151
il Podologo
in medicina
Rivista bimestrale dell’Associazione Italiana Podologi
Appello al nuovo
Governo. Valorizziamo
la podologia italiana
Al via il Registro
delle Associazioni
rappresentative
delle nuove
professioni
Exposanità 2008:
più attenzione alla
qualità della
formazione
universitaria
V Congresso di
podologia Medica:
cresce la ricerca
scientifica in
podologia
maggiogiugno2008
Anno XXXI • n. 3 • Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n°46 art. 1, comma1, DCB (Roma) • Italy • prezzo di copertina: E 0,60 • Editore: Associazione Italiana Podologi
numero
MATERIALE DESTINATO ESCLUSIVAMENTE AD OPERATORI DEL SETTORE.
NELLE FARMACIE, SANITARIE, ORTOPEDIE E NEGOZI SPECIALIZZATI. www.sanagens.it
il Podologo
in medicina
Rivista bimestrale dell’Associazione Italiana Podologi
DIRETTORE RESPONSABILE
Mauro Montesi Presidente Aip
DIRETTORE SCIENTIFICO
Francesco Fallucca Docente di diabetologia della II Facoltà di Medicina
e Chirurgia, Università “La Sapienza” di Roma.
VICEDIRETTORE SCIENTIFICO
Marco Cavallini Docente e Direttore del Master “Diagnosi e cura del piede diabetico”, II Facoltà di
Medicina e Chirurgia, Università “La Sapienza” di Roma. Presidente del Corso di Laurea in Podologia.
VICEDIRETTORE SCIENTIFICO
Giovanni Pepé Vicepresidente Aip
VICEDIRETTORE SCIENTIFICO
Antonio D’Amico Consigliere Aip
DIRETTORE EDITORIALE
Benedetto Leone Responsabile comunicazione Aip
COORDINAMENTO EDITORIALE
Giuseppe Raffa Giornalista professionista
SEGRETARIA DI REDAZIONE
Tiziana Cacciola
CONSULENTI SCIENTIFICI
Joseph B. Addante Podoiatra - Francesco Albo Chirurgo del piede
Alberto D’Ari Dermatologo - Tara Giorgini Chirurgo podoiatrico
Gilberto Grossi Neurochirurgo - Arcangelo Marseglia Podologo
Fabio Moro Podologo - Francesco Papa Specialista radiologia diagnostica
Guglielmo Pranteda Dermatologo
Abbonamento annuo: Euro 3,00 per gli associati Aip. I versamenti vanno effettuati tramite vaglia postale o assegno bancario
non trasferibile, intestato all’Istituto Podologico Italiano. Via dei Berio 91, 00155 Roma. Prezzo di Copertina: Euro 0,60. È
vietata la riproduzione anche parziale degli articoli senza autorizzazione. La responsabilità di quanto espresso negli articoli
firmati è esclusivamente degli autori. Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Autorizzazione del
Tribunale di Roma n. 17397 del 26 settembre 1978. Iscrizione al R.O.C. n.10606/2004.
ASSOCIAZIONE
ITALIANA
PODOLOGI
PRESIDENTE
Mauro Montesi
VICEPRESIDENTI
Arcangelo Marseglia
Giovanni Pepè
CONSIGLIO DIRETTIVO
Giovanni Antonacci, Takis Capitini,
Bruno Cordazzu, Marco Costantini,
Antonio D’Amico, Erica Marini,
Mauro Montesi, Arcangelo Marseglia,
Linda Passaro, Giovanni Pepè,
Enrico Bertoncelli (Rapp. Studenti)
COLLEGIO DEI PROBIVIRI
Isabella Bianco, Catia Filippi,
Stefano Mella, Gerardo Russo,
Luigi Ursida
COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI
Fabio Bascherini, Carlo Bruziches,
Amalia Carpinella, Antonietta Meloni,
Susanna Pacifici
COMUNICAZIONE
E RAPPORTI ISTITUZIONALI
Benedetto Leone
INDIRIZZO SITO AIP
www.associazionepodologi.it
e-mail: [email protected]
Editore Associazione Italiana Podologi
Direzione e redazione Via E. Longoni, 81 - 00155 Roma Tel. 06/2282023,
E-mail: [email protected] - Internet: www.associazionepodologi.it
Impaginazione e stampa Eurolit, Roma - Tel. 06/2015137 Fax 06/2005251
In tipografia il 2 maggio 2008
Distribuzione Istituto Podologico Italiano
associato all’Uspi (Unione Stampa Periodica Italiana)
INSERZIONISTI
SanaGens tel. (0422) 406160 - Valleverde Bimbi tel. (0541) 657601
Europodos tel. e fax (06) 2252353 - Valleverde tel. (0541) 657147 - QualiFarma tel. (0523) 803026
CORSO DI LAUREA
IN PODOLOGIA
03
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
Al Governo chiediamo
di valorizzare la podologia.
Intanto il Ministero della Giustizia
fa un po’ di pulizia…
editoriale
I
n questi ultimi mesi abbiamo potuto vedere (e giudicare) i primi passi del nuovo Governo guidato dal Cav. Silvio Berlusconi.
Molto attivismo e decisionismo in tanti settori, ma per ciò che riguarda la sanità sembra che l’esecutivo non voglia scoprire le proprie carte.
Se appare chiaro che per fare fronte alla spesa sanitaria sempre più crescente, in base ai conti inviati al Ministero dell’economia dalle Regioni - che rimangono titolari della gestione dei servizi sanitari offerti - si dovrà necessariamente ricorrere al ticket, invece sul fronte dell’organizzazione, della qualità dell’offerta, degli standard minimi che dovrebbero essere garantiti ai tutti i cittadini italiani, dal Nord al Sud, il progetto della nuova Amministrazione non appare nitido come per
altri ambiti importanti della vita sociale del paese.
Per questo ci siamo permessi, dalle pagine di questa rivista, di rivolgersi direttamente al Governo per chiedere di intervenire in tempi rapidi su alcune questioni che riteniamo, come Associazione italiana podologi, importanti per assicurare agli italiani oggi, e nel prossimo futuro, un sistema sanitario in grado di rispondere alla loro domanda di salute e benessere.
Crediamo che il clima politico che si sta vivendo nel nostro paese, a differenza del recente passato, possa permette il raggiungimento di risultati importanti, di concretizzare riforme che sono rimaste in gran parte, a distanza di anni, sulla carta.
Ribadiamo, per esempio, che ci appare sempre più necessario modificare l’attuale profilo professionale del podologo in
quanto oggi limita l’azione del professionista al trattamento, soltanto con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapici, di
un numero circoscritto di patologie. È uno spreco di risorse nel contesto dell’organizzazione sanitaria e, soprattutto, alla luce della formazione universitaria prevista per l’accesso alla professione.
Chiediamo che sia inserita l’attività podologica nei livelli essenziali di assistenza (LEA), almeno per i pazienti diabetici, per
quelli a rischio amputazione o colpiti da patologie croniche. Ciò renderebbe gratuito il ricorso al podologo il quale, oggi, è a
totale carico del paziente, tra cui tantissimi anziani.
Così come ci sembra non più rinviabile l’istituzione degli Ordini e degli Albi per le professioni sanitarie, le quali rappresentano una garanzia per il cittadino che si affida alle cure di questi operatori. Si eliminerebbe il problema grave dell’abusivismo rendendo, allo stesso tempo, migliori le condizioni di svolgimento della professione.
Altri punti qualificanti di questo programma sono l’inserimento degli ambulatori podologici negli ospedali più avanzati nella
cura e assistenza di specifiche malattie, come il diabete, e la promozione dei servizi di medicina del territorio. Questo modello di assistenza, basata sulla forte collaborazione tra medici di famiglia, professionisti e specialisti, in cui il paziente è preso in carico dai vari operatori e seguito passo dopo passo nella sua cura è la strategia più efficace per evitare inutili ospedalizzazioni, eliminare sprechi economici e sviluppare una reale azione di prevenzione contro le complicanze invalidanti di
alcune patologie.
Infine, ma fondamentale per il futuro della categoria, assicurare un’adeguata qualità alla formazione universitaria delle nuove figure professionali, compresa quella del podologo. Occorre che gli Atenei garantiscano uno standard minimo dell’offerta formativa, in cui sia presente una buona preparazione teorica e pratica e in cui siano svolti, in centri specializzati, tirocini realmente abilitanti per l’esercizio della professione.
Su tutto questo aspettiamo delle risposte. Insomma, fatti concreti e non parole.
Intanto ci possiamo “accontentare” di uno degli ultimi provvedimenti che il governo guidato da Romano Prodi, ha varato prima di andare via.
Nei prossimi mesi il Ministero della Giustizia, dopo la pubblicazione di un apposito decreto, procederà all’iscrizione, in uno
specifico elenco, delle Associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni regolamentate per le quali non esistono Ordini, Albi e Collegi.
Si tratta di un atto concreto verso l’individuazione, attraverso un rigoroso vaglio dei requisiti, di quelle Associazioni che difendono realmente i professionisti, le loro aspirazioni e i loro valori. Ovviamente l’Aip ha già inviato tutta la documentazione
per l’iscrizione al registro.
Insomma, è una buona notizia. Finalmente si ripulisce la “comunità” delle associazioni da gruppi di potere che operano a
tutela dei propri interessi corporativi ed economici. I
05
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
sommario
AIP
Cosa chiediamo al nuovo Governo sui temi della sanità _______07
07
12
Exposanità: più attenzione alla qualità
della formazione universitaria ___________________________09
A Bologna confronto su Europa
e futuro delle professioni sanitarie _______________________11
PROFESSIONE
La cartella clinica digitale: i vantaggi per la podologia ________12
Al via il riconoscimento delle Associazioni
rappresentative delle nuove professioni ___________________13
NEL MONDO
Grande soddisfazione per i lavori
del XVI Congresso della FIP_____________________________15
15
22
MASS MEDIA
Montesi: Dai podologi guerra alle amputazioni ______________17
AGENDA
Notizie Aip __________________________________________21
FORMAZIONE
Cresce la ricerca scientifica in podologia
nei corsi universitari __________________________________22
SANITÀ
Istituto Podologico Italiano: l’eccellenza come missione _______25
CONGRESSO AIP 2008
Il trattamento dell’ulcera infetta: passato, presente e futuro ____29
32
Dermopatie podaliche: ruolo della semeiotica
e delle indagini strumentali _____________________________32
06
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
Il nuovo clima che sta accompagnando l’azione dell’esecutivo
guidato da Silvio Berlusconi può essere molto favorevole per tentare
di realizzare tutte le riforme che fino ad oggi sono delle incompiute,
dal nuovo assetto del SSN al riconoscimento del ruolo
delle professioni sanitarie attraverso l’Ordine e gli Albi.
AIP
Mauro Montesi
Cosa chiediamo al nuovo
Governo sui temi della sanità
no degli ultimi rapporti sullo “stato di salute” della
sanità italiana, elaborato da una delle più importanti
associazione di utenti e cittadini, ha analizzato con
attenzione gli effetti di un federalismo mal gestito che ci
consegna un servizio sanitario nazionale sempre più disomogeneo, con un’offerta differenziata da regione a regione,
e che troppo spesso fa della burocrazia uno strumento per
ridurre l’accesso dei cittadini.
Come, purtroppo, accade spesso nel nostro paese, una riforma che doveva garantire maggiori diritti e servizi di qualità,
nei fatti si è realizzata contro i cittadini. Invece di impegnarsi a rafforzare un modello di sanità nazionale se ne sono costruiti venti, fragili nella loro offerta di assistenza, ma molto
“voraci” nel consumare soldi pubblici.
Con il federalismo, però, emerge un’altro problema che è
quello dell’eccessiva burocratizzazione, ovvero tutti gli intoppi amministrativi e di mala gestione che si accaniscono soprattutto sui malati cronici. Oggi si deve aspettare da uno a
tre anni per il riconoscimento di invalidità civile e fino a 15
giorni per l’attivazione dell’assistenza domiciliare. Alla fine il
cittadino tende a rinunciare o a pagare di tasca propria. E
questo vale soprattutto per ciò che riguarda l’assistenza
“fuori ospedale”, ossia la medicina territoriale che dovrebbe
essere l’alternativa per spendere meno e che finisce, invece, per diventare ulteriore elemento di complicazione.
Il quadro, così descritto dalla ricerca, non si modificherebbe
di certo se venissero chiesti, a noi podologi, i dati e le informazioni che raccogliamo quotidianamente. I nostri studi professionali sono degli osservatori molto “sensibili”: apprendiamo dagli utenti cosa succede negli ospedali, nelle cliniche e nei centri specialistici; quali percorsi tortuosi sono costretti a fare molte volte i pazienti, affetti da malattie podaliche, che non ricevono le giuste informazioni. Siamo testimoni, insieme agli stessi cittadini, dell’inefficienza di un sistema sanitario eccessivamente centrato sull’ospedalizzazione.
Un’organizzazione che utilizza male e poco le risorse sanitarie presenti sul territorio, a cominciare dai medici di famiglia
e dai nuovi professionisti sanitari, e che non investe sulla
prevenzione e sull’educazione alla salute.
