151 il Podologo in medicina Rivista bimestrale dell’Associazione Italiana Podologi Appello al nuovo Governo. Valorizziamo la podologia italiana Al via il Registro delle Associazioni rappresentative delle nuove professioni Exposanità 2008: più attenzione alla qualità della formazione universitaria V Congresso di podologia Medica: cresce la ricerca scientifica in podologia maggiogiugno2008 Anno XXXI • n. 3 • Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n°46 art. 1, comma1, DCB (Roma) • Italy • prezzo di copertina: E 0,60 • Editore: Associazione Italiana Podologi numero MATERIALE DESTINATO ESCLUSIVAMENTE AD OPERATORI DEL SETTORE. NELLE FARMACIE, SANITARIE, ORTOPEDIE E NEGOZI SPECIALIZZATI. www.sanagens.it il Podologo in medicina Rivista bimestrale dell’Associazione Italiana Podologi DIRETTORE RESPONSABILE Mauro Montesi Presidente Aip DIRETTORE SCIENTIFICO Francesco Fallucca Docente di diabetologia della II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università “La Sapienza” di Roma. VICEDIRETTORE SCIENTIFICO Marco Cavallini Docente e Direttore del Master “Diagnosi e cura del piede diabetico”, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università “La Sapienza” di Roma. Presidente del Corso di Laurea in Podologia. VICEDIRETTORE SCIENTIFICO Giovanni Pepé Vicepresidente Aip VICEDIRETTORE SCIENTIFICO Antonio D’Amico Consigliere Aip DIRETTORE EDITORIALE Benedetto Leone Responsabile comunicazione Aip COORDINAMENTO EDITORIALE Giuseppe Raffa Giornalista professionista SEGRETARIA DI REDAZIONE Tiziana Cacciola CONSULENTI SCIENTIFICI Joseph B. Addante Podoiatra - Francesco Albo Chirurgo del piede Alberto D’Ari Dermatologo - Tara Giorgini Chirurgo podoiatrico Gilberto Grossi Neurochirurgo - Arcangelo Marseglia Podologo Fabio Moro Podologo - Francesco Papa Specialista radiologia diagnostica Guglielmo Pranteda Dermatologo Abbonamento annuo: Euro 3,00 per gli associati Aip. I versamenti vanno effettuati tramite vaglia postale o assegno bancario non trasferibile, intestato all’Istituto Podologico Italiano. Via dei Berio 91, 00155 Roma. Prezzo di Copertina: Euro 0,60. È vietata la riproduzione anche parziale degli articoli senza autorizzazione. La responsabilità di quanto espresso negli articoli firmati è esclusivamente degli autori. Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 17397 del 26 settembre 1978. Iscrizione al R.O.C. n.10606/2004. ASSOCIAZIONE ITALIANA PODOLOGI PRESIDENTE Mauro Montesi VICEPRESIDENTI Arcangelo Marseglia Giovanni Pepè CONSIGLIO DIRETTIVO Giovanni Antonacci, Takis Capitini, Bruno Cordazzu, Marco Costantini, Antonio D’Amico, Erica Marini, Mauro Montesi, Arcangelo Marseglia, Linda Passaro, Giovanni Pepè, Enrico Bertoncelli (Rapp. Studenti) COLLEGIO DEI PROBIVIRI Isabella Bianco, Catia Filippi, Stefano Mella, Gerardo Russo, Luigi Ursida COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Fabio Bascherini, Carlo Bruziches, Amalia Carpinella, Antonietta Meloni, Susanna Pacifici COMUNICAZIONE E RAPPORTI ISTITUZIONALI Benedetto Leone INDIRIZZO SITO AIP www.associazionepodologi.it e-mail: [email protected] Editore Associazione Italiana Podologi Direzione e redazione Via E. Longoni, 81 - 00155 Roma Tel. 06/2282023, E-mail: [email protected] - Internet: www.associazionepodologi.it Impaginazione e stampa Eurolit, Roma - Tel. 06/2015137 Fax 06/2005251 In tipografia il 2 maggio 2008 Distribuzione Istituto Podologico Italiano associato all’Uspi (Unione Stampa Periodica Italiana) INSERZIONISTI SanaGens tel. (0422) 406160 - Valleverde Bimbi tel. (0541) 657601 Europodos tel. e fax (06) 2252353 - Valleverde tel. (0541) 657147 - QualiFarma tel. (0523) 803026 CORSO DI LAUREA IN PODOLOGIA 03 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 Al Governo chiediamo di valorizzare la podologia. Intanto il Ministero della Giustizia fa un po’ di pulizia… editoriale I n questi ultimi mesi abbiamo potuto vedere (e giudicare) i primi passi del nuovo Governo guidato dal Cav. Silvio Berlusconi. Molto attivismo e decisionismo in tanti settori, ma per ciò che riguarda la sanità sembra che l’esecutivo non voglia scoprire le proprie carte. Se appare chiaro che per fare fronte alla spesa sanitaria sempre più crescente, in base ai conti inviati al Ministero dell’economia dalle Regioni - che rimangono titolari della gestione dei servizi sanitari offerti - si dovrà necessariamente ricorrere al ticket, invece sul fronte dell’organizzazione, della qualità dell’offerta, degli standard minimi che dovrebbero essere garantiti ai tutti i cittadini italiani, dal Nord al Sud, il progetto della nuova Amministrazione non appare nitido come per altri ambiti importanti della vita sociale del paese. Per questo ci siamo permessi, dalle pagine di questa rivista, di rivolgersi direttamente al Governo per chiedere di intervenire in tempi rapidi su alcune questioni che riteniamo, come Associazione italiana podologi, importanti per assicurare agli italiani oggi, e nel prossimo futuro, un sistema sanitario in grado di rispondere alla loro domanda di salute e benessere. Crediamo che il clima politico che si sta vivendo nel nostro paese, a differenza del recente passato, possa permette il raggiungimento di risultati importanti, di concretizzare riforme che sono rimaste in gran parte, a distanza di anni, sulla carta. Ribadiamo, per esempio, che ci appare sempre più necessario modificare l’attuale profilo professionale del podologo in quanto oggi limita l’azione del professionista al trattamento, soltanto con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapici, di un numero circoscritto di patologie. È uno spreco di risorse nel contesto dell’organizzazione sanitaria e, soprattutto, alla luce della formazione universitaria prevista per l’accesso alla professione. Chiediamo che sia inserita l’attività podologica nei livelli essenziali di assistenza (LEA), almeno per i pazienti diabetici, per quelli a rischio amputazione o colpiti da patologie croniche. Ciò renderebbe gratuito il ricorso al podologo il quale, oggi, è a totale carico del paziente, tra cui tantissimi anziani. Così come ci sembra non più rinviabile l’istituzione degli Ordini e degli Albi per le professioni sanitarie, le quali rappresentano una garanzia per il cittadino che si affida alle cure di questi operatori. Si eliminerebbe il problema grave dell’abusivismo rendendo, allo stesso tempo, migliori le condizioni di svolgimento della professione. Altri punti qualificanti di questo programma sono l’inserimento degli ambulatori podologici negli ospedali più avanzati nella cura e assistenza di specifiche malattie, come il diabete, e la promozione dei servizi di medicina del territorio. Questo modello di assistenza, basata sulla forte collaborazione tra medici di famiglia, professionisti e specialisti, in cui il paziente è preso in carico dai vari operatori e seguito passo dopo passo nella sua cura è la strategia più efficace per evitare inutili ospedalizzazioni, eliminare sprechi economici e sviluppare una reale azione di prevenzione contro le complicanze invalidanti di alcune patologie. Infine, ma fondamentale per il futuro della categoria, assicurare un’adeguata qualità alla formazione universitaria delle nuove figure professionali, compresa quella del podologo. Occorre che gli Atenei garantiscano uno standard minimo dell’offerta formativa, in cui sia presente una buona preparazione teorica e pratica e in cui siano svolti, in centri specializzati, tirocini realmente abilitanti per l’esercizio della professione. Su tutto questo aspettiamo delle risposte. Insomma, fatti concreti e non parole. Intanto ci possiamo “accontentare” di uno degli ultimi provvedimenti che il governo guidato da Romano Prodi, ha varato prima di andare via. Nei prossimi mesi il Ministero della Giustizia, dopo la pubblicazione di un apposito decreto, procederà all’iscrizione, in uno specifico elenco, delle Associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni regolamentate per le quali non esistono Ordini, Albi e Collegi. Si tratta di un atto concreto verso l’individuazione, attraverso un rigoroso vaglio dei requisiti, di quelle Associazioni che difendono realmente i professionisti, le loro aspirazioni e i loro valori. Ovviamente l’Aip ha già inviato tutta la documentazione per l’iscrizione al registro. Insomma, è una buona notizia. Finalmente si ripulisce la “comunità” delle associazioni da gruppi di potere che operano a tutela dei propri interessi corporativi ed economici. I 05 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 sommario AIP Cosa chiediamo al nuovo Governo sui temi della sanità _______07 07 12 Exposanità: più attenzione alla qualità della formazione universitaria ___________________________09 A Bologna confronto su Europa e futuro delle professioni sanitarie _______________________11 PROFESSIONE La cartella clinica digitale: i vantaggi per la podologia ________12 Al via il riconoscimento delle Associazioni rappresentative delle nuove professioni ___________________13 NEL MONDO Grande soddisfazione per i lavori del XVI Congresso della FIP_____________________________15 15 22 MASS MEDIA Montesi: Dai podologi guerra alle amputazioni ______________17 AGENDA Notizie Aip __________________________________________21 FORMAZIONE Cresce la ricerca scientifica in podologia nei corsi universitari __________________________________22 SANITÀ Istituto Podologico Italiano: l’eccellenza come missione _______25 CONGRESSO AIP 2008 Il trattamento dell’ulcera infetta: passato, presente e futuro ____29 32 Dermopatie podaliche: ruolo della semeiotica e delle indagini strumentali _____________________________32 06 151maggiu08 ilPodologoinmedicina Il nuovo clima che sta accompagnando l’azione dell’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi può essere molto favorevole per tentare di realizzare tutte le riforme che fino ad oggi sono delle incompiute, dal nuovo assetto del SSN al riconoscimento del ruolo delle professioni sanitarie attraverso l’Ordine e gli Albi. AIP Mauro Montesi Cosa chiediamo al nuovo Governo sui temi della sanità no degli ultimi rapporti sullo “stato di salute” della sanità italiana, elaborato da una delle più importanti associazione di utenti e cittadini, ha analizzato con attenzione gli effetti di un federalismo mal gestito che ci consegna un servizio sanitario nazionale sempre più disomogeneo, con un’offerta differenziata da regione a regione, e che troppo spesso fa della burocrazia uno strumento per ridurre l’accesso dei cittadini. Come, purtroppo, accade spesso nel nostro paese, una riforma che doveva garantire maggiori diritti e servizi di qualità, nei fatti si è realizzata contro i cittadini. Invece di impegnarsi a rafforzare un modello di sanità nazionale se ne sono costruiti venti, fragili nella loro offerta di assistenza, ma molto “voraci” nel consumare soldi pubblici. Con il federalismo, però, emerge un’altro problema che è quello dell’eccessiva burocratizzazione, ovvero tutti gli intoppi amministrativi e di mala gestione che si accaniscono soprattutto sui malati cronici. Oggi si deve aspettare da uno a tre anni per il riconoscimento di invalidità civile e fino a 15 giorni per l’attivazione dell’assistenza domiciliare. Alla fine il cittadino tende a rinunciare o a pagare di tasca propria. E questo vale soprattutto per ciò che riguarda l’assistenza “fuori ospedale”, ossia la medicina territoriale che dovrebbe essere l’alternativa per spendere meno e che finisce, invece, per diventare ulteriore elemento di complicazione. Il quadro, così descritto dalla ricerca, non si modificherebbe di certo se venissero chiesti, a noi podologi, i dati e le informazioni che raccogliamo quotidianamente. I nostri studi professionali sono degli osservatori molto “sensibili”: apprendiamo dagli utenti cosa succede negli ospedali, nelle cliniche e nei centri specialistici; quali percorsi tortuosi sono costretti a fare molte volte i pazienti, affetti da malattie podaliche, che non ricevono le giuste informazioni. Siamo testimoni, insieme agli stessi cittadini, dell’inefficienza di un sistema sanitario eccessivamente centrato sull’ospedalizzazione. Un’organizzazione che utilizza male e poco le risorse sanitarie presenti sul territorio, a cominciare dai medici di famiglia e dai nuovi professionisti sanitari, e che non investe sulla prevenzione e sull’educazione alla salute. L’Associazione italiana podologi ha sempre difeso la filosofia che sta alla base del Sistema sanitario nazionale e che in questi trent’anni ha garantito a tutti gli italiani, ricchi o poveri, una buona assistenza medica ed ospedaliera. E vogliamo conti- Presidente Aip U Il Giuramento del Governo Berlusconi nuare a difendere questi principi che caratterizzano un sistema sanitario ritenuto, dalla comunità internazionale, il secondo a livello mondiale per qualità. Il nostro intento, dunque, è di rafforzare questo modello, chiedendo alla politica di fare delle scelte di fondo, razionalizzando la spesa sanitaria, attraverso la valorizzazione della medicina del territorio e il miglioramento dell’assistenza ospedaliera che, però, deve essere limitata solo ai casi in cui il ricovero è l’ultima e necessaria soluzione. Tutto questo, però, diventa una meta sempre più difficile da raggiungere alla luce dei tagli indiscriminati delle risorse