Corso di laurea in Scienze dell’Educazione
A. A. 2013 / 2014
Istituzioni di Linguistica (M-Z)
Dr. Giorgio Francesco Arcodia
([email protected])
1. L’acquisizione linguistica. Questioni generali
Tutti gli individui della specie umana (non affetti da patologie pertinenti) possono
apprendere qualunque lingua storico-naturale a cui sono esposti alla perfezione
nell’infanzia, con poca istruzione esplicita; l’apprendimento linguistico degli adulti, che
non di rado prevede (anche) l’istruzione esplicita, non porta (pressoché) mai alla
competenza del ‘parlante nativo’, e in alcuni casi ha risultati scarsi
→
come rendere conto di questi fatti?
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1.1 Chomsky e l’approccio ‘nativista’
Premessa ‘chomskyana’: il bambino impara la propria (o le proprie) L1 velocemente e con
poco sforzo, nonostante riceva un input ‘povero’ quantitativamente e qualitativamente (la
‘povertà dello stimolo’), nessuna istruzione esplicita né feedback negativo
→
ciò è possibile perché il cervello umano è ‘preprogrammato’ per l’acquisizione del
linguaggio; alcuni elementi della grammatica (es. la dipendenza dalla struttura) sono
innati, e costituiscono la Grammatica Universale (Universal Grammar, UG)
→
tutti nascono con la stessa potenzialità di apprendere una lingua, che si ‘sviluppa’
nella conoscenza di una o più lingue storico-naturali (italiano, francese, etc.)
“La grammatica di una lingua specifica è una descrizione dello stato della facoltà
linguistica dopo il contatto con i dati dell’esperienza; la grammatica universale è una
descrizione dello stato iniziale della facoltà del linguaggio prima di qualunque
esperienza”
(Chomsky, N, 1988, Language and problems of knowledge: the Managua lectures, Cambridge [MA], MIT Press;
traduzione e grassetti miei)
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‘Principi e parametri’
i principi non consentono variazione
Es.: la dipendenza dalla struttura
i parametri vanno ‘impostati’ (parameter setting)
Es.: la posizione reciproca di testa e complemento
a tall boy
vs.
un ragazzo alto
Es./2: il parametro pro-drop (pronoun dropping)
I‘ll have a beer
vs.
it. prendo una birra
(vs. *will have a beer)
→
l’italiano tollera l’omissione del pronome soggetto (pro-drop), l’inglese no (nonpro-drop)
→
l’esposizione all’input linguistico permette l’impostazione (setting) dei parametri
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La povertà dello stimolo:
“(...) si osserva nel bambino una discrepanza tra lo stimolo (ciò che sente o ciò che gli
viene insegnato: si usa spesso l’espressione neutra ciò a cui viene esposto), che è appunto
povero, disturbato, variabile e discontinuo, e la rapidità, uniformità e solidità con cui egli
svilupppa una lingua”
(Graffi, G., Scalise, S., 2013, Le lingue e il linguaggio, terza edizione, Bologna, Il Mulino)
→
alcuni aspetti della grammatica vengono appresi apparentemente anche senza averne
esperienza diretta; per esempio, il bambino ‘sa’ (non esplicitamente) che le regole della
sintassi non sono lineari, bensì dipendenti dalla struttura, anche se non è esposto (o non
è esposto a sufficienza) a strutture di sufficiente complessità per dedurlo dall’input
Es.:
>
→
the baby who is named after a cat is growing whiskers
is the baby who is named after a cat growing whiskers?
*is the baby who named after a cat is growing whiskers?
la corretta applicazione della regola per la formazione della frase interrogativa
non può prescindere dalla nozione di soggetto, una nozione strutturale
(Saxton, Matthew, 2010, Child Language. Acquisition and Development, London, Sage)
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→
ma lo stimolo è davvero così ‘povero’? Ed è così vero che il bambino non riceve
feedback negativo?
