Alessandro Floris
Paisìa 2013
Pemba: dalla Casa alla Città
Pemba: dalla Casa alla Città
Note intorno al tema della crescita urbana di Pemba, Cabo Delgado
La storia urbana di Pemba è appena cominciata, ed i suoi futuri sviluppi sono in gran parte da immaginare.
Le note che seguono vogliono fornire una prima lettura sintetica delle dinamiche urbane in atto, nel quadro
delle grandi trasformazioni che hanno interessato e interessano ancor oggi le popolazioni di questo tratto
della costa orientale del Mozambico. Sono dunque da intendersi come una traccia del lavoro avviato in
senoal Laboratorio di Progettazione 3 tenuto dal prof. M. De Carli presso la Facoltà di Architettura Civile del
Politecnico di Milano, e suscettibile di modificazioni, sviluppi, correzioni. In tal senso vanno interpretate
alcune digressioni o accenni storici che, lungi dal ritenersi esaustivi, solo allargano l'orizzonte di indagine e
costituiscono appunti utili a ulteriori approfondimenti.
Il testo rappresenta si compone di una introduzione al contesto urbano di Pemba, un'analisi dell'origine della
città attuale (e delle conseguenze che da essa derivano ancor oggi) ed una valutazione del modo di
costruirsi della città oggi.
Vale la pena osservare che riguardo Pemba, Cabo Delgado, e più in generale la realtà mozambicana, esiste
una bibliografia limitata e difficilmente accessibile: si sta procedendo, parallelamente agli studi in corso, alla
compilazione di una bibliografia/linkografia ragionata. Gran parte della documentazione disponibile è in
lingua portoghese, o perchè pubblicata in Mozambico o perchè proveniente, comunque, dal mondo
lusofono. Vale la pena sottolineare come una grande attenzione al Mozambico sia rivolta non solo da
istituzioni universitarie e centri di ricerca portoghesi, ma anche brasiliani. Quando disponibile in rete, è stato
segnalato il link alla risorsa.
Vista aerea (FONTE: http://www.escolatecnologicapemba.net/a-cidade)
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Introduzione
Pemba è il capoluogo della provincia di Cabo Delgado, l'estremità settentrionale del Mozambico, al confine
con la Tanzania. Affacciata sull'oceano indiano, all'imbocco del Canale del Mozambico, occupa l'estremità
meridionale dell'omonima baia (una delle più grandi al mondo), in un punto in cui il fondale offre uno
strategico approdo naturale. Oltre al porto, Pemba accoglie l'unico aeroporto internazionale della provincia di
Cabo Delgado, ma non è servita né dalla rete ferroviaria né da quella autostradale mozambicane (entrambe
assai carenti).
Interpretazione sintetica delle relazioni territoriali di Pemba (FONTE: Ministério da Agricultura
Direcção Nacional de Terras e Florestas (DNTF) Millennium Challenge Account (MCA), Moçambique
Relatório do Inventário e Mapeamento do Uso da Terra, 2012)
Le relazioni che la città tesse da un punto di vista globale (nel turismo, nel commercio di materie prime e in
quello di idrocarburi) si sovrappongono alle relazioni locali che storicamente e nell'attualità incidono nella
composizione sociale e nelle strategie territoriali di Pemba.
Il suo territorio, abitato da differenti gruppi etnici, è stato oggetto di frequentazioni secolari sia di provenienza
araba, che orientale (indiana in particolare). Dalla fine del XV secolo è comparsa la matrice portoghese
(Vasco da Gama arriva nell'attuale Mozambico nel 1498), formalizzatasi in sfruttamento coloniale a partire
dalla Conferenza di Berlino del 1885. Gli interessi stranieri storici hanno riguardato il commercio delle
materie prime locali, ma anche (e in certi periodi soprattutto) la tratta degli schiavi, in questa zona
organizzata attorno alla fortezza di Ibo, la principale isola dell'arcipelago delle Quirimbas, a nord di Pemba.