per la salute dei cittadini, degli interessi corporativi e delle rendite di posizione di chi ha sempre vantato privilegi nel mondo della sanità. Ecco perché chiediamo al nuovo Governo, entrato in carica a maggio, di intervenire su alcune questioni che l’Associazione ritiene importanti per assicurare agli italiani oggi, e nel prossimo futuro, un sistema sanitario in grado di rispondere alla loro domanda di salute e benessere. Crediamo che il clima politico che si sta vivendo nel nostro paese, a differenza del recente passato, possa permette il raggiungimento di risultati importanti, di concretizzare riforme che sono rimaste in gran parte, a distanza di anni, sulla carta. Dunque, ci permettiamo di suggerire al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al Ministro per il Lavoro, Salute e Politiche sociali, Maurizio Sacconi, e al suo Sottosegretario di Stato, con delega alle questioni della sanità, Ferruccio Fazio, una piccola agenda politica per i prossimi cinque anni. Un vademecum di sei punti che, ne siamo convinti, se 07 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 AIP realizzati, potranno apportare, insieme ad altri interventi, quei miglioramenti alla qualità dell’assistenza sanitaria che i cittadini si aspettano, senza incidere sul bilancio dello Stato e, dunque, sulle tasche degli italiani. Il Ministro per il Lavoro, Salute e Politiche sociali, Maurizio Sacconi 1. Chiediamo al nuovo Governo di modificare il profilo professionale del podologo. Per la formazione universitaria che oggi è acquisita dai podologi italiani, limitare l’azione del professionista al trattamento con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapici, di patologie quali calli, unghie ipertrofiche, deformi e incarnite e, in generale, il piede doloroso, è uno spreco di risorse nel contesto dell’organizzazione sanitaria. Ampliando il raggio d’azione del podologo, prendendo come punto di riferimento l’esperienza spagnola, inglese ed americana, si potrebbero ottenere migliori risultati in termini di prevenzione delle complicanze che scaturiscono da patologie come il diabete. Si darebbe una risposta alla domanda di cura e salute del piede, che proviene da segmenti importanti della popolazione, come quella anziana, che oggi non trova una risposta adeguata nell’offerta del SSN. 2. Chiediamo al nuovo Governo di modificare i LEA, comprendendo tra i livelli essenziali di assistenza anche l’attività podologica, almeno per i pazienti diabetici, per quelli a rischio amputazione o colpiti da patologie croniche che impattano sulla salute dei piedi e sulla capacità di essere autonomi nel camminare. Ciò renderebbe gratuito per molti cittadini il ricorso alle cure del podologo, le quali sono oggi a totale carico del paziente. Crediamo fermamente che la qualità della vita per tantissimi italiani inizia proprio dai piedi, dalla possibilità di muoversi liberamente. Camminare, e questo noi lo vediamo ogni giorno, significa stare bene anche psicologicamente, perché permette l’autonomi e la socializzazione. 3. Chiediamo al nuovo Governo di introdurre l’Ordine delle professioni sanitarie e gli Albi collegati, così come è previsto dalla legge 1 febbraio 2006, n. 43. Pensiamo che il lavoro fatto fino ad oggi per la definizione del decreto legislativo che avrebbe dovuto istituire tali strumenti non debba essere sprecato. Ordini e Albi rappresentano una garanzia per il cittadino che si affida alle cure dei nuovi professionisti sanitari, togliendo di mezzo il problema grave dell’abusivismo e, allo stesso tempo, migliorano le condizioni di svolgimento della professione in un contesto lavorativo e formativo senz’altro più competitivo a livello europeo ed internazionale. Crediamo che vadano superate resistenze e corporativismi in nome di un sistema complessivo che tuteli il cittadino mettendo al centro, sempre, la sua salute. 4. Noi chiediamo al nuovo Governo che all’interno degli ospedali più avanzati sia presente un ambulatorio podologico o, comunque, sia prevista nelle dotazioni organiche delle Asl regionali la presenza di un podologo per ogni presidio ospedaliero. Un ospedale in cui non sono trascurati i traumi e le malattie del piede è un’organizzazione efficiente ed “intelligente” in quanto guarda ai reali bisogni di assistenza e cura di tanti cittadini ed evita inutili ospedalizzazioni attraverso un’attente e programata prevenzione. 5. Noi chiediamo al nuovo Governo che siano promossi in tutte le regioni modelli di medicina del territorio e servizi sanitari specifici per alcune patologie invalidanti, come il diabete, in cui sia coinvolta, a pieno titolo, la rete degli studi podologici. Dovranno essere convenzionati solo i centri che rispettino determinati requisiti e standard qualitativi rigidi ma, allo stesso tempo, pensiamo che sia non solo corretto, ma anche necessario per la salute dei pazienti, che i podologi siano messi in grado di svolgere il proprio ruolo per la prevenzione, assistenza e cura del piede, senza limiti imposti da chi pretende per i nuovi professionisti sanitari il ritorno alle funzioni “ausiliarie”. L’Aip darà il pieno appoggio ad una riforma del SSN che garantisca la centralità del paziente, la continuità assistenziale, il superamento della frammentazione e della sequenza prestazionale, e adotti la logica della presa in carico della persona. 6. Noi chiediamo al nuovo Governo di assicurare un’adeguata qualità per la formazione universitaria delle nuove figure professionali, compresa quella del podologo. I corsi devono garantire in tutti gli Atenei un modello omogeneo di formazione, con una preparazione teorica e pratica di livello universitario e tirocini realmente abilitanti per l’esercizio della professione. La qualità paga sempre, soprattutto nel campo della preparazione professionale dei giovani e nelle ricerca scientifica. Siamo consapevoli che gli obiettivi di questa agenda politica sono difficili da centrare. Le resistenze al cambiamento sono tante e diffuse in vari settori. Ma dobbiamo cogliere l’occasione che ci si presenta davanti: l’idea, ormai diffusa, che questo paese ha bisogno di riforme forti e profonde in tanti settori della vita sociale ed economica. Questo Governo, per i numeri e l’omogeneità della sua composizione, ha la possibilità di dare risposte concrete, in grado di liberare energie, che sono oggi imbrigliate dentro il sistema, per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria. L’Associazione italiana podologi, su queste basi, accetta la sfida del cambiamento ed è pronta a dare il proprio valore aggiunto. I 08 151maggiu08 ilPodologoinmedicina Al Forum della sanità organizzato a Bologna, il convegno tenuto dai vertici dell’Associazione sul tema della laurea in podologia ha riscosso grande interesse: Molti podologi sollevano il problema della disomogeneità tra i corsi universitari e i diversi livelli di preparazione alla professione. Si è discusso anche dell’assistenza e della prevenzione per il piede diabetico. AIP Benedetto Leone Responsabile comunicazione Aip Exposanità: più attenzione alla qualità della formazione universitaria “N on ci hanno insegnato quasi nulla di quello che dovevamo fare una volta laureati, ma solo ciò che non avremmo dovuto fare”. Una giovane neolaureata così si sfoga con i dirigenti dell’Associazione italiana podologi, subito dopo il convegno organizzato a Bologna lo scorso 31 maggio, in occasione di Exposanità. Apriamo questa cronaca dell’evento con lo sfogo della giovane podologa, a dimostrazione di come l’Aip abbia centrato il bersaglio scegliendo di porre al centro della giornata i problemi connessi alla formazione universitaria presso alcuni Atenei, ancora all’anno zero in termini di ricerca, di esperienza pratica, in una parola di insegnamento diretto alla professione. È da quando è stata istituita la laurea che la nostra Associazione ha saputo ben cogliere tutte le incongruenze e i limiti che si stavano verificando in molti corsi. Perché non sono integrati fra di loro? Perché quasi ovunque non si fa un tirocinio serio? Perché dal corpo insegnante sono praticamente esclusi i podologi? Queste ed altre sono le domande che vengono dagli stessi studenti, che sempre più spesso denunciano un malessere crescente, del quale abbiamo avuto un chiaro esempio nelle parole sopra riportate. Mauro Montesi “Ci insegnano a togliere i calli e poche altre nozioni; la preoccupazione maggiore nel corso dei tre anni sembra essere quella di precludere ai laureati in podologia un futuro che preveda la possibilità di svolgere diagnosi, cura e riabilitazione relative a patologie più serie e complesse”. 09 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 AIP E proprio di queste ha trattato Mauro Montesi, affrontando il tema del piede diabetico e sottolineando il contributo che può fornire il podologo, soprattutto in termini di prevenzione. “La nostra” ha detto Montesi “è una professione di grande rilievo che va sempre più affermandosi in Italia, tant’è vero che ha incassato grandi riconoscimenti anche da parte di Organizzazioni internazionali, come la Federazione internazionale podologi”. Montesi ha anche insistito sul ruolo del podologo, il quale può lavorare in maniera autonoma, anche se in integrazione con il medico di base e con lo specialista. Giovanni Pepé Quanto alla formazione universitaria ha riproposto ciò che da tempo l’Aip va sostenendo e, cioè, l’opportunità di scambi di studenti tra i vari corsi sul territorio; in pratica, degli stage dei ragazzi presso altre università. I partecipanti al Convegno hanno avuto modo di seguire il filmato prodotto dall’Istituto Podologico Italiano, in collaborazione con l’Aip, sulla professione di podologo; un filmato che ha riscosso unanime consenso per la capacità di far capire la professione innanzitutto alla gente, ma anche ai medici e agli specialisti, oltre che alle Istituzioni centrali e locali. In pratica, si può dire che è stato tracciato un ritratto a tutto tondo della professione, tenuto conto anche delle interessantissime relazioni dei vicepresidenti Giovanni Pepè e Arcangelo Marseglia, nonché del Prof. Marco Cavallini. Gianni Pepé, utilizzando come base un lavoro di Antonio D’Amico, ha valorizzato quella che può essere definita la storia della professione, dai primi “interventi” del 1700 fino ai successi odierni. Arcangelo Marseglia ha ripreso il tema della formazione soffermandosi sul progetto Erasmo e sulle opportunità che offre ai fini di affinare le proprie conoscenze e la propria abilità professionale. Marco Cavallini, che, come è noto, è il Presidente del corso di laurea de “La Sapienza” di Roma, ha completato il quadro relativo alla formazione sviluppando un’interessante relazione sul “Master del piede diabetico”, di cui è Direttore, e giunto ormai alla quarta edizione. “La partecipazione al Master” ha detto Cavallini “sta ha dimostrare come il podologo sia ormai maturo per assistere il paziente diabetico sia nella fase della prevenzione, che in quella della cura e riabilitazione”. Cavallini ha anche dimostrato come la cura delle ulcere da parte del podologo abbia dato risultati di grande efficacia, soprattutto per ridurre il numero delle amputazioni maggiori e minori e quindi dei ricoveri ospedalieri. È facile, in definitiva, comprendere lo sfogo della podologa neolaureata. Nel corso del Convegno di Bologna ha potuto confrontare la figura del podologo illustrata dai dirigenti Aip con la situazione sua e di tanti suoi colleghi. Ha potuto, cioè, rendersi conto come il corso da lei frequentato per conseguire la laurea sia assolutamente inadeguato rispetto al ruolo che nella Sanità italiana la podologia sta sempre più assumendo. “Ora comincio a imparare qualcosa in più che non togliere i calli” ci ha detto la giovane podologa “ora che sto facendo esperienza in uno studio il cui titolare dimostra grande professionalità, probabilmente anche perché è stato più fortunato di me negli anni della formazione universitaria”. Non occorre aggiungere altro! I 10 151maggiu08 ilPodologoinmedicina All’Exposanità l’Associazione ha partecipato al convegno dove l’ospite d’onore e autore sulla direttiva 36 del 2005, l’onorevole Stefano Zappalà, parlamentare a Strasburgo, ha illustrato i principi ispiratori della norma che ha l’obiettivo di dare pieno riconoscimento nell’Unione europea ai professionisti sanitari. A Bologna confronto su Europa e futuro delle professioni sanitarie ella cornice dell’Exposanità, svolto a Bologna, l’Associazione italiana podologi è intervenuta con una sua delegazione alle riunioni e agli eventi di maggiore importanza per il futuro dei professionisti sanitari. In tale contesto, tra gli incontri più rilevanti, l’Aip non è mancata al convegno nel quale era presente l’onorevole Stefano Zappalà, parlamentare europeo, protagonista del processo di integrazione normativa ed operativa tra i professionisti dei ventisette paesi dell’Unione Europea, soprattutto attraverso l’introduzione della Direttiva 2005/36/CE, nota, appunto, come “Direttiva Zappalà”. Hanno partecipato all’evento parlamentari nazionali di maggioranza e di opposizione, interessati alle tematiche sanitarie, e funzionari del Ministero della Salute, anch’essi autori dei processi di evoluzione della normativa tuttora, però, non completati. Dal dibattito è emersa