L’Associazione italiana podologi ha sempre difeso la filosofia
che sta alla base del Sistema sanitario nazionale e che in questi trent’anni ha garantito a tutti gli italiani, ricchi o poveri, una
buona assistenza medica ed ospedaliera. E vogliamo conti-
Presidente Aip
U
Il Giuramento del Governo Berlusconi
nuare a difendere questi principi che caratterizzano un sistema sanitario ritenuto, dalla comunità internazionale, il secondo a livello mondiale per qualità. Il nostro intento, dunque, è di
rafforzare questo modello, chiedendo alla politica di fare delle
scelte di fondo, razionalizzando la spesa sanitaria, attraverso
la valorizzazione della medicina del territorio e il miglioramento dell’assistenza ospedaliera che, però, deve essere limitata
solo ai casi in cui il ricovero è l’ultima e necessaria soluzione.
Tutto questo, però, diventa una meta sempre più difficile da
raggiungere alla luce dei tagli indiscriminati delle risorse per
la salute dei cittadini, degli interessi corporativi e delle rendite di posizione di chi ha sempre vantato privilegi nel mondo della sanità.
Ecco perché chiediamo al nuovo Governo, entrato in carica a
maggio, di intervenire su alcune questioni che l’Associazione
ritiene importanti per assicurare agli italiani oggi, e nel prossimo futuro, un sistema sanitario in grado di rispondere alla
loro domanda di salute e benessere. Crediamo che il clima
politico che si sta vivendo nel nostro paese, a differenza del
recente passato, possa permette il raggiungimento di risultati importanti, di concretizzare riforme che sono rimaste in
gran parte, a distanza di anni, sulla carta.
Dunque, ci permettiamo di suggerire al Presidente del
Consiglio, Silvio Berlusconi, al Ministro per il Lavoro, Salute
e Politiche sociali, Maurizio Sacconi, e al suo Sottosegretario
di Stato, con delega alle questioni della sanità, Ferruccio
Fazio, una piccola agenda politica per i prossimi cinque anni. Un vademecum di sei punti che, ne siamo convinti, se
07
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
AIP
realizzati, potranno apportare, insieme ad altri interventi,
quei miglioramenti alla qualità dell’assistenza sanitaria che i
cittadini si aspettano, senza incidere sul bilancio dello Stato
e, dunque, sulle tasche degli italiani.
Il Ministro per il Lavoro, Salute e Politiche sociali, Maurizio Sacconi
1. Chiediamo al nuovo Governo di modificare il profilo professionale del podologo. Per la formazione universitaria
che oggi è acquisita dai podologi italiani, limitare l’azione
del professionista al trattamento con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapici, di patologie quali calli, unghie
ipertrofiche, deformi e incarnite e, in generale, il piede doloroso, è uno spreco di risorse nel contesto dell’organizzazione sanitaria. Ampliando il raggio d’azione del podologo, prendendo come punto di riferimento l’esperienza
spagnola, inglese ed americana, si potrebbero ottenere
migliori risultati in termini di prevenzione delle complicanze che scaturiscono da patologie come il diabete. Si darebbe una risposta alla domanda di cura e salute del piede, che proviene da segmenti importanti della popolazione, come quella anziana, che oggi non trova una risposta
adeguata nell’offerta del SSN.
2. Chiediamo al nuovo Governo di modificare i LEA, comprendendo tra i livelli essenziali di assistenza anche l’attività podologica, almeno per i pazienti diabetici, per quelli
a rischio amputazione o colpiti da patologie croniche che
impattano sulla salute dei piedi e sulla capacità di essere
autonomi nel camminare. Ciò renderebbe gratuito per
molti cittadini il ricorso alle cure del podologo, le quali sono oggi a totale carico del paziente. Crediamo fermamente che la qualità della vita per tantissimi italiani inizia proprio dai piedi, dalla possibilità di muoversi liberamente.
Camminare, e questo noi lo vediamo ogni giorno, significa stare bene anche psicologicamente, perché permette
l’autonomi e la socializzazione.
3. Chiediamo al nuovo Governo di introdurre l’Ordine delle
professioni sanitarie e gli Albi collegati, così come è previsto dalla legge 1 febbraio 2006, n. 43. Pensiamo che il lavoro fatto fino ad oggi per la definizione del decreto legislativo che avrebbe dovuto istituire tali strumenti non debba
essere sprecato. Ordini e Albi rappresentano una garanzia
per il cittadino che si affida alle cure dei nuovi professionisti sanitari, togliendo di mezzo il problema grave dell’abusivismo e, allo stesso tempo, migliorano le condizioni di svolgimento della professione in un contesto lavorativo e formativo senz’altro più competitivo a livello europeo ed internazionale. Crediamo che vadano superate resistenze e corporativismi in nome di un sistema complessivo che tuteli il
cittadino mettendo al centro, sempre, la sua salute.
4. Noi chiediamo al nuovo Governo che all’interno degli ospedali più avanzati sia presente un ambulatorio podologico o,
comunque, sia prevista nelle dotazioni organiche delle Asl
regionali la presenza di un podologo per ogni presidio
ospedaliero. Un ospedale in cui non sono trascurati i traumi e le malattie del piede è un’organizzazione efficiente ed
“intelligente” in quanto guarda ai reali bisogni di assistenza e cura di tanti cittadini ed evita inutili ospedalizzazioni
attraverso un’attente e programata prevenzione.
5. Noi chiediamo al nuovo Governo che siano promossi in tutte le regioni modelli di medicina del territorio e servizi sanitari specifici per alcune patologie invalidanti, come il diabete, in cui sia coinvolta, a pieno titolo, la rete degli studi
podologici. Dovranno essere convenzionati solo i centri che
rispettino determinati requisiti e standard qualitativi rigidi
ma, allo stesso tempo, pensiamo che sia non solo corretto, ma anche necessario per la salute dei pazienti, che i
podologi siano messi in grado di svolgere il proprio ruolo
per la prevenzione, assistenza e cura del piede, senza limiti imposti da chi pretende per i nuovi professionisti sanitari il ritorno alle funzioni “ausiliarie”. L’Aip darà il pieno
appoggio ad una riforma del SSN che garantisca la centralità del paziente, la continuità assistenziale, il superamento della frammentazione e della sequenza prestazionale, e
adotti la logica della presa in carico della persona.
6. Noi chiediamo al nuovo Governo di assicurare un’adeguata qualità per la formazione universitaria delle nuove figure professionali, compresa quella del podologo. I corsi devono garantire in tutti gli Atenei un modello omogeneo di
formazione, con una preparazione teorica e pratica di livello universitario e tirocini realmente abilitanti per l’esercizio della professione. La qualità paga sempre, soprattutto nel campo della preparazione professionale dei giovani
e nelle ricerca scientifica.
Siamo consapevoli che gli obiettivi di questa agenda politica
sono difficili da centrare. Le resistenze al cambiamento sono tante e diffuse in vari settori. Ma dobbiamo cogliere l’occasione che ci si presenta davanti: l’idea, ormai diffusa, che
questo paese ha bisogno di riforme forti e profonde in tanti
settori della vita sociale ed economica. Questo Governo, per
i numeri e l’omogeneità della sua composizione, ha la possibilità di dare risposte concrete, in grado di liberare energie,
che sono oggi imbrigliate dentro il sistema, per migliorare la
qualità dell’assistenza sanitaria.
L’Associazione italiana podologi, su queste basi, accetta la
sfida del cambiamento ed è pronta a dare il proprio valore
aggiunto. I
08
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
Al Forum della sanità organizzato a Bologna, il convegno tenuto
dai vertici dell’Associazione sul tema della laurea in podologia
ha riscosso grande interesse: Molti podologi sollevano il problema
della disomogeneità tra i corsi universitari e i diversi livelli
di preparazione alla professione. Si è discusso anche
dell’assistenza e della prevenzione per il piede diabetico.
AIP
Benedetto
Leone
Responsabile
comunicazione Aip
Exposanità: più attenzione
alla qualità della formazione
universitaria
“N
on ci hanno insegnato quasi nulla di quello che dovevamo fare
una volta laureati, ma solo ciò
che non avremmo dovuto fare”. Una giovane
neolaureata così si sfoga con i dirigenti
dell’Associazione italiana podologi, subito dopo
il convegno organizzato a Bologna lo scorso 31
maggio, in occasione di Exposanità.
Apriamo questa cronaca dell’evento con lo sfogo della giovane podologa, a dimostrazione di
come l’Aip abbia centrato il bersaglio scegliendo di porre al centro della giornata i problemi
connessi alla formazione universitaria presso
alcuni Atenei, ancora all’anno zero in termini di
ricerca, di esperienza pratica, in una parola di
insegnamento diretto alla professione.
È da quando è stata istituita la laurea che la
nostra Associazione ha saputo ben cogliere
tutte le incongruenze e i limiti che si stavano verificando in molti corsi. Perché non sono integrati fra di loro? Perché quasi ovunque non si fa un tirocinio serio? Perché dal
corpo insegnante sono praticamente esclusi i podologi? Queste ed altre sono le domande che vengono dagli stessi studenti,
che sempre più spesso denunciano un malessere crescente, del quale abbiamo avuto un chiaro esempio nelle parole sopra riportate.
Mauro Montesi
“Ci insegnano a togliere i calli e poche altre nozioni; la preoccupazione maggiore nel corso
dei tre anni sembra essere quella di precludere ai laureati in podologia un futuro che preveda la possibilità di svolgere diagnosi, cura e
riabilitazione relative a patologie più serie e
complesse”.
09
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
AIP
E proprio di queste ha trattato Mauro
Montesi, affrontando il tema del piede diabetico e sottolineando il contributo che può fornire il podologo, soprattutto in termini di prevenzione.
“La nostra” ha detto Montesi “è una professione di grande rilievo che va sempre più
affermandosi in Italia, tant’è vero che ha incassato grandi riconoscimenti anche da
parte di Organizzazioni internazionali, come
la Federazione internazionale podologi”.
Montesi ha anche insistito sul ruolo del podologo, il quale può lavorare in maniera autonoma, anche se in integrazione con il medico di base e con lo specialista.
Giovanni Pepé
Quanto alla formazione universitaria ha riproposto ciò che da tempo l’Aip va sostenendo
e, cioè, l’opportunità di scambi
di studenti tra i vari corsi sul territorio; in pratica, degli stage dei
ragazzi presso altre università.
I partecipanti al Convegno hanno avuto modo di seguire il filmato prodotto dall’Istituto
Podologico Italiano, in collaborazione con l’Aip, sulla professione di podologo; un filmato
che ha riscosso unanime consenso per la capacità di far capire la professione innanzitutto
alla gente, ma anche ai medici
e agli specialisti, oltre che alle
Istituzioni centrali e locali.
In pratica, si può dire che è
stato tracciato un ritratto a tutto tondo della professione, tenuto conto anche delle interessantissime relazioni dei vicepresidenti Giovanni Pepè e
Arcangelo Marseglia, nonché del Prof. Marco
Cavallini.
Gianni Pepé, utilizzando come base un lavoro di Antonio D’Amico, ha valorizzato quella
che può essere definita la storia della professione, dai primi “interventi” del 1700 fino ai
successi odierni. Arcangelo Marseglia ha ripreso il tema della formazione soffermandosi sul progetto Erasmo e sulle opportunità
che offre ai fini di affinare le proprie conoscenze e la propria abilità professionale.
Marco Cavallini, che, come è noto, è il Presidente del corso di laurea de “La Sapienza” di
Roma, ha completato il quadro relativo alla
formazione sviluppando un’interessante relazione sul “Master del piede diabetico”, di
cui è Direttore, e giunto ormai alla quarta
edizione.
“La partecipazione al Master” ha detto
Cavallini “sta ha dimostrare come il podologo
sia ormai maturo per assistere il paziente
diabetico sia nella fase della prevenzione,
che in quella della cura e riabilitazione”.
Cavallini ha anche dimostrato come la cura
delle ulcere da parte del podologo abbia dato risultati di grande efficacia, soprattutto per
ridurre il numero delle amputazioni maggiori
e minori e quindi dei ricoveri ospedalieri.
È facile, in definitiva, comprendere lo sfogo
della podologa neolaureata. Nel corso del
Convegno di Bologna ha potuto confrontare
la figura del podologo illustrata dai dirigenti
Aip con la situazione sua e di tanti suoi colleghi. Ha potuto, cioè, rendersi conto come il
corso da lei frequentato per conseguire la
laurea sia assolutamente inadeguato rispetto
al ruolo che nella Sanità italiana la podologia
sta sempre più assumendo.
“Ora comincio a imparare qualcosa in più
che non togliere i calli” ci ha detto la giovane podologa “ora che sto facendo esperienza in uno studio il cui titolare dimostra grande professionalità, probabilmente anche perché è stato più fortunato di me negli anni
della formazione universitaria”.
Non occorre aggiungere altro! I
10
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
All’Exposanità l’Associazione ha partecipato al convegno
dove l’ospite d’onore e autore sulla direttiva 36 del 2005,
l’onorevole Stefano Zappalà, parlamentare a Strasburgo, ha illustrato
i principi ispiratori della norma che ha l’obiettivo di dare pieno
riconoscimento nell’Unione europea ai professionisti sanitari.
A Bologna confronto
su Europa e futuro delle
professioni sanitarie
ella cornice dell’Exposanità, svolto a Bologna,
l’Associazione italiana podologi è intervenuta con
una sua delegazione alle riunioni e agli eventi di
maggiore importanza per il futuro dei professionisti sanitari.
In tale contesto, tra gli incontri più rilevanti, l’Aip non è mancata al convegno nel quale era presente l’onorevole Stefano
Zappalà, parlamentare europeo, protagonista del processo
di integrazione normativa ed operativa tra i professionisti dei
ventisette paesi dell’Unione Europea, soprattutto attraverso
l’introduzione della Direttiva 2005/36/CE, nota, appunto,
come “Direttiva Zappalà”.
