ESTRATTO DA ACER INGEGNERIA NATURALISTICA RICOMPOSIZIONE AMBIENTALE DI UNA CAVA ABBANDONATA © IL VERDE EDITORIALE MILANO Palificata viva a parete doppia e, a destra, dopo otto mesi, nel pieno della primavera. Nuova identità Testo e foto di Francesco Custode, architetto socio Aipin e Onidia Ciriello, architetto M ▼ Da cava di pietra per l’edilizia ad area fruibile dai cittadini. Un esempio positivo di come le tecniche di ingegneria naturalistica al servizio dell’amministrazione comunale abbiano permesso di ricucire il paesaggio e recuperare parte del territorio. Ad oggi primo e unico intervento realizzato in Campania ai sensi della normativa regionale olti i temi e le problematiche affrontati in fase progettuale ed esecutiva per il recupero di una cava a Castelnuovo di Conza, un piccolo comune del salernitano: dagli aspetti storici connessi a una cava abbandonata prima degli anni ’50, al problema della stabilità e della protezione dei versanti, alla ricerca di tecnologie di intervento appropriate, al tema del paesaggio. Per l’opinione pubblica una cava abbandonata rappresenta oggi la testimonianza dello scempio perpetrato per anni al nostro paesaggio. Eclatante è il deturpamento fatto al paesaggio della Campania nel cui territorio sono presenti circa 1114 cave (tabella 1). All’indomani del trasferimento alle Regioni delle competenze in merito all’attività estrattiva, in Campania con la Legge Regionale (L.R.) n. 54/85 e successivamente con la L.R. n. 17/95, si disciplinava la materia tenendo conto: • per l’apertura di nuove cave, della necessità di effettuare le relative ricomposizioni ambientali dei lotti abbandonati; • per le cave abbandonate e dismesse, di promuoverne il recupero ambientale, nella considerazione che fino a oggi, sia per gli interessi economici e imprenditoriali legati a questo settore, sia per la mancanza di un’adeguata pianificazione, non si era realmente recuperata, con la ricomposizione ambientale, una cava in tutta la Campania. Oggi la maggiore sensibilità rispetto a queste problematiche deve indurre a ritenere una cava abbandonata un’occasione, per restituire al nostro territorio una parte di ambiente naturale perduta o per offrire nuove funzioni compatibili e sostenibili alla collettività. A sinistra, l’evoluzione della cava a due anni dall’intervento. Le staccionate, le scalinate e i percorsi in pietra favoriscono l’accesso e la visita all’area recuperata. 63 • ACER 2/2006 ESTRATTO DA ACER INGEGNERIA NATURALISTICA © IL VERDE EDITORIALE MILANO PLANIMETRIA E SEZIONI DEL PROGETTO DI RICOMPOSIZIONE DELLA CAVA DI CASTELNUOVO DI CONZA Fronte Nord Limite cava Inerbimento mediante posa in opera di biostuoia in fibra di cocco e idrosemina Palificata viva in legname a parete doppia Pulizia della roccia affiorante, testimonianza della passata attività estrattiva e del geotopo Scaletta in legname per accesso al fronte Nord Tipologie vegetali Specie arboree Fronte Nord Specie arbustive Specie erbacee (I numeri indicano le specie) Piano di cava Sezione 2 Piano di cava Accessi e percorsi in selciato di pietra Muretto di delimitazione Stagno Staccionata in legname Ingresso Fronte Sud Inerbimento mediante posa in opera di geocelle a nido d’ape e idrosemina N Sezione 1 Fronte Sud Idrosemina Sezione 1 Geocelle tridimensionali Staccionata Staccionata 676,80 Trincea per aggancio biostuoia Biostuoia 677,50 676,80 674,90 Arbusti Selciato 663,00 Idrosemina Talee Manto erboso Palificata viva in legname a parete doppia Tubo drenante Sezione 2 Trincea per aggancio biostuoia Staccionata Muretto in pietra di perimetrazione 677,40 Biostuoia Idrosemina Muretto di delimitazione Tubo drenante ▼ Per questa ragione il recupero di una cava abbandonata è un tema appassionante; quello della cava Chianche è stato possibile grazie alla