È significativo in questo senso evidenziare il carattere plurilingue di Pemba, dove oltre al portoghese si parla
kimwani (lingua della fascia costiera), makua e makonde (parlate dagli omonimi gruppi etnici che
provengono dall'entroterra). In città è presente una grande comunità lusofona, non strettamente
mozambicana (brasiliani, portoghesi, ma anche angolani) e gruppi orientali: principalmente indiani e cinesi.
Pemba rappresenta il più grande insediamento della provincia, costituendo il principale avamposto logistico,
amministrativo e produttivo di uno straordinario paesaggio dalle enormi ricchezze naturalistiche, confermate
e tutelate dal Parco Nazionale delle Quirimbas, che oltre all'arcipelago occupa una grande porzione
dell'entroterra della provincia di Cabo Delgado.
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Immagini satellitari di Pemba e delle isole Quirimbas (FONTE: Google Maps)
La città di Pemba è abitata da circa centottantamila abitanti 1, concentrati in un territorio misurabile
approssimativamente in 35 kmq2, e di fatto rappresenta circa il 10% della popolazione dell'intera Provincia 3.
Sono numeri decisamente provvisori, e aggiornabili significativamente su base trimestrale, visto che dal
20084 al 20125 gli abitanti passando da 138716 a 174572, cioè con un incremento del 25,8%. Nel 1997
erano 848976, meno della metà rispetto ad oggi. Se dunque tra il 1997 ed il 2008 l'incremento medio annuo
è stato del 5,7%, dal 2008 al 2012 si è passati ad un 6,46%. Dal 1980, 7 l'incremento è del 424%.
Le previsioni di sviluppo, peraltro, sono altrettanto significative, indicando nella soglia del 2050 il probabile
superamento dei cinquecentomila abitanti8.
Si tratta di tassi di crescita molto elevati, paragonabili ad altre realtà urbane in paesi in via di sviluppo, e
rispetto alle quali valgono alcune considerazioni generali riferite alla sperequazione tra città e campagna ed
alle attese di vita generate anche solo dall'immaginario urbano. A queste va accompagnata in ogni caso la
lettura di caratteristiche peculiari della realtà mozambicana e, ancor più nello specifico, del fermento locale
dovuto all'internazionalizzazione economica che ha interessato l'intera economia mozambicana durante
l'ultimo decennio.
In particolare, la provincia di Cabo Delgado attira investitori internazionali interessati alle sue notevoli risorse
naturali. Le risorse minerarie sono svariate (dai marmi alla grafite, fino alle pietre preziose), ed è fiorente il
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INE, Estatisticas do Distrito, cidade de Pemba, Novembro 2012
Il distretto di Pemba misura ufficialmente 102 kmq, ma la stragrande maggioranza della popolazione vive in un
territorio pari circa ad un terzo del totale, all'estremità nord della penisola.
Nel 2008 era l'8,6% (INE, Estatisticas do Distrito, cidade de Pemba, 2008)
INE, Estatisticas do Distrito, cidade de Pemba, 2008, cit.
INE, Estatisticas do Distrito, cidade de Pemba, Novembro 2012, cit.
INE, II Recenseamento Geral da População de 1997
Mendes de Araújo, Os espaços urbanos em Moçambique (2003),
(http://www.geografia.fflch.usp.br/publicacoes/Geousp/Geousp14/Geousp_14_intercambio1.htm)
Si vedano le stime contenute in De Carli, Floris Pemba, Cabo Delgado, Mozambico: proposte per lo sviluppo del
sistema universitario e del turismo sostenibile, la riorganizzazione degli insediamenti, la nuova sede dell'Università
Cattolica del Mozambico (2011/13) (www.paisia.eu)
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commercio di legname, spesso pregiato: negli ultimi anni si è però generata un'attesa di investimenti
straordinari per via della scoperta di ingenti riserve di gas naturale offshore.