Hanno partecipato all’evento parlamentari nazionali di maggioranza e di opposizione, interessati alle tematiche sanitarie, e funzionari del Ministero della Salute, anch’essi autori
dei processi di evoluzione della normativa tuttora, però, non
completati.
Dal dibattito è emersa la volontà dei politici di venire incontro alle esigenze di autogoverno, di vigilanza e di tutela manifestate dalle professioni sanitarie.
In questo quadro, i vari interventi hanno dato atto della
specificità dell’attività curativa, che rende comprensibili
apposite limitazioni, ad esempio in campo pubblicitario.
Cosicché, parlare di “liberalizzazioni” nella materia della
salute è stato unanimemente giudicato del tutto fuori luogo, considerato che si tratta di un delicato settore in cui la
persona si trova obiettivamente esposta a inferiorità e
rischi di danno.
Se ne è tratta l’ulteriore considerazione secondo cui la
Legge n. 43 del 2006 non ha perso efficacia, ma continua a
imporre allo Stato di istituire organismi di gestione delle professioni in conformità ai principi di autonomia e di responsabilità.
Ciascun relatore ha chiaramente indicato nella protezione
dei cittadini il fine delle norme esistenti e di quelle future in
tutti i Paesi dell’Unione Europea. Perciò, anche le “piattaforme comuni” europee delle singole figure professionali
sono dirette, sì, a dare chiarezza e uniformità dei profili a livello continentale, ma, in definitiva, intendono assicurare
standard qualitativi su tutto il territorio europeo, ragguagliati
alle soglie più alte di sviluppo sin qui riscontrate nei diversi
Paesi.
AIP
Marco Croce
Legale AIP
N
L’obiettivo della disciplina comunitaria sopra richiamata è,
dunque, quello di consentire a ciascun professionista dei
ventisette paesi dell’Unione di esercitare l’attività professionale liberamente nel territorio dell’uno o dell’altro Stato,
purché in possesso di titolo abilitante validamente rilasciato
da un’Autorità nazionale e, ove occorra, dopo avere conseguito una preparazione aggiuntiva richiesta dal singolo Stato
di residenza come “misura compensativa” necessaria per elevarsi fino al livello formativo dei professionisti operanti in
quella stessa nazione.
È stato osservato che non si è conseguito, a tutt’oggi, un
metodo ottimale di cooperazione tra gli Stati dell’Unione europea in tema di vaglio dei titoli riconoscibili ai fini dell’esercizio della professione: le questioni, nella loro concretezza,
presentano, in effetti, aspetti problematici che derivano dalla grande estensione del territorio dell’Unione e dall’eterogeneità degli ordinamenti, pure in campo sanitario.
Il lavoro da fare è, quindi, ingente, ma la dedizione di ognuno
alla propria attività professionale, svolta con serietà e passione, rappresenta la migliore garanzia della raggiungibilità
della meta, in particolare una sanità efficiente ed efficace su
tutto il territorio continentale ed oltre. I
11
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
professione
Il documento che raccoglie dati sullo stato di salute
e sulle particolari patologie del paziente si trasforma
grazie all’innovazione tecnologica. Digitalizzata diviene
uno strumento per migliorare l’attività del professionista, ma
è determinante anche per la qualità dell’offerta sanitaria.
Giuseppe Raffa
coordinatore
editoriale
La cartella clinica digitale:
i vantaggi per la podologia
a cartella clinica informatizzata è divenuta uno strumento indispensabile di lavoro per i medici di medicina generale e gli specialisti, ma si sta diffondendo
sempre più rapidamente anche nelle strutture ospedaliere.
Ciò si spiega con le possibilità che offre:
- avere a disposizione in tempo reale i dati anamnestici e le
terapie in corso;
- fornire con una certa rapidità ricette, moduli o documenti
utili al pazienti;
- seguire nel tempo le patologie e partecipare ad indagini
epidemiologiche, così com’è previsto dagli accordi in alcune regioni italiane.
La cartella clinica è un documento che si caratterizza fortemente a secondo l’ambito di utilizzo. Così, per esempio, in
ospedale è opportuno che si focalizzi l’attenzione sugli eventi prossimi che portano a
un certo iter diagnostico
verso una determinata
patologia, mentre nell’ambito degli studi podologici la cartella clinica è necessaria per raccogliere dati sulla specifica malattia podalica
per cui è stata richiesta
la visita, ma deve anche
essere utilizzata per distinguere fra problemi
attivi, per i quali deve ancora essere trovata una soluzione, e
problemi inattivi, ovvero già risolti.
La cartella clinica in Italia non è considerata di proprietà del
Sistema sanitario nazionale, come per esempio in Gran
Bretagna, ma del professionista sanitario. Questo ha, ovviamente, facoltà di trasmetterla a specialisti, medici di famiglia
e strutture ospedaliere coinvolti nella cura del paziente. In
genere non viene lasciata al paziente per evitare dimenticanze, smarrimenti, incongrue consultazioni, mentre è buona
norma lasciare al paziente gli originali degli esami e delle visite specialistiche affinché possano servire in caso di emergenza come fonte di dati per i medici.
Le cartelle devono essere riviste periodicamente e ripulite di
tutti quei dati che possono essere divenuti superflui per la
lettura della cartella.
L
L’innovazione tecnologica, su questo fronte, offre grandi
vantaggi e non solo per il lavoro di medici e professionisti
sanitari. La cartella clinica informatizzata permette la gestione facile e rapida delle informazioni anagrafiche, amministrative, fiscali e, ovviamente, cliniche, del paziente. Ma consente anche di disporre di diagnosi assistite (i cosiddetti percorsi diagnostici), di richiamare i controlli da eseguire su pazienti affetti da una determinata patologia, di collegarsi in rete con medici e altri professionisti, di avere in tempo reale
informazioni sulle interazioni fra determinati farmaci, effetti
collaterali dei farmaci stessi, il loro utilizzo in particolari situazioni.
Dal punto di vista del Sistema sanitario nazionale, l’interesse è di promuovere l’utilizzo di questo strumento in quanto
permette il collegamento del professionista con le ASL e
consente di condurre indagini epidemiologiche molto precise su scala nazionale. Per questo il progetto più ambizioso
vede la realizzazione di una rete nazionale costituita da medici, specialisti, ospedali e professionisti sanitari.
Una delle difficoltà che ostacola la realizzazione del progetto è anche lo scarso utilizzo che fanno i medici del computer nella gestione del documento. Infatti, ad oggi, si conta
che solo il 10% di essi utilizza nella piena funzionalità la cartella clinica informatica. E questo può avere una sua giustificazione nell’inadeguatezza di software scelti in base a ciò
che offriva il mercato e, dunque, poco inidonei a soddisfare
tutte le esigenze del professionista.
I podologi, da questo punto di vista, hanno fatto una scelta
strategica importante. Hanno stabilito, grazie alle linee dettate dall’Associazione italiana podologi, di costruire, con un
progetto di medio lungo periodo, un prodotto basato sulle
specifiche esigenze degli studi podologici, rifiutando soluzione già pronte, ma disegnate sul lavoro di altre categorie professionali della sanità.
Grazie alla partnership tecnica con la società AKOS, i podologi possono contare su un software che ha già tutte le funzionalità indispensabili per la propria attività e per la gestione delle informazioni epidemiologiche da fornire al SSN.
Dunque, c’è l’occasione di dimostrare che sul terreno dell’innovazione e dello sviluppo delle nuove tecnologie nel
campo dell’assistenza e delle cura della salute la podologia
è un alleato pronto e affidabile per la sanità pubblica. I
12
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
Il Decreto del Ministero della Giustizia del 28 aprile scorso apre alla
“certificazione” delle Associazioni di professionisti non iscritti ad alcun
Ordine, Albo o Collegio. Le strutture potranno iscriversi in un Registro
tenuto dal Dicastero, il quale verificherà i requisiti organizzativi e di
rappresentatività nazionale che dovranno sussistere da almeno 4 anni.
Al via il riconoscimento delle
Associazioni rappresentative
delle nuove professioni
o scorso 26 maggio, nella Gazzetta ufficiale della
Repubblica Italiana, è stato pubblicato il Decreto del
Ministro della Giustizia, emanato di concerto con il
Ministro per le Politiche europee, che regola il procedimento per l’iscrizione delle Associazioni rappresentative a livello
nazionale delle professioni regolamentate per le quali non
esistono Ordini, Albi e Collegi, nell’elenco tenuto dallo stesso Ministero della Giustizia.
Si tratta di un provvedimento a carattere generale che interessa tutti gli Enti operanti in ogni settore dell’Associazionismo
del nostro paese che abbiano l’ambizione di rappresentare a
livello nazionale, coloro che esercitano una professione riconosciuta al di fuori di una disciplina ordinistica.
A parere dello scrivente, si tratta di un atto concreto verso
l’individuazione delle Associazioni realmente rappresentative
dei professionisti, delle loro aspirazioni, dei loro valori e non
di quelli di determinati gruppi di potere che localmente operano per la tutela di interessi corporativi.
Infatti, il provvedimento individua, con semplicità ma anche
con rigore, i requisiti che la singola Associazione deve possedere per essere annotata nell’apposito registro ministeriale. Alcuni di queste prerogative sono di carattere meramente burocratico come la costituzione per atto pubblico o che
gli atti dell’Associazione siano tenuti con trasparenza e abbiano la massima diffusione tra i soci.
Ma le più significative vanno nella direzione, da sempre auspicata da questa Associazione, dell’autentica tutela della
specifica attività svolta dai professionisti e dell’utenza che di
questa professionalità usufruisce. Viene richiesta alle strutture interessate di dimostrare la democraticità dei propri asseti istituzionali interni, degli atti deliberati dagli organi sociali e, in particolare, di prevenire situazioni di conflitto di interessi o incompatibilità. Inoltre, le Associazioni dovranno dimostrare di possedere una struttura presente sul territorio
nazionale e che la stessa abbia le capacità operative di supportare le finalità previste dallo statuto, in un rigoroso regime di assenza di scopo di lucro.
Soprattutto l’aspetto di salvaguardia della professione viene
espletato richiedendo l’obbligo di aggiornamento costante
degli esercenti e l’adozione di un codice deontologico con la
previsione di adeguate sanzioni da parte degli inosservanti .
L
professione
Mauro Montesi
Presidente Aip
Da ultimo è significativo osservare che i requisiti più importanti devono essere posseduti dalle Associazioni da “almeno
quattro anni”.
Dunque, le Associazioni ”appari e fuggi”, appositamente costituite al momento per fregiarsi della rappresentanza nazio-
nale di una professione, avranno, finalmente, vita difficile.
Nel nostro mondo, nel mondo della salute e della sanità,
questo provvedimento avrà delle ripercussioni su tutta una
serie di adempimenti che le Amministrazioni dello Stato pongono in essere proprio in virtù della rappresentanza su base
nazionale delle Associazioni delle professioni sanitarie.
In questo momento, al riguardo, è ancora vigente il Decreto
del Ministro della Salute del 19 giugno 2006 che, alla luce
della nuova regolamentazione, dovrebbe essere superato in
quanto le Associazioni delle professioni sanitarie per le quali non è stato costituito un Ordine, Albo o Collegio rientrano
a pieno nella casistica disciplinata.
Dunque, per le consultazioni periodiche effettuate dal
Ministero della Salute per i fabbisogni annuali dovranno essere convocate unicamente quelle iscritte all’elenco previsto
dal Decreto del 28 aprile 2008. Così come non potranno più
essere richiesti i rappresentanti da collocare in seno alle
Commissioni di laurea alle Associazioni equivoche o non
iscritte.
13
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
professione
Ma, soprattutto, dovrebbe essere scongiurato il mercato della credibilità messo in piedi da soggetti che poco hanno a
che fare con la salute del cittadino, ma che raggirandolo nel
momento in cui è più debole (ossia durante la malattia) riescono a trarne un indebito profitto, squalificando tutta la categoria dei professionisti sanitari.
È, purtroppo, di questi giorni l’ennesima brutta storia di mercimonio in sanità perpetrato addirittura in una struttura sanitaria di degenza chirurgica a Milano. Falsi ricoveri, operazioni
inutili, rimborsi gonfiati. Appare evidente che il mondo della
sanità e chi pretende di esercitare la professione in questo
mondo debba avere le carte in regola e debba operare secondo un codice deontologico rigido, che preveda anche sanzioni
dure per chi vuole arricchirsi truffando lo Stato e il cittadino.
Non sarà risolutiva del gigantesco problema della malasanità italiana, ma l’emanazione del Decreto del Ministero di
Giustizia può essere un primo passo per dare alle
Associazioni professionali una veste di legalità e controllo
che deve essere il primo gradino per l’istituzione degli Ordini
e degli Albi per tutte le professioni sanitarie. I
La scheda
È il secondo pilastro delle organizzazioni professionali
ossiamo definirla, come è stato scritto da più parti, come una “patente” che, in pratica, fa emergere giuridicamente le associazioni dei professionisti che in Italia non sono regolamentati da Ordini, Albi e Collegi. Insomma,
è l’anticamera dell’Ordine delle professioni sanitarie ma, già da oggi, rappresenta il secondo pilastro delle organizzazioni professionali italiane.
