Università Politecnica delle Marche - Facoltà di Medicina e Chirurgia Scuola di Dottorato in Biotecnologie Biomediche Caratterizzazione fenotipica, molecolare e proprietà immunoregolatorie delle Cellule Staminali Mesenchimali Tesi di Dottorato di: Relatore: Giulia Maurizi Chiar.mo Prof. Pietro Leoni Correlatore: Dott.ssa Antonella Poloni X Ciclo Triennio 2009/2011 Con tanto affetto alla mia famiglia e a Luca Ringraziamenti I miei ringraziamenti vanno per primi al Prof. Leoni ed all’AIL per aver reso possibile la mia presenza nel laboratorio di Ematologia dell’Università Politecnica delle Marche e la realizzazione di questo studio. Un enorme grazie e tanto affetto alla mitica Dott.ssa Poloni per avermi seguita con cura durante questi tre bellissimi anni di lavoro, che si sono concretizzati con mio grande orgoglio in pubblicazioni scientifiche. Ho cercato veramente di apprendere e mettere in pratica il più possibile! Al mio amato laboratorio, dove ho trascorso tante ore in solitudine, ma sicuramente molte di più in allegria! Grazie a tutte le persone che con semplicità mi hanno dato una mano e preziosissimi consigli. Indice Sommario I Introduzione 1 1 Le cellule staminali 1 1.1 Le cellule staminali embrionali 3 1.2 Le cellule staminali adulte 5 1.3 Le cellule staminali mesenchimali 6 1.4 Le cellule staminali mesenchimali del midollo osseo 10 2 Fonti alternative di cellule staminali mesenchimali 11 2.1 Cellule staminali mesenchimali nel sangue del cordone ombelicale 12 2.2 Cellule staminali mesenchimali nel liquido amniotico e nei villi coriali 12 2.3 La componente stroma-vascolare del tessuto adiposo 16 3 Potenziali utilizzi clinici delle cellule staminali mesenchimali 17 3.1 Terapia cellulare 18 3.2 Rigenerazione ossea 19 3.3 Rigenerazione cartilaginea 20 3.4 Rigenerazione tendinea, muscolare cardiaca e muscolare scheletrica 20 3.5 Rigenerazione di tessuti nervosi 21 Scopo della tesi 22 Materiali e Metodi 25 1 Colture cellulari 25 1.1 Isolamento e coltura cellulare di MSCs da midollo osseo 25 1.2 Isolamento e coltura cellulare di cellule staminali mesenchimali da amniociti e villociti 2 Preparazione di siero umano allogenico 25 26 3 Preparazione di lisato piastrinico allogenico 26 4 Analisi immunofenotipica 27 5 Capacità di differenziazione multilineare delle MSCs fetali e da midollo osseo 27 5.1 Differenziazione adipogenica 27 5.2 Differenziazione osteogenica 28 5.3 Differenziazione condrogenica 29 6 Analisi di espressione di geni di staminalità e di differenziazione multilineare in RT-PCR 30 7 Analisi della lunghezza dei telomeri 31 8 Analisi dell’attività della telomerasi in Real Time PCR 31 9 Analisi dell’espressione hTERT, c-myc e p53 in Real Time PCR 32 10 Analisi delle citochine secrete 33 11 Co-coltura di cellule fetali e linfociti allogenici 34 11.1 Esperimenti in Transwell 34 12 Colture in soft agar 34 13 Analisi del cariotipo 35 14 Analisi statistica dei dati 36 Risultati 37 1 Espansione in vitro e caratterizzazione cellulare 37 1.1 Espansione in vitro in sistemi umanizzati di coltura 37 1.2 Analisi immunofenotipica 40 1.3 Capacità differenziativa multilineare delle MSCs 42 1.4 Profili di espressione di geni di staminalità embrionali 43 1.5 Profili di espressione di geni immunoregolatori 45 1.6 Analisi quantitativa delle citochine secrete dalle MSCs fetali e da midollo 46 1.7 Capacità immunoregolatorie delle MSCs fetali e da midollo 48 2 Le MSCs fetali e midollari non sono suscettibili a trasformazioni maligne dopo espansione in vitro a lungo termine 49 2.1 Soft agar assay 49 2.2 Lunghezza dei telomeri, attività telomerasica ed espressione genica di hTERT, cmyc e p53 nelle MSCs fetali e da midollo 50 2.3 Analisi del cariotipo 53 Discussione 54 Bibliografia 60 Sommario Le cellule staminali mesenchimali (Mesenchymal Stem Cells, MSCs) sono una popolazione con elevata capacità proliferativa e con potenziale di differenziazione multilineare; rappresentano, quindi, delle buone candidate per la terapia cellulare e la medicina rigenerativa. In questo studio sono state valutate MSCs fetali isolate da villi coriali (Chorionic Villi, CV) e da liquido amniotico (Amniotic Fluid, AF), confrontandole con le MSCs ottenute da midollo osseo (Bone Marrow, BM), per la capacità di crescita in presenza di siero umano allogenico (human serum, HS) o di lisato piastrinico (platelet lysate, PL), per le caratteristiche immunofenotipiche, il profilo di espressione citochinico e l’attività immunoregolatoria su linfociti allogenici stimolati e sottopopolazioni immunoselezionate. Data l’elevata potenzialità di espansione delle MSCs fetali, le cellule studiate sono state valutate per la loro stabilità replicativa tramite lo studio della lunghezza dei telomeri, l’attività dell’enzima telomerasi, l’espressione dei geni hTERT, c-myc e p53 e l’analisi del cariotipo. Una popolazione omogenea di cellule fibroblastoidi positiva ai tipici marcatori di superficie mesenchimali è stata isolata da tutti i campioni di CV ed AF analizzati. Le cellule di CV espandono rapidamente in HS (20 raddoppiamenti di popolazione, PDs, in 59 giorni e 6 passaggi di coltura), mentre in siero animale (fetal bovine serum, FBS) raggiungono 27 PDs in 65 giorni e 7 passaggi. Il PL determina un’espansione nel 60% dei campioni CV, comunque minore rispetto a quella in HS. I campioni di AF espandono, invece, 40 PDs in 90 giorni, ma solo nel 20% dei campioni analizzati, non proliferano in PL, mentre in FBS espandono 28.5 PDs in 66 giorni. Le cellule fetali studiate inibiscono la proliferazione di linfociti allogenici stimolati e regolano la crescita anche di popolazioni linfocitarie selezionate CD4+ e CD8+. I Nonostante il loro elevato potenziale di espansione, le MSCs fetali studiate hanno mostrato una lunghezza stabile dei telomeri durante la cultura a lungo termine, assenza dell’attività telomerasica, nessuna espressione di hTERT, livelli costanti di espressione di c-myc e p53 e nessuna anomalia cromosomica. In conclusione, i risultati mostrano che i CV rappresentano un’ottima fonte di MSCs con proprietà immunoregolatorie, capace di espandere in un sistema di proliferazione umanizzato a lungo termine senza alterazioni genetiche. In più del 90% dei campioni di CV analizzati si ottiene un’espansione su larga scala in presenza di siero umano, incoraggiante per potenziali applicazioni cliniche. II Introduzione Introduzione 1. Le cellule staminali Le cellule staminali si definiscono come precursori cellulari immaturi dotati della capacità di auto-rinnovamento (self-renewal) e della grande potenzialità di differenziazione multilineare. Il pionieristico lavoro di Till e McCullough (1961) (1) sulle cellule staminali emopoietiche del topo ha costituito senza dubbio la base di partenza per tutte le successive strategie di ricerca sulle cellule staminali. Questo lavoro, infatti, indicò i paradigmi concettuali che ancora oggi la comunità scientifica impiega per progettare ricerche ed applicazioni cliniche. Si deve quindi alla grande tradizione degli studi ematologici (Little e Storb, 2002) (2) l’aver indicato la strada che ha portato all’attuale enorme interesse per un possibile impiego terapeutico delle cellule staminali nella cura di un vasto spettro di patologie sulla base delle straordinarie potenzialità differenziative delle cellule staminali (Henningson et al., 2003) (3) isolate da adulto, da cordone ombelicale, da feto, da gonadi fetali (cellule embrionali germinali, EG) e dall’embrione preimpianto (cellule staminali embrionali, ES). Le cellule staminali somatiche (non embrionali) già assicurano alcune importanti applicazioni per il trattamento di leucemie, dei grandi ustionati e della degenerazione della retina. Per la medicina rigenerativa del futuro sarà determinante lo sviluppo di strategie tese all’ottenimento di grandi quantità di cellule staminali da impiegarsi nella pratica clinica. Difficoltà di tipo tecnico (per il prelievo e per l’espansione in coltura) per le staminali somatiche e di tipo tecnico ed etico per le ES e le EG costituiscono però dei limiti ad un più vasto impiego terapeutico delle cellule staminali. Attraverso una divisione cellulare asimmetrica definita “mitosi bivalente”, la cellula staminale dà origine a due cellule figlie, di cui una identica a se stessa, scarsamente -1- Introduzione proliferante ed in grado di mantenere invariato il pool di cellule staminali di quel tessuto, l’altra con capacità proliferativa e di maturazione progressiva verso cellule fenotipicamente e funzionalmente sempre più specializzate. Con questa divisione asimmetrica viene mantenuto inalterato il numero di cellule staminali, mentre le cellule maggiormente commissionate, dividendosi ulteriormente, daranno origine ad un numero rilevante di cellule mature che compongono i tessuti (4). In base alle loro potenzialità differenziative, le cellule staminali sono classicamente suddivise in: Cellule Staminali Totipotenti: cellule staminali in grado di differenziare in ogni tessuto embrionale ed extraembrionale. Queste cellule derivano da embrioni allo stadio di 4-8 cellule, dopo 1-3 giorni dalla fecondazione; Cellule Staminali Pluripotenti: cellule embrionali allo stadio di blastocisti, dopo 4-14 giorni dalla fecondazione. Queste cellule sono capaci di differenziare in tessuti di origine embrionale organizzati nei tre diversi foglietti germinali (ectoderma, mesoderma ed endoderma); Cellule Staminali Germinali: sono cellule staminali pluripotenti (cellule riproduttive progenitrici). Nell’embrione post-impianto e poi nel feto sono ancora molte le cellule staminali presenti, anche se difficile è il loro isolamento. Queste cellule rappresentano lo stadio di differenziamento che precede la formazione delle gonadi e compaiono nell’embrione di topo e umano, alla 1° e 3° settimana di sviluppo, rispettivamente. Se isolate, queste cellule sono in grado, come le cellule staminali embrionali, di replicarsi illimitatamente in vitro mantenendo capacità differenziative pluripotenti. Cellule Staminali Multipotenti: sono cellule che hanno la capacità di moltiplicarsi e di mantenersi in coltura, ma non quella di rinnovarsi in modo -2- Introduzione illimitato. Differenziano in tessuti diversi ma appartenenti allo stesso foglietto embrionale. Appartengono a tale categoria le cellule staminali adulte. Cellule Staminali Unipotenti: presenti nei tessuti adulti, potenzialmente più limitate nonché organo-specifiche, sono in grado di auto-rinnovarsi e di differenziare nel tipo cellulare del tessuto di appartenenza, assicurandone la riparazione ed il mantenimento. La multipotenzialità dei compartimenti rigenerativi intratissutali viene conservata nell’individuo adulto dalle cellule staminali adulte con un potenziale di staminalità che assicura il rinnovamento dei vari tessuti specializzati. 1.1 Le cellule staminali embrionali Al termine dello sviluppo embrionale preimpianto la blastocisti risulta composta da due principali linee cellulari: le cellule più esterne del trofoectoderma, da cui origineranno gli annessi extraembrionali e un gruppetto di cellule interne, la massa cellulare interna (ICM, inner cell mass), dalle quali avrà origine l’embrione vero e proprio. Le cellule della ICM sono, per il breve tempo che precede la gastrulazione, pluripotenti e se prelevate in tempo, disgregate e coltivate in presenza di fibroblasti, citochine e LIF (leukemia inhibitory factor) (Smith et al.,1988; Williams et al., 1988) (5), possono moltiplicarsi sino a formare delle colonie di cellule ES. Dopo alcuni giorni di coltura da poco più di una decina di cellule isolate dalla singola blastocisti se ne possono ottenere migliaia. Queste cellule, se mantenute in condizioni ottimali, continueranno a proliferare rimanendo indifferenziate ed in uno stato diploide, se invece le condizioni di coltura verranno modificate, tenderanno a differenziarsi spontaneamente. La caratteristica più interessante delle cellule ES, per i possibili sviluppi terapeutici, è la loro capacità di differenziarsi, in specifiche condizioni di coltura, in quasi tutti i tipi -3- Introduzione cellulari dell’organismo. Cellule ES di topo sono state differenziate in vitro in cellule epiteliali, muscolari, nervose, epatiche, pancreatiche ed in osteoblasti ed adipociti (Wobus, 2001) (6). La principale applicazione potenziale della tecnologia delle cellule staminali ES umane è rivolta allo studio dello sviluppo embrionale ed a quello della scoperta di nuovi farmaci. In particolare, in farmacologia, l’abilità a far crescere popolazioni pure di specifici tipi cellulari offre un ottimo strumento per saggiare l’efficacia di nuove molecole nel trattamento di diverse patologie: si possono infatti provare centinaia e migliaia di nuovi farmaci in un tempo brevissimo e con una spesa minima rispetto ai saggi farmacologici oggi normalmente impiegati. Le linee di cellule umane ES sino ad oggi prodotte in diversi laboratori a livello internazionale (Carpenter et al., 2003) (7) si mantengono stabili come cariotipo e fenotipo per più di 300 passaggi in coltura e per oltre un anno di tempo esprimono un profilo di markers genici (Oct4, SSEA4, Tra-1-60 e Tra-1-81). Quando rimosse dai feeder layers e trasferite in sospensione, le ES iniziano a differenziarsi in aggregati multicellulari tridimensionali, composti da cellule differenziate ed indifferenziate, chiamati corpi embrioidi. Esperimenti di differenziazione in vitro hanno dimostrato che una volta piastrati i corpi embrioidi si compongono di una notevole varietà di tipi cellulari morfologicamente diversi (Odorico et al., 2001) (8): cardiomiociti con contrazione ritmica, cellule neuronali con assoni e dendriti in crescita, cellule mesenchimali ed altri tipi cellulari ancora. Il completo spettro di sviluppo potenziale delle cellule ES si rivela quando queste cellule vengono iniettate in vivo in blastocisti ospiti o in topi SCID (Thomson et al., 1998) (9) dove formano teratomi benigni composti da tessuti originati da cellule altamente differenziate e rappresentative dei tre foglietti germinali (ectoderma: -4- Introduzione epiteli neuronali; mesoderma: osso, cartilagine, muscolo striato, tubuli renali; endoderma: epiteli intestinali). Uno dei problemi di più difficile risoluzione è legato alla straordinaria capacità proliferativa delle cellule ES che in vivo possono formare tumori o differenziarsi in tipi cellulari non desiderati, mentre in vitro è possibile dirigere la differenziazione delle ES verso uno specifico tipo cellulare. 