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Suddivisione territoriale delle concessioni esplorative al 2011
(FONTE: http://mozambique-oil.blogspot.it/2011/05/oil-and-natural-gas-in-mozambique.html)
Nell'ultimo decennio sono state effettuate diverse campagne esplorative del sottosuolo della Provincia, la cui
fascia costiera è stata suddivisa e concessa a questo scopo alle principali compagnie petrolifere, e
perlomeno due compagnie (Anadarko e Eni) hanno ottenuto risultati tali da produrre annunci trionfalistici su
scala internazionale. In particolare, Eni (che aveva vinto la concessione esplorativa solo nel 2006 10) ha dato
il via ad importanti investimenti locali in conseguenza dell'eccezionalità della scoperta 11.
Gli effetti dello sviluppo del settore energetico sono solo parzialmente immaginabili (in analogia a contesti
similari sulle coste africane), e certamente modificheranno anche le prossime valutazioni circa l'andamento
demografico dell'intera regione. Quel che è certo è l'effetto immediato che lo sbarco degli investitori del
settore gas & oil ha prodotto sulla vita locale: una sorta di frenesia affaristica, per chi oggi detiene quote di
potere o posizioni di rendita e, d'altro canto, una speranza 12 vaga ma vitale di partecipazione ad un nuovo
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L'approfondimento nel merito è difficile, per via della naturale riservatezza delle compagnie petrolifere interessate:
la mappa riporta la suddivisione territoriale delle concessioni esplorative al 2011 (FONTE: http://mozambiqueoil.blogspot.it/2011/05/oil-and-natural-gas-in-mozambique.html)
Si veda il comunicato ufficiale di Eni: http://www.eni.com/it_IT/media/comunicatistampa/2006/03/Eni__vinta_una_licenza_esplora_10.03.2006_1192442435273.shtml
Si veda il comunicato ufficiale di Eni: http://www.eni.com/it_IT/media/comunicati-stampa/2012/02/2012-02-15scoperta-mozambico.shtml
A titolo d'esempio, segnalo questo articolo: Sousa Gás natural traz nova dinâmica a Cabo Delgado, DW
(http://www.dw.de/g%C3%A1s-natural-traz-nova-din%C3%A2mica-a-cabo-delgado/a-16529579)
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corso economico entro il quale emanciparsi13. La dislocazione dei pozzi fino a qui individuati (a nord di
Pemba, di fronte a Palma) ed il quadro incerto della pianificazione statale sono solo due delle (importanti)
variabili nella gestione dell'impatto locale di questo settore, il cui sviluppo è evidentemente concorrenziale
alle tutele territoriali dello straordinario ambiente naturale di Cabo Delgado.
Parallelamente infatti, e a partire dai primi anni duemila, altri investitori internazionali hanno manifestato un
interesse crescente per Pemba ed il suo territorio: quelli legati al turismo. Le straordinarie bellezze
paesaggistiche, e la ricchezza di flora e fauna locali (megafauna, peraltro: elefanti, leoni, etc) costituiscono
un patrimonio tutto sommato inesplorato dal turismo mondiale e, dunque, appetibile. A scale e con tempi
diversi, il territorio di Pemba ha visto nascere e svilupparsi iniziative concrete e studi settoriali destinati ad
incrementarne l'offerta. Per i mercati potenzialmente interessati (sostanzialmente quelli occidentali), Pemba
è però ancora una meta difficile da raggiungere: questo aspetto ha costituito, fino a qui, un freno allo
sviluppo del settore oltre che un fattore caratterizzante del tipo di investimenti prodotto che, solitamente, è
legato ad un turismo di lusso, capace di spendere molto denaro (e molto tempo) sia per il viaggio che per
l'ospitalità.
Mappa del Parco Nazionale delle Quirimbas (FONTE: Republic of Mozambique, Ministry of Tourism
Tourism development for the Parque Nacional das Quirimbas 2009)
La stessa presenza del Parco Nazionale delle Quirimbas, istituito nel 2002, costituisce una risorsa solo
parzialmente sfruttata da un tipo di turismo (quello dei grandi resort) che tende ad utilizzare sporadicamente
le risorse territoriali, concentrandosi piuttosto sulle possibilità del suo recinto14.