la volontà dei politici di venire incontro alle esigenze di autogoverno, di vigilanza e di tutela manifestate dalle professioni sanitarie. In questo quadro, i vari interventi hanno dato atto della specificità dell’attività curativa, che rende comprensibili apposite limitazioni, ad esempio in campo pubblicitario. Cosicché, parlare di “liberalizzazioni” nella materia della salute è stato unanimemente giudicato del tutto fuori luogo, considerato che si tratta di un delicato settore in cui la persona si trova obiettivamente esposta a inferiorità e rischi di danno. Se ne è tratta l’ulteriore considerazione secondo cui la Legge n. 43 del 2006 non ha perso efficacia, ma continua a imporre allo Stato di istituire organismi di gestione delle professioni in conformità ai principi di autonomia e di responsabilità. Ciascun relatore ha chiaramente indicato nella protezione dei cittadini il fine delle norme esistenti e di quelle future in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Perciò, anche le “piattaforme comuni” europee delle singole figure professionali sono dirette, sì, a dare chiarezza e uniformità dei profili a livello continentale, ma, in definitiva, intendono assicurare standard qualitativi su tutto il territorio europeo, ragguagliati alle soglie più alte di sviluppo sin qui riscontrate nei diversi Paesi. AIP Marco Croce Legale AIP N L’obiettivo della disciplina comunitaria sopra richiamata è, dunque, quello di consentire a ciascun professionista dei ventisette paesi dell’Unione di esercitare l’attività professionale liberamente nel territorio dell’uno o dell’altro Stato, purché in possesso di titolo abilitante validamente rilasciato da un’Autorità nazionale e, ove occorra, dopo avere conseguito una preparazione aggiuntiva richiesta dal singolo Stato di residenza come “misura compensativa” necessaria per elevarsi fino al livello formativo dei professionisti operanti in quella stessa nazione. È stato osservato che non si è conseguito, a tutt’oggi, un metodo ottimale di cooperazione tra gli Stati dell’Unione europea in tema di vaglio dei titoli riconoscibili ai fini dell’esercizio della professione: le questioni, nella loro concretezza, presentano, in effetti, aspetti problematici che derivano dalla grande estensione del territorio dell’Unione e dall’eterogeneità degli ordinamenti, pure in campo sanitario. Il lavoro da fare è, quindi, ingente, ma la dedizione di ognuno alla propria attività professionale, svolta con serietà e passione, rappresenta la migliore garanzia della raggiungibilità della meta, in particolare una sanità efficiente ed efficace su tutto il territorio continentale ed oltre. I 11 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 professione Il documento che raccoglie dati sullo stato di salute e sulle particolari patologie del paziente si trasforma grazie all’innovazione tecnologica. Digitalizzata diviene uno strumento per migliorare l’attività del professionista, ma è determinante anche per la qualità dell’offerta sanitaria. Giuseppe Raffa coordinatore editoriale La cartella clinica digitale: i vantaggi per la podologia a cartella clinica informatizzata è divenuta uno strumento indispensabile di lavoro per i medici di medicina generale e gli specialisti, ma si sta diffondendo sempre più rapidamente anche nelle strutture ospedaliere. Ciò si spiega con le possibilità che offre: - avere a disposizione in tempo reale i dati anamnestici e le terapie in corso; - fornire con una certa rapidità ricette, moduli o documenti utili al pazienti; - seguire nel tempo le patologie e partecipare ad indagini epidemiologiche, così com’è previsto dagli accordi in alcune regioni italiane. La cartella clinica è un documento che si caratterizza fortemente a secondo l’ambito di utilizzo. Così, per esempio, in ospedale è opportuno che si focalizzi l’attenzione sugli eventi prossimi che portano a un certo iter diagnostico verso una determinata patologia, mentre nell’ambito degli studi podologici la cartella clinica è necessaria per raccogliere dati sulla specifica malattia podalica per cui è stata richiesta la visita, ma deve anche essere utilizzata per distinguere fra problemi attivi, per i quali deve ancora essere trovata una soluzione, e problemi inattivi, ovvero già risolti. La cartella clinica in Italia non è considerata di proprietà del Sistema sanitario nazionale, come per esempio in Gran Bretagna, ma del professionista sanitario. Questo ha, ovviamente, facoltà di trasmetterla a specialisti, medici di famiglia e strutture ospedaliere coinvolti nella cura del paziente. In genere non viene lasciata al paziente per evitare dimenticanze, smarrimenti, incongrue consultazioni, mentre è buona norma lasciare al paziente gli originali degli esami e delle visite specialistiche affinché possano servire in caso di emergenza come fonte di dati per i medici. Le cartelle devono essere riviste periodicamente e ripulite di tutti quei dati che possono essere divenuti superflui per la lettura della cartella. L L’innovazione tecnologica, su questo fronte, offre grandi vantaggi e non solo per il lavoro di medici e professionisti sanitari. La cartella clinica informatizzata permette la gestione facile e rapida delle informazioni anagrafiche, amministrative, fiscali e, ovviamente, cliniche, del paziente. Ma consente anche di disporre di diagnosi assistite (i cosiddetti percorsi diagnostici), di richiamare i controlli da eseguire su pazienti affetti da una determinata patologia, di collegarsi in rete con medici e altri professionisti, di avere in tempo reale informazioni sulle interazioni fra determinati farmaci, effetti collaterali dei farmaci stessi, il loro utilizzo in particolari situazioni. Dal punto di vista del Sistema sanitario nazionale, l’interesse è di promuovere l’utilizzo di questo strumento in quanto permette il collegamento del professionista con le ASL e consente di condurre indagini epidemiologiche molto precise su scala nazionale. Per questo il progetto più ambizioso vede la realizzazione di una rete nazionale costituita da medici, specialisti, ospedali e professionisti sanitari. Una delle difficoltà che ostacola la realizzazione del progetto è anche lo scarso utilizzo che fanno i medici del computer nella gestione del documento. Infatti, ad oggi, si conta che solo il 10% di essi utilizza nella piena funzionalità la cartella clinica informatica. E questo può avere una sua giustificazione nell’inadeguatezza di software scelti in base a ciò che offriva il mercato e, dunque, poco inidonei a soddisfare tutte le esigenze del professionista. I podologi, da questo punto di vista, hanno fatto una scelta strategica importante. Hanno stabilito, grazie alle linee dettate dall’Associazione italiana podologi, di costruire, con un progetto di medio lungo periodo, un prodotto basato sulle specifiche esigenze degli studi podologici, rifiutando soluzione già pronte, ma disegnate sul lavoro di altre categorie professionali della sanità. Grazie alla partnership tecnica con la società AKOS, i podologi possono contare su un software che ha già tutte le funzionalità indispensabili per la propria attività e per la gestione delle informazioni epidemiologiche da fornire al SSN. Dunque, c’è l’occasione di dimostrare che sul terreno dell’innovazione e dello sviluppo delle nuove tecnologie nel campo dell’assistenza e delle cura della salute la podologia è un alleato pronto e affidabile per la sanità pubblica. I 12 151maggiu08 ilPodologoinmedicina Il Decreto del Ministero della Giustizia del 28 aprile scorso apre alla “certificazione” delle Associazioni di professionisti non iscritti ad alcun Ordine, Albo o Collegio. Le strutture potranno iscriversi in un Registro tenuto dal Dicastero, il quale verificherà i requisiti organizzativi e di rappresentatività nazionale che dovranno sussistere da almeno 4 anni. Al via il riconoscimento delle Associazioni rappresentative delle nuove professioni o scorso 26 maggio, nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, è stato pubblicato il Decreto del Ministro della Giustizia, emanato di concerto con il Ministro per le Politiche europee, che regola il procedimento per l’iscrizione delle Associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni regolamentate per le quali non esistono Ordini, Albi e Collegi, nell’elenco tenuto dallo stesso Ministero della Giustizia. Si tratta di un provvedimento a carattere generale che interessa tutti gli Enti operanti in ogni settore dell’Associazionismo del nostro paese che abbiano l’ambizione di rappresentare a livello nazionale, coloro che esercitano una professione riconosciuta al di fuori di una disciplina ordinistica. A parere dello scrivente, si tratta di un atto concreto verso l’individuazione delle Associazioni realmente rappresentative dei professionisti, delle loro aspirazioni, dei loro valori e non di quelli di determinati gruppi di potere che localmente operano per la tutela di interessi corporativi. Infatti, il provvedimento individua, con semplicità ma anche con rigore, i requisiti che la singola Associazione deve possedere per essere annotata nell’apposito registro ministeriale. Alcuni di queste prerogative sono di carattere meramente burocratico come la costituzione per atto pubblico o che gli atti dell’Associazione siano tenuti con trasparenza e abbiano la massima diffusione tra i soci. Ma le più significative vanno nella direzione, da sempre auspicata da questa Associazione, dell’autentica tutela della specifica attività svolta dai professionisti e dell’utenza che di questa professionalità usufruisce. Viene richiesta alle strutture interessate di dimostrare la democraticità dei propri asseti istituzionali interni, degli atti deliberati dagli organi sociali e, in particolare, di prevenire situazioni di conflitto di interessi o incompatibilità. Inoltre, le Associazioni dovranno dimostrare di possedere una struttura presente sul territorio nazionale e che la stessa abbia le capacità operative di supportare le finalità previste dallo statuto, in un rigoroso regime di assenza di scopo di lucro. Soprattutto l’aspetto di salvaguardia della professione viene espletato richiedendo l’obbligo di aggiornamento costante degli esercenti e l’adozione di un codice deontologico con la previsione di adeguate sanzioni da parte degli inosservanti . L professione Mauro Montesi Presidente Aip Da ultimo è significativo osservare che i requisiti più importanti devono essere posseduti dalle Associazioni da “almeno quattro anni”. Dunque, le Associazioni ”appari e fuggi”, appositamente costituite al momento per fregiarsi della rappresentanza nazio- nale di una professione, avranno, finalmente, vita difficile. Nel nostro mondo, nel mondo della salute e della sanità, questo provvedimento avrà delle ripercussioni su tutta una serie di adempimenti che le Amministrazioni dello Stato pongono in essere proprio in virtù della rappresentanza su base nazionale delle Associazioni delle professioni sanitarie. In questo momento, al riguardo, è ancora vigente il Decreto del Ministro della Salute del 19 giugno 2006 che, alla luce della nuova regolamentazione, dovrebbe essere superato in quanto le Associazioni delle professioni sanitarie per le quali non è stato costituito un Ordine, Albo o Collegio rientrano a pieno nella casistica disciplinata. Dunque, per le consultazioni periodiche effettuate dal Ministero della Salute per i fabbisogni annuali dovranno essere convocate unicamente quelle iscritte all’elenco previsto dal Decreto del 28 aprile 2008. Così come non potranno più essere richiesti i rappresentanti da collocare in seno alle Commissioni di laurea alle Associazioni equivoche o non iscritte. 