mia guancia. «Avevi
ragione. Sono un adolescente.»
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“Porca miseria… l’ho detto davvero.” La
mia vocina interiore precisa: “L’ha detto il
dottore!”.
«Christian, ho detto delle cose tremende.»
Mi appoggia l’indice sulle labbra.
«Ssh. Me le meritavo. E poi questo è il momento della mia storia della buonanotte.» Si
gira di nuovo sulla schiena.
«Quando mi hai detto che eri incinta…» Si
interrompe. «Io pensavo che per un po’
saremmo stati solo tu e io. Avevo preso in
considerazione l’idea di avere dei figli, ma
solo in astratto. Avevo questa vaga fantasia
che un giorno o l’altro, in futuro, tu e io
avremmo avuto un bambino.»
“Uno solo? No… Non un figlio unico. Non
come me.” Ma non è il momento per sollevare la questione.
«Sei ancora così giovane, e so che sei ambiziosa, anche se non si direbbe.»
“Ambiziosa? Io?”
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«Be’, mi hai spiazzato. Insomma, è stata
una cosa del tutto inattesa. Mai e poi mai mi
sarei immaginato che tu fossi incinta,
quando ti ho chiesto cosa c’era che non andava.» Sospira. «Ero furioso. Con te. Con
me. Con tutti. E così si è ripresentata… la
sensazione di non avere il controllo su niente. Dovevo uscire. Sono andato a cercare
Flynn, ma era a una riunione scolastica dei
genitori.» Christian fa una pausa.
«Ironia della sorte» sussurro.
«E così ho cominciato a camminare, camminare, camminare… e mi sono ritrovato
davanti al salone di bellezza. Elena ne stava
uscendo. È stata sorpresa di vedermi. E a
dire il vero ero a mia volta sorpreso di trovarmi lì. Ha visto che ero sconvolto e mi ha
proposto di andare a bere qualcosa.»
“Accidenti. Eccoci al punto.” Il cuore mi
batte forte. “Sono sicura di volerlo sapere
davvero?”
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«Siamo andati in un bar tranquillo che
conoscevo e abbiamo preso una bottiglia di
vino. Mi ha chiesto scusa per come si era
comportata l’ultima volta che ci eravamo
visti. Le dispiace che mia madre abbia deciso
di chiudere con lei: in questo modo la sua
cerchia sociale si è ristretta. Ma la capisce.
Abbiamo parlato di lavoro, lei se la cava bene
nonostante la recessione… Le ho accennato
al fatto che tu volevi dei bambini.»
Mi rabbuio. «Pensavo che le avessi detto
che sono incinta.»
Mi guarda con aria sincera. «No, non l’ho
fatto.»
«E perché non me l’hai detto?»
Si stringe nelle spalle. «Non ne ho avuto la
possibilità.»
«Sì, invece.»
«Il mattino dopo non ti ho più trovata,
Ana. E quando ti ho vista eri infuriata con
me.»
“Oh, sì.” «Sì, lo ero.»
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«Comunque, a un certo punto della serata,
più o meno a metà della seconda bottiglia, si
è avvicinata per toccarmi e io sono diventato
di ghiaccio» sussurra, mettendosi un braccio
sugli occhi.
Mi viene la pelle d’oca. “Che cos’è questa
storia?”
«Ha capito che mi ero allontanato da lei.
Siamo rimasti entrambi scioccati.» Sta parlando piano, troppo piano.
“Christian, guardami!” Gli prendo il braccio e lui lo abbassa, girandosi per guardarmi.
È pallido, gli occhi sgranati.
«Che cosa c’è?» sussurro.
Si incupisce e deglutisce forte.
“Ah…” Che cos’è che non mi sta dicendo?
Voglio davvero saperlo?
«Ci ha provato.» È sconvolto, e si vede.
Rimango senza fiato, stravolta, e ho l’impressione che il mio cuore si sia fermato. “La
fottuta Strega!”
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«È stato un attimo, sospeso nel tempo. Lei
ha visto la mia espressione e si è resa conto
di aver oltrepassato il confine. Le ho detto…
di no. Erano anni che non pensavo più a lei
in quel modo e inoltre» deglutisce di nuovo
«amo te. Gliel’ho detto: io amo mia moglie.»
Lo guardo negli occhi. Non so che cosa
dire.
«Si è subito tirata indietro. Si è scusata, ha
cercato di farlo passare come uno scherzo.
Cioè, è felice con Isaac e con il lavoro, e non
ci augura certo nulla di male. Ha detto che le
mancava la mia amicizia, ma che si rendeva
conto che ora la mia vita è con te. È stata una
situazione imbarazzante, visto quello che era
successo l’ultima volta che ci eravamo trovati
tutti nella stessa stanza. Ci siamo detti addio.
In modo definitivo. Le ho detto che non
avevo più intenzione di vederla, e lei se n’è
andata per la sua strada.»
Ho il cuore stretto dalla paura. «Vi siete
baciati?»
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«No!» sbuffa. «Non avrei sopportato di avvicinarmi così a lei. Stavo malissimo. Volevo
tornare a casa da te. Ma… sapevo di essermi
comportato male. Sono rimasto lì e ho finito
la bottiglia, poi ho cominciato con il bourbon. Mentre bevevo mi sono ricordato che
un giorno mi avevi detto: “Se si fosse trattato
di tuo figlio…”. E ho iniziato a pensare a
Junior e a com’era cominciata tra me ed
Elena. E mi sono sentito… a disagio. Non mi
era mai capitato prima.»
Ecco che nella mente spunta un ricordo,
una conversazione sussurrata mentre ero
semicosciente… era la voce di Christian. “Ma
averla rivista ha finalmente messo tutto nella
giusta prospettiva per me. Capisci, vero? La
storia del bambino… Per la prima volta ho
sentito… Quello che avevamo fatto… era
sbagliato.” Stava parlando con Grace.
«Questo è quanto?»
«Più o meno, sì.»
«Ah.»
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«Ah?»
«Ed è finita?»
«Sì. Lo è da quando ho messo gli occhi su
di te. Me ne sono reso conto quella sera, e se
n’è resa conto anche lei.»
«Mi dispiace» mormoro.
Aggrotta la fronte. «Perché?»
«Per essermi arrabbiata tanto il giorno
dopo.»
Christian sbuffa. «Piccola, so cosa significa
essere arrabbiati.» Fa una pausa, poi sospira.
«Vedi, Ana, io ti voglio tutta per me. Non
voglio dividerti con nessuno. Quello che abbiamo noi ora io non l’ho mai avuto prima.
Voglio essere il centro del tuo universo, almeno per un po’.»
“Oh, Christian.” «Ma lo sei. E questo non
cambierà mai.»
Mi rivolge un sorriso indulgente, triste,
rassegnato. «Ana» sussurra. «Non è vero.»
Mi spuntano le lacrime agli occhi.
«E come potrebbe?» mormora.
1134/1287
Oh, no.
«Merda… non piangere, Ana. Ti prego,
non piangere.» Mi accarezza la faccia.
«Scusami.» Il labbro inferiore sta tremando e lui ci passa sopra il pollice,
tranquillizzandomi.
«No, Ana, no. Non devi scusarti. Avrai
qualcun altro da amare tanto quanto me. Ed
è giusto così.»
«Anche Puntino ti amerà. Sarai il centro
del mondo di Puntino, o Junior» sussurro. «I
bambini amano i loro genitori incondizionatamente, Christian. Vengono al mondo
così, programmati per amare. Tutti i
bambini… anche tu. Pensa a quel libro per
bambini che ti piaceva tanto quand’eri piccolo. Volevi ancora tua madre. Tu l’amavi.»
Ritira la mano, chiudendosela a pugno
contro il mento.
«No» sussurra.
«Invece sì, l’amavi.» Le lacrime ormai
scorrono liberamente sul mio viso. «Certo
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che l’amavi. Non avevi scelta. Ecco perché
hai sofferto così tanto. Per questo motivo sei
in grado di amare me» mormoro. «Perdonala. Lei aveva tutto un mondo di dolore a cui
pensare. Come madre faceva schifo, ma tu
l’amavi.»
Mi fissa senza parlare, con lo sguardo tormentato da ricordi che io non riesco neanche
a immaginare.
“Oh, ti prego, non smettere di parlare.”
Finalmente dice qualcosa: «Le spazzolavo
sempre i capelli. Era bella».
«Basta guardare te per non avere dubbi su
questo.»
«Come madre faceva schifo.» La sua voce
si sente appena.
Annuisco e lui chiude gli occhi. «Sono terrorizzato dall’idea di diventare un padre così
anch’io.»
Gli accarezzo il viso. “Oh, Christian…” «Ma
tu pensi che io ti permetterei di diventarlo?»
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Apre gli occhi e mi fissa per un istante
lungo un’eternità. Poi sorride e un’espressione di sollievo gli illumina il volto. «No,
non credo che me lo permetteresti.» Mi accarezza il viso con le nocche, guardandomi
con stupore. «Mio Dio, sei una donna forte,
Mrs Grey. Ti amo così tanto…» Mi dà un bacio sulla fronte. «Non pensavo che ne sarei
stato capace.»
«Oh, Christian» sospiro, tentando di
trattenere le emozioni.
«Bene, questa è la fine della mia storia
della buonanotte.»
«E che storia…»
Fa un sorriso malinconico, ma mi sembra
che sia sollevato. «Come va la testa?»
«La mia testa?» “Veramente, con tutto
quello che mi hai raccontato, è sul punto di
esplodere!”
«Ti fa male?»
«No.»
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«Bene. Penso che dovresti dormire,
adesso.»
“Dormire! Come faccio a dormire dopo
questo racconto?”
«Dormi» mi dice in tono deciso. «Ne hai
bisogno.»
Metto il broncio. «Ho ancora una
domanda.»
«Ah, sì? Quale?» Mi guarda con aria
circospetta.
«Come mai sei diventato di colpo tanto…
loquace, diciamo così?»
Si acciglia.
«Mi hai raccontato tutte queste cose,
quando di solito per tirarti fuori le informazioni ci vogliono le tenaglie.»
«Davvero?»
«Lo sai benissimo.»
«Perché sono diventato così loquace? Non
saprei. Forse è stato vederti praticamente
morta sull’asfalto. O il fatto che sto per diventare padre. Non lo so. Mi hai detto che
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volevi sapere, e io non voglio che Elena continui a essere una presenza ingombrante fra
noi. Non può più farlo, appartiene al passato,
e te l’ho detto un sacco di volte.»
«Se lei non ci avesse provato… sareste
ancora amici?»
«Ehi, avevamo detto una domanda…»
«Scusami. Non sei tenuto a rispondermi.»
Arrossisco. «Mi hai già detto spontaneamente molte più cose di quante mi sarei mai
immaginata.»
Il suo sguardo si ammorbidisce. «No, non
credo. Ma era come se ci fosse ancora una
questione aperta con lei, dopo il mio compleanno. Ha oltrepassato un confine, e per
me è finita. Credimi, ti prego. Non la vedrò
mai più. Hai detto che per te rappresenta un
limite assoluto. È un termine che capisco
benissimo» mi dice, con tranquilla sincerità.
Okay, lascerò perdere questa storia. La
mia vocina interiore si rilassa. “Era ora!”
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«Buonanotte, Christian. Grazie per l’illuminante storia della buonanotte.» Mi protendo per baciarlo e le nostre labbra si sfiorano, ma lui si ritrae.
«No» sussurra. «Ho una voglia matta di
fare l’amore con te.»
«E allora facciamolo.»
«No, hai bisogno di riposare, ed è tardi.
Su, dormi ora.» Poi spegne l’abat-jour e
piombiamo nell’oscurità.
«Ti amo incondizionatamente, Christian»
mormoro mentre mi rannicchio accanto a
lui.
«Lo so» sussurra lui, e riesco a percepire il
suo sorriso timido.
Mi sveglio di soprassalto. La stanza è piena
di luce e Christian non è a letto. Lancio
un’occhiata alla sveglia e vedo che sono le
sette e cinquantatré del mattino. Faccio un
respiro profondo e il dolore alle costole mi fa
sussultare, anche se non è intenso come ieri.
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Penso che potrei andare al lavoro. “Sì, il lavoro!” Voglio andare in ufficio.
È lunedì e ieri ho passato tutta la giornata
a oziare a letto. Christian mi ha permesso di
uscire solo per andare a trovare Ray. È
ancora un tale maniaco del controllo. Sorrido. “Il mio maniaco del controllo.” È stato
attento, amorevole, chiacchierone… e ha tenuto le mani a posto da quando sono tornata a
casa. Devo fare qualcosa, a questo proposito.
La testa non mi fa più male e il dolore alle
costole è quasi sparito, anche se devo ammettere che ridere è una cosa che richiede
ancora una certa cautela, ma mi sento frustrata. Penso che questo sia il periodo più
lungo che ho trascorso senza fare sesso da…
be’, dalla prima volta.
Ritengo che abbiamo ritrovato entrambi il
nostro equilibrio. Christian è molto più rilassato, la lunga storia della buonanotte che mi
ha raccontato sembra essere riuscita a scacciare alcuni dei suoi fantasmi, che ora sono
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lontani da lui e anche da me. Staremo a
vedere.
Faccio una doccia veloce e, dopo essermi
asciugata, scelgo accuratamente un vestito.
Voglio qualcosa di sexy, qualcosa che possa
indurre Christian all’azione. Chi l’avrebbe
mai detto che un uomo così insaziabile
sarebbe stato capace di un simile autocontrollo? Per il momento non ho intenzione di
approfondire dove abbia imparato una tale
disciplina nei confronti del suo corpo. Dopo
la sua confessione, non abbiamo più parlato
della Strega. E spero che non lo faremo mai
più. Per me, è morta e sepolta.
Scelgo una gonna nera indecentemente
corta e una camicetta bianca di seta. Mi infilo
le autoreggenti con i bordi di pizzo e le mie
Louboutin nere con il tacco. Metto un po’ di
mascara e del lucidalabbra, per mantenere
un look naturale, e dopo una vigorosa
spazzolata lascio i capelli sciolti. Sì, così
dovrebbe andare.
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Christian sta facendo colazione. La
forchettata di omelette rimane a mezz’aria
appena mi vede. Si rabbuia.
«Buongiorno, Mrs Grey. Devi andare da
qualche parte?»
«In ufficio.» Sorrido con dolcezza.
«Non penso proprio.» Christian sbuffa con
un tono di divertita presa in giro. «La dottoressa Singh ha parlato di una settimana di
riposo.»
«Christian, non ho nessuna intenzione di
passare una giornata a letto da sola. Tanto
vale che vada in ufficio. Buongiorno, Gail.»
«Buongiorno, Mrs Grey.» Mrs Jones tenta
di mascherare un sorriso. «Vuole fare
colazione?»
«Sì, grazie.»
«Un po’ di cereali?»
«Preferirei uova strapazzate e pane integrale tostato.»
Mrs Jones fa un ampio sorriso e sul viso di
Christian si legge la sorpresa.
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«Bene, Mrs Grey» dice Mrs Jones.
«Ana, tu in ufficio non ci vai.»
«Ma…»
«No. Argomento chiuso. Non si discute.»
Christian è molto risoluto. Lo guardo male e
mi accorgo solo in quel momento che indossa ancora i pantaloni del pigiama e la Tshirt che aveva questa notte.
«Non vai in ufficio?»
«No.»
“Sto impazzendo?” «Ma oggi è lunedì,
vero?»
Sorride. «L’ultima volta che ho controllato, sì.»
Socchiudo gli occhi. «Vuoi marinare il
lavoro?»
«Non ti lascio certo qui da sola a metterti
nei guai.»
Mi sistemo su uno sgabello vicino a lui e
tiro un po’ su la gonna. Mrs Jones mi posa
davanti una tazza di tè.
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«Hai un bell’aspetto» dice Christian. Incrocio le gambe. «Molto bello. Soprattutto
qui.» Passa un dito sulla pelle sopra le
autoreggenti. Il mio battito accelera mentre
lui gioca. «È una gonna corta» mormora, con
un vago tono di disapprovazione mentre
segue con gli occhi il movimento del dito.
«Davvero? Non l’avevo notato.»
Christian mi fissa e sorride, tra il divertito
e l’esasperato.
«Davvero, Mrs Grey?»
Arrossisco.
«Non sono sicuro che sia l’abbigliamento
adatto per l’ufficio» mormora.
«Be’, dal momento che non andrò in ufficio, la cosa è opinabile.»
«Opinabile?»
“Opinabile” mimo con le labbra.
Christian sorride e ricomincia a mangiare
la sua omelette. «Io ho un’idea migliore.»
«Ah, sì?»
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Mi fissa da sotto le lunghe ciglia e i suoi
occhi grigi si fanno più intensi. Respiro bruscamente. “Ecco, ci siamo quasi.”
«Possiamo andare a vedere come procede
Elliot con la casa.»
“Cosa? Oh! Mi stava solo stuzzicando!”
Ricordo vagamente che ci saremmo dovuti
andare prima che Ray fosse ferito.
«Mi piacerebbe molto.»
«Bene, allora.» Fa un sorriso radioso.
«Ma tu non devi lavorare?»
«No. Ros è tornata da Taiwan. È andato
tutto bene. Oggi è tutto a posto.»
«Pensavo che andassi tu a Taiwan.»
Sbuffa di nuovo. «Ana, ma eri in
ospedale!»
«Ah.»
«Sì, “ah”. E così oggi ho deciso di dedicarmi un po’ a mia moglie.» Schiocca le labbra
mentre beve un sorso di caffè.
«Dedicarti a me?» Non riesco a mascherare una punta di speranza nella mia voce.
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Mrs Jones mi mette davanti il piatto con le
uova, senza riuscire a trattenere un altro
sorriso.
Christian sogghigna. «Esatto, dedicarmi a
te.» Annuisce.
Ho troppa fame per continuare a flirtare
con mio marito.
«È bello vederti mangiare» mormora.
Nell’alzarsi, si china a darmi un bacio sui
capelli. «Vado a farmi una doccia.»
«Ehm… posso venire a lavarti la schiena?»
bofonchio con la bocca piena di pane tostato
e uovo.
«No. Mangia.»