Eppure Pemba si trova nella particolare condizione di essere una grande (e in prospettiva: grandissima) città
a ridosso di una natura potente e solo parzialmente abitata. Da Pemba è possibile spostarsi verso tappe dal
diverso carattere (le isole Quirimbas e Ibo in particolare, la barriera corallina, ma anche l'entroterra di foreste
e savana). In questo senso si stanno progressivamente attrezzando numerose piccole realtà, spesso (se
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In questo senso le valutazioni contenute in De Carli, Floris Pemba, Cabo Delgado, Mozambico: proposte per lo
sviluppo del sistema universitario e del turismo sostenibile (2011) sono oggetto di progressivo aggiornamento.
Si veda, ad esempio, Petti Arcipelaghi e enclave. Architettura dell’ordine spaziale contemporaneo (2007)
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non esclusivamente) ancora su iniziativa e con investimenti stranieri, ma in prospettiva è attendibile ed
auspicabile l'avvio e lo sviluppo di una piccola imprenditoria locale 15. In questo senso, saranno necessari
investimenti legati alle infrastrutture della mobilità, destinate sia al servizio agli abitanti che dedicate
all'economia turistica (ad esempio la creazione di un aeroporto in grado di accogliere voli intercontinentali).
L'origine dello sviluppo urbano di Pemba si colloca sull'estrema punta della penisola (tra Ponta Mais e Ponta
Romero), dove fino a pochi decenni fa si concentrava la quasi totalità dell'insediamento urbano, composto,
inizialmente, da un villaggio autoctono e dalla prima colonia commerciale portoghese.
A circa dieci chilometri, disposto parallelamente alla linea di costa oceanica, si trova Chuiba, un piccolo
villaggio lineare che la città sta per fagocitare nella sua crescita.
Immagine satellitare, curve di livello e principali urbanizzazioni (FONTE: autore)
La morfologia della penisola è caratterizzata da un discreto dislivello (oltre cento metri) concentrato sul
versante interno della baia, e che divide la penisola in due parti. La prima, più piccola e accidentata, è
l'estremità della penisola stessa, a ridosso dei migliori fondali marini (per la navigazione), dove è nata e si è
concentrata per molto tempo la vita urbana. La seconda, verso l'oceano, vasta e sostanzialmente
pianeggiante, è la ma-shamba, ovvero la campagna. La sua immagine attuale è data dal lascito delle
piantagioni di anacardi e manghi (introdotte dai portoghesi) e dalle coltivazioni familiari di manioca e riso
(tanto diffuse quanto incerte). Si racconta che la penisola, in un indefinito tempo antico, fosse abitata dagli
elefanti, e capita di trovare traccia della loro presenza in forma di ossa o denti, anche lungo la costa: si può
immaginare quale dovesse essere la relazione tra i due insediamenti più antichi della penisola, posti ai suoi
estremi: non tanto a dieci chilometri l'uno dall'altro, quanto separati da tre ore di marcia.
SX: Pemba, la città
DX: Chuiba, il villaggio
Questa forma di sottolineare le distanze non è pretestuosa: la gran parte della popolazione si muove a piedi,
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In questo senso lavorano le istituzioni scolastiche locali, pubbliche (Istituto Industrial e Comercial de Pemba -IICP-,
e private, Universidade Catolica do Moçambique -UCM-, Faculdade de Tursimo e Informatica di Pemba. Esistono
anche progetti di cooperazione internazionale, quali quello promosso da Oikos, UCM, IICP, Politecnico e Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sviluppato a partire dalle elaborazioni di Paisìa.
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salvo affidarsi a pericolosi servizi di taxi collettivo spesso comunque al di fuori delle proprie possibilità
economiche (le chapas, vecchi furgoncini sovraffollati e privi di manutenzione sono praticamente l'unica
forma di trasporto pubblico locale). Se dunque la forma organizzativa del villaggio (per gruppi di capanne,
spesso coincidenti all'insediarsi insieme di un gruppo familiare) tende a diluirsi nel territorio disponibile
cercando un compromesso tra interesse privato e necessità collettiva, nella città si è assistito in un primo
tempo ad un fenomeno simile, ed in un secondo tempo a processi di densificazione progressiva dei quartieri.
La popolazione immigrata negli anni si è dunque via via insediata a ridosso delle zone sature, allargando in
questo modo l'areale informale rispetto ai primi nuclei organizzati.