Il Decreto del Ministero della Giustizia del 28 aprile scorso, e pubblicato successivamente sulla Gazzetta Ufficiale il
26 maggio, fissa il perimetro applicativo di diritti, doveri e requisiti richiesti alle associazioni delle professioni non regolamentate per la rappresentanza in chiave europea. L’obiettivo, infatti, è di far partecipare questi soggetti alle piattaforme comuni da discutere su scala europea.
Dando corpo all’articolo 26 del Decreto Legislativo n. 206 del 2007, il quale ha recepito la Direttiva europea sulle
qualifiche professionali, l’amministrazione pubblica dà alle associazioni, che devono prevedere “la tutela della specifica attività svolta dai professionisti o esercenti arti e mestieri”, la possibilità di iscriversi in un Registro tenuto dal
Ministero della Giustizia. Le stesse associazioni saranno sottoposte a verifica dei requisiti dal punto di vista della
struttura organizzativa e della rappresentatività nazionale, che dovrà esistere da almeno quattro anni.
Le associazioni non potranno rilasciare agli iscritti un attestato di competenza, ma dovranno comunque prevedere
“l’obbligo all’aggiornamento professionale costante” e dovranno definire “strumenti idonei ad accertare l’effettivo
assolvimento di tale obbligo”. Un regola che non possono vantare neppure gli Ordini professionali esistenti nel nostro ordinamento.
P
La domanda di inserimento nell’elenco del ministero va inoltrata al Dipartimento per gli Affari di giustizia ed entro
centoventi giorni dalla ricezione, la Direzione ne verifica la sussistenza e richiede al Cnel il proprio parere. Almeno
venti giorni prima della scadenza dei quattro mesi in cui deve essere data notizia sull’esito del procedimento, il ministero può richiedere informazioni aggiuntive, le quali devono essere fornite entro tre settimane dalla richiesta. Una
volta “incluse” nel Registro, le associazioni verranno sottoposte a verifica ministeriale triennale.
Il provvedimento di diniego, la cancellazione e la revoca sono adottati dal ministero della Giustizia con un apposito
decreto. Contro il provvedimento si erano già espressi molti Ordini professionali che hanno bollato questa iniziativa,
una delle ultime del Governo Prodi, come “un indebito presupposto giuridico per l’equiparazione tra Ordini e
Associazioni”.
“Con la pubblicazione del decreto attuativo sulla G.U. - ha dichiarato Pierluigi Mantini, deputato del Partiti democratico e componente della Commissione Giustizia della Camera - è ormai ufficiale la procedura di riconoscimento delle associazioni professionali in Italia. È una parte importante delle politiche del lavoro, attuata per iniziativa delle forze del PD nella scorsa legislatura, perché esistono molti nuovi profili professionali nei campi dell’economia della conoscenza e dei servizi, che meritano di essere riconosciuti e responsabilizzati dinanzi al mercato e alla società”.
“Questo provvedimento - afferma Giuseppe Lupoi, Coordinatore nazionale del Colap, la Confederazione delle associazioni professionali - non è soltanto un passo importante per il nostro paese ma un esempio per l’Europa che dimostra la volontà di rendere davvero possibile la libera circolazione delle persone nei vari Stati europei, avviando il
processo di regolamentazione delle associazioni e riconoscendo il loro ruolo ed il loro peso all’interno del sistema
professionale”. I
Giuseppe Raffa
14
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
Si è celebrato a Roma, lo scorso 9 e 10 maggio, l’Assemblea
generale della Federazione Internazionale dei podologi.
Affrontati i temi dell’evoluzione della professione e degli standard
qualitativi della formazione podologica in Europa.
Grande soddisfazione per i lavori
del XVI Congresso della Fip
nel mondo
Yvonne Bilancia
Segreteria Aip
l 9 e 10 Maggio scorsi si è tenuto a Roma il
XVI Congresso della Federazione Internazionale dei podologi (Fip) presso le sale
convegni dell’Hotel Crowne Plaza, già sede ad
aprile del XXIII Congresso nazionale organizzato
dall’Aip.
Sono intervenuti i maggiori esponenti della podologia europea, ma erano anche presenti numerosi rappresentanti di case farmaceutiche ed
esperti del settore. I temi fondamentali di questo congresso sono stati:
- L’evolversi della Podologia nel mondo
- L’Italia come esempio di evoluzione della podologia
- La costruzione di una piattaforma comune di
studi e formazione
I
Purtroppo non in tutti i paesi la podologia è ben conosciuta, o meglio in alcuni paesi la parola “podologia” non esiste
e si ricorre spesso all’appellativo di “callista”, come avviene in Portogallo.
Lo scopo di questo congresso era quello di invogliare i rappresentanti di alcuni paesi membri ad introdurre la podologia nei loro sistemi sanitari e di diffondere la figura del podologo come specialista del piede. Solamente in alcuni Stati,
quali l’Italia, la Spagna e la Francia il podologo è ben conosciuto ed affermato.
Il contributo dell’Italia e del presidente dell’Associazione
italiana podologi, Mauro Montesi, in questo congresso è
stato quello di dimostrare come con la volontà si possono
raggiungere determinati traguardi. Durante il congresso è
stato proiettato il video promozionale realizzato dall’Istituto
Podologico Italiano in collaborazione con l’Aip, il quale ha
mostrato come viene svolta l’attività del podologo all’interno
di un ambulatorio e l’attività pratica di tirocinio da parte dei
studenti universitari.
L’intento è stato quello di rivolgersi ad un pubblico costituito da
alcuni rappresentanti dei paesi che compongono la
Federazione internazionale che non conoscono ancora bene
l’attività del podologo italiano. Ma il filmato contiene anche dei
riferimenti tecnici che rendono questo strumento di comunicazione utile per diffondere meglio il profilo della professione tra specialisti e manager delle più importanti case farmaceutiche.
15
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
nel mondo
È stato un contributo notevole che ha lasciato sorpresi molti rappresentanti internazionali che
spesso hanno sottovalutato la figura del podologo italiano. In questo, quindi, il nostro paese può
presentarsi come un esempio di evoluzione dal quale tutti dovrebbero prendere spunto, come ha
affermato Serge Coimbra, presidente del Comitato delle professioni podologiche dell’Unione
Europea.
Un altro tema trattato, nella prima giornata del congresso dedicata all’assemblea della CLPUE
è quello dell’introduzione, da
parte dei paesi membri, di una
“piattaforma comune” di studi in
modo che il podologo, una volta
laureato, possa svolgere la propria professione anche al di fuori dei confini del proprio paese.
Purtroppo per il momento questo
obiettivo rimane solamente
un’idea, in quanto non in tutti i
paesi è previsto il corso di laurea
accademico, o quando è istituito
ha una durata annuale o biennale e, dunque, non riconosciuto
nei sistemi sanitari più evoluti.
Lo scopo di questa piattaforma è
di alzare il livello della preparazione professionale e di permettere a breve o medio termine la
pratica della chirurgia del piede
nei paesi che presenteranno una
formazione iniziale continua,
adeguata e di qualità.
Alcuni paesi sono già arrivati a
questo standard e, sicuramente,
l’Italia sarà uno di quei paesi che
potrà raggiungere questo obiettivo in quanto fornisce già ampie
garanzie di qualità della formazione.
In sostanza per praticare una
buona podologia bisogna avere
una buona formazione universitaria. E il livello della preparazione in Italia è esemplare dal punto di vista degli standard europei,
poiché risponde ai requisiti necessari, ovvero quello del diploma di scuola superiore e dei successivi tre anni universitari, così
come richiesto dalla Direttiva di
riconoscimento delle qualificazione per praticare la professione
nei paesi dell’Unione Europea.
L’obiettivo della Podoiatria, dunque, è un po’ più vicino. I
16
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
mass media
Riportiamo integralmente l’articolo, a firma del presidente
dell’Associazione, pubblicato sul numero 17,
del 5 maggio 2008, del settimanale “Sanità 24 Ore”.
Montesi: Dai podologi
guerra alle amputazioni
l 25% dei pazienti diabetici soffre della complicanza del piede diabetico e il 15% è affetta da
ulcere. La complicanza
espone a rischi di amputazioni, che nel 2005, secondo i dati del Ministero della
Salute, ammontavano in
Italia a ben 7.082 con 141.249 giornate di degenza per
una degenza media di 19,9 giornate. Queste le cifre al
centro della tavola rotonda «La medicina del territorio: il
contributo della podologia nella prevenzione, diagnosi e
cura delle patologie podaliche nel paziente diabetico», che
si è svolta nella seconda giornata del XXIII Congresso nazionale di podologia, tenutosi a Roma dall’11 al 13 aprile
scorso.
L’Associazione italiana podologi ha da tempo messo a punto un progetto presentato nelle apposite commissioni del
Ministero della Salute e della Regione Lazio, di cui faceva
parte. L’obiettivo è ridurre il numero delle amputazioni ricorrendo all’intervento del podologo sia in fase di prevenzione
che di cura, educazione e riabilitazione. Il progetto prevede
alcuni passaggi chiave. Il primo riguarda un più accentuato
ricorso alla medicina del territorio: occorre che gli studi podologici vengano accreditati, affinché i malati di diabete 2 vi
facciano ricorso almeno per una valutazione annuale che
consenta l’identificazione dei soggetti a rischio. Debbono essere accreditati solo gli ambulatori che presentano gli standard di qualità stabiliti dai Ministero della Salute. Anche
presso i Centri di diabetologia va attivato un ambulatorio podologico; attualmente, infatti, su tutto il territorio nazionale
non si superano le cinque unità.
Il secondo concerne l’individuazione di misure adeguate
per attivare la collaborazione tra il podologo, il medico di
medicina generale e lo specialista diabetologo. È raro, infatti, che il medico proceda all’esame del piede e ancor più
che consigli la visita podologica. Il terzo punto prevede l’inserimento a pieno titolo della figura dei podologo nei team
diabetologici. Il quarto, infine, propone di inserire nei Lea
alcune prestazioni per la prevenzione e cura della complicanza, che dovranno essere erogate sola negli ambulatori
accreditati.
La realizzazione di questa strategia dovrebbe assicurare
una forte riduzione del numero delle amputazioni. Uno studio americano ha rilevato una riduzione del 60% delle am-
I
Mauro Montesi
Presidente Aip
putazioni a seguito del trattamento del podoiatra. Tra l’altro il progetta dell’Aip può
essere realizzato a costo zero se si tiene conto dei notevoli risparmi che il Ssn realizzerebbe con la riduzione
delle amputazioni e, quindi,
delle giornate di degenza
che comportano costi intorno ai 70 milioni di euro, comprese le spese di riabilitazione e le protesi.
Occorre, quindi, rivedere l’attuale strategia di assistenza,
che attualmente prevede, innanzitutto, il ricovero, e puntare con decisione sulla medicina del territorio. Per convincersene basta leggere la tabella: negli ultimi tre anni siamo in presenza di un trend in aumento che, se pur contenuto, non può non preoccupare.
Tabella 1- Amputazioni di arti inferiori
Anno 2005
Anno 2004
Anno 2003
Variazione 2005-2003
numero dimessi
giorni degenza
7.802
6.973
6.725
+ 357
141.249
138.341
138.133
+ 3.166
Quanto all’anno 2005, i dati dei ministero stanno a dimostrare la pressante esigenza che vengano urgentemente
adottate strategie di cura e, soprattutto, di prevenzione. Il
ruolo che l’Aip propone per i podologi, in stretta integrazione con i medici di base e i diabetologi, si basa non solo sugli studi previsti per il corso di laurea, ma anche sul Master
post-laurea sul piede diabetico, organizzato dalla Seconda
facoltà di Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma,
in collaborazione con l’Aip e giunto, ormai, alla sua quarta
edizione. I risultati positivi autorizzano a riconsiderare il
ruolo dei podologi nella prevenzione e cura del piede diabetico.
Oltre ai quattro punti indicati sopra, i podologi rivendicano
un provvedimento istituzionale che risulterebbe determinante: la modifica del profilo professionale, risalente al lontano 1994, non più in linea con la formazione universitaria
del podologo e assolutamente non integrato con quello attualmente vigente in altri Paesi europei più avanzati. I
17
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
agenda
Notizie AIP
Workshop sulla terapia del dolore nell’attività podologica
Istituto Podologico Italiano - Gruppo Health Care Italia, in collaborazione con l’Aip, ha in programma nei prossimi mesi
lo svolgimento di una serie di workshop e seminari scientifici su tematiche inerenti le attività assistenziali, le tecniche
terapeutiche e l’uso di strumenti innovativi nell’ambito della professione podologica.
Il progetto mira ad arricchire le competenze dei podologi su aspetti specifici dell’attività professionale in cui è ancora debole, nel nostro paese, l’offerta formativa universitaria. I corsi, che verranno svolti presso il Polo formativo “Health Care Italia”
di via Longoni, 81, a Roma, verranno attivati a partire dal mese di luglio e si protrarranno fino alla fine dell’anno.
Il primo appuntamento è per il 5 luglio, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, con un workshop sul tema “La Terapia del dolore nell’attività podologica”.
Diretto dal Prof. Gilberto Grossi, neurochirurgo del Policlinico Casilino di Roma, da anni impegnato nello studio della terapia
del dolore, il workshop affronterà una tematica oggi di grande rilevanza ed attualità per l’attività del podologo.