Mentre esce si sfila la T-shirt, regalandomi
la visione delle spalle perfettamente scolpite
e della schiena nuda mentre varca la soglia
del salone. Mi blocco con il boccone a metà.
Christian è rilassato mentre guida diretto a
nord. Abbiamo appena lasciato Ray e Mr
Rodriguez che guardavano una partita di calcio sul nuovo televisore a schermo piatto che
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sospetto sia stato comprato da Christian per
l’ospedale.
Dopo la nostra “conversazione” Christian è
molto sereno. Come se si fosse tolto un peso;
l’ombra di Mrs Robinson non incombe più su
di noi, forse perché io ho deciso di darci un
taglio, o forse perché anche lui l’ha deciso,
non lo so. Non mi sono mai sentita così vicina a lui come ora. Forse perché si è finalmente confidato con me. Spero che continui
a farlo. E sta accettando il bambino sempre
di più.
Lo guardo mentre guida, mangiandomelo
con gli occhi. Ha un’aria casual… sexy, con i
capelli arruffati, gli occhiali da sole, la giacca
gessata, la camicia bianca di lino e i jeans.
Mi guarda e mi appoggia una mano sopra
il ginocchio, con una lieve carezza. «Sono
contento che tu non ti sia cambiata.»
Mi sono infilata un giubbotto di jeans e ho
messo le scarpe basse, ma porto ancora la
gonna corta. La sua mano indugia un po’ più
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in su del mio ginocchio e io ci metto sopra la
mia.
«Hai intenzione di stuzzicarmi ancora a
lungo?»
«Forse.» Christian sorride.
«E perché?»
«Perché sì.» Fa un ampio sorriso da
ragazzino.
«Guarda che è un gioco che si può fare in
due» gli sussurro.
Le sue dita continuano a salire su per la
mia coscia e a stuzzicarmi. «Coraggio, allora,
Mrs Grey.» Il sorriso si allarga.
Gli prendo la mano e gliela rimetto sul
ginocchio. «Be’, te la puoi tenere, la tua
mano.»
Sogghigna. «Come vuoi, Mrs Grey.»
“Maledizione.” Questo gioco mi si sta
ritorcendo contro.
Christian imbocca il vialetto d’accesso della
nostra nuova casa. Si ferma davanti al
tastierino numerico e digita un codice, e il
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cancello di metallo bianco si apre. Proseguiamo lungo la stradina costeggiata dagli alberi ricoperti di foglie verdi, gialle e color
rame brunito. L’erba alta del prato sta diventando color oro, ma qua e là spunta
ancora qualche fiore di campo giallo. È una
giornata splendida. Il sole brilla e il caratteristico odore salato del Puget Sound si
mescola con il profumo dell’autunno imminente. È davvero un posto tranquillo e meraviglioso. Se penso che ci trasferiremo a vivere
qui…
La stradina fa una curva e appare la casa.
Davanti sono parcheggiati diversi camion
con la scritta COSTRUZIONI GREY su una fiancata. La casa è circondata dai ponteggi e ci
sono parecchi operai con il casco di protezione che lavorano sul tetto.
Christian si ferma fuori dal portico e
spegne il motore. Riesco a percepire la sua
eccitazione.
«Andiamo a cercare Elliot.»
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«È qui?»
«Lo spero. Con quello che lo pago.»
Sbuffo, e Christian sogghigna mentre
scendiamo dalla macchina.
«Ehilà, fratello!» grida Elliot da un punto
imprecisato. Ci guardiamo entrambi intorno.
«Quassù!» È sul tetto che saluta con un
sorriso da un orecchio all’altro. «Era ora che
vi faceste vedere. Rimanete lì. Scendo in un
attimo.»
Lancio uno sguardo a Christian, che si
stringe nelle spalle. Pochi minuti dopo Elliot
appare alla porta d’ingresso.
«Ciao, fratello.» Stringe la mano a Christian. «E tu come stai, giovane signora?» Mi
solleva e comincia a farmi girare.
«Molto meglio, grazie» ridacchio senza fiato mentre le mie costole protestano. Christian gli lancia un’occhiataccia, ma Elliot lo
ignora.
«Andiamo in ufficio. Dovete mettervi uno
di questi.» Si tocca il casco di protezione.
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La casa è un guscio vuoto. I pavimenti sono
coperti da uno strato di materiale fibroso che
sembra iuta. Alcune delle pareti originarie
sono sparite e ne sono state tirate su delle
altre. Elliot ci porta in giro, illustrandoci
come stanno procedendo i lavori. Ci sono
uomini, e perfino qualche donna, all’opera
ovunque. Sono sollevata nel vedere che lo
scalone di pietra con l’intricata ringhiera di
ferro è ancora al suo posto, completamente
coperto dai teloni antipolvere.
Nel salone la parete di fondo è stata
eliminata per far posto alla vetrata di Gia, e
sono cominciati i lavori sulla terrazza. Nonostante il caos, la vista rimane sorprendente. I
nuovi lavori sono coerenti e in sintonia con il
fascino antico della casa… Gia è stata davvero brava. Elliot ci spiega con pazienza tutti
i vari lavori in corso e ci dà anche una stima
di massima per il completamento di ciascuno. Spera che potremo entrare già a
Natale.
1152/1287
Trascorrere il Natale sul Puget Sound…
non vedo l’ora. Mi immagino già noi due che
decoriamo un enorme albero mentre un
bambino con i capelli ramati ci osserva
meravigliato.
Il giro di Elliot finisce in cucina. «Vi lascio
dare un’occhiata da soli. Fate attenzione,
però, questo è un cantiere.»
«Certo. Grazie, Elliot» mormora Christian
prendendomi per mano. «Sei contenta?» mi
chiede dopo che Elliot se n’è andato. Io sto
guardando con aria sognante la stanza vuota
chiedendomi dove potrò appendere i quadri
con i peperoni che abbiamo comprato in
Francia.
«La adoro. E tu?»
«Anch’io» mi risponde sorridendo.
«Bene. Stavo pensando di appendere qui
in cucina i quadri con i peperoni.»
Christian annuisce. «Voglio che ci siano i
ritratti che ti ha fatto José. Devi decidere
dove vuoi metterli.»
1153/1287
Arrossisco. «In un punto in cui non dovrò
vederli spesso.»
«Non fare così» mi rimprovera, passandomi il pollice sul labbro inferiore. «Sono le
mie foto preferite. Mi piace molto quella che
ho in ufficio.»
«Non capisco perché» mormoro e gli bacio
il polpastrello del pollice.
«Be’, ci sono cose peggiori che stare tutto il
giorno a guardare il tuo meraviglioso sorriso.
Hai fame?» mi chiede.
«Fame di cosa?»
Mi fa un sorrisetto e i suoi occhi si fanno
torbidi. La speranza e il desiderio si
mescolano dentro di me.
«Di cibo, Mrs Grey.» E mi bacia
dolcemente sulle labbra.
Fingo di accigliarmi e sospiro. «Sì, in
questi giorni ho sempre fame.»
«Potremmo fare un picnic, noi tre.»
«Noi tre? Viene qualcuno con noi?»
1154/1287
Christian piega la testa di lato. «Tra sette o
otto mesi circa.»
“Ah… Puntino.” Gli faccio un sorrisetto
sciocco.
«Pensavo che magari ti piacerebbe mangiare all’aperto.»
«Nel prato?» gli domando.
Annuisce.
«Certo» gli rispondo con un sorriso.
«Questo sarà un posto fantastico per far
crescere una famiglia» mormora, guardandomi negli occhi.
“Una famiglia! Più di un figlio?” Chissà se
avrò il coraggio di parlarne adesso.
Mi mette una mano sulla pancia. “Accidenti.” Trattengo il respiro e metto la mia
sopra la sua.
«È difficile da credere» sussurra, e per la
prima volta colgo la meraviglia nella sua
voce.
«Lo so. Ah… qui ho le prove. Una foto.»
«Davvero? Il primo sorriso del piccolo?»
1155/1287
Tiro fuori l’ecografia di Puntino dalla
borsetta.
«Ecco, lo vedi?»
Christian la esamina, fissandola per parecchi secondi.
«Ah… Puntino. Sì, lo vedo.» Sembra distratto, quasi sgomento.
«Tuo figlio» sussurro.
«Nostro figlio» ribatte lui.
«Il primo di molti.»
«Molti?» Christian sgrana gli occhi,
allarmato.
«Almeno due.»
«Due? Possiamo cominciare con questo,
intanto?»
Sorrido. «Ma certo.»
Usciamo all’aperto, nel caldo pomeriggio
autunnale.
«Quando lo dirai ai tuoi?» mi chiede
Christian.
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«Presto» mormoro. «Avevo intenzione di
dirlo a Ray questa mattina, ma c’era Mr
Rodriguez.» Mi stringo nelle spalle.
Christian annuisce e apre il bagagliaio
dell’R8. All’interno ci sono un cestino da picnic di vimini e il plaid scozzeze che abbiamo
comprato insieme a Londra.
«Vieni» dice, prendendo coperta e cestino
con una mano e offrendomi l’altra. Ci inoltriamo nel prato.
«Certo, Ros, vai tranquilla.» Christian chiude la telefonata. È la terza che riceve da
quando abbiamo iniziato il picnic. Si è tolto
le scarpe e le calze e mi osserva, con le braccia sulle ginocchia piegate. La giacca è da
una parte, appoggiata sopra la mia, perché fa
caldo. Sono sdraiata accanto a lui, allungata
sul plaid, in mezzo all’erba alta; siamo
lontani dal rumore del cantiere e nascosti
agli occhi degli operai, nel nostro paradiso
bucolico privato. Mi allunga una fragola, che
1157/1287
addento con piacere, senza smettere di
guardarlo negli occhi.
«È buona?» sussurra.
«Molto.»
«Ne vuoi ancora?»
«Di fragole, no.»
Mentre sorride nei suoi occhi passa un
lampo pericoloso. «Mrs Jones prepara dei
picnic davvero ottimi» dice.
«Proprio così» sussurro.
Si muove all’improvviso e si sdraia appoggiandomi la testa sulla pancia. Chiude gli occhi e sembra molto soddisfatto. Gli infilo le
dita nei capelli.
Sospira rumorosamente, poi aggrotta la
fronte mentre guarda il numero che è apparso sul display del BlackBerry. Alza gli occhi al
cielo e risponde alla chiamata.
«Welch» dice brusco. Si irrigidisce, ascolta
per un paio di secondi, poi di colpo si tira su
a sedere.
1158/1287
«Ventiquattr’ore su ventiquattro, sette
giorni su sette… Grazie» dice a denti stretti e
poi mette giù. Il cambiamento d’umore è immediato. Il marito che mi stuzzicava e mi
corteggiava è sparito e al suo posto c’è un
freddo e calcolatore padrone dell’universo.
Stringe gli occhi a fessura, poi mi rivolge un
sorriso che mi lascia di ghiaccio. Prende il
Black-Berry e digita un numero.
«Ros, che quota possediamo dell’azienda
di Lincoln?» Si mette in ginocchio.
Mi viene la pelle d’oca. “Oh, no, che cosa
significa?”
«Allora, consolidiamo l’acquisizione, poi
licenzia tutto il consiglio d’amministrazione,
eccetto l’amministratore delegato… Non me
ne frega un cazzo… Ho capito, fai come ti
dico e basta… grazie… fammi sapere.» Mette
giù il telefono e poi mi guarda impassibile
per un momento.
Porca miseria! Christian è furioso.
«Che cos’è successo?»
1159/1287
«Si tratta di Linc» mormora.
«Linc? L’ex marito di Elena?»
«Esatto. È stato lui a pagare la cauzione di
Hyde.»
Fisso Christian, sbalordita. La sua bocca è
una linea dura.
«Be’, farà la figura dell’idiota» mormoro,
costernata. «Voglio dire, Hyde ha commesso
un altro reato mentre era fuori su cauzione.»
Christian fa un sorriso cattivo. «Un punto
per te, Mrs Grey.»
«E tu adesso che cos’hai fatto?» mi metto
in ginocchio anch’io, di fronte a lui.
«L’ho fottuto.»
“Ah!” «Ehm… una reazione un po’ impulsiva, no?»
«Io sono il tipo che agisce d’impulso.»
«Ah, lo so bene.»
«Tenevo questo piano in serbo da un po’»
aggiunge, in tono asciutto.
Mi acciglio. “Eh?”
1160/1287
Rimane in silenzio un attimo, come per
soppesare qualcosa, poi fa un respiro
profondo.
«Anni fa, quando io ne avevo ventuno,
Linc ha massacrato di botte Elena. Le ha
rotto la mandibola, il braccio sinistro e quattro costole perché scopava con me.» Lo
sguardo si indurisce. «E adesso scopro che
ha pagato la cauzione per un uomo che ha
cercato di uccidermi, ha rapito mia sorella e
rotto la testa a mia moglie. Ne ho abbastanza. Penso che sia venuto il momento
di fare i conti.»
Impallidisco. «Un punto per te, Mr Grey»
sussurro.
«Ana, di solito non sono spinto dalla vendetta, ma questa non posso proprio passargliela. Quello che ha fatto a Elena… Be’, lei
avrebbe dovuto denunciarlo, ma non l’ha
fatto. È stata una sua scelta. Ma con la storia
di Hyde ha davvero passato il limite. Linc
l’ha trasformata in una cosa personale
1161/1287
prendendosela con la mia famiglia. Sto per
distruggerlo, smembrandogli l’azienda e
vendendo i pezzi al miglior offerente. Sto per
mandarlo in bancarotta.»
“Ah…”
«E inoltre» fa un sorrisetto «da questo affare guadagneremo un sacco di soldi.»
Lo fisso negli occhi grigi fiammeggianti,
che improvvisamente si addolciscono.
«Non volevo spaventarti» sussurra.
«Non mi hai spaventata» replico, mentendo. «Mi hai solo colta di sorpresa» mormoro, prima di deglutire. A volte Christian fa
davvero paura.
Mi sfiora le labbra con le sue. «Farò di
tutto perché tu sia al sicuro, perché la mia
famiglia sia al sicuro, perché questo piccolino sia al sicuro» mormora e accarezza
delicatamente la mia pancia.
“Oh…” Smetto di respirare. Christian mi
fissa, con gli occhi torbidi. Schiude le labbra
1162/1287
e, con una mossa calcolata, mi sfiora il pube
con la punta delle dita.
Il desiderio esplode come un ordigno che
mi incendia il sangue. Gli afferro la testa, tirandolo verso di me finché le mie labbra non
trovano le sue. È sorpreso dal mio assalto, e
io gli infilo la lingua in bocca. Geme e
risponde al mio bacio, le sue labbra e la sua
lingua affamate, e per un momento ci perdiamo mentre la lingua, le labbra, il respiro e
la sensazione dolcissima del riscoprirsi si
fondono.
Oh, voglio quest’uomo. È passato troppo
tempo. Lo voglio adesso, qui, all’aria aperta,
nel nostro prato.
«Ana» ansima, in estasi, e scende con la
mano lungo la mia schiena fino al bordo
della gonna. Armeggio per sbottonargli la
camicia.
«Fermati, Ana, smettila.» Si ritrae, la mascella contratta, e mi afferra le mani.
1163/1287
«No.» Gli mordicchio il labbro inferiore e
lo tiro piano. «No» mormoro di nuovo,
guardandolo negli occhi. Lo lascio andare.
«Ti voglio.»
Lui inspira bruscamente. È combattuto,
l’indecisione è scritta a caratteri cubitali nei
suoi luminosi occhi grigi.
«Ti prego, ho bisogno di te.»
Si arrende con un gemito quando la sua
bocca trova la mia, e incolla le labbra alle
mie. Con una mano mi sorregge la testa e
con l’altra mi accarezza fino alla vita, poi mi
fa sdraiare sulla schiena e si stende al mio
fianco.
Si scosta e mi guarda mentre è sopra di
me. «Sei così bella, Mrs Grey.»
«Anche tu, Mr Grey. Dentro e fuori.»
Aggrotta la fronte, e io gli passo un dito
sulla ruga tra le sopracciglia.
«Non accigliarti. Sei fatto per me, anche
quando sei arrabbiato» sussurro.
1164/1287
Geme di nuovo e, catturando la mia bocca
con la sua, mi spinge dolcemente nell’erba
morbida.
«Mi sei mancata» sospira, mentre i suoi
denti mi mordicchiano piano la mascella.
Sono al settimo cielo.
«Anche tu mi sei mancato, Christian. Oh,
Christian.» Gli tiro i capelli con una mano e
gli afferro una spalla con l’altra.
Le sue labbra si spostano sulla mia gola,
lasciando una scia di baci lungo il percorso.
Mi sbottona abilmente la camicetta e la apre,
baciando le morbide protuberanze dei miei
seni. Sento i suoi mormorii di apprezzamento, quei versi gutturali che mi arrivano
dritti al centro del corpo.
«Il tuo corpo sta cambiando» sussurra. Mi
stuzzica un capezzolo con il pollice finché
non si indurisce premendo contro il reggiseno. «Mi piace» aggiunge. Guardo la sua lingua che mi lecca e segue la linea tra il reggiseno
e
il
seno,
tormentandomi
e
1165/1287
stuzzicandomi. Stringe delicatamente la
coppa del reggiseno tra i denti e l’abbassa,
liberando il seno e strofinando con il naso il
capezzolo, che si indurisce per il tocco e per
il fresco della dolce brezza autunnale. Chiude
le labbra intorno a me e comincia a succhiare, con forza e a lungo.
«Ahi!» gemo inspirando forte, per poi sussultare quando il dolore si irradia dalle
costole.
«Ana!» esclama e mi guarda fisso, con la
preoccupazione dipinta sul volto. «È esattamente questo che intendo» mi ammonisce.
«La tua mancanza di attenzione per la tua incolumità. Non voglio farti male.»
«No… non smettere» mugolo. Lui continua a fissarmi, lottando contro se stesso.
«Ti prego.»
«Come vuoi.» Si muove di scatto, mettendomi seduta a cavalcioni su di lui, con la
gonna corta raccolta intorno ai fianchi. La
1166/1287
sua mano scivola sul bordo delle
autoreggenti.