politica di valorizzazione e investimento nei beni ambientali adottata dall’Amministrazione Comunale di Castelnuovo di Conza che pensa a uno sviluppo economico sostenibile del proprio territorio. L’intervento è realizzato attraverso una progettazione “pioniera”, che ha anticipato le direttive del “Regolamento per l’attuazione degli interventi di ingegneria naturalistica” emanato da parte della stessa Regione Campania nel 2002 (con Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 574/2002). La progettazione, prevedendo l’utilizzo di tecniche d’ingegneria naturalistica si “inventava”, in quel particolare momento, una metodologia d’intervento, successivamente sistematizzata dalla normativa. Il progetto di recupero della cava Si è valutata la necessità di recuperare il sito attraverso un progetto di rinaturazione che potesse ricucire quei legami perduti con l’ambiente circostante, costruire connessioni con il contesto, favorendo equilibri ecologici distrutti. L’ingegneria naturalistica ha consentito Trincea per aggancio biostuoia Biostuoia 678,10 Selciato Stagno Manto erboso Percorso principale in selciato di risanare questa parte di territorio, risolvere tecnicamente i problemi di erosione superficiale dei versanti e realizzare una costruzione architettonica del paesaggio in cui ogni singolo elemento, pur conservando una propria identità, divenisse partecipe di un equilibrio generale. Con il progetto si è mirato anche alla valorizzazione del sito, cercando una funzione realmente compatibile e con le caratteristiche ambientali del posto e con le esigenze della collettività. La destinazione più inte- Tubo drenante Idrosemina Staccionata Muretto di perimetrazione ressante e più legittima per la cava abbandonata, in questo ambito, è risultata quella di parco suburbano di tipo produttivo. In considerazione degli studi specialistici ante operam, riguardanti gli aspetti geologici, idrologici, floro-vegetazionali, paesaggistici, si è previsto: la sistemazione idrogeologica dell’area di cava, la modellazione del terreno a protezione dei corpi litici, il risanamento paesaggistico con la ricostituzione dei caratteri generali ambientali e naturalistici dell’area in relazione alla situazione preesistente e TABELLA 1 - STATO DELLE CAVE ESISTENTI IN CAMPANIA AL 2001 E AL 2005 CAVE CLASSIFICATE AL 2001 (n.) Province CAVE RECUPERATE AL 2005 (n.)* Attive Sospese Dimesse Abbandonate Totale Avellino 26 Benevento 20 Caserta 47 Napoli 24 Salerno 44 Totale 161 9 5 19 2 61 96 29 66 41 21 55 212 77 80 220 114 154 645 141 171 327 161 314 1114 Recuperate 0 0 0 0 1 1 (*) = Rielaborazione dei dati tratti dalla relazione di Abate I. presentata al convegno “Coltivazione e recupero delle cave di pietre ornamentali”. Sant’Andrea di Conza (AV), 10 giugno 2005. ACER 2/2006 • 64 ESTRATTO DA ACER INGEGNERIA NATURALISTICA © IL VERDE EDITORIALE MILANO Scheda tecnica Una trasformazione lunga cinquant’anni Progetto: recupero ambientale della cava abbandonata in località Aia delle Chianche Luogo: Castelnuovo di Conza (SA) Categoria dei lavori: OG13 Opere d’ingegneria naturalistica Superficie: 8046 m2 Committente: Comune di Castelnuovo di Conza Progetto: Francesco Custode (architetto) Coordinatore alla sicurezza in fase di progettazione e esecuzione e direttore dei lavori: Francesco Custode Collaboratore alla progettazione e alla direzione dei lavori: Onidia Ciriello (architetto) Consulenti: Rocco Tasso (geologo), Maria Grotta (naturalista) Geologo: Luigi Mirabella Responsabile unico del procedimento U.T.C.: Luca Zarra (geometra) Funzionario regionale Settore cave e torbiere: Giuseppe Pistone (ingegnere) Durata dei lavori: 6/5/ 2003 - 29/4/2004 Importo contrattuale dei lavori con oneri alla sicurezza: 137167,79 Euro Finanziamento: 75% Regione Campania - Settore cave e