1.2 Le cellule staminali adulte Le cellule staminali adulte, Adult Stem Cells, sono cellule presenti nei tessuti di un organismo adulto in grado di autorinnovarsi e di differenziare. Le Adult Stem Cells persistono durante la vita e svolgono in genere funzioni di riparazione tissutale, in risposta ad eventi traumatici o al naturale turnover cellulare (10). Lo studio e la progressiva caratterizzazione delle cellule staminali adulte ha modificato significativamente il concetto di cellula staminale, secondo il quale esiste una differenziazione progressiva dei precursori immaturi che segue lo schema della filiera di derivazione embrionale a cui una cellula appartiene. L’osservazione che alcune cellule staminali adulte presenti nel midollo osseo (di origine mesodermica) o in molti altri tessuti sono in grado di assumere morfologia e funzione di cellule di diversa origine embrionale come neuroni o cellule gliali (di origine ectodermica), ed epatociti o pneumoniti (di origine endodermica), ha evidenziato una pluripotenzialità di questi elementi cellulari che ricorda quella delle cellule staminali embrionali. Tali elementi staminali adulti possono migrare in siti molto diversi da quelli di origine, partecipando a fenomeni di rigenerazione tissutale e presentano capacità differenziative e proliferative simili a quelle della blastocisti entro le prime due settimane dall’impianto. Queste osservazioni mostrano la capacità rigenerativa dei tessuti adulti, sollevano interrogativi su quando realmente possa dirsi concluso lo -5- Introduzione sviluppo embrionale, ma allo stesso tempo suggeriscono enormi potenzialità applicative nell’ambito della medicina rigenerativa (11). 1.3 Le cellule staminali mesenchimali Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono precursori non ematopoietici inizialmente isolati dal midollo osseo come elementi aderenti, altamente proliferanti, dotati di potenziale di self-renewal a lungo termine e di differenziazione multilineare in diversi tessuti di origine mesenchimali (12,13). Tali proprietà, la facilità di isolarle e coltivarle ed il loro elevato potenziale di espansione ex vivo ne fanno una interessante risorsa utilizzabile in una vasta gamma di applicazioni cliniche nel contesto della terapia cellulare e genica ed in medicina rigenerativa (14). Le MSCs derivano dal mesoderma, il foglietto embrionale intermedio da cui originano i tessuti connettivi di tutto l’organismo, che si differenzia intorno al terzo mese di gestazione. Il mesenchima differisce notevolmente dagli altri foglietti embrionali, costituiti quasi esclusivamente di cellule, in quanto è composto da un’abbondante matrice extracellulare in cui sono immerse le cellule mesenchimali. Il tessuto mesenchimale si ritrova in tutti gli organi, per garantire supporto strutturale e per regolare il traffico di cellule attraverso i tessuti. Le MSCs, derivano principalmente dal mesoderma, ma possono originare anche da alcune porzioni degli altri due foglietti embrionali: l’ectoderma della cresta neurale e l’endoderma della placca precordale (15). Tuttavia non si conosce molto sul loro sviluppo durante la vita fetale e post-natale. E’ stata descritta da Pèault B. et al. l’esistenza di una componente di supporto stromale che circonda lo strato emopoietico primitivo dell’aorta dorsale nella regione aorto-gonado-mesonefrica del feto umano. Questa popolazione cellulare abbastanza omogenea, consiste di uno strato di cellule stipate -6- Introduzione in gruppi, rotondeggianti, situate nel mesenchima, esprimenti varie proteine della matrice extracellulare, in grado di supportare l’emopoiesi sia embrionale sia adulta (16,17). Una quota cospicua di cellule analoghe per fenotipo e caratteristiche colturali alle MSCs midollari adulte, ma con potenzialità differenziative più grandi, è stata poi riscontrata nel sangue circolante di feto umano fino alla 7° settimana di gestazione, dopo la quale queste cellule iniziano a diminuire di numero, persistendo fino alla 12° settimana (18). Evidenze sperimentali indicano che una popolazione di cellule a bassissima frequenza persiste nel sangue periferico (19,20): colonie di cellule fibroblastoidi, esprimenti varie caratteristiche mesenchimali, sono state ottenute in coltura, in presenza di siero fetale bovino, da prelievi ematici di soggetti sani, senza aggiunta di fattori di crescita (21). Anche in alcuni studi sul chimerismo dopo trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche da sangue periferico stimolato con fattore di crescita veniva dimostrata una percentuale di cellule stromali del donatore nel soggetto trapiantato (22,23). Si può quindi supporre che durante lo sviluppo embrio-fetale ci siano cellule che si distribuiscono ai vari distretti corporei e persistono nell’adulto come riserva per la riparazione e la rigenerazione tissutale (24). Le MSCs sono in grado di differenziare non solo in tessuti di origine mesenchimale, tra cui stroma midollare, tessuto adiposo, osseo, cartilagineo, tendineo e muscolare scheletrico, mesoderma viscerale e cellule endoteliali (12,13), ma anche in cellule di origine nonmesodermica quali neuroni, cellule epiteliali di cute e tubo digerente, fegato e polmone (12,13,18,25). Le MSCs si distinguono da almeno altri due tipi cellulari. Il primo è costituito dalle multipotent adult progenitor cells (MAPC), elementi in grado di differenziare in vitro in cellule endoteliali, epiteliali, neuronali, e verosimilmente rappresentano il precursore comune multipotente da cui originano sia le cellule staminali emopoietiche che quelle mesenchimali. Il secondo tipo cellulare è costituito dalle genericamente dette marrow stromal cells o, come è stato suggerito recentemente, -7- Introduzione multipotent mesenchymal stromal cells, che hanno capacità differenziativa multilineare limitata ai soli tessuti di origine mesodermica (tessuto adiposo, osso, cartilagine, muscolo) (26). In realtà la discrepanza tra nomenclatura e caratteristiche biologiche sembra più dovuta a differenze nei saggi utilizzati nei diversi lavori, più che ad una reale coesistenza di più cellule staminali di origine mesenchimale, anche se sicuramente esiste un gradiente nella potenzialità differenziativa delle MSCs, così come avviene per i precursori emopoietici. Alcuni fattori tissutali, inoltre, come il basic fibroblast growth factor (bFGF) o l’heparin-binding growth factor-like growth factor (hb-EGF), sembrano in grado non solo di incrementare la proliferazione, ma anche d’interferire con la capacità differenziativa delle MSCs, mantenendole nello stato di multipotenzialità (27). Le MSCs possono essere facilmente isolate grazie alla loro capacità di aderire su plastica. Le cellule possono essere seminate in piastre o fiasche di coltura a diverse concentrazioni, con terreni di coltura addizionati di siero animale o umano al 10-20% ed antibiotici, e coltivate in appropriate condizioni. Dopo alcune ore, le cellule aderiscono alla superficie della fiasca, mentre quelle non aderenti vengono rimosse con un cambio di terreno, generalmente dopo 48 o 72 ore. Già dopo alcuni giorni si formano dei foci di proliferazione cellulare, fibroblast-colonyforming units (CFU-F), costituite da aggregati di almeno 50 cellule, che vengono contate dopo 14 giorni e rapportate alla popolazione cellulare di partenza, in modo da quantificarne la capacità clonogenica (28). I foci di cellule aderenti crescono molto rapidamente e tendono alla confluenza reciproca, che porta all'arresto della proliferazione ed alla differenziazione spontanea in pre-adipociti. Pertanto, quando il monostrato cellulare diventa semi-confluente (il 70-80% della superficie della fiasca coperta dalle cellule), le cellule vengono tripsinizzate, lavate e nuovamente seminate in fiasche con superficie maggiore per l'ulteriore espansione. Una popolazione cellulare omogenea si ottiene in -8- Introduzione genere dopo 3-5 settimane di coltura e questa è capace di proliferare senza differenziare spontaneamente fino a 40 generazioni (29,30,31). Le MSCs possono essere isolate ed espanse in vitro senza apparente modificazione del fenotipo e/o perdita di funzione. La caratterizzazione fenotipica delle MSCs rimane ancora un campo di approfondimento data la mancanza di un marcatore specifico per l’analisi e l’isolamento delle MSCs (32). Infatti, le MSCs sono prive di markers distintivi unici, così vengono individuate attraverso l’analisi di un complesso immunofenotipo, che comprende la mancanza di antigeni tipici delle cellule staminali emopoietiche, come il CD45, il CD34 ed il CD14, e l’espressione di una serie di molecole di superficie, come il CD90, chiamato anche Thy-1, il CD105 o endoglina (33); il CD29 o subunità β del recettore per la fibronectina, il CD44 o recettoreIII della matrice extracellulare ed il CD73 o SH3-SH4. Le MSCs, anche dopo espansione in vitro, mantengono l’espressione di antigeni di superficie come il CD105, CD90, CD73 e CD44. Questi marcatori sono risultati uniformemente e fortemente espressi sulle MSCs isolati da tessuti di diversa origine (34,35). Nonostante la maggior parte dei dati pubblicati si riferiscono a colture cellulari ottenute da midollo osseo, si sta raccogliendo un sempre maggior numero di informazioni sulle MSCs ottenute da fonti alternative come il tessuto adiposo, il sangue periferico, il cordone ombelicale ed i tessuti fetali. Queste cellule condividono, in vitro, molte delle caratteristiche delle MSCs da midollo osseo: l’aderenza alla plastica, la morfologia fibroblastoide, la formazione di CFU-F, alcuni markers superficiali ed il potenziale differenziativo in senso osteogenico, adipogenico e condrogenico in seguito ad appropriati stimoli. -9- Introduzione 1.4 Le cellule staminali mesenchimali nel midollo osseo Le cellule staminali mesenchimali furono descritte per la prima volta come progenitori derivati dalla frazione stromale di midollo osseo di ratto da parte di Friedenstein e Petrakova nel 1966 e successivamente Friedenstein divenne il pioniere delle metodiche di coltura in vitro per l’isolamento e la differenziazione delle MSCs (10). L’evidenza definitiva della presenza nel midollo osseo adulto di cellule aderenti in grado di crescere in forma di fibroblasti e di differenziare in vari elementi mesenchimali, si deve ai lavori della metà degli anni ’70 (12). Campioni di midollo osseo intero vennero seminati in piastre di coltura in plastica ed a distanza di quattro ore vennero rimosse tutte le cellule non aderenti. I pochi elementi aderenti presentavano un aspetto fusato o “simil-fibroblastico” e formavano CFU-F. Dopo diversi passaggi in coltura, le cellule che sopravvivevano divenivano omogenee e conservavano la capacità di replicarsi e di dare origine a cellule della cartilagine e della struttura ossea (12). Numerosi studi hanno in seguito confermato la multipotenzialità di queste cellule. In presenza di adeguati stimoli, esse differenziano in adipociti (con vacuoli citoplasmatici contenenti lipidi), osteoblasti (con deposizione di cristalli di idrossiapatite), condrociti (con sintesi di matrice cartilaginea), e cellule muscolari (ricche in miotubuli) (13,36,37,38). Oggi è generalmente accettato che le MSCs sono cellule relativamente rare nel midollo osseo (1/105 delle cellule nucleate), dotate di elevata capacità proliferativa senza trasformazione neoplastica, conservando le proprietà staminali (39,40). Sono in grado di esprimere geni di origine embrionale, di sintetizzare molecole di contatto cellula-cellula e componenti della matrice extra-cellulare come il collagene e la fibronectina, di secernere citochine quali interleuchina (IL)-7, IL-8, IL-11, stem cell factor (SCF) e stromal-derivedfactor-1 (SDF-1), attraverso cui viene regolata la mobilizzazione dal midollo delle cellule - 10 - Introduzione staminali emopoietiche. Per questa ragione le MSCs svolgono il ruolo essenziale di compartimento omeostatico delle cellule stromali midollari, rinnovando continuamente il microambiente necessario per l’emopoiesi. Infatti, tali cellule sono in grado di supportare in vitro le colture emopoietiche a lungo termine ed è stato dimostrato che la co-infusione di MSCs e cellule staminali emopoietiche consente un più rapido recupero ematologico dopo trattamento chemioterapico ad alte dosi rispetto alla sola infusione di cellule staminali emopoietiche. Inoltre, data la loro derivazione dal mesoderma intra-embrionario, le MSCs sono in grado di differenziare in numerosi altri tessuti oltre a quelli delle linee osteogenica, adipogenica, condrogenica e muscolare, come cellule di origine endodermica (epatociti, pneumociti) ed ectodermica (cellule nervose, cellule gliali) (13,41). Le cellule staminali mesenchimali midollari infatti esprimono già basalmente marcatori neuronali a bassa intensità ed è descritta in letteratura la capacità delle MSCs midollari di differenziare in senso neurale sotto l’effetto di stimoli appropriati (17,29,42). Tale pluripotenzialità è tuttavia progressivamente persa a seguito del processo di senescenza, che si documenta generalmente dopo almeno 40 raddoppiamenti di popolazione. 