«Così. Così va meglio, e posso godermi la
vista.» Allunga una mano e infila l’indice
nell’altra coppa del reggiseno, liberando
anche l’altro seno. Stringe entrambi i seni e
io, gettando la testa all’indietro, li premo
contro le sue mani tanto attese. Mi stuzzica,
tirando e stringendomi i capezzoli finché non
urlo, poi si raddrizza in modo da avvicinare
la faccia alla mia, gli occhi grigi e avidi fissi
nei miei. Mi bacia, continuando a stuzzicarmi con le dita. Armeggio con la sua camicia e
slaccio i primi due bottoni, ed è uno shock
sensoriale… vorrei baciarlo ovunque, svestirlo, fare l’amore con lui tutto nello stesso
momento.
«Ehi…» mi afferra con delicatezza la testa
e la tira indietro, con lo sguardo torbido e
pieno di promesse sensuali. «Non c’è fretta.
Prenditela con calma. Voglio gustarti.»
1167/1287
«Christian, è così tanto tempo…» gli dico,
ansimando.
«Piano» sussurra, ed è un ordine. Mi bacia
l’angolo destro della bocca. «Piano.» Bacia
l’angolo sinistro. «Piano, piccola.» Mi tira il
labbro inferiore con i denti. «Prendiamocela
comoda.» Infila le dita tra i miei capelli e mi
tiene ferma mentre con la lingua invade la
mia bocca esplorando, assaggiando, placandomi… e infiammandomi di nuovo. Ah, come
bacia bene il mio uomo.
Gli accarezzo il viso, sposto le mani sul
mento, poi sulla gola e ricomincio ad armeggiare con i bottoni della sua camicia, prendendomi tutto il tempo mentre lui continua a
baciarmi. Gliel’apro lentamente, le mie dita
percorrono le sue clavicole toccando la pelle
calda e vellutata. Lo spingo delicatamente indietro finché non giace sotto di me. Mi raddrizzo e lo guardo negli occhi, consapevole
della sua erezione. “Mmh.” Gli sfioro le labbra con le dita spostandomi verso la
1168/1287
mascella, poi lungo il collo e sul pomo
d’Adamo fino al solco alla base della gola. “Il
mio meraviglioso uomo.” Mi chino, baciandolo dove l’ho appena toccato. Gli mordicchio la mascella e lo bacio sulla gola. Lui chiude gli occhi.
«Ah.» Geme e getta la testa all’indietro,
scoprendo la base della gola. Ha la bocca rilassata e aperta, in silenziosa venerazione.
Christian perso ed eccitato mi rende euforica… e mi accende.
Scendo con la lingua lungo lo sterno, e la
passo sui peli del petto. “Mmh.” Ha un
sapore buonissimo. Un profumo buonissimo.
Bacio le piccole cicatrici tonde e lui mi afferra i fianchi. Mi appoggio con le mani sul
suo petto e lo guardo in viso. Ha il respiro
accelerato.
«Ne hai voglia? Qui?» ansima, con gli occhi socchiusi e colmi di un’eccitante combinazione di amore e lussuria.
1169/1287
«Sì» mormoro, mentre con le labbra e la
lingua percorro il suo petto fino a raggiungere il capezzolo. Lo tiro e lo mordicchio
delicatamente con i denti.
«Oh, Ana» sussurra, poi mi prende per la
vita e mi solleva, slacciando il bottone dei
pantaloni e tirando giù la cerniera in modo
da liberare di colpo la sua erezione. Mi fa
sedere di nuovo e io mi struscio contro di lui,
godendomi la sensazione del suo sesso caldo
e duro sotto di me. Risale con le mani lungo
le cosce e si ferma nel punto in cui termina il
bordo delle autoreggenti e comincia la pelle.
Le sue mani disegnano piccoli cerchi stuzzicanti sulla parte alta delle cosce, le punte
dei pollici mi toccano… proprio dove voglio
essere toccata. Trattengo il fiato.
«Spero che tu non sia troppo affezionata
alla tua biancheria intima» mormora, con
uno sguardo selvaggio e infuocato. Passa le
dita lungo l’elastico delle mutandine e poi le
infila sotto, accarezzandomi. Tira la stoffa
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degli slip e me li strappa. Allarga le dita sulle
mie cosce e mi sfrega i pollici sul pube. Si inarca premendomi contro la sua erezione.
«Sento quanto sei bagnata.» La sua voce
risuona di apprezzamento carnale. Si raddrizza di colpo, tenendomi un braccio intorno alla vita e ci ritroviamo faccia a faccia.
Strofina il naso sul mio.
«Ce la prendiamo comoda, Mrs Grey.
Voglio sentirti fino in fondo.» Mi solleva e
poi, con lentezza deliziosa e frustrante, mi
abbassa su di lui. Sento ognuno dei centimetri della sua erezione che mi penetra.
«Ah…» Gemo in modo sconnesso mentre
allungo le mani per afferrargli le braccia.
Cerco di ritrarmi per sentirlo di più, ma lui
mi tiene ferma.
«Devi prendermi tutto» sussurra e inarca
il bacino, spingendosi dentro di me fino in
fondo. Getto la testa all’indietro e faccio un
urlo soffocato di puro piacere.
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«Fammi sentire» mormora. «No… non
muoverti, sentilo e basta.»
Apro gli occhi. Lui mi fissa, i licenziosi occhi grigi socchiusi inchiodati all’azzurro dei
miei. Si sposta ruotando un fianco, ma continua a tenermi ferma.
«Questo è il mio posto preferito: affondato
dentro di te» mormora con la bocca sulla
mia pelle.
«Per favore, muoviti un po’» lo imploro.
«Piano, Mrs Grey.» Inarca di nuovo il bacino e il piacere si irradia attraverso di me.
Gli prendo la faccia tra le mani e lo consumo
di baci.
«Amami. Ti prego, Christian.»
Con i denti mi sfiora la mascella risalendo
delicatamente fino all’orecchio.
«Adesso» sussurra, e mi solleva facendomi
andare su e giù. La mia dea interiore è scatenata e io premo Christian contro il terreno,
e comincio a muovermi, assaporando la
sensazione di averlo dentro… lo cavalco, lo
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cavalco sempre più forte. Lui si adegua al
mio ritmo tenendomi le mani sui fianchi. Mi
è mancata… l’eccitante sensazione di averlo
sotto di me, dentro di me… Sento il sole sulla
schiena, il dolce profumo dell’autunno
nell’aria, la soave brezza di mezza stagione. È
un’eccitante fusione di sensi: il tatto, il gusto,
l’olfatto, e la vista del mio adorato marito
sotto di me.
«Oh, Ana» geme, con gli occhi chiusi, la
testa rovesciata all’indietro e la bocca aperta.
“Ah… questo mi piace.” Il piacere comincia
a farsi più intenso… sempre più intenso…
portandomi vicinissima al culmine. Le mani
di Christian si muovono sulle mie cosce,
finché lui preme delicatamente i pollici in
mezzo alle mie gambe e io esplodo intorno a
lui, ripetutamente, e crollo sul suo petto,
mentre anche lui gode gridando il mio nome
con gioia e amore.
Mi tiene stretta al petto cullandomi la testa.
“Mmh.” Chiudo gli occhi e mi godo la
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sensazione delle sue braccia intorno a me.
Ho una mano sul suo petto e percepisco il
battito regolare che piano piano rallenta e si
calma. Lo bacio e strofino il naso contro di
lui, e per un istante mi stupisco pensando
che fino a non molto tempo fa non mi
avrebbe consentito di farlo.
«Va meglio?» sussurra.
Alzo la testa. Ha un sorriso da un orecchio
all’altro. «Molto meglio» dico. E tu?» Il mio
sorriso riflette il suo.
«Mi sei mancata, Mrs Grey.» Diventa
serio.
«Anche tu.»
«Non farai più l’eroina, vero?»
«No» prometto.
«Dovresti sempre parlare con me»
sussurra.
«Vale anche per te, Mr Grey.»
Fa un sorriso malizioso. «Un punto per te.
Ci proverò.» Mi dà un bacio sui capelli.
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«Penso che qui saremo felici» sussurro,
chiudendo di nuovo gli occhi.
«Sì. Tu, io e… Puntino. Come ti senti?»
«Bene. Rilassata. Felice.»
«Ottimo.»
«E tu?»
«Sì, tutte quelle cose lì» mormora.
Apro gli occhi e lo guardo, cercando di interpretare la sua espressione.
«Cosa c’è?»
«Sei molto autoritario quando facciamo
sesso.»
«Ti stai lamentando?»
«No. Mi stavo solo domandando… Hai
detto che il tuo vecchio stile di vita ti
manca.»
Rimane immobile, e mi fissa. «A volte»
sussurra.
“Ah.” «Bene, vedremo che cosa possiamo
fare in proposito» mormoro e gli do un bacio
leggero sulle labbra, avvinghiata a lui. Rivivo
immagini di noi due, nella stanza dei giochi;
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la musica di Tallis, il tavolo, io legata alla
croce, incatenata al letto… Mi piace il suo
sesso estremo, il nostro sesso estremo. Sì.
Posso fare quel tipo di cose. Posso farle per
lui, con lui. “Posso farle per me.” La mia
pelle formicola al ricordo del frustino.
«Anche a me piace giocare» mormoro e
quando alzo gli occhi vengo premiata dal suo
sorriso timido.
«Sai, mi piacerebbe molto scoprire quali
sono i tuoi limiti» sussurra.
«I miei limiti in cosa?»
«Nel piacere.»
«Oh, penso che potrebbe anche attrarmi.»
«Bene, allora magari quando arriviamo a
casa» sussurra, lasciando la promessa
sospesa tra noi.
Gli strofino di nuovo il naso addosso. Lo
amo così tanto.
Sono passati due giorni dal nostro picnic.
Due giorni da quella promessa, “allora
magari quando arriviamo a casa”. Christian
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continua a trattarmi come se fossi di
cristallo. Non mi lascia andare in ufficio, e
così lavoro a casa. Metto da parte sulla
scrivania la pila di lettere di presentazione di
nuovi autori che stavo leggendo e sospiro.
Christian e io non siamo più entrati nella
stanza dei giochi dalla volta in cui ho dovuto
usare la safeword. Eppure ha detto che ne
sente la mancanza. Be’, anch’io… Soprattutto
adesso che vuole esplorare i miei limiti.
Arrossisco al pensiero di che cosa può implicare una cosa del genere. Lancio un’occhiata
al tavolo da biliardo… Sì, non vedo l’ora di
esplorarli.
I miei pensieri sono interrotti da una musica dolce e appassionata che risuona nell’appartamento. Christian sta suonando il pianoforte, non uno dei suoi soliti motivi tristi, ma
una melodia piena di speranza. Una melodia
che riconosco, ma che non gli avevo mai sentito suonare prima.
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Mi avvicino in punta di piedi alla soglia del
salone e lo osservo suonare. È il crepuscolo.
Il cielo è di un rosa opulento e la luce si riflette sui suoi capelli colore del rame brunito.
Christian è di una bellezza mozzafiato, concentrato sulla musica, ignaro della mia
presenza. Negli ultimi giorni è stato così
disponibile, così attento a offrirmi piccoli
scorci delle sue giornate, dei suoi pensieri,
dei suoi progetti. È come se avesse rotto una
diga, e cominciato a parlare.
So che tra pochi minuti verrà a controllare
come sto e questo mi suggerisce un’idea. Me
la svigno tutta eccitata, sperando che non mi
abbia notata. Corro nella nostra camera
togliendomi tutto quello che ho addosso fino
a rimanere solo con le mutandine azzurre di
pizzo. Cerco una camicetta azzurra e me la
infilo in fretta. Nasconderà i miei lividi. Entro nella cabina armadio e tiro fuori dal cassetto i jeans scoloriti di Christian, quelli della
stanza dei giochi, i miei preferiti. Prendo il
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BlackBerry dal comodino, piego con cura i
jeans e mi inginocchio accanto alla porta socchiusa della camera. Riesco a udire le note di
un altro brano, che non conosco. Ma è
anch’esso un motivo pieno di speranza, ed è
delizioso. Scrivo in fretta una mail.
Da: Anastasia Grey
A: Christian Grey
Data: 21 settembre 2011 20.45
Oggetto: Il piacere di mio marito
Mio signore,
attendo istruzioni.
Tua per sempre
Mrs G X
Premo il tasto INVIA.
Pochi minuti dopo la musica si interrompe
di colpo. Il mio cuore perde un colpo e poi
comincia a battere forte. Aspetto. Alla fine il
mio BlackBerry vibra.
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Da: Christian Grey
A: Anastasia Grey
Data: 21 settembre 2011 20.48
Oggetto: Il piacere di mio marito <--- questo titolo
mi piace, piccola
Mrs G,
mi intrighi. Verrò a cercarti.
Tieniti pronta.
Christian Grey
Amministratore delegato che pregusta grandi cose,
Grey Enterprises Holdings Inc.
“Tieniti pronta!” Il cuore comincia a battermi forte e io inizio a contare. Trentasette
secondi dopo la porta si apre. Sto guardando
in basso, i suoi piedi nudi fermi sulla soglia.
“Mmh.” Lui non dice nulla. Non dice nulla
per un’eternità. Resisto all’impulso di alzare
gli occhi e guardarlo e tengo lo sguardo
abbassato.
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Alla fine si china e prende i jeans. Rimane
in silenzio ma si dirige verso la cabina armadio mentre io rimango immobile. “Oddio…
Ci siamo.” Il cuore batte all’impazzata e mi
godo la scarica di adrenalina che mi percorre
tutto il corpo. Fremo mentre l’eccitazione
cresce. Che cosa mi farà? Pochi momenti
dopo è di ritorno e indossa i jeans.
«E così hai voglia di giocare, eh?»
mormora.
«Sì.»
Non dice nulla e arrischio una rapida occhiata… i jeans, le cosce fasciate dal tessuto,
la protuberanza all’altezza della cerniera, il
bottone aperto in vita, la striscia di peli pubici, l’ombelico, l’addome cesellato, i peli sul
petto, gli occhi grigi incandescenti e la testa
piegata di lato. Ha un sopracciglio inarcato.
“Oddio.”
«Sì e poi?» sussurra.
“Ah.”
«Sì, signore.»
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Lo sguardo si ammorbidisce. «Brava bambina» mormora, e mi accarezza la testa.
«Credo che sia meglio portarti di sopra, adesso» aggiunge. Mi sciolgo dentro, e il mio
ventre si contrae per il desiderio.
Mi prende per mano e lo seguo attraverso
l’appartamento, e poi su per le scale. Arrivati
davanti alla porta della stanza dei giochi si
ferma e si china per baciarmi dolcemente,
prima di tirarmi forte i capelli.
«Sai, questo che stai facendo si chiama
dominazione dal basso» mormora con le labbra sulle mie.
«Come?» Non capisco di cosa sta
parlando.
«Non preoccuparti. Me ne farò una ragione» sussurra, divertito, poi fa scorrere il
naso lungo la mia mascella e mi morde
dolcemente un orecchio. «Quando saremo
dentro, inginocchiati come ti ho insegnato.»
«Sì… signore.»
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Mi guarda, con gli occhi che brillano
d’amore, di meraviglia e di pensieri
pervertiti.
Caspita… La vita non sarà mai noiosa con
Christian, e mi sento pronta per il lungo
viaggio che ci attende. Amo quest’uomo: è
mio marito, il mio amante, il padre di mio
figlio, a volte è il mio Dominatore… è il mio
Mr Cinquanta Sfumature.
Epilogo
The Big House, maggio 2014
Sono sdraiata sulla coperta da picnic, intenta
a guardare il blu del cielo estivo: il panorama
è incorniciato dai fiori di campo e dall’erba
alta. Il sole del pomeriggio mi riscalda la
pelle, le ossa e il pancione: mi rilasso, distesa
mollemente. È confortevole. Anzi, no, è
meraviglioso. Assaporo quest’attimo di pace,
di puro e semplice appagamento. Dovrei sentirmi in colpa perché provo questa gioia,
questo senso di completezza, ma non è così.
La vita, qui e ora, è bella, e ho imparato ad
apprezzarla e a viverla momento per momento come mio marito. Sorrido, ritornando
con il pensiero al delizioso ricordo di ieri
sera a casa, all’Escala.
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Le strisce di cuoio del flagellatore mi accarezzano il pancione, a un ritmo dolorosamente pigro.
«Ne hai già abbastanza, Ana?» mi sussurra
Christian.
«Oh, ancora» lo prego, strattonando le
manette sopra la testa, mentre sono bendata
e legata alla griglia della stanza dei giochi.
Il flagellatore mi morde dolcemente il
sedere.
«Ancora, e poi?»
Sussulto. «Ancora, signore.»
Christian mette la mano sulla mia pelle
che pulsa, e la accarezza delicatamente.
«Là. Là. Là» dice con voce dolce. Le dita si
muovono verso il basso e in cerchio, poi
scivolano dentro di me.
Gemo.
«Mrs Grey» sospira, e mi mordicchia il
lobo dell’orecchio. «Sei così pronta.»
Le dita scivolano dentro e fuori, andando a
toccare quel punto, quel punto dolcissimo,
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ripetutamente. Il flagellatore schiocca sul pavimento e le sue mani si muovono sulla mia
pancia risalendo fino ai seni. Mi tendo. Sono
sensibili.
«Ssh» dice Christian, circondandone uno
con le mani. Mi accarezza delicatamente il
capezzolo con il pollice.
«Ah!»
Le sue dita sono delicate e seducenti, e il
piacere, con ampie spirali, inizia a scendere
sempre più in basso, fino al centro del mio
corpo. Getto indietro la testa, spingendo il
capezzolo contro il suo palmo, e gemo
ancora.
«Mi piace sentirti godere» sussurra Christian. La sua erezione mi preme contro il
fianco, i bottoni dei pantaloni mi affondano
nella carne. Le dita continuano il loro assalto
implacabile: dentro, fuori, dentro, fuori, a
ritmo. «Posso farti venire così?» chiede.
«No.»
Le dita si fermano dentro di me.
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«Davvero, Mrs Grey? Adesso sei tu che decidi?» Le dita si stringono intorno al
capezzolo.