Le urbanizzazioni presenti, largamente inferiori a quelle necessarie, sono dunque concentrate in una parte
ridotta del suolo urbano, anche volendo osservare il solo centro città. Ad eccezione del centro di origine
portoghese e dei principali assi stradali, non esistono porzioni di territorio servite da reti di servizi realmente
pervasive, tanto che acquedotto e rete elettrica raggiungo poco più del 50% della popolazione, mentre meno
del 10% è servito dalla rete fognaria. Quest'ultimo aspetto rappresenta un evidente problema, soprattutto in
prospettiva di ulteriori e considerevoli incrementi della popolazione residente, anche se ad oggi le situazioni
più critiche sono ovviamente vissute nei quartieri più densamente popolati, mentre aree periurbane (come la
stessa Chuiba) rappresentano tutto sommato delle situazioni maggiormente controllabili.
Oggi la città è divisa amministrativamente in dieci zone: Paquitequete, Ingonane, Natite, Cimento, Cariacò,
Eduardo Mondlane, Alto-Gingone, Chuiba, Mahate e Muchara.
Suddivisione amministrativa del Municipio di Pemba
FONTE: Ministério para a Coordenação da Acção Ambiental, Perfil Ambiental do Município de Pemba (2009)
Come vedremo successivamente, l'insediamento storico è costituito da Paquitequete, mentre la città
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coloniale coincide con Cimento. Attorno ad esse si sviluppano i quartieri più popolosi di Pemba (che da
Paquitequete si estendono fino a Cariacò), mentre le nuove espansioni riguardano l'Eduardo Mondlane, Alto
Gingone (dalla difficile morfologia) e soprattutto Chuiba: è a cavallo dei tre che si colloca la cosidetta
expanção,oggetto dell'attuale ondata migratoria.
Apparentemente, le dinamiche insediative interne alla città sembrano essere di due tipi differenti. Da un lato
infatti vi sono i nuovi immigrati, che raggiungono la città attratti da una prospettiva lavorativa ma ancora
costretti alla sussistenza: questi rispondono alla propria esigenza abitativa con mezzi propri, nella città
informale, collocandosi a ridosso di aree già densamente abitate. Dall'altro, esiste una necessità di
miglioramento della propria condizione abitativa, per la quale molti abitanti di Pemba, appena emancipati
economicamente, tentano la costruzione di una nuova casa in contesti meno densi e maggiormente serviti.
Pemba vs Porto Amelia
La storia di Pemba è sostanzialmente documentata in quanto storia coloniale. Non esiste una vera e propria
documentazione della storia precedente all'occupazione portoghese, se non per mezzo di fonti indirette (e
difficilmente accessibili ad un architetto). La città attuale appare però fortemente segnata dalla compresenza
delle due matrici, locale ed occupante, e per questo vale la pena sottolineare alcuni aspetti, per lo più fisici,
che ne derivano.
La frequentazione portoghese del Mozambico è antica: risale al 1498 l'approdo di Vasco da Gama in
Mozambico, ma è durante l'ottocentesca corsa all'Africa che il Portogallo consolida internazionalmente la
propria posizione di dominio nei confronti del paese africano.
Henrique Galvão, Portugal não é um país pequeno (1935)
FONTE: Biblioteca Nacional de Portugal (http://purl.pt/11440)
La presenza portoghese in Mozambico è legata per lungo tempo al commercio di oro e marmo, soprattutto in
funzione dei commerci con il vicino oriente. A partire dal XVIII secolo il commercio degli schiavi diventa però
il settore economico prevalente16. Lungo la costa di Cabo Delgado il commercio di schiavi viene gestito da
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Carlos Serra História de Moçambique – Agressão Imperialista 1886 – 1930 (2000)
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arabi e portoghesi, che fanno dell'isola di Ibo uno dei centri di questo commercio 17.
Nel 1857 vennero trasferiti a Pemba ruolo e strutture amministrative portoghesi storicamente collocate a Ibo.
Le incursioni lungo la costa, apparentemente saltuarie, non sono sufficienti a garantire “l'effettiva
occupazione” del territorio richiesta agli stati colonizzatori dalla Conferenza di Berlino (1885). Di fatto, solo
con la concessione alla Companhia do Niassa inizia una vera penetrazione nei territori della provincia.
Da semplice avamposto, Pemba venne trasformata in “vila” nel 1899, acquisendo il nome di Porto Amelia, in
onore dell'ultima regina portoghese 18. Appena un anno prima, qui si era insediata l'appena nata Companhia
do Niassa, concessionaria coloniale per lo sfruttamento delle province di Cabo Delgado e Niassa. La
gestione scostante della Companhia, e l'opposizione armata (e capace) delle popolazioni locali rendono
difficile lo sviluppo previsto per l'area (in particolare, facendo naufragare il progetto di una linea ferroviaria
che da Porto Amelia penetrasse l'entroterra).
Jerónimo Romero, Carta da bahia e do territorio de Pemba na costa oriental de Africa (1857)
FONTE: Biblioteca Nacional de Portugal (http://purl.pt/3338)
In questo periodo viene avviata la costruzione della baixa, il quartiere portuale, strutturato in tre strade
parallele a servizio del porto.
A partire dal 1929 i poteri delegati alla Companhia do Niassa vengono rilevati dal governo centrale, ma solo
nel 1958 Porto Amelia viene elevato al rango di città. Tornerà a chiamarsi Pemba solo con l'indipendenza
mozambicana, nel 1975. I bollettini della Companhia do Niassa parlano, nel 1908, di 18604 abitanti, di cui i
coloni rappresentavano meno dell'1%19
Alcune immagini tratte dall'ottavo degli Álbuns Fotográficos e Descritivos da Colónia de Moçambique20 ci
mostrano la Porto Amelia del 1929. Le immagini documentano lo stato di avanzamento della costruzione
della baixa, ancora incompleta.
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Sapunar, Historia de la esclavitud: América conquistada, Africa esclavizada (2002)
Amélia de Orleães
Alvarinho Luis, Pemba, sua gente, mitos e historia, 1850a 1960, (1992)
(http://www.macua.org/livros/pembagente.html).
Dati riferiti al 1970 (Mendes de Araújo, cit.) parlano di 3629 abitanti, riferendosi con ogni probabilità ai soli coloni:
pur in assenza di dati certi sulla popolazione complessiva, appare certo che la dimensione di Porto Amelia pochi
anni prima dell'indipendenza è decisamente ridotta rispetto all'attuale.
Álbuns Fotográficos e Descritivos da Colónia de Moçambique. 08, [Tete e Cabo Delgado (Niassa) - Aspectos
Gerais] José dos Santos Rufino, 8, 1929 (http://memoria-africa.ua.pt/Library/ShowImage.aspx?
q=/AFDCM/BNU_M_LM-08&p=1)
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Vista aerea di Porto Amelia, 1929 (FONTE: cit.)
SX: vista dalla residenza del Governatore (attuale sede municipale), 1929 (FONTE: cit.)
DX: vista di rua Jeronimo Romero, 1929 (FONTE: cit.)
Un'immagine aerea21 conservata all'ingresso del Municipio di Pemba, datata 1957, mostra lo stato
dell'urbanizzazione di quel periodo. L'immagine, che non arriva ad inquadrare l'aeroporto posto sull'altipiano,
documenta la sostanziale conclusione di quello che potremmo definire lo spazio coloniale: la baixa è
sostanzialmente quale oggi appare, come pure il quartiere residenziale portoghese, posto sull'altura a
dominare visivamente baixa e baia, appare molto simile allo stato attuale.
Si identificano dunque nettamente Cimento (in portoghese cemento, formato dal quartiere portuale, la baixa,
e da quello residenziale, posto sulla collina) e Paquitequete (in kimwani luogo abitato22).
Vista aerea, 1957 (FONTE: foto dell'autore)
Appare evidente il rapporto tra le due città, quella portoghese e quella africana: due entità contigue ma
indifferenti l'una all'altra e, in un certo senso, antitetiche. Un principio di città (quella portoghese: la città per
come l'occidente la riconosce) si affianca a quello che andrebbe definito come il centro storico di Pemba,
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Porto Amelia, 1957: immagine esposta nella sede del Municipio di Pemba (foto dell'autore)
Significato raccolto da abitanti di Paquitequete e confermato attraverso una sola fonte, un blog amatoriale:
http://foreverpemba.blogspot.it/2006_01_01_archive.html)
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ovvero l'attuale quartiere di Paquitequete, un villaggio di pescatori affacciato sul mare aperto. Paquitequete è
ad oggi l'unico quartiere di Pemba nettamente connotato sia religiosamente (Islam) che linguisticamente
(kimwani). Si tratta di una lingua attigua allo swahili, la lingua parlata dal popolo del litorale che occupa una
parte notevole della costa orientale africana, dalla Somalia alla provincia mozambicana di Sofala, frutto di
secoli di contaminazioni tra le culture naviganti (principalmente araba e indiana) e le culture della terraferma
(principalmente bantu).
Dal momento della fondazione di Porto Amelia inizia una storia di indifferenza e sopportazione, al limite, tra
due mondi assolutamente differenti. Se Porto Amelia si rivolge al lato interno della baia, sfruttando il punto di
maggior pescaggio lasciato dalle correnti (costruendo un molo che supera l'arenile soggetto al variare delle
maree), Paquitequete si dispone verso il mare aperto nel punto in cui è più semplice approdare sfruttando la
marea stessa. Se la città coloniale si dispone attorno a tre strade rettilinee, lottizzando razionalmente lo
spazio disponibile, la città africana si dispone apparentemente in modo più caotico, costruendo quanto più
possibile le case accostate le une alle altre (sebbene non aderenti) e soprattutto a ridosso delle palme,
all'ombra. Sul pendio, la nuova città portoghese, quella che si viene formando negli anni cinquanta e
sessanta per accogliere i coloni in una parvenza di vita metropolitana, si mostra anch'essa come una città
bianca, intonacata, esposta alla luce (nonostante, rispetto alla baixa, ci sia un deciso incremento della
vegetazione). Paquitequete resta la città nera, intricata, votata all'ombra.
ALTO SX: abitazioni tradizionali a Mucojo, 1929 (FONTE: cit.)
ALTO DX: residenza del Governatore, 1929 (FONTE: cit.)
MEZZO SX: abitazione popolare a Paquitequete, 2011 (FONTE: foto dell'autore)
MEZZO DX: baixa, 2011 (FONTE: foto dell'autore)
BASSO SX: abitazione popolare, Nanhimbe, Pemba, 2013 (FONTE: foto dell'autore)
BASSO DX: edifici commerciali, avenida 25 de Setembro (FONTE: foto dell'autore)
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Questa differenza è culturale e politica, e se da un lato mette in scena (fisicamente) il colonialismo, dall'altro
incarna una differenza culturale ed in qualche misura una apparente incompatibilità tra la visione europea e
quella africana della costruzione dello spazio urbano. È un rapporto che si ripete nelle città coloniali di
origine portoghese (e non solo), e che identifica nettamente due città, adiacenti e nettamente separate, se
non da manufatti, dal loro stesso carattere. Due città, bianca e nera, formale ed informale 23. È quel che ad
esempio avviene ad Ilha de Moçambique (Patrimonio Mondiale dell'Umanità dal 1991), dove queste due città
prendono due nomi significativi: la città di pietra e la città di macuti (il materiale da costruzione composto di
foglie di palma, utilizzato per la realizzazione delle coperture).
Paradossalmente, confrontando immagini differenti per epoca e tecnica costruttiva, la differenza tra questi
due tipi di città sembra essere costante. La casa africana muta pelle, componenti tecnologiche, ma resta
un'unità elementare identica a se stessa. Altrettanto, la città europea si aggiorna, per tecniche ed immagine,
ma plasma lo stesso tipo di spazio. La prima appare indifferente agli esiti complessivi dello spazio urbano,
solo interessata, per sua natura, a risolvere una contingenza, un interesse privato e, appunto, elementare.
La seconda pretende, nelle sue intenzioni, perseguire proprio una strategia complessiva attraverso il piano e
la norma, da cui deriva e che, in un contesto così ambiguo, propone.
Dalla sua fondazione, Porto Amelia viene interessata da successivi interventi pianificatori (1936, 1956,
1963)24. Quest'ultimo, redatto dall'architetto brasiliano Paulo Melo Sampaio, ed ispirato all'internazionalismo
del movimento moderno, mostra con chiarezza questo tipo di approccio (per quanto inerziale,
probabilmente): il tentativo di includere Paquitequete nel disegno si risolve in una proposta radicale (e senza
esiti) di sostituzione integrale dell'abitato tradizionale con un tessuto di abitazioni standardizzate a basso
costo25.
Paulo Melo Sampaio, Plano de Urbanizaçao de Pemba, 1963
23
24
25
Fernandes, Mendes Dicotomias urbanas em Angola e Moçambique: a cidade de cimento e a cidade informal
(muceque e caniço) (2012) (http://www.academia.edu/2242006/Dicotomias_urbanas_em_Angola_e_Mocambique)
Fernandes Moçambique, in Aavv Património de origem portuguesa no mundo II: arquitectura e urbanismo: áfrica,
mar vermelho, golfo pérsico (2010)
(http://www.hpip.org/def/pt/Conteudos/Contextos/AfricaSubsaariana/Mocambique)
Paes Mendes O modernismo e suas abordagens em Moçambique e Angola (2012)
http://www.redalyc.org/pdf/1931/193124832007.pdf
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La città coloniale cresce per successivi atti fondativi, occupando un territorio che diventa città per scatti
discreti, in un solo momento: per intenzione ancor prima che per costruzione. L'attrito tra città coloniale e
città reale si misura in questo tentativo d'ordine e in una sorta di involontaria radicalità esaltata dalla
presenza, a pochi metri di distanza, della città informale. Questa città è cemento: bianca, rada, assolata.
Edificio residenziale a Cimento
FONTE: foto dell'autore
In quella differenza linguistica, tra un luogo abitato e del cemento, risiede probabilmente la ragione
dell'abbandono evidente in cui versa la città coloniale portoghese: in parte perchè proprietà dello Stato (e
dunque, nei fatti, di nessuno), dall'altro in quanto non abitabile, come sembra considerata tutta la zona
residenziale.
Col passare del tempo, lo strumento del piano riguarda percentuali sempre minori del territorio in
trasformazione. Di volta in volta, il territorio cambia, le aree abitate si espandono e densificano, mentre quel
principio di città resta tale: una parte che non riassume il tutto. Cimento non cresce, possiede la fissità del
materiale da cui prende il nome, e salvo radi interventi (solitamente governativi, ancora nel solco di
un'interpretazione autoritaria -coloniale- dello spazio) si potrebbe dire che dagli anni sessanta ad oggi non
siano intervenute sostanziali modifiche.
Tra il 1964 ed il 1992 il Mozambico vive anni difficili: la guerra d'indipendenza prima e quella civile poi
bloccano il paese, e Pemba non fa eccezione. Solo dopo gli accordi di pace, e l'inizio dei programmi di
cooperazione internazionale tra il Mozambico e diversi paesi stranieri permette di affrontare anche temi
“secondari” come la pianificazione urbana. Se però durante trent'anni la città-città (quella portoghese) non è
cresciuta e si è solo minimamente modificata, la città-villaggio (quella africana) è cresciuta a dismisura, e
con logiche del tutto differenti. Le popolazioni immigrate in città, normalmente povere, oltre alla sussistenza
familiare hanno dovuto rispondere autonomamente al bisogno di una casa, costruendosela direttamente.
Sono nati e cresciuti i quartieri di Natite, Ingonane, e si è sviluppato Cariacò, sul fronte orientale, verso
l'oceano.
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Alessandro Floris
Paisìa 2013
Casa unifamiliare realizzata con la tecnica del pão a pique
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Pemba: dalla Casa alla Città
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2013 FLORIS Pemba, dalla Casa alla Città A