torbiere 25% Comune di Castelnuovo di Conza Impresa appaltatrice dei lavori: Giardini e ambiente di Lavello di Potenza (PZ) Impresa subappaltatrice per alcune opere d’ingegneria naturalistica: Cooperativa Sele Legnami di Laviano (SA) Costo unitario dei lavori: 17,05 Euro/m2 L dissesto. Il fenomeno principale di cui si è dovuto tener conto è invece l’erosione superficiale causata dagli agenti atmosferici. In questa zona, in occasione e a seguito di intense precipitazioni, anche nevose, si verifica un dilavamento superficiale molto intenso, favorito dalla ridotta permeabilità della coltre superficiale e dall’assenza, su ampie superfici, di vegetazione arborea e arbustiva. Uno dei percorsi in selciato di pietra che attraversano tutta l’area. Gli interventi realizzati Schematizzando l’area di cava in tre zone, gli interventi si sono differenziati a seconda delle caratteristiche del sito. Fronte Nord Si è realizzato un intervento di inerbimento mediante posa in opera di biostuoia in fibra di cocco e idrosemina; una palificata viva in legname a parete doppia; la pulizia della roccia affiorante, testimonianza della passata attività estrattiva e della natura del materiale litico utilizzato nell’edilizia storica di Castelnuovo di Conza; la conservazione e la protezione di un geotopo. Per proteggere il versante Nord dall’erosione superficiale, connesso alle acque di scorrimento superficiale, è stata posata una biostuoia in fibra di cocco. L’applicazione di tale tecnica ha garantito la protezione del versante da fenomeni erosivi di tipo concentrato e diffuso, inizialmente grazie all’azione protettiva della biostuoia e successivamente per effetto della copertura erbacea. Già prima di effettuare l’idrosemina, dopo alcune settimane, si è notata la presenza di una coltre erbacea grazie alla germinazione di semi già presenti in sito o portati dal vento, evidenziando subito un effetto positivo della stesura della biostuoia. ▼ a quella circostante, il raccordo delle superfici di nuova formazione con quelle già esistenti e la piantagione di specie vegetali autoctone o analoghe a quelle preesistenti. L’area della cava, con una superficie totale di 8046 m2, è collocata alla sommità di un modesto rilievo collinare che raggiunge una quota di circa 700 m slm, su di un versante separato da due incisioni torrentizie che hanno una funzione di raccolta e trasporto delle acque meteoriche di ruscellamento. Dall’analisi geologica e idrologica si è rilevata l’assenza di segni di a cava rappresenta una testimonianza storica per la cultura materiale del paese di Castelnuovo di Conza. Nata per l’estrazione di pietre utilizzate come materiale da costruzione, fu abbandonata intorno agli anni ’50. Le pietre cavate, dalla caratteristica colorazione grigio-verdastra e giallastra, sono state utilizzate per la costruzione della maggior parte dell’abitato storico del paese. Cessata l’attività estrattiva, divenne un campo sportivo di fortuna fino al terremoto del 1980. Nei giorni successivi al sisma, che distrusse gran parte dell’abitato storico del paese portando la morte per 86 persone, fu utilizzata come area di atterraggio per gli elicotteri di soccorso. Vi atterrò l’elicottero con il Presidente Pertini, Spadolini e altre autorità. Negli ultimi anni ’80, data la necessità di smaltire il materiale di scavo della parte più antica del centro storico, totalmente distrutta, divenne una discarica occasionale di macerie e detriti di materiale edile. Prima dell’intervento, la cava si presentava non solo come una ferita nel La cava di Castelnuovo di Conza ieri (in alto) paesaggio, ma anche una discarica di e oggi (sopra) dopo l’intervento realizzato. materiale edile, una sacca di degrado ai limiti fra il centro abitato e l’aperta campagna. Eppure l’Aia delle Chianche, località in cui si trova la cava, è in una particolare posizione panoramica; al limite tra l’insediamento urbano, l’area cimiteriale e l’area archeologica dei mulini ad acqua, essa è posta in uno dei punti più acclivi e più alti del paese, luogo dove si può godere un’ottima vista, non solo su tutto il centro abitato ma anche sulla Valle del Sele fino al varco appenninico Sella di Conza, limite naturale fra i territori bagnati dal Sele e quelli interessati dall’Ofanto. 