L’approfondimento delle più recenti tecniche e ricerche sulla terapia del dolore costituisce uno “strumento” fondamentale
alla sua attività professionale. I
L’
Scuola di Manaoag: gli studenti del primo anno raccolgono fondi
ello scorso numero della rivista abbiamo dato notizia in merito alla costruzione della scuola infermieristica di Manaoag,
nelle Filippine, per iniziativa dell’Ordine dei Camilliani. Un progetto a cui l’Associazione italiana podologi ha dato un forte contributo attraverso una raccolta di fondi svolta tra gli iscritti e che è stata pubblicamente apprezzata da Padre Luigi
Galvani, responsabile dell’iniziativa nelle Filippine. Tanto che proprio all’Aip è stata dedicata una delle aule della scuola.
A rafforzare questa campagna ci hanno pensato anche gli studenti del primo anno del corso di laurea de “La Sapienza”, i
quali si sono attivati tra loro per raccogliere un piccolo fondo, circa 100 euro, devoluto attraverso il conto corrente postale
n.00346007 intestato al Segretario Missioni Camilliane.
A tutti questi ragazzi, che a fronte dei grandi sacrifici che affrontano per conseguire una laurea, hanno dimostrato grande
sensibilità e un forte spirito solidale, vanno i complimenti del Presidente e del Direttivo dell’Aip! I
N
Buono il bilancio del “Mese della prevenzione mondiale
per la salute del piede” 2008
maggio si è celebrato il “Mese della prevenzione per la salute del piede” e, in Italia, l’Aip si è attivata per dare massima visibilità all’evento curato a livello mondiale dalla Federazione internazionale dei podologi. Infatti, come già annunciato, l’Associazione ha fatto svolgere lo scorso 22 maggio, negli studi che hanno aderito all’iniziativa, la giornata italiana
della prevenzione per la salute del piede nella quale tutti i cittadini, grazie ad una semplice prenotazione telefonica, potevano usufruire di una visita di controllo completamente gratuita.
Si può tracciare un bilancio che può essere considerato positivo, soprattutto nell’ottica di migliorare l’evento del prossimo
anno. Oltre a pubblicizzare la giornata sul sito dell’Aip, è stata attivata una campagna di informazione ai mass media attraverso l’Ufficio stampa che ha coinvolto, oltre ai principali quotidiani, le agenzie di stampa ed i periodici specializzati.
L’iniziativa ha confermato la sua validità finalizzata ad accrescere nell’opinione pubblica la conoscenza della podologia e,
soprattutto, delle opportunità che essa offre in termini di prevenzione,
riabilitazione e cura. L’Associazione, per il prossimo anno, si attiverà per coinvolgere maggiormente i quotidiani locali e sensibilizzare i medici di famiglia, le ASL e i reparti ospedalieri in cui sono presenti gruppi multidisciplinari dove sono attivi dei
podologi. I
A
Fiori d’Arancio per il collega Antonacci
o scorso 29 maggio il nostro collega e componente del Direttivo, Giovanni Antonacci, è convolato a nozze. A lui e alla
sposa, Marina, vanno da parte della Presidenza, del Direttivo Aip e della redazione della rivista le felicitazioni e gli auguri vivissimi di un radioso futuro insieme. I
L
21
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
formazione
Giuseppe Raffa
coordinatore
editoriale
In occasione del V Congresso di podologia medica, curato
dal prof. Luigi Uccioli e svolto lo scorso giugno a Monteporzio Catone,
con il patrocinio dell’Università di Tor Vergata, è stata organizzata una
giornata di confronto tra le migliori tesi di laurea dei corsi universitari
in podologia. Ne viene fuori un quadro molto confortante sulle capacità
di alcune realtà italiane di condurre studi scientifici seri ed innovativi.
Cresce la ricerca scientifica in
podologia nei corsi universitari
ome da tradizione il Congresso di podologia medica organizzato dal prof. Luigi
Uccioli, e giunto alla sua quinta edizione,
è stato centrato sul percorso clinico, diagnostico
e terapeutico del podologo nell’ambito del piede
diabetico. L’evento quest’anno, con il patrocinio
dell’Università e del Policlinico di Tor Vergata insieme all’Associazione medici diabetologi e alla
Società italiana di diabetologia, si è svolto in tre
giorni di lavoro e studio intensi, dal 19 al 21 giugno, nelle suggestive aule di Villa Mondragone,
a Monte Porzio Catone, nella cornice dei Castelli
romani.
C
L’appuntamento si è aperto, però, già giorno
18 con la presentazione presso la Sala della
Protomoteca del Campidoglio, del libro di
Uccioli, “Il piede diabetico: fisiopatologia clinica
e terapia”, edito dalla Società Editrice Universo.
Sia l’illustrazione del nuovo lavoro del professore Uccioli, sia le prime due giornate del
Congresso sono state l’occasione per approfondire gran parte degli aspetti legati all’attività di cura e prevenzione per il piede diabetico.
Si sono affrontati, per esempio, temi come la
comorbilità, cioè la coesistenza di più malattie
fra loro non correlate in uno stesso paziente
diabetico, la nutrizione, i fattori di rischio e la
depressione, oltre agli argomenti che tradizionalmente trovano ospitalità in un convegno
medico dedicato al piede diabetico.
Non è stata tralasciata neppure la questione
legata alla definizione ottimale dell’equipe medico-podologo-infermiere per la cura e l’assistenza del piede diabetico, discussione a cui
hanno partecipato tra gli altri la dr.ssa Cristiana
Vermigli, dell’Università di Perugina, e il prof.
Alberto Piaggesi, dell’Università di Pisa.
In questa cronaca, però, abbiamo voluto dedicare grande attenzione alla terza ed ultima
giornata dell’evento, riservata ad una sorta di
confronto tra le migliori tesi di laurea discusse
nell’ultimo anno nei corsi universitari in podologia degli Atenei italiani. È stata un’occasione
per avere una panoramica abbastanza indicativa della qualità delle attività formative e
scientifiche che hanno animato la vita dei corsi di laurea e, soprattutto, per fare un confronto con il passato.
Da questo punto di vista non si può non essere d’accordo con il prof. Uccioli, il quale ha dichiarato alla fine della sessione che rispetto al
2001, anno in cui si sono discusse le prime tesi di laurea in podologia nelle università italiane, di strada ne è stata fatta. “C’è un abisso –
ha detto il presidente del Comitato organizzativo del Congresso - tra quelle tesine e queste
che sono state presentate oggi. I podologi italiani sono cresciti dal punto di vista professionale e scientifico e questi lavori dimostrano
che gli sforzi fatti, in molte realtà, per aumentare la qualità della formazione universitaria
hanno pagato”.
A rappresentare il corso dell’Università “La
Sapienza” è stato Giovanni Antonacci, podologo dell’Aip, il quale ha presentato la ricerca sul
trattamento non invasivo per la riabilitazione
22
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
formazione
del piede neuropatico. Lo studio ha analizza i risultati positivi sulle modificazioni del dolore neuropatico e sull’appoggio
plantare, in pazienti affetti da polineuropatia diabetica, dopo
un ciclo di terapia FREMS (Frequency Rhithmic Electrical
Modulation System). Una terapia non invasiva che si è dimostrata essere sicura, efficace, ben tollerata e priva di effetti
collaterali. I risultati ottenuti provano il fatto che possono essere utilizzati alternative non farmacologiche nel trattamento del
dolore neuropatico. La semplicità d’uso e la rapidità di insorgenza del beneficio supporta la
diffusione del suo impiego nella
pratica riabilitativa e stimola
l’approfondimento della ricerca
clinica sui suoi effetti. Da questo
“studio pilota” sono emerse evidenze seppur limitate, a causa
del ristretto numero di pazienti,
che la terapia FREMS potrebbe
essere considerata utile anche
per migliorare la distribuzione
dei carichi pressori in pazienti
con una chiara evidenza di squilibrio biomeccanico al fine di
prevenire l’insorgere di quelle
condizioni che favoriscono la comparsa di lesioni.
Proprio la tesi di Antonacci, tra quelle discusse nella sessione, ha suscitato il dibattito più interessante in quanto si sono fatti confronti con ricerche simile svolte in Italia nel recente passato e si è sollevata la questione di un possibile effetto placebo tra i pazienti sottoposti alla sperimentazione.
Ma, al di là degli aspetti strettamente inerenti le caratteristiche della conduzione degli studi, è stato molto interessante
verificare che queste ricerche hanno riguardato molti gli
aspetti dell’attività podologica, dalla prevenzione delle complicanze che possono colpire i diabetici, alla cura delle ulcere e alla loro classificazione, alla valutazione clinica nel piede colpito dall’artrite reumatoide.
“Sicuramente in questi anni è stata forte la crescita delle
competenze e dei saperi dei nuovi podologi – ha affermato
Mauro Montesi, presidente dell’Aip, intervenuto al convegno,
in occasione della tavola rotonda sulla formazione podologica nelle Università – e questo è avvenuto grazie anche all’impegno degli Atenei. Resta in fatto, però, che la qualità dei
corsi non è uniforme in tutto il territorio nazionale e la norma che stabilisce standard minimi per l’attivazione di lauree
triennali è, in molti casi, disattesa. Ne è prova anche il fatto
che oggi, a presentare i lavori di ricerca, sono solo quattro
atenei sui dodici che offrono il corso di podologia. Insomma
paghiamo nel nostro paese il ritardo con cui sono nati questi corsi di laurea nelle nostre facoltà”.
Il prof. Marco Cavallini, nella sua lettura magistrale, in apertura della discussione, ha evidenziato come sia inadeguato il
profilo professionale attualmente vigente nel nostro ordinamento per le competenze che si acquisiscono nei corsi di po-
La ricerca, certo!
Ma dove e con chi?
ra le opinioni espresse durante il V Congresso nazionale di podologia medica, come si può leggere dall’articolo a fianco,
qualcuno dei relatori invitati ha espresso l’opinione che l’azione sindacale deve essere distinta da quella tipica della
“società scientifica” al fine di creare
maggiori spazi per la ricerca.
L’Associazione italiana podologi, che da
trent’anni rappresenta praticamente in
solitudine la categoria, non si è mai sottratta dal compiere anche la missione di
incentivare le attività formative e di ricerca. Da anni si sostiene, da parte dell’Aip,
della necessità di investire maggiori risorse nell’alta formazione podologica e
nelle attività di ricerca. E questo perché
sappiamo bene che di sperimentazione
e di studi sulle tecniche e le terapie di
cura podologiche, soprattutto quelle innovative, ne abbiamo maledettamente
bisogno per il sol fatto che in Italia (e anche all’estero) c’è poca letteratura scientifica. Forse lo si è fatto con
successi alterni, ma a rimboccarsi le maniche per raggiungere dei
risultati, in questi anni, non erano in molti. Anzi.
Precisato questo, per amore della verità, le obiezioni a queste opinioni sono due.
La prima riguarda la nuova norma che prevede l’iscrizione delle associazioni dei professionisti senza Albo ed Ordine presso il registro
tenuto dal Ministero della Giustizia, e di cui diamo ampio spazio nelle pagine interne di questo numero della rivista. Dato che il
Dicastero riconoscerà solo le associazioni con determinate caratteristiche e “standard di qualità”, il campo sarà sgombrato da tutte
quelle sigle e siglette nate solo per fare corsifici e soldi facili, ma
senza una struttura reale dietro le spalle.
La seconda obiezione è in merito a chi può fare ricerca, dove e con
quali strumenti. Perché, questo è chiaro, non si può fare ricerca nel
chiuso degli studi podologi privati. È necessario un insieme di strutture cliniche all’avanguardia, con in prima fila gli Atenei dove si insegna sul serio la podologia.
Oggi solo un gruppo ristretto di Università e di centri podologici sono in grado di fare studi complessi, utilizzare strumenti diagnostici
o di cura sofisticati, avere la capacità di raccogliere e analizzare dati su anamnesi, patologie, cure e terapie utilizzate e risultati ottenuti, confrontarsi con altre professionalità ed integrare le analisi elaborate. E tutto questo costa fatica, l’impiego costante nel tempo di
ingenti risorse umane ed economiche.
Di venditori di sogni ne sono pieni convegni, corsi di formazione e
siti internet. Per i progetti seri, in podologia, l’indirizzo è uno solo:
quello dell’Aip. I
T
23
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
formazione
dologia. “Per l’attuale modello di formazione–
ha affermato il presidente del corso di Laurea in
podologia all’Università “La Sapienza” di Roma
– e, dunque, per i giovani podologi che si laureano nei nostri corsi, il perimetro tracciato da
questo profilo è troppo stretto. E lo è ancora di
più se si pensa al biennio aggiuntivo della laurea
specialistica. Una proposta di buon senso e razionale, rispetto alle risorse pubbliche che si investono nella formazione, è quella di ridisegnare l’attuale laurea specialistica in podologia: meno gestione manageriale dei servizi sanitari, in
quanto difficilmente il podologo frequenterà due
anni di università per diventare un dirigente
dell’Asl, e più formazione sulle scienze cliniche
e chirurgiche, sulla podologia sportiva, pediatrica, geriatrica e sulla gestione delle lesioni cutanee e sul terreno della riparazione tessutale.
Parallelamente, alla luce di questo modello formativo, si dovrebbe ampliare il profilo professionale podologico inserendo una serie di attività
terapeutiche e diagnostiche che permettano
trattamenti innovativi e in linea con gli standard
della podologia europea”.