−
Secondo alcune stime, il bambino è esposto a circa dieci ore al giorno di input
linguistico
−
L’input che il bambino riceve da chi si prende cura di lui non è di norma così
‘degenerato’; quando i genitori si rivolgono ai bambini, usano un registro speciale,
detto Child Directed Speech (CDS; anche motherese, baby talk, etc.), che favorisce
l’acquisizione
−
Il feedback negativo può arrivare al bambino tramite il meccanismo del
‘rimaneggiamento’ (recast), ovvero la ripetizione da parte dell’adulto dell’enunciato
del bambino con correzioni e arricchimenti
Ess.: Milk in there
There is milk in there
I was talked first
You weren’t talking first!!
(Saxton, Matthew, 2010, Child Language. Acquisition and Development, London, Sage)
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Alcune caratteristiche del Child Directed Speech italiano
(adatt. da: Bernini, Giuliano, 2010, Baby talk, in Simone, R. [a cura di], Enciclopedia dell’italiano, Roma, Treccani)
(a) Livello prosodico: volume relativamente alto, modulazione più alta della voce,
articolazione lenta e accurata delle sillabe con enfatizzazione della curva intonativa
(b) Livello fonologico: riduzione di nessi consonantici e vocalici, tendenza alla
costituzione di sole sillabe CV e CVC, abbreviazioni (baccio ‘braccio’, quetto ‘questo’,
pangere ‘piangere’, cappa ‘scarpa’, elicotto ‘elicottero’)
(c) Livello morfosintattico:
(i) diffusa presenza di suffissi diminutivi coi nomi (acquina, cagnolino, lattuccio,
orsettino)
(ii) riduzione preferenziale della morfologia verbale alla terza pers. sing. e alla prima
plur. del pres. e dell’imperf. indicativo:
Es.: voleva il dolcino il mio bambino?
(iii) talvolta, omissione di elementi grammaticali (bae fine / bae finito ‘Vale ha
finito’; male manina? ‘[ti sei fatto] male [alla] mano?’)
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(d) Livello lessicale:
(i) gli elementi lessicali sono riferiti agli ambiti rilevanti per il bambino (le parti e le
funzioni del corpo, i rapporti di parentela, il cibo, i giochi, gli animali, certe qualità).
(ii) Certi elementi lessicali sono costituiti dal raddoppiamento della stessa sillaba
(pappa) anche con valore iconico rispetto al referente, di cui riproducono proprietà
sonore (ciufciuf ‘treno’, brumbrum ‘automobile’, baubau ‘cane’)
(ii) Tra i verbi sono preminenti quelli più generici, come fare (fare la nanna, fare
ciao ciao ‘salutare’)
(e) Livello discorsivo:
(i) frequenza di elementi deittici che collegano il discorso all’ambiente in cui esso è
prodotto (avv. e pron. dimostr.)
(ii) espressioni di rinforzo delle verbalizzazioni del bambino (sì, bravo) e di guida
della sua attenzione (guarda, senti); ridondanza (dov’è la palla? ecco la palla, tirala
qui).
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1.2 Approccio ‘usage-based’
“Come suggerito dal nome, l’approccio basato sull’uso si basa sull’assunto secondo il
quale la nostra conoscenza del linguaggio sia ottenuta dall’uso del linguaggio stesso”
→
i bambini apprenderebbero il linguaggio soprattutto capendo come gli altri lo usano
(“meaning is use” − “structure emerges from use”)
→
diversamente dall’approccio nativista, nell’approccio usage-based si propone che la
grammatica sia appresa, senza conoscenza innata; il bambino converge
gradualmente verso la grammatica adulta
→
in questo approccio, il linguaggio non viene appreso tramite meccanismi
specifici/dedicati, bensì tramite meccanismi sviluppati per altri scopi (es. analogia,
categorizzazione)
(Saxton, Matthew, 2010, Child Language. Acquisition and Development, London, Sage; Tomasello, Michael, 2009,
The usage-based theory of language acquisition, in Bavin, E. L. (ed.), The Cambridge Handbook of Child
Language, Cambridge, CUP)
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‘Lettura delle intenzioni’ (intention-reading): dimensione funzionale
→
quando l’adulto parla al bambino, il bambino cerca soprattuto di comprendere
l’intenzione comunicativa dell’adulto; successivamente, può cercare di assegnare
una funzione ai costituenti dell’enunciato (blame assignment)
Es.: ecco la palla
dammi la palla
la palla rotola
la palla rimbalza
voglio la palla
tira la palla
dov’è la palla?