65 • ACER 2/2006 ESTRATTO DA ACER © IL VERDE EDITORIALE MILANO Posa della biostuoia. ■ BIOSTUOIA IN FIBRA DI COCCO Per proteggere il versante Nord dall’erosione superficiale, è stata posata una biostuoia in fibra di cocco. La sua messa in opera ha previsto le seguenti operazioni: riprofilatura del versante; realizzazione della trincea a monte e fissaggio; stesura della biostuoia; fissaggio su versante; fissaggio al piede con alloggiamento di un tubo drenante; idrosemina. In fase esecutiva, considerato che il sito si trova in una zona ventosa, per evitare sollevamenti e strappi delle stuoie è stato necessario sovrapporle secondo la direzione predominante del vento. Palificata al termine dei lavori. ■ PALIFICATA VIVA A PARETE DOPPIA La messa in opera della palificata (n. 6 file x 11 x 1,2 h x 1,5 m) ha previsto le seguenti operazioni: riprofilatura del versante; costruzione della palificata con tondame scortecciato di castagno; inserimento delle talee di salice (con una densità di circa 5 talee per metro) nel terreno presente a tergo della palificata per almeno 10 cm; riempimento con terreno vegetale. Oltre alle talee di salice bianco, sono state inserite nella palificata specie arbustive a radice nuda come la ginestra dei carbonai, la fillirea, il rosmarino, il biancospino. ■ GEOCELLE A NIDO D’APE La messa in opera delle geocelle a nido d’ape, lungo il fronte Sud, ha previsto le seguenti operazioni: riprofilatura del versante; realizzazione di una trincea a monte; stendimento; fissaggio mediante picchetti in acciaio; riempimento con terreno vegetale; idrosemina a spessore. Riempimento delle geocelle con terreno. ■ IDROSEMINA I versanti rivestiti con biostuoia e geocelle a nido d’ape sono stati rinverditi mediante idroseminatrice a pressione. La composizione del miscuglio idroseminato, per 1 m2 di superficie inerbita, era così costituita: acqua 15 l, semi 35 g, concime misto organico 150 g, mulch a base di fibra di cellulosa e paglia 200 g, collante organico a base di alghe 40 g. Distribuzione del miscuglio con lancia. COMPOSIZIONE PERCENTUALE DELLE SPECIE ERBACEE UTILIZZATE NELL’INTERVENTO DI IDROSEMINA SPECIE ERBACEE Festuca arundinacea Festuca ovina Lolium perenne Melilotus vulgaris Lotus corniculatus Cynodon dactylon QUANTITÀ (%) 40 20 10 10 10 10 Oggi si è realizzata, per la presenza di specie vegetali autoctone, una perfetta integrazione tra l’area di intervento e il contesto paesaggistico e ambientale. Sempre nel fronte Nord, dove la coltre di alterazione superficiale e di riporto risultava più spessa e data la natura incoerente di parte del versante, è stato realizzato un intervento di tipo intensivo antierosivo e di consolidamento mediante una palificata viva in legname a parete doppia. La palificata ha provveduto alla protezione del versante da fenomeni erosivi di tipo concentrato e diffuso. Oggi è in buono stato di conservazione, grazie al fatto che il legname di castagno è stato, in fase esecutiva, ben scortecciato Il versante è totalmente rinverdito ed è difficile individuare la presenza della struttura in legname. ▼ Le tecniche per controllare l’erosione Fronte Sud Questo versante è di circa 900 m2 ed è costituito da un taglio in cui è prevalente la componente minerale (roccia affiorante) con substrato povero di materia organica e interessato da erosione