Anno VI ISSN 1970-741X Protesi di Caviglia Monocompartimentali di Ginocchio Numero 1/2011 Gestione del Sangue Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. I comma I, DCB Milano Taxe Perçue ORTHOviews la Ricerca nel Mondo Infortuni nel Calcio Corsi e Congressi EDITORIALE Comunicare al pubblico in modo efficace I temi legati alla salute costituiscono un vasto campo, al quale i media dedicano la massima attenzione, consapevoli dell’interesse suscitato nel pubblico dall’argomento, come testimonia del resto l’assidua frequentazione di siti web che in qualche modo trattano questioni mediche. Ma in che modo la stampa non specialistica presenta tali argomenti, con quanta attenzione e competenza? In genere poca, purtroppo. La giustificazione potrebbe essere che la medicina richiede al lettore competenze specifiche per essere compresa. Ma questo vale anche per la finanza: quanti dei lettori hanno sufficienti competenze in questo campo? Eppure, in tema di economia si pubblicano articoli di livello ottimo, talvolta non chiarissimi forse, ma tecnicamente ineccepibili. Le pagine dedicate alla salute sui quotidiani e i rotocalchi, invece, sono affidate a giornalisti generalistici e non necessariamente preparati in materia, poco avvezzi a gestire fonti affidabili. Insomma si tratta, con le dovute eccezioni, di un giornalismo che nell’affrontare i temi di salute e medicina è poco critico, talvolta sciatto, più interessato a creare sensazionalismo che a informare, come se la salute fosse uno dei molti argomenti di intrattenimento e non una dimensione (e un diritto) fondamentale dell’essere umano. Per questo motivo colpisce positivamente la recente campagna rivolta al pubblico da parte del Ministero della Salute e dell’Aifa, riguardante il corretto uso degli antibiotici, dal titolo “Antibiotici, difendi la tua difesa. Usali con cautela”. Un modo di affrontare un tema importante in tono divulgativo ma corretto e convincente. Il problema non è di poco conto: l’uso sconsiderato degli antibiotici allarma per le pesanti ripercussioni sulla spesa Continua a pag. 2 Chirurgia protesica tra filosofia e tecnica Sabato 5 marzo I CONSENSUS CONFERENCE Fattori di crescita in ortopedia Presidente del Congresso: Prof. Antonio Gigante ANCONA, Ridotto del Teatro delle Muse Segreteria Organizzativa: CSC srl Tel. 075.5730617 - Fax 075.5730619 www.csccongressi.it - [email protected] GRIFFIN EDITORE www.griffineditore.it - [email protected] 2 FACTS&NEWS 3 FACTS&NEWS Protesi di caviglia, una chirurgia ancora pionieristica L’articolazione della caviglia rappresenta la nuova frontiera della chirurgia protesica e promette nei prossimi anni un notevole sviluppo Tabloid di Ortopedia ha intervistato Federico Giuseppe Usuelli, ortopedico dedicato alla chirurgia della caviglia e del piede, che da poco ha aperto una nuova fase della sua vita professionale entrando a far parte - assieme ai colleghi Umberto Alfieri Montrasio e Michele Boga dell'équipe del Centro di traumatologia sportiva e chirurgia artroscopica del Galeazzi diretto da Herbert Schoenhuber con un modulo di chirurgia della caviglia e del piede. Grazie all'iniziativa del suo primo maestro Francesco Malerba, Usuelli ha potuto maturare una considerevole esperienza negli Stati Uniti, frequentando prima il Dipartimento di chirurgia ortopedica della Duke University diretto da James A. Nunley, il Centro di riferimento a livello mondiale per la protesica di caviglia, che vanta la casistica più elevata per questi interventi, e poi lavorando a stretto contatto con quello che viene considerato il chirurgo numero uno della chirurgia della caviglia e del piede: Mark Myerson, Direttore dell'Institute for foot and ankle reconstruction al Mercy Medical Center di Baltimora. Usuelli ci ha fatto il punto sulla protesica di caviglia: una chirurgia affascinante, ancora in fase pioneristica, che presenta differenze anche marcate tra la scuola americana e quella europea. Dottor Usuelli, possiamo parlare della chirurgia della caviglia come della nuova frontiera della protesica? Certamente sì. Lo stato dell’arte della protesica di caviglia oggi è paragonabile a quello delle protesi d’anca negli anni Sessanta: i disegni continuano a cambiare, di pari passo con le indicazioni e le tecniche chirurgiche. Le protesi di caviglia rappresentano senza dubbio una novità in campo ortopedico, e le soluzioni di nuova generazione sono quelle che hanno permesso di compiere il forte salto di qualità a cui assistiamo oggi e che ha rinnovato l’interesse della comunità scientifica su questa opzione terapeutica. Segue da pag. 1 farmaceutica e sulle risorse dei sistemi sanitari, ma la questione principale è che l’antibioticoresistenza e il progressivo venir meno dell’efficacia delle sole armi a disposizione per contrastare infezioni batteriche più o meno gravi impone un allerta costante da parte di tutti gli operatori della salute. La campagna informativa al pubblico che si è svolta in questi ultimi mesi ha saputo comunicare con efficacia, chiarezza e precisione che occorre seguire fedelmente le indicazioni del medico rispetto a tempi, dosi e modalità di assunzione, evitando di interrompere precocemente la terapia. Altro punto critico da non sottovalutare, l’interferenza sulle scelte terapeutiche derivanti dai consigli di parenti e amici e l’impiego non monitorabile di farmaci avanzati da trattamenti precedenti. Rispetto a quest’ultimo punto, allargherei il discorso - e la comunicazione al pubblico - al tema degli antidolorifici, su cui l’informazione dev’essere davvero puntuale e precisa. Il paziente ha bisogno di calmare il dolore e s’informa: ricerca notizie ovunque e raccoglie qualsiasi tipo d’informazione. Chi ha a che fare con l’apparato muscolo-scheletrico conosce bene l’importanza della questione e si aspetta che venga affrontata in modo divulgativo ma assolutamente corretto ed esplicito. Alla larga, per intenderci, anche da false promesse e strane terapie, che con la medicina hanno poco a che fare e che vendono, purtroppo, soltanto speranze vane. (Paolo Pegoraro) Le rare esperienze degli anni Settanta e Ottanta avevano sempre portato a degli insuccessi. Per questo la protesica di caviglia non ha incontrato in passato la fortuna di cui hanno invece goduto le protesi di ginocchio e d’anca. Quali le indicazioni a questa chirurgia? I pazienti che ottengono i migliori risultati sono quelli affetti da malattie sistemiche - artrite reumatoide, emocromatosi ecc. - che presentano una degenerazione artrosica ma anche una componente artritica. Con l’intervento di protesizzazione si può agire su queste patologie in maniera molto efficace dal punto di vista della riduzione del dolore, e anche se non viene ripristinata la funzio- Da sinistra, Gaston Anibal Slullitel, Mark Myerson, Federico Usuelli e Umberto Alfieri Montrasio, ospiti a casa del chirurgo americano a Baltimora per vedere la finale dei mondiali di calcio MODELLO AMERICANO ED EUROPEO A CONFRONTO Federico Giuseppe Usuelli nalità dell’articolazione si ottiene un buon risultato rispetto alle aspettative del paziente. Risulta invece molto più complesso trattare gli esiti di trauma, in quanto il paziente - che prima dell’infortunio non aveva alcun tipo di limitazione nel movimento non accetta una forte riduzione della funzionalità, che purtroppo non possiamo restituirgli. Tuttavia oggi si cerca di estendere le indicazioni al paziente più giovane, ma vi sono opinioni discordanti: da una parte si sottolinea il vantaggio della diminuzione del sovraccarico alle articolazioni adiacenti; dall’altra si evidenzia la scarsità dei dati di follow up oltre i 10 anni, di cui ancora non disponiamo. Certo è che una controindicazione assoluta all’utilizzo delle protesi di caviglia è la presenza di defor- Con i tanti modelli di protesi disponibili, la scelta del chirurgo si rivela sempre difficile "Gli americani utilizzano degli impianti meno evoluti rispetto ai nostri - spiega Federico Giuseppe Usuelli dell'Unità di chirurgia della caviglia e del piede CTS dell'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano -. Di fatto eseguono molti più interventi rispetto ai chirurghi europei - anche per la maggiore prevalenza delle patologie della caviglia negli Usa legate al sovrappeso e alla maggiore incidenza dei traumi - ma avendo a disposizione una tecnologia più antiquata". Questo a causa dei limiti imposti dalla Food and Drug Administration (Fda), l'ente americano che certifica i dispositivi medici: i costi per le aziende produttrici di protesi per accedere alla certificazione è molto elevato e, trattandosi di una chirurgia di nicchia, non è sostenibile dal punto di vista economico. Se da una parte quindi l'attività della Fda tutela il cittadino e la sua salute, dall'altro, soprattutto in casi come questo, limita nei fatti il progresso tecnologico e l'attività dei chirurghi. "La scuola americana utilizza