→
→
‘palla’ può diventare un elemento significativo da
riutilizzare in futuro
“(...) children do not try to learn words directly; they try to comprehend utterances
and in doing so they often must comprehend a word in the sense of determining the
functional role it is playing in the utterance - and they see commonalities in this
functional role across utterances”
(Tomasello, Michael, 2009, The usage-based theory of language acquisition, in Bavin, E. L. (ed.), The Cambridge
Handbook of Child Language, Cambridge, CUP)
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‘Ricerca dei pattern’ (pattern-finding): dimensione grammaticale
→
invece di apprendere singole parole per poi combinarle tra di loro sulla base di
regole astratte, i bambini estraggono le parole (e le loro funzioni) dagli enunciati,
individuano pattern di analogia tra gli enunciati e ne deducono delle costruzioni
grammaticali dotate di significato (dal concreto all’astratto = dallo specifico al
generale)
− combinazioni di parole
− schemi pivot: combinazioni di un elemento fisso e uno slot variabile
Es.: more _____ ‘ancora ____’ (more milk, more read, etc.)
no______ (no bed, no mama, no down)
− item-based constructions: simili agli schemi pivot, ma provvisti di marche
sintattiche (ordine delle parole, morfologia); schemi basati su singoli verbi, a
seconda di come il bambino li ha sentiti usare (verb-island constructions)
Es.: il bambino può usare correttamente un particolare verbo in una costruzione
transitiva, ma non riesce ancora a inserire altri verbi transitivi nello stesso tipo
di costruzione (NPagente − V − NPpaziente)
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− abstract constructions: tra il secondo e il terzo anno di età, il bambino ha
‘maneggiato’ abbastanza costruzioni item-based e riesce a connetterle tra di loro,
astraendo uno schema più generale aperto a vari costituenti
Ess.: predicato transitivo semplice (NP − V − NP)
predicato intransitivo (NP − V)
predicato ditransitivo (in inglese, NP − V − NP − NP, I sent you a letter)
costruzione causativa (make NP do it, make NP do it, etc.)
costruzione passiva (NP be/get − V − by NP)
→ il bambino non ‘impara’ la grammatica tramite regole astratte prive di contenuto,
bensì come “modelli di costruzione associati per convenzione con un significato
grammaticale specifico (...) Il bambino ha bisogno per prima cosa di vedere che
quando l’adulto produce un enunciato che rientra in un particolare modello
(costruzione), l’adulto vuole esprimere un determinato significato”
→ le abilità necessarie coinvolgono la schematizzazione e l’analisi, e sono usate
anche in altri domini della cognizione
(Tomasello, Michael, 2009, The usage-based theory of language acquisition, in Bavin, E. L. (ed.), The Cambridge
Handbook of Child Language, Cambridge, CUP; trad. mia)
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Alcuni problemi dell’approccio usage-based
− non è stato chiaramente dimostrato che esistano meccanismi di apprendimento generali,
applicabili ad input di qualunque tipo (modalità)
− il modello di apprendimento ‘dal generale allo specifico’ prevede che la produttività
dei bambini su modello adulto si manifesti piuttosto tardi (dopo i tre anni di età),
mentre i dati sperimentali suggeriscono che questo possa già avvenire intorno ai 24
mesi, o anche prima (cf. il modello del syntactic bootstrapping).
L’apprendimento di costruzioni item-based, costruite su elementi lessicali specifici e
non ancora ‘aperte’ ad altri elementi simili, prevederebbe l’assenza di
overgeneralisation, come l’uso di un verbo intransitivo in un predicato transitivo, prima
dei tre anni; tuttavia, i dati mostrano una certa preferenza dei bambini per i predicati
transitivi, indipendentemente dalla transitività del verbo
Es.:
*mommy I disappeared my orange juice
‘mamma, ho sparito il mio succo d’arancia’
− Nell’approccio usage-based si fa uso soprattutto di dati di produzione; i dati di
comprensione, tuttavia, possono dire molto sulla competenza del bambino
(Saxton, Matthew, 2010, Child Language. Acquisition and Development, London, Sage)
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2. L1 vs. L2
L1: la lingua che si impara per prima, nell’infanzia (tendenzialmente, entro i 3 anni di età)
→ esiste un ‘confine’ oltre il quale non si può più parlare di L1?