«No, no, signore.»
«Così va meglio.»
«Ah, ti prego» lo imploro.
«Che cosa vuoi, Anastasia?»
«Voglio te. Sempre.»
Inspira bruscamente.
«Ti voglio tutto» aggiungo, senza fiato.
Tira fuori le dita, mi gira in modo che
possa guardarlo e mi toglie la benda. Sbatto
le palpebre, scrutando gli occhi grigi, due
pozze scure, che ardono nei miei. Mi accarezza il labbro inferiore con le dita e mi
mette l’indice e il medio in bocca, per farmi
assaporare il gusto salato della mia
eccitazione.
«Succhia» sussurra, e io gli passo la lingua
intorno e in mezzo alle dita.
“Mmh… persino il mio sapore è buono su
di lui.”
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Mi fa scivolare le mani lungo le braccia,
raggiunge le manette sopra la mia testa, le
apre e mi libera. Mi fa girare con la faccia al
muro e mi tira la treccia, trascinandomi contro di lui. Mi gira la testa di lato e mi accarezza con le labbra dalla gola all’orecchio,
mentre continua a tenermi stretta a lui.
«Voglio mettertelo in bocca.» La sua voce
è dolce e seducente. Il mio corpo, pieno e
pronto, si contrae. Il piacere è dolce e
intenso.
Gemo. Mi giro per guardarlo, lo attiro a
me e gli do un bacio lascivo: la mia lingua invade la sua bocca. Grugnisce, mi mette le
mani sul sedere e mi attira a sé: solo il mio
pancione arriva a toccarlo. Gli mordicchio la
mascella, mi sposto verso la gola continuando a baciarlo e faccio scivolare le dita
verso i jeans. Getta indietro la testa,
scoprendo la gola. Lo accarezzo con la lingua, scendendo sul torace e sui peli del petto.
«Ah.»
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Gli afferro i jeans alla cintura. I bottoni si
slacciano e lui mi afferra le spalle mentre mi
inginocchio davanti a lui.
Lo guardo con gli occhi socchiusi, e vedo
che mi sta fissando. Ha lo sguardo torbido, le
labbra socchiuse e inspira bruscamente
mentre glielo prendo in bocca. Mi piace da
morire. Lo guardo mentre si arrende, sento il
suo respiro sincopato e quei gemiti bassi,
gutturali. Chiudo gli occhi e succhio forte,
abbassandomi su di lui e gustandomi il suo
sapore e il suo respiro affannoso.
Mi afferra la testa, fermandomi, e io copro
i denti con le labbra e lo prendo ancora più
in fondo.
«Apri gli occhi e guardami» mi ordina a
bassa voce.
Due occhi ardenti incontrano i miei e lui
inarca il bacino, riempiendomi fino alla gola
per poi tirarsi velocemente indietro. Mi entra
di nuovo dentro e io allungo una mano per
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prenderglielo. Si immobilizza, e mi tiene
ferma.
«Non mi toccare, o ti metto di nuovo le
manette. Voglio solo la bocca» ringhia.
“Funziona così?” Mi metto le mani dietro
la schiena e lo guardo con espressione innocente e la bocca piena.
«Brava bambina» dice, con un sorrisetto
compiaciuto e la voce roca. Si tira leggermente indietro e, continuando a stringermi
con delicata fermezza, si spinge di nuovo
dentro di me. «Hai una bocca tutta da
scopare, Mrs Grey.» Chiude gli occhi e si insinua in profondità, mentre lo stringo tra le
labbra e lo accarezzo con la lingua. Lo
prendo più a fondo, avanti e indietro, mentre
lui respira affannosamente.
«Ah! Ferma» dice, e si allontana, mentre
io ne vorrei ancora. Mi afferra per le spalle e
mi fa alzare. Mi tira la treccia e mi bacia con
violenza, la lingua ostinata, bramosa e generosa allo stesso tempo. All’improvviso mi
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lascia andare e, prima che me ne renda conto, mi ha già presa tra le braccia e ha raggiunto il letto a baldacchino. Mi depone delicatamente sul letto, facendomi sedere sul
bordo.
«Mettimi le gambe intorno alla vita» ordina. Obbedisco, e lo attiro a me. Si china,
mettendomi le mani ai lati della testa e, rimanendo in piedi, mi penetra molto
lentamente.
Ah, che meraviglia. Chiudo gli occhi e godo
mentre mi possiede piano.
«Va tutto bene?» mi chiede con evidente
preoccupazione.
«Oddio, Christian. Sì, sì, ancora.» Lo
stringo con le gambe e mi spingo contro di
lui. Geme. Gli afferro le braccia e lui inarca il
bacino, dapprima molto piano.
«Christian, ti prego. Più forte. Non mi fai
male.»
Geme e inizia a muoversi sul serio, un
colpo dopo l’altro. Oh, è meraviglioso.
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«Sì» ansimo, stringendolo più forte
mentre sento montare il piacere… Geme,
scopandomi con rinnovata determinazione.
Sto per venire. “Ti prego. Non smettere.”
«Godi, Ana» ansima digrignando i denti e
vengo intorno a lui, con un orgasmo interminabile. Grido il suo nome e Christian si
ferma, gemendo forte, mentre viene dentro
di me.
«Ana» grida.
Christian è sdraiato vicino a me: mi accarezza il pancione con le mani, le dita
allargate.
«Come sta mia figlia?»
«Sta ballando» e rido.
«Ballando? Oh, sì. Wow, la sento.» Fa un
ampio sorriso, mentre Puntino Due fa le capriole nella mia pancia.
«Penso che le piaccia già fare l’amore.»
Christian aggrotta la fronte. «Davvero?»
dice seccamente. Avvicina le labbra al mio
1192/1287
pancione. «Non se ne parla almeno fino ai
trent’anni, signorina.»
Ridacchio. «Christian, che ipocrita che
sei.»
«No, sono un padre ansioso.» Mi fissa, con
le sopracciglia aggrottate, tradendo la sua
ansia.
«Sei un padre meraviglioso. Ho sempre
saputo che lo saresti stato.» Accarezzo il suo
volto attraente, e lui mi fa il suo sorriso
timido.
«Mi piace» mormora, prima accarezzando
e poi baciando il pancione. «Mi piaci così
grossa.»
Faccio il broncio. «Io non mi piaccio così
grossa.»
«Sei meravigliosa quando vieni.»
«Christian!»
«E non vedo l’ora di assaggiare di nuovo il
tuo latte.»
«Christian! Sei un pervertito…»
1193/1287
Si avventa su di me, baciandomi con violenza. Si insinua tra le mie gambe e mi blocca
le mani sopra la testa. «Dillo che ti piace il
sesso estremo» sussurra.
Sorrido, contagiata dal suo sorriso perverso. «Sì, mi piace il sesso estremo. E ti
amo. Molto.»
Mi sveglio di soprassalto, perché sento un
acuto strillo di gioia di mio figlio. Anche se
non riesco a vedere né lui né Christian, faccio
uno stupidissimo sorriso di esultanza. Ted si
è svegliato dal sonnellino e lui e Christian
stanno giocando rumorosamente nelle vicinanze. Sono sdraiata tranquilla, e mi meraviglio ancora della capacità di Christian di
giocare. Ha una pazienza straordinaria con
Teddy, molto più che con me. Sbuffo. Ma, in
fondo, dev’essere così. E il mio meraviglioso
bambino, la pupilla degli occhi di sua madre
e di suo padre, non ha paura. Christian, però,
tende ancora a proteggerci troppo, entrambi.
1194/1287
Il mio dolce, lunatico Christian con la mania
del controllo.
«Dov’è la mamma? Sarà qui da qualche
parte nel prato.»
Ted dice qualcosa che non riesco a sentire,
e Christian inizia a ridere felice. È un suono
magico, pieno di gioia paterna. Non riesco a
resistere. Mi sforzo di alzarmi sui gomiti per
spiarli dal mio nascondiglio tra l’erba alta.
Christian sta facendo fare l’altalena a Ted,
e lui continua a strillare felice. Si ferma, lo
lancia in aria. Mi si blocca il respiro, ma poi
lo riprende. Ted lancia un urletto di entusiasmo infantile, e io faccio un sospiro di sollievo. Oh, bambino mio, tesorino mio,
sempre in movimento.
«Ancora, papà!» urla. Christian obbedisce,
e io ho il cuore in gola quando lancia Teddy
in aria e poi lo riprende, abbracciandolo
forte. Christian bacia i capelli color rame di
Ted e gli dà un bacio sulla guancia, poi gli fa
il solletico senza pietà per un attimo. Teddy
1195/1287
ride forte, dibattendosi e spingendo contro il
petto di Christian, per liberarsi dall’abbraccio. Con un largo sorriso, Christian lo posa a
terra.
«Dài, cerchiamo la mamma. È nascosta
nell’erba.»
Ted si illumina, entusiasta del gioco, e si
guarda intorno. Afferra la mano di Christian
e indica un posto sbagliato. Io mi metto a
ridacchiare e mi riabbasso velocemente.
«Ted, ho sentito la mamma. L’hai sentita
anche tu?»
«Mamma!»
Il tono imperioso di Ted mi fa un po’ sorridere e un po’ sbuffare. Gesù, è tutto suo
padre, e ha solo due anni.
«Teddy!» lo chiamo, sdraiata a pancia in
su con un sorriso ridicolo sulle labbra.
«Mamma!»
Prima di quanto mi sarei aspettata, sento i
loro passi nel prato, e Ted e Christian sbucano uno dopo l’altro in mezzo all’erba alta.
1196/1287
«Mamma!» strilla Ted come se avesse
trovato un tesoro perduto e mi salta in
braccio.
«Ehi, piccolo!» lo cullo e gli bacio la guancia paffuta. Ridacchia e mi restituisce il bacio, poi si libera dalle mie braccia.
«Ciao, mammina» mi dice Christian
sorridendo.
«Ciao, paparino.» Faccio un sorriso radioso; lui prende Teddy e si siede accanto a
me, con nostro figlio in braccio.
«Fai attenzione con la mamma.» Christian
ammonisce Ted. Sogghigno. Per fortuna non
ho perso la mia vena ironica. Christian tira
fuori dalla tasca il BlackBerry e lo dà a Ted.
Forse ci siamo guadagnati cinque minuti di
pace, al massimo. Teddy lo esamina, con le
piccole sopracciglia aggrottate. Sembra così
serio, con gli occhi azzurri concentrati,
proprio come suo padre quando legge le
mail. Christian accarezza i capelli di Ted e il
cuore mi si gonfia di gioia a guardarli
1197/1287
insieme. Si assomigliano come due gocce
d’acqua: mio figlio seduto tranquillo, per
qualche minuto almeno, in braccio a mio
marito. I due uomini che amo di più.
Ovviamente, Ted è il bambino più bello e
talentuoso del mondo, ma dopotutto sono
sua madre, quindi è ovvio che la pensi così. E
Christian… be’, Christian è Christian. Con la
T-shirt bianca e i jeans è sensuale come
sempre. Che cos’ho fatto per meritarmi una
fortuna simile?
«Come sei bella, Mrs Grey.»
«Anche tu sei bello, Mr Grey.»
«Vero che la mamma è bella?» sussurra
Christian all’orecchio di Ted, che lo scaccia
via, più interessato al BlackBerry.
Ridacchio. «Non lo freghi.»
«Lo so.» Christian sorride e bacia i capelli
di Ted. «Non riesco a credere che domani
compirà due anni» dice pensieroso. Allungandosi, mi mette le mani sul pancione.
«Facciamo tanti bambini» dice.
1198/1287
«Almeno un altro» sorrido e lui mi accarezza il pancione.
«Come sta mia figlia?»
«Bene. Credo che stia dormendo.»
«Ciao, Mr Grey. Ciao, Ana.»
Ci giriamo e vediamo Sophie, la figlia di
Taylor, che appare tra l’erba.
«Sofiiiii» strilla Ted felice di vederla.
Scivola giù dal grembo di Christian, lasciando perdere il BlackBerry.
«Ho dei ghiaccioli fatti da Gail» dice Sophie. «Posso darne uno a Ted?»
«Certo» dico. Oddio: qui mi combinerà un
casino.
«’Olo!» Ted alza le mani e Sophie gli dà un
ghiacciolo, già mezzo sciolto.
«Vieni qui, fai vedere alla mamma.» Mi
siedo e lo succhio, leccando via il succo in eccesso. Mmh… lampone: fresco e delizioso.
«Mio!» protesta Ted, con indignazione.
1199/1287
«Tieni» gli restituisco il ghiacciolo, che
cola un po’ meno, e lui se lo mette subito in
bocca, sorridendo.
«Posso portare Ted a fare un giro?» chiede
Sophie.
«Certo.»
«Non allontanatevi troppo.»
«No, Mr Grey» dice Sophie spalancando i
serissimi occhi nocciola. Penso che Christian
la intimidisca un po’. Dà la mano a Teddy,
che gliela stringe di buon grado. Se ne vanno
camminando a fatica in mezzo all’erba alta.
Christian li osserva.
«Non succederà nulla, Christian. Che male
potrebbero mai farsi, qui?» Mi guarda perplesso per un attimo, e io mi siedo in braccio a
lui.
«Tra l’altro, Ted è innamorato cotto di
Sophie.»
Christian sbuffa e mi accarezza i capelli.
«È una brava bambina.»
1200/1287
«Davvero. Ed è pure carina. Un angelo
biondo.»
Christian si irrigidisce e mi mette le mani
sul pancione. «Bambine, eh?» dice con la
voce venata d’ansia. Gli metto una mano dietro la testa.
«Non devi preoccuparti per tua figlia almeno per i prossimi tre mesi. Ce l’ho io qui al
riparo, d’accordo?»
Mi bacia dietro l’orecchio e mi mordicchia
il lobo.
«Agli ordini, Mrs Grey.» Poi affonda i
denti e io caccio uno strillo.
«Mi è piaciuto la notte scorsa» dice.
«Dovremmo farlo più spesso.»
«Anche a me è piaciuto.»
«Se tu smettessi di lavorare, potremmo…»
Alzo gli occhi al cielo; lui mi stringe tra le
braccia e mi sorride baciandomi il collo.
«Hai alzato gli occhi al cielo, Mrs Grey?»
La sua minaccia implicita mi fa fremere, ma
1201/1287
siamo in mezzo al prato, e i bambini non
sono lontani, quindi ignoro il suo invito.
«La Grey Publishing ha un autore
nell’elenco dei best seller del “New York
Times”: le vendite di Boyce Fox sono eccezionali, il settore e-book è esploso, e finalmente ho la squadra di collaboratori che
voglio.»
«E stai facendo soldi in questi tempi difficili» aggiunge Christian, con l’orgoglio nella
voce. «Ma… mi piacerebbe averti “a piedi
nudi e incinta in cucina”.»
«Piacerebbe anche a me» mormoro, e lui
mi bacia, con le mani ancora incollate al
pancione.
Vedendo che è di buonumore, decido di affrontare un argomento delicato.
«Hai ripensato a quello che ti ho detto?»
Si irrigidisce. «Ana, la risposta è no.»
«Ma Ella è un nome così bello.»
«Non voglio chiamare mia figlia come mia
madre. No. Fine della storia.»
1202/1287
«Sei sicuro?»
«Sì.» Mi afferra il mento e mi guarda
serio, esasperato. «Ana, smettila. Non voglio
che mia figlia sia macchiata dal mio
passato.»
«Okay, scusa.» Accidenti… non voglio
farlo arrabbiare.
«Così va meglio. Smettila di cercare di rimediare» mormora. «Mi hai fatto ammettere
che le volevo bene, mi hai trascinato sulla
sua tomba. Basta.»
Oh, no. Mi sistemo in braccio a lui e gli
faccio aprire le gambe, poi gli afferro la testa
tra le mani.
«Mi dispiace. Davvero. Non essere arrabbiato con me, ti prego.» Lo bacio, poi gli bacio l’angolo della bocca. Dopo un istante, lui
mi indica l’altro angolo: sorrido e lo bacio.
Indica il naso, e bacio anche quello. Sorride e
mi mette le mani sul sedere.
«Oh, Mrs Grey, che cosa devo fare con
te?»
1203/1287
«Sono sicura che ti verrà in mente qualcosa» mormoro. Mi fa un largo sorriso e, girandosi all’improvviso, mi scaraventa sulla
coperta.
«E se mi venisse in mente adesso?» sussurra, con un sorriso lascivo.
«Christian!» Mi manca il fiato.
Improvvisamente si sente un grido acuto
di Ted. Christian balza in piedi con una
mossa da pantera e corre verso il punto da
cui proviene il suono. Lo seguo, a passo più
lento. In fondo sono meno preoccupata di
lui: non è uno di quegli urli che mi farebbe
fare a perdifiato le scale per capire che cos’è
successo.
Christian prende Ted tra le braccia. Il nostro bambino piange, inconsolabile, indicando
il suolo, dove giacciono i resti del ghiacciolo,
mollicci, che si sciolgono nell’erba.
«L’ha fatto cadere» dice tristemente Sophie. «Avrei potuto dargli il mio, ma l’ho
finito.»
1204/1287
«Oh, Sophie, tesoro. Non preoccuparti» le
dico, accarezzandole i capelli.
«Mamma!» piagnucola Ted, allungando le
mani verso di me. Christian, riluttante, lo
lascia andare quando lo raggiungo.
«Per terra, per terra.»
«’Olo!» dice tra i singhiozzi.
«Lo so, tesoro. Andiamo da Mrs Taylor e
ne prendiamo un altro.» Gli bacio i capelli…
Oh, che buon profumo che ha. Il profumo del
mio tesorino.
«’Olo» e continua a singhiozzare. Gli
prendo la mano, e gli bacio le dita
appiccicose.
«Hai il sapore del ghiacciolo sulle dita.»
Ted smette di piangere e si guarda le mani
con attenzione.
«Metti le dita in bocca.»
Obbedisce. «’Olo!»
«Sì, il ghiacciolo.»
1205/1287
Fa un sorrisetto. Il mio piccolo lunatico,
tutto suo padre. Almeno lui ha una scusa: ha
solo due anni.