13 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 professione Ma, soprattutto, dovrebbe essere scongiurato il mercato della credibilità messo in piedi da soggetti che poco hanno a che fare con la salute del cittadino, ma che raggirandolo nel momento in cui è più debole (ossia durante la malattia) riescono a trarne un indebito profitto, squalificando tutta la categoria dei professionisti sanitari. È, purtroppo, di questi giorni l’ennesima brutta storia di mercimonio in sanità perpetrato addirittura in una struttura sanitaria di degenza chirurgica a Milano. Falsi ricoveri, operazioni inutili, rimborsi gonfiati. Appare evidente che il mondo della sanità e chi pretende di esercitare la professione in questo mondo debba avere le carte in regola e debba operare secondo un codice deontologico rigido, che preveda anche sanzioni dure per chi vuole arricchirsi truffando lo Stato e il cittadino. Non sarà risolutiva del gigantesco problema della malasanità italiana, ma l’emanazione del Decreto del Ministero di Giustizia può essere un primo passo per dare alle Associazioni professionali una veste di legalità e controllo che deve essere il primo gradino per l’istituzione degli Ordini e degli Albi per tutte le professioni sanitarie. I La scheda È il secondo pilastro delle organizzazioni professionali ossiamo definirla, come è stato scritto da più parti, come una “patente” che, in pratica, fa emergere giuridicamente le associazioni dei professionisti che in Italia non sono regolamentati da Ordini, Albi e Collegi. Insomma, è l’anticamera dell’Ordine delle professioni sanitarie ma, già da oggi, rappresenta il secondo pilastro delle organizzazioni professionali italiane. Il Decreto del Ministero della Giustizia del 28 aprile scorso, e pubblicato successivamente sulla Gazzetta Ufficiale il 26 maggio, fissa il perimetro applicativo di diritti, doveri e requisiti richiesti alle associazioni delle professioni non regolamentate per la rappresentanza in chiave europea. L’obiettivo, infatti, è di far partecipare questi soggetti alle piattaforme comuni da discutere su scala europea. Dando corpo all’articolo 26 del Decreto Legislativo n. 206 del 2007, il quale ha recepito la Direttiva europea sulle qualifiche professionali, l’amministrazione pubblica dà alle associazioni, che devono prevedere “la tutela della specifica attività svolta dai professionisti o esercenti arti e mestieri”, la possibilità di iscriversi in un Registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Le stesse associazioni saranno sottoposte a verifica dei requisiti dal punto di vista della struttura organizzativa e della rappresentatività nazionale, che dovrà esistere da almeno quattro anni. Le associazioni non potranno rilasciare agli iscritti un attestato di competenza, ma dovranno comunque prevedere “l’obbligo all’aggiornamento professionale costante” e dovranno definire “strumenti idonei ad accertare l’effettivo assolvimento di tale obbligo”. Un regola che non possono vantare neppure gli Ordini professionali esistenti nel nostro ordinamento. P La domanda di inserimento nell’elenco del ministero va inoltrata al Dipartimento per gli Affari di giustizia ed entro centoventi giorni dalla ricezione, la Direzione ne verifica la sussistenza e richiede al Cnel il proprio parere. Almeno venti giorni prima della scadenza dei quattro mesi in cui deve essere data notizia sull’esito del procedimento, il ministero può richiedere informazioni aggiuntive, le quali devono essere fornite entro tre settimane dalla richiesta. Una volta “incluse” nel Registro, le associazioni verranno sottoposte a verifica ministeriale triennale. Il provvedimento di diniego, la cancellazione e la revoca sono adottati dal ministero della Giustizia con un apposito decreto. Contro il provvedimento si erano già espressi molti Ordini professionali che hanno bollato questa iniziativa, una delle ultime del Governo Prodi, come “un indebito presupposto giuridico per l’equiparazione tra Ordini e Associazioni”. “Con la pubblicazione del decreto attuativo sulla G.U. - ha dichiarato Pierluigi Mantini, deputato del Partiti democratico e componente della Commissione Giustizia della Camera - è ormai ufficiale la procedura di riconoscimento delle associazioni professionali in Italia. È una parte importante delle politiche del lavoro, attuata per iniziativa delle forze del PD nella scorsa legislatura, perché esistono molti nuovi profili professionali nei campi dell’economia della conoscenza e dei servizi, che meritano di essere riconosciuti e responsabilizzati dinanzi al mercato e alla società”. “Questo provvedimento - afferma Giuseppe Lupoi, Coordinatore nazionale del Colap, la Confederazione delle associazioni professionali - non è soltanto un passo importante per il nostro paese ma un esempio per l’Europa che dimostra la volontà di rendere davvero possibile la libera circolazione delle persone nei vari Stati europei, avviando il processo di regolamentazione delle associazioni e riconoscendo il loro ruolo ed il loro peso all’interno del sistema professionale”. I Giuseppe Raffa 14 151maggiu08 ilPodologoinmedicina Si è celebrato a Roma, lo scorso 9 e 10 maggio, l’Assemblea generale della Federazione Internazionale dei podologi. Affrontati i temi dell’evoluzione della professione e degli standard qualitativi della formazione podologica in Europa. Grande soddisfazione per i lavori del XVI Congresso della Fip nel mondo Yvonne Bilancia Segreteria Aip l 9 e 10 Maggio scorsi si è tenuto a Roma il XVI Congresso della Federazione Internazionale dei podologi (Fip) presso le sale convegni dell’Hotel Crowne Plaza, già sede ad aprile del XXIII Congresso nazionale organizzato dall’Aip. Sono intervenuti i maggiori esponenti della podologia europea, ma erano anche presenti numerosi rappresentanti di case farmaceutiche ed esperti del settore. I temi fondamentali di questo congresso sono stati: - L’evolversi della Podologia nel mondo - L’Italia come esempio di evoluzione della podologia - La costruzione di una piattaforma comune di studi e formazione I Purtroppo non in tutti i paesi la podologia è ben conosciuta, o meglio in alcuni paesi la parola “podologia” non esiste e si ricorre spesso all’appellativo di “callista”, come avviene in Portogallo. Lo scopo di questo congresso era quello di invogliare i rappresentanti di alcuni paesi membri ad introdurre la podologia nei loro sistemi sanitari e di diffondere la figura del podologo come specialista del piede. Solamente in alcuni Stati, quali l’Italia, la Spagna e la Francia il podologo è ben conosciuto ed affermato. Il contributo dell’Italia e del presidente dell’Associazione italiana podologi, Mauro Montesi, in questo congresso è stato quello di dimostrare come con la volontà si possono raggiungere determinati traguardi. Durante il congresso è stato proiettato il video promozionale realizzato dall’Istituto Podologico Italiano in collaborazione con l’Aip, il quale ha mostrato come viene svolta l’attività del podologo all’interno di un ambulatorio e l’attività pratica di tirocinio da parte dei studenti universitari. L’intento è stato quello di rivolgersi ad un pubblico costituito da alcuni rappresentanti dei paesi che compongono la Federazione internazionale che non conoscono ancora bene l’attività del podologo italiano. Ma il filmato contiene anche dei riferimenti tecnici che rendono questo strumento di comunicazione utile per diffondere meglio il profilo della professione tra specialisti e manager delle più importanti case farmaceutiche. 15 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 nel mondo È stato un contributo notevole che ha lasciato sorpresi molti rappresentanti internazionali che spesso hanno sottovalutato la figura del podologo italiano. In questo, quindi, il nostro paese può presentarsi come un esempio di evoluzione dal quale tutti dovrebbero prendere spunto, come ha affermato Serge Coimbra, presidente del Comitato delle professioni podologiche dell’Unione Europea. Un altro tema trattato, nella prima giornata del congresso dedicata all’assemblea della CLPUE è quello dell’introduzione, da parte dei paesi membri, di una “piattaforma comune” di studi in modo che il podologo, una volta laureato, possa svolgere la propria professione anche al di fuori dei confini del proprio paese. Purtroppo per il momento questo obiettivo rimane solamente un’idea, in quanto non in tutti i paesi è previsto il corso di laurea accademico, o quando è istituito ha una durata annuale o biennale e, dunque, non riconosciuto nei sistemi sanitari più evoluti. Lo scopo di questa piattaforma è di alzare il livello della preparazione professionale e di permettere a breve o medio termine la pratica della chirurgia del piede nei paesi che presenteranno una formazione iniziale continua, adeguata e di qualità. Alcuni paesi sono già arrivati a questo standard e, sicuramente, l’Italia sarà uno di quei paesi che potrà raggiungere questo obiettivo in quanto fornisce già ampie garanzie di qualità della formazione. In sostanza per praticare una buona podologia bisogna avere una buona formazione universitaria. E il livello della preparazione in Italia è esemplare dal punto di vista degli standard europei, poiché risponde ai requisiti necessari, ovvero quello del diploma di scuola superiore e dei successivi tre anni universitari, così come richiesto dalla Direttiva di riconoscimento delle qualificazione per praticare la professione nei paesi dell’Unione Europea. L’obiettivo della Podoiatria, dunque, è un po’ più vicino. I 16 151maggiu08 ilPodologoinmedicina mass media Riportiamo integralmente l’articolo, a firma del presidente dell’Associazione, pubblicato sul numero 17, del 5 maggio 2008, del settimanale “Sanità 24 Ore”. Montesi: Dai podologi guerra alle amputazioni l 25% dei pazienti diabetici soffre della complicanza del piede diabetico e il 15% è affetta da ulcere. La complicanza espone a rischi di amputazioni, che nel 2005, secondo i dati del Ministero della Salute, ammontavano in Italia a ben 7.082 con 141.249 giornate di degenza per una degenza media di 19,9 giornate. Queste le cifre al centro della tavola rotonda «La medicina del territorio: il contributo della podologia nella prevenzione, diagnosi e cura delle patologie podaliche nel paziente diabetico», che si è svolta nella seconda giornata del XXIII Congresso nazionale di podologia, tenutosi a Roma dall’11 al 13 aprile scorso. L’Associazione italiana podologi ha da tempo messo a punto un progetto presentato nelle apposite commissioni del Ministero della Salute e della Regione Lazio, di cui faceva parte. L’obiettivo è ridurre il numero delle amputazioni ricorrendo all’intervento del podologo sia in fase di prevenzione che di cura, educazione e riabilitazione. Il progetto prevede alcuni passaggi chiave. Il primo riguarda un più accentuato ricorso alla medicina del territorio: occorre che gli studi podologici vengano accreditati, affinché i malati di diabete 2 vi facciano ricorso almeno per una valutazione annuale che consenta l’identificazione dei soggetti a rischio. Debbono essere accreditati solo gli ambulatori che presentano gli standard di qualità stabiliti dai Ministero della Salute. Anche presso i Centri di diabetologia va attivato un ambulatorio podologico; attualmente, infatti, su tutto il territorio nazionale non si superano le cinque unità. Il secondo concerne l’individuazione di misure adeguate per attivare la collaborazione tra il podologo, il medico di medicina generale e lo specialista diabetologo. È raro, infatti, che il medico proceda all’esame del piede e ancor più che consigli la visita podologica. Il terzo punto prevede l’inserimento a pieno titolo della figura dei podologo nei team diabetologici. Il quarto, infine, propone di inserire nei Lea alcune prestazioni per la prevenzione e cura della complicanza, che dovranno essere erogate sola negli ambulatori accreditati. La realizzazione di questa strategia dovrebbe assicurare una forte riduzione del numero delle amputazioni. Uno studio americano ha rilevato una riduzione del 60% delle am- I Mauro Montesi Presidente Aip putazioni a seguito del trattamento del podoiatra. Tra l’altro il progetta dell’Aip può essere realizzato a costo zero se si tiene conto dei notevoli risparmi che il Ssn realizzerebbe con la riduzione delle amputazioni e, quindi, delle giornate di degenza che comportano costi intorno ai 70 milioni di euro, comprese le spese di riabilitazione e le protesi. Occorre, quindi, rivedere l’attuale strategia di assistenza, che attualmente prevede, innanzitutto, il ricovero, e puntare con decisione sulla medicina del territorio. Per convincersene basta leggere la tabella: negli ultimi tre anni siamo in presenza di un trend in aumento che, se pur contenuto, non può non preoccupare. Tabella 1- Amputazioni di arti inferiori Anno 2005 Anno 2004 Anno 2003 Variazione 2005-2003 numero dimessi giorni degenza 7.802 6.973 6.725 + 357 141.249 138.341 138.133 + 3.166 Quanto all’anno 2005, i dati dei ministero stanno a dimostrare la pressante esigenza che vengano urgentemente adottate strategie di cura e, soprattutto, di prevenzione. Il ruolo che l’Aip propone per i podologi, in stretta integrazione con i medici di base e i diabetologi, si basa non solo sugli studi previsti per il corso di laurea, ma anche sul Master post-laurea sul piede diabetico, organizzato dalla Seconda facoltà di Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, in collaborazione con l’Aip e giunto, ormai, alla sua quarta edizione. I risultati positivi autorizzano a riconsiderare il ruolo dei podologi nella prevenzione e cura del piede diabetico. Oltre ai quattro punti indicati sopra, i podologi rivendicano un provvedimento istituzionale che risulterebbe determinante: la modifica del profilo professionale, risalente al lontano 1994, non più in linea con la formazione universitaria del podologo e assolutamente non integrato con quello attualmente vigente in altri Paesi europei più avanzati. I 17 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 agenda Notizie AIP Workshop sulla terapia del dolore nell’attività podologica Istituto Podologico Italiano - Gruppo Health Care Italia, in collaborazione con l’Aip, ha in programma nei prossimi mesi lo svolgimento di una serie di workshop e seminari scientifici su tematiche inerenti le attività assistenziali, le tecniche terapeutiche e l’uso di strumenti innovativi nell’ambito della professione podologica. Il progetto mira ad arricchire le competenze dei podologi su aspetti specifici dell’attività professionale in cui è ancora debole, nel nostro paese, l’offerta formativa universitaria. I corsi, che verranno svolti presso il Polo formativo “Health Care Italia” di via Longoni, 81, a Roma, verranno attivati a partire dal mese di luglio e si protrarranno fino alla fine dell’anno. Il primo appuntamento è per il 5 luglio, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, con