superficiale. Quindi si è optato per la posa di geocelle a nido d’ape, composte di una struttura tridimensionale a forma esagonale dello spessore di 10 cm per garantire la permanenza in loco del terreno vegetale (che altrimenti per motivi di pendenza e per le caratteristiche del substrato sarebbe stato completamente eroso dagli agenti meteorici) e per consentire la messa a dimora di specie arbustive e l’attecchimento mediante idrosemina di manto erboso. A differenza di quanto accaduto nel versante Nord, qui la vegetazione ha dapprima attecchito lentamente e poi ha dato risultati positivi proteggendo bene il versante anche dopo le precipitazioni intense del novembre 2003 che hanno creato diversi dissesti idrogeologici nel territorio. Dall’ultimo monitoraggio si è infatti potuto constatare il buon attecchimento degli arbusti e, in particolare, delle ginestre che sono risultate idonee laddove il substrato è povero o quasi assente. I versanti, di circa 4477 m2, rivestiti con la biostuoia e le geocelle, sono stati trattati con idrosemina utilizzando un sistema di spargimento meccanico a mezzo di idroseminatrice a pressione. Il miscuglio era composto da acqua, sementi di Festuca arundinacea, Festuca ovina, Lolium perenne, Melilotus vulgaris, Lotus corniculatus, Cynodon dactylon, concime organico e inorganico, mulch e collante. La provenienza e germinabilità delle sementi sono state certificate e la loro miscelazione con le altre componenti dell’idrosemina è avvenuta in loco, onde evitare fenomeni di stratificazione gravitativa dei semi all’interno della cisterna. Piano di cava Il piano di cava è stato organizzato con accessi e percorsi in selciato e zone di messa a dimora arborea e arbustiva. Per la piantagione ACER 2/2006 • 66 ESTRATTO DA ACER © IL VERDE EDITORIALE MILANO delle specie vegetali, nel piano di cava, sono state privilegiate quelle a carattere produttivo, con lo scopo di offrire alla collettività un luogo di ricreazione dove poter sostare, passeggiare, godere del fresco, dei colori durante le fioriture, ma anche dei sapori dei frutti degli alberi. I sentieri hanno anche la funzione di stradelle spartifuoco secondo quanto stabilito dalla L.R. n. 11/96. Gli accessi in selciato sono stati prolungati con scalette realizzate in legname sul fronte Nord. Un muretto in pietrame a secco di limitate dimensioni delimita la zona piana con il fronte Nord, ulteriore protezione dall’eventuale caduta di materiale. A tergo del muretto corre in aderenza un tubo drenante nel quale vengono convogliate le acque provenienti dal versante. Verso il fronte Sud, una staccionata in legname e una larga fascia di cespugli rappresentano il limite con la zona piana. Uno dei problemi da affrontare negli interventi di rinaturazione di cave è il reperimento di grandi quantità di terreno vegetale, possibilmente materiale autoctono. La legge prevede che, nel momento in cui si procede alla coltivazione di una nuova cava, il terreno vegetale superficiale venga accantonato e non venduto, come spesso accade, per poter essere riutilizzato nella ricomposizione ambientale, prima dell’apertura del successivo lotto di estrazione. Considerate le grandi quantità di terreno necessarie, si può correre il rischio che mentre si recupera un sito se ne deturpi un altro. In certe realtà è necessario vigilare in corso d’opera in merito alla provenienza del terreno vegetale, che andrebbe reperito laddove sono presenti cantieri che prevedono grandi interventi di sbancamento come per esempio, quelli per la realizzazione di strade. Nel nostro caso sono stati utilizzati circa 3500 m3 di terreno vegetale, proveniente da cantieri vicini. La risposta delle specie vegetali L e specie vegetali prescelte per l’intervento di recupero sono state il risultato delle indagini svolte sul campo