2. Fonti alternative di cellule staminali mesenchimali L'utilizzo di MSCs da midollo osseo è limitato da due principali problematiche: la procedura invasiva del prelievo di midollo e l'esiguo numero di cellule staminali che si ottengono da ogni prelievo (43). Per questo vengono ricercate nuove fonti, tra cui le più studiate sono i tessuti fetali ed il tessuto adiposo. - 11 - Introduzione 2.1 Cellule staminali mesenchimali nel sangue di cordone ombelicale Il sangue di cordone si è rivelato un’eccellente risorsa di cellule staminali emopoietiche per il trapianto allogenico. Rispetto al midollo osseo, presenta una maggiore percentuale di cellule CD34+ CD38-, suggerendo che nel sangue neonatale possano essere presenti progenitori dotati di potenziale proliferativo e differenziativo. Alcuni ricercatori hanno quindi ipotizzato che nel cordone potessero essere presenti anche progenitori mesenchimali. Diversi autori hanno escluso tale possibilità, ma nel 2004 Bieback e collaboratori hanno dimostrato che rispettando determinati parametri, quali un ridotto tempo di conservazione dei campioni e la disponibilità di almeno 1x108 cellule mononucleate, è possibile isolare elementi simili alle MSCs (MSC-like cells) dal sangue di cordone con un'efficienza maggiore del 60%. Tali cellule hanno una frequenza molto più bassa nel cordone rispetto che nel midollo ma mostrano una maggiore capacità proliferativa. Le MSC-like cells esprimono alcuni tipici markers mesenchimali e mancano di quelli emopoietici. Sono inoltre in grado di differenziare in senso osteogenico e condrogenico, come quelle ottenute da midollo, mentre necessitano di particolari condizioni di coltura per originare cellule del tessuto adiposo (coltura in terreno di induzione per il differenziamento adipogenico per almeno 5 settimane). 2.2 Cellule staminali mesenchimali nel liquido amniotico e nei villi coriali L'amniocentesi e la villocentesi sono tecniche utilizzate in periodi diversi della gravidanza per la diagnosi prenatale delle anomalie cromosomiche. L'amniocentesi è la tecnica a cui si ricorre più frequentemente; questa viene effettuata nel secondo trimestre di gravidanza, mentre la villocentesi permette di effettuare un'analisi ancora più precoce, essendo svolta nel primo trimestre di gravidanza. Inoltre i villociti si dividono spontaneamente dopo il prelievo, consentendo di dare i primi risultati già dopo 24 ore, a differenza degli amniociti - 12 - Introduzione che presentano una bassa percentuale di cellule proliferanti e devono essere mantenuti in coltura per 12-15 giorni prima di ottenere la quantità di cloni utile all'analisi. L'amnios, insieme al corion, al sacco vitellino ed all'allantoide, costituiscono gli annessi embrionali o fetali che garantiscono il nutrimento e la protezione del feto. Questi, attraverso il corion prendono contatto con la placenta, una struttura discoidale formata da una parte fetale (la placca coriale) e da una parte materna (decidua basale). L'amnios si genera dalla cavità amniotica primaria rivestita da un foglietto ectodermico, che più tardi riceve l'apporto di una lamina somatopleurica esterna diventando l'amnios definitivo. E' all'interno della cavità amniotica, completamente chiusa, che si sviluppa l'embrione protetto e immerso nel liquido amniotico. Questo liquido, costituito da acqua, molecole di vario tipo (alcune derivanti dal catabolismo cellulare) contiene cellule di sfaldamento dell’embrione. Si ritiene che il liquido amniotico sia inghiottito dal feto e poi eliminato attraverso la circolazione fetale. La quantità di liquido amniotico e la sua componente cellulare varia con l’età gestazionale. Nella prima metà del periodo di gestazione la maggior parte del liquido amniotico è il risultato del trasporto attivo di sodio e cloro attorno alla membrana amniotica e alla cute fetale con un concomitante movimento passivo di acqua. Nella seconda metà del periodo di gestazione, invece, il liquido amniotico deriva per la maggior parte dalla minzione fetale e dalle secrezioni del tratto respiratorio e in quantità minori dalle escrezioni provenienti dal tratto gastrointestinale e dalla deglutizione. Come risultato di tali dinamiche, si possono ritrovare nella cavità amniotica cellule derivanti dal tratto urinario, respiratorio e gastrointestinale (44,45). É stato visto che approssimativamente l’1% delle cellule in coltura derivate dalle amniocentesi hanno caratteristiche di cellule staminali (amniotic fluid stem cell, AFS): esse mostrano un elevato potenziale di self-renewal ed esprimono il fattore trascrizionale Oct4, - 13 - Introduzione che testimonia che il loro stadio è intermedio tra quello delle cellule embrionali ed adulte. Tuttavia a differenza delle staminali embrionali non provocano la formazione di tumori in modelli animali (46). Differenti aspetti morfologici, biochimici e caratteristiche di crescita, portano a classificare le cellule del liquido amniotico aderenti in tre gruppi principali: le cellule di tipo E epiteloidi, le cellule di tipo AF specifiche del liquido amniotico e le cellule F di tipo fibroblastico. Le cellule AF e le cellule E compaiono all'inizio della coltura. Le AF persistono durante la coltura, le E sembrano mostrare un significativo decremento, mentre le cellule F compaiono durante gli stadi tardivi della coltura. Sebbene sia da considerare l'ipotesi che esista ancora una ulteriore origine sconosciuta di queste cellule, si può dire che le cellule E derivino dalla cute fetale e dall'urina, le AF dalle membrane fetali e dal trofoblasto ed infine le F dal tessuto fibroso connettivo e dai fibroblasti del derma. Le AF inoltre producono ormoni (estrogeni, gonadotropina corionica umana e progesterone) che fanno presumere la loro origine dal tessuto trofoblastico placentare (47). Anche se le cellule F non producono ormoni, esse sembrano originare dal tessuto mesenchimale. Secondo uno studio del 1981 di Virtanen I. le cellule di origine epiteliale sono le più abbondanti mentre quelle fibroblastoidi si trovano occasionalmente. De Coppi P. ha dimostrato che un solo clone di cellule amnionitiche c-kit+ può generare cellule adipogeniche, osteogeniche, miogeniche, endoteliali, neurogeniche ed epatiche (48). È stato anche osservato, nei modelli murini, che seminando tali cellule su supporti preformati e inducendole alla differenziazione osteogenica con appropriati terreni, è possibile ottenere strutture ossee che sono mantenute in vivo, dopo impianto sottocutaneo, per alcuni mesi. Inoltre, in altri esperimenti in vivo, cellule AFS umane indotte in senso neurogenico hanno presentato la - 14 - Introduzione capacità di integrarsi nel parenchima del cervello, in modo particolare nei topi malati che presentavano una degenerazione delle proprie cellule cerebrali (49). Diversi gruppi (50) hanno osservato che le cellule ottenute da liquido amniotico hanno un pattern di espressione antigenica caratteristico di cellule staminali mesenchimali: sono infatti risultate positive alle molecole di superficie CD73, CD105, CD29, CD90 e MHC I. Cellule simili sono state ottenute anche da placenta raccolta dopo il termine della gravidanza o da campioni di villi coriali raccolti tramite villocentesi. La placenta si definisce strutturalmente nella quarta settimana di gestazione. Essa si forma mediante l’unione di una parte del corion con quella parte della mucosa uterina, con la quale il corion fa strette connessioni. Il suo processo di formazione viene chiamato placentazione e prevede: i) l’impianto dell’embrione alla parete uterina; ii) la creazione di connessioni vascolari per la rimozione di cataboliti fetali attraverso il sangue materno per lo scambio di gas e nutrienti. La placenta è costituita da cellule specializzate che tendono a formarsi precocemente (servono per ancorare l’embrione all’utero, formando connessioni vascolari che trasportano i nutrienti all’embrione) e attraverso funzioni endocrine, immunitarie e metaboliche, garantiscono la sopravvivenza dell’embrione. Per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, la placenta viene definita emocoriale in quanto consente un contatto diretto tra il sangue materno, che giunge nello spazio intervilloso, ed il corion (la componente placentare di origine fetale) (51). I villi coriali sono strutture che si formano tra i 12 ed i 18 giorni dopo la fecondazione, quando il corion prende contatto con la mucosa uterina: sulla sua superficie si formano delle estroflessioni, la cui parete è costituita da trofoblasto, che presentano all'interno un asse di mesenchima che circonda l'ansa capillare. L'asse di mesenchima e l'ansa capillare derivano dalla somatopleura e sono perciò di origine mesodermica (51). - 15 - Introduzione Le colture primarie dei campioni da villocentesi presentano cellule di tipo fibroblastoide e di tipo non fibroblastoide, ma a seguito della digestione enzimatica e dopo il primo passaggio in coltura permangono esclusivamente le cellule fibroblastoidi. Come le cellule ottenute da liquido amniotico e da midollo, tali cellule mostrano caratteristiche immunofenotipiche simili alle MSCs; esprimono, infatti geni marcatori di staminalità, come Oct4, Rex1 e GATA4, presentano buone capacità proliferative in vitro e possiedono la capacità differenziativa nelle linee osteogenica, condrogenica e neurogenica e scarsa nella linea adipogenica. Le cellule dei villi coriali e quelle del liquido amniotico hanno un’origine diversa: le cellule del liquido amniotico derivano dalla blastocisti interna, mentre quelle dei villi coriali si formano dal contatto della placenta con la parte più esterna della blastocisti (52). Entrambi questi tipi di cellule potrebbero rappresentare una importante risorsa di cellule staminali nel prossimo futuro, risolvendo i problemi legati all'uso delle cellule staminali adulte ed i problemi etici e applicativi che si incontrano con le staminali embrionali. 2.3 La componente stroma-vascolare del tessuto adiposo Il tessuto adiposo rappresenta una ricca e facilmente accessibile risorsa di cellule staminali adulte, che costituiscono una popolazione cellulare pluripotente che può differenziarsi in cellule di vari tessuti, derivati dalla linea mesodermica (cellule del tessuto osseo, adiposo, cartilagineo, cardiaco e muscolare) e non mesodermica (cellule neuron-like, cellule endoteliali, epatociti, cellule pancreatiche). Dai dati di bibliografia, le MSCs isolate da midollo osseo e tessuto adiposo non mostrano differenze nella morfologia simil-fibroblastica, immunofenotipo, capacità di isolamento, frequenza di unità formanti colonie e capacità differenziative. Dalla frazione vasculostromale del tessuto adiposo è infatti possibile estrarre cellule staminali, che presentano - 16 - Introduzione caratteristiche fenotipiche e plastiche simili alle cellule staminali mesenchimali estratte da midollo osseo (53). Questa frazione vasculo-stromale del tessuto adiposo è composta da cellule endoteliali CD34+/CD31+, da macrofagi, residenti o infiltrati, CD14+/CD31+, e da precursori degli adipociti CD34+/CD31- (54). Generalmente, le MSCs da tessuto adiposo hanno un tempo di raddoppiamento di popolazione di 2-4 giorni, dipendente dall’età del donatore, dalla localizzazione (grasso omentale o grasso sottocutaneo), dal tipo di procedura chirurgica, dalle condizioni di coltura, dalla densità di semina e dalla composizione del terreno di coltura. La proliferazione delle MSCs da tessuto adiposo può essere stimolata da molti supplementi esogeni, come il fibroblast growth factor 2 (FGF-2) (55) tramite il suo specifico recettore, da sphingosylphosphorylcholine tramite l’attivazione di c-jun N-terminal kinase (JNK) (56), platelet-derived growth factor tramite l’attivazione di JNK (57), e oncostatin M tramite l’attivazione di microtubule-associated protein kinase (MEK)/extracellular signalregulated kinase (ERK) e JAK3/STAT1 pathway (58). Le MSCs da tessuto adiposo secernono alcuni fattori di crescita come il vascular endothelial growth factor (VEGF), l’hepatocyte growth factor (HGF), l’FGF 2, ed insulin-like growth factor 1 (IGF-1) (5961). Inoltre, i livelli di VEGF ed HGF secreti dalle MSCs possono essere aumentati tramite l’esposizione delle cellule all’ipossia (59), a fattori di crescita, a fattori di differenziazione (62) o a tumor necrosis factor-α (63). 