un workshop sul tema “La Terapia del dolore nell’attività podologica”. Diretto dal Prof. Gilberto Grossi, neurochirurgo del Policlinico Casilino di Roma, da anni impegnato nello studio della terapia del dolore, il workshop affronterà una tematica oggi di grande rilevanza ed attualità per l’attività del podologo. L’approfondimento delle più recenti tecniche e ricerche sulla terapia del dolore costituisce uno “strumento” fondamentale alla sua attività professionale. I L’ Scuola di Manaoag: gli studenti del primo anno raccolgono fondi ello scorso numero della rivista abbiamo dato notizia in merito alla costruzione della scuola infermieristica di Manaoag, nelle Filippine, per iniziativa dell’Ordine dei Camilliani. Un progetto a cui l’Associazione italiana podologi ha dato un forte contributo attraverso una raccolta di fondi svolta tra gli iscritti e che è stata pubblicamente apprezzata da Padre Luigi Galvani, responsabile dell’iniziativa nelle Filippine. Tanto che proprio all’Aip è stata dedicata una delle aule della scuola. A rafforzare questa campagna ci hanno pensato anche gli studenti del primo anno del corso di laurea de “La Sapienza”, i quali si sono attivati tra loro per raccogliere un piccolo fondo, circa 100 euro, devoluto attraverso il conto corrente postale n.00346007 intestato al Segretario Missioni Camilliane. A tutti questi ragazzi, che a fronte dei grandi sacrifici che affrontano per conseguire una laurea, hanno dimostrato grande sensibilità e un forte spirito solidale, vanno i complimenti del Presidente e del Direttivo dell’Aip! I N Buono il bilancio del “Mese della prevenzione mondiale per la salute del piede” 2008 maggio si è celebrato il “Mese della prevenzione per la salute del piede” e, in Italia, l’Aip si è attivata per dare massima visibilità all’evento curato a livello mondiale dalla Federazione internazionale dei podologi. Infatti, come già annunciato, l’Associazione ha fatto svolgere lo scorso 22 maggio, negli studi che hanno aderito all’iniziativa, la giornata italiana della prevenzione per la salute del piede nella quale tutti i cittadini, grazie ad una semplice prenotazione telefonica, potevano usufruire di una visita di controllo completamente gratuita. Si può tracciare un bilancio che può essere considerato positivo, soprattutto nell’ottica di migliorare l’evento del prossimo anno. Oltre a pubblicizzare la giornata sul sito dell’Aip, è stata attivata una campagna di informazione ai mass media attraverso l’Ufficio stampa che ha coinvolto, oltre ai principali quotidiani, le agenzie di stampa ed i periodici specializzati. L’iniziativa ha confermato la sua validità finalizzata ad accrescere nell’opinione pubblica la conoscenza della podologia e, soprattutto, delle opportunità che essa offre in termini di prevenzione, riabilitazione e cura. L’Associazione, per il prossimo anno, si attiverà per coinvolgere maggiormente i quotidiani locali e sensibilizzare i medici di famiglia, le ASL e i reparti ospedalieri in cui sono presenti gruppi multidisciplinari dove sono attivi dei podologi. I A Fiori d’Arancio per il collega Antonacci o scorso 29 maggio il nostro collega e componente del Direttivo, Giovanni Antonacci, è convolato a nozze. A lui e alla sposa, Marina, vanno da parte della Presidenza, del Direttivo Aip e della redazione della rivista le felicitazioni e gli auguri vivissimi di un radioso futuro insieme. I L 21 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 formazione Giuseppe Raffa coordinatore editoriale In occasione del V Congresso di podologia medica, curato dal prof. Luigi Uccioli e svolto lo scorso giugno a Monteporzio Catone, con il patrocinio dell’Università di Tor Vergata, è stata organizzata una giornata di confronto tra le migliori tesi di laurea dei corsi universitari in podologia. Ne viene fuori un quadro molto confortante sulle capacità di alcune realtà italiane di condurre studi scientifici seri ed innovativi. Cresce la ricerca scientifica in podologia nei corsi universitari ome da tradizione il Congresso di podologia medica organizzato dal prof. Luigi Uccioli, e giunto alla sua quinta edizione, è stato centrato sul percorso clinico, diagnostico e terapeutico del podologo nell’ambito del piede diabetico. L’evento quest’anno, con il patrocinio dell’Università e del Policlinico di Tor Vergata insieme all’Associazione medici diabetologi e alla Società italiana di diabetologia, si è svolto in tre giorni di lavoro e studio intensi, dal 19 al 21 giugno, nelle suggestive aule di Villa Mondragone, a Monte Porzio Catone, nella cornice dei Castelli romani. C L’appuntamento si è aperto, però, già giorno 18 con la presentazione presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio, del libro di Uccioli, “Il piede diabetico: fisiopatologia clinica e terapia”, edito dalla Società Editrice Universo. Sia l’illustrazione del nuovo lavoro del professore Uccioli, sia le prime due giornate del Congresso sono state l’occasione per approfondire gran parte degli aspetti legati all’attività di cura e prevenzione per il piede diabetico. Si sono affrontati, per esempio, temi come la comorbilità, cioè la coesistenza di più malattie fra loro non correlate in uno stesso paziente diabetico, la nutrizione, i fattori di rischio e la depressione, oltre agli argomenti che tradizionalmente trovano ospitalità in un convegno medico dedicato al piede diabetico. Non è stata tralasciata neppure la questione legata alla definizione ottimale dell’equipe medico-podologo-infermiere per la cura e l’assistenza del piede diabetico, discussione a cui hanno partecipato tra gli altri la dr.ssa Cristiana Vermigli, dell’Università di Perugina, e il prof. Alberto Piaggesi, dell’Università di Pisa. In questa cronaca, però, abbiamo voluto dedicare grande attenzione alla terza ed ultima giornata dell’evento, riservata ad una sorta di confronto tra le migliori tesi di laurea discusse nell’ultimo anno nei corsi universitari in podologia degli Atenei italiani. È stata un’occasione per avere una panoramica abbastanza indicativa della qualità delle attività formative e scientifiche che hanno animato la vita dei corsi di laurea e, soprattutto, per fare un confronto con il passato. Da questo punto di vista non si può non essere d’accordo con il prof. Uccioli, il quale ha dichiarato alla fine della sessione che rispetto al 2001, anno in cui si sono discusse le prime tesi di laurea in podologia nelle università italiane, di strada ne è stata fatta. “C’è un abisso – ha detto il presidente del Comitato organizzativo del Congresso - tra quelle tesine e queste che sono state presentate oggi. I podologi italiani sono cresciti dal punto di vista professionale e scientifico e questi lavori dimostrano che gli sforzi fatti, in molte realtà, per aumentare la qualità della formazione universitaria hanno pagato”. A rappresentare il corso dell’Università “La Sapienza” è stato Giovanni Antonacci, podologo dell’Aip, il quale ha presentato la ricerca sul trattamento non invasivo per la riabilitazione 22 151maggiu08 ilPodologoinmedicina formazione del piede neuropatico. Lo studio ha analizza i risultati positivi sulle modificazioni del dolore neuropatico e sull’appoggio plantare, in pazienti affetti da polineuropatia diabetica, dopo un ciclo di terapia FREMS (Frequency Rhithmic Electrical Modulation System). Una terapia non invasiva che si è dimostrata essere sicura, efficace, ben tollerata e priva di effetti collaterali. I risultati ottenuti provano il fatto che possono essere utilizzati alternative non farmacologiche nel trattamento del dolore neuropatico. La semplicità d’uso e la rapidità di insorgenza del beneficio supporta la diffusione del suo impiego nella pratica riabilitativa e stimola l’approfondimento della ricerca clinica sui suoi effetti. Da questo “studio pilota” sono emerse evidenze seppur limitate, a causa del ristretto numero di pazienti, che la terapia FREMS potrebbe essere considerata utile anche per migliorare la distribuzione dei carichi pressori in pazienti con una chiara evidenza di squilibrio biomeccanico al fine di prevenire l’insorgere di quelle condizioni che favoriscono la comparsa di lesioni. Proprio la tesi di Antonacci, tra quelle discusse nella sessione, ha suscitato il dibattito più interessante in quanto si sono fatti confronti con ricerche simile svolte in Italia nel recente passato e si è sollevata la questione di un possibile effetto placebo tra i pazienti sottoposti alla sperimentazione. Ma, al di là degli aspetti strettamente inerenti le caratteristiche della conduzione degli studi, è stato molto interessante verificare che queste ricerche hanno riguardato molti gli aspetti dell’attività podologica, dalla prevenzione delle complicanze che possono colpire i diabetici, alla cura delle ulcere e alla loro classificazione, alla valutazione clinica nel piede colpito dall’artrite reumatoide. “Sicuramente in questi anni è stata forte la crescita delle competenze e dei saperi dei nuovi podologi – ha affermato Mauro Montesi, presidente dell’Aip, intervenuto al convegno, in occasione della tavola rotonda sulla formazione podologica nelle Università – e questo è avvenuto grazie anche all’impegno degli Atenei. Resta in fatto, però, che la qualità dei corsi non è uniforme in tutto il territorio nazionale e la norma che stabilisce standard minimi per l’attivazione di lauree triennali è, in molti casi, disattesa. Ne è prova anche il fatto che oggi, a presentare i lavori di ricerca, sono solo quattro atenei sui dodici che offrono il corso di podologia. Insomma paghiamo nel nostro paese il ritardo con cui sono nati questi corsi di laurea nelle nostre facoltà”. Il prof. Marco Cavallini, nella sua lettura magistrale, in apertura della discussione, ha evidenziato come sia inadeguato il profilo professionale attualmente vigente nel nostro ordinamento per le competenze che si acquisiscono nei corsi di po- La ricerca, certo! Ma dove e con chi? ra le opinioni espresse durante il V Congresso nazionale di podologia medica, come si può leggere dall’articolo a fianco, qualcuno dei relatori invitati ha espresso l’opinione che l’azione sindacale deve essere distinta da quella tipica della “società scientifica” al fine di creare maggiori spazi per la ricerca. L’Associazione italiana podologi, che da trent’anni rappresenta praticamente in solitudine la categoria, non si è mai sottratta dal compiere anche la missione di incentivare le attività formative e di ricerca. Da anni si sostiene, da parte dell’Aip, della necessità di investire maggiori risorse nell’alta formazione podologica e nelle attività di ricerca. E questo perché sappiamo bene che di sperimentazione e di studi sulle tecniche e le terapie di cura podologiche, soprattutto quelle innovative, ne abbiamo maledettamente bisogno per il sol fatto che in Italia (e anche all’estero) c’è poca letteratura scientifica. Forse lo si è fatto con successi alterni, ma a rimboccarsi le maniche per raggiungere dei risultati, in questi anni, non erano in molti. Anzi. Precisato questo, per amore della verità, le obiezioni a queste opinioni sono due. La prima riguarda la nuova norma che prevede l’iscrizione delle associazioni dei professionisti senza Albo ed Ordine presso il registro tenuto dal Ministero della Giustizia, e di cui diamo ampio spazio nelle pagine interne di questo numero della rivista. Dato che il Dicastero riconoscerà solo le associazioni con determinate caratteristiche e “standard di qualità”, il campo sarà sgombrato da tutte quelle sigle e siglette nate solo per fare corsifici e soldi facili, ma senza una struttura reale dietro le spalle. La seconda obiezione è in merito a chi può fare ricerca, dove e con quali strumenti. Perché, questo è chiaro, non si può fare ricerca nel chiuso degli studi podologi privati. È necessario un insieme di strutture cliniche all’avanguardia, con in prima fila gli Atenei dove si insegna sul serio la podologia. Oggi solo un gruppo ristretto di Università e di centri podologici sono in grado di fare studi complessi, utilizzare strumenti diagnostici o di cura sofisticati, avere la capacità di raccogliere e analizzare dati su anamnesi, patologie, cure e terapie utilizzate e risultati ottenuti, confrontarsi con altre professionalità ed integrare le analisi elaborate. E tutto questo costa fatica, l’impiego costante nel tempo di ingenti risorse umane ed economiche. Di venditori di sogni ne sono pieni convegni, corsi di formazione e siti internet. Per i progetti seri, in podologia, l’indirizzo è uno solo: quello dell’Aip. I T 23 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 formazione dologia. “Per l’attuale modello di formazione– ha affermato il presidente del corso di Laurea in podologia all’Università “La Sapienza” di Roma – e, dunque, per i giovani podologi che si laureano nei nostri corsi, il perimetro tracciato da questo profilo è troppo stretto. E lo è ancora di più se si pensa al biennio aggiuntivo della laurea specialistica. Una proposta di buon senso e razionale, rispetto alle risorse pubbliche che si investono nella formazione, è quella di ridisegnare l’attuale laurea specialistica in podologia: meno gestione manageriale dei servizi sanitari, in quanto difficilmente il podologo frequenterà due anni di università per diventare un dirigente