→ Pallotti (1998:199; corsivi miei): “gli individui che vengono esposti alla lingua
materna dopo i dieci anni, per quanto ricevano un input abbondante, non riescono mai a
raggiugere un livello pari a quello di un parlante nativo; essi imparano un discreto
repertorio lessicale, ma a livello sintattico e morfologico commettono sempre molti errori,
se non evitano del tutto l’uso di funtori grammaticali o di forme sintattiche complesse.
Sembrerebbe dunque che gli esseri umani siano programmati per imparare a parlare in
un determinato periodo della loro vita.”
Ipotesi del periodo critico: con la lateralizzazione* il cervello perde plasticità, il
periodo entro cui la lingua può essere imparata alla perfezione termina con la pubertà; gli
adulti non possono raggiungere una competenza nativa di una lingua
(Lenneberg, E., 1967, Biological foundations of language. New York: Wiley and Sons)
*Lateralizzazione: localizzazione nell’emisfero cerebrale sinistro della funzione
linguistica
13
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→
in realtà, anche l’emisfero destro ha una funzione importante, in quanto è coinvolto
nella produzione di metafore, ironia, nella pragmatica del linguaggio, etc.;
nell’emisfero sinistro sono localizzate le funzioni più “automatiche” e specifiche
(come dimostrato dagli effetti sul linguaggio di lesioni ai due emisferi)
→ l’ipotesi è stata abbandonata, nella sua forma “forte”, per quanto riguarda
l’apprendimento di L2; si può parlare di diversi “periodi critici” (o periodi sensibili)
per diversi aspetti dell’apprendimento linguistico
fonologia: già dai sei anni, per molti soggetti diventa arduo imparare una lingua
senza accento (pressoché impossibile dai 12 anni)
morfologia e sintassi: decadimento delle abilità di apprendimento collocabile
attorno ai 15-20 anni (gli studi divergono)
→ 15-20 anni di età è il periodo in cui il cervello giunge a piena maturità
lessico: la capacità resta sostanzialmente immutata per tutta la vita
→
in termini generali, la possibilità di apprendere perfettamente una lingua
sembra decresce con il tempo (nel periodo tra 6 e 20 anni d’età)
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N.B.: si danno casi di individui che si distaccano molto dai dati medi: Joseph Conrad,
l’autore di Heart of Darkness, Lord Jim, etc. aveva come L1 il polacco!!
“The sea-reach of the Thames stretched before us like the beginning of an
interminable waterway. In the offing the sea and the sky were welded together
without a joint, and in the luminous space the tanned sails of the barges drifting up
with the tide seemed to stand still in red clusters of canvas sharply peaked, with
gleams of varnished sprits. A haze rested on the low shores that ran out to sea in
vanishing flatness. The air was dark above Gravesend, and farther back still seemed
condensed into a mournful gloom, brooding motionless over the biggest, and the
greatest, town on earth.” (Heart of Darkness, ‘Cuore di tenebra’)
→
in alcune patologie del linguaggio (forme di afasia), le abilità nella L1 vengono
compromesse più di quelle nella L2 (appresa in modo esplicito); l’emisfero
destro contribuisce alla risoluzione dei compiti (non primariamente linguistici)
nell’apprendimento di L2
→
per gli adulti (> 17-20 anni) è più facile (nelle fasi iniziali) l’apprendimento
consapevole, ma non l’acquisizione (in senso stretto) → il periodo critico
probabilmente riguarda soprattutto l’acquisizione (inconsapevole)
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...E cosa succede a chi non apprende nessuna lingua prima della pubertà?