Occorre, dunque lavorare per innalzare la qualità della formazione, ancor più di quanto è stato fatto fino ad oggi. “Lo si può fare – sostiene
Daniele Palla, coordinatore del corso di laurea
a Pisa – definendo intanto percorsi per inserire nei corsi universitari docenti podologi che
abbiano conseguito la laurea quinquennale insieme ad un dottorato di ricerca, così come sta
succedendo già oggi nell’ambito dell’insegnamento delle scienze infermieristiche. Inoltre
occorre modificare il modello di formazione nel
triennio: insegnare meno cose ai nostri ragazzi
ma in maniera più approfondita, rimandando a
successivi Master di primo livello l’acquisizione
di specifiche competenze”.
“Sulla necessità di innalzare la qualità della formazione siamo tutti d’accordo – ha sostenuto
Luca Avagnina, podologo dello sport – ma cre-
do che sia arrivato il momento di distinguere il
ruolo delle associazioni podologiche che fanno
sindacato da quelle che invece devono impegnarsi, in qualità di “società scientifiche” nell’alta formazione e nella ricerca. Questo aiuterebbe
a svolgere al meglio i due compiti, entrambi fondamentali per la crescita della categoria”.
“Come docente – ha affermato il prof. Luigi
Uccioli – vedo delle grosse differenze tra gli
Ateni che offrono i corsi di podologia. Per esempio, sono pochissimi quelli che si occupano nei
tre anni formativi del piede diabetico, mentre il
podologo, per il forte rapporto che ha con il paziente ed il tempo che gli dedica, a differenza del
medico o dell’infermiere impegnati nei centri
diabetologici, potrebbe essere una figura di
grande rilievo per l’educazione terapeutica e la
prevenzione delle complicanze. Nel passato ho
tentato di riunire i coordinatori dei corsi di laurea
per tracciare delle linee comuni, anche per richiamare l’attenzione alla cura del piede diabetico, ma purtroppo ho avuto scarso successo.”
Presente all’incontro anche il prof. Carlo
Caravaggi, diabetologo e docente universitario.
“Credo – ha detto nel suo intervento – che occorra fare una profonda riflessione sul ruolo del
podologo, sul cosa deve fare, quali devono essere le sue competenze e quali interventi deve
poter effettuare senza sconfinare in ambiti altrui e, al contempo, senza che altri professionisti possano invadere la sua area di attività. Per
esempio, dalla mia esperienza professionale,
posso affermare che il ruolo del podologo è
profondamente diverso da quello dell’infermiere, il quale oggi ha acquisito molte competenze ed interviene in maniera autonoma in tanti
ambiti clinici. Le due professioni possono integrarsi ma non devono sovrapporsi. Definita la
sua attività, allora, si potrà anche disegnare un
percorso formativo universitario chiaro ed efficace per gli obiettivi che si vogliono raggiungere con questa professione. I
24
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
Il centro rappresenta l’unica “clinica podologica” rispondente a
standard di qualità europei e per l’Italia è sempre più il punto di
riferimento per la crescita della professione e della ricerca scientifica.
sanità
Istituto Podologico Italiano:
l’eccellenza come missione
Benedetto
Leone
Responsabile
comunicazione Aip
agli anni ottanta la società italiana, soprattutto per
ciò che riguarda la gestione della sanità pubblica, è
stata attraversata da una profonda trasformazione.
Una vera e propria rivoluzione derivante dall’applicazione
della Riforma del Servizio Sanitario Nazionale, approvata nel
1978.
Occorre tener conto di questo per delineare la missione
dell’Istituto Podologico Italiano, che da oltre venti anni opera
nella capitale. Ma occorre anche tener conto del grande sviluppo registrato proprio in quegli anni dalla podologia in altri paesi più avanzati, quali la Spagna, il Regno Unito e la
Francia, per non parlare della podoiatria in USA, vera e propria specialità medica. Contemporaneamente in Italia andava affermandosi l’Associazione Italiana Podologi, fondata nel
Sapienza”, l’Istituto Podologico Italiano, è stata sede del corso di laurea in Podologia, organizzato dall’Ateneo romano,
garantendo così la possibilità ai giovani studenti di svolgere
un adeguato tirocinio.
La recente storia della podologia pone le basi, dunque, per
la definizione della missione dell’Ipi, la quale può essere distinta in sette diversi aree di interesse.
1975, e che proprio in quel periodo otteneva importanti risultati, tra i quali la definitiva collocazione nelle professioni
sanitarie con un profilo professionale, all’epoca del tutto
soddisfante.
Proprio sulla base dei tre eventi sopra citati (riforma del SSN;
sviluppo della professione all’estero; risultati sia legislativi
che regolamentari ottenute dall’Aip) si faceva più pressante
l’esigenza di poter disporre anche in Italia di una vera e propria “clinica e centro di ricerca del piede”, che oltre ad assistere i pazienti podalici, costituisse un centro di eccellenza
al quale gli studi podologici, che mano a mano venivano attivati sul territorio, potessero riferirsi per adeguare il servizio
offerto alle esigenze della popolazione. Allo stesso tempo,
grazie a dei protocolli d’intesa con l’Università de “La
- L’Istituto come sede della laurea in podologia;
- L’Istituto come soggettoin grado di percepire e registrare le esigenze dell’utenza in modo di trasferire agli altri
studi il know-how necessario;
- L’Istituto come organizzazione attiva nel sociale (anziani; bambini; disabili);
- L’Istituto come centro di eccellenza per la prevenzione e
la cura di tutte le patologie podaliche.
D
- L’Istituto come braccio operativo dell’Associazione italiana podologi;
- L’Istituto come promotore della formazione podologica
su temi innovativi;
- L’Istituto dedicato allo sviluppo della ricerca sulle patologie podaliche;
Si può dire, in definitiva, che agli inizi degli anni ‘90 la realizzazione dell’Istituto Podologico Italiano viene a colmare un
vuoto nel sistema sanitario, così da rendere il nostro paese
sempre più vicino ai livelli raggiunti da altre nazioni più evolute nel settore.
25
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
sanità
rienze maturate dall’Ipi su casi di pazienti che, curati tempestivamente, hanno riacquistato la necessaria mobilità.
Quanto alle nuove patologie, occorre tener presente che
l’Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che il
20% degli ultra settantenni della popolazione mondiale è affetto da diabete di tipo 2. È proprio in questa “nuova patologia” che l’Istituto, soprattutto in questi ultimi anni, si è impegnato al massimo dimostrando, così, come l’intervento del
podologo risulti fondamentale soprattutto ai fini della prevenzione. È chiaro che il discorso non riguarda solo gli anziani, in quanto sono oltre 3 milioni gli italiani che soffrono di
diabete di tipo 2 e la patologia si manifesta solitamente dopo i quarant’anni. Ebbene, attualmente l’Istituto Podologico
Italiano si pone all’avanguardia nella prevenzione, diagnosi e
cura del piede diabetico, in integrazione con il medico di base e con lo specialista diabetologo. Centinaia di casi di piede diabetico sono stati raccolti negli archivi dell’Istituto; una
documentazione preziosa per quanti si stanno occupando
della patologia. Proprio tale casistica sta a dimostrare che
l’intervento del podologo risulta fondamentale per l’obiettivo
di ridurre il numero delle amputazioni, il cui ammontare nel
2005 è risultato di oltre 7.000 casi (amputazioni maggiori e
minori).
La popolazione anziana, nuove patologie
L’offerta di assistenza e cura dell’Istituto Podologico Italiano
è calibrata particolarmente sul bacino di utenza degli anziani. Né poteva essere diversamente se si pensa che in Italia
gli ultra sessantacinquenni ammontano ad oltre 11 milioni,
pari al 19% dell’intera popolazione. Se le persone della terza età desiderano vivere in modo attivo, partecipe ed utile
hanno necessità di muoversi agevolmente in quanto il movimento autosufficiente è una componente fondamentale per
ogni attività personale e sociale.
Secondo l’Ufficio statistico delle Nazioni Unite, le affezioni
degli arti inferiori sono la causa principale della limitazione
del movimento negli anziani. Come se non bastasse, ne possono anche derivare problemi alle anche, alle ginocchia, al
sacro, compromettendone la funzionalità. Un quarto del totale delle persone che richiedono assistenza sono soggetti
che non riescono più a camminare, o possono farlo solo con
l’aiuto di terzi. Esistono circa trecento patologie che affliggono comunemente il piede. La maggior parte di esse ha
un’incidenza più netta nella terza età, probabilmente per un
effetto cumulativo. Se prese in tempo, possono regredire,
spesso senza complicanze. Sono molteplici, infatti, le espe-
La popolazione infantile pediatrica
Ma se la popolazione anziana costituisce per l’Ipi il quadro di
riferimento di maggiore portata, altrettanto importante risulta l’attività di prevenzione e cura a favore dei bambini. L’età
evolutiva, infatti, presenta patologie di grande rilievo e, soprattutto, di notevole impatto sociale presso le famiglie. Un
esempio per tutti: il piede piatto, patologia che più frequentemente si presenta all’Istituto. Rendendosi conto dell’ampiezza del fenomeno e, soprattutto, delle conseguenze che
potrebbero subire i bambini nella fase della crescita, l’Istituto
ha messo a punto una sorta di “vademecum”, a disposizione delle famiglie. In quattro momenti diversi (giochiamo con
i piedi); esercizi in stazione eretta; esercizi da seduto) ha formulato alcune regole semplici e chiare a cui il bambino, quasi giocando, deve attenersi. Non è che un esempio, essendo
molteplici le patologie pediatriche del piede. Un grande ausilio nella diagnosi viene dall’uso della strumentazione presente nella struttura: il baropodometro e il fluoroscopio vengono sempre più utilizzati, non solo per le affezioni dei bambini ma anche dei pazienti di ogni età.
Sempre nell’area pediatrica, assumono grande rilievo i monitoraggi che sono stati effettuati presso alcune scuole di
Roma. Le verifiche, su centinaia di bambini in età scolare,
sono risultate preziose per la ricerca sulle patologie pediatriche del piede.
La pratica sportiva e le patologie podaliche.
Si tratta di un’altra area nella quale l’Istituto Podologico
Italiano si è fortemente impegnato sia in termini di ricerca,
che di assistenza e cura.
Se da una parte lo sport è educativo e salutare, dall’altra non
sempre chi pratica sport amatoriale riesce ad allenarsi gior-
26
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
sanità
nalmente come un atleta professionista. Ciò può causare infortuni che, se trascurati, comportano tempi di recupero più
lunghi. In tal senso l’Ipi ha maturato idee ed esperienze anche praticando un primo soccorso direttamente sul campo.
Ad esempio in occasione della Maratona di Roma, i podologi dell’Istituto, insieme agli studenti dell’Università de “La
Sapienza”, sono stati dislocati in più punti lungo il percorso.
È stato così possibile studiare il piede del maratoneta durante lo sforzo fisico e, soprattutto, prevenire le affezioni più frequenti quali le tendiniti, i crampi, le distorsioni e le vesciche.
Anche la partecipazione attiva agli “Special Olimpics” è risultata straordinariamente utile non solo per gli atleti diversamente abili che vi partecipavano, ma anche per i podologi
che si sono impegnati in una iniziativa umanitaria di grande
spessore.
L’attività di prevenzione, di cura e di riabilitazione.
Il quadro di riferimento analizzato ai punti è sufficiente per
determinare l’attività di prevenzione, cura e riabilitazione che
l’Ipi pone in essere nella sua attività quotidiana. Solo alcune
osservazioni sono necessarie per indicare i parametri concernenti il diverso rilievo che assumono le tre aree.
La più importante ai fini della domanda di salute della popolazione è la prevenzione. In quest’area il Centro è in grado di
fornire prestazioni di grande impatto sociale e sanitario. Si
pensi, ad esempio, al diabete 2, malattia che, come è noto,
si manifesta in maniera subdola, non presentando particolari sintomi. A tal riguardo, è buona regola per l’Istituto effettuare il gluco-test sulla base dell’anamnesi dei pazienti, potendo così individuare tempestivamente i casi di diabete non
noti. I risultati, se del caso, vengono trasmessi con una lettera al medico curante, che adotterà le iniziative necessarie.
Quanto alla cura, abbiamo visto che le patologie trattate
all’Ipi ammontano a circa 300 e vanno dalla più semplice
quale l’ipercheratosi, alla più complessa quale la deviazione
assiale delle dita.
Le diagnosi, peraltro, sono facilitate dagli accertamenti diagnostici che è possibile effettuare, tra i quali, oltre all’esame
baropodometrico e alla fluoroscopia, assume straordinaria
importanza la pratica dell’ecografia che è possibile effettuare presso l’Istituto. Nella fase della cura un cenno particolare merita l’uso di metodiche fisioterapiche con particolari
apparecchiature. Risultati positivi sulle modificazioni del dolore e dell’appoggio plantare, soprattutto in pazienti affetti da
neuropatia diabetica, sono stati riscontrati dopo un ciclo di
terapia “Frequency Modulated Neural Stimulation” (FREMS),
che può essere considerato la generazione più avanzata del
sistema Lorenz, sperimentato per oltre due anni dal Centro.
Dal maggio 2008, infine, è disponibile un’altra apparecchiatura, le onde d’urto radiali, che consentirà notevoli progressi nel trattamento non invasivo del piede doloroso.
Anche la riabilitazione, infine, assume grande rilievo nell’attività dell’Istituto. Basti pensare al piede dell’anziano, che, a
seguito di un’accurata procedura comportamentale indicata
dall’Ipi, può di nuovo assicurare la qualità della vita ai pazienti che sono appunto passati dalla cura alla riabilitazione.