3. Potenziali utilizzi clinici delle cellule staminali mesenchimali Il potenziale differenziativo e l’effetto immunoregolatorio delle MSCs suggeriscono un possibile impiego di queste cellule nell’ambito del trapianto di midollo osseo e nelle malattie infiammatorie e degenerative, dove il compartimento rigenerativo del tessuto non è in grado di riparare la lesione (64,65). Studi nell’animale hanno dimostrato che - 17 - Introduzione l’infusione di cellule staminali mesenchimali promuove l’attecchimento del trapianto di cellule staminali emopoietiche, incrementando la mielopoiesi e la piastrinopoiesi (66,67). Data la loro capacità d’inibire risposte immuni specifiche verso antigeni minori di istocompatibilità come HY (68,69), di prevenire l’insorgenza di GvHD se co-trapiantate assieme alle cellule staminali emopoietiche (70), e di spegnere completamente la GvHD di grado IV refrattaria alla terapia immunosoppressiva (71), le MSCs si candidano ad essere una strategia efficace per la prevenzione della GvHD in trapianti MHC-non correlati e per il trattamento di pazienti con forme resistenti di GvHD, altrimenti gravate da una mortalità altissima per complicanze infettive, soprattutto in caso di coinvolgimento intestinale. Sono attualmente in corso dei trials clinici per stabilire la sicurezza di tale procedura, ma è facile prevederne a breve un utilizzo più ampio in quelle strutture trapiantologiche dotate di laboratori per la manipolazione cellulare per uso clinico. Le MSCs sono, inoltre, delle buone candidate per la terapia cellulare antitumorale. Queste cellule ingegnerizzate possono produrre molecole ad attività antineoplastica, rappresentando un possibile efficace strumento per una terapia antitumorale mirata a bassa incidenza di effetti collaterali. 3.1 Terapia cellulare Negli ultimi anni è diventato chiaro che le MSCs posseggono spiccate proprietà immunoregolatorie. Le cellule staminali mesenchimali sono capaci di sopprimere reazioni immuni sia in vitro che in vivo in modo indipendente dal complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) (72-74). E’ stato dimostrato un effetto immunosoppressivo delle MSCs attraverso un meccanismo che coinvolge l’inibizione paracrina della proliferazione delle cellule T e B. La capacità immunosoppressiva delle MSCs risulta presente in diverse specie animali, anche se con meccanismi solo parzialmente chiariti. In modelli murini è - 18 - Introduzione stata dimostrata la capacità inibitoria delle MSCs nei confronti di risposte antigenespecifiche mediate da linfociti T. Inoltre, è stato dimostrato in vivo che le MSCs prolungano in modo significativo nel babbuino la sopravvivenza di trapianti cutanei incompatibili dal punto di vista dell’MHC (75); riducono nell’uomo l’incidenza di GvHD quando co-trapiantate assieme alle cellule staminali emopoietiche (76); determinano la remissione completa delle manifestazioni cliniche della GvHD di grado IV refrattaria alla terapia immunosoppressiva, pur essendo aploidentiche quando infuse in pazienti pediatrici sottoposti a trapianto di midollo per leucemia (77). La presenza di un’immunoregolazione così multiforme e complessa ha consentito di dimostrare che l’effetto inibitorio delle MSCs interessa praticamente tutte le popolazioni cellulari coinvolte nella risposta immunitaria, dai linfociti T (78-80), ai linfociti B (81), alle cellule NK (82,83) ed alle cellule dendridiche di origine monocitaria (84,85). L’effetto immunoregolatorio è espresso non solo dalle MSCs, ma anche dalle cellule di derivazione mesenchimale più differenziate quali adipociti ed osteoblasti (86). Ad oggi l’esatto meccanismo responsabile dell’effetto immunoregolatorio delle MSCs rimane ancora sconosciuto. 3.2 Rigenerazione ossea Studi in vitro hanno dimostrato la capacità differenziativa in senso osseo delle MSCs, quindi sono stati fatti diversi tentativi di espandere le MSCs al fine di riparare in vivo alcuni difetti tissutali (87,88). MSCs di origine midollare sono state seminate su matrici extracellulari, come idrossiapatite, ed impiantate in vivo in topi immunodeficienti, ottenendo la formazione di tessuto osseo (89). Inoltre, le MSCs sono state utilizzate in diversi modelli animali per riparare difetti ossei segmentari di notevole entità (90-93). In un modello murino di osteogenesi imperfecta, una malattia congenita dei tessuti mesenchimali, caratterizzata da difetto di ossificazione, sono state infuse MSCs midollari, - 19 - Introduzione ottenendo la formazione di tessuto osseo e cartilagineo funzionalmente normale a partire dalle cellule trapiantate (94). Il passo successivo è stato nell’uomo: infuse in bambini con osteogenesi imperfecta, queste cellule non solo hanno attecchito senza dare effetti indesiderati, ma hanno anche determinato a tre mesi di distanza un aumento della componente osteblastica, la formazione di nuovo osso lamellare ed un miglioramento complessivo del contenuto minerale totale. Tutto ciò si è accompagnato ad una riduzione della frequenza delle fratture patologiche e ad un accrescimento corporeo misurabile (95). Altri studi nell’animale hanno dimostrato che l’iniezione in situ o l’impianto diretto rappresentano la via più efficace di somministrazione delle MSCs per indurre rigenerazione e riparazione locale di tessuti ossei, cartilaginei o tendinei (96,97). 3.3 Rigenerazione cartilaginea A partire dal 1994 (98) sono state messe a punto delle strategie di ingegneria tessutale basate sull’utilizzo di MSCs per indurre la differenziazione locale in cartilagine di precursori mesenchimali (99,100). Le MSCs sono state usate in vivo per riparare difetti della cartilagine articolare in modelli animali (101,102). Da vari studi è stata dimostrata l’applicabilità, l’innocuità e la potenziale efficacia locale delle MSCs per la riparazione cartilaginea (103,104). 3.4 Rigenerazione tendinea, muscolare cardiaca e muscolare scheletrica È stata studiata anche la possibilità d’indurre la differenziazione delle MSCs in tessuti connettivi diversi dall’osso e dalla cartilagine, come tendini e legamenti, nell’ottica della terapia cellulare rigenerativa (105). Sono stati condotti diversi studi nell’animale e trials clinici nell’uomo per valutare l’efficienza in termini di riparazione tendinea dell’inoculo locale di MSCs (106). - 20 - Introduzione Le MSCs, inoltre, possono differenziare in cellule muscolari striate scheletriche, striate cardiache e lisce (107). La maggior parte degli studi si sono focalizzati sul potenziale di differenziazione cardiomiocellulare delle MSCs per le potenzialità applicative rigenerative dopo infarto miocardico (108,109). A seguito dell’osservazione che MSCs umane e murine impiantate nel miocardio di topo potevano differenziare in cardiomiociti ed indurre angiogenesi (110), alcuni gruppi hanno utilizzato MSCs autologhe per trattare infarti miocardici in modelli animali, dimostrando attecchimento, differenziazione e miglioramento della funzione cardiaca, suggerendo così che questo approccio potesse essere utile per rigenerare cardiomiociti e ridurre le complicanze dell’infarto nell’uomo (111). 3.5 Rigenerazione di tessuti nervosi Numerosi studi hanno dimostrato la potenziale utilità della somministrazione di MSCs in malattie del sistema nervoso. E’ stato osservato come l’impianto diretto delle MSCs nel muscolo striato di ratti anziani con deficit motori e cognitivi porti ad un miglioramento dell’attività motoria (112), mentre in modelli animali di morbo di Parkinson, di danno neurale ipoischemico e danno retinico è stato dimostrato un recupero funzionale dopo trapianto in vivo di cellule staminali nella sede della lesione (113). Inoltre, la possibilità di modificare geneticamente le MSCs prima dell’inoculazione apre nuove prospettive per il loro uso come vettori cellulari di terapia genica in caso di deficit neurologici, danni da ischemia e gliomi cerebrali (114,115). Attraverso procedure di terapia genica, le MSCs possono essere utilizzate come veicoli per l’espressione di geni codificanti per proteine deficitarie nell’individuo per cause genetiche o acquisite, o per molecole con attività terapeutica (116). - 21 - Scopo della tesi Le MSCs sono cellule progenitrici non emopoietiche che crescono rapidamente in coltura come colonie stromali in aderenza. Queste cellule sono oggetto di ricerca per il loro potenziale utilizzo in varie applicazioni cliniche; rappresentano, infatti, delle buone candidate per la terapia cellulare e genica, grazie a caratteristiche che mimano in parte quelle tipiche delle cellule staminali embrionali, ma che presentano indubbi vantaggi in termini di trapiantabilità, potenzialità immunoregolatorie ed implicazioni etiche. Le MSCs più studiate e meglio conosciute sono quelle isolate dal midollo osseo (BM), ma recentemente sono state ottenute cellule con caratteristiche simili per le proprietà immunofenotipiche, di proliferazione e di differenziazione multilineare, in tessuti fetali, come il sangue del cordone ombelicale, la placenta, i villi coriali (CV) ed il liquido amniotico (AF). In questo studio, le MSCs sono state isolate ed espanse da campioni di villi coriali umani, prelevati mediante villocentesi entro il primo trimestre di gestazione, e da campioni di liquido amniotico, prelevati mediante amniocentesi durante il secondo trimestre di gestazione. Per tutti gli esperimenti sono state utilizzate soltanto cellule di CV ottenute dalle fiasche di back up, precedentemente allestite per la diagnosi prenatale, e cellule di AF presenti nel surnatante di scarto della coltura primaria. Generalmente, i protocolli di espansione delle MSCs utilizzano terreni di coltura supplementati con siero animale. I maggiori ostacoli per l’utilizzo clinico delle MSCs sono però rappresentati dalla sicurezza biologica e dalla potenziale immunogenicità delle proteine presenti nel siero animale utilizzato. Lo scopo dello studio è stato, quindi, quello di testare la capacità di un sistema di proliferazione umanizzato, rappresentato da un pool di sieri allogenici AB (HS) e da un pool di lisati piastrinici allogenici (PL), alternativi al siero animale (FBS), di generare ed - 22 - espandere le MSCs dalle fonti fetali studiate e di caratterizzare queste cellule per le loro funzioni immunomodulatorie. Le MSCs producono, infatti, molte citochine, fattori di crescita e molecole di adesione, fattori in grado di influenzare il microambiente emopoietico e le capacità immunoregolatorie. La letteratura suggerisce che le MSCs possiedono potenti effetti immunosoppressivi in vitro. Questa caratteristica può essere utilizzata in terapia cellulare nell’ambito dei trapianti di cellule staminali allogeniche, in particolare per modulare la Graft versus Host Disease (GvHD). In particolare, sono stati studiati gli effetti delle MSCs fetali e da midollo su linfociti totali e su varie sottopopolazioni linfocitarie immunoselezionate, cellule CD4+, CD8+ e CD19+. Le MSCs sono state caratterizzate per l’immunofenotipo e per l’espressione di molecole tolerogeniche, importanti per l’effetto immunoregolatorio. In più, è stato descritto il profilo di secrezione citochinico delle MSCs espanse in terreno contenente HS e PL. Inoltre, le MSCs fetali espandono di più rispetto alle MSCs isolate da midollo osseo, quindi la loro potenziale suscettibilità a trasformazioni maligne è stata valutata dopo espansione a lungo termine. In coltura le MSCs riducono gradualmente il loro potenziale di espansione raggiungendo la fase di senescenza cellulare, quando la cellula, pur mantenendo attivi i propri meccanismi metabolici, non è più in grado di replicare. E’ noto da tempo che il progressivo accorciamento delle strutture telomeriche, di 100-150 paia di basi ad ogni ciclo replicativo, gioca un ruolo importante