Genie (nome di fantasia), nata nel 1957 e ‘scoperta’ dai servizi sociali
della città di Los Angeles nel 1970. Cresciuta dalla famiglia in isolamento
quasi totale fino ai tredici anni, è probabilmente il caso più studiato di
deprivazione linguistica totale; al momento della liberazione, comprendeva
solo una manciata di parole (walk, go, alcuni colori)
→
dopo l’affido ad una struttura, si è cercato di insegnare l’inglese a
Genie, ottenendo però risultati limitati
Fonologia: Genie non ha mai sviluppato una fonologia paragonabile a
quella di un parlante nativo
Morfologia: nel periodo di osservazione, Genie omette morfemi flessivi ‘banali’
Ess.: small two cup
like chew meat
[cups]
[chewing]
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Sintassi: sviluppo più lento di quello di un bambino cresciuto con un input linguistico
normale, mancata padronanza delle parole-funzione, mancanza di soggetti obbligatori, etc.
Ess.: like good Harry at hospital
no more have
tell door lock
glass is break
another house blue car
Lessico: acquisizione di diverse centinaia di parole (comprensione e produzione), anche
se con molta più lentezza e fatica rispetto ad un bambino piccolo
→
i dati di Genie indicano che anche con la pubertà è possibile apprendere a parlare
una lingua, ma non con la competenza di un nativo; inoltre, la capacità di apprendere
il lessico sembra meno compromessa di fonologia e morfosintassi
→
è stato evidenziato come Genie utilizzasse l’emisfero destro per le funzioni
linguistiche, con una probabile atrofia del sinistro; non è chiaro se questo sia una
dimostrazione dell’ipotesi del periodo critico, o se rifletta un deficit cognitivo di
Genie (che potrebbe spiegare i problemi con il linguaggio)
(Saxton, Matthew, 2010, Child Language. Acquisition and Development, London, Sage; cf. Curtiss, S. et al., 1974,
The linguistic development of Genie, Language, 50.3, 528-554)
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Cf. il caso di E.M.:
bambino non udente, senza contatti precoci con la comunità sorda, scolarizzato a partire
dai 12 anni, ha avuto apparecchi acustici a partire da 15 anni; a questa età ha iniziato
l’apprendimento dello spagnolo
→
nonostante abbia raggiunto un buon livello di comprensione e uso della lingua, il suo
livello non è paragonabile a quello di un ‘vero’ parlante nativo (es.: 15% di errori in
test di comprensione della distinzione singolare/plurale); E.M. conosce le regole
grammaticali, ma non le applica perfettamente (come un buon locutore di L2)
→
E.M. non ha subito le privazioni di Genie, e ha uno sviluppo cognitivo nella norma
N.B.: anche gli studi sugli apprendenti di lingue segnate (in particolare, l’ASL) mostrano
che i segnanti esposti alla ASL a partire dai 12 anni, e anche quelli esposti a partire
dall’età di 4-6 anni, hanno risultati peggiori nei test morfologici rispetto ai segnanti nativi
(esposti dalla nascita all’ASL, figli di genitori segnanti)
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3. Come si studia l’acquisizione di L1?
Un passo indietro...i dati linguistici possono provenire da:
− intuizioni da parlante nativo o conoscenza approfondita di una lingua
− informanti
− questionari sottoposti a parlanti nativi
− grammatiche
− pubblicazioni su aspetti specifici
− testi (anche corpora digitalizzati)
→
i bambini (soprattutto, sotto i quattro anni) non sono in grado di fornire giudizi di
grammaticalità, hanno una competenza metalinguistica scarsissima, hanno difficoltà
nel prestare attenzione, ricordare le istruzioni, cooperare con uno sconosciuto...
→
non è sufficiente studiare la produzione; prima di imparare a parlare, i bambini
hanno già capacità di percezione e comprensione in crescita
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3.1 Studiare l’output: dati spontanei vs. dati elicitati
“Il modo più semplice di studiare come un bambino impara a parlare è osservarlo”
(Graffi, G., Scalise, S., 2013, Le lingue e il linguaggio, terza edizione, Bologna, Il Mulino)
→
vari metodi di raccolta di dati spontanei
Diari genitoriali: ‘diari’ tenuti da un genitore ove sono annotate descrizioni del
linguaggio del bambino, osservazioni, riflessioni, etc.
→
problema del ‘filtro’ dell’osservatore: il redattore compie delle scelte, più o meno
consapevoli, su cosa annotare, come interpretarlo, etc.