L’Istituto podologico italiano e la formazione continua
Come abbiamo visto in precedenza l’impegno del Centro è
fortemente diretto alla formazione dei podologi. Non si parla
qui del tirocinio al quale sono tenuti gli studenti del corso di
laurea, ma dei numerosi corsi e master che l’Ipi organizza,
in collaborazione con la seconda Facoltà di Medicina de “La
Sapienza”, o con altre organizzazioni. Non per nulla abbiamo
all’inizio indicato l’Istituto come braccio operativo dell’Aip,
insieme alla quale attiva i corsi.
In quest’area, grande rilievo assumono i due master di primo livello. Il primo in Posturologia e il secondo sul Piede diabetico, giunto ormai alla quarta edizione. In particolare quest’ultimo ha consentito di preparare numerosi giovani ad affrontare la malattia diabetica, soprattutto tenendo conto della documentazione, dell’esperienze, della specializzazione
maturata all’Ipi. Tant’è vero, è bene sottolinearlo, che tutti i
podologi del Centro si sono fortemente impegnati sia in termini di ricerca, che di assistenza e cura. i di ogni età.
Non si ritiene in questa sede di citare, oltre ai master, gli altri
corsi organizzati, dei quali alcuni nell’ambito dell’Educazione
continua in medicina (Ecm). Si può dire che le principali patologie e, soprattutto, le innovazioni derivanti dalla ricerca sono state trattate dall’Istituto, in maniera autonoma o in collaborazione con altre organizzazioni.
Collegamenti con altre strutture
Mano a mano che, negli anni, l’Istituto cresceva in termini di
ricerca e di capacità professionale, sono divenuti sempre più
stretti i collegamenti con altre strutture. D’altra parte, come
abbiamo visto, è proprio nella missione della struttura diffondere vero l’esterno la cultura e la pratica podologica. Abbiamo
già esaminato la posizione del Centro come sede del corso di
laurea in podologia dell’Università di Roma. “La Sapienza”
Ma anche con le altri Atenei sono stati stabiliti collegamenti
di grande rilievo per la professione. Ad esempio, sono numerosi i giovani neolaureati all’Università di Perugia che hanno
27
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
sanità
effettuato, e tuttora effettuano, un prezioso periodo di esperienza presso l’Istituto. Anche l’Università della Magna
Graecia di Catanzaro è stata coinvolta in numerose iniziative, come anche l’Ateneo di Pisa, quest’ultima nella fase di
formulazione delle linee guida internazionali per la prevenzione e cura del piede diabetico.
Negli ultimi anni, poi, sono state sottoscritte alcune convenzioni con grandi Ospedali. È il caso, ad esempio, del “Sandro
Pertini” di Roma che, in base agli accordi sottoscritti con l’unità di diabetologia, ha individuato nell’Istituto il punto di riferimento per l’assistenza alla complicanza del piede diabetico.
Quanto ai rapporti con le istituzioni locali, si possono citare
quelli con l’Amministrazione Provinciale di Nuoro, la quale ha
richiesto all’Ipi un progetto di fattibilità per un centro dedicato alla cura del piede diabetico, da istituirsi in piccolo Comune
della provincia e da considerare riferimento di tutta la
Regione. Il Comune di Roma, poi, tramite l’Assessorato all’assistenza, ha sottoscritto un accordo per il trattamento delle affezioni podaliche degli anziani presenti in alcune R.S.A.
Da parte sua l‘Associazione italiana podologi ha sottoscritto
con i Medici di Medicina Generale e con l’Associazione dei
Geriatri protocolli di intesa per l’integrazione delle professioni nella cura del paziente. È evidente che anche in questo
caso l’Ipi ha reso disponibile le esperienze acquisite e le risorse di personale per raggiungere gi obiettivi previsti dai
protocolli di intesa. Stesso discorso si può fare per i centri
diabetologici e per i centri sportivi. Quanto a questi ultimi è
utile ricordare che per molti anni il Centro è stato consulente dell’AS Roma, riscuotendo non pochi successi nella prevenzione e cura dei piedi dei calciatori.
Il futuro
Per quanto descritto, si può immaginare quale sia il programma dell’Ipi nel breve e medio periodo. Gli sforzi, infatti,
saranno concentrati sul miglioramento in termini di qualità e
quantità delle iniziative e delle realizzazioni già operative.
È utile, peraltro, sottolineare quale siano i
punti programmatici di maggiore rilievo da
realizzare in collaborazione con l’Associazione italiana podologi. Il primo è quello
di una maggiore valorizzazione della podologia che può derivare proprio dall’attività che
l’Istituto svolge su livelli di grande qualità. Il
secondo consiste in una testimonianza di
straordinario interesse.
Si tratta delle centinaia di casi trattati positivamente, dell’immagine forte acquisita
dall’Istituto, dall’unanime condivisione sui
valori che esso esprime; tutti i fattori, questi, che debbono essere alla base delle decisioni volte alla modifica del profilo professionale del podologo, modifica per la quale
l’Aip si sta da tempo battendo con grande
forza.
Occorre, cioè, tenere in debito conto la laurea di cui dispongono i podologi; l’elevata
professionalità dimostrata nell’attività quotidiana proprio
presso l’Ipi; la capacità di fare sistema con gli altri studi sul
territorio nazionale.
Sono tutti fattori che debbono essere presi in seria considerazione per la modifica di un profilo professionale ormai obsoleto e non più adeguato alle esigenze di una Sanità moderna.
Non meno importante, ai fini sociali, è l’inserimento nei
L.E.A. di alcune prestazioni podologiche, soprattutto inerenti al “piede diabetico”. È proprio dai successi ascrivibili all’IPI
che deriva l’esigenza di una diversa considerazione delle
prestazioni podologiche.
In termini di programma per il medio e lungo periodo, l’Ipi alla fine del 2007 ha operato un salto di qualità realizzando
una partnership con l’Health Care Italia, che prevede la collocazione nell’ambito dell’America Hospital. Tale collocazione costituisce un grande valore aggiunto per l’Istituto.
Operare in una struttura di eccellenza, nella quale tutte le
specialità sono presenti e attive, significa una grande opportunità di scambio di esperienze, della presenza di specialisti
per ogni patologia, dell’utilizzazione dell’importante area della diagnostica per immagini.
Ma, in considerazione di ciò che rappresenta per la podologia italiana, l’Ipi è, a sua volta, un valore aggiunto per
l’Health Care Italia in quanto permette a questa società di
primo piano nella sanità privata di offrire i servizi dell’unico
centro podologico di eccellenza presente sule territorio nazionale.
Il programma nel medio e lungo periodo è appunto quello di
rafforzare l’integrazione con l’America Hospital anche per
poter operare un’articolazione diversa ed innovativa dell’Ipi
in aree di competenze diversificate, quali, ad esempio, “piede diabetico”; “posturologia”; “piede reumatico” e “piede
dell’anziano”. Sarebbe così agevolata a ricerca e facilitata
l’assistenza nell’esclusivo interesse della collettività. I
28
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
Le recenti acquisizioni sulla resistenza batterica
e i progressi nelle medicazioni aprono nuove prospettive
per un approccio efficace all’ulcera infetta.
congresso AIP ’08
Alberto d’Ari,
Massimo Papi,
Maria Teresa
Viviano,
Il trattamento dell’ulcera infetta:
passato, presente e futuro
VIII Divisione
Dermatologica
Istituto Dermopatico
dell’Immacolata
IRCCS -Roma
avvento dell’era degli antibiotici ha
portato ad un sensibile salto di qualità
nell’affrontare l’infezione, migliorando
la vita dell’uomo e garantendone una sopravvivenza maggiore rispetto al passato.
L’uso improprio di tali sostanze ha favorito la
selezione di germi resistenti a partire dalla seconda metà del secolo scorso, soprattutto nell’ambiente ospedaliero, spingendo il personale
sanitario ad impiegarle con maggiore attenzione. Anche l’uso degli antisettici è stato negli ultimi venti anni oggetto di polemiche con il sopraggiungere di segnalazioni di reazioni avverse anche gravi (oltre che di casi di resistenza)
e numerosi studi sottolineano ora i vantaggi,
ora i rischi, ad essi correlati. Tale discussione
rimane tuttora aperta. Di recente, alla luce degli effetti indesiderati delle terapie antibiotiche
ed antisettiche, si è giunti ad una rivalutazione
del miele, una sostanza naturale usata fin dagli antichi Egizi per detergere le ferite e successivamente abbandonata in quanto ritenuta
superata. Del miele di recente ne sono state
confermate le proprietà antimicrobiche anche
su germi notoriamente antibiotico-resistenti.
L’
Infezione
Dato che le sostanze usate per il trattamento
dell’ulcera infetta non sono prive di rischi, il
primo problema da prendere in considerazione è quando un’ulcera possa essere considerata infetta. Infatti trovare microrganismi su
una lesione ulcerativa non trattata è di fatto la
regola in quanto la nostra cute è tutt’altro che
un ambiente sterile, così come il mondo che
ci circonda. Pertanto bisognerà distinguere
queste diverse situazioni che possiamo trovare su un’ulcera: una contaminazione batterica
(la presenza di batteri che non si moltiplicano,
con concentrazione inferiore a 100.000 colonie/gr/tessuto, senza segni di infezione), una
colonizzazione (batteri che si moltiplicano
senza però provocare danni all’ospite e determinare l’infezione) e un’infezione (moltiplicazione di batteri con invasione dei tessuti e induzione di una risposta infiammatoria tissuta-
Esempio di ulcera infetta
le e, quindi, di un danno). Le linee guida internazionali indicano per l’infezione una concentrazione batterica superiore a 100.000 colonie/gr/tessuto. Esiste anche la possibilità di
avere una sovrainfezione, un’infezione cioè
sostenuta da microrganismi appartenenti alla
normale flora microbica della cute. Questi
batteri sono di norma biologicamente quieti
(in quanto ben ambientati) ed utili (in quanto
in competizione con microrganismi estranei e
potenzialmente più pericolosi per l’ospite) ma
diventano aggressivi quando sopraggiungono
condizioni favorenti generali (diabete, deficit
immunologici) e/o locali (linfostasi, macerazione).
29
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
congresso AIP ’08
Esempio di ulcera infetta
Recenti acquisizioni sulle ulcere infette
Un altro problema che è stato sollevato riguarda la possibilità che i batteri anche nel caso in
cui non determinino l’insorgenza di un’infezione contrastino con il processo di riparazione
tissutale sia per la liberazione di prodotti di degradazione sia per la competizione che hanno
con le cellule dell’organismo per l’approvvigionamento di nutrienti ed ossigeno. Inoltre,
quando, la concentrazione della popolazione
batterica raggiunge una densità adeguata, ovvero un “quorum”, tali batteri attivano
l’espressione di molecole che mediano caratteri di patogenicità e virulenza: ciò è chiamato
il “quorum sensing”. Alcune specie batteriche
adese ad un substrato che può essere la fibronectina, il collagene e, in particolare, il tessuto
devitalizzato, inducono la sintesi di una matrice polisaccaridica ricca di proteine e di altri
prodotti metabolici che costituisce il cosiddetto “biofilm”. All’interno di esso batteri, anche di
specie diverse, si aggregano in microcolonie
dove si creano condizioni ottimali per la loro
crescita potendo così raggiungere concentrazioni elevate.
Ciò avviene anche perché il biofilm crea una
protezione alla fagocitosi macrofagica e riduce
la penetrazione degli agenti antimicrobici.
L’incapacità di distruggere il biofim da parte
dei fagociti favorisce la liberazione di grandi
quantità di enzimi lisosomiali e di radicali reattivi responsabili di danno tissutale. All’interno
del biofilm si osserva, inoltre, ad una collaborazione tra specie batteriche di tipo diverso
quali i Gram negativi e gli anaerobi (fenomeno
del sinergismo).
Diagnosi
Un aspetto di cui spesso si discute riguarda
l’opportunità nell’eseguire di routine un’indagine microbiologica sull’ulcera e se sì ,quale.
A nostro avviso fatta eccezione di ambienti
particolari quale quello ospedaliero dove tale
accertamento dovrebbe essere fatto di routine
per il rischio di cross-contaminazioni e la possibilità di diffusione di batteri resistenti quali gli
Stafilococchi meticillino-resistenti, un’indagine
microbiologica dovrebbe essere riservata solo
ad ulcere associate a segni o sintomi d’infezione. Questi sono:
- febbre
- leucocitosi
- eritema periulcerativo
- edema
- allargamento dell’ulcera
- arresto della riparazione
- essudazione
- fragilità del fondo
- aumento del dolore
- odore nauseante
- linfangite e/o cellulite satellite
I metodi possono essere qualitativi o quantitativi e semiquantitativi. Nel primo caso si eseguirà un tampone sia sulla zona più profonda
che sui margini. Tale metodica ha il vantaggio
di essere facile da eseguirsi ma ci dà una valutazione solo qualitativa e limitata ai contaminanti superficiali. Tra le metodiche quantitative
è utile in particolare la biopsia mediante
“punch”, eseguita sia sui margini che sul fondo: dato però che la conta batterica per grammo è variabile, sono necessari più prelievi per
ottenere (tramite una media aritmetica ) un dato significativo ed è pertanto una metodica invasiva.