protesi a due pezzi, le cosiddette fix bearing: sono più ingombranti, occupano molto spazio nell'articolazione e sacrificano più osso. In caso di revisione la scelta terapeutica è necessariamente indirizzata verso una protesi da revisione modulare. Il fallimento nella riprotesizzazione non è raro, e può portare all'amputazione dell'arto sotto il ginocchio (nel 7% dei casi Hansen, J Bone Joint Surg Am, 2007) - ci ha detto Usuelli, che conosce bene la realtà americana -. Questa tipologia di protesi, abbastanza arretrata, riduce di molto il bone stock, con tutti i problemi che comporta, non soltanto nel primo impianto ma soprattutto nella revisione". La tecnologia utilizzata in Europa è molto differente: "Le protesi europee - le mobile bearing - sono protesi a tre pezzi, con un menisco in mezzo, e occupano molto meno spazio. Sono protesi più evolute, che offrono un indubbio vantaggio biomeccanico" continua il chirurgo. "La filosofia delle due scuole è diametralmente opposta proprio nella revisione: negli Stati Uniti, vista la scarsità di osso, si ricorre all'utilizzo di protesi da revisione, mentre in Europa si ha ancora la possibilità di trattare un fallimento con l'artrodesi o di riprotesizzare con una protesi standard, perché il gap osseo è minimo e può essere colmato". In altri termini, una volta sacrificato molto osso nel primo impianto, e altrettanto nel reimpianto, il fallimento della protesi da revisione significa dover procedere all'amputazione, soluzione che invece nel Vecchio Continente non viene nei fatti nemmeno contemplata, e ogni fallimento può e viene gestito con altre opzioni. Sebbene la differenza tra le due scuole sia orientata più da vincoli tecnologici piuttosto che da scelte puramente cliniche, la questione della revisione protesica, che nei prossimi anni si porrà in maniera molto più forte rispetto a oggi, suggerisce di ripensare l'approccio americano alla chirurgia protesica di caviglia. "La scuola americana per questo motivo sta guardando con grande interesse all'esperienza europea. Un'attenzione testimoniata anche dalla crescente presenza di relatori europei agli ultimi meeting dell'American Orthopaedic Foot & Ankle Society" ha concluso Usuelli. A. P Protesi di caviglia mobilizzata: via d’accesso durante l’intervento di revisione Un complicato caso di revisione: rx a due anni e mezzo dall’intervento mità importanti, perché con una distribuzione asimmetrica dei carichi l’impianto protesico fallisce. per interventi di protesi di caviglia è molto alta, quindi questa chirurgia dovrebbe essere ad esclusivo appannaggio di centri di riferimento a livello nazionale. L’indicazione al trattamento, la scelta chirurgica corretta, l’iter riabilitativo più efficace sono scelte molto complesse in questo ambito, e richiedono un chirurgo esperto e dedicato. La scelta di trattare questi pazienti in centri dedicati deriva inoltre dal numero dei casi: si tratta di numeri ridotti - solitamente si tratta di pazienti di 50 anni, che hanno sviluppato un’artrosi post traumatica , numeri che diventano significativi solo se convogliati in poche strutture. Quali allora gli obiettivi clinici di un intervento di protesi di caviglia? Se nella protesi di ginocchio l’obiettivo è quello di imitare la biomeccanica naturale dell’articolazione, nella protesica di caviglia questo risultato non è oggi raggiungibile, e si ritiene un successo il mantenimento anche di una parziale articolarità in assenza di dolore. A volte anche 20° di articolarità rappresentano un buon punto d’arrivo, perché sono sufficienti a scongiurare il sovraccarico delle articolazioni distali. Quindi l’obiettivo della protesi di caviglia non è tanto quello di ripristinare la funzionalità dell’articolazione, quanto quello di conservare un sufficiente grado di mobilità che permetta una buona deambulazione e scongiuri un eccessivo sovraccarico delle articolazioni distali del piede, che negli interventi di artrodesi con chiodo di tibio-tarsica e sottoastragalica può portare ad artrosi delle articolazioni vicine. È una chirurgia complessa o alla portata di tutti? La curva di apprendimento Quale il protocollo riabilitativo post chirurgico? artrosi, è preferibile la protesi di caviglia o l’intervento di artrodesi? In questo ambito siamo ancora agli inizi. Gli americani prevedono un periodo di immobilizzazione che oscilla tra le 3 e le 5 settimane, poi procedono con un carico progressivo. Nella nostra recente esperienza eravamo orientati verso 35-40 giorni di stivaletto gessato, ma recentemente stiamo cercando di ridurre il periodo di immobilizzazione a 15-20 giorni, perché abbiamo riscontrato rigidità e calcificazioni articolari. L’intervento di artrodesi tibio-tarsica garantisce al paziente un buon risultato, che gli permette un discreto livello funzionale ma gli preclude la possibilità di compiere movimenti complessi, come quelli richiesti da una qualsiasi attività sportiva. Al contrario un intervento di protesi di caviglia può offrire un risultato funzionale migliore al paziente, ma con meno certezze: il risultato può rivelarsi a volte identico, a volte peggiore rispetto all’artrodesi. Per quale motivo allora ci si chiede - proporre ai In conclusione, in caso di nostri pazienti un intervento di protesizzazione? Da una parte si tratta di costruire il futuro della chirurgia di questa articolazione, dall’altra già oggi possiamo ottenere una riduzione dello stress delle articolazioni vicine, che senza dubbio rappresenta un vantaggio a lungo termine per il paziente. La protesi di caviglia è un intervento che ha grandi margini di miglioramento per il futuro e per alcuni pazienti selezionati rappresenta già il gold standard, ma l’artrodesi tibiotarsica è oggi, nella maggior parte dei casi, la scelta chirurgica più equilibrata tra le due. Andrea Peren 4 FOCUS ON Protesica mininvasiva e tissue sparing surgery Alfredo Schiavone Panni Le protesi monocompartimentali del ginocchio permettono la conservazione di gran parte delle strutture anatomiche, presentano una ridotta invasività chirurgica e garantiscono un recupero funzionale più rapido e naturale Tabloid di Ortopedia ha intervistato il professor Alfredo Schiavone Panni, Direttore di Clinica Ortopedica dell'Università degli Studi del Molise. Specialista in chirurgia del ginocchio, dell'anca e della spalla, è impegnato da sempre non solo in ambito accademico, ma anche scientifico nazionale ed internazionale nello sviluppo della disciplina. Schiavone Panni ha maturato in particolare una grande esperienza nella protesica mininvasiva, in particolare sulle monocompartimentali di ginocchio: una chirurgia guidata dal concetto di tissue sparing surgery, letteralmente chirurgia del risparmio dei tessuti, la filosofia che ha prima affiancato e poi ha preso il posto della minimally invasive surgery degli americani. importantissima per qualsiasi articolazione e ancor più per il ginocchio. La Scuola italiana da sempre è stata vicina a questo tipo di approccio, che ha permesso uno sviluppo della chirurgia protesica mininvasiva: le protesi monocompartimentali - con le quali si tratta la patologia solo nel lato coinvolto - e le protesi di superfice - in cui l'osso viene conservato quasi nella sua totalità, asportando solo la lesione - ne sono un chiaro esempio. Professor Schiavone Panni, quale la filosofia alla base della chirurgia protesica mininvasiva? La protesica mininvasiva presenta dei confini rigidi o le indicazioni sono ampliabili a seconda dell'esperienza del chirurgo? L'affascinante sviluppo che la chirurgia protesica mininvasiva ha avuto in questi anni nella nostra specialità è dovuto al concetto di risparmio dei tessuti, del rispetto anatomico, e non è certo dipeso dell'ampiezza dell'incisione cutanea chirurgica. La ricerca della minima incisione possibile è un concetto che ha goduto, per un breve periodo, di una grande spinta mediatica, ma non è la grandezza del taglio a condurci verso il successo clinico, quanto invece la corretta esecuzione dell'intervento, il rispetto e la conservazione dei tessuti. La tissue sparing surgery si pone l'obiettivo di risparmiare le strutture richiedendo di essere sempre più precisi nel gesto chirurgico e nelle dissezioni anatomiche, conservando quanto più possibile il tessuto osseo e rispettando le strutture muscolotendinee. Un altro fondamentale vantaggio è la conservazione della propriocettività articolare, funzione Ogni intervento, per ottenere i risultati che si prefigge, deve rispettare le corrette indicazioni. E per quanto riguarda la protesica mininvasiva e le tecniche di tissue sparing è ancor più vero: i tentativi di estendere oltremodo le indicazioni al trattamento portano a possibili insuccessi. Le protesi monocomparti- mentali hanno indicazioni molto precise, che possono in alcuni casi essere allargate anche a pazienti molto anziani, con deformità importanti, ma con richieste funzionali modeste. Se nel soggetto giovane, attivo, con alte richieste funzionali queste protesi non trovano indicazioni, nei pazienti di età avanzata si sono rivelate un trattamento molto efficace per vari motivi: il recupero post operatorio è molto rapido, le perdite ematiche sono contenute, la durata dell'intervento è ridotta a mezz'ora circa e i risultati, in relazione alle richieste del paziente, sono molto soddisfacenti. Lei ha presentato recentemente indicazioni e risultati a medio termine per la femoro rotulea. Quali i vantaggi di questa soluzione protesica? La protesizzazione femoro rotulea è una tecnica chirurgica molto recente. Con questo tipo di protesi è possibile una conservazione quasi totale della componente ossea, un'asportazione veramente minima del tssuto cartilagineo e una ridotta asportazione di osso a livello della troclea femorale. Questo permette un miglior recupero post chirurgico e la possibilità di utilizzo della cosiddetta bi-mono (o doppia monocompartimentale), cioè l’associazione di un intervento di monocompartimentale - mediale nel ginocchio varo o laterale nel ginocchio valgo - con il trattamento dell'artrosi femoro rotulea con la protesi dedicata. C'è da dire che i casi nei quali si utilizza solo la protesi femoro rotulea non sono frequenti, perché raramente l'artrosi di questo distretto si presenta in maniera isolata. Avremo quindi casistiche sempre molto limitate di questo tipo di interventi. Come vede il futuro della chirurgia protesica? Sarà sempre più indirizzato verso la tissue sparing surgery e si svilupperanno in un futuro non certo prossimo le protesi biologiche. Inoltre tratteremo sempre più precocemente le lesioni degenerative, soprattutto grazie all'utilizzo dei fattori di crescita nel trattamento delle lesioni condrali, nelle fasi precoci, quando ancora non si è instaurato un processo degenerativo molto avanzato, scongiurando così la chirurgia protesica e quindi anche i complessi interventi di riprotesizzazione, grazie alla chirurgia ricostruttiva. Andrea Peren CHIRURGIA PROTESICA E CURVA D'APPRENDIMENTO Impianto di una mini protesi secondo i dettami della tissue sparing technique Controllo radiografico di una protesi monocompartimentale a 5 anni di follow up "La tecnica di chirurgia protesica di ginocchio è molto delicata: oltre al rispetto delle indicazioni al trattamento richiede il rispetto di un principio importantissimo come il bilanciamento legamentoso - ha sottolineato Alfredo Schiavone Panni, professore di ortopedia all'Università degli Studi del Molise -. Si tratta quindi di interventi che devono essere eseguiti da mani esperte, da chirurghi con alle spalle un buon numero di operazioni di questo tipo". È senza dubbio questa una delle peculiarità degli interventi protesici: non si diventa ottimi chirurghi se non si ha la possibilità di operare questa tipologia di pazienti con una certa continuità. Un problema che coinvolge soprattutto i giovani, che accedono a questa chirurgia solo più avanti nel loro percorso professionale, a differenza di quello che accade oltreoceano. "Il ritardo nell'esecuzione di interventi di protesi da parte dei giovani può essere in parte superato grazie ai cadaver lab, che mi auguro vengano attivati presto nel nostro Paese" sottolinea il docente. Ma non è solo l'aspetto formativo a identificarsi come criticità nel mondo dei giovani specializzandi: l'Università è anche il luogo dove prima di ogni altro è visibile la scarsa attrattività che caratterizza oggi la specialità ortopedica. "Nelle nostre Università abbiamo sempre meno ortopedici sostanzialmente per due motivi - ci ha spiegato Schiavone Panni -. Uno ritengo sia legato alle sempre più pressanti problematiche medico legali, l'altro relativo al grande impegno e sacrificio che la chirurgia ortopedica richiede". E in un sistema in cui gli studenti sgomitano per accedere alle facoltà di medicina a numero chiuso, e in cui lottano per accaparrarsi i pochi posti disponibili nelle altre specialità chirurgiche, la scarsità di giovani specializzandi che si dedicano all'ortopedia fa ancor più riflettere. 6 FOCUS ON Gestione del sangue in chirurgia ortopedica Il contenimento delle perdite ematiche rappresenta la vera sfida dell’ortopedia. In fase di studio le linee guide della Siot S oluzioni protesiche sempre più tecnologiche, procedure chirurgiche raffinate e presidi farmacologici di ultima generazione sono certamente componenti importanti dell'ortopedia del terzo millennio. Una specialità abituata a sperimentare soluzioni sempre più efficaci dal punto di vista tecnico e clinico, ma che oggi si trova a dover affrontare una sfida molto importante, che trascende la superspecialità e abbraccia tutta la branca ortopedica: il risparmio del sangue. "Il risparmio del sangue è un nuovo obiettivo per l'ortopedico, e in questo senso ogni chirurgia ha le sue peculiarità" ha esordito Pietro Bartolozzi, past president della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia. Ed è stato proprio questo il tema al centro di un interessante simposio tecnico tra esper- ti tenutosi in occasione dell'ultimo Congresso Siot di scena a Roma. Un simposio che si è focalizzato su un tema molto attuale in sala operatoria e al quale idealmente farà seguito la pubblicazione da parte della Siot di un documento guida. "Presto svilupperemo un protocollo sul controllo del sangue in sala operatoria" ha confermato Andrea Piccioli, Segretario Siot. Un documento che sarà certamente utile ai chirurghi ma che sarà apprezzato anche dalle direzioni sanitarie, visti gli alti costi che le strutture ospedaliere devono sostenere. "Presso il nostro Ospedale nel 2000 abbiamo speso ben otto milioni per la gestione del sangue - Francesco Vaia, direttore sanitario del Policlinico Umberto I di Roma -. Una singola trasfusione costa 163 euro (dato 2009) alla struttura sanitaria". In oncologia si verificano forti perdite ematiche nel paziente, come spiega Rodolfo Capanna, Direttore del dipartimento di ortopedia oncologica e ricostruttiva dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze. "In un intervento si può arrivare anche a perdere 60 litri di sangue. In chirurgia oncologica l'attenzione a contenere la perdita ematica è molto alta, sia perché questi pazienti sono spesso sotto chemioterapici, sia perché non possiamo ricorrere al recupero intraoperatorio". Ecco allora che la criochirurgia, il cavitron e il bisturi laser si rivelano soluzioni estremamente utili. Soluzioni tecnologiche in alcuni casi molto costose, quindi non sempre disponibili in sala operatoria, dove si rivela senza dubbio necessaria una più che ottima collaborazione tra chirurgo e anestesista. "Considero fondamentale il poter lavorare sempre con lo stesso anestesista, così da creare quell'affiatamento in sala operatoria necessario per lavorare al meglio" spiega Capanna. Un'opinione condivisa da Francesco Saverio Santori, esperto di chirurgia dell'anca: "Un buon anestesista è senza dubbio fondamentale, anche in chirurgia dell'anca dove rispetto al passato il tempo dell'intervento è meno importante. Oggi è fondamentale ottenere risultati d'eccellenza, operando in maniera accurata e facendo attenzione non tanto alla grandezza dell'incisione quanto a non lesionare i muscoli, che sanguinano molto". Il tempo dell'intervento può però rivelarsi una problematica clinica: "Un'ora di intervento in più aumenta la perdita di sangue e il rischio di infezioni - afferma deciso Bartolozzi -. Non sono accettabili perdite ematiche eccessive a causa della lentezza del chirurgo. Ai giovani: non cincischiate". È proprio Bartolozzi a delineare in poche parole la strada verso cui tendere: "è necessario passare da un concetto di infusione senza limiti - in passato si usavano fino a 6-7 flaconi di sangue per un intervento sulla colonna - a un concetto di risparmio nella fase intraoperatoria. È necessario quindi trovare soluzioni farmacologiche che ci consentano di operare con bassa pressione nel paziente e studiare nuove soluzioni tecniche per contenere le perdite ematiche. L'obiettivo finale è quello di ricorrere alla banca del sangue solo in casi di emergenza". Un concetto sottolineato anche dal neo presidente Siot Marco D'Imporzano, che sottolinea come l'obiettivo sia proprio quello di non far perdere sangue al paziente, perché sia l'autotrasfusione che il recupero intraoperatorio vanno considerati perdite ematiche. A. P. ORTHOviews Review della letteratura internazionale EVIDENCE BASED MEDICINE Superficiale e preoccupante la qualità dell'informazione sulla salute “Sesso orale e tumore della bocca. Esiste un collegamento” annuncia il sito del Corriere della Sera. Come dimostrato dalle 26 mila segnalazioni fatte su Facebook, la notizia è sicuramente di quelle capaci di attirare l’attenzione, grazie all’accostamento tra cancro e sesso, ovvero la più mediatica e temuta tra le malattie e la parola che più di ogni altra è capace di attirare l’attenzione dei lettori. L’occasione per confezionare questo titolo è stata offerta dall’annuncio che sulla Bbc, la più autorevole tra le emittenti televisive, un’avvenente attrice presenterà un documentario in cui cadrà “l’ultimo tabù televisivo”, dal momento che “si discuterà apertamente di sesso orale e del legame che esiste tra questa pratica sessuale e il cancro orale, tumore della bocca”. Il breve articolo fornisce dati piuttosto allarmanti sulla malattia, utilizzando con malizia parole come “epidemia emergente” e “aumento […] esponenziale”. E, come se non fosse abbastanza, ci viene detto che “il documentario della Bbc potrebbe essere di grande aiuto per far conoscere i pericoli del sesso orale” (notare il plurale). La qualità dell'informazione sulla salute Nel Regno Unito la medicina in tutte le possibili declinazioni è un argomento a cui i mass media dedicano la massima attenzione, spesso con effetti negativi sulla salute pubblica, come Ben Goladcre ci ha raccontato ne “La cattiva scienza”, libro di cui abbiamo già parlato in un numero precedente della rubrica (Tabloid di Ortopedia 7/2009). E in Italia? Gli articoli che la stampa nazionale dedica ad argomenti medici sono l’oggetto di uno studio pubblicato qualche mese fa da PLoS One, una rivista bio- medica internazionale peer review, che aderisce al movimento open access e quindi è reperibile gratuitamente da chiunque abbia accesso a internet (www.plosone.org). Lo scopo degli autori, un gruppo di medici emiliani, è stato di valutare la qualità degli articoli che la stampa non specialistica dedica agli argomenti medici. Per fare questo sono stati considerati tutti i quotidiani e i settimanali, con la sola eccezione dei giornali sportivi, pubblicati in Italia durante una settimana scelta a caso dal calendario. Un gruppo di volontari ha fatto una prima selezione in cerca di articoli che affrontassero temi medici, raffinata in seguito da uno degli autori sulla base della definizione stabilita nel protocollo di ricerca, ovvero di “articoli il cui scopo sia presumibilmente di migliorare la conoscenza del lettore su argomenti medici, affrontati da un punto di vista scientifico”. Al termine di questo processo di ricerca e selezione gli autori hanno analizzato 146 articoli, per tre quarti pubblicati su quotidiani, nel tentativo di comprendere la qualità dell’informazione medica offerta ai lettori italiani. Ma anche la quantità, dal momento che il primo risultato riportato è che gli argomenti medici occupano lo 0,7% dello spazio disponibile. Gli autori non danno termini di paragone né con altri paesi (è la prima ricerca del genere), né con altri argomenti, ma in assoluto meno dell’1% sembra pochino per un argomento così centrale nella vita di ciascuno. L’obiezione potrebbe essere che la medicina richiede al lettore competenze specifiche per essere compresa. Ma la finanza allora? Quanti dei lettori hanno sufficienti competenze in questo campo? Eppure, come vediamo, lo spazio che le si dedica è sicuramente superiore all’1%. Mass media e sensazionalismo Per quanto riguarda i contenuti, quasi un terzo degli articoli analizzati si occupa di ricerca di base, dato forse sorprendente da un punto di vista evidence based, ma molto meno se si pensa a come i risultati delle ricerche di laboratorio permettano un certo sensazionalismo, pensiamo al classico “scoperto gene della calvizie” o, se preferite, del transessualismo o della depressione o della criminalità (divertitevi anche voi a inserire in Google “scoperto gene”). Quello di enfatizzare i risultati della ricerca di base è in effetti uno degli errori più comuni della stampa generalista, da cui già ci aveva messo in guardia la redazione di Partecipasalute, quando qualche anno fa aveva stilato il decalogo delle trappole dell’informaizone sulla salute (vedi box in questa pagina). Trattamento e prevenzione delle malattie si prendono una fetta importante dei restanti articoli. Peccato però che se l’oggetto della storia è qualche cosa di nuovo, in particolare una nuova cura, il giornalista si faccia facilmente prendere dall’entusiasmo (o dai comunicati stampa), scrivendo un pezzo poco obbiettivo o, per dirla con le parole dei ricercatori, sbilanciato, in cui troppo spesso vengono enfatizzati oltre misura i potenziali benefici del trattamento descritto. Qualche volta anche in modo un po’ maldestro, come quando, riportando i risultati di un trial le cui conclusioni erano la sostanziale equivalenza tra un nuovo antipertensivo e un farmaco simile molto usato, si magnificavano gli effetti del primo citando solo la sua maggior efficacia nei confronti del placebo. Altro problema rilevato in molti articoli è una certa reticenza nel presentare, al fianco dei benefici, anche gli effetti indesiderati o i costi biologici e non, che ogni intervento medico porta con sé. E ancora meno citati negli articoli eventuali conflitti d’interesse che, anche quando facilmente individuabili, poche volte vengono affrontati. Qua lo stupore è minore, dal momento che quello dei conflitti d’interessi è un problema che sembra non appassionare i lettori italiani. Un bilancio piuttosto negativo Insomma il ritratto che ne esce è, con le normali eccezioni, quello di un giornalismo che nell’affrontare i temi di salute e medicina è poco critico, talvolta sciatto, che sembra essere più interessato a creare sensazionalismo che a informare, come se la salute fosse uno dei molti argomenti di intrattenimento e non una dimensione (e un diritto) fondamentale dell’essere umano. Come dicono gli autori, un importante limite dello studio è che ha focalizzato l’attenzione solo sulla carta stampata, ignorando mezzi di comunicazione che probabilmente contribuiscono maggiormente alla (in)formazione del cittadino: la televisione e internet. Il timore però è che i risultati di una simile ricerca potrebbero essere ancora più scoraggianti. E il legame tra cancro della bocca e sesso orale? Non c’è. Solo si sono messi insieme due fatti tra loro non collegati, quali la presenza degli HPV in alcuni casi di cancro della bocca e la trasmissione per via sessuale dell’HPV a livello genitale. MA: 1) la presenza non significa causa e 2) ancora non sappiamo come avvenga la trasmissione degli HPV a livello orale. E quindi il titolo del Corriere (benché mutuato dalla Bbc), non è buon giornalismo medico. Giovanni Lodi Università degli Studi di Milano LE 10 TRAPPOLE DELL’INFORMAZIONE SULLA SALUTE 1. Fidarsi degli esperti 2. Interrogare lo specialista sbagliato 3. Confondere la fantascienza con la scienza 4. Farsi ingannare dai numeri 5. Prendere gli aneddoti come prove 6. Non porre le giuste domande a uno studio clinico 7. Estrapolare dalla ricerca pura alla pratica clinica 8. Enfatizzare le implicazioni cliniche di uno studio 9. Trasformare un fattore di rischio in una malattia 10. Presentare in modo alterato i rischi (Fonte: www.partecipasalute.it) 10 I N F E Z I O N I O ST E OA RT I CO L A R I Cementi ossei e antibiotici un modello multifattoriale In un’elevata percentuale di casi, le sostituzioni articolari primarie vengono ancorate all'osso contiguo attraverso un letto in cemento osseo acrilico. In Inghilterra, per esempio, gli interventi di artropla- stica cementata ammontano a circa il 70% nel caso dell’anca e a percentuali ancora maggiori nel caso delle protesi totali della spalla e del gomito. Una delle complicazioni post-operatorie più peri- colose è rappresentata da un’infezione periprotesica profonda, la quale, pur presentandosi con frequenze relativamente basse (0-4%), è un problema di notevole portata dato il grande numero di questo tipo d'interventi ogni anno. Per prevenire questo tipo di complicazione - che ha un effetto potenzialmente devastante sia per la salute del paziente, sia per il fatto di vanificare del tutto l’impianto protesico - oltre all’adozione delle abituali tecniche di sterilità, da molti anni si utilizzano cementi ossei caricati con miscele di antibiotici. Una review di Gladius Lewis, apparsa recentemente sul Journal of Biomedical Materials Research, fornisce un’esaustiva panoramica dello stato dell'arte su questo tipo di tecnica protesica. Oltre a riportare il model- lo cinetico del rilascio (eluizione) dell’antibiotico del cemento (e la relativa influenza da parte delle proprietà fisiche del cemento), l’attenta disamina della letteratura condotta da Lewis indica che le proprietà chimicofisiche delle protesi cementate e caricate con antibiotici sono influenzate da una pletora di fattori, tra cui la composizione del cemento, il tipo o i tipi di antibiotici usati, la tecnica di caricamento e miscelazione dei farmaci, la quantità di antibiotico caricato e il tipo di composizione di cemento. Lewis riporta anche gli studi in vitro condotti per analizzare la resistenza del cemento caricato con antibiotici alla formazione di un biofilm batterico, evento che aumenta le proprietà di farmacoresistenza degli agenti patogeni sulla superficie articolare. Uno degli scopi principali del lavoro di Lewis è quello di riportare le eventuali correlazioni tra queste caratteristiche e le proprietà meccaniche della protesi finale. Per esempio, alcune proprietà fisiche del cemento (come il modulo elastico) variano in modo significativo a seconda che l'antibiotico sia aggiunto come liquido o polvere. Nonostante non vi sia un vasto consenso a riguardo, sembrerebbe che il fattore più importante sia la quantità di antibiotico caricato. Infatti, nel caso questa superi l’1,85% in peso, le performance di fatica dei cementi peggiorano significativamente. Simili considerazioni possono essere fatte per il tipo di tecnica impiegata per miscelare il cemento con gli antibiotici, che può essere manuale (condotta dal chirurgo durante l'operazione) o meccanica. In ultimo, la review riporta le attuali tendenze della ricerca biomedica in questo campo e le strade che andrebbero battute per migliorare le prestazioni di queste protesi. Sarebbero necessari ulteriori studi per standardizzare il formato di eluizio- ne dell'antibiotico, l'ottenimento del caricamento ottimale, e l'ulteriore e più approfondita caratterizzazione in vitro ed ex vivo dei cementi caricati con antibiotici. A questo scopo, l’opportunità della ricerca futura sarebbe di lavorare ancora sulla proprietà di questi cementi (ad esempio standardizzando la quantità ottimale di antibiotico caricato) e di escogitare approcci innovativi per il design della prossima generazione di antibiotici e di cementi ossei acrilici caricati con antibiotici. Domenico Lombardini Lewis G. Properties of antibiotic-loaded acrylic bone cements for use in cemented arthroplasties: a state-of-theart review. J Biomed Mater Res B Appl Biomater 2009 May;89B(2):558-74. ANCA Fattori di rischio nei fallimenti protesici “La protesi totale d’anca è uno degli interventi ortopedici di maggior successo che siano mai stati sviluppati”. Così esordisce Christoph Röder sulle colonne del Journal of Bone and Joint Surgery, in un articolo che riassume i risultati di un ampio studio caso-controllo appaiato condotto dal medico bernese con colleghi svizzeri e americani. Sono stati analizzati i dati di 4.420 pazienti, registrati negli archivi del Centro di Ricerca Maurice E. Müller dell’Università di Berna, con l’intento di valutare l’influenza di fattori come l’età, il genere, il peso, l’indice di massa corporea e il tipo di diagnosi sui fallimenti che si registrano con coppa cementata e non cementata. Come ricorda il dottor Röder, fin dai primi interventi di protesi d’anca effettuati negli anni Sessanta, la fissazione della componente acetabolare è stata dominata dalle coppe cementate. I principali problemi erano dati dal progressivo allentamento e si parlava anche di “malattia da cemento”, in cui l’osteolisi periprotesica indotta dai materiali rivestiva un ruolo dominante nel fallimento clinico degli impianti. Da qui partì l’impulso verso la fissazione non cementata, che oggi è considerata come metodo elettivo da molti chirurghi nelle revisioni; ma la mancanza di dati provenienti da studi ampi e a lungo termine ha alimentato controversie rispetto alla metodica ottimale da utilizzare nell’intervento primario. Per questa ragione lo studio ha analizzato i rischi di fallimento in modo differenziato tra coppe cementate e non. Il primo risultato è che l’età avanzata esercita un ruolo protettivo in entrambi i gruppi studiati. Il rischio si riduce di circa il 2.2 per cento per ogni anno in più del paziente. Le differenze nei fallimenti meccanici tra giovani e anziani diventano ancora più significative all’aumentare del follow-up considerato dopo l’intervento. I pazienti più giovani e coloro che hanno migliori capacità funzionali prima dell’intervento recuperano meglio la mobilità, ma espongono le protesi a sollecitazioni maggiori che si riflettono sull’aumento dei fallimenti. Molti studi hanno sottolineato il ruolo del peso del paziente nella progressione dell’osteoartrosi. Analogamente, il peso corporeo è ampiamente considerato un fattore di rischio per l’allentamento delle componenti protesiche. Tuttavia gli studi mostrano risultati controversi: la minore attività fisica delle persone sovrappeso e obese sembra a volte bilanciare il maggiore stress esercitato dal peso elevato. Un’altra spiegazione può forse derivare dal fatto che in molti casi non si fa una corretta distinzione tra peso e indice di massa corporea. Lo studio di Christoph Röder esamina invece entrambe le variabili e rileva, nelle coppe non cementate, un consistente incremento del rischio con il crescere dell’indice di massa corporea, documentando effetti particolarmente significativi nei pazienti obesi. Un altro parametro consi- RICERCA FARMACOLOGICA derato è il genere: lo studio rivela che le donne corrono il 40% di rischi in meno rispetto agli uomini, sia in caso di protesi cementate che non cementate. L’ultimo fattore esaminato è stato il tipo di diagnosi che ha portato all’intervento di protesi totale d’anca: è emerso come la patologia più frequente sia rappresentata dall’osteoartrosi. Si è visto che i pazienti affetti da osteonecrosi corrono il rischio più elevato di fallimento delle protesi cementate mentre i gruppi di soggetti con displasia dello sviluppo dell’anca e con frattura hanno mostrato un rischio ridotto - anche in questo caso solo con fissazioni cementate. Renato Torlaschi Röder C, Bach B, Berry DJ, Eggli S, Langenhahn R, Busato A. Obesity, age, sex, diagnosis, and fixation mode differently affect early cup failure in total hip arthroplasty: a matched case-control study of 4420 patients. J Bone Joint Surg Am. 2010 Aug 18;92(10):1954-63. Edoxaban previene TVP dopo interventi di protesi d’anca Edoxaban, un anticoagulante attivo per via orale che inibisce in modo diretto e specifico il fattore Xa della coagulazione, si è dimostrato più efficace di enoxaparina sodica nel prevenire eventi tromboembolici venosi tra i pazienti sottoposti a intervento di protesi totale dell’anca. A sostenerlo è uno studio multicentrico, in doppio cieco e randomizzato realizzato da un gruppo di ricercatori del dipartimento di Chirurgia ortopedica dell’Osaka Koseinenkin Hospital, in Giappone, coordinati da Takeshi Fuji. I risultati sono stati presentati al 52esimo congresso annuale dell’American Society of Hematology Edoxaban, che si è svolto in dicembre a Orlando, negli Usa. Lo studio di fase III Stars J-V (Studying Thrombosis after Replacement Surgery), è questo il suo nome, ha previsto la randomizzazione di 610 pazienti ricoverati per un intervento di protesi totale dell’anca per la somministrazione di 30 mg/die di edoxaban per via orale oppure due iniezioni sottocutanee al giorno di enoxaparina sodica (2000 unità/20 mg per iniezione) per un totale di 11-14 giorni. I risultati lasciano pochi margini di dubbio: il tasso di trombosi venosa profonda asintomatica e sintomatica è stato pari al 2,4 per cento nei pazienti che hanno assunto edoxaban, mentre nel gruppo che ha assunto enoxaparina sodica l’incidenza è stata del 6,9 per cento (riduzione del rischio relativo 65,7% p=0,016). Per quanto riguarda l’embolismo polmonare sintomatico, altra complicazione spesso associata all’intervento di protesi all’anca, non sono stati registrati casi in nessuno dei due rami dello studio. Non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i due gruppi nemmeno nell’incidenza e nella gravità degli effetti collaterali. Massimo Barberi 12 CORSI E CONGRESSI Il trattamento di successo delle patologie del gomito Le tecniche diagnostiche e i trattamenti più recenti consentono oggi di affrontare con successo le patologie del gomito, di cui si parlerà ampiamente durante il corso Rome Elbow del 26 febbraio Piuttosto trascurato in passato rispetto ad altri distretti anatomici, il gomito è sede di patologie specifiche relativamente poco conosciute. Ma l’interesse sta aumentando e la ristretta comunità scientifica internazionale che si dedica a questa articolazione ha acquisito negli ultimi anni una messe di nuove conoscenze che rendono quanto mai opportuno un aggiornamento dei clinici. Da questa esigenza di approfondimento, nasce la seconda edizione di un corso di successo: Rome Elbow 2011 (vedi box in questa pagina). Le lezioni prenderanno il via il prossimo 26 febbraio, nelle aule del Dipartimento di scienze dell’apparato locomotore dell’Università La Sapienza di Roma e per l’occasione abbiamo chiesto un approfondimento sulle patologie del gomito proprio a Giuseppe Giannicola che, con Franco Postacchini, è presidente del corso. Professor Giannicola, da cosa dipende questo aumento di interesse per il gomito? Credo che il motivo sia da correlare, almeno in parte, alle nuove acquisizioni scientifiche che hanno dimostrato chiaramente come il gomito non sia un’articolazione “condannata” inesorabilmente a cattivi risultati dopo un trauma o dopo una patologia a carattere degenerativo. Un luogo comune ha per molto tempo condizionato pesantemente il trattamento delle patologie di questa articolazione, lasciando spazio a una negligenza attualmente non più accettabile. Oggi l’applicazione di moderni protocolli diagnostico-terapeutici e la giusta collaborazione interspecialistica consentono di migliorare notevolmente i risultati clinici e la qualità di vita dei pazienti. Inoltre, la crescente attenzione della popolazione verso una migliore qualità di vita ha reso i pazienti sempre più esigenti e desiderosi di mantenere una elevata performance fisica. Non è più infrequente osservare ultrasessantenni che praticano ancora attività lavorative, sportive o ricreative e che non intendono modificare il loro stile di vita a causa di un trauma o di una patologia degenerativa articolare. Quali sono le patologie principali a carico del gomito? Sabato 26 febbraio Dipartimento Scienze Apparato Locomotore La Sapienza Università di Roma - Aula A Per informazioni e iscrizioni: BBV Italia Tel. 010.354556 - Fax 010.3514044 [email protected] - www.ilgomito.it lieve entità, possono divenire invalidanti nel corso del tempo e rendere l’intero arto superiore non funzionale. Infatti, il gomito è da considerare, insieme alla spalla, un’articolazione finalizzata all’utilizzo della mano. Quando il gomito è rigido e dolente, è impossibile eseguire anche i gesti più semplici della vita quotidiana, come lavarsi, vestirsi, mangiare. IL TEAM DEL CORSO ROME ELBOW 2011 Da sinistra a destra il dottor Sacchetti, il dottor Greco, il professor Giannicola, la dottoressa Manauzzi, il dottor Bullitta e il dottor Polimanti Tra le patologie che colpiscono questa articolazione le più frequenti sono quelle traumatiche. Non a caso il nostro primo Corso è stato dedicato alle lussazioni e alle fratture. I traumi del gomito e i loro esiti rappresentano il capitolo principale tra le patologie che interessano questa articolazione. Ciò è dovuto al fatto che essi possono condizionare pesantemente la funzionalità dell'articolazione, soprattutto nei casi in cui il trattamento in fase acuta non è stato adeguato. Infatti la rigidità e l’artrosi post-traumatiche rappresentano l’altro grande capitolo delle patologie del gomito. Meno frequenti, invece, sono l’artrosi primitiva, che interessa più spesso i lavoratori manuali, e le artriti; tra queste ultime la più comune è l’artrite reumatoide. In ultimo, il gomito è frequentemente sede di patologie tendinee tra cui quelle inserzionali degenerative, come l’epicondilite e l’epitrocleite, e quelle traumatiche, come le rotture del tendine distale del tricipite e del bicipite brachiale. Rome Elbow 2011 tratterà in particolare di artrite reumatoide e artrosi del gomito. Quali sono le problematiche principali legate a queste patologie? Queste patologie determinano principalmente limitazione articolare e dolore. I sintomi, in prima fase di ROME ELBOW 2011: UNA TEMATICA DI INTERESSE IN UN FORMAT DI SUCCESSO Il corso Rome Elbow 2011 è la seconda edizione del corso di chirurgia del gomito che abbiamo organizzato presso il nostro Dipartimento. Gli apprezzamenti ricevuti per la prima edizione, tenutasi lo scorso anno, sono stati di grande stimolo per proporre un secondo evento. Le patologie oggetto del corso saranno l’artrite reumatoide e l’artrosi primitiva e secondaria del gomito. La scelta di questi due temi è stata dettata dalla considerazione che si tratta di patologie più frequenti di quanto si stimi generalmente, che ancora oggi non presentano percorsi diagnostici e terapeutici condivisi. Per tale ragione il corso ha un’impronta multidisciplinare che permetterà un costruttivo dibattito tra specialisti diversi (ortopedici, reumatologi, immunologi, fisiatri, anatomopatologi, radiologi e fisioterapisti) al fine di trasmettere linee guida quanto più possibile standardizzate e applicabili nella pratica clinica. Le novità sulla diagnosi, il trattamento e la gestione della patologia degenerativa del gomito verranno affrontate durante il corso dai singoli specialisti così da fornire una visione multidisciplinare ai partecipanti. I concetti che emergeranno saranno raccolti in un abstract book che verrà consegnato a tutti i partecipanti. ROME ELBOW 2011 Quando abbiamo iniziato a organizzare il Rome Elbow del 2010, che ha avuto come tema le lussazioni e le fratture del gomito, non ci aspettavamo questo successo; inizialmente il corso era stato pensato per 50 ortopedici, ma il crescente numero delle richieste ci ha portato ad aumentare il numero dei partecipanti fino a 100 e ad estendere la partecipazione ad altri specialisti. Probabilmente tale successo è dovuto a una crescente esigenza di approfondire le conoscenze sulla diagnosi e il trattamento delle patologie di questa articolazione, ancora molto trascurata dagli “addetti ai lavori”. Credo che l’interesse crescente degli specialisti sia da correlare ai frequenti insuccessi che si osservano nel trattamento delle patologie del gomito. Questi insuccessi, oltre che penalizzanti per il paziente, sono divenuti, negli ultimi tempi, oggetto di una sempre più attenta valutazione in sede medico-legale con individuazione sempre più frequente di responsabilità professionale. Credo che ciò rappresenti un secondo importante stimolo, oltre a quello scientifico, ad approfondire queste tematiche. Prof. Giuseppe Giannicola Ci sono novità nel loro trattamento? Le novità riguardano sia il trattamento medico conservativo che quello chirurgico. Il Corso ha appunto l’obiettivo di rappresentare un momento di aggiornamento per i partecipanti riportando le potenzialità attuali dei moderni protocolli terapeutici. Attualmente, ad esempio, le protesi di gomito garantiscono risultati eccellenti a medio e lungo termine in oltre l’80% dei pazienti, e non rappresentano più interventi “sperimentali” dall’incerto risultato clinico. Nel campo delle forme artritiche anche la terapia medica ha ottenuto migliori risultati con l’introduzione di nuovi farmaci, come ad esempio i farmaci biologici; ciò ha consentito di bloccare o ritardare in modo significativo l’evoluzione delle lesioni articolari, posticipando il ricorso al trattamento chirurgico. Specialisti diversi ortopedici, fisiatri, reumatologi, ecc. - si trovano ad affrontare le medesime problematiche. Qual è il ruolo di ogni specialista? Credo che l’aspetto più rilevante sia il riconoscimento, da parte di ogni specialista, dei limiti entro cui svolgere il proprio lavoro senza invadere il campo di azione degli altri e senza indugiare eccessivamente nell’inviare il paziente ai colleghi quando le proprie competenze sono terminate. Nella mia esperienza, l’errore più frequente è il ritardo nell’invio dei pazienti al chirurgo, nonostante i dati clinici evidenzino chiaramente l’inefficacia dei metodi conservativi. Questo comporta una progressione delle lesioni articolari che rendono più impegnativo il trattamento chirurgico e più incerti i risultati a medio e lungo termine a causa della cattiva qualità dell’osso. Il Corso chiarirà anche i confini entro cui ogni specialista deve muoversi. Medici e fisioterapisti: come devono interagire? Nella riabilitazione del gomito, più che in quella di altre articolazioni, è fondamentale che vi sia un corretto scambio di informazioni tra chirurgo, fisiatra e fisioterapista per programmare un corretto approccio fisioterapico. Il metodo riabilitativo deve infatti essere dettagliatamente studiato per ogni singola patologia e personalizzato sulle esigenze di ogni paziente. Nel caso della fisioterapia come trattamento conservativo nelle prime fasi delle patologie degenerative, il ruolo del fisioterapista e del fisiatra sono essenziali. Per quanto riguarda la rieducazione post-chirurgica, invece, è necessario che l’ortopedico detti il protocollo riabilitativo in relazione alla procedura chirurgica che ha eseguito sul singolo paziente. Il chirurgo deve indicare non solo il tipo, ma anche la tempistica della riabilitazione, avvalendosi dei consigli esperti del fisiatra. In assenza di una stretta collaborazione tra ortopedico, fisiatra e fisioterapista è facile incorrere in errori, quali una rieducazione “troppo cauta” o, ancora peggio, “troppo aggressiva”, che potrebbero non solo ritardare il recupero funzionale, ma addirittura compromettere il risultato del trattamento chirurgico. Nella realtà, questo approccio multidisciplinare è una pratica diffusa? Purtroppo no. La vera collaborazione tra diversi specialisti è ancora lontana dall’essere una pratica diffusa, e a rimetterci sono i pazienti. Ancora oggi assistiamo a uno scarso scam- 13 bio di informazioni tra le diverse discipline mediche e chirurgiche, tanto che i pazienti giungono spesso in ritardo dal corretto specialista. Tuttavia negli ultimissimi anni si sta notando una certa inversione di tendenza con l’aumento di occasioni scientifiche in cui l’approccio multidisciplinare ad alcune patologie è divenuto la vera linea guida per l’aggiornamento. Ci può parlare delle strutture specialistiche presenti sul nostro territorio? Come abbiamo già detto, il gomito è un’articolazione di cui si è sempre parlato poco rispetto ad altre; il crescente interesse nel trattamento delle patologie a suo carico a cui si sta assistendo in questi ultimi anni è in molta parte merito dei pochi centri specialistici presenti in Italia che si sono impegnati nell’ambito delle rispettive Società scientifiche nella formazio- CORSI E CONGRESSI ne medica, attraverso momenti di aggiornamento sempre più frequenti. Questi centri, più concentrati al nord e al centro rispetto che al sud della Penisola, stanno diventando punti di riferimento assistenziali e scientifici di livello internazionale. Per quanto riguarda l’invio dei pazienti in questi centri, un ruolo chiave, anche in questo caso, è svolto dal medico di base, specie se si tratta di patologia di elezione. In questo ambito e in considerazione della relativa rarità di queste patologie, credo che solo centri dedicati possano dare la migliore risposta al paziente. Per quanto riguarda la patologia traumatica acuta, come abbiamo già detto, è bene che il traumatologo del pronto soccorso sappia riconoscere le lesioni più complesse, così da inviare il paziente nei centri di riferimento nei casi in cui non sia possibile attuare il trattamento più adeguato in loco. Renato Torlaschi APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE MA IN CENTRI DEDICATI "Lo specialista ortopedico, reumatologo o fisiatra che non si occupa in modo specifico di questa articolazione dovrebbe possedere quelle conoscenze di base che consentano di riconoscere le patologie che più frequentemente interessano il gomito, le loro cause e le possibilità attuali di trattamento. Non è richiesto al medico di saper trattare nello specifico questi pazienti - ricorda Giuseppe Giannicola, Responsabile del servizio di chirurgia del gomito del dipartimento di scienze dell’apparato locomotore all'Università di Roma “La Sapienza” -. È fondamentale, ad esempio, che l’ortopedico abbia coscienza che il gomito traumatizzato ha un’unica chance per ottenere un risultato soddisfacente, rappresentata da un corretto e moderno trattamento. Infatti le linee guida per il trattamento delle fratture del gomito sono oggi ben standardizzate e il trattamento in acuto dovrebbe essere eseguito solo da personale esperto, a causa delle notevoli difficoltà tecniche che presentano alcuni interventi; in mancanza di questo il paziente dovrebbe essere inviato in centri superspecialistici. Nel gomito, come in altre articolazioni, non è più tollerabile alcuna improvvisazione - sottolinea il chirurgo -. Nell’ambito della patologia degenerativa, invece, si osserva spesso una certa negligenza che porta a consigliare il paziente ad accettare di buon grado la sua invalidità, nonostante vi siano attualmente concrete possibilità terapeutiche per risolverla. Gli errori diagnostici e di approccio terapeutico sembrano dunque ancora frequenti per il gomito. "La causa più frequente di errori è la mancata conoscenza dei protocolli attuali di trattamento della patologia traumatica e degenerativa di questa articolazione - spiega Giannicola -. La collaborazione con centri di riferimento di chirurgia del gomito, come abbiamo intrapreso recentemente via web attraverso il nostro sito internet - www.ilgomito.it può costituire un metodo efficace per evitare grossolani errori, consultando facilmente un centro specializzato. La video-consulenza on line per pazienti o colleghi che hanno una problematica su questa articolazione, rappresenta attualmente un metodo avanguardistico e sperimentale che stiamo testando, ma che sembra potrà rappresentare in un prossimo futuro un validissimo strumento per la diffusione delle conoscenze sul gomito e per l’interazione tra centri periferici e super-specialistici". XXVI Corso di chirurgia artroscopica La ventiseiesima edizione del Corso teorico-pratico di chirurgia artroscopica si terrà da martedì 22 a giovedì 24 marzo presso il Centro Congressi Hotel Sheraton di Bologna. Il Corso sarà presieduto da Fabrizio Pellacci, coadiuvato da Paolo Adravanti, Massimo Berruto ed Ettore Sabetta. Il corso, accreditato Siot, avrà il patrocinio delle più importanti società di chirurgia e il patrocinio scientifico della prestigiosa Mayo Clinic. "Quest’anno il corso avrà un’impronta ancora più pratica rispetto alle edizioni degli anni passati - ci ha spiegato Pellacci -. Infatti, per venire incontro alle richieste dei partecipanti, la maggior parte delle relazioni verrà eseguita mediante filmati delle varie tecniche chirurgiche e gran parte delle sessioni sarà dedicata a tavole rotonde e presentazione di casi clinici. Nella giornata di martedì verrà trattata la patologia meniscale, dalla meniscectomia alla sutura e ai trapianti meniscali. Quindi si parlerà di lesioni cartilaginee con un riesame delle varie tecniche puntualizzando soprattutto i risultati clinici a distanza. A seguire la tecnica dell’artroscopia della caviglia e quella della spalla con i filmati del trattamento artroscopico delle patologie più frequenti. "Al termine verranno eseguite, da parte dei partecipanti e sotto la direzione dei più qualifi- cati esperti del settore, una serie di prove pratiche su manichini" ha sottolineato il chirurgo bolognese. Nella giornata di mercoledì si terrà inoltre il ventesimo Workshop sulle protesi di ginocchio, dove particolare attenzione verrà data ai “trucchi” della tecnica chirurgica. Un’intera sessione verrà dedicata al trattamento delle mobilizzazioni sia settiche che asettiche, con presentazione di casi clinici. A seguire verrà trattata la tecnica e i risultati dell’artroscopia dell’anca. Previste anche in questo caso una serie di prove pratiche su manichini. "L’ultima giornata, quella di giovedì 24 marzo, verrà dedicata alle varie tecniche di ricostruzione del LCA e LCP. A seguire alcuni docenti della Mayo Clinic presenteranno le ultime novità in tema di tecniche chirurgiche sulla patologia articolare dell’adolescente, anca e gomito. Per ultimo ci sarà un'interessante presentazione di casi clinici della Mayo Clinic" ha concluso Pellacci. Per informazioni Konicab srl Tel. 051.385328 - Fax 051.311350 [email protected] 14 CORSI E CONGRESSI Dottor Della Villa, quali le motivazioni della scelta di dedicare questa edizione del Congresso alla medicina del calcio? re una dimensione sociale perché il calcio impatta su una popolazione di quasi 270 milioni di praticanti. La prossima edizione del Congresso sarà per noi, e per chi ci ha sempre seguito, un momento particolarmente importante perché sarà la ventesima edizione. Una ricorrenza speciale e dedicarla alla salute del calciatore vuole essere un segno di coerenza verso uno degli argomenti che abbiamo più studiato in questi anni e un gesto di riconoscenza per un segmento di pazienti che ci ha sempre dato una grande fiducia. Chi cura tutti questi calciatori nel mondo? Che ruolo ha avuto la Fifa in questa scelta? Il centro ricerche Fifa (FMarc), nella persona del suo Direttore Jiri Dvorak, ci ha invitato ad implementare nel nostro paese le proprie linee strategiche, basate su una ampia visione del rapporto tra calcio e salute. Una visione che va al di là dell’infortunio, fino ad assume- Questa è la vera domanda e questo in fondo è il motivo per cui stiamo impegnandoci tanto in questo Congresso. La salute dei calciatori è affidata alla così detta “Football Medicine Community” che è costituita dall’insieme di tutti i sanitari che si occupano di calcio, dal medico di squadra al consulente ortopedico, dal terapista al preparatore. Una comunità trasversale, che non fa solo capo ad istituzioni ben definite, come Fifa, Uefa, Esska o Efost, ma coinvolge migliaia di operatori che nel mondo si occupano con passione di questo tema. Il Congresso si pone l’obiettivo di creare un momento di confronto internazionale in cui 132 relatori raccontano la loro esperienza a centinaia di loro colleghi provenienti da tutto il mondo. Prevalenza degli infortuni nel calcio per distretto anatomico Il programma, suddiviso in due giornate, prevede 20 sessioni di lavori scientifici, che avvengono in contemporanea su tre aule. Il partecipante può quindi scegliere le sessioni più coerenti con la sua specializzazione. I temi spazieranno dalla prevenzione alla diagnosi, dalla chirurgia alla riabilitazione. Inoltre per evitare di perdere i contenuti delle sessioni che non sarà possibile seguire in diretta, saranno disponibili i CD con la registrazione delle relazioni di tutto il Congresso. Un Simposio Satellite, rivolto specificatamente ai preparatori atletici, completerà i lavori nella giornata di lunedì 14 marzo 2011. Cosa significa oggi gestire la salute del calciatore? Una volta che siamo tutti d’accordo sul concetto generale di salute, definito dall'Oms non solo come assenza di malattia, ma anche come stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale, la risposta alla sua domanda dipende dai diversi punti di vista con il quale approcciamo questo tema. Il calcio possiamo considerarlo diviso in quattro macro Stefano Della Villa XX CONGRESSO INTERNAZIONALE ISOKINETIC La salute del calciatore: prevenzione, diagnosi, chirurgia e riabilitazione Bologna, 12-13 marzo 2011 Per informazioni e iscrizioni: Centro Studi Isokinetic (Cristina Zanetti) Tel. 051.2986814 - Fax 051.2986886 [email protected] - www.isokinetic.com 4-5 febbraio Sagittal balance master course 24 febbraio Il dolore: come curarlo? Milano, Grand Visconti Palace Civitanova Marche Segreteria Organizzativa: My Meeting srl Tel. 051.796971 - Fax 051.795270 [email protected] - www.mymeetingsrl.com Segreteria Organizzativa: CSC srl Tel. 075.5730617 - Fax 075.5730619 [email protected] www.csccongressi.it 16-19 febbraio Annual Meeting of the American Academy of Orthopaedic Surgeons (AAOS) categorie: la prima, quella dei grandi atleti che giocano nella Serie A, nella Liga spagnola, nella Premier League inglese; la seconda, quella dei professionisti che giocano nelle serie minori; la terza, quella delle migliaia di calciatori che giocano tra i dilettanti; la quarta, ancora più numerosa, composta dai tanti che, come me, giocano il sabato o la sera semplicemente per divertirsi. Ognuno di questi “calciatori” ha sfumature di salute differenti e per questo motivo il Congresso è così articolato nel suo programma. Certamente sì per i motivi sopra accennati, anche se ci saranno sessioni in cui si parlerà specificatamente dei professionisti, perché come accade per esempio nella formula uno, determinate intuizioni potranno essere poi applicate anche nelle auto di serie. Il Congresso quindi non si focalizzerà esclusivamente sul calciatore professionista, ma guarderà anche ai milioni di appassionati che praticano questo sport a vari livelli? L’ortopedico ha avuto e avrà sempre un ruolo fondamentale perché dal paziente è visto come il traumatologo: quello che prenderà le decisioni sul suo trauma. Le figure leggendarie del professor Le evidenze scientifiche in medicina dello sport sono in continuo sviluppo, a partire dalla prevenzione. Quale il ruolo dell'ortopedico nella comunicazione al paziente sportivo? Trillat, del professor Perugia o del professor Boni ci saranno sempre, ma oggi a mio avviso l’ortopedico che vorrà interagire efficacemente con il mondo del calcio dovrà avere una visione più ampia. L’evoluzione dei modelli di prevenzione, di analisi biomeccanica e di diagnostica hanno creato figure professionali con le quali dovrà confrontarsi e lo stesso avverrà sempre più anche con chi si occupa dei protocolli di cura e di riabilitazione. Un mix di talenti che dovranno comunicare perché il risultato finale non dipenderà solo da quello che avverrà in sala operatoria ma anche da quello che ci sarà prima e dopo la chirurgia. Si vincerà insieme e purtroppo qualche volta si perderà insieme. Andrea Peren dei protocolli di riabilitazione. Il tutto grazie al contributo di chirurghi e medici dello sport che vantano una grande esperienza dal punto di vista sportivo. A completare l'ampio programma scientifico, nella mattinata di domenica, due interessanti Corsi d'istruzione rivolti a ortopedici, fisiatri, laureati in scienze motorie e fisioterapisti: "La gestione integrata dell’atleta nel ritorno all’attività agonistica" e " Tutori e ortesi nello sport". “Uno degli obiettivi da raggiungere con il Congresso è la costituzione di una società scientifica nazionale che si occuperà di traumatologia dello sport, avendo come finalità primaria la formazione di quanti a vario titolo si occupano degli atleti infortunati, in tutti gli sport e in tutte le categorie, avendo, spesso, pochissime competenze” ha dichiarato Aloisi. Per informazioni Csr Congressi srl Tel. 051.765357 - Fax 051.765195 [email protected] - www.csrcongressi.com 4-5 marzo Corso teorico-pratico I problemi posturali e le soluzioni terapeutiche: dall'ortesi alla chirugia computer assistita Milano San Diego, Usa www.aaos.org Torino, NH Santo Stefano 17-19 febbraio Master teorico-pratico di chirurgia vertebrale Le protesi discali Segreteria Organizzativa: My Meeting srl Tel. 051.796971 - Fax 051.795270 [email protected] www.mymeetingsrl.com 10-11 marzo Santander hip meeting 26 febbraio Consensus Conference sui fattori di crescita ortopedica 10-12 marzo Master teorico-pratico di chirurgia vertebrale La chirurgia di revisione lombo-sacrale Padova, UOC chirurgia del rachide “Sandro Agostini” Segreteria Organizzativa: My Meeting srl Tel. 051.796971 - Fax 051.795270 [email protected] - www.mymeetingsrl.com Ancona, Università Politecnica delle Marche 22-26 febbraio 14° Corso teorico pratico di microchirurgia ricostruttiva Segreteria Organizzativa: Studio Progress Snc Tel. 030.290326 - Fax 030.40164 [email protected] - www.studioprogress.it Tabloid di Ortopedia Mensile di informazione, cultura, attualità Anno VI - numero 1 - gennaio 2011 Direttore responsabile Paolo Pegoraro [email protected] Redazione Andrea Peren [email protected] Tel. 031.789085 Consulenza grafica Minù Art - boutique creativa. www.minuart.it Hanno collaborato Massimo Barberi, Giuseppe Giannicola, Giovanni Lodi, Domenico Lombardini, Renato Torlaschi Foto Archivio Griffin srl PUBBLICITÀ Direttore commerciale Giuseppe Roccucci [email protected] Vendite Manuela Pavan (Agente) [email protected] Sergio Hefti (Agente) [email protected] Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo [email protected] Tel. 031.789085 Abbonamento annuale Italia: euro 2.25 Singolo fascicolo: euro 0.25 2nd Sport Medical Meeting Segreteria Organizzativa: BBV Italia Tel. 010.354556 - Fax 010.3514044 [email protected] - www.bbvitalia.com 25-26 febbraio La chirurgia nelle scoliosi: indicazioni e tecniche a confronto Torino Si terrà a Lecce (Grand Hotel Tiziano e dei Congressi) dall'11 al 13 marzo la seconda edizione dello Sport Medical Meeting, che sarà presieduta da Antonio Aloisi, Direttore di ortopedia e trumatologia all'Ospedale Santa Caterina Novella di Antonio Aloisi Lecce, e Luigi Molfetta, docente presso il Dipartimento di neuroscienze, oftalmologia e genetica dell'Università di Genova. Titolo della tre giorni di lavori sarà "Sport, chirurgia e biotecnologie fra business e scienza" e verranno discusse numerose tematiche cliniche: i sovraccarichi funzionali nell’atleta, la bioenergetica muscolare e l'alimentazione, l'artrosi precoce, le biotecnologie e i fattori di crescita, l'osteoporosi, le lesioni meniscali, la chirurgia dei legamenti, la patologia muscolare, le protesi. Non mancherà uno sguardo alle tecniche diagnostiche e alle soluzioni farmacologiche, dalla viscosupplementazione alla condroprotezione, e un'attenta disamina 26 febbraio Rome elbow 2011 Artrite reumatoide e artrosi del gomito Roma, Università La Sapienza Dal 12 al 13 marzo il XX Congresso Internazionale Isokinetic coinvolgerà i maggiori esperti nazionali nella medicina del calcio Come è strutturato il programma del Congresso e quali sono i grandi temi che verranno trattati? CORSI E CONGRESSI L’Agenda dell’Ortopedico Medicina dello sport: un congresso per il calcio "La salute del calciatore: prevenzione, diagnosi, chirurgia e riabilitazione" è il titolo del XX Congresso Internazionale di Riabilitazione Sportiva e Traumatologia organizzato dal Centro Studi Isokinetic, che si terrà il 12 e 13 marzo 2011 al Palazzo della Cultura e dei Congressi di Bologna. Tabloid di Ortopedia ha intervistato il dottor Stefano Della Villa, Presidente del Congresso e di Isokinetic Medical Group, Centro Medico di Eccellenza Fifa, una realtà sempre più diffusa sul territorio capace in questi anni di guadagnare la fiducia delle maggiori società sportive italiane, a partire da quelle calcistiche, che affidano alla competenza dei Centri riabilitativi i propri atleti alle prese con infortuni più o meno gravi. 15 Griffin Editore srl Piazza Castello 5/E - Carimate (Como) www.griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione. Testata associata Tiratura del presente numero: 8.000 copie Stampa Artigrafiche Boccia spa Via Tiberio Claudio Felice, 7 - 84131 Salerno Tabloid di Ortopedia, periodico mensile Copyright© Griffin Editore srl Registrazione del Tribunale di Como N. 17/06 del 26.10.2006 Iscrizione nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il n. 14370 in data 31.07.2006 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art 1 comma 1, DCB Milano Taxe Perçue Tutti gli articoli pubblicati su Tabloid di Ortopedia sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. 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