dell’Asl, e più formazione sulle scienze cliniche e chirurgiche, sulla podologia sportiva, pediatrica, geriatrica e sulla gestione delle lesioni cutanee e sul terreno della riparazione tessutale. Parallelamente, alla luce di questo modello formativo, si dovrebbe ampliare il profilo professionale podologico inserendo una serie di attività terapeutiche e diagnostiche che permettano trattamenti innovativi e in linea con gli standard della podologia europea”. Occorre, dunque lavorare per innalzare la qualità della formazione, ancor più di quanto è stato fatto fino ad oggi. “Lo si può fare – sostiene Daniele Palla, coordinatore del corso di laurea a Pisa – definendo intanto percorsi per inserire nei corsi universitari docenti podologi che abbiano conseguito la laurea quinquennale insieme ad un dottorato di ricerca, così come sta succedendo già oggi nell’ambito dell’insegnamento delle scienze infermieristiche. Inoltre occorre modificare il modello di formazione nel triennio: insegnare meno cose ai nostri ragazzi ma in maniera più approfondita, rimandando a successivi Master di primo livello l’acquisizione di specifiche competenze”. “Sulla necessità di innalzare la qualità della formazione siamo tutti d’accordo – ha sostenuto Luca Avagnina, podologo dello sport – ma cre- do che sia arrivato il momento di distinguere il ruolo delle associazioni podologiche che fanno sindacato da quelle che invece devono impegnarsi, in qualità di “società scientifiche” nell’alta formazione e nella ricerca. Questo aiuterebbe a svolgere al meglio i due compiti, entrambi fondamentali per la crescita della categoria”. “Come docente – ha affermato il prof. Luigi Uccioli – vedo delle grosse differenze tra gli Ateni che offrono i corsi di podologia. Per esempio, sono pochissimi quelli che si occupano nei tre anni formativi del piede diabetico, mentre il podologo, per il forte rapporto che ha con il paziente ed il tempo che gli dedica, a differenza del medico o dell’infermiere impegnati nei centri diabetologici, potrebbe essere una figura di grande rilievo per l’educazione terapeutica e la prevenzione delle complicanze. Nel passato ho tentato di riunire i coordinatori dei corsi di laurea per tracciare delle linee comuni, anche per richiamare l’attenzione alla cura del piede diabetico, ma purtroppo ho avuto scarso successo.” Presente all’incontro anche il prof. Carlo Caravaggi, diabetologo e docente universitario. “Credo – ha detto nel suo intervento – che occorra fare una profonda riflessione sul ruolo del podologo, sul cosa deve fare, quali devono essere le sue competenze e quali interventi deve poter effettuare senza sconfinare in ambiti altrui e, al contempo, senza che altri professionisti possano invadere la sua area di attività. Per esempio, dalla mia esperienza professionale, posso affermare che il ruolo del podologo è profondamente diverso da quello dell’infermiere, il quale oggi ha acquisito molte competenze ed interviene in maniera autonoma in tanti ambiti clinici. Le due professioni possono integrarsi ma non devono sovrapporsi. Definita la sua attività, allora, si potrà anche disegnare un percorso formativo universitario chiaro ed efficace per gli obiettivi che si vogliono raggiungere con questa professione. I 24 151maggiu08 ilPodologoinmedicina Il centro rappresenta l’unica “clinica podologica” rispondente a standard di qualità europei e per l’Italia è sempre più il punto di riferimento per la crescita della professione e della ricerca scientifica. sanità Istituto Podologico Italiano: l’eccellenza come missione Benedetto Leone Responsabile comunicazione Aip agli anni ottanta la società italiana, soprattutto per ciò che riguarda la gestione della sanità pubblica, è stata attraversata da una profonda trasformazione. Una vera e propria rivoluzione derivante dall’applicazione della Riforma del Servizio Sanitario Nazionale, approvata nel 1978. Occorre tener conto di questo per delineare la missione dell’Istituto Podologico Italiano, che da oltre venti anni opera nella capitale. Ma occorre anche tener conto del grande sviluppo registrato proprio in quegli anni dalla podologia in altri paesi più avanzati, quali la Spagna, il Regno Unito e la Francia, per non parlare della podoiatria in USA, vera e propria specialità medica. Contemporaneamente in Italia andava affermandosi l’Associazione Italiana Podologi, fondata nel Sapienza”, l’Istituto Podologico Italiano, è stata sede del corso di laurea in Podologia, organizzato dall’Ateneo romano, garantendo così la possibilità ai giovani studenti di svolgere un adeguato tirocinio. La recente storia della podologia pone le basi, dunque, per la definizione della missione dell’Ipi, la quale può essere distinta in sette diversi aree di interesse. 1975, e che proprio in quel periodo otteneva importanti risultati, tra i quali la definitiva collocazione nelle professioni sanitarie con un profilo professionale, all’epoca del tutto soddisfante. Proprio sulla base dei tre eventi sopra citati (riforma del SSN; sviluppo della professione all’estero; risultati sia legislativi che regolamentari ottenute dall’Aip) si faceva più pressante l’esigenza di poter disporre anche in Italia di una vera e propria “clinica e centro di ricerca del piede”, che oltre ad assistere i pazienti podalici, costituisse un centro di eccellenza al quale gli studi podologici, che mano a mano venivano attivati sul territorio, potessero riferirsi per adeguare il servizio offerto alle esigenze della popolazione. Allo stesso tempo, grazie a dei protocolli d’intesa con l’Università de “La - L’Istituto come sede della laurea in podologia; - L’Istituto come soggettoin grado di percepire e registrare le esigenze dell’utenza in modo di trasferire agli altri studi il know-how necessario; - L’Istituto come organizzazione attiva nel sociale (anziani; bambini; disabili); - L’Istituto come centro di eccellenza per la prevenzione e la cura di tutte le patologie podaliche. D - L’Istituto come braccio operativo dell’Associazione italiana podologi; - L’Istituto come promotore della formazione podologica su temi innovativi; - L’Istituto dedicato allo sviluppo della ricerca sulle patologie podaliche; Si può dire, in definitiva, che agli inizi degli anni ‘90 la realizzazione dell’Istituto Podologico Italiano viene a colmare un vuoto nel sistema sanitario, così da rendere il nostro paese sempre più vicino ai livelli raggiunti da altre nazioni più evolute nel settore. 25 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 sanità rienze maturate dall’Ipi su casi di pazienti che, curati tempestivamente, hanno riacquistato la necessaria mobilità. Quanto alle nuove patologie, occorre tener presente che l’Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che il 20% degli ultra settantenni della popolazione mondiale è affetto da diabete di tipo 2. È proprio in questa “nuova patologia” che l’Istituto, soprattutto in questi ultimi anni, si è impegnato al massimo dimostrando, così, come l’intervento del podologo risulti fondamentale soprattutto ai fini della prevenzione. È chiaro che il discorso non riguarda solo gli anziani, in quanto sono oltre 3 milioni gli italiani che soffrono di diabete di tipo 2 e la patologia si manifesta solitamente dopo i quarant’anni. Ebbene, attualmente l’Istituto Podologico Italiano si pone all’avanguardia nella prevenzione, diagnosi e cura del piede diabetico, in integrazione con il medico di base e con lo specialista diabetologo. Centinaia di casi di piede diabetico sono stati raccolti negli archivi dell’Istituto; una documentazione preziosa per quanti si stanno occupando della patologia. Proprio tale casistica sta a dimostrare che l’intervento del podologo risulta fondamentale per l’obiettivo di ridurre il numero delle amputazioni, il cui ammontare nel 2005 è risultato di oltre 7.000 casi (amputazioni maggiori e minori). La popolazione anziana, nuove patologie L’offerta di assistenza e cura dell’Istituto Podologico Italiano è calibrata particolarmente sul bacino di utenza degli anziani. Né poteva essere diversamente se si pensa che in Italia gli ultra sessantacinquenni ammontano ad oltre 11 milioni, pari al 19% dell’intera popolazione. Se le persone della terza età desiderano vivere in modo attivo, partecipe ed utile hanno necessità di muoversi agevolmente in quanto il movimento autosufficiente è una componente fondamentale per ogni attività personale e sociale. Secondo l’Ufficio statistico delle Nazioni Unite, le affezioni degli arti inferiori sono la causa principale della limitazione del movimento negli anziani. Come se non bastasse, ne possono anche derivare problemi alle anche, alle ginocchia, al sacro, compromettendone la funzionalità. Un quarto del totale delle persone che richiedono assistenza sono soggetti che non riescono più a camminare, o possono farlo solo con l’aiuto di terzi. Esistono circa trecento patologie che affliggono comunemente il piede. La maggior parte di esse ha un’incidenza più netta nella terza età, probabilmente per un effetto cumulativo. Se prese in tempo, possono regredire, spesso senza complicanze. Sono molteplici, infatti, le espe- La popolazione infantile pediatrica Ma se la popolazione anziana costituisce per l’Ipi il quadro di riferimento di maggiore portata, altrettanto importante risulta l’attività di prevenzione e cura a favore dei bambini. L’età evolutiva, infatti, presenta patologie di grande rilievo e, soprattutto, di notevole impatto sociale presso le famiglie. Un esempio per tutti: il piede piatto, patologia che più frequentemente si presenta all’Istituto. Rendendosi conto dell’ampiezza del fenomeno e, soprattutto, delle conseguenze che potrebbero subire i bambini nella fase della crescita, l’Istituto ha messo a punto una sorta di “vademecum”, a disposizione delle famiglie. In quattro momenti diversi (giochiamo con i piedi); esercizi in stazione eretta; esercizi da seduto) ha formulato alcune regole semplici e chiare a cui il bambino, quasi giocando, deve attenersi. Non è che un esempio, essendo molteplici le patologie pediatriche del piede. Un grande ausilio nella diagnosi viene dall’uso della strumentazione presente nella struttura: il baropodometro e il fluoroscopio vengono sempre più utilizzati, non solo per le affezioni dei bambini ma anche dei pazienti di ogni età. Sempre nell’area pediatrica, assumono grande rilievo i monitoraggi che sono stati effettuati presso alcune scuole di Roma. Le verifiche, su centinaia di bambini in età scolare, sono risultate preziose per la ricerca sulle patologie pediatriche del piede. La pratica sportiva e le patologie podaliche. Si tratta di un’altra area nella quale l’Istituto Podologico Italiano si è fortemente impegnato sia in termini di ricerca, che di assistenza e cura. Se da una parte lo sport è educativo e salutare, dall’altra non sempre chi pratica sport amatoriale riesce ad allenarsi gior- 26 151maggiu08 ilPodologoinmedicina sanità nalmente come un atleta professionista. Ciò può causare infortuni che, se trascurati, comportano tempi di recupero più lunghi. In tal senso l’Ipi ha maturato idee ed esperienze anche praticando un primo soccorso direttamente sul campo. Ad esempio in occasione della Maratona di Roma, i podologi dell’Istituto, insieme agli studenti dell’Università de “La Sapienza”, sono stati dislocati in più punti lungo il percorso. È stato così possibile studiare il piede del maratoneta durante lo sforzo fisico e, soprattutto, prevenire le affezioni più frequenti quali le tendiniti, i crampi, le distorsioni e le vesciche. Anche la partecipazione attiva agli “Special Olimpics” è risultata straordinariamente utile non solo per gli atleti diversamente abili che vi partecipavano, ma anche per i podologi che si sono impegnati in una iniziativa umanitaria di grande spessore. L’attività di prevenzione, di cura e di riabilitazione. Il quadro di riferimento analizzato ai punti è sufficiente per determinare l’attività di prevenzione, cura e riabilitazione che l’Ipi pone in essere nella sua attività quotidiana. Solo alcune osservazioni sono necessarie per indicare i parametri concernenti il diverso rilievo che assumono le tre aree. La più importante ai fini della domanda di salute della popolazione è la prevenzione. In quest’area il Centro è in grado di fornire prestazioni di grande impatto sociale e sanitario. Si pensi, ad esempio, al diabete 2, malattia che, come è noto, si manifesta in maniera subdola, non presentando particolari sintomi. A tal riguardo, è buona regola per l’Istituto effettuare il gluco-test sulla base dell’anamnesi dei pazienti, potendo così individuare tempestivamente i casi di diabete non noti. I risultati, se del caso, vengono trasmessi con una lettera al medico curante, che adotterà le iniziative necessarie. Quanto alla cura, abbiamo visto che le patologie trattate all’Ipi ammontano a circa 300 e vanno dalla più semplice quale l’ipercheratosi, alla più complessa quale la deviazione assiale delle dita. Le diagnosi, peraltro, sono facilitate dagli accertamenti diagnostici che è possibile effettuare, tra i quali, oltre all’esame baropodometrico e alla fluoroscopia, assume straordinaria importanza la pratica dell’ecografia che è possibile effettuare presso l’Istituto. Nella fase della cura un cenno particolare merita l’uso di metodiche fisioterapiche con particolari apparecchiature. Risultati positivi sulle modificazioni del dolore e dell’appoggio plantare, soprattutto in pazienti affetti da neuropatia diabetica, sono stati riscontrati dopo un ciclo di terapia “Frequency Modulated Neural Stimulation” (FREMS), che può essere considerato la generazione più avanzata del sistema Lorenz, sperimentato per oltre due anni dal Centro. Dal maggio 2008, infine, è disponibile un’altra apparecchiatura, le onde d’urto radiali, che consentirà notevoli progressi nel trattamento non invasivo del piede doloroso. Anche la riabilitazione, infine, assume grande rilievo nell’attività dell’Istituto. Basti pensare al piede dell’anziano, che, a seguito di un’accurata procedura comportamentale indicata dall’Ipi, può di nuovo assicurare la qualità della vita ai pazienti che sono appunto passati dalla cura alla riabilitazione. L’Istituto podologico italiano e la formazione continua Come abbiamo visto in precedenza l’impegno del Centro è fortemente diretto alla formazione dei podologi. Non si parla qui del tirocinio al quale sono tenuti gli studenti del corso di laurea, ma dei numerosi corsi e master che l’Ipi organizza, in collaborazione con la seconda Facoltà di Medicina de “La Sapienza”, o con altre organizzazioni. Non per nulla abbiamo all’inizio indicato l’Istituto come braccio operativo dell’Aip, insieme alla quale attiva i corsi. In quest’area, grande rilievo assumono i due master di primo livello. Il primo in Posturologia e il secondo sul Piede diabetico, giunto ormai alla quarta edizione. In particolare quest’ultimo ha consentito di preparare numerosi giovani ad affrontare la malattia diabetica, soprattutto tenendo conto della documentazione, dell’esperienze, della specializzazione maturata all’Ipi. Tant’è vero, è bene sottolinearlo, che tutti i podologi del Centro si sono fortemente impegnati sia in termini di ricerca, che di assistenza e cura. i di ogni età. Non si ritiene in questa sede di citare, oltre ai master, gli altri corsi organizzati, dei quali alcuni nell’ambito dell’Educazione continua in medicina (Ecm). Si può dire che le principali patologie e, soprattutto, le innovazioni derivanti dalla ricerca sono state trattate dall’Istituto, in maniera autonoma o in collaborazione con altre organizzazioni. Collegamenti con altre strutture Mano a mano che, negli anni, l’Istituto cresceva in termini di ricerca e di capacità professionale, sono divenuti sempre più stretti i collegamenti con altre strutture. D’altra parte, come abbiamo visto, è proprio nella missione della struttura diffondere vero l’esterno la cultura e la pratica podologica. Abbiamo già esaminato la posizione del Centro come sede del corso di laurea in podologia dell’Università di Roma. “La Sapienza” Ma anche con le altri Atenei sono stati stabiliti collegamenti di grande rilievo per la professione. Ad esempio, sono numerosi i giovani neolaureati all’Università di Perugia che hanno 27 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 sanità effettuato, e tuttora effettuano, un prezioso periodo di esperienza presso l’Istituto. Anche l’Università della Magna Graecia di Catanzaro è stata coinvolta in numerose iniziative, come anche l’Ateneo di Pisa, quest’ultima nella fase di formulazione delle linee guida internazionali per la prevenzione e cura del piede diabetico. Negli ultimi anni, poi, sono state sottoscritte alcune convenzioni con grandi Ospedali. È il caso, ad esempio, del “Sandro Pertini” di Roma che, in base agli accordi sottoscritti con l’unità di diabetologia, ha individuato nell’Istituto il punto di riferimento per l’assistenza alla complicanza del piede diabetico. Quanto ai rapporti con le istituzioni locali, si possono citare quelli con l’Amministrazione Provinciale di Nuoro, la quale ha richiesto all’Ipi un progetto di fattibilità per un centro dedicato alla cura del piede diabetico, da istituirsi in piccolo Comune della provincia e da considerare riferimento di tutta la Regione. Il Comune di Roma, poi, tramite l’Assessorato all’assistenza, ha sottoscritto un accordo per il trattamento delle affezioni podaliche degli anziani presenti in alcune R.S.A. Da parte sua l‘Associazione italiana podologi ha sottoscritto con i Medici di Medicina Generale e con l’Associazione dei Geriatri protocolli di intesa per l’integrazione delle professioni nella cura del paziente. È evidente che anche in questo caso l’Ipi ha reso disponibile le esperienze acquisite e le risorse di personale per raggiungere gi obiettivi previsti dai protocolli di intesa. Stesso discorso si può fare per i centri diabetologici e per i centri sportivi. Quanto a questi ultimi è utile ricordare che per molti anni il Centro è stato consulente dell’AS Roma, riscuotendo non pochi successi nella prevenzione e cura dei piedi dei calciatori. Il futuro Per quanto descritto, si può immaginare quale sia il programma dell’Ipi nel breve e medio periodo. Gli sforzi, infatti, saranno concentrati sul miglioramento in termini di qualità e quantità delle iniziative e delle realizzazioni già operative. È utile, peraltro, sottolineare quale siano i punti programmatici di maggiore rilievo da realizzare in collaborazione con l’Associazione italiana podologi. Il primo è quello di una maggiore valorizzazione della podologia che può derivare proprio dall’attività che l’Istituto svolge su livelli di grande qualità. Il secondo consiste in una testimonianza di straordinario interesse. Si tratta delle centinaia di casi trattati positivamente, dell’immagine forte acquisita dall’Istituto, dall’unanime condivisione sui valori che esso esprime; tutti i fattori, questi, che debbono essere alla base delle decisioni volte alla modifica del profilo professionale del podologo, modifica per la quale l’Aip si sta da tempo battendo con grande forza. Occorre, cioè, tenere in debito conto la laurea di cui dispongono i podologi; l’elevata professionalità dimostrata nell’attività quotidiana proprio presso l’Ipi; la capacità di fare sistema con gli altri studi sul territorio nazionale. Sono tutti fattori che debbono essere presi in seria considerazione per la modifica di un profilo professionale ormai obsoleto e non più adeguato alle esigenze di una Sanità moderna. Non meno importante, ai fini sociali, è l’inserimento nei L.E.A. di alcune prestazioni podologiche, soprattutto inerenti al “piede diabetico”. È proprio dai successi ascrivibili all’IPI che deriva l’esigenza di una diversa considerazione delle prestazioni podologiche. In termini di programma per il medio e lungo periodo, l’Ipi alla fine del 2007 ha operato un salto di qualità realizzando una partnership con l’Health Care Italia, che prevede la collocazione nell’ambito dell’America Hospital. Tale collocazione costituisce un grande valore aggiunto per l’Istituto. Operare in una struttura di eccellenza, nella quale tutte le specialità sono presenti e attive, significa una grande opportunità di scambio di esperienze, della presenza di specialisti per ogni patologia, dell’utilizzazione dell’importante area della diagnostica per immagini. Ma, in considerazione di ciò che rappresenta per la podologia italiana, l’Ipi è, a sua volta, un valore aggiunto per l’Health Care Italia in quanto permette a questa società di primo piano nella sanità privata di offrire i servizi dell’unico centro podologico di eccellenza presente sule territorio nazionale. Il programma nel medio e lungo periodo è appunto quello di rafforzare l’integrazione con l’America Hospital anche per poter operare un’articolazione diversa ed innovativa dell’Ipi in aree di competenze diversificate, quali, ad esempio, “piede diabetico”; “posturologia”; “piede reumatico” e “piede dell’anziano”. Sarebbe così agevolata a ricerca e facilitata l’assistenza nell’esclusivo interesse della collettività. I 28 151maggiu08 ilPodologoinmedicina Le recenti acquisizioni sulla resistenza batterica e i progressi nelle medicazioni aprono nuove prospettive per un approccio efficace all’ulcera infetta. congresso AIP ’08 Alberto d’Ari, Massimo Papi, Maria Teresa Viviano, Il trattamento dell’ulcera infetta: passato, presente e futuro VIII Divisione Dermatologica Istituto Dermopatico dell’Immacolata IRCCS -Roma avvento dell’era degli antibiotici ha portato ad un sensibile salto di qualità nell’affrontare l’infezione, migliorando la vita dell’uomo e garantendone una sopravvivenza maggiore rispetto al passato. L’uso improprio di tali sostanze ha favorito la selezione di germi resistenti a partire dalla seconda metà del secolo scorso, soprattutto nell’ambiente ospedaliero, spingendo il personale sanitario ad impiegarle con maggiore attenzione. Anche l’uso degli antisettici è stato negli ultimi venti anni oggetto di polemiche con il sopraggiungere di segnalazioni di reazioni avverse anche gravi (oltre che di casi di resistenza) e numerosi studi sottolineano ora i vantaggi, ora i rischi, ad essi correlati. Tale discussione rimane tuttora aperta. Di recente, alla luce degli effetti indesiderati delle terapie antibiotiche ed antisettiche, si è giunti ad una rivalutazione del miele, una sostanza naturale usata fin dagli antichi Egizi per detergere le ferite e successivamente abbandonata in quanto ritenuta superata. Del miele di recente ne sono state confermate le proprietà antimicrobiche anche su germi notoriamente antibiotico-resistenti. L’ Infezione Dato che le sostanze usate per il trattamento dell’ulcera infetta non sono prive di rischi, il primo problema da prendere in considerazione è quando un’ulcera possa essere considerata infetta. Infatti trovare microrganismi su una lesione ulcerativa non trattata è di fatto la regola in quanto la nostra cute è tutt’altro che un ambiente sterile, così come il mondo che ci circonda. Pertanto bisognerà distinguere queste diverse situazioni che possiamo trovare su un’ulcera: una contaminazione batterica (la presenza di batteri che non si moltiplicano, con concentrazione inferiore a 100.000 colonie/gr/tessuto, senza segni di infezione), una colonizzazione (batteri che si moltiplicano senza però provocare danni all’ospite e determinare l’infezione) e un’infezione (moltiplicazione di batteri con invasione dei tessuti e induzione di una risposta infiammatoria tissuta- Esempio di ulcera infetta le e, quindi, di un danno). Le linee guida internazionali indicano per l’infezione una concentrazione batterica superiore a 100.000 colonie/gr/tessuto. Esiste anche la possibilità di avere una sovrainfezione, un’infezione cioè sostenuta da microrganismi appartenenti alla normale flora microbica della cute. Questi batteri sono di norma biologicamente quieti (in quanto ben ambientati) ed utili (in quanto in competizione con microrganismi estranei e potenzialmente più pericolosi per l’ospite) ma diventano aggressivi quando sopraggiungono condizioni favorenti generali (diabete, deficit immunologici) e/o locali (linfostasi, macerazione). 29 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 congresso AIP ’08 Esempio di ulcera infetta Recenti acquisizioni sulle ulcere infette Un altro problema che è stato sollevato riguarda la possibilità che i batteri anche nel caso in cui non determinino l’insorgenza di un’infezione contrastino con il processo di riparazione tissutale sia per la liberazione di prodotti di degradazione sia per la competizione che hanno con le cellule dell’organismo per l’approvvigionamento di nutrienti ed ossigeno. Inoltre, quando, la concentrazione della popolazione batterica raggiunge una densità adeguata, ovvero un “quorum”, tali batteri attivano l’espressione di molecole che mediano caratteri di patogenicità e virulenza: ciò è chiamato il “quorum sensing”. Alcune specie batteriche adese ad un substrato che può essere la fibronectina, il collagene e, in particolare, il tessuto devitalizzato, inducono la sintesi di una matrice polisaccaridica ricca di proteine e di altri prodotti metabolici che costituisce il cosiddetto “biofilm”. All’interno di esso batteri, anche di specie diverse, si aggregano in microcolonie dove si creano condizioni ottimali per la loro crescita potendo così raggiungere concentrazioni elevate. Ciò avviene anche perché il biofilm crea una protezione alla fagocitosi macrofagica e riduce la penetrazione degli agenti antimicrobici. L’incapacità di distruggere il biofim da parte dei fagociti favorisce la liberazione di grandi quantità di enzimi lisosomiali e di radicali reattivi responsabili di danno tissutale. All’interno del biofilm si osserva, inoltre, ad una collaborazione tra specie batteriche di tipo diverso quali i Gram negativi e gli anaerobi (fenomeno del sinergismo). Diagnosi Un aspetto di cui spesso si discute riguarda l’opportunità nell’eseguire di routine un’indagine microbiologica sull’ulcera e se sì ,quale. A nostro avviso fatta eccezione di ambienti particolari quale quello ospedaliero dove tale accertamento dovrebbe essere fatto di routine per il rischio di cross-contaminazioni e la possibilità di diffusione di batteri resistenti quali gli Stafilococchi meticillino-resistenti, un’indagine microbiologica dovrebbe essere riservata solo ad ulcere associate a segni o sintomi d’infezione. Questi sono: - febbre - leucocitosi - eritema periulcerativo - edema - allargamento dell’ulcera - arresto della riparazione - essudazione - fragilità