Antisettici
L’antisettico è una molecola dotata di attività
antimicrobica rapida, transitoria e poco specifica (a differenza dell’antibiotico ). Episodi di
resistenza batterica a queste sostanze sono
segnalati, anche se con minore frequenza rispetto agli antibiotici. Una certa tossicità cutanea accompagna l’azione dell’antisettico e tale effetto che si può esprimere con modalità
diverse (irritazione, causticazione, fotosensibilizzazione, ritardo nella riparazione cutanea)
dipende dalla concentrazione e dalla frequenza di applicazione del prodotto. Nonostante
ciò, a nostro avviso, l’antisettico mantiene una
sua validità se usato raziocinio. È fondamentale tenere a mente questi due punti:
30
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
congresso AIP ’08
1) usare l’antisettico se è utile (inutile e dannoso applicarlo su ulcere ben deterse)
2) avvalersi di soluzioni molto diluite in modo
da ridurre l’effetto citotossico associato a
tale sostanza.
Tra gli antisettici di uso comune ricordiamo:
- l’acido borico, usato in soluzione acquosa al
3% , è dotato di debole attività antimicrobica,
può dare dermatiti da contatto e, se applicato
su superfici ampie, presenta tossicità generale;
- l’acido acetico all’1-3% è invece dotato di attività contro lo Pseudomonas, ma è anche irritante e tossico per i fibroblasti a basse concentrazioni;
- i clorati sono dotati di un ampio spettro d’azione, ma non sempre sono ben tollerati e la loro
efficacia è correlata alla concentrazione;
- lo iodopovidone, presente in concentrazioni dell’1-10%, ha uno spettro ampio ed è in genere
ben tollerato, ma controindicato in tireopatici,
gravide e neonati per la presenza di iodio;
- il perossido d’idrogeno al 3% ha il vantaggio
di rilasciare ossigeno allo stato gassoso interagendo con enzimi tissutali (effervescenza)
in modo da favorire lo sbrigliamento del letto dell’ulcera; anch’esso però è tossico per
l’epitelio in formazione;
- il “vecchio” permanganato di potassio diluito
in acqua (1/10000-1/20000) mantiene una
sua utilità su lesioni essudanti, pur essendo
un debole antisettico, non sempre gradito dal
paziente (colora di scuro le unghie);
- la merbromina all’1-2% ha attività battericida e fungicida, ma nei confronti di essa ci
possono essere intolleranze cutanee e possibili effetti sistemici (tossicità a livello renale)
se applicato su superfici estese;
- il nitrato d’argento in soluzione acquosa allo
0,5-2% è batteriostatico (ma se associato alla sulfadiazina diventa battericida) ed è utile
per il controllo dell’eccessiva granulazione;
- la clorexidina presente in soluzione allo
0,005% - 0,5%, ha un’azione battericida con
uno spettro ampio e si può usare nelle gravide; può dare reazioni allergiche;
- il benzalconio cloruro presenta il vantaggio di
essere un vero detergente (tensioattivo cationico) e un antisettico (del gruppo degli ammoni quaternari). È usato alla concentrazione
dello 0,01-0,1% e può essere contaminato
dallo Pseudomonas.
Per concludere questa carrellata di antisettici ricordiamo quelli di più recente formulazione, cioè
gli antisettici a lento rilascio .Questi sono preparati a base di argento o iodio in cui le concentra-
zioni dell’antisettico sono ridotte in modo da ridurre la tossicità sul tessuto di granulazione pur
mantenendo un’efficacia sulla carica batterica. Il
cadexomero iodico rientra tra questi rilasciando iodio in modo graduale e assorbendo gli essudati tramite il cadexomero (1 gr di esso assorbe 6ml di essudato). Molto diffuse negli ultimi anni sono poi le medicazioni di vario tipo
(idrofibra, arginato, matrice modulante le metalloproteinasi, carbone attivo) che rilasciano
lentamente argento in nanocristalli, sfruttandone le proprietà antimicrobiche.
Antibiotici
L’uso degli antibiotici è ancora oggi oggetto di
opinioni diverse, anche se c’è consenso nell’affermare che un’ulcera cutanea non complicata, senza segni di infezione, non necessita di
terapia antibiotica.
La scelta dell’antibiotico topico dovrebbe essere fatta tenendo conto del suo spettro d’azione, della facilità di applicazione, della tollerabilità cutanea (non deve causare dolore, non deve inficiare il processo di riepitelizzazione).
Altro elemento importante al fine di ridurre i rischi di resistenze è che il topico deve essere
diverso dall’antibiotico usato per via generale e
il suo utilizzo non deve superare le due settimane. Oltre alle resistenze, gli antibiotici topici
sono gravati da rischi di sensibilizzazione (in
genere con eczematizzazione). Tra essi ricordiamo la rifamicina, la gentamicina, l’amikacina, l’acido fusidico, la mupirocina.
In caso di segni d’infezione è necessario praticare una terapia antibiotica generale, secondo
le indicazioni dell’antibiogramma. L’antibiotico
verrà somministrato per via orale o parenterale per 7-14 giorni nel caso in cui non siano interessati il tessuto osseo o articolare, mentre
nel caso di un’osteomielite o di un piede diabetico si praticherà terapia iniettiva per 6-8
settimane seguita da terapia per via orale.
La scelta del farmaco nel caso di un’infezione
moderata si baserà su antibiotici a largo spettro (ampicillina+acido clavulanico, macrolidi,
clindamicina+fluorochinolonici) mentre per
un’infezione severa cefalosporine di 2° e 3°
generazione e carbapenemici. I
Bibliografia
- Blaser G et al, Effect of medical honey on wounds colonised or infected with MRSA J
Wound Care, (2007).
- Harker J, The effect of bacteria on leg ulcer healing.Br J Community Nurs, (2001).
- Pellard S, Epidemiology, aetiology and management of abnormal scarring: a review of the
literature. J Wound Care, (2006).
- O’Meara S M et al, Systematic review of antimicrobical agents used for chronic wounds.
Br J Surg. (2001).
31
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
congresso AIP ’08
Guglielmo Pranteda
Ricercatore II Facoltà di Medicina
e Chirurgia, Università degli Studi
di Roma “Sapienza”
Giorgiana Feliziani
Specializzanda in Dermatologia
e Venereologia, II Facoltà di Medicina
e Chirurgia Università degli Studi
di Roma “Sapienza”
Giulia Pranteda
studentessa II Facoltà di Medicina
e Chirurgia, Università degli Studi
di Roma “Sapienza”
Miriam Grimaldi
Dirigente Medico Dermatologo,
U.O. Dermatologia,
Ospedale Tinchi di Pisticci, Matera
Non sempre la diagnosi di queste patologie è agevole,
poiché ci si può trovare di fronte a quadri clinici molto simili.
A questo proposito giocano un ruolo fondamentale l’anamnesi
e l’esame istologico, ma anche studi microbiologici finalizzati
a riscontrare l’eventuale presenza di agenti infettivi.
Dermopatie podaliche:
ruolo della semeiotica
e delle indagini strumentali
e manifestazioni dermatologiche del piede, in considerazione della sua collocazione topografica, sono
l’espressione non solo di patologie primitivamente
cutanee, ma possono essere anche secondarie ad anomalie
vascolari, neurologiche, ossee o a difetti di appoggio.
Per questo motivo si può considerare il piede come un “organo di confine” e, quindi, al fine di comprendere i meccanismi eziopatogenetici alla base della sua patologia si rende
necessaria la cooperazione tra diverse specialità mediche.
A questo proposito vengono chiamati in causa soprattutto il
dermatologo, l’ortopedico, l’angiologo e il diabetologo, ma
assolutamente da non trascurare è la figura del podologo, in
quanto spesso rappresenta il primo osservatore di anomalie
a carico del piede e può offrire il suo valido contributo all’approccio terapeutico.
Non sempre la diagnosi di una dermopatia che insorge in
corrispondenza dei piedi è agevole, poiché ci si può trovare
di fronte a quadri clinici molto simili. L’anamnesi e la semeiotica, dunque, devono essere sempre accurate e circostanziate. Tuttavia, a volte, si rendono necessarie indagini strumentali e di laboratorio per dirimere ogni dubbio. A questo
proposito giocano un ruolo fondamentale l’esame istologico
eseguito su biopsia cutanea, ma anche studi microbiologici
finalizzati a riscontrare l’eventuale presenza di agenti infettivi e test allergologici per valutare un possibile substrato allergico.
Gli autori riportano di seguito alcuni casi clinici da loro osservati mettendoli a confronto e sottolineando come spesso
non è sufficiente affidarsi alla sola osservazione per raggiungere una corretta diagnosi.
Le verruche volgari “a mosaico” (Figura 1) sono una patologia estremamente frequente a livello del piede e riconoscono come agenti eziologici i papillomavirus umani (HPV), virus
caratterizzati da uno spiccato epidermotropismo.
Rispetto alle verruche plantari solitarie, che vanno distinte
dai clavus e dai calli, le verruche volgari “a mosaico” non sono dolenti e vanno poste in diagnosi differenziale con la cheratolisi punctata plantare (Figura 2). Questa dermatosi riconosce come fattore eziopatogenetico “chiave” la macerazione, solitamente dovuta all’iperidrosi o all’utilizzo di calzature
occlusive, che permette la colonizzazione di Corynebacteria;
L
Figura 1. Verruche volgari “a mosaico”
Figura 2. Cheratolisi punctata plantare
32
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
congresso AIP ’08
gli enzimi cheratolitici prodotti da questi batteri Gram + sono responsabili del caratteristico aspetto “a groviera” che
consegue alla produzione di piccoli buchi o pit nello strato
corneo.
In alcuni casi la diagnosi differenziale tra le verruche volgari
“a mosaico” e la cheratolisi plantare punctata deve avvalersi non solo di criteri clinici, ma anche di un esame microscopico per valutare la presenza o meno dei Corynebacteria.
In corrispondenza della pianta dei piedi la psoriasi (Figura 3)
spesso pone dei problemi di diagnosi differenziale con la
dermatite allergica da contatto (Figura 4). I dati anamnestici,
il diverso aspetto clinico (prevalenza di squame nella prima
e di croste nella seconda) ed eventualmente l’esecuzione di
test allergologici o di biopsia per esame istologico, possono
dirimere i dubbi.
Figura 5. Tiloma
consistenza solida, spesso solitari e asintomatici. A livello
della pianta piede sono di raro riscontro e potendo porre
problemi di diagnosi differenziale con tilomi e callosità talora
può rendersi necessario l’esame istologico (Figura 6b)
eseguito su biopsia cutanea.
Figura 3. Psoriasi plantare
Figura 6a e 6b. Istiocitoma fibroso benigno: aspetto clinico ed istologico
Le lesioni pigmentate sub-ungueali possono presentare
molte difficoltà diagnostiche; un valido orientamento a tale
proposito è dato dall’evoluzione della pigmentazione.
L’ematoma (Figura 7) spesso insorge improvvisamente e
Figura 4. Dermatite allergica da contatto
I tilomi (Figura 5) sono lesioni papulose ipercheratosiche
localizzate che conseguono allo stimolo meccanico
esercitato da forze pressorie di tipo cronico.
Lo strato corneo ispessito assume abitualmente un aspetto
giallastro ed è evidente un nucleo centrale spesso dolente.
Gli istiocitomi fibrosi benigni (Figura 6a), o dermatofibromi,
sono lesioni papulo-nodulari di piccole dimensioni e
Figura 7. Ematoma da trauma
33
ilPodologoinmedicina
151maggiu08
congresso AIP ’08
tende alla regressione se il trauma che lo determina non
persiste; altre lesioni, soprattutto se di natura tumorale, ad
esempio il tumore glomico (Figura 8), invece, tendono a non
regredire.
L’epiluminescenza è un esame non invasivo che, evidenziando l’eventuale presenza di un reticolo pigmentario o di un
pattern di tipo vascolare, può rappresentare un valido ausilio
alla diagnosi.
Tuttavia, potendo insorgere in tale sede un melanoma od
altro tumore maligno, è a volte indispensabile eseguire la
biopsia con esame istologico.
La comparsa di una dermatite eritemato-figurata dei piedi
può far pensare a dermatiti di varia natura. Le micosi, le più
frequenti, sono solitamente caratterizzate dalla presenza di
un orletto di desquamazione (Figura 9) e la diagnosi deve
essere confermata sempre dall’esame microscopico e/o
colturale per ricerca miceti. Nella dermatite da larva migrans
(Figura 10), dovuta all’infestazione cutanea da larve di
nematodi e tipica dei climi tropicali, le lesioni sono
eritamato-rilevate, spesso senza desquamazione periferica,
e accompagnate da notevole prurito. I
Bibliografia
- O.Braun-Falco, G. Plewig, H.H. Wolff, W.H.C. Burgdorf,
Dermatology, 2nd edition. Springer-Verlag Berlin Heidelberg, New
York, 1996.
Figura 8. Tumore glomico: aspetto dermatoscopico ed istologico
Figura 9. Tinea pedis
Figura 10. Larva migrans
34
151maggiu08
ilPodologoinmedicina
C O M PA C T P R O F E S S I O N A L T S
TECNOLOGIA WIRELESS
STEEL PU
C O M PA C T P R O F E S S I O N A L
The Podology Company
EURO PODOS s.r.l. 00155 Roma - Via dei Berio, 97 - Tel. e Fax 06 2252353 - www.europodos.it - [email protected]
Scarica

ilpodologo 151:ilpodologo 151 - Associazione Italiana Podologi