«Andiamo da Mrs Taylor?» Lui annuisce,
con il suo meraviglioso sorriso di bambino.
«Vuoi andare in braccio a papà?» Scuote la
testa, e mi butta le braccia al collo, abbracciandomi forte, con la testina piegata sulla
mia spalla.
«Penso che anche papà voglia assaggiare il
ghiacciolo» gli sussurro nel minuscolo orecchio. Ted mi guarda aggrottando le
sopracciglia, poi si guarda la mano e la tende
verso Christian. Christian sorride e si mette
le dita di Ted in bocca.
«Mmh… buono.»
Ted ridacchia e allunga le braccia, aspettando che Christian lo prenda in braccio.
Christian mi fa un sorriso e lo tira su,
mettendoselo a cavalcioni sul fianco.
«Sophie, dov’è Gail?»
«Era in casa.»
1206/1287
Lancio un’occhiata a Christian. Il suo sorriso ora è venato di amarezza, e mi chiedo a
che cosa stia pensando.
«Sei così brava con lui» mormora.
«Con il piccolino?» Scompiglio i capelli di
Ted. «Solo perché ho già preso le misure a
voi uomini Grey» e faccio un sorrisetto a mio
marito.
Ride. «È vero, Mrs Grey.»
Teddy si dibatte nella stretta di Christian.
Adesso vuole camminare, il mio tesoro testardo. Gli prendo una mano, suo padre prende l’altra e gli facciamo fare l’altalena mentre
ritorniamo verso casa, con Sophie che corre e
salta davanti a noi.
Saluto Taylor che, in uno dei suoi rari
giorni di ferie, se ne sta fuori dal garage, in
jeans e canottiera, e armeggia con una vecchia motocicletta.
Mi fermo fuori dalla camera di Ted e ascolto
Christian che gli sta leggendo qualcosa.
«Sono Lorax, il guardiano della foresta…»
1207/1287
Quando sbircio nella camera, Teddy è
quasi addormentato, mentre Christian continua a leggere. Alza la testa quando apro la
porta e chiude il libro. Si porta il dito alle
labbra e accende il baby monitor vicino al
lettino. Sistema le lenzuola di Ted, gli accarezza la guancia, poi si alza e, in punta di
piedi, viene verso di me silenziosamente. Mi
trattengo a stento dal fare una risatina.
Fuori nel corridoio Christian mi abbraccia.
«Dio, gli voglio bene, ma che sollievo quando
si addormenta» mormora con le labbra sulle
mie.
«Non potrei essere più d’accordo.»
Mi fissa, con gli occhi dolci. «Non riesco a
credere che è con noi da due anni.»
«Lo so.» Lo bacio e, per un attimo, torno
con la memoria a quando è nato Ted: il
cesareo d’urgenza, la terribile ansia di Christian, la calma assurda della dottoressa
Greene quando Puntino era in pericolo. Il ricordo mi fa rabbrividire.
1208/1287
«Mrs Grey, il suo travaglio dura da quindici
ore. Le contrazioni sono rallentate, nonostante l’ossitocina. Dobbiamo fare il cesareo:
il bambino è in sofferenza.» La dottoressa
Greene è inflessibile.
«Era ora!» ringhia Christian. La dottoressa lo ignora.
«Calmati, Christian!» Gli stringo la mano.
Ho la voce bassa, debole, e tutto gira intorno
a me: le pareti, i macchinari, i camici verdi…
Voglio solo dormire. Ma prima ho qualcosa
di importante da fare… Oh, sì. «Avrei voluto
un parto naturale.»
«Mrs Grey, la prego: facciamo il cesareo.»
«Ti prego, Ana» mi implora Christian.
«Allora posso dormire?»
«Sì, tesoro, sì.» Christian, quasi
singhiozzando, mi bacia.
«Voglio vedere Puntino.»
«Lo vedrai.»
«Okay» sussurro.
1209/1287
«Finalmente» mormora la dottoressa
Greene. «Infermiera, avverta l’anestesista.
Dottor Miller, si prepari al cesareo. Mrs
Grey,
dobbiamo
spostarla
in
sala
operatoria.»
«Spostare?» diciamo Christian e io
contemporaneamente.
«Sì. Subito.»
Ci stiamo già spostando… veloci, le luci sul
soffitto si trasformano in una striscia confusa, mentre mi spingono in fretta lungo il
corridoio.
«Mr Grey, dovrà mettersi il camice.»
«Cosa?»
«Si sbrighi, Mr Grey.»
Mi stringe la mano e mi lascia andare.
«Christian!» Lo chiamo, in preda al
panico.
Stiamo attraversando un’altra serie di
porte e, in men che non si dica, un’infermiera mi sistema un lenzuolo sul petto. La
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porta si apre e si chiude, e la stanza è piena
di gente. Che casino… Voglio andare a casa.
«Christian?» passo in rassegna i volti, cercando mio marito.
«Sarà qui con lei tra un attimo, Mrs Grey.»
Un istante dopo, me lo trovo accanto, con
un camice blu, e gli prendo la mano.
«Ho paura» sussurro.
«No, piccola, no. Ci sono qua io. Non aver
paura. Sei forte, Ana.» Mi bacia la fronte, e
dal suo tono di voce intuisco che c’è qualcosa
che non va.
«Che cosa succede?»
«Come?»
«Cosa c’è che non va?»
«È tutto a posto. Tutto a posto. Sei solo
esausta, piccola.» Negli occhi gli si legge la
paura.
«Mrs Grey, c’è l’anestesista. Sta preparando
la
spinale,
poi
possiamo
procedere.»
«Ha un’altra contrazione.»
1211/1287
Tutto si stringe come una fascia d’acciaio
intorno alla mia pancia. Tengo stretta la
mano di Christian. La cosa più faticosa è sopportare questo dolore. Sono così stanca.
Sento l’anestesia che fa effetto… sempre di
più. Mi concentro sul volto di Christian.
Sulla ruga tra le sue sopracciglia. È teso. È
preoccupato. “Perché è preoccupato?”
«Le faccio male qui, Mrs Grey?» La voce
della dottoressa Greene arriva da dietro il
lenzuolo.
«Male? Dove?»
«Non le faccio male, quindi.»
«No.»
«Bene. Dottor Miller, siamo pronte.»
«Stai andando benissimo, Ana.»
Christian è pallido, il sudore gli imperla la
fronte. È spaventato. “Non aver paura, Christian. Non aver paura.”
«Ti amo» sussurro.
«Oh, Ana» singhiozza. «Ti amo tanto
anch’io.»
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Sento qualcosa tirare, qualcosa dentro il
mio corpo. È una sensazione mai provata
prima d’ora. Christian guarda oltre il lenzuolo e impallidisce, ma continua a fissare la
scena, affascinato.
«Che cosa sta succedendo?»
«Sta uscendo. Bene…»
Improvvisamente, si sente un pianto acuto
e arrabbiato.
«È un maschio, Mrs Grey. Indice di
Apgar?»
«Nove.»
«Posso vederlo?» ansimo.
Christian sparisce per un attimo e ricompare subito dopo, tenendo tra le mani mio
figlio, avvolto nel camice blu. Ha il faccino
rosa coperto di sangue e muco biancastro.
Puntino… Theodore Raymond Grey.
Christian ha le lacrime agli occhi.
«Ecco tuo figlio, Mrs Grey» sussurra con
voce tesa e rauca.
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«Nostro figlio» dico in un soffio. «È
bellissimo.»
«Sì, lo è» dice Christian e stampa un bacio
sulla fronte del nostro meraviglioso
bambino, sotto una zazzera di capelli scuri.
Theodore Raymond Grey non si accorge di
nulla. Con gli occhi chiusi, dimentico del pianto di prima, è addormentato. È una delle
cose più belle che abbia mai visto. Che
meraviglia.
Inizio
a
piangere
sommessamente.
«Grazie, Ana» sussurra Christian, anche
lui con le lacrime agli occhi.
«Che cosa c’è?» Christian mi solleva il
mento.
«Stavo ricordando la nascita di Ted.»
Christian impallidisce e mi mette le mani
sul pancione.
«Non voglio rivivere una cosa del genere.
Questa volta fai il cesareo programmato.»
«Christian, io…»
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«No, Ana. Cazzo, sei quasi morta la volta
scorsa. No.»
«Non sono quasi morta.»
«No.» È categorico e il suo tono non ammette repliche, ma, mentre mi fissa, il suo
sguardo si addolcisce. «Mi piace Phoebe,
come nome» sussurra e strofina il suo naso
sul mio.
«Phoebe Gray? Phoebe. Sì. Piace anche a
me» e gli rivolgo un ampio sorriso.
«Bene. Voglio preparare il regalo di Ted.»
Mi prende per mano, e scendiamo al piano di
sotto. Trasuda eccitazione da tutti i pori. È
tutto il giorno che aspetta questo momento.
«Pensi che gli piacerà?» Il suo sguardo apprensivo incontra il mio.
«Gli piacerà da morire. Per due minuti o
poco più. Christian, ha solo due anni.»
Christian ha finito di costruire il trenino di
legno che ha comprato a Ted per il suo compleanno. Ha parlato con Barney dell’ufficio, e
gli ha fatto modificare due delle piccole
1215/1287
locomotive perché vadano a energia solare
come l’elicottero che ho regalato a Christian
tempo fa. Christian sembra impaziente che
sorga il sole. Ho il forte sospetto che sia perché con quel trenino, che occupa gran parte
del pavimento di pietra della terrazza, ci
vuole giocare lui.
Domani faremo una festa in famiglia per
Ted. Verranno Ray e José e tutti i Grey, compresa la nuova cugina di Ted, Ava, la figlia di
due mesi di Kate e Elliot. Non vedo l’ora di
rivedere Kate, e di scoprire che effetto le fa la
maternità.
Mi perdo a osservare il tramonto sulla
Penisola Olimpica. Christian ha mantenuto
tutte le sue promesse. Guardando il panorama sono attraversata dallo stesso brivido di
felicità della prima volta che l’ho visto. È
semplicemente meraviglioso: il crepuscolo
sul Puget Sound. Christian mi stringe tra le
braccia.
«Bel panorama…»
1216/1287
«Direi di sì» risponde Christian e, quando
mi volto a guardarlo, vedo che mi osserva assorto. Mi bacia dolcemente sulle labbra. «Un
bel panorama» mormora. «Il mio preferito.»
«Panorama di casa.»
Sorride e mi bacia di nuovo. «Ti amo, Mrs
Grey.»
«Ti amo anch’io, Christian. E ti amerò
sempre.»
Sfumature di Christian
Il primo Natale di Mr Cinquanta Sfumature
Ho un cappotto che mi fa prurito e sa di
nuovo. Tutto è nuovo. Ho una nuova
mamma. È una dottoressa. Ha un “tettoscopio”, o come si chiama, che mi posso mettere
nelle orecchie per sentire il cuore. È gentile e
sorride. Sorride sempre. Ha i denti piccoli e
bianchi.
«Vuoi aiutarmi a fare l’albero, Christian?»
C’è un grande albero nella stanza con i divani grandi. È grande davvero. Ne ho visti altri così, ma solo nei negozi. Non dove ci sono
i divani. Nella mia casa nuova ci sono un
sacco di divani. Non solo uno. Non un solo
divano sporco e marrone.
«Guarda qui.»
La mia nuova mamma mi fa vedere una
scatola, piena di palline. Un sacco di belle
palline luccicanti.
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«Sono le decorazioni dell’albero.»
De-co-ra-zio-ni. De-co-ra-zio-ni. Mi ripeto
la parola nella mente. De-co-ra-zio-ni.
«E queste…» si interrompe, tira fuori una
corda con dei fiorellini sopra. Poi continua:
«… sono le luci. Prima mettiamo le luci, e poi
possiamo addobbare l’albero». Si china e mi
accarezza i capelli. Rimango immobile. Ma
mi piacciono le sue dita nei capelli. Mi piace
stare vicino alla mia nuova mamma. Ha un
buon profumo. Sa di pulito. E poi mi tocca
solo i capelli…
«Mamma!»
È lui che la chiama. Lelliot. È grande e
parla forte. Molto forte. Parla. Non la smette
di parlare. Io non parlo. Non mi vengono le
parole. Le ho tutte in testa.
«Elliot, tesoro, siamo in salotto.»
Ci raggiunge correndo. È tornato da
scuola. Ha un disegno. Un disegno della mia
nuova mamma, che è anche la sua. Lei si accuccia, lo abbraccia e guarda il disegno. È
1220/1287
una casa con una mamma, un papà, Lelliot e
Christian. Nel disegno di Lelliot, Christian è
molto piccolo. Lelliot è grande e fa un sorriso
grande, mentre Christian ha la faccia triste.
Ecco che arriva il papà. Va verso la
mamma. Stringo la mia piccola coperta. Lui
bacia la mia nuova mamma, e la mia nuova
mamma non è spaventata. Sorride. Lo bacia
anche lei. Stringo la copertina.
«Ciao, Christian.» Il papà ha una voce profonda e dolce. Mi piace la sua voce. Non urla
mai. Non grida. Non grida come… Mi legge i
libri prima di dormire. Legge di un gatto e di
un cappello, e delle uova verdi e del prosciutto. Non ho mai visto le uova verdi. Il
papà si china, e diventa piccolo.
«Che cosa hai fatto di bello oggi?»
Gli faccio vedere l’albero.
«Hai comprato un albero? Un albero di
Natale?»
Faccio cenno di sì con la testa.
1221/1287
«È un bell’albero. Tu e la mamma avete
scelto proprio bene. Scegliere l’albero giusto
è una cosa importante.»
Anche lui mi accarezza i capelli, e io rimango immobile e stringo forte la copertina. Il
papà non mi fa del male.
«Papà, guarda il mio disegno.» Lelliot è
arrabbiato quando il papà parla con me. Lelliot è arrabbiato con me. Quando è arrabbiato con me, lo picchio. La mia nuova
mamma si arrabbia con me. Lelliot non mi
picchia. Lelliot ha paura di me.
Le luci sull’albero sono belle.
«Guarda, ti faccio vedere. Facciamo passare il filo nel gancetto, e poi la possiamo appendere all’albero.» Mamma mette la deco… de-co-ra-zio-ne rossa sull’albero.
«Prova con questa campanella.»
La campanella suona. La scuoto. Il suono è
felice. La scuoto di nuovo. La mamma fa un
sorriso. Un grande sorriso. Un sorriso speciale per me.
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«Ti piace la campanella, Christian?»
Faccio segno di sì con la testa; la scuoto di
nuovo, e tintinna felice.
«Hai un bellissimo sorriso, tesoro.» La
mamma sbatte le palpebre, e si passa una
mano sugli occhi. Mi accarezza i capelli. «Mi
piace vederti sorridere.» Mi sposta la mano
sulla spalla. No. Faccio un passo indietro e
stringo la copertina. La mamma sembra
triste, e poi felice. Mi accarezza i capelli.
«Mettiamo la campanella sull’albero?»
Faccio segno di sì con la testa.
«Christian, devi dirmelo quando hai fame.
Sei in grado di farlo. Puoi prendere la mano
della mamma, portare la mamma in cucina e
fare così con il dito.» Mi punta contro il suo
lungo dito. L’unghia rosa luccica, è carina.
Ma non capisco se la mia nuova mamma è
pazza. Ho già finito la cena. Pasta con il
formaggio. Che buona.
«Non voglio che tu abbia fame, tesoro.
Okay? Vuoi un po’ di gelato, adesso?»
1223/1287
Entusiasta, faccio cenno di sì con la testa.
La mamma mi sorride. Mi piacciono i suoi
sorrisi. Sono meglio della pasta con il
formaggio.
L’albero è bello. Sono in piedi e lo guardo,
stringendo la copertina. Le luci scintillano,
tutte di colori diversi, e anche le de-co-razio-ni sono di tanti colori diversi. Mi piacciono quelle blu. E sulla punta dell’albero c’è
una grande stella. Il papà ha preso Lelliot in
braccio, e Lelliot ha messo la stella sull’albero. A Lelliot piace mettere la stella sull’albero. Voglio metterla io la stella sull’albero…
ma non voglio che il papà mi prenda in braccio e mi faccia andare così in alto. Non voglio
che mi prenda in braccio. La stella è luminosa e scintillante.
Vicino all’albero c’è il pianoforte. La mia
nuova mamma mi fa toccare il bianco e il
nero sul piano. Bianco e nero. Mi piacciono i
suoni bianchi. Quelli neri sono stonati. Ma
mi piacciono anche i suoni neri. Mi piace
1224/1287
fare prima bianco e poi nero. Prima bianco
poi nero. Prima nero, poi bianco. Bianco, bianco, bianco, bianco. Nero, nero, nero, nero.
Mi piace il suono. Mi piace tantissimo.
«Vuoi che ti suoni qualcosa, Christian?»
La mia nuova mamma si siede. Tocca il bianco e poi il nero, e arrivano le canzoni.
Preme il pedale che c’è in basso. Un po’
suona forte, e un po’ piano. La canzone è allegra. A Lelliot piace anche quando la
mamma canta. La mamma canta di un
brutto anatroccolo. La mamma fa qua qua: è
divertente. Anche Lelliot fa qua qua e mette
le braccia come delle ali, e le fa andare su e
giù come un uccello. Lelliot è divertente.
La mamma ride. Lelliot ride. Rido anch’io.
«Ti piace questa canzone, Christian?» E la
mamma ha lo sguardo un po’ felice e un po’
triste.
Ho una cal-za. È rossa e ha un disegno di un
uomo con un cappello rosso e una grande
barba bianca. È Babbo Natale. Babbo Natale
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porta i regali. Ho visto Babbo Natale disegnato. Però prima d’ora Babbo Natale non mi
ha mai portato i regali. Ero cattivo. Babbo
Natale non porta i regali ai bambini cattivi.
Adesso sono buono. La mia nuova mamma
dice che sono buono, molto buono. La mia
nuova mamma non lo sa. Non glielo devo
dire… ma sono cattivo. Non voglio che la mia
nuova mamma lo sappia.
Il papà appende la cal-za sopra il camino.
Anche Lelliot ha una cal-za. Lelliot sa leggere
la parola sulla sua cal-za. C’è scritto Lelliot.
