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IL CAFFÈ
9 febbraio 2014
virgolette
tra
MARIAROSA MANCUSO
C
Tute Adidas, pellicce,
scafandri spaziali...
il costume fa Oscar
schermi
inquanta sfumature di
bianco. Tante ne ha provate, lavorando con il direttore della fotografia Emmanuel Lubetzki, la costumista di
“Gravity” Jany Temine. Una era
troppo grigia, un’altra troppo
beige, il bianco giusto per le riprese nello spazio profondo era
inadatto alle riprese dentro la
navicella (o quel che ne rimane
dopo l’incidente con la tempesta
di detriti).
Sembra facile disegnare una tuta
spaziale, perché va schizzata e
fabbricata, non si può risolvere
la faccenda andando alla Nasa e
prendendone qualcuna in prestito. Le vere divise degli astronauti, spiega Jany Temine, addosso agli attori fanno l’effetto
“Teletubbies”, i pupazzetti colorati e grassocci che saltellano
nella più famosa serie della Bbc
destinata ai bambini.
Il 3D complicava ancor di più la
faccenda, e c’era il problema
della biancheria. Non si poteva
certo far uscire Sandra Bullock
dallo scafandro con il necessario
pannolone. Quindi il completino gareggia in spartana eleganza
con quello sfoggiato da Sigourney Weaver alla fine del primo
“Alien”. L’attrice, alla prima prova
costumi, aveva avvertito: “Farò
molta palestra, il mio corpo diventerà muscoloso”. Promessa
mantenuta, fa notare Jany Temi-
libri
L’altra informazione
vista da Al Jazeera
ne (che vanta 40 anni di esperienza, ha disegnato le divise
scolastiche di Harry Potter e le
palandrane dei maghi, e ha lavorato su “Skyfall”): in effetti l’ingegnera ha un fisico da urlo.
Risultato: 10 nomination all’Oscar, 90 candidature ai più
vari premi che si assegnano nel
vasto mondo dei cinema, e nessuna per i costumi. I giurati
dell’Oscar preferiscono i film
d’epoca. La statuetta andrà al
miglior broccato, al miglior taffetà, alle migliori paillettes o al
miglior costume da bagno all’uncinetto (ne sfoggia uno stupendo Amy Adams in “American
Hustle” di David O’ Russell). Magari al trionfo di camicie bianche
e di abiti da lavoro nei campi di
cotone disegnati dall’ottantenne
costumista Patricia Norris per
“12 anni” schiavo di Steve
McQueen.
I film contemporanei, peggio
GRAVITY
Eleganza
spartana per
Sandra
Bullock nel
film di Alfonso
Cuarón
che mai i film di fantascienza,
hanno scarse possibilità di farsi
notare. A meno che non siano
firmati da Wes Anderson, che
nei “Magnifici Tenenbaum”
identifica i personaggi con il loro
armadio: tuta Adidas rossa per
Ben Stiller, pelliccia di visone
per Gwyneth Paltrow. Il volpacchiotto gentiluomo “Mr Fox”,
I film contemporanei
e quelli di fantascienza,
non sono notati dalle giurie
B
MARCO BAZZI
GLI ITALIANI
NON SONO
PIGRI
Barbara Serra
nella pellicola di animazione,
aveva un completo gemello del
velluto rigato beige che il regista
ha addosso in tutte le fotografie.
Il prossimo film, “The Grand Budapest Hotel” (apre la Berlinale
il 6 febbraio) è ambientato in un
lussuoso albergo di inizio novecento. Già le divise dei fattorini,
viste nel trailer, sono un incanto.
arbara Serra è dal 2006 una delle conduttrici
del telegiornale di Al Jazeera English. Nata a
Milano da genitori italiani, ha studiato a Londra, dove vive, e ha iniziato la carriera giornalistica
alla Bbc. Poi ha fatto una scelta “radicale”: quella di
passare a un network che molti occidentali guardano con sospetto, al Jazeera, appunto.
Ospite nei giorni scorsi di una conferenza a Lugano,
Serra ha pubblicato recentemente un libro, Gli italiani non sono pigri (Garzanti), nel quale oltre a episodi
della sua vita da “italiana all’estero” racconta anche
la sua scelta professionale.
“Sicuramente, gran parte degli italiani non ha visto i
famigerati filmati di Bin Laden su Al Jazeera, ma sulla
Rai o su Mediaset - scrive -. Se si accusa Al Jazeera di
aver fatto da portavoce ai terroristi, l’accusa si dovrebbe estendere a tutti i canali che hanno rimandato in onda quei filmati”.
Barbara Serra difende l’indipendenza e la qualità
del giornalismo di Al Jazeera e lo fa partendo dalla
sua esperienza. “Essendo l’unico grande canale
all-news fuori dall’Occidente (Doha invece che
Londra, New York o Atlanta) cerchiamo di vedere
il mondo non solo con occhi occidentali”. E a chi
sostiene che Al Jazeera sia il megafono dello stato
del Qatar, che la finanzia, replica: “Se mai lo diventassimo, perderemmo il rispetto dei nostri telespettatori fino a diventare irrilevanti”.
Quando ha deciso di lavorare per Al Jazeera, la giornalista qualche problema se l’è posto. “Avevo fatto
estese ricerche, sfatando certi miti (per esempio, che
Al Jazeera avesse mostrato video di esecuzioni di
gruppi terroristici, cosa mai successa), ma sapevo
che nell’istante in cui il mio volto fosse apparso su Al
Jazeera, tutte quelle associazioni avrebbero incluso
anche me. Per sempre”.
Serra trova “enormemente fuorviante l’uso generalizzato di termini come mondo arabo e mondo occidentale”. Ci sono trecento milioni di persone nei Paesi arabi, spiega, che forse hanno in comune solo la
lingua, parlata comunque in vari dialetti e accenti di
ogni regione. “Credere che le popolazioni arabe la
pensino tutte alla stessa maniera è tanto assurdo
quanto credere che gli italiani siano tutti uguali”.
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