Weber e Simmel: città e
modernizzazione
Weber
1. Weber decide nel 1913 di dedicarsi allo studio della città, in
un momento in cui aveva già pubblicato i suoi studi
comparati sulle religioni e sul diritto.
2. Anche per studiare la città egli parte da una prospettiva
comparata. Il suo interesse va quindi alla contrapposizione tra
oriente e occidente, tra comune medievale in occidente e città
burocratica in oriente, ma anche alla comparazione tra città
antica, es. polis greca e città comunale.
3. L’analisi della città riprende le tre grandi tematiche
weberiane (il senso dell’azione, la razionalizzazione, la
formalizzazione del metodo: qui la comparazione
internazionale e storica).
La città come oggetto di ricerca
1.E’ proprio nella città che si forma pienamente il senso soggettivo dell’azione,
ovvero la città accelera il processo di individualizzazione (l’identità del
cittadino)
2.Il processo di razionalizzazione e di disincanto, come elemento fondamentale
della modernità; la città è lo scenario dei processi di burocratizzazione,
meccanizzazione e razionalizzazione (economiche e politiche)
3.Con l’autonomia politico-economica del comune medievale si sviluppano i
primi segni dei processi di burocratizzazione (delle istituzioni pubbliche) e di
secolarizzazione (conflitto con la chiesa e il suo potere temporale).
4.L’elaborazione del metodo sociologico : il fatto che egli ritenga l’economia
di scambio centrale per lo sviluppo urbano è solo un’ipotesi sociologica, una
spiegazione tra molte altre che Weber non ritiene necessariamente esaustiva
semmai più probabile.
Il processo di razionalizzazione dentro la città
Weber voleva capire in che modo la città aveva avuto un ruolo nel
processo di razionalizzazione. Il suo non è un interesse da sociologo
urbano, ma da teorico di sociologia.
Rifiuta le teorie evoluzioniste, centrate sul passaggio da una società
semplice e tradizionale del borgo agricolo a una società più complessa
e individualista, basata sul contratto e sulla città metropolitana sempre
più differenziata.
Weber invece individua il cambiamento portato dalla modernità
proprio nel mutamento del senso dell’azione, sempre più razionale e
sempre meno governata dalle emozioni. La città è il teatro di questo
cambiamento.
Dal punto di vista delle istituzioni il processo di razionalizzazione si
concretizza nello sviluppo delle burocrazie urbane : prima governate
dalle leggi emanate dal re o dall’imperatore, poi sempre più
caratterizzate da principi razionali, da regole impersonali, da qualifiche
specialistiche, gli incarichi burocratici sono diventati elettivi.
Il processo di razionalizzazione dentro la città
L’analisi della città in Weber è legata alla sua teoria della “gabbia d’acciaio”
creata dal processo di razionalizzazione e di burocratizzazione.
Weber sembra intravedere un unico spiraglio di speranza nella figura del leader
o dell’eroe carismatico, sia questo un religioso o un politico, che può spezzare il
cammino ineluttabile del processo storico e imporre una svolta agli eventi
(Nietzsche). Negli ultimi anni di lavoro tuttavia, Weber sembra abbandonare
anche quest’ultima possibilità.
Ma la città medievale su cui Weber basa le sue analisi è ancora lontana da
questi effetti catastrofici e la razionalità si mostra solamente in alcuni primi
segni, quasi alcuni presagi di cambiamento – come era avvenuto già nella città
stato ateniese che però non aveva avuto continuità storica.
Tipi ideali di città
Due tipi ideali di città premoderna: città del consumo e città dello
scambio, ovvero tra città di burocrati e città di commercianti; compara
le città orientali con quelle occidentali. Le città vere sono quasi sempre
di tipo misto.
L’analisi della città medievale proposta da Weber è poi strettamente
legata alle sue analisi di sociologia della religione e in particolar modo
al suo libro L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905). La
città medievale prima e rinascimentale poi costituisce lo scenario dove
cominciano a svilupparsi i primi segni di questa nuova etica del lavoro.
Come nello studio delle religioni c’è una costante comparazione con la
città orientale (nella sua generazione è l’unico a usare questa
metodologia)
Il processo di razionalizzazione della vita religiosa ha portato prima
all’allontanamento della magia e successivamente alla vocazione verso
doveri mondani favorevoli all’instaurarsi di una logica razionalista e di
uno spirito mercantile e commerciale.
Caratteristiche della città
La città si distingue per tre aspetti principali:
- un aspetto quantitativo (dato dal numero abitanti) l’aspetto demografico
di una città è poco significativo. Micene o le polis greche erano piccole
eppure hanno avuto un’importanza storica determinante. Venezia non
superava i 100.000 abitanti ma dominava tutto il commercio del
mediterraneo orientale
- per un aspetto economico : la sua sussistenza e l’indipendenza della città
deve derivare da attività commerciali e industriali, deve essere sede di un
mercato (possedere un luogo di scambio);
-per un aspetto giuridico, la città deve avere lo status giuridico-politico di
città, avere ordinamenti propri e autonomi che la contraddistinguano,
possedere un’autonomia organizzativa interna.
Secondo Weber sono soprattutto le attività economiche a distinguere una
città, essa deve garantirsi la sussistenza attraverso una produzione di
ricchezza che la renda sempre meno dipendente dall’economia di breve
raggio determinata dai prodotti agricoli provenienti dai