C’è una parola sulla mia cal-za. Christian. La
mia nuova mamma legge ad alta voce: C-H-RI-S-T-I-A-N.
Il papà si siede sul mio letto. Mi legge un
libro. Afferro la mia copertina. Ho una camera grande. Qualche volta la camera è buia e
faccio brutti sogni. Brutti sogni su com’era
prima. Quando faccio i brutti sogni, la mia
nuova mamma viene nel mio letto. Si mette
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vicino a me e canta le canzoni dolci e io mi
addormento. Profuma di dolce, di nuovo e di
amore. La mia nuova mamma non è fredda.
Non è come… come… E i brutti sogni vanno
via quando mi addormento con lei.
Babbo Natale è passato. Babbo Natale non sa
che sono stato cattivo. Sono contento che
non lo sappia. Ho un treno, e un elicottero, e
un aeroplanino, e un elicottero, e una macchinina, e un elicottero. Il mio elicottero
vola. È blu. Vola intorno all’albero di Natale.
Vola sul pianoforte e atterra tra i tasti bianchi. Vola sopra la mamma, sopra il papà,
sopra Lelliot che gioca con il Lego. L’elicottero vola per tutta la casa, nel soggiorno, in
cucina. Attraversa la porta, entra nello studio
del papà e sale al piano di sopra, nella mia
camera, nella camera di Lelliot, e nella camera della mamma e del papà. Vola per tutta
la casa perché è la mia casa. La casa dove
vivo.
Entra in scena Mr Cinquanta Sfumature
Lunedì 9 maggio 2011
«Domani» borbotto, e congedo Claude
Bastille che è in piedi sulla soglia del mio
ufficio.
«Questa settimana si gioca a golf, Grey?»
Bastille fa un sorrisetto arrogante, ben
sapendo che sul campo da golf ha la vittoria
assicurata.
Gli lancio un’occhiataccia mentre si gira e
se ne va. Le parole con cui si è accomiatato
sono come sale su una ferita perché, nonostante i miei eroici tentativi, stamattina in
palestra il mio personal trainer mi ha fatto
un culo così. Bastille è l’unico che riesce a
battermi e adesso vuole ciò che gli spetta sul
campo da golf. Io odio il golf, ma si fanno
parecchi affari tra una buca e l’altra e così mi
tocca prendere lezioni da lui anche lì… e, per
1228/1287
quanto detesti ammetterlo, Bastille è riuscito
a migliorare un po’ il mio gioco.
Mentre osservo lo skyline di Seattle, sono
preso dalla solita sensazione di tedio. Il mio
umore è spento e grigio come il cielo là fuori.
Le mie giornate si susseguono uguali e ho
bisogno di qualche diversivo. Ho lavorato
tutto il weekend e ora, chiuso nei confini del
mio ufficio, sono irrequieto. Non dovrei sentirmi così, non dopo parecchi round con
Bastille. E invece…
Mi incupisco. La verità, e dovrebbe farmi
riflettere, è che l’unica cosa che ha acceso il
mio interesse recentemente è stata la decisione di inviare due navi da carico in
Sudan. E questo mi fa venire in mente che
Ros dovrebbe venire da me con tutti i resoconti dell’operazione. “Che cosa diavolo la
trattiene?” Deciso a capire a che gioco sta
giocando, do un’occhiata alla mia agenda e
allungo la mano verso il telefono.
1229/1287
“Oh, no!” Devo sorbirmi l’intervista con
quell’insistente Miss Kavanagh per il
giornale studentesco della Washington State
University. “Ma perché cazzo ho accettato?”
Io odio le interviste, una serie di domande
inutili da parte di idioti altrettanto inutili,
male informati e superficiali. Suona il
telefono.
«Sì» rispondo seccamente ad Andrea,
come se fosse colpa sua. Perlomeno posso
tentare di far sì che sia un’intervista breve.
«C’è Miss Anastasia Steele per lei, Mr
Grey.»
«Steele? Io stavo aspettando Katherine
Kavanagh.»
«Qui c’è Miss Anastasia Steele, signore.»
Detesto gli imprevisti. «Falla entrare»
dico, brontolando. Mi rendo conto che sembro un adolescente lunatico, ma non me ne
frega un cazzo.
“Bene, bene… Miss Kavanagh non è
disponibile.” Conosco suo padre, il
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proprietario della Kavanagh Media. Abbiamo
fatto qualche affare insieme, e mi sembra un
professionista accorto e un uomo razionale.
Ho concesso questa intervista per fargli un
favore, un favore che ho intenzione di farmi
restituire un giorno o l’altro. E devo ammettere che ero anche un po’ incuriosito da
sua figlia, mi interessava capire se la mela
era caduta lontano dall’albero oppure no.
Un certo scompiglio vicino alla porta mi fa
alzare in piedi, mentre un vortice di capelli
castani, pelle chiara e stivali marroni si tuffa
a capofitto nel mio ufficio. Alzo gli occhi al
cielo e reprimo la naturale reazione di fastidio per tanta goffaggine, mentre mi precipito
verso la ragazza che è atterrata con mani e
ginocchia sul pavimento. La prendo per le
spalle esili e la aiuto a rimettersi in piedi.
Due luminosi e imbarazzati occhi azzurri
incontrano i miei, e io mi blocco di colpo.
Sono di un colore straordinario – azzurri, ingenui – e per un terribile istante ho la
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sensazione che lei possa leggere dentro di
me. Mi sento… esposto. Il pensiero mi innervosisce. Ha un viso minuto e delicato, e
sta arrossendo, un innocente rosa pallido.
Per un secondo mi domando se tutta la sua
pelle sia così – perfetta – e che aspetto potrebbe avere una volta arrossata e scaldata
dal morso di una verga. “Cazzo.” Caccio i
miei pensieri capricciosi, preoccupato dalla
direzione che stanno prendendo. “A che
cazzo stai pensando, Grey? Questa ragazza è
troppo giovane.” Mi sta fissando a bocca
aperta, e per poco non alzo di nuovo gli occhi
al cielo. “Sì, sì, piccola. È solo un bel viso, e la
bellezza esteriore è effimera.” Voglio togliere
quello sguardo d’impudente ammirazione da
quegli occhioni azzurri.
“Si va in scena, Grey. Divertiamoci un po’.”
«Miss Kavanagh. Sono Christian Grey. Va
tutto bene? Vuole sedersi?»
Di nuovo quel rossore. Sono tornato
padrone di me, e mi metto a studiarla. È
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molto attraente, con quell’aria maldestra. È
magra, pallida, con una criniera di capelli
color mogano a stento trattenuti da un elastico. Una bruna. Sì, è decisamente attraente.
Le porgo la mano e lei comincia a balbettare
una mortificata serie di scuse, mettendo la
sua piccola mano nella mia. Ha una pelle
fresca e morbida, ma la sua stretta di mano è
sorprendentemente decisa.
«Miss Kavanagh è indisposta, quindi ha
mandato me. Spero che non le dispiaccia, Mr
Grey.» Ha una voce pacata, con una musicalità un po’ esitante. Continua a sbattere le
palpebre e le lunghe ciglia ondeggiano sui
grandi occhi azzurri.
Non riesco a trattenere un sorriso mentre
ripenso al suo ingresso non esattamente elegante nell’ufficio, e le chiedo come si
chiama.
«Anastasia Steele. Studio letteratura
inglese con Kate, cioè… Katherine… cioè…
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Miss Kavanagh, alla Washington State
University di Vancouver.»
La classica studiosa timida e nervosa, eh?
Ne ha tutta l’aria: è vestita in modo tremendo, nasconde la sua corporatura magra
sotto un maglioncino informe e una gonna
marrone a trapezio. “Non ha il minimo gusto
nel vestire.” Si guarda intorno con aria
nervosa… Noto con divertita ironia che
guarda ovunque ma non verso di me.
Come fa questa ragazza a essere una
giornalista? Non ha un briciolo di assertività.
Agitata, mansueta, mite… sottomessa. In
modo affascinante. Scuoto la testa, un po’
perplesso quando mi rendo conto della
direzione presa dai miei pensieri inopportuni. Mormoro qualche banalità e la invito a
sedersi, poi vedo che osserva con occhio attento i quadri appesi alle pareti. Prima di
riuscire a fermarmi, mi trovo a illustrarglieli.
«Un artista locale. Trouton.»
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«Sono belli. Elevano l’ordinario a
straordinario» dice lei con aria sognante,
persa nella squisita fattura artistica dei miei
quadri. Ha un bel profilo, naso all’insù, labbra morbide e piene, e ha trovato le parole
che rispecchiano esattamente quello che sento io. “Elevano l’ordinario a straordinario.”
Un’osservazione acuta. Miss Steele è sveglia.
Le dico che sono d’accordo e osservo il
rossore che si fa strada sul suo viso ancora
una volta. Mi siedo di fronte a lei e cerco di
mettere un freno ai miei pensieri.
Tira fuori un foglio di carta stropicciato e
un registratore digitale da uno zainetto. Un
registratore digitale? “Ma una volta non andavano in giro con i registratori a cassette?”
Cazzo, è così maldestra, fa cadere due volte
quel dannato aggeggio sul mio tavolino
Bauhaus. È ovvio che non ha mai fatto niente
del genere prima, ma per qualche motivo che
non riesco a spiegarmi trovo tutto piuttosto
divertente. Di solito questo tipo di goffaggine
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mi irrita profondamente, mentre adesso
cerco di nascondere il sorriso dietro l’indice e
resisto alla tentazione di metterglielo a posto
io.
Mentre lei si agita sempre di più, mi viene
in mente che potrei migliorare le sue capacità motorie con l’aiuto di un frustino da
equitazione. Usato come si deve, è in grado
di rimettere in riga anche il soggetto più recalcitrante. Questo pensiero errante mi fa
cambiare posizione sulla poltrona. Lei mi
guarda, e intanto si morde il labbro inferiore.
“Cazzo!” Come ho fatto a non accorgermi
prima di quella bocca?
«M-mi scusi, non sono abituata a usare
questo arnese.»
“Lo vedo, piccola” penso con ironia “ma in
questo momento non me ne frega un cazzo,
perché non riesco a togliere gli occhi dalla
tua bocca.”
«Si prenda tutto il tempo che le occorre,
Miss Steele.» Ho bisogno di un altro
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momento per ordinare i miei pensieri vagabondi. “Grey, adesso basta. Stop.”
«Le dispiace se registro le sue risposte?»
mi chiede, con un’espressione candida e
speranzosa.
Vorrei mettermi a ridere. “Mio Dio!”
«Me lo chiede adesso, dopo aver tanto faticato per far funzionare il registratore?»
Sbatte le palpebre, e per un attimo ha uno
sguardo smarrito. Mi sento leggermente in
colpa, un sentimento che non mi è familiare.
“Piantala di fare lo stronzo, Grey.”
«No, non mi dispiace» mormoro, non
volendo essere il responsabile di quello
sguardo.
«Kate, voglio dire, Miss Kavanagh, le
aveva spiegato a cosa è destinata questa
intervista?»
«Sì. Apparirà sul prossimo numero del
giornale studentesco, dato che alla cerimonia
di quest’anno sarò io a consegnare i diplomi
di laurea.» Perché cazzo avrò accettato di
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farlo, non lo so. Sam, l’addetto alle pubbliche
relazioni, sostiene che è un grande onore e
che il dipartimento di Scienze ambientali di
Vancouver ha bisogno di un po’ di pubblicità
per trovare ulteriori finanziamenti di entità
pari alla donazione fatta da me.
Miss Steele sbatte le palpebre e mi guarda
di nuovo con gli occhioni azzurri spalancati,
come se le mie parole fossero una sorpresa,
e, cazzo… sembra che disapprovi! Ma non si
è documentata neanche un po’ prima di
venire qui? Queste cose dovrebbe saperle. Il
pensiero mi raggela. È… spiacevole, non è
certo ciò che mi aspetto, né da lei né da chiunque altro a cui concedo un po’ del mio
tempo.
«Bene. Avrei alcune domande da farle, Mr
Grey.» Si infila una ciocca ribelle dietro
l’orecchio, distraendomi dalla sensazione di
fastidio che ho provato.
«Lo avevo intuito» mormoro seccamente.
“Mettiamola un po’ in imbarazzo.”
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Compiacente al punto giusto, comincia ad
agitarsi, poi si riprende e raddrizza le spalle
esili. Si china in avanti, preme il pulsante del
registratore e si acciglia mentre abbassa lo
sguardo sui suoi appunti stropicciati.
«Lei è molto giovane per aver creato un
simile impero. A che cosa deve il suo
successo?»
Oh, Cristo! Sono sicuro che può fare molto
meglio di così. Che stupida domanda del
cazzo. Neanche un briciolo di originalità. È
veramente deludente. Tiro fuori la solita risposta sul fatto che negli Stati Uniti ci sono
persone eccezionali che lavorano per me,
persone in cui ripongo la mia fiducia, che
sono ben pagate, bla bla bla. Ma, Miss
Steele, la verità è semplice: nel mio lavoro
sono un fottuto genio. Per me è come bere un
bicchier d’acqua. Acquisto società in crisi e
gestite male e le risano o, se sono casi disperati, le spoglio di tutto quello che può valere
qualcosa, rivendendolo poi al miglior
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offerente. Bisogna solo saper distinguere tra
i due casi, ed è sempre questione di chi si
trova al comando. Per avere successo negli
affari c’è bisogno di gente in gamba, e io so
giudicare le persone meglio di chiunque
altro.
«Forse ha solo avuto fortuna» osserva lei,
con calma.
“Fortuna?” Ho un brivido di fastidio. “Fortuna?” Qui la fortuna non c’entra un cazzo,
Miss Steele. Ha un’aria tranquilla e senza
pretese, e poi se ne esce con queste osservazioni! Nessuno mi aveva mai fatto notare
che poteva essere una questione di “fortuna”.
Lavorare sodo, portare le persone dalla mia
parte, tenerle d’occhio, magari dar loro una
seconda possibilità e, se non sono all’altezza
del compito, farle fuori senza pietà. “È
questo quello che faccio, e lo faccio bene. La
fortuna non c’entra niente! Ma vaffanculo.”
Do sfoggio di erudizione tirando fuori una
1240/1287
citazione di uno dei miei industriali americani preferiti.
«Lei sembra un maniaco del controllo» mi
dice, e ha un’espressione assolutamente
seria.
“Ma come cazzo fa?”
Forse quegli occhioni innocenti riescono
davvero a leggere dentro di me. “Controllo” è
il mio secondo nome.
Le lancio un’occhiataccia. «Oh, io esercito
il controllo su tutto, Miss Steele.» “E mi piacerebbe molto esercitarlo su di te, qui e
adesso.”
Lei spalanca gli occhi. Quel rossore così attraente le attraversa il viso un’altra volta e si
morde di nuovo il labbro. Comincio a divagare, cercando di distrarre l’attenzione
dalla sua bocca.
«Inoltre, se nelle proprie fantasie segrete
ci si convince di essere nati per dominare, si
acquista un potere immenso.»
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«Lei pensa di avere un potere immenso?»
mi chiede con una voce sommessa e vellutata, ma al tempo stesso inarca un
sopracciglio, rivelando così la propria disapprovazione. Sono sempre più infastidito. Sta
cercando deliberatamente di provocarmi?
Non capisco se mi fanno incazzare di più le
sue domande o il suo atteggiamento o il fatto
di trovarla attraente.
«Ho più di quarantamila persone alle mie
dipendenze, Miss Steele. Questo mi dà un
certo senso di responsabilità… di potere, se
preferisce. Se io dovessi decidere che il settore delle telecomunicazioni non mi interessa più e che voglio vendere, ventimila
persone faticherebbero a pagare il mutuo
dopo un mese o poco più.»
A questa risposta, rimane a bocca aperta.
Comincia ad andare meglio. “Prendi e porta
a casa, Miss Steele.” Sento che l’equilibrio sta
tornando.
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«Non ha un consiglio di amministrazione
a cui rispondere?»
«La società è di mia proprietà. Non devo
rispondere a nessun consiglio» dichiaro seccamente. Ma questo dovrebbe saperlo. Alzo
un sopracciglio con aria interrogativa.
«E ha qualche interesse, al di fuori del lavoro?» continua come se niente fosse, interpretando correttamente la mia reazione. Sa
che sono incazzato, e per qualche inesplicabile motivo questo mi dà un enorme
piacere.
«Ho interessi molto vari, Miss Steele.»
Sorrido. «Molto vari.» Nella mia mente si affacciano immagini di lei nelle posizioni più
diverse nella stanza dei giochi: incatenata
alla croce, a gambe e braccia spalancate sul
letto, distesa sulla panca pronta a essere
frustata. “Cazzo! Da dove viene tutto ciò?”
Ed ecco… di nuovo quel rossore. È come un
meccanismo di difesa. “Datti una calmata,
Grey.”
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«Che cosa fa per rilassarsi?»
«Rilassarmi?» Sorrido. Quelle parole uscite dalla sua bocca impudente suonano
strane. E poi, quando mai ho tempo per rilassarmi? Ha idea del numero di aziende che
controllo? Ma è lì che mi guarda con quegli
ingenui occhioni azzurri e mi sorprendo a
riflettere sulla sua domanda. Che cosa faccio
per rilassarmi? Vado in barca a vela, volo,
scopo… Metto alla prova i limiti delle ragazze
brune come lei, e le rimetto in riga… Il pensiero mi costringe a cambiare posizione sulla
sedia, ma le rispondo con calma, omettendo i
miei due hobby preferiti.
«Lei investe nell’attività industriale. Perché, esattamente?»
La domanda mi riporta bruscamente al
presente.
«Mi piacciono le cose. Mi piace sapere
come funzionano: quali sono i loro ingranaggi, come costruirle e smontarle. E ho
una passione per le navi. Cosa posso dire?»
1244/1287
Distribuiscono cibo in giro per il mondo,
prendono cose da chi le ha e le portano a chi
non ne ha, e poi tornano e ricominciano daccapo. Che cosa c’è di male?
«Sembra che sia il suo cuore a parlare, più
che la logica o i fatti.»