e dei fattori legati alle condizioni termiche e alle esposizioni delle zone di cava, alle capacità vegetative e di resistenza, soprattutto in relazione agli interventi di ingegneria naturalistica, alla presenza delle piante sul territorio e non ultimo rispetto all’aspetto paesaggistico e alla capacità di ogni pianta, insieme alle altre, di consentire una fruizione visiva armoniosa dell’opera. L’area risulta essere nell’orizzonte di vegetazione sub-montano e montano, a clima mite, che secondo il Pavari appartiene nella fascia inferiore, fino a 800-900 m di altitudine, alla sottozona fredda del Castanetum. Le specie autoctone diffuse come noce, sorbo, gelso, ciliegio, mandorlo, ulivo, selezionate in fase di progettazione per l’impianto nella zona piana, sono risultate per lo più adatte. Sono state messe a dimora piantine a radice nuda e in fitocella. Le due tabelle riportano le specie arbustive e arboree impiantate da progetto e i risultati dei monitoraggi. Per quanto riguarda le talee di salice, nonostante le condizioni poco favorevoli, si è scelto di fare un tentativo mettendone a dimora un certo numero. Il risultato del monitoraggio è stato negativo: sono sopravvissute solo le talee impiantate nella zona più umida, ovvero dove scaricano i tubi drenanti. Fra gli arbusti impiantati nella palificata invece è da segnalare la risposta positiva della ginestra per il suo elevato grado di attecchimento.Tutte le altre specie, sia arbustive che arboree, sono in gran parte sopravvissute a due stagioni vegetative. Nell’ottobre 2005 sono state reimpiantate tutte le specie arboree morte. In alto, gli arbusti scelti per la palificata hanno attecchito in buona percentuale. RISULTATO DEL MONITORAGGIO DELLE SPECIE ARBUSTIVE A RADICE NUDA UTILIZZATE PER LA PALIFICATA SPECIE ARBUSTIVE Alloro (Lauris nobilis) Pero (Pyrus amygdaliformis) Evomino (Euonymus europaeus) Rosmarino (Rosmarinus officinalis) Ginestra (Citisus scoparius) Fillirea (Phyllirea angustifolia) Biancospino (Crataegus monogyna) Lentisco (Pistacia lentiscus) Totale PIANTE MESSE PIANTE PIANTE A DIMORA (n.) MORTE (n.) VIVE (n.) 13 15 17 73 77 18 26 15 254 9 4 8 15 12 6 6 5 65 FALLANZA (%) 4 11 9 58 65 12 20 10 189 69 26,6 47,0 20 15,6 33,3 23,1 33,3 25,5 Nota: la piantagione è stata eseguita l’1 ottobre 2003 e il monitoraggio il 7 ottobre 2005. Considerazioni finali ▼ Per la riuscita di questo tipo d’intervento è necessaria una manutenzione costante che, in questi due anni, è stata affidata alle squadre di idraulici forestali della Comunità Montana Alto e Medio Sele. Affidare la manutenzione a questo ente è stata una scelta riuscita: sia perché il comune non ha sufficienti risorse per effettuare in proprio la manutenzione del sito, sia per sensibilizzare le maestranze locali alla conoscenza e all’ esecuzione di opere di ingegneria naturalistica. È auspicabile che queste ultime siano parte integrante del bagaglio tecnico e culturale di questi operatori, i soggetti certamente più adatti e per la loro presenza sul territorio e per la loro formazione. Il progetto di rinaturazione della cava Chianche rappresenta un esempio di metodologia d’intervento aderente alla normativa vigente e un modello di concreta volontà di recupero ambientale di una cava. Infatti, il suo recupero è a oggi il primo e unico intervento realizzato ai sensi della L.R. n. 54/85, non per carenza di fondi ma soprattutto per 67 • ACER 2/2006 RISULTATO DEL MONITORAGGIO DELLE SPECIE ARBOREE MESSE A DIMORA NELL’AREA DEL PIANO CAVA SPECIE ARBOREE Noce comune (Juglans regia) Castagno (Castanea sativa) Sorbo (Sorbus domestica) Gelso (Morus alba e Morus nigra) Ciliegio (Prunus avium) Mandorlo (Prunus amygdalus) Olivo (Olea europaea) Leccio (Quercus ilex) Cipresso (Cupressus sempervirens) Roverella (Quercus pubescens) Melograno (Punica granatum) Totale PIANTE MESSE PIANTE PIANTE A DIMORA (n.) MORTE (n.) VIVE (n.) 43 9 16 6 22 16 1 60 32 2 20 227 8 9 4 1 17 2 0 10 4 0 5 60 35 0 12 5 5 14 1 50 28 2 15 167 Nota: la piantagione è stata eseguita il 26 marzo 2003 e il monitoraggio il 7 ottobre 2005. FALLANZA (%) 18,6 100 25 16 77,2 12,5 0 16,6 12,5 0 2,5 26,5 ESTRATTO DA ACER © IL VERDE EDITORIALE MILANO per l’Alta Formazione Europea “Jean Monnet”, Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze, Agenzia del Territorio, Siti, Napoli, 8 luglio 2004. ONETO G., 1991. Manuale di architettura del paesaggio. Elemond Periodici. REGIONE LAZIO, 2002. Manuale d’ingegneria naturalistica applicabile al settore idraulico. Edizione Punto e Stampa, Roma. TASSO R., 2002. Considerazioni geologicotecniche sui limiti di applicabilità delle opere d’ingegneria naturalistica nella sistemazione dei versanti. In: atti del convegno “L’ingegneria naturalistica nel quadro di attuazione del P.O.R. Campania”. A cura dell’Aipin Campania, Napoli, 9 maggio 2002. ▼ mancanza di progetti. Questo nonostante in Campania vi siano ben 1114 cave, di cui più della metà, ovvero 645, abbandonate. L’interesse dimostrato da parte dei tecnici degli ordini professionali, di ingegneri, architetti, geometri, agronomi, con i quali sono state organizzate visite tecniche e incontri, e quello degli studenti dell’Università di Napoli coinvolti in seminari sull’argomento, si contrappone alla disattenzione dimostrata dagli organi istituzionali come quelli coinvolti nell’iter di approvazione del Piano regionale delle attività estrattive. Su “La Repubblica” dell’8 novembre del 2004, mezzo di informazione popolare e non tecnico, una giornalista (Rossella Sleiter) scrive: “...così gli architetti resuscitano il paesaggio ucciso dal cemento… anche una cava abbandonata può tornare ad essere rimboschita, la materia le università l’insegnano, i giovani che la studiano ci sono”. Ci si chiede, a questo punto, se il recupero ambientale delle cave è e resterà un mero “pensiero” dei tecnici e della collettività. ■ La cava come si presenta oggi: gli interventi di recupero hanno cancellato il suo passato e l’hanno reinserita nel contesto territoriale. Bibliografia AA.VV., 2002. L’ingegneria naturalistica nel quadro di attuazione del P.O.R. Campania. Atti del convegno curato dell’Aipin Campania, Napoli, 9 maggio 2002. ABATE I., 2005. La breccia irpina indagine e giacimentologica e geo-mineralogica nella prospettiva del recupero dei centri storici. Lo stato delle attività estrattive in Campania”. In atti del convegno: “Coltivazione e recupero delle cave di pietre ornamentali”, Sant’Andrea di Conza, 10 giugno 2005. C IRIELLO O., C USTODE F., G ROTTA M., 2004. Rinaturazione e ingegneria naturalistica. In: atti del seminario-corso di alta formazione governo del territorio 20032004, coordinatore scientifico prof. ing. Realfonzo A., - Arpa (Università di Napoli Federico II), Cure, Scuola di Ateneo per Riferimenti normativi Regione Campania - L.R. 13 dicembre 1985, n. 54 “Coltivazione di Cave e Torbiere”. Regione Campania - L.R. 13 aprile 1995, n. 17 “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale13 dicembre 1985, n. 54, concernente la disciplina della coltivazione delle cave e delle torbiere nella Regione Campania”. Regione Campania - Regolamento per l’attuazione degli interventi di ingegneria naturalistica, DPGR n. 574/2002 - All. Tecnico. Abstract New identity The former quarry in Castelnuovo di Conza (SA), utilized until the 1950 for the extraction of building material, has been reclaimed through the application of the most traditional bioengineering techniques that have technically solved the surface erosion of slopes. The result of the monitoring of trees and shrubs two years after planting has been positive.