nel processo molecolare di invecchiamento della cellula. Alcuni tipi cellulari mantengono la lunghezza dei telomeri attraverso l’azione dell’enzima telomerasi. L’attività di questo enzima non è rilevabile nelle cellule mature, è molto elevata nella maggioranza dei tumori umani e non è ancora stata determinata nelle cellule staminali. - 23 - Quindi, in questo studio è stata valutata la potenziale trasformazione neoplastica delle cellule fetali e da midollo espanse in vitro per confermarne la sicurezza biologica, tramite lo studio della lunghezza dei telomeri dopo espansione, l’attività telomerasica, l’espressione del gene hTERT, p53, c-myc ed il cariotipo. - 24 - Materiali e Metodi Materiali e Metodi 1. Colture cellulari 1.1 Isolamento e coltura cellulare di MSCs da midollo osseo Campioni di midollo osseo umano sono stati prelevati dalla cresta iliaca di donatori adulti sani che si sottoponevano ad espianto midollare per donazione volontaria, dopo consenso informato. Dopo diluizione 1:3 con Phosphate Buffered Saline (PBS Dulbecco’s) le cellule mononucleate (CMN) da midollo sono state isolate mediante stratificazione su Ficoll (MP Biomediacals) e centrifugazione a 460 g per 30 minuti a temperatura ambiente; si sono effettuati due lavaggi in PBS mediante centrifugazione a 820 g per 10 minuti a temperatura ambiente. La CMN sono state seminate in DMEM (Dulbecco’s Modified Eagle Medium, Biological Industries) supplementato con il 20% di siero fetale bovino (Fetal bovine serum, FBS, Biological Industries), o con il 10% di un pool di sieri umani allogenici (human serum, HS) o con un pool al 5% di lisati piastrinici umani allogenici (platelet lysate, PL) in fiasche T25 cm2 alla densità di 2000 cellule/cm2 ed incubate a 37°C in 5% CO2. Dopo 3 giorni le cellule non adese venivano eliminate tramite lavaggio e si aggiungeva poi terreno fresco. Quando le cellule aderenti alla superficie della fiasca raggiungevano il 70% circa della confluenza, le cellule venivano staccate mediante tripsinizzazione, contate e riseminate alla stessa densità. 1.2 Isolamento e coltura cellulare di cellule staminali mesenchimali da amniociti e villociti I campioni di liquido amniotico e di villi coriali sono stati raccolti, dopo consenso informato, da donne che si sottoponevano ad amniocentesi e villocentesi per diagnostica - 25 - Materiali e Metodi prenatale. Le amniocentesi sono state eseguite nel secondo trimestre di gravidanza, tra la quindicesima e la diciottesima settimana di gestazione, mentre le villocentesi nel primo trimestre, tra la decima e la quindicesima settimana di gestazione. Le cellule utilizzate in questo studio sono state sempre quelle di scarto, e precisamente, le cellule da amniocentesi sono state raccolte dal surnatante ottenuto dal primo cambio di terreno della coltura primaria; le cellule da villocentesi sono state raccolte dalla fiasca di back-up, dopo il termine dell’analisi del cariotipo. Le cellule della fiasca di back-up delle villocentesi venivano tripsinizzate, e quindi, come le cellule presenti nel surnatante delle amniocentesi, venivano centrifugate e risospese, contate e seminate in DMEM supplementato con il 20% FBS, o con il 10% di HS o con il 5% di PL, in fiasche T25 cm2 alla densità di 2000 cellule/cm2. Le cellule sono state incubate a 37°C in 5% CO2 e quelle non adese venivano eliminate tramite lavaggio, mentre quelle aderenti alla superficie della fiasca, quando raggiungevano il 70% della confluenza venivano staccate mediante tripsinizzazione, contate e riseminate alla stessa densità. 2. Preparazione di siero umano allogenico Campioni di sangue intero stati raccolti da donatori del Centro Trasfusionale degli Ospedali Riuniti di Ancona, dopo consenso informato scritto. Il sangue è stato centrifugato a 820 g per 10 minuti a 4°C e raccolto per formare un pool. Il prodotto così ottenuto è stato aliquotato e conservato a -20°C fino al momento dell’uso. 3. Preparazione di lisato piastrinico allogenico Un pool di plasma ricco di piastrine è stato ottenuto da due aferesi (1x1010 PLTs/ml) di donatori del Centro Trasfusionale degli Ospedali Riuniti di Ancona, dopo consenso informato scritto. Le piastrine sono state sottoposte ad un ciclo di congelamento a -80°C e - 26 - Materiali e Metodi scongelamento a 37°C per il rilascio dei fattori di crescita. Il prodotto della lisi piastrinica è stato centrifugato 3 volte a 900 g per 30 minuti per eliminare i corpi delle piastrine. Il preparato di lisato piastrinico ottenuto è stato aliquotato e conservato a -20°C fino al momento dell’uso. 4. Analisi immunofenotipica Le cellule fetali e da midollo osseo, appena isolate e dopo coltura, sono state studiate in citofluorimetria per l’espressione di antigeni di superficie. Le cellule sono state marcate con anticorpi monoclonali coniugati con fluorocromi a diversa fluorescenza (Fluoroisothyocyanate-FITC; Phycoerytrin-PE; Peridinin Clorophyll Protein-PerCP; Allophycocyanin-APC) per la rilevazione delle molecole: CD73 (BD Biosciences), CD90 (BD Pharmingen), CD105 (Immunostep), CD44 (BD Biosciences), CD29 (BD Biosciences), CD13 (BD Biosciences), CD34 (BD Biosciences), CD45 (BD Biosciences), CD14 (BD Biosciences), CD133 (Miltenyi), CD31 (BD Biosciences), CD117 (Miltenyi) e CD271 (Miltenyi). Gli anticorpi di controllo sono rappresentati dagli isotipi negativi FITC (Dako), PE (Dako) e PerCP (Becton Dickinson Pharmingen). Le cellule da analizzare sono state incubate a 4°C al buio per 30 minuti e studiate attraverso un citometro a flusso FACSCalibur (Becton Dickinson). Sono stati memorizzati diecimila eventi per campione ed analizzati utilizzando il programma CELLQuest. 5. Capacità di differenziazione multilineare delle MSCs fetali e da midollo osseo 5.1 Differenziazione adipogenica Per studiare la differenziazione delle MSCs in adipociti è stato utilizzato un terreno commerciale, il NH AdipoDiff (Miltenyi Biotec). Cinquantamila cellule de-differenziate sono state seminate in una piastrina da 35 mm di diametro in 1,5 ml di terreno, con - 27 - Materiali e Metodi Penicillina (800 U/ml), Streptomicina (0,8 µg/ml) ed Anfotericina B (0,002 µg/ml). La coltura è stata incubata in termostato a 37°C e 5% di CO2 ed il terreno è stato sostituito ogni 3 giorni con terreno fresco nella stessa quantità. Dopo 2-3 settimane, iniziavano ad apparire larghi vacuoli di grasso intracitoplasmatici. Al ventunesimo giorno di coltura le cellule venivano colorate tramite Oil Red O, (Sigma-Aldrich), colorante lipofilo rosso. Gli adipociti appaiono al microscopio ottico come cellule rotondeggianti con accumuli lipidici di colore arancio-rosso. 5.2 Differenziazione osteogenica Il terreno di coltura utilizzato per promuovere la differenziazione delle cellule in osteociti è il NH OsteoDiff (Miltenyi Biotec). Trentamila MSCs sono state seminate in una piastrina da 35 mm di diametro in 1,5 ml di terreno, con Penicillina (800 U/ml), Streptomicina (0,8 µg/ml) ed Anfotericina B (0,002 µg/ml). La coltura è stata incubata in termostato a 37°C e 5% di CO2 ed il terreno è stato sostituito ogni 3 giorni, aggiungendo quello fresco nella stessa quantità. Al decimo giorno di coltura si eseguivano le colorazioni che permettono di evidenziare gli osteoblasti, sia morfologicamente, per la loro forma cuboidale, sia per la loro associazione con la matrice ossea sintetizzata. Le colorazioni utilizzate sono state la colorazione per la fosfatasi alcalina, il Von Kossa e l’Alizarin Red. Gli osteoblasti sono caratterizzati dall’espressione di alti livelli di fosfatasi alcalina (AP), enzima coinvolto nella mineralizzazione della matrice ossea. Al microscopio ottico, la fosfatasi alcalina, determina una colorazione delle cellule da blue scuro a nero. Per la colorazione Von Kossa, le cellule sono state fissate in formalina al 4% per 15 minuti ed a temperatura ambiente, lavate in acqua deionizzata ed incubate sotto luce diretta per un’ora con Nitrato d’Argento al 5%. La colorazione veniva fissata aggiungendo la - 28 - Materiali e Metodi soluzione acquosa di Sodio Tiosolfato al 5%. Con questa colorazione i depositi di calcio sostituiti da quelli d’argento vengono facilmente evidenziati in nero. Per la colorazione Alizarin Red S, le cellule sono state fissate in formalina al 4% per 15 minuti a temperatura ambiente, lavate in acqua deionizzata ed incubate per 2-3 minuti con la soluzione Alizarin Red S, in grado di colorare i depositi di calcio in rosso-arancio. 5.3 Differenziazione condrogenica Il terreno di coltura utilizzato per promuove la differenziazione delle cellule in condrociti è il NH ChondroDiff (Miltenyi Biotec). Duecentocinquantamila MSCs sono state trasferite in una provetta conica di polipropilene contenente 1,5 ml di terreno, con Penicillina (800 U/ml), Streptomicina (0,8 µg/ml) ed Anfotericina B (0,002 µg/ml). Le cellule venivano centrifugate per 5 minuti a 1800 rpm a temperatura ambiente per formare un pellet. La coltura cellulare veniva incubata in termostato a 37°C e 5% di CO2. Ogni 3 giorni veniva effettuato un cambio di terreno e, al ventiquattresimo giorno di coltura, si effettuava la colorazione immunoistochimica per la visualizzazione dei condrociti. La differenziazione cellulare in condrociti può essere studiata evidenziando l’aggrecano prodotto, un proteoglicano della matrice extracellulare della cartilagine. Quindi è stato rimosso il terreno di coltura dalla provetta, ed il pellet di cellule formatosi veniva fissato in formalina al 4%, con un’incubazione overnight in rotore a temperatura ambiente. Il pellet veniva raccolto e racchiuso in una cassettina per preparati istologici. Successivamente sono state eseguite 4 incubazioni di un’ora in Etanolo a concentrazione crescente (70%, 80%, 90% e 100%) per la disidratazione del campione ed una quinta in Xilene sempre per un’ora. Il campione è stato immerso in paraffina sciolta a 58°C per 6 - 29 - Materiali e Metodi ore/overnight, procedendo poi all’inclusione. Il blocchetto di paraffina così ottenuto veniva solidificato overnight a -20°C. Sono state eseguite delle sezioni dello spessore di 5µm, con l’utilizzo del microtomo, che venivano trasferite in acqua a 40°C per permetterne la distensione. Le sezioni venivano, poi, recuperate e posizionate su vetrini. Sono seguite incubazioni in Etanolo a concentrazioni decrescenti (da 100% a 55%) per la re-idratazione della sezione. I vetrini così preparati sono stati raffreddati a temperatura ambiente prima di procedere alla colorazione. Le cellule sono state marcate con anticorpo primario anti-Aggrecano (Chemicon) diluito 1:100 con uno specifico diluente (Dako) ed incubate a 4°C in camera umida overnight. Per la rivelazione dell’antigene è stato utilizzato il kit DakoCytomation LSAB+System-AP (Dako), composto da un anticorpo secondario biotinilato in grado di legare l’anticorpo primario, da streptavidina coniugata alla fosfatasi alcalina e da una soluzione substratocromogeno di fucsina. Il campione positivo alla colorazione risulta così colorato in fucsiavioletto. 6 Analisi di espressione di geni di staminalità e di differenziazione multilineare in RTPCR L’RNA totale è stato estratto con RNeasy Plus Micro Kit (Quiagen) e quantificato allo spettrofotometro. La purezza del campione estratto è stata valutata dal rapporto tra l’assorbanza a 260 nm e quella a 280 nm (>1,8). Per ogni campione analizzato, 1 µg di RNA totale veniva retrotrascritto in 20 µl finali di reazione contenente RT Buffer 1x (Invitrogen), 4 mM di dNTPs (Biotech), 5 mM di MgCl2 (Promega), 5 µM di Random examers (Invitrogen), 10 mM di DTT (Invitrogen), 20 U di RNase inhibitor (Takara) e 200 U di M-MuLV Reverse trascriptase (Invitrogen). Le - 30 - Materiali e Metodi condizioni di retrotrascrizione sono: un primo step di denaturazione a 70°C per 10 minuti, un secondo di annealing a 20°C per 10 minuti, un terzo di sintesi del cDNA a 42°C per 45 minuti ed uno step finale a 99°C per 3 minuti. I prodotti di retrotrascrizione (cDNA) sono stati utilizzati come stampo nelle reazioni di PCR. Le condizioni di PCR consistono in uno step iniziale di denaturazione a 94°C per 30 sec, annealing per 1 min, estensione a 72°C per 45 sec ed uno step finale di 10 min a 72°C. Le temperature di annealing dipendono dai primers utilizzati. 7 Analisi della lunghezza dei telomeri La lunghezza dei telomeri delle MSCs fetali e da midollo è stata analizzata tramite il Telomere Restriction Fragment (TRF) length assay, utilizzando il TeloTTAGGG telomere length assay (Roche). Il DNA genomico è stato estratto utilizzando il QIAamp DNA Blood Mini kit (Qiagen). La concentrazione e la purezza del DNA veniva determinata tramite spettrofotometro. In breve, 2 µg di DNA genomico venivano digeriti con gli enzimi di restrizione HinfI e RsaI, separati in elettroforesi a 95V in gel d’agarosio allo 0,8% e trasferiti per capillarità con tecnica Southern Blot in membrane di nylon (Roche) cariche positivamente. I TRFs sono stati quindi ibridizzati con la digoxigenin-labeled telomeric specific probe (DIG), incubati con un anticorpo specifico per la DIG legato covalentemente alla fosfatasi alcalina e visualizzati con un substrato chemiluminescente. Le membrane sono state esposte al Chemidoc imaging system (Bio-Rad) ed analizzate utilizzando il Quantity One Software (Bio-Rad). 