“Il cuore? Io? Oh, no, piccola.” Il mio
cuore è stato massacrato fino a diventare irriconoscibile tanto tempo fa. «È possibile.
Anche se certe persone direbbero che io non
ho un cuore.»
«Perché direbbero una cosa del genere?»
«Perché mi conoscono bene.» Le rivolgo
un sorriso sarcastico. In realtà nessuno mi
conosce così bene, eccetto forse Elena. Mi
chiedo che cosa ne penserebbe della piccola
Miss Steele. La ragazza è un groviglio di
contraddizioni: timida, ansiosa, evidentemente molto sveglia e arrapante da morire.
“Sì, d’accordo, lo ammetto, è piuttosto
gnocca.”
Fa la domanda successiva senza leggerla.
1245/1287
«I suoi amici direbbero che è facile
conoscerla?»
«Sono una persona molto riservata, Miss
Steele. Faccio di tutto per proteggere la mia
privacy. Non rilascio molte interviste…» Per
fare le cose che faccio, per vivere la vita che
ho scelto, ho bisogno della mia privacy.
«Perché ha accettato di rilasciare questa?»
«Perché sono uno dei finanziatori dell’università, e a dispetto dei miei sforzi non sono
riuscito a togliermi di torno Miss Kavanagh.
Ha tormentato i miei addetti alle pubbliche
relazioni fino all’esaurimento, e io ammiro
questo genere di tenacia.» “Ma sono felice
che sia venuta tu e non lei.”
«Lei investe anche in tecnologie agricole.
Perché le interessa questo settore?»
«I soldi non si mangiano, Miss Steele, e
troppe persone su questo pianeta non hanno
abbastanza da mangiare.» La guardo negli
occhi, impassibile.
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«Sembra molto filantropico. È una cosa
che la appassiona… sfamare i poveri del
mondo?» Mi guarda con un’espressione interrogativa, come se fossi una specie di enigma da risolvere, ma non ho assolutamente
intenzione di permettere a quei begli occhioni azzurri di sondare il buio della mia
anima. Su questo argomento non si discute.
Né ora né mai.
«È solo senso per gli affari.» Mi stringo
nelle spalle, affettando una certa noia, e mi
immagino di scopare quella dolcissima bocca
per distrarmi dai pensieri legati alla fame nel
mondo. Sì, quella bocca ha bisogno di un po’
di addestramento. Questo sì che è un pensiero affascinante, e mi concedo di immaginare questa ragazza in ginocchio davanti a me.
«Lei ha una filosofia? Se sì, quale?» Un’altra domanda fatta senza leggere.
«Non ho una filosofia vera e propria. Forse
un principio guida, quello di Carnegie: “Un
uomo che acquisisce la capacità di prendere
1247/1287
pieno possesso della propria mente è in
grado di prendere possesso di qualsiasi altra
cosa a cui abbia diritto”. Sono un tipo molto
particolare, motivato. Mi piace avere il controllo, di me stesso e di quelli che mi
circondano.»
«Quindi vuole possedere le cose?» I suoi
occhi si spalancano.
“Oh, sì, piccola. Per esempio, te.”
«Voglio meritarne il possesso, ma sì, alla
fine, voglio possederle.»
«Lei sembra il consumatore ideale.» La
sua voce è venata di disapprovazione, il che
mi fa di nuovo incazzare. Sembra una
ragazzina ricca che ha sempre avuto quello
che voleva, ma dopo un’occhiata più attenta
ai suoi vestiti – roba da grandi magazzini –
capisco che non è così. Non è cresciuta in
una famiglia ricca.
“Potrei davvero prendermi cura di te.”
“Merda, e questa idea da dove viene
fuori?” Anche se, ora che ci penso, ho
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proprio bisogno di una nuova Sottomessa.
Dopo Susannah quanto tempo è passato?
Due mesi? Ed eccomi a sbavare su questa
brunetta. Sorrido, in fondo sono d’accordo
con lei. Non c’è nulla di male nel consumismo: dopotutto è la forza che traina quel che
resta dell’economia americana.
«Lei è stato adottato. In quale misura ritiene che ciò abbia influenzato il suo modo di
essere?»
E questo che cazzo c’entra con il prezzo del
petrolio? La guardo malissimo. Che
domanda ridicola. Se fosse stato per la puttana drogata, probabilmente a quest’ora
sarei morto. La liquido con una non risposta,
tentando di mantenere lo stesso tono di voce,
ma lei continua a pressarmi, vuole sapere
quanti anni avevo al momento dell’adozione.
“Tappale la bocca, Grey.”
«È un’informazione di pubblico dominio,
Miss Steele.» La mia voce è gelida. Dovrebbe
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sapere queste cose. Ora ha un’espressione
contrita. Bene.
«Ha dovuto sacrificare la vita familiare al
lavoro.»
«Questa non è una domanda» rispondo
seccamente.
Arrossisce di nuovo e si morde quel maledetto labbro. Ma ha il buon gusto di
scusarsi.
«Ha dovuto sacrificare la vita familiare al
lavoro?»
“Perché dovrei volere una cazzo di
famiglia?”
«Io ho già una famiglia. Un fratello, una
sorella e due genitori amorevoli. Non mi interessa allargarla ulteriormente.»
«Lei è omosessuale, Mr Grey?»
“Ma che cazzo! Non riesco a credere che
l’abbia detto davvero!” La tacita domanda
che neanche la mia famiglia ha il coraggio di
fare, cosa che mi diverte parecchio. “Ma
come osa?” Devo combattere l’impulso di
1250/1287
tirarla su da quel divano, mettermela di traverso sulle ginocchia e sculacciarla a sangue.
E poi scoparmela sulla scrivania con le mani
legate dietro la schiena. Questo risponderebbe alla sua domanda. Ma quanto è frustrante questa femmina! Faccio un profondo
respiro per calmarmi. Con mio grande e vendicativo piacere, sembra decisamente imbarazzata dalla sua stessa domanda.
«No, Anastasia, non lo sono.» Alzo un
sopracciglio, ma mantengo un’espressione
impassibile. Anastasia. È un nome delizioso.
Mi piace il modo in cui la mia lingua ci gira
intorno.
«Le chiedo scusa. È… ecco… è scritto qui.»
Si sistema nervosamente alcune ciocche dietro l’orecchio.
Non conosce neanche le sue domande?
Forse non sono sue. Glielo chiedo, e lei impallidisce. Cazzo, è davvero molto attraente,
di una bellezza sobria, quasi reticente. Mi
spingerei quasi a dire che è stupenda.
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«Ehm… no. È stata Kate, Miss Kavanagh, a
prepararle.»
«Siete colleghe al giornale studentesco?»
«No, lei è la mia coinquilina.»
Allora non c’è da stupirsi che sia così in
confusione. Mi gratto il mento, cercando di
decidere se farle passare un brutto quarto
d’ora oppure no.
«Si è offerta lei di farmi questa intervista?» le chiedo, e sono subito premiato dalla
sua espressione sottomessa: occhi sgranati,
nervosa per la mia reazione. Mi piace l’effetto che ho su di lei.
«Sono stata reclutata all’ultimo. Kate non
sta bene.»
«Questo spiega molte cose.»
Qualcuno bussa alla porta, e compare
Andrea.
«Mr Grey, mi scusi se la interrompo, ma il
suo prossimo appuntamento è fra due
minuti.»
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«Non abbiamo ancora finito, Andrea. Per
favore, annulla il prossimo appuntamento.»
Andrea esita, mi fissa a bocca aperta.
Anch’io la guardo. “Fuori! Subito! Sono occupato con la piccola Miss Steele.” Andrea
diventa paonazza, ma si riprende subito.
«Certo, Mr Grey» dice, poi gira sui tacchi e
ci lascia soli.
Rivolgo di nuovo la mia attenzione all’intrigante e frustrante creatura seduta sul mio
divano.
«Dove eravamo, Miss Steele?»
«La prego, non voglio distoglierla dai suoi
impegni.»
“Oh, no, piccola, adesso tocca a me.”
Voglio sapere se c’è qualche segreto da
scoprire dietro quegli occhi meravigliosi.
«Voglio sapere qualcosa di lei. Mi sembra
doveroso.» Mentre mi appoggio allo schienale e mi porto le dita alle labbra, i suoi occhi si fermano per un istante sulla mia bocca
e lei deglutisce. “Ah, sì, il solito effetto.” È
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gratificante sapere che non è completamente
insensibile al mio fascino.
«Non c’è molto da sapere» dice,
arrossendo di nuovo. La intimidisco.
“Ottimo!”
«Che progetti ha dopo la laurea?»
Si stringe nelle spalle. «Non ho fatto progetti, Mr Grey. Per il momento, mi basta superare gli esami.»
«Nella mia azienda abbiamo un ottimo
programma di stage.» “Cazzo. Come mi è
saltato in testa di dirle una cosa simile?” Sto
per rompere una delle regole fondamentali:
mai, mai scoparsi una dello staff. “Ma, Grey,
non ti stai scopando questa ragazza.” Lei ha
l’aria sorpresa, e affonda di nuovo i denti nel
labbro. “Ma perché è così eccitante?”
«Me lo ricorderò» mormora. Poi, come
soprappensiero, aggiunge: «Anche se non
sono certa di essere adatta a questo posto».
“Perché diavolo non dovresti esserlo? Cosa
c’è che non va nella mia azienda?”
1254/1287
«Perché dice così?» chiedo.
«È ovvio, no?»
«Non per me.» La sua risposta mi
confonde.
Mentre prende il registratore è di nuovo in
confusione. “Merda, se ne sta andando.” Ripasso mentalmente i miei impegni del pomeriggio, non c’è nulla che non possa
aspettare.
«Vuole che le faccia fare un giro
dell’azienda?»
«Sono certa che lei è molto impegnato, Mr
Grey, e io devo fare un lungo viaggio.»
«Deve tornare a Vancouver?» Lancio
un’occhiata alla finestra. Non è un viaggio da
poco, e ha cominciato a piovere. Non
dovrebbe guidare con questo tempo, ma non
posso proibirglielo. «Be’, è meglio che guidi
con prudenza.» Il mio tono è più severo di
quanto volessi.
Lei armeggia con il registratore. Vuole andarsene dal mio ufficio e, per qualche
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ragione che non mi so spiegare, io non voglio
che se ne vada.
«Ha ottenuto quello che le serviva?» aggiungo, nell’assai trasparente tentativo di
trattenerla.
«Sì, signore» mi risponde con calma.
La sua replica mi manda al tappeto – il
suono di quelle due parole mentre escono da
quella bocca impudente – e per un istante mi
immagino di poter avere la sua bocca ai miei
ordini.
«Grazie per l’intervista, Mr Grey.»
«È stato un piacere» rispondo, e sono sincero visto che nessuno da tempo mi affascinava così. La cosa mi turba.
Si alza e le tendo la mano, impaziente di
toccarla.
«Alla prossima, Miss Steele.» Parlo a voce
bassa mentre lei mette la sua piccola mano
nella mia. “Sì, voglio frustare e scopare
questa ragazza nella mia stanza dei giochi.”
La voglio legata… che mi vuole, che ha
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bisogno di me, che si fida di me. Deglutisco.
“Non succederà, Grey.”
«Mr Grey.» Annuisce e ritrae in fretta la
mano. Troppo in fretta.
“Merda, non posso lasciarla andare via
così.” È ovvio che non vede l’ora di andarsene. L’irritazione e un’illuminazione mi
colpiscono simultaneamente mentre le tengo
aperta la porta per farla uscire.
«Solo per assicurarmi che la oltrepassi indenne, Miss Steele.»
La battuta la fa arrossire, con quella deliziosa tonalità rosata.
«È molto premuroso da parte sua, Mr
Grey!» risponde piccata.
Miss Steele mostra i denti! Sogghigno dietro di lei mentre esce, e la seguo. Sia Andrea
sia Olivia mi guardano sbalordite. “Sì, sì, sto
solo accompagnando la ragazza all’uscita.”
«Ha un soprabito?» le domando.
«Una giacca.»
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Rivolgo uno sguardo corrucciato a Olivia
che, con il suo sorriso affettato, si alza immediatamente per recuperare una giacca blu
marina. La prendo, e le ordino con lo
sguardo di rimettersi a sedere. Cazzo, Olivia
è fastidiosa. Mi guarda per tutto il tempo con
quella sua aria trasognata.
Mmh, come pensavo, la giacca è un capo
da grandi magazzini. Miss Anastasia Steele
dovrebbe vestirsi meglio. Gliela porgo e,
mentre la aiuto a indossarla, le tocco la pelle
alla base del collo. Il contatto la fa irrigidire.
Impallidisce. “Sì!” Le ho fatto effetto. La consapevolezza di ciò è estremamente piacevole.
La accompagno all’ascensore e premo il pulsante, mentre lei rimane al mio fianco,
nervosa.
“Saprei io come calmarti, piccola.”
Le porte si aprono; lei entra in fretta e poi
si gira.
«Anastasia» le mormoro congedandola.
1258/1287
«Christian» sussurra. Le porte dell’ascensore si chiudono, lasciando il mio nome
sospeso a mezz’aria, come un suono strano,
sconosciuto, eppure sexy da morire.
“Cazzo, che cos’è stato?”
Devo saperne di più su questa ragazza.
«Andrea» grido, ritornando a grandi passi in
ufficio. «Chiamami Welch, subito.»
Seduto alla scrivania mentre attendo la
chiamata, guardo i quadri alle pareti dell’ufficio e le parole di Miss Steele mi risuonano
nella mente. “Elevano l’ordinario a
straordinario.” Potrebbe benissimo aver
descritto se stessa.
Sento suonare il telefono.
«Mr Welch in linea.»
«Passamelo.»
«Sì, signore.»
«Welch, ho bisogno di un controllo sul
passato di una persona.»
Sabato 14 maggio 2011
Anastasia Rose Steele
10 settembre 1989,
Data e luogo di
Montesano,
nascita:
Washington
SW Green Street, 1114,
scala
7,
Haven
Indirizzo:
Heights, WA 98888
Vancouver
Telefono
360.959.4352
cellulare:
Numero
di
987-65-4320
previdenzasociale:
Coordinate
Wells Fargo Bank, WA
bancarie:
98888, Vancouver
Conto corrente n.
309361, saldo: 683,16
dollari
Studentessa
uniOccupazione:
versitaria non ancora
laureata
1260/1287
Media:
Precedente
titolo di studio:
Punteggio:
Impiego attuale:
Padre:
Facoltà di Lettere e
filosofia, Washington
State
University,
Vancouver – Indirizzo di studio: Letteratura inglese
4,0
Scuola superiore di
Montesano
2150
Ferramenta Clayton
NW Vancouver Drive,
Portland,
Oregon
(part-time)
Franklin A. Lambert
(1° settembre 1969 11 settembre 1989)
1261/1287
Madre:
Carla May Wilks
Adams (18 luglio
1970)
Sposata con
– Frank Lambert
(data matrimonio:
1° marzo 1989,
data vedovanza: 11
settembre 1989)
– Raymond Steele
(data matrimonio:
6 giugno 1990,
data divorzio: 12
luglio 2006)
– Stephen M. Morton
(data matrimonio:
16 agosto 2006,
data divorzio: 31
gennaio 2007)
– Robbin (Bob)
Adams (data
1262/1287
matrimonio: 6
aprile 2009)
Orientamento
politico:
Orientamento
religioso:
Orientamento
sessuale:
Relazioni
sentimentali:
Sconosciuto
Sconosciuto
Sconosciuto
Nessuna
momento
al
Sto leggendo il curriculum per la centesima
volta da quando l’ho ricevuto due giorni fa,
cercando di scoprire qualcosa di più dell’enigmatica Anastasia Rose Steele. Dannazione,
non riesco a togliermela dalla testa, e sto
seriamente iniziando a incazzarmi. Durante
la settimana appena trascorsa, nel corso di
qualche riunione particolarmente noiosa, mi
sono sorpreso a rivivere l’intervista nella
1263/1287
mente. Le sue dita che armeggiano con il registratore, il modo in cui si sistemava i
capelli dietro l’orecchio, l’abitudine di
mordersi il labbro. “Sì.” Quella dannata
abitudine mi dà ai nervi ogni volta.
E ora, eccomi qui, in macchina fuori da
Clayton, il modesto negozio di ferramenta
alla periferia di Portland in cui lei lavora.
“Sei un cretino, Grey. Perché sei venuto
qui?”
Sapevo che sarei arrivato a questo. Durante tutta la settimana… sapevo che avrei
dovuto rivederla. Lo sapevo da quando ha
pronunciato il mio nome sull’ascensore ed è
scomparsa nelle profondità dell’edificio in
cui ha sede la mia società. Ho provato a resistere. Ho provato ad aspettare cinque giorni,
cinque fottuti giorni, per vedere se l’avrei dimenticata. “Non sono abituato ad aspettare.
Odio aspettare… in qualunque cosa.” Non ho
mai inseguito una donna prima d’ora. Le
donne che ho avuto sapevano perfettamente
1264/1287
che cosa volevo da loro. Adesso temo che
Miss Steele sia semplicemente troppo
giovane e che non sarà interessata a ciò che
posso offrirle… no? Diventerà mai una buona
Sottomessa? Scuoto la testa. C’è un solo
modo per scoprirlo… quindi eccomi qui,
come un coglione, in un parcheggio di
periferia nella zona più desolata di Portland.
Dalle indagini che ho fatto fare su di lei
non è emerso nulla di significativo, tranne
l’ultima informazione, che è balzata in cima
ai miei pensieri. È per questo che sono qui.
“Perché non sei fidanzata, Miss Steele?” Orientamento sessuale sconosciuto. Forse è lesbica. Sbuffo, pensando che sia improbabile.
Mi ricordo la domanda sull’omosessualità
che mi ha rivolto durante l’intervista, il suo
profondo imbarazzo, e il modo in cui è
arrossita, con la pelle che le diventava di un
color rosa pallido… Sono ossessionato da
questi pensieri ridicoli da quando l’ho
incontrata.
1265/1287
“Ecco perché sei qui.”
Non vedo l’ora di rivederla: i suoi occhi
azzurri mi perseguitano, persino nei sogni.