del fondo - aumento del dolore - odore nauseante - linfangite e/o cellulite satellite I metodi possono essere qualitativi o quantitativi e semiquantitativi. Nel primo caso si eseguirà un tampone sia sulla zona più profonda che sui margini. Tale metodica ha il vantaggio di essere facile da eseguirsi ma ci dà una valutazione solo qualitativa e limitata ai contaminanti superficiali. Tra le metodiche quantitative è utile in particolare la biopsia mediante “punch”, eseguita sia sui margini che sul fondo: dato però che la conta batterica per grammo è variabile, sono necessari più prelievi per ottenere (tramite una media aritmetica ) un dato significativo ed è pertanto una metodica invasiva. Antisettici L’antisettico è una molecola dotata di attività antimicrobica rapida, transitoria e poco specifica (a differenza dell’antibiotico ). Episodi di resistenza batterica a queste sostanze sono segnalati, anche se con minore frequenza rispetto agli antibiotici. Una certa tossicità cutanea accompagna l’azione dell’antisettico e tale effetto che si può esprimere con modalità diverse (irritazione, causticazione, fotosensibilizzazione, ritardo nella riparazione cutanea) dipende dalla concentrazione e dalla frequenza di applicazione del prodotto. Nonostante ciò, a nostro avviso, l’antisettico mantiene una sua validità se usato raziocinio. È fondamentale tenere a mente questi due punti: 30 151maggiu08 ilPodologoinmedicina congresso AIP ’08 1) usare l’antisettico se è utile (inutile e dannoso applicarlo su ulcere ben deterse) 2) avvalersi di soluzioni molto diluite in modo da ridurre l’effetto citotossico associato a tale sostanza. Tra gli antisettici di uso comune ricordiamo: - l’acido borico, usato in soluzione acquosa al 3% , è dotato di debole attività antimicrobica, può dare dermatiti da contatto e, se applicato su superfici ampie, presenta tossicità generale; - l’acido acetico all’1-3% è invece dotato di attività contro lo Pseudomonas, ma è anche irritante e tossico per i fibroblasti a basse concentrazioni; - i clorati sono dotati di un ampio spettro d’azione, ma non sempre sono ben tollerati e la loro efficacia è correlata alla concentrazione; - lo iodopovidone, presente in concentrazioni dell’1-10%, ha uno spettro ampio ed è in genere ben tollerato, ma controindicato in tireopatici, gravide e neonati per la presenza di iodio; - il perossido d’idrogeno al 3% ha il vantaggio di rilasciare ossigeno allo stato gassoso interagendo con enzimi tissutali (effervescenza) in modo da favorire lo sbrigliamento del letto dell’ulcera; anch’esso però è tossico per l’epitelio in formazione; - il “vecchio” permanganato di potassio diluito in acqua (1/10000-1/20000) mantiene una sua utilità su lesioni essudanti, pur essendo un debole antisettico, non sempre gradito dal paziente (colora di scuro le unghie); - la merbromina all’1-2% ha attività battericida e fungicida, ma nei confronti di essa ci possono essere intolleranze cutanee e possibili effetti sistemici (tossicità a livello renale) se applicato su superfici estese; - il nitrato d’argento in soluzione acquosa allo 0,5-2% è batteriostatico (ma se associato alla sulfadiazina diventa battericida) ed è utile per il controllo dell’eccessiva granulazione; - la clorexidina presente in soluzione allo 0,005% - 0,5%, ha un’azione battericida con uno spettro ampio e si può usare nelle gravide; può dare reazioni allergiche; - il benzalconio cloruro presenta il vantaggio di essere un vero detergente (tensioattivo cationico) e un antisettico (del gruppo degli ammoni quaternari). È usato alla concentrazione dello 0,01-0,1% e può essere contaminato dallo Pseudomonas. Per concludere questa carrellata di antisettici ricordiamo quelli di più recente formulazione, cioè gli antisettici a lento rilascio .Questi sono preparati a base di argento o iodio in cui le concentra- zioni dell’antisettico sono ridotte in modo da ridurre la tossicità sul tessuto di granulazione pur mantenendo un’efficacia sulla carica batterica. Il cadexomero iodico rientra tra questi rilasciando iodio in modo graduale e assorbendo gli essudati tramite il cadexomero (1 gr di esso assorbe 6ml di essudato). Molto diffuse negli ultimi anni sono poi le medicazioni di vario tipo (idrofibra, arginato, matrice modulante le metalloproteinasi, carbone attivo) che rilasciano lentamente argento in nanocristalli, sfruttandone le proprietà antimicrobiche. Antibiotici L’uso degli antibiotici è ancora oggi oggetto di opinioni diverse, anche se c’è consenso nell’affermare che un’ulcera cutanea non complicata, senza segni di infezione, non necessita di terapia antibiotica. La scelta dell’antibiotico topico dovrebbe essere fatta tenendo conto del suo spettro d’azione, della facilità di applicazione, della tollerabilità cutanea (non deve causare dolore, non deve inficiare il processo di riepitelizzazione). Altro elemento importante al fine di ridurre i rischi di resistenze è che il topico deve essere diverso dall’antibiotico usato per via generale e il suo utilizzo non deve superare le due settimane. Oltre alle resistenze, gli antibiotici topici sono gravati da rischi di sensibilizzazione (in genere con eczematizzazione). Tra essi ricordiamo la rifamicina, la gentamicina, l’amikacina, l’acido fusidico, la mupirocina. In caso di segni d’infezione è necessario praticare una terapia antibiotica generale, secondo le indicazioni dell’antibiogramma. L’antibiotico verrà somministrato per via orale o parenterale per 7-14 giorni nel caso in cui non siano interessati il tessuto osseo o articolare, mentre nel caso di un’osteomielite o di un piede diabetico si praticherà terapia iniettiva per 6-8 settimane seguita da terapia per via orale. La scelta del farmaco nel caso di un’infezione moderata si baserà su antibiotici a largo spettro (ampicillina+acido clavulanico, macrolidi, clindamicina+fluorochinolonici) mentre per un’infezione severa cefalosporine di 2° e 3° generazione e carbapenemici. I Bibliografia - Blaser G et al, Effect of medical honey on wounds colonised or infected with MRSA J Wound Care, (2007). - Harker J, The effect of bacteria on leg ulcer healing.Br J Community Nurs, (2001). - Pellard S, Epidemiology, aetiology and management of abnormal scarring: a review of the literature. J Wound Care, (2006). - O’Meara S M et al, Systematic review of antimicrobical agents used for chronic wounds. Br J Surg. (2001). 31 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 congresso AIP ’08 Guglielmo Pranteda Ricercatore II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Sapienza” Giorgiana Feliziani Specializzanda in Dermatologia e Venereologia, II Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Roma “Sapienza” Giulia Pranteda studentessa II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma “Sapienza” Miriam Grimaldi Dirigente Medico Dermatologo, U.O. Dermatologia, Ospedale Tinchi di Pisticci, Matera Non sempre la diagnosi di queste patologie è agevole, poiché ci si può trovare di fronte a quadri clinici molto simili. A questo proposito giocano un ruolo fondamentale l’anamnesi e l’esame istologico, ma anche studi microbiologici finalizzati a riscontrare l’eventuale presenza di agenti infettivi. Dermopatie podaliche: ruolo della semeiotica e delle indagini strumentali e manifestazioni dermatologiche del piede, in considerazione della sua collocazione topografica, sono l’espressione non solo di patologie primitivamente cutanee, ma possono essere anche secondarie ad anomalie vascolari, neurologiche, ossee o a difetti di appoggio. Per questo motivo si può considerare il piede come un “organo di confine” e, quindi, al fine di comprendere i meccanismi eziopatogenetici alla base della sua patologia si rende necessaria la cooperazione tra diverse specialità mediche. A questo proposito vengono chiamati in causa soprattutto il dermatologo, l’ortopedico, l’angiologo e il diabetologo, ma assolutamente da non trascurare è la figura del podologo, in quanto spesso rappresenta il primo osservatore di anomalie a carico del piede e può offrire il suo valido contributo all’approccio terapeutico. Non sempre la diagnosi di una dermopatia che insorge in corrispondenza dei piedi è agevole, poiché ci si può trovare di fronte a quadri clinici molto simili. L’anamnesi e la semeiotica, dunque, devono essere sempre accurate e circostanziate. Tuttavia, a volte, si rendono necessarie indagini strumentali e di laboratorio per dirimere ogni dubbio. A questo proposito giocano un ruolo fondamentale l’esame istologico eseguito su biopsia cutanea, ma anche studi microbiologici finalizzati a riscontrare l’eventuale presenza di agenti infettivi e test allergologici per valutare un possibile substrato allergico. Gli autori riportano di seguito alcuni casi clinici da loro osservati mettendoli a confronto e sottolineando come spesso non è sufficiente affidarsi alla sola osservazione per raggiungere una corretta diagnosi. Le verruche volgari “a mosaico” (Figura 1) sono una patologia estremamente frequente a livello del piede e riconoscono come agenti eziologici i papillomavirus umani (HPV), virus caratterizzati da uno spiccato epidermotropismo. Rispetto alle verruche plantari solitarie, che vanno distinte dai clavus e dai calli, le verruche volgari “a mosaico” non sono dolenti e vanno poste in diagnosi differenziale con la cheratolisi punctata plantare (Figura 2). Questa dermatosi riconosce come fattore eziopatogenetico “chiave” la macerazione, solitamente dovuta all’iperidrosi o all’utilizzo di calzature occlusive, che permette la colonizzazione di Corynebacteria; L Figura 1. Verruche volgari “a mosaico” Figura 2. Cheratolisi punctata plantare 32 151maggiu08 ilPodologoinmedicina congresso AIP ’08 gli enzimi cheratolitici prodotti da questi batteri Gram + sono responsabili del caratteristico aspetto “a groviera” che consegue alla produzione di piccoli buchi o pit nello strato corneo. In alcuni casi la diagnosi differenziale tra le verruche volgari “a mosaico” e la cheratolisi plantare punctata deve avvalersi non solo di criteri clinici, ma anche di un esame microscopico per valutare la presenza o meno dei Corynebacteria. In corrispondenza della pianta dei piedi la psoriasi (Figura 3) spesso pone dei problemi di diagnosi differenziale con la dermatite allergica da contatto (Figura 4). I dati anamnestici, il diverso aspetto clinico (prevalenza di squame nella prima e di croste nella seconda) ed eventualmente l’esecuzione di test allergologici o di biopsia per esame istologico, possono dirimere i dubbi. Figura 5. Tiloma consistenza solida, spesso solitari e asintomatici. A livello della pianta piede sono di raro riscontro e potendo porre problemi di diagnosi differenziale con tilomi e callosità talora può rendersi necessario l’esame istologico (Figura 6b) eseguito su biopsia cutanea. Figura 3. Psoriasi plantare Figura 6a e 6b. Istiocitoma fibroso benigno: aspetto clinico ed istologico Le lesioni pigmentate sub-ungueali possono presentare molte difficoltà diagnostiche; un valido orientamento a tale proposito è dato dall’evoluzione della pigmentazione. L’ematoma (Figura 7) spesso insorge improvvisamente e Figura 4. Dermatite allergica da contatto I tilomi (Figura 5) sono lesioni papulose ipercheratosiche localizzate che conseguono allo stimolo meccanico esercitato da forze pressorie di tipo cronico. Lo strato corneo ispessito assume abitualmente un aspetto giallastro ed è evidente un nucleo centrale spesso dolente. Gli istiocitomi fibrosi benigni (Figura 6a), o dermatofibromi, sono lesioni papulo-nodulari di piccole dimensioni e Figura 7. Ematoma da trauma 33 ilPodologoinmedicina 151maggiu08 congresso AIP ’08 tende alla regressione se il trauma che lo determina non persiste; altre lesioni, soprattutto se di natura tumorale, ad esempio il tumore glomico (Figura 8), invece, tendono a non regredire. L’epiluminescenza è un esame non invasivo che, evidenziando l’eventuale presenza di un reticolo pigmentario o di un pattern di tipo vascolare, può rappresentare un valido ausilio alla diagnosi. Tuttavia, potendo insorgere in tale sede un melanoma od altro tumore maligno, è a volte indispensabile eseguire la biopsia con esame istologico. La comparsa di una dermatite eritemato-figurata dei piedi può far pensare a dermatiti di varia natura. Le micosi, le più frequenti, sono solitamente caratterizzate dalla presenza di un orletto di desquamazione (Figura 9) e la diagnosi deve essere confermata sempre dall’esame microscopico e/o colturale per ricerca miceti. Nella dermatite da larva migrans (Figura 10), dovuta all’infestazione cutanea da larve di nematodi e tipica dei climi tropicali, le lesioni sono eritamato-rilevate, spesso senza desquamazione periferica, e accompagnate da notevole prurito. I Bibliografia - O.Braun-Falco, G. Plewig, H.H. Wolff, W.H.C. Burgdorf, Dermatology, 2nd edition. Springer-Verlag Berlin Heidelberg, New York, 1996. Figura 8. Tumore glomico: aspetto dermatoscopico ed istologico Figura 9. Tinea pedis Figura 10. Larva migrans 34 151maggiu08 ilPodologoinmedicina C O M PA C T P R O F E S S I O N A L T S TECNOLOGIA WIRELESS STEEL PU C O M PA C T P R O F E S S I O N A L The Podology Company EURO PODOS s.r.l. 00155 Roma - Via dei Berio, 97 - Tel. e Fax 06 2252353 - www.europodos.it - [email protected]