8 Analisi dell’attività della telomerasi in Real-time PCR L’attività della telomerasi delle MSCs fetali e da midollo è stata quantificata tramite Realtime PCR con il Telo Express Quantitative Telomerase Detection Kit (Elettrofor), che - 31 - Materiali e Metodi misura l’incremento della fluorescenza tramite SYBR green legato al DNA. La quantità degli amplificati è direttamente proporzionale all’attività della telomerasi. In breve, 5x105 cellule sono state lisate in Lysis Buffer e congelate a -80°C. La concentrazione proteica del campione veniva valutata tramite assorbanza a 595 nm dopo l’addizione del colorante Bradford Dye (USB Corporation). E’ stata generata una curva standard seguendo la procedura microassay descritta in Bio-Rad Protein Assay Kit (Bio-Rad). La PCR veniva effettuata utilizzando 1 µg di estratto proteico (8,8-1,100 ng/µl) in Bio-Rad iCycler TM optical module system. Le condizioni di PCR sono state: 20 min a 25°C e 10 min a 95°C e 35 cicli di 95°C per 30 sec e 60°C per 90 sec. La curva standard veniva generata con diluizioni seriali di un oligonucleotide standard ( TeloExpress Telomerase Control Oligo, Elettrofor); la curva è stata poi utilizzata per quantificare i prodotti della telomerasi. 9 Analisi dell’espressione di hTERT, c-myc e p53 in Real-time PCR La Real-time PCR è stata utilizzata per quantificare i trascritti di hTERT [hTERT-AT (hTERT-all transcripts) e hTERT-FL (hTERT-full-length)]. I primers e le sonde per AT ed FL sono stati disegnati con il software Primer3 (http://frodo.wi.mit.edu/primer3/). La curva standard per la quantificazione dei trascritti veniva generata utilizzando diluizioni dell’amplificato hTERT ottenuto da cellule HeLa. La quantificazione del trascritto di c-myc e p53 veniva valutata con Real-time PCR, utilizzando per l’analisi di c-myc sonda e primers disegnati con il software Primer3 (http://frodo.wi.mit.edu/primer3/) e per l’analisi di p53, sonda e primers acquistati da Applied Biosystems (p53 ID: Hs 00153349_m1; GAPDH ID: Hs99999905_m1). La curva standard di riferimento veniva costruita con diluizioni dell’amplificato di c-myc e p53 ottenuti da cellule di midollo osseo di donatore. - 32 - Materiali e Metodi La quantificazione di tutti i trascritti ottenuti veniva valutata in rapporto ad una curva standard di riferimento costruita sull’espressione del gene housekeeping GAPDH. Tutte le reazioni di PCR sono state fatte in 25 µl di mix contenenti 12,5 µl di Hot Start Taq Master Mix (Quiagen), 100 µl di sonda, 300 nM di ogni primer e 2 µl di cDNA, utilizzando Bio-Rad iCycler optical module system. Le condizioni di PCR consistono in 20 min a 95°C, 50 cicli di 95°C per 15 sec e 60°C per 1 min. 10 Analisi delle citochine secrete I surnatanti delle colture cellulari sono stati raccolti e congelati a -20°. Multiplex human cytokine, chemokine and growth factor detection (BioPlex, BioRad) è stato utilizzato per la quantificazione della produzione di interleukin (IL)-1β, IL-1ra, IL-2, IL-4, IL-5, IL-6, IL-7, IL-8, IL-9, IL-10, IL-12 (p70), IL-13, IL-15, IL-17, basic Fibroblast Growth Factor (FGFβ), Eotaxin, Granulocyte Colony-Stimulating Factor (G-CSF), Granulocyte-Macrophage Colony-Stimulating Factor (GMCSF), Interferon-γ (IFN-γ), Interferon-γ-induced protein (IP-10), Macrophage ChemotacticProtein (MCP-1), Macrophage Infiammatory Protein (MIP)-1α, MIP-1β, Platelet-derived growth factor-bb (PDGF-BB), CCL5 (RANTES), Tumor Necrosis Factor-α (TNF-α) and Vascular Endotelium Growth Factor (VEGF) nei surnatanti studiati. 11 Co-coltura di cellule fetali e linfociti Cellule mononucleate da sangue periferico (Periferal Blood Mononuclear Cell, PB-MNC), ottenute da donatori sani dall’Unità di Medicina Trasfusionale del nostro ospedale, sono stati coltivati in RPMI (Biological Industries) supplementato con il 10% di FBS inattivato al calore e stimolati con 10µg/ml phytohemagglutinin-P (PHA). Cellule fetali e linfociti sono stati co-coltivati in rapporto 1:10 con contatto diretto. Le colture sono state fatte in - 33 - Materiali e Metodi triplicato ed incubate a 37°C in 5% CO2 per 4 giorni. L’effetto inibitorio degli adipociti sulla proliferazione dei linfociti veniva misurata valutando l’assorbanza con il lumenometro 1420 Multilabel Counter Victor3 (Perkin Elmer, Germany), dopo colorazione overnight delle cellule con bromodeossiuridina (BrdU) (Roche, Germany). La percentuale di inibizione è stata calcolata utilizzando la formula: % inibizione della proliferazione dei linfociti (IP)= (proliferazione dei linfociti stimolati in presenza di adipociti / proliferazione dei linfociti stimolati) x 100. 11.1 Esperimenti in Transwell Esperimenti in transwell sono stati effettuati in piastre da 24 pozzetti (dimensione dei pori pari a 0.22 µm, Constar, Corning, NY). PB-MNC stimolati con PHA, sottopopolazioni linfocitarie immunoselezionate CD4+ e CD8+ stimolate con PHA e CD19+ stimolate con PWM, sono state coltivate in RPMI 1640 con il 10% di FBS inattivato al calore nella parte inferiore del sistema transwell. Le MSCs irradiate (80 Gy) venivano seminate in rapporto 1:10 nella parte superiore del sistema transwell. Le colture sono state fatte in triplicato, incubate a 37°C e 5% CO2 per 4 giornie colorate overnight con BrdU (Roche, Germany). L’effetto inibitorio delle MSCS sulla proliferazione dei linfociti è stato calcolato come descritto sopra. 12 Colture in soft agar Colture in soft agar sono state allestite con 10 campioni di CV, 10 di AF e 6 di BM, al passaggio 6 per tutti i campioni ed ai passaggi 11 e 15 per CV ed AF, per valutare la capacità delle cellule di formare colonie indipendentemente dall’ancoraggio sul fondo della fiasca, caratteristica comune in alcune linee cellulari tumorali. Ventimila cellule sono state seminate in uno strato di DMEM+20% FBS allo 0.3% di agarosio, posizionato sopra ad - 34 - Materiali e Metodi uno strato dello stesso terreno allo 0.5% di agarosio, in piastre da 35 mm di diametro. I campioni sono stati studiati in duplicato. Le colture sono state mantenute a 37°C e 5% di CO2, aggiungendo terreno fresco due volte a settimana. La presenza di colonie è stata valutata dopo due settimane. La linea cellulare A549 è stata utilizzata come controllo positivo, mentre piastre contenenti soltanto terreno con agar sono state utilizzate come controllo negativo. 13 Analisi del cariotipo Le cellule fetali, ottenute da vari passaggi di espansione, venivano fatte aderire in piastre Petri con vetrini ed espanse in Chang medium (Irvine Scientific). Dopo 24-48 ore, le cellule venivano esposte a 200 µl colchinine (Karyomax Colcemid 10 µg/µl) per 2 ore ed a 0.075 M KCl per 25 min. I vetrini sono stati poi fissati in una soluzione metanolo-acido acetico (3:1), colorate con la tecnica del bandeggio QFQ ed esaminate con microscopio ad epifluorescenza (Zeiss Axioplan 2). Le metafasi sono state catturate ed elaborate con PSI MacKtype 4.5 software (PSI, Perceptive Scientific Instruments, Inc.). In una prima fase, sono state catturate immagini di metafasi selezionate per l’assenza di artefatti. Il numero di metafasi valutate variava a seconda della disponibilità nel preparato. In una seconda fase, le metafasi catturate venivano elaborate e per ciascuna veniva ricostituito il cariotipo. Per ogni preparato, sono state annotate il numero di metafasi catturate ed il numero di quelle valutabili, tra cui le metafasi normali e presentanti anomalie numeriche o strutturali, quelle ritenute clonali, ma anche quelle sporadiche, non clonali. I cariotipi sono stati descritti seguendo le raccomandazioni del 2005 International System for Human Cytogenetic Nomenclature (117). - 35 - Materiali e Metodi 14 Analisi statistica dei dati I dati sono stati presentati come media ± deviazioni standard (SDs) ed analizzati con Student’s t-test. Le differenze tra i campioni sono stati considerati statisticamente significative per p<0.05. - 36 - Risultati Risultati Le cellule fetali studiate sono state ottenute rispettivamente da 20 campioni di villi coriali e 20 di liquido amniotico. In particolare, i CV sono stati isolati da donne in gravidanza che si sottoponevano a villocentesi tra la 11° e la 13° settimana di gestazione. Per questo studio, sono state utilizzate soltanto cellule derivate da colture di back up, allestite per la diagnostica prenatale, generalmente 20-30 giorni dopo l’esito dell’analisi citogenetica, dopo consenso informato. I campioni di AF sono stati raccolti da donne in gravidanza che si sottoponevano ad amniocentesi tra la 15° e la 18° settimana di gestazione. Le cellule studiate sono state ottenute dal surnatante di scarto della coltura primaria, allestita per la diagnostica prenatale, dopo consenso informato. I campioni di midollo osseo studiati sono stati ottenuti da 9 donatori volontari sani che si sottoponevano ad espianto midollare (5 ml, età mediana 17 anni, range 16-45 anni), dopo consenso informato. 1. Espansione in vitro e caratterizzazione cellulare 1.1 Espansione in vitro in sistemi umanizzati di coltura Sono state allestite colture liquide di CV, AF e BM per valutare la loro espansione in presenza di tre differenti condizioni di coltura: terreno supplemetato con il 10% di siero umano allogenico (HS), il 5% di lisato piastrinico allogenico (PL) e con il 20% di siero animale (FBS). In terreno con FBS, la maggior parte dei campioni di CV studiati (15, v3-v17) hanno mostrato un’espansione di 8.13±1.39 logs (27 PDs) in 65 giorni e 7 passaggi di coltura; in - 37 - Risultati terreno con HS, la maggior parte dei campioni (14, v2-v3, v5-v6, v9-v18) espandono 8.98±1.39 logs (19.85 PDs) in 59 giorni e 6 passaggi; in terreno con PL, sono stati studiati 7 campioni (v1-v2, v12, v14-v17), 4 dei quali (v2, v12, v15-v16) hanno mostrato un’espansione di 3.26±1.48 logs (10.8 PDs) in 45 giorni e 4 passaggi (Figura 1). Tra i campioni di AF esiste una grande variabilità di vitalità e capacità proliferativa, probabilmente dovuta al fatto che le cellule studiate sono quelle presenti nel surnatante della coltura primaria. Quindi, la presenza di cellule vitali dipende dalla quantità di cellule non adese alla fiasca durante la coltura primaria e dal tempo che intercorre tra la semina ed il primo cambio di terreno. In presenza di FBS, la maggior parte dei campioni (A5-A16) espandono 7.9±2.2 logs (27.5 PDs) in 66 giorni e 7 passaggi di coltura. In terreno con HS, soltanto una bassa percentuale di campioni proliferano (20% dei campioni; A8, A15, A18-A19) con un’espansione di 16.2, 16.7, 5.4 E 9.9 logs (53.8, 55.4, 17.9, 32.9 PDs), dopo 10,10, 4 e 7 passaggi, rispettivamente. Due campioni (A14 ed A20) espandono 2 logs in 2 passaggi in 33 giorni, mentre non c’è stata proliferazione nel resto dei campioni analizzati. In terreno con PL, nessun campione di AF testato ha mostrato capacità di proliferazione (Figura 1). La crescita cellulare della maggior parte dei campioni di BM (BM1-BM6) in coltura con HS è stata di 4.6±1.2 logs (15.3 PDs) in 54 giorni e 5 passaggi, mentre in FBS di 8.1±2.2 logs (26.9 PDs) in 85 giorni e 7 passaggi. In PL sono stati analizzati 6 campioni, di cui soltanto due (BM4, BM9) sono espansi 3.25 logs (10.8 PDs) in 73 giorni e 5 passaggi (Figura 1). - 38 - Risultati Figura 1. Crescita in vitro delle MSCs fetali e da midollo, definita come espansione in logaritmi fino alla senescenza cellulare. Sono stati analizzati 20 campioni di CV, 20 campioni di AF e 9 di BM espansi in 10% HS, 20% FBS e 5% PL. 39 Risultati 1.2 Analisi immunofenotipica Il fenotipo delle cellule fetali è stato analizzato dal primo all’ultimo passaggio di coltura, comparandolo quindi con quello meglio conosciuto delle MSCs da midollo osseo. Un pattern simile di marcatori superficiali è stato osservato in entrambi le linee cellulari fetali studiate. I campioni di CV ed AF sono infatti risultati positivi per il CD90, il CD105, il CD73, il CD44, il CD13 ed il CD29, tipici marcatori delle MSCs, e negativi per il CD117, il CD271, il CD31, il CD34, il CD133, il CD45, l’HLA-DR ed il CD14 (Figura 2). Le MSCs da CV ed AF hanno mostrato un fenotipo costante dal primo all’ultimo passaggio di coltura, mentre le MSCs da midollo iniziano a perdere i marcatori emopoietici (CD34, CD133, CD45 e CD14) ed ad esprimere gli antigeni tipici delle mesenchimali dopo il secondo-terzo passaggio. 40 Risultati Figura 2. FACS analisi delle molecole di superficie delle MSCs espanse in vitro. L’istogramma aperto indica il controllo negativo. I risultati sono rappresentativi di un campione di AF al quarto passaggio in siero animale. 