Non ho parlato di lei a Flynn e sono contento
di non averlo fatto perché ora mi sto comportando come uno stalker. “Forse dovrei
parlargliene.” Alzo gli occhi al cielo: non
voglio che lui mi perseguiti con l’ennesima
cazzata “orientata alla soluzione”. Voglio solo
distrarmi… e, ora come ora, l’unica distrazione che vorrei è lavorare come
commesso in un negozio di ferramenta.
“Sei arrivato fin qui. Vediamo se Miss
Steele è affascinante come te la ricordi. Inizia
lo spettacolo, Grey.” Scendo dalla macchina e
attraverso il parcheggio, diretto all’ingresso.
Un campanello emette una nota elettronica
monocorde quando entro.
Il negozio è molto più grande di quanto
sembra da fuori e anche se è quasi l’ora di
pranzo è tranquillo, per essere sabato. Ci
sono corsie su corsie della solita roba che ci
1266/1287
si aspetta di trovare in un posto del genere.
Ho dimenticato le possibilità che un negozio
di ferramenta può offrire a uno come me.
Compro quasi sempre online, ma, già che
sono qui, forse posso fare scorta di alcune
cose. Velcro, anelli portachiavi… sì! Troverò
quella deliziosa Miss Steele e mi divertirò un
po’.
Ci vogliono tre secondi per individuarla. È
seduta dietro la cassa, osserva lo schermo del
computer e sta mangiando qualcosa: un bagel. Soprappensiero, si toglie con le dita una
briciola dall’angolo delle labbra, se la mette
in bocca e si succhia il dito. Il mio uccello ha
un fremito. “Merda! Non sono mica un
ragazzino, no?” È dannatamente irritante.
Forse questa reazione da adolescente smetterà se la lego, la scopo e la frusto… e non necessariamente in quest’ordine. Sì. Devo
proprio fare così.
È totalmente assorbita nel suo lavoro e
così ho l’opportunità di studiarla bene.
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Pensieri lascivi a parte, è attraente, molto attraente. Me la ricordavo bene.
Alza lo guardo e si blocca, inchiodandomi
con quei suoi occhi intelligenti e acuti, di
quel meraviglioso azzurro che sembra scavarmi dentro. È sconcertante come la prima
volta che l’ho incontrata. Rimane a fissarmi,
piuttosto sbalordita, e non so se la reazione
sia buona o cattiva.
«Miss Steele. Che piacevole sorpresa.»
«Mr Grey» mormora, ansimante e confusa. “Ah… la reazione è buona.”
«Passavo di qua. Ho bisogno di fare qualche acquisto. È un piacere rivederla, Miss
Steele.» “Un vero piacere.” Indossa una Tshirt attillata e i jeans, non quegli abiti informi che aveva la prima volta. Ha le gambe
lunghe, la vita sottile, e due tette perfette.
Continua a fissarmi a bocca aperta e devo
combattere contro il pressante desiderio di
avvicinarmi e metterle un dito sotto al mento
per farle chiudere la bocca. “Sono venuto in
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elicottero da Seattle solo per vederti e, per il
modo in cui mi stai guardando, direi che ne è
valsa la pena.”
«Ana. Mi chiamo Ana. Come posso
aiutarla, Mr Grey?» Fa un respiro profondo,
raddrizza le spalle come ha fatto durante l’intervista e mi rivolge un sorriso di cortesia, di
quelli che, ne sono certo, riserva ai clienti.
“Inizia il gioco, Miss Steele.”
«Mi servono un paio di cose. Tanto per
cominciare,
vorrei
delle
fascette
stringicavo.»
Lei schiude le labbra e inspira
bruscamente.
“Ti stupiresti vedendo quello che sono in
grado di fare con qualche fascetta, Miss
Steele.”
«Ne abbiamo di diverse lunghezze. Vuole
che gliele faccia vedere?»
«Grazie, Miss Steele, la seguo.»
Esce da dietro il bancone e indica con la
mano una delle corsie. Indossa scarpe da
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ginnastica Converse. Mi chiedo oziosamente
come starebbe con un paio di scarpe con i
tacchi vertiginosi. Louboutin, ovviamente.
«Si trovano nel reparto materiale elettrico,
scaffale otto» dice, esitante, mentre arrossisce di nuovo.
“Le faccio effetto.” E nel cuore nasce un
po’ di speranza. “Non è lesbica, allora” penso
con un sorrisetto malizioso.
«Dopo di lei» mormoro, e con la mano le
indico di farmi strada. Facendola camminare
davanti, ho il tempo e lo spazio per ammirare
il suo culo fantastico. Ha davvero tutto: è
dolce, educata e attraente, con tutte le caratteristiche fisiche che apprezzo in una Sottomessa. Ma la domanda da un milione di
dollari è: può diventare una Sottomessa?
Probabilmente non sa nulla di questo stile di
vita, del mio stile di vita, ma non vedo l’ora
di farglielo conoscere. “Stai correndo decisamente troppo, Grey.”
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«È a Portland per affari?» chiede, interrompendo i miei pensieri. Parla a voce alta e
sta cercando di mostrarsi noncurante. Mi fa
venir voglia di sorridere, il che è tonificante.
Raramente le donne mi fanno sorridere.
«Ero in visita al dipartimento di agraria
della Washington State University. Ha sede a
Vancouver» mento. “In realtà sono qui per
vederti, Miss Steele.”
Arrossisce e mi sento una merda.
«Sto finanziando alcune ricerche sulla
rotazione delle colture e sulla micromorfologia del suolo.» Questo, almeno, è vero.
«Fa tutto parte del suo piano per sfamare
il mondo?» Le sue labbra si piegano in un
mezzo sorriso.
«Qualcosa del genere» mormoro. “Sta
ridendo di me?” Se è così, mi piacerebbe
tanto farla smettere. Ma come cominciare?
Forse con una cena, invece che con il solito
colloquio… Sarebbe davvero una novità
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portare una candidata Sottomessa fuori a
cena.
Arriviamo allo scaffale delle fascette, disposte per lunghezza e per colore. Soprappensiero, faccio scorrere le dita sulle varie confezioni. “Potrei semplicemente chiederle se
viene a cena con me.” Come se fosse un appuntamento? Ci verrebbe? La sbircio, e vedo
che si sta fissando le dita intrecciate. Non riesce a guardarmi negli occhi… “Promette
bene.” Scelgo le fascette più lunghe. Dopotutto sono le più flessibili: possono contenere
due caviglie e due polsi in un colpo solo.
«Queste dovrebbero andare» mormoro, e
lei arrossisce.
«Le serve altro?» chiede prontamente: o è
molto professionale o vuole farmi uscire in
fretta dal negozio. Non saprei.
«Vorrei del nastro adesivo di carta.»
«Deve imbiancare?»
Mi viene da sbuffare, ma mi contengo.
«No, niente del genere.» Non prendo in
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mano un pennello da un sacco di tempo. Al
pensiero mi viene da sorridere; ho a chi delegare tutti questi lavoretti.
«Da questa parte» mormora, e pare imbarazzata. «Il nastro adesivo di carta è nel
reparto vernici.»
“Dài, Grey. Non hai molto tempo. Falla
parlare un po’.” «È da molto che lavora qui?»
Ovviamente conosco già la risposta. A differenza di altri, faccio tutte le ricerche del caso.
Lei arrossisce di nuovo: accidenti, com’è timida! “Non ho la benché minima speranza.” Si
gira velocemente e percorre la corsia verso il
reparto con il cartello vernici. La seguo con
impazienza. “Che cosa sono diventato? Un
fottuto cagnolino?”
«Quattro anni» mormora, mentre arriviamo al nastro adesivo. Si china e ne prende due rotoli, di formato diverso.
«Va bene questo» dico. Il nastro più
grande è molto più efficace per tappare la
bocca. Mentre me lo passa, le punte delle
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nostre dita si toccano per un attimo. L’eco di
quel contatto mi si riverbera nell’inguine.
Impallidisce. «Qualcos’altro?» mi chiede
con voce roca e affannosa.
Cazzo, le faccio lo stesso effetto che lei fa a
me. “Forse…”
«Un po’ di corda, direi.»
«Di qua.» Percorre la corsia a passo veloce, dandomi un’altra possibilità di apprezzare il suo bel culo.
«Che tipo di corda le serve? Abbiamo
quella sintetica e quella in fibre naturali… lo
spago… il fil di ferro…»
“Merda…
piantala!”
Gemo
silenziosamente, cercando di scacciare l’immagine di Ana sospesa al soffitto della mia
stanza dei giochi.
«Prendo cinque metri di quella in fibra
naturale.» È più ruvida e fa più attrito sulla
pelle quando una cerca di liberarsi… è il tipo
di corda che preferisco.
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Le tremano leggermente le mani, ma riesce a misurarne cinque metri con molta
professionalità. Tira fuori un coltellino dalla
tasca posteriore dei jeans, taglia la corda con
un gesto rapido, la arrotola con precisione e
la lega con un nodo scorsoio. “Notevole.”
«Era negli scout?»
«Le attività di gruppo organizzate non
sono la mia passione, Mr Grey.»
«Qual è la sua passione, Anastasia?» La
guardo negli occhi e, mentre la fisso, le si restringono le pupille. “Sì!”
«I libri» sussurra.
«Che genere di libri?»
«Oh, le solite cose. I classici. Soprattutto
letteratura inglese.»
“Classici inglesi? Brontë e Austen, scommetto. Tutte quelle romanticherie sdolcinate.” Cazzo, così non va.
«Le serve altro?»
«Non so. Cosa mi consiglia?» Voglio
vedere come reagisce.
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«Per il bricolage?» mi chiede sorpresa.
Mi viene da ridere. “Tesoro, il bricolage
non è la mia passione.” Annuisco, soffocando
l’ilarità. I suoi occhi guizzano sul mio corpo,
e mi irrigidisco. Mi sta osservando
attentamente!
«Tute da lavoro» spara.
È la cosa più inattesa che sia sfuggita da
quella bocca dolce e intelligente, da quando
mi ha chiesto se sono omosessuale.
«Non vorrà rovinarsi i vestiti» e indica i
jeans, di nuovo imbarazzata.
Non ce la faccio a trattenermi. «Posso
sempre togliermeli.»
«Ah.» Diventa rossa come un peperone e
fissa il pavimento.
«Prenderò qualche tuta. Dio non voglia
che rovini i miei vestiti» mormoro, per toglierla dall’imbarazzo. Senza dire una parola, si
gira e percorre a grandi passi la corsia, e
ancora una volta seguo la sua scia eccitante.
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«A posto così?» dice, senza fiato, passandomi un paio di tute blu. È mortificata, tiene
gli occhi ancora piantati a terra, e le guance
sono sempre rosse. Cristo, che effetto mi fa!
«Come sta venendo l’articolo?» le chiedo,
sperando che si rilassi un po’.
Alza lo sguardo, e mi fa un breve sorriso
sollevato. “Era ora!” «Non lo sto scrivendo
io, ma Katherine. Miss Kavanagh. La mia
coinquilina, è lei la giornalista. È soddisfatta
di come sta venendo. È il direttore del
giornale, ed era molto avvilita di non averla
potuta intervistare personalmente.»
È la frase più lunga che ha pronunciato da
quando ci conosciamo, e sta parlando di
qualcun
altro,
non
di
se
stessa.
“Interessante.”
Prima che io possa intervenire, aggiunge:
«Le dispiace solo di non avere sue foto».
La tenace Miss Kavanagh vuole le fotografie. Le solite foto posate a scopo pubblicitario, eh? Gliele posso concedere. Mi
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permetteranno di trascorrere un po’ di
tempo in più con la deliziosa Miss Steele.
«Che genere di foto vorrebbe?»
Mi guarda per un attimo, poi scuote la
testa.
«Be’, io sono in zona. Domani, magari…»
Posso rimanere a Portland. Lavorare dall’albergo, magari da una camera all’Heathman.
Dovrò farmi raggiungere da Taylor, per farmi
portare il computer e qualcosa da mettermi.
Oppure da Elliot, a meno che non sia in giro
a cazzeggiare, che è il suo passatempo
abituale nei fine settimana.
«Sarebbe disponibile a posare per un servizio fotografico?» Non riesce a nascondere
la sorpresa.
Annuisco brevemente. “Saresti stupita da
quello che potrei fare per trascorrere più
tempo con te, Miss Steele. In realtà, sono
stupito anch’io.”
«Kate ne sarebbe entusiasta… sempre che
riusciamo a trovare un fotografo.» Sorride e
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il suo volto si illumina come un’alba estiva.
Mi lascia senza fiato.
«Mi faccia sapere per domani.» Tiro fuori
il portafoglio. «Ecco il mio biglietto da visita.
C’è anche il mio numero di cellulare. Mi
chiami prima delle dieci del mattino.» Se
non lo farà, ritornerò a Seattle e mi dimenticherò di questa rischiosa, stupida
avventura. Al solo pensiero mi deprimo.
«Okay.» E continua a sorridere.
«Ana!» Ci giriamo entrambi mentre un
giovane, vestito con abiti casual ma costosi,
si materializza in fondo alla corsia. È tutto un
fottuto sorriso per Miss Anastasia Steele.
“Chi cazzo è questo coglione?”
«Ehm, mi scusi un secondo, Mr Grey.» Lo
raggiunge e il coglione la abbraccia con una
mossa scimmiesca. Mi si gela il sangue: è
una reazione istintiva. “Tira giù quelle zampacce da lei.” Stringo i pugni e mi calmo un
po’ quando vedo che lei non fa cenno di
restituirgli l’abbraccio.
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Iniziano a conversare. “Merda, forse le informazioni di Welch erano sbagliate.” Forse
questo tipo è il suo fidanzato. Sembra
dell’età giusta, e non riesce a toglierle di
dosso i suoi piccoli occhi bramosi. La scosta
da sé per un attimo, esaminandola, ma le
tiene un braccio sulla spalla. È una mossa
apparentemente casuale, ma io so che così
sta rivendicando il possesso e mi sta dicendo
di fare marcia indietro. Lei sembra imbarazzata, e sposta il peso da una gamba
all’altra.
“Merda. Dovrei andarmene.” Poi gli dice
qualcos’altro e si muove con lui verso di me,
tenendolo per un braccio, non per mano. È
chiaro che non stanno insieme. “Meno
male.”
«Ehm, Paul, ti presento Christian Grey.
Mr Grey, Paul Clayton. Suo fratello è il proprietario del negozio.» Mi guarda in un
modo strano, che non riesco a decifrare, e
continua: «Conosco Paul da quando lavoro
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qui, anche se non ci vediamo spesso. È appena tornato da Princeton, dove studia gestione aziendale».
È il fratello del capo, non il fidanzato. Il
sollievo che provo, molto superiore al previsto, mi fa aggrottare le sopracciglia. “Questa
donna ha proprio fatto colpo su di me.”
«Mr Clayton» dico con tono volutamente
freddo.
«Mr Grey.» La sua stretta di mano è molle.
“Coglione untuoso.” «Aspetti un attimo…
quel Christian Grey? Della Grey Enterprises
Holdings?» In men che non si dica assisto
alla sua trasformazione: da padrone di casa è
diventato uno zerbino.
“Sì, sono io, cretino.”
«Wow… Posso fare qualcosa per lei?»
«Ha già provveduto Anastasia, Mr
Clayton. È stata molto premurosa.» “E ora
togliti dalle palle.”
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«Ottimo» mi dice con esagerato entusiasmo, spalancando gli occhi con deferenza.
«Ci vediamo dopo, Ana.»
«Certo, Paul» dice. E lui si allontana con
flemma, grazie al cielo. Lo vedo scomparire
nel retro.
«Le serve altro, Mr Grey?»
«Solo queste cose» mormoro. “Merda, ho
perso tempo e non so ancora se la rivedrò.
Devo sapere se c’è una minima speranza che
possa interessarle quello che ho in mente.
Come faccio a chiederglielo? Sono pronto ad
affrontare una nuova Sottomessa, totalmente
inesperta? Dovrò addestrarla per bene.”
Gemo silenziosamente, pensando a tutte le
possibilità interessanti che la situazione
comporterebbe… “Cazzo, sarebbe metà del
divertimento. Le interesserà? Oppure ho
frainteso tutto?”
Ritorna alla cassa e batte i miei acquisti,
tenendo gli occhi bassi per tutto il tempo.
“Guardami, dannazione!” Voglio rivedere i
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suoi meravigliosi occhi azzurri e sondare i
suoi pensieri.
Finalmente alza lo sguardo. «Sono quarantatré dollari.»
“Tutto qui?”
«Vuole un sacchetto?» mi chiede, ritornando in modalità commessa mentre le
passo la carta di credito.
«Sì, grazie, Anastasia.» Accarezzo il suo
nome – un nome bellissimo per una fanciulla
bellissima – assaporandolo sulla lingua.
Veloce ed efficiente, mette i miei acquisti
nel sacchetto. È tutto. Devo andare.
«Mi chiamerà se vorrà fare il servizio
fotografico?»
Annuisce e mi restituisce la carta.
«Bene. A domani, forse.» “Non posso andarmene via così. Devo farle capire che mi
interessa.” «Ah… e… Anastasia, sono felice
che Miss Kavanagh non abbia potuto fare
l’intervista.» Deliziato dalla sua espressione
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stupita, mi metto il sacchetto in spalla ed
esco lentamente dal negozio.
Sì, contro ogni buonsenso, la voglio. Ora
devo aspettare. Una fottuta attesa. Di nuovo.
E questo è tutto… per ora.
Grazie, grazie, grazie a tutti i lettori.
E L James
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Cinquanta sfumature di rosso
di E.L. James
Copyright © Fifty Shades Ltd, 2012
The author published an earlier serialized version of this
story online with different characters as Master of the Universe under the pseudonym Snowqueen’s Icedragon
© 2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
Titolo dell’opera originale
Fifty Shades Freed
Ebook ISBN 9788852027581
COPERTINA || ART DIRECTOR: GIACOMO CALLO
| PROGETTO GRAFICO: JENNIFER MCGUIRE |
GRAPHIC DESIGNER: NADIA MORELLI |
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Il libro
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Cinquanta sfumature di rosso
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Cinquanta Sfumature di Rosso