→
portata limitata: i diari di solito riguardano solo un/a bambino/a, e la modalità di
raccolta dati rende difficile il confronto con i dati di altri bambini
Studi longitudinali su campioni: osservazione, registrazione e trascrizione di dati di
gruppi di bambini in contesti familiari, raccolti ad intervalli regolari per periodi piuttosto
lunghi (anche molti anni)
20
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→
problema della comparabilità: necessità di uno standard comunemente accettato per
la trascrizione e la codifica dei dati
Nascita del sistema CHILDES (Child Language Data Exchange System;
http://childes.psy.cmu.edu/); sistema di archiviazione e condivisione di dati di linguaggio
infantile basato su un unico sistema di trascrizione (CHAT)
→
problema: l’assenza di una particolare struttura in un campione di dati spontanei non
indica necessariamente che non è stata appresa dal bambino (la struttura può
essere infrequente, oppure per caso il bambino non l’ha usata)
Necessità di integrare con dati elicitati: utilizzo di tecniche (calibrate per età) finalizzate
ad ottenere dal bambino la produzione di una certa struttura
→
tipicamente, indagini trasversali, somministrate a più bambini in un momento, poi
confrontabili con i dati di altri gruppi di bambini
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Es.: ‘test di wug’
→
fondamentale utilizzare parole inventate per essere sicuri che il bambino applichi
una regola (piuttosto che ripetere una forma già sentita)
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Es./2: passato irregolare di verbi inglesi
Al bambino viene insegnato il verbo sty, a cui è associato un significato arbitrario. Dopo
viene mostrato un filmato e gli si chiede ‘cosa è successo?’
(Saxton, Michael, 1997, The contrast theory of negative input, Journal of Child Language, 24)
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3.2 Lo studio della percezione
Premessa: la comprensione precede cronologicamente la produzione
→
come valutare la ricezione dell’input da parte del bambino, soprattutto nei primi
mesi di vita (fase preverbale)?
Paradigma della suzione non nutritiva (high amplitude sucking paradigm, HASP):
utilizzo di uno speciale succhiotto dotato di sensori che misurano frequenza ed intensità
di suzione; l’intensità della suzione riflette la crescita della sua attenzione
→
alla presentazione di uno stimolo linguistico nuovo, il bambino succhia con più
forza; se lo stimolo viene ripetuto più volte, avviente l’‘abituazione’, e l’intensità
del succhiare si riduce
→
se alla presentazione di un nuovo stimolo nel bambino cresce ancora l’intensità del
succhiare, significa che l’input è percepito come nuovo, diverso da quello presentato
in precedenza (e a cui il bambino è abituato)
→
tecnica usata molto per dimostrare la percezione di distinzioni fonologiche da parte
dei neonati (es.: /p/ vs. /b/)
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Paradigma della preferenza della testa (headturn preference procedure, HPP, dai 6
mesi di età): presentazione di due (o più) stimoli, si verifica se il bambino porta o meno
lo sguardo nella direzione dell’input per lui più familiare
→
il tempo che il bambino dedica a guardare uno stimolo declina con l’abituazione; se,
alla presentazione di un nuovo stimolo, nel bambino viene riattivata l’attenzione,
significa che il bambino percepisce i due stimoli come diversi
Event Related Potentials (ERP): misurazione dell’attività neurale (tramite cambiamenti
nei livelli di ossigeno nel sangue) mediante degli elettrodi collocati sul cuoio capelluto
del bambino
(Saxton, Matthew, 2010, Child Language. Acquisition and Development, London, Sage)
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Studio della comprensione nei bambini più grandi:
Utilizzo di vignette, etc.
Es.: fammi vedere il gallo che guarda i cani vs. fammi vedere il gallo che i cani guardano
→
test per valutare la comprensione delle frasi relative; la relativa sull’oggetto (fammi
vedere il gallo che i cani guardano) viene appresa molto più tardi rispetto alla
relativa sul soggetto (fammi vedere il gallo che guarda i cani), più ‘accessibile’
(Graffi, G., Scalise, S., 2013, Le lingue e il linguaggio, terza edizione, Bologna, Il Mulino)
26
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Lezione 27 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione