Fattori di crescita autologhi
nella chirurgia ossea ricostruttiva dopo infezione
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Carlo L. Romanò, Enzo Meani
Unità operativa Chirurgia delle Complicanze Osteoarticolari Settiche (C.O.S.), Istituto Ortopedico Gaetano Pini.
Milano
Introduzione
La chirurgia osteoarticolare ricostruttiva nelle infezioni ossee necessita spesso d’un primo tempo operatorio
di accurata ripulitura dei tessuti infetti e quindi, a bonifica ottenuta, di un secondo tempo chirurgico per
ottenere il riempimento di cavità ossee o di tratti diafisari, e per raggiungere l’unione dei monconi di
fratture complesse o dei loro postumi.
Difetti ossei si osservano infatti sia nelle osteomieliti croniche, che nelle protesi articolari infette e nelle
nonunioni o incomplete consolidazioni settiche. Le possibilità terapeutiche attualmente utilizzate
comprendono l’uso di innesti autologhi di osso cortico-spongioso ed il trapianto omologo di osso
conservato, talora addizionato di antibiotico, oppure l’utilizzo di preparati chimici osteoconduttivi e
osteoinduttivi innestati localmente da soli o associati a tessuto osseo autologo.
Vi è tuttavia oggi anche la possibilità, dimostrata sia in campo maxillo-facciale che odontoiatrico, dell’uso di
fattori di crescita autologhi (AGF), mentre recentemente studi di altri ricercatori e di chirurghi sono rivolti
all’uso dei sostituti ossei, integrati da cellule staminali (1-7). Tra i prodotti più efficaci, in grado di rilasciare
fattori di crescita, vi sono i derivati piastrinici autologhi (8).
L’interesse dei chirurghi che si occupano di infezioni osteo-articolari per l’ingegneria tessutale deriva dalla
necessità di trattare lesioni complicate sia dalla difficoltà di consolidazione che dalla perdita di sostanza
ossea.In tale ottica e consapevoli dell’assenza di notizie in letteratura riguardo l’uso dei fattori di crescita
autologhi nella chirurgia delle infezioni osteo-articolari, abbiamo intrapreso il presente studio prospettico
per valutare la sicurezza e l’efficacia dell’uso del gel piastrinico in asssociazione ad innesti di osso autologo
od omologo in una serie di pazienti adulti nei quali erano presenti difetti ossei in infezioni ossee
precedentemente bonificate chirurgicamente.
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Materiali e metodi
Nel periodo compreso fra fra maggio 2002 e dicembre 2003 abbiamo applicato 14 volte i fattori di crescita
autologhi (AGF) insieme ad osso autologo (5 casi) od omologo (9 casi). Le sedi ossee innestate, le cause del
difetto osseo e il follow-up sono riportati nella Tab. I.
I pazienti operati sono stati 14, 9 femmine e 5 maschi, di età media di 57 anni (minimo 28, massimo 73). In
tutti i casi è stato eseguito controllo clinico e strumentale pre-operatorio, per la valutazione del difetto
osseo e per escludere la presenza di infezione attiva. È stato inoltre effettuato un esame colturale intraoperatorio ed esami radiografici nel perioperatorio e postoperatoriamente con cadenza tri- o semestrale.
Tecnica chirurgica
1) preparazione del concentrato piastrinico contenente i fattori di crescita, mediante il sistema
“Gravitational Platelet Separation System (GPS™ System)” fornito da BIOMET Europe.
Questo sistema permette di ottenere il concentrato piastrinico da un modesto prelievo di sangue (55-110
ml), effettuato dall’anestesista da una vena periferica del paziente, direttamente in sala operatoria e durante
l’intervento chirurgico. Il concentrato piastrinico autologo, ottenuto mediante un sistema di centrifugazione
dedicato, è ricco di fattori di crescita ossea, tra cui il “Platelet-derived growth factor (PDGF)”, il
“transforming growth factor-beta (TGF-ß)” ed il “vascular endothelial growth factor (VEGF)”.
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“Gravitational Platelet Separation System (GPS™ System)”. Il sistema contiene in un kit tutto l’occorrente
per effettuare il prelievo e per ottenere il concentrato piastinico, ricco di fattori di crescita. Nel presente
studio il concentrato piastrinico è stato mescolato con osso morcellizzato autologo od omologo.
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2) Cruentazione del focolaio di pseudoartrosi o, in caso di revisione protesica, rimozione dello spaziatore
antibiotato e preparazione mediante fresatura dei dei capi articolari. Impianto della protesi da revisione
modulare, sempre non cementata (Profemur, Wrigth Inc., o S-ROM, DePuy, Inc.).
3) Applicazione del gel piastrinico in associazione ad innesti di osso autologo od omologo nella sede del
difetto osseo o in sede periprotesica femorale o acetabolare.
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Parametri di valutazione
Per dedurre un giudizio obiettivo sull’effetto dell’uso locale degli AGF associati ad innesti ossei, ci siamo
basati sulla valutazione clinica dei pazienti e sulla valutazione radiografica delle ossa innestate.
Valutazione clinica
Tutte le applicazioni fatte sono state controllate più volte: durante l’intervento, per valutarne il grado di
complessità, il tempo necessario per l’esecuzione, le difficoltà tecniche e le possibili complicazioni; nel
periodo postoperatorio (3 settimane) e a distanza (3, 6, 12, 24, 36 mesi), per valutare la cicatrizzazione della
ferita e le condizioni generali del paziente correlabili ad eventuali recidive settiche.
Esami di laboratorio
È stata monitorata la proteina C-reattiva in tutti i casi operati, con frequenza bisettimanale nelle prime 3
settimane e quindi ai controlli trimestrali successivi.
Valutazione radiografica
Sono state eseguite radiografie standard in doppia proiezione nell’immediato post-operatorio e dopo 3, 6 e
12 mesi in tutti i casi.
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Risultati
Risultati clinici
La preparazione del gel piastrinico, con il sistema “Gravitational Platelet Separation System (GPS™
System)”, è un procedimento semplice, veloce, privo di complicazioni. L’applicazione chirurgica è sempre
stata agevole. Durante il periodo post-operatorio nessun paziente ha avuto episodi febbrili, manifestazioni
flogistiche locali, processi settici locali, sintomi attribuibili all’introduzione nel corpo dei fattori autologhi di
crescita e degli innesti ossei. La cicatrizzazione della ferita operatoria è avvenuta in tempi normali senza
complicazioni dei margini. I pazienti operati di revisione di protesi hanno potuto deambulare con due
bastoni canadesi in carico parziale, dopo 3-5 giorni dall’intervento. Al controllo a tre mesi tutti gli operati di
revisione di protesi di anca deambulavano autonomi, dando carico completo sull’arto operato; tutti erano
in condizioni generali buone ed avevano normalità dei parametri emato-chimici studiati.
Nessun paziente ha lamentato dolore e presentato segni di flogosi in atto. Non si sono osservate recidive di
infezione all’ultimo follow-up.
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Tab. I. Sono riportate l’età in anni, la sede anatomica e il tipo di innesto, eventuali sintesi o protesi usate, il follow up
in mesi, l’esito sulla consolidazione e le recidive settiche.
Età
36
28
39
51
49
68
72
67
59
69
61
49
71
64
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Sede
Innesto
Sintesi/Protesi
Follow-up
Consolidazione
Recidive settiche
femore/diafisi
ulna/diafisi
femore/diafisi
omero/diafisi
femore/periprotesico
femore/periprotesico
femore/periprotesico
femore/periprotesico
femore/periprotesico
acetabolo/periprotesico
femore/periprotesico
femore/periprotesico
femore/periprotesico
femore/periprotesico
Autologo
Autologo
Autologo
Omologo
Autologo
Omologo
Omologo
Omologo
Omologo
Omologo
Omologo
Omologo
Omologo
Omologo
Infibulo
Placca e viti
Placca e viti
Placca e viti
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
Protesi non cementata
34
24
24
12
36
36
32
30
30
30
28
24
24
24
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
No
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Risultati radiografici
Il controllo radiografico post-operatorio ha dimostrato in tutti i casi che l’innesto era posizionato
correttamente nella sede del difetto osseo. Al controllo effettuato dopo tre mesi, era evidente uno stadio
avanzato di integrazione dell’innesto, che mineralizzava ulteriormente nei controlli successivi. Un caso
(pseudoartrosi di ulna) non ha mostrato segni di ossificazione e ha quindi richiesto una ulteriore procedura
chirurgica.
Particolarmente rilevante è stata la ricostruzione del difetto osseo del terzo prossimale di femore, anche in
assenza di un carico diretto sull’innesto osseo, applicato in sede periprotesica
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Caso n. 1. Fig.1A. Protesi di anca settica, 3 interventi chirurgici precedenti. B. Rimozione della protesi e
impianto di spaziatore in cemento antibiotato (Spacer G, Tecres S.p.A.); da notare la scarsa qualità
dell’osso. C. Durante l’intervento di revisione protesica si osserva la grave perdita di sostanza ossea al terzo
prossimale del femore. D. Innesto osseo omologo morcellizzato, addizionato di fattori di crescita derivati
dal concentrato piastrinico. E. Il controllo post-operatorio immediato. F. Il controllo dopo 18 mesi; si
osserva la massiva neoformazione di osso al terzo prossimale del femore.
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Fig.1A
Fig.1B
Fig.1C
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Fig.1D
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Fig.1E.1
Fig.1E.2
Fig.1F.1
Fig.1F.2
Caso n. 2. A. Incompleta unione di femore in pregressa infezione. B. Applicazione di innesti autologhi
morcellizzati, addizionati con concentrato piastrinico. C. Controllo post-operatorio. D. Controllo dopo 14
mesi. L’ottima guarigione ossea ha permesso la rimozione dell’infibulo (Fig.2A, B, C, D).
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Fig.2A
Fig.2B
Fig.2C
Fig.2D
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Discussione e conclusioni
Il ruolo svolto localmente dai fattori di crescita nella complessa serie di eventi che portano alla
consolidazione ossea ed all’integrazione dei trapianti è conosciuto da almeno trent’anni per merito degli
studi di Marshall Urist (9). È stata infatti proprio la sua scoperta della BMP (Bone Morphogenetic Protein) (9) a
dare avvio agli studi sulla identificazione e sull’isolamento dei fattori di crescita che agiscono
sull’osteogenesi mediante le loro proprietà chemiotattiche, mitogeniche, angiogenetiche e quelle favorenti la
differenziazione cellulare (10).
Sono polipeptidi ad azione autocrina e paracrina, funzionano da trasmettitori cellulari in grado di
influenzare la crescita e la differenziazione di molte linee cellulari. Quelli più attivi nell’osteo- induzione
sono PDGF (Platelet Derived GrowthFactor), TGF-b (Transforming Growth Factor), FGF (Fibroblast Growth
Factor), IGF (Insulin Like GrowthFactor) I e II, VEGF (Vascular Endothelial GrowthFactor), EGF (Epidermic
Growth Factor).
Il fattore PDGF stimola la mitosi delle cellule staminali ed ha un importante effetto angiogenetico (11-13).
Il TGF-b e FGF stimolano la proliferazione di fibroblasti e pro-osteoblasti e la loro differenziazione
successiva in osteoblasti maturi (14). Il fattore IGF I e II interviene in una fase più tardiva e stimola gli
osteoblasti alla formazione delle trabecole ossee. Il fattore VEGF stimola la proliferazione di cellule
endoteliali favorendo in tal modo l’angiogenesi. Il fattore EGF stimola la proliferazione e differenziazione
delle cellule costituenti l’epidermide.
Tutti questi fattori di crescita hanno azione osteo-induttiva: stimolano la crescita e la maturazione delle
cellule progenitrici di vasi e di tessuto osseo, ne incrementano la proliferazione e le attraggono verso l’osso
ospite.
I fattori di crescita sono contenuti per la maggior parte nei granuli citoplasmatici delle piastrine e per il
resto nei leucociti del sangue, come è stato dimostrato in vari modelli sperimentali sia in vitro che in vivo (1214). Quando le piastrine giungono nella lesione ossea mediante la circolazione ematica, fisiologicamente
degranulano e liberano i fattori la cui efficacia dovrebbe essere proporzionata alla loro concentrazione.
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Pertanto le piastrine sono la fonte degli AGF; maggiore è la loro concentrazione, maggiore è la quantità di
fattori attivi disponibili.
Questo è il primo studio che dimostra la sicurezza dell’uso del concentrato piastrinico, ottenuto con il
sistema “Gravitational Platelet Separation System (GPS™ System)”, nel trattamento dei difetti ossei
secondari a infezione ossea, precedentemente bonificata, in associazione a innesti di osso autologo o
omologo.
La possibilità di poter stimolare la formazione ossea con sistemi biochimici anche negli esiti di infezione
ossea bonificata è estremamente interessante, anche considerando le proprietà antibatteriche possedute
dagli osteoblasti, che solo alcuni studi recentissimi hanno potuto dimostrare in modo scientificamente
valido (15) e che possono contribuire a prevenire recidive settiche nei nostri pazienti.
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