41 Risultati 1.3 Capacità differenziativa multilineare delle MSCs Tutti i campioni di CV, AF e BM espansi nei tre terreni analizzati sono stati studiati per la loro capacità di differenziazione multilineare. Poiché non sono state evidenziate differenze tra i vari terreni testati, saranno mostrati i risultati delle cellule fetali e da midollo espanse in HS. Per meglio approfondire la capacità differenziativa delle MSCs studiate, sono stati effettuati esperimenti di analisi di espressione per marcatori specifici di adipociti, osteociti e condrociti. La differenziazione adipocitaria determina l’attivazione di molti fattori di trascrizione, tra i quali PPARγ è uno dei più importanti. PPARγ, infatti, attiva molti geni target, la cui espressione determina la differenziazione adipogenica, come ADIPOQ, LPL e LEP. I campioni di CV ed AF analizzati hanno mostrato uno scarso potenziale adipogenico; le cellule presentavano infatti pochi e piccoli vacuoli lipidici intracitoplasmatici, una debole espressione di ADIPOQ e nessuna espressione di LPL. Al contrario, i campioni di BM differenziano in cellule ricche di vacuoli lipidici con una forte espressione di ADIPOQ e LPL. PPARγ e LEP sono invece espresse da tutti i campioni analizzati. Le MSCs fetali sono inoltre in grado di differenziare verso la linea osteogenica e condrogenica con potenziale differenziativo analogo alle cellule di BM. Infatti, aggregati di matrice mineralizzata sono risultati positivi al colorante specifico Alizarin Red S e molecolarmente all’espressione di OST ed OCN in RT-PCR. Inoltre, le MSCs analizzate hanno mostrato la capacità di differenziare verso la linea condrogenica con positività per l’aggrecano in immunoistochimica e per Sox9 e COL2A1 in RT-PCR (Figura 3A,B). 42 Risultati Figura 3. Capacità differenziativa multilineare delle MSCs espanse in HS. [A] Vacuoli lipidici intracitoplasmatici (a,b,c), colorazione con Alizarin Red S (d,e,f), immunoistochimica per l’aggrecano (g,h,i) di BM, CV ed AF, rispettivamente. Le cellule non differenziate di controllo sono evidenziate nel riquadro in basso a sinistra. [B] Profilo di espressione per BM, CV ed AF dei geni adipogenici PPARγ e LEP (a), ADIPOQ e LPL (b), osteogenici OST ed OCN (c), e condrogenici Sox9 e Col2A1 (d), dopo induzione in terreni specifici. (L) DNA ladder 100 bp. 1.4 Profilo di espressione di geni staminali embrionali Geni tipicamente espressi nelle cellule staminali embrionali, necessari per il self-renewal e la pluripotenza, Nanog, Oct4, Sox17, Gata4, Tbx1 e Pax6, sono espressi da tutte le MSCs 43 Risultati fetali e da midollo studiate, coltivate sia in presenza di siero animale che di siero umano allogenico (Figura 4). Figura 4. Profilo di espressione per geni tipici delle cellule staminali embrionali di campioni di CV, AF e BM espansi in HS, FBS e PL. L’espressione del gene di riferimento β-actina è stato utilizzato come controllo interno di RT-PCR. (L) DNA ladder 100 bp e (C) controllo negativo. 44 Risultati 1.5 Profilo di espressione di geni immunoregolatori Le MSCs fetali studiate non esprimono il gene per il Complesso Maggiore di Istocompatibilità di tipo II (HLA-DR), contrariamente ai campioni di BM, che solo molecolarmente sono positivi per l’HLA-DR (il segnale rilevato è probabilmente molto basso, inferiore alla capacità di analisi della tecnica citofluorimetrica). I geni per l’HLA-A e l’HLA-G sono invece espressi da tutte le MSCs studiate in tutti i terreni analizzati (Figura 5A). I campioni di AF e CV espansi in vitro in presenza di siero animale ed umano, non esprimono mai il CD80, mentre in alcuni campioni c’è espressione di CD86. Il CD28, invece, è espresso in tutte le cellule fetali studiate. I campioni di BM esprimono il CD80 ed il CD28, mentre non esprimono il CD86 (Figura 5B). Figura 5. Profilo di espressione per geni immunoregolatori di CV, AF e BM espansi in HS. (A) MHC di classe I e II; (B) molecole co-stimolatorie per l’attivazione delle cellule T. Non c’è differenza tra le cellule espanse nei diversi terreni analizzati. (L) DNA ladder 100 bp. 45 Risultati 1.6 Analisi quantitativa delle citochine secrete dalle MSCs fetali e da midollo I surnatanti delle colture allestite sono stati analizzati per la quantificazione di 27 citochine e fattori di crescita. I risultati sono divisi in 4 gruppi: (-) valori<50 pg/ml, (+) 50 pg/ml<valori<500 pg/ml, (++) 500 pg/ml<valori<5000 pg/ml, (+++) valori>5000 pg/ml. I campioni sono stati analizzati a tre differenti passaggi di coltura, studiando la loro curva di crescita: all’inizio della fase esponenziale di crescita, al centro ed alla fine dell’espansione. Poiché non sono state evidenziate differenze statisticamente significative tra i risultati durante l’espansione, sono stati mostrati i dati all’inizio della coltura. I risultati relativi all’analisi di tre campioni di CV espansi in siero animale, tre in siero umano allogenico e due in lisato piastrinico, hanno mostrato una simile secrezione della maggior parte dei fattori di crescita studiati. MIP-1β viene prodotto maggiormente dalle cellule espanse in terreno supplementato con HS piuttosto che con PL. Inoltre, i campioni di CV espansi in PL hanno mostrato una bassa secrezione di IL-17, FGF- β, MIP-1α, GMCSF, IP-10 e VEGF rispetto ad HS ed FBS. I risultati sulle MSCs da AF riguardano l’analisi di tre campioni espansi in HS e tre in FBS. Contrariamente alle cellule CV, IL-10 ed IL-12(p70) sono prodotte dai campioni di AF espansi in siero umano ed animale, mentre IP-10 è secreto a bassi livelli. I dati ottenuti con le MSCs fetali sono stati quindi comparati a quelli di tre campioni di BM coltivati in HS, PL ed FBS. L’IL-9, IL-12(p70), IL-17, IP-10, MIP-1α, MIP-1β, GM-CSF ed FGF- β sono prodotte dai campioni di BM in siero animale ed umano, ma non in PL. In generale, le citochine ed i fattori di crescita maggiormente secreti dalle MSCs fetali e da midollo in tutti i terreni studiati sono state l’IL-6, IL-8, l’MCP-1 ed il VEGF (Tabella 1). 46 Risultati Tabella 1. Quantificazione dei fattori di crescita prodotti dalle MSCs fetali e da midollo all’inizio della fase esponenziale di crescita. I risultati rappresentano la media di tre campioni di CV, AF e BM nelle tre condizioni studiate. (-) valori <50 pg/ml, (+) 50 pg/ml<valori<500 pg/ml, (++) 500 pg/ml<valori<5000 pg/ml, (+++) valori>5000 pg/ml. Non sono state osservate differenze significative nei vari time points studiati. 47 Risultati 1.7 Capacità immunomodulatorie delle MSCs fetali e da midollo Per lo studio delle capacità immunoregolatorie delle MSCs fetali e da midollo sono state allestite colture miste sia con linfociti totali allogenici (PB-MNCs) sia con popolazioni linfocitarie selezionate immunomagneticamente CD4+, CD8+ e CD19+. Negli esperimenti di contatto diretto MSCs-linfociti, tutti i campioni analizzati in tutti i terreni testati hanno mostrato la capacità di inibire la proliferazione delle cellule PB-MNCs e CD4+. Le cellule CD8+ sono invece inibite soltanto dai campioni di AF in HS ed FBS e di BM in PL ed FBS. Esiste, comunque, una grande variabilità tra le diverse fonti di MSCs ed i terreni studiati. Negli esperimenti in transwell, così come per il contatto diretto, le cellule PB-MNCs sono inibite da tutte le MSCs studiate in tutti i terreni analizzati, mentre le cellule CD4+ solo dai CV ed AF in FBS e da BM in PL. Inoltre, tutte le MSCs studiate sembrano avere un maggior effetto inibitorio sulla proliferazione delle cellule CD8+ in sistema transwell, rispetto alle colture con contatto diretto. Le cellule CD19+ sono invece inibite soltanto dai campioni di CV in HS coltivate in sistema transwell ed in contatto diretto, e dai campioni di BM in HS e sistema transwell (Tabella 2). 48 Risultati Tabella 2. Risposta proliferativa delle cellule T e B in coltura con le MSCs fetali e da midollo. La tabella mostra i risultati di 3 campioni di BM in HS, 3 in LP e 6 in FBS; 6 campioni di CV in HS, 3 in LP e 5 in FBS; 3 campioni di AF in HS ed 8 in FBS. (IP) percentuale di inibizione della proliferazione linfocitaria. 2. Le MSCs fetali e midollari non sono suscettibili a trasformazioni maligne dopo espansione in vitro a lungo termine 2.1 Soft Agar assay I campioni di MSCs fetali e da midollo sono stati studiati per la loro sicurezze biologica, testando la capacità di crescita in maniera indipendente dall’ancoraggio. Le cellule studiate non hanno mostrato capacità di formare colonie in terreno di soft agar dopo due settimane di coltura. Al contrario la linea cellulare tumorale A549 (carcinoma polmonare), seminata come controllo positivo, forma grandi e numerose colonie. Le MSCs analizzate non hanno quindi mostrato alterazioni maligne (Figura 6). 49 Risultati Figura 6. Soft agar assay di MSCs fetali e da midollo al 6° passaggio di coltura. (A) La linea cellulare A549, utilizzata come controllo positivo, produce grandi e numerose colonie. Al contrario, le MSCs studiate BM (B), CV (C) ed AF (D) non producono colonie. 2.2 Lunghezza dei telomeri, attività telomerasica ed espressione genica di hTERT, c-myc e p53 nelle MSCs fetali e da midollo Lo studio della lunghezza dei telomeri nei campioni di CV, AF e BM è stato eseguito nelle cellule dal primo all’ultimo passaggio di coltura, per valutare l’effetto dell’espansione a lungo termine sulla stabilità replicativa cellulare. Tutte le MSCs analizzate hanno mostrato telomeri significativamente più lunghi del nostro controllo positivo (linea cellulare tumorale HeLa). Durante l’espansione a lungo termine, la lunghezza dei telomeri delle MSCs fetali rimane stabile (accorciamento <1 kb nell’ultimo passaggio di coltura), mentre i campioni di BM studiati hanno mostrato cambiamenti <2 kb alla fine dell’espansione. I dati ottenuti mostrano quindi una differenza non statisticamente significativa tra l’inizio e la fine dell’espansione con telomeri di 13.42±0.34 versus 12.71±0.68 nei campioni di AF, 12.30±1.03 versus 12.14±0.96 nei campioni di CV e 10.72±0.31 versus 9.03±0.01 nei 50 Risultati campioni di BM (Figura 7). La presenza di un meccanismo alternativo di mantenimento della lunghezza dei telomeri (ALT) è stato escluso dall’analisi della distribuzione dei frammenti di restrizione telomerici studiati. Infatti, non sono stati osservati “telomeri di tipo ALT”, tipicamente molto lunghi ed eterogenei. Figura 7. Analisi in Southern blot della lunghezza dei telomeri durante l’espansione a lungo termine delle MSCs studiate. I dati mostrati sono rappresentativi di un esperimento di AF, CV e BM all’inizio ed alla fine dell’espansione. La linea cellulare HeLa è stata utilizzata come controllo positivo. Inoltre, le MSCs sono state studiate anche per la loro attività telomerasica e per l’espressione dei trascritti di hTERT, all’inizio dell’espansione (2° passaggio) ed alla fine (11°, 15° e 9° passaggio in CV, AF e BM, rispettivamente). Livelli molto bassi di attività telomerasica sono stati ottenuti in tutti i campioni analizzati (0.00008 attomol/µl in CV, 0.0004 attomol/µl in AF e 0.00005 attomol/µl in BM). Questi dati sono stati considerati come un’attività telomerasica nulla e sono stati confermati dall’analisi dell’espressione 51 Risultati genica di hTERT. Infatti, non sono stati osservati trascritti di hTERT in nessun campione studiato. Al contrario, i controlli positivi utilizzati, HeLa ed HL-60, hanno mostrato elevati livelli di espressione di hTERT, con rapporto tra il numero di copie FL/1x106 copie di GAPDH di 200.8 in HeLa e di 419 in HL-60, e con rapporto tra il numero di copie di AT/1x106 copie di GAPDH di 1439.8 in HeLa e di 3088 in HL-60. Cellule mononucleate isolate da midolli sani sono state utilizzate come controlli negati ed hanno infatti mostrato valori molto bassi di hTERT (20.2 copie di FL/1x106 copie di GAPDH e 208 copie di AT/1x106 copie di GAPDH). La quantificazione del trascritto del gene c-myc, gene attivante la telomerasi, è stata studiata nei campioni di CV, AF e BM al passaggio 3 e 7. Il rapporto tra il numero di copie di c-myc/ numero di copie di GAPDH è stato di 0.010±0.007, 0.016±0.004 e 0.027±0.011 al passaggio 3 in CV, AF e BM, rispettivamente, e di 0.014±0.007, 0.006±0.004 e 0.011±0.007 al passaggio 7. I risultati ottenuti hanno quindi mostrato un rapporto che si mantiene stabile durante l’espansione e molto più basso rispetto a quello ottenuto nei controlli positivi utilizzati, HL-60 (0.09) e HeLa (0.322). Infine, è stata quantificata anche l’espressione del gene p53 nei campioni di CV, AF e BM al passaggio 3 e 7. Il rapporto copie di p53/ copie di GAPDH ottenuto è stato di 0.059±0.003 in CV, 0.058±0.005 in AF e 0.026±0.18 in BM al 3° passaggio di coltura, e di 0.058±0.002, 0.18±0.005 e 0.048±0.003 al 7° passaggio, rispettivamente. Come atteso, la linea cellulare HL-60 di controllo non ha mostrato espressione di p53. 52 Risultati 2.3 Analisi del cariotipo Una mediana di 50 metafasi (range 16-75) è stata studiata per ogni campione. I cariotipi sono stati analizzati nei campioni dopo 6 e 10 passaggi di coltura per le MSCs fetali e dopo 6 passaggi per le cellule da midollo. In tutti i campioni studiati non sono state osservate anormalità clonali, strutturali e numeriche (mancanza o aumento dello stesso cromosoma in tre o più metafasi) (Figura 8). Figura 8. Il cariotipo di BM, CV ed AF mostra la stabilità cromosomica delle MSCs studiate dopo espansione a lungo termine. I risultati sono rappresentativi di un esperimento di BM, CV ed AF al 6° passaggio di coltura. 53 Discussione Discussione Le cellule staminali mesenchimali sono cellule non emopoietiche con elevato potenziale proliferativo in coltura e capacità di differenziazione multilineare (118). Lavori recenti in letteratura (119-123) hanno evidenziato i tessuti fetali come una fonte di cellule staminali fenotipicamente simili alle MSCs del midollo osseo. In questo lavoro, sono state quindi studiate le MSCs isolate dai villi coriali e dal liquido amniotico, raccolti nel primo e nel secondo trimestre di gravidanza, rispettivamente. Le cellule sono state caratterizzate per il loro potenziale proliferativo in un sistema umanizzato di coltura, per le capacità immunomodulatorie e per il profilo di espressione citochinico. I risultati ottenuti sono stati quindi confrontati con quelli ottenuti dalle MSCs midollari. Le MSCs fetali ed adulte sono state studiate in due sistemi umanizzati di coltura, confrontandoli quindi con il siero animale, che rappresenta la coltura di controllo. In particolare, le cellule fetali hanno dimostrato di poter crescere in presenza di siero umano allogenico e di lisato piastrinico, supplementi ai terreni di coltura alternativi al siero animale. I campioni di villi coriali espandono 19.85 PDs in 6 passaggi e 10.8 PDs (57% dei campioni analizzati) in 4 passaggi in HS e PL, rispettivamente. I campioni di liquido amniotico proliferano 40 PDs in 8 passaggi in HS, ma solo nel 20% dei campioni analizzati, ed in presenza di PL non si ha espansione. Anche le MSCs da midollo hanno mostrato una elevata capacità di espansione in HS come i CV, meno in PL (15.3 vs 10.8 PDs, rispettivamente). Questi dati sulla proliferazione in presenza di PL dei campioni di midollo osseo, i più studiati in letteratura, sono in accordo con alcuni lavori che mostrano un’espansione simile (11.6 PDs) in presenza di 5% di PL (124), ed in contrasto con altri (17 PDs) (125). Questi risultati discordanti possono essere spiegati dalla differente preparazione del lisato piastrinico utilizzato. Weibrich G. et al. (126) ha dimostrato che 54 Discussione non esiste una correlazione statisticamente significativa tra la concentrazione dei fattori di crescita ed il numero delle piastrine utilizzate per la lisi. Il differente potenziale del PL è, infatti, dovuto all’elevata variabilità piastrinica individuale, tanto che aumentando il numero dei donatori nel pool piastrinico si aumenta la concentrazione di molte citochine (127). Esiste, quindi, una variabilità troppo elevata nel potenziale proliferativo del PL ed, inoltre, la sua preparazione può essere ottenuta utilizzando diverse tecniche che dovrebbero essere standardizzate per poter comparare i vari studi presenti in letteratura. In più, il PL oltre ad avere una lavorazione prolungata e difficoltosa (128,129), presenta anche lo svantaggio di dover essere purificato tramite centrifugazione per eliminare i residui dei corpi piastrinici, che altrimenti possono formare aggregati ed attaccarsi alla superficie delle cellule in coltura. Al contrario, il siero non richiede una lavorazione problematica e rappresenta una semplice, economica e facilmente reperibile fonte di fattori di crescita. In più, i risultati ottenuti hanno mostrato che le MSCs fetali ed adulte proliferano di più in presenza di siero umano allogenico rispetto al lisato piastrinico. Quindi, il terreno supplementato con siero umano allogenico rappresenta il sistema umanizzato di coltura migliore per l’espansione in vitro delle MSCs studiate. In questo lavoro sono state, inoltre, analizzate le caratteristiche immunofenotipiche delle MSCs fetali ed adulte, la loro capacità di differenziazione multilineare e l’espressione di geni marcatori di staminalità. Le cellule fetali hanno mostrato proprietà immunofenotipiche simili a quelle delle MSCs isolate da altre fonti fetali ed adulte (130132), esprimono geni tipici delle cellule staminali embrionali e possiedono capacità di differenziazione verso la linea adipogenica, osteogenica e condrogenica. In particolare, in questo lavoro sono state analizzate le proprietà immunomodulatorie delle MSCs fetali ed adulte, dimostrando che le cellule studiate non inducono una risposta infiammatoria da parte di cellule T allo geniche (133-135). Le cellule studiate inibiscono la 55 Discussione proliferazione in vitro di linfociti allogenici stimolati con PHA, non solo in coltura con contatto diretto, ma anche in esperimenti con transwell (136,137), suggerendo, quindi, che la secrezione di alcuni fattori è coinvolta in questo fenomeno (138). Un forte effetto inibitorio è presente anche con la sottopopolazione linfocitaria CD4+ in coltura con contatto diretto ed, in alcuni campioni studiati, anche con esperimenti in transwell. La proliferazione delle cellule T CD8+ sembra essere inibita maggiormente in sistema transwell rispetto al contatto diretto, mentre quella delle cellule CD19+ è inibita soltanto in bassa percentuale da alcuni campioni di CV e BM analizzati. Quindi, da questi risultati si può concludere che le MSCs fetali possiedono capacità immunomodulatorie simili a quelle delle MSCs da midollo riportate in letteratura (139,140). Queste proprietà sono evidenti non solo sulla popolazione di linfociti totali allogenici, ma anche su sottopopolazioni selezionate T e B. I dati ottenuti dimostrano che le MSCs fetali studiate non sono immunogeniche, non inducono, infatti, la risposta linfocitaria, ma al contrario inibiscono la proliferazione dei linfociti stimolati. Inoltre, i risultati molecolari sull’espressione di molecole co-stimolatorie delle cellule T, indicano che le MSCs inibiscono la proliferazione delle cellule T piuttosto che la loro attivazione (141). In più, i campioni studiati esprimono il gene per l’HLA-G, molecola in grado di prevenire la risposta immune contro le MSCs (142,143). Le MSCs fetali sono state studiate anche quantificando la secrezione di alcune citochine e fattori di crescita. I dati ottenuti hanno mostrato che le citochine maggiormente prodotte dalle cellule fetali ed adulte sono l’IL-6, l’IL-8, l’MCP-1 ed il VEGF (144). I campioni di CV e BM espansi in PL non secernono IL-9, IL-17, FGF-β, GM-CSF, IP-10, MIP-1α e MIP-1β, mentre le producono in presenza di siero umano ed animale. Le MSCs espanse in siero umano secernono fattori di crescita in grado di supportare l’emopoiesi, come il GMCSF, di stimolare la l’angiogenesi, come il VEGF e l’FGF-β, e la neurogenesi, come 56 Discussione l’FGF-β e l’IL-6. Le proprietà immunomodulatorie sono probabilmente legate all’elevata secrezione di IL-6 ed IL-8, mentre la grande produzione di VEGF è probabilmente correlata con la capacità angiogenetica delle MSCs. Le proprietà biologiche mostrate in questi dati hanno dimostrato che le MSCs fetali studiate sono delle ottime candidate per l’ingegneria tissutale, la medicina rigenerativa e la terapia cellulare. Proprio per il fatto che le MSCs fetali ed adulte possono proliferare con un elevato potenziale di espansione, queste cellule sono state studiate per la loro suscettibilità a potenziali trasformazioni maligne dopo coltura a lungo termine. In accordo con il lavoro di Bernardo ME. et al. (145), tutte le MSCs analizzate mantengono la loro tipica forma fibroblastoide durante tutta l’espansione, un tasso di crescita costante e nessuna anomalia immunofenotipica. Al contrario, Rosland et al. (146) nel suo lavoro ha evidenziato trasformazioni maligne in MSCs da midollo, con un incremento della capacità di espansione ed alterazioni nella morfologia e nel fenotipo. Queste cellule hanno, infatti, mostrato un significativo aumento nell’espressione delle molecole CD44 e CD166 ed una diminuzione del CD105 e la mancanza di espressione di alcune molecole tipiche delle MSCs, come IL CD73, il CD90 e lo Stro-1. I risultati ottenuti in questo lavoro, hanno mostrato che le MSCs fetali studiate possiedono telomeri più lunghi rispetto alle MSCs midollari. I campioni di CV ed AF possiedono telomeri che si mantengono lunghi durante tutta l’espansione a lungo termine, mentre nei campioni di BM si ha un piccolo accorciamento <2 kb nell’ultimo passaggio di coltura. In tutte le MSCs studiate non c’è espressione dei trascritti di hTERT, che determina l’assenza dell’attività telomerasica; c’è, inoltre, una bassa e costante espressione del gene c-myc, marker over-espresso in cellule con alterazioni maligne come le linee cellulari HL-60 ed HeLa (147,148), e presenza costante del trascritto di p53, assente nelle HL-60 (149). Quindi, la stabilità nella lunghezza dei telomeri e la mancanza dell’espressione di hTERT, 57 Discussione dopo espansione a lungo termine, suggerisce che queste cellule non sono suscettibili a possibili trasformazioni maligne dopo coltura in vitro. In particolare, le MSCs fetali ed adulte sono state studiate tramite analisi del cariotipo e nonostante la loro elevata capacità di espansione, non hanno mostrato alterazioni citogenetiche, cioè nessuna anormalità clonale, strutturale e numerica. Al contrario, Rubio et al. (147) ha mostrato che le MSCs isolate da tessuto adiposo umano dopo coltura a lungo termine (4-5 mesi) assumono spontaneamente alterazioni maligne, con cambiamenti nella morfologia, nell’espressione di alcune molecole di superficie, nella stabilità cromosomica e by-passando l’arresto del ciclo cellulare. In questo lavoro, invece, le cellule studiate raggiungono la senescenza, mantenendo le caratteristiche originarie. Inoltre, in accordo con i dati ottenuti da Zhao et al. (150), si può ipotizzare la presenza di una attività telomerasica transitoria ciclo cellulare dipendente con un ruolo fisiologico di mantenimento dell’integrità telomerica. Al contrario, le cellule staminali cancerose con capacità illimitata di self-renewal, possiedono telomeri stabili, ma elevati livelli di attività telomerasica (151). Quindi, le MSCs fetali possono essere espanse in vitro, senza accorciamento dei telomeri, aumento dell’attività telomerasica e nessuna evidenza di alterazioni genetiche. Queste caratteristiche insieme con l’assenza di anomalie cariotipiche suggeriscono che le MSCs fetali ed adulte non sono suscettibili ad alterazioni maligne. I tessuti fetali analizzati rappresentano, quindi, una buona e facilmente accessibile risorsa di cellule staminali. Quindi, questo lavoro, oltre ai risultati sulle funzioni immunoregolatorie, fornisce dati importanti per lo sviluppo di un sistema umanizzato di coltura per le MSCs fetali, che non vanno incontro ad alterazioni genetiche neanche dopo espansione a lungo termine. In conclusione, i dati ottenuti mostrano che, tra le cellule studiate, i campioni di CV rappresentano la migliore fonte di MSCs e la coltura con siero umano allogenico al 10% è una condizione ottimale per l’isolamento e l’espansione di queste cellule. Infatti, i 58 Discussione campioni di CV possiedono un potenziale di espansione maggiore in HS rispetto alle MSCs midollari, con variabilità molto bassa tra i campioni analizzati, le stesse proprietà immunoregolatorie e la stessa capacità di secrezione delle citochine studiate. Dagli studi sulla sicurezza biologica di queste cellule è emerso che tutte le cellule studiate non sono suscettibili a possibili trasformazioni maligne, nonostante la loro elevata capacità di espansione. Quindi, i villi coriali rappresentano una fonte di cellule staminali per possibili applicazioni cliniche, migliore rispetto al liquido amniotico per la sua capacità di crescita in siero umano. Infatti, più del 90% dei campioni di CV analizzati ottengono una proliferazione su larga scala in presenza di siero umano. I dati ottenuti mostrano che un’espansione su scala clinica di 10x108 MSCs può essere ottenuta da una coltura di backup di CV in presenza di siero umano allogenico, in circa 30 giorni. Quindi, con l’uso di queste cellule fetali si può ottenere un’espansione sufficiente per utilizzi clinici in tempi minori rispetto al midollo, senza l’utilizzo di siero animale. I dati ottenuti sono quindi incoraggianti per il potenziale utilizzo di queste cellule in varie applicazioni cliniche. 59 Bibliografia 1. Till JE, McCollough EA. A direct measurement of the radiation sensitivity of normal mouse bone marrow cells. Radiat Res 1961;14:213-222. 2. Little MT, Storb R. History of haematopoietic stem-cell transplantation . Nat Rev Cancer 2002;2:231-238. 3. Henningson CT, Stanislaus MA, Gewirtz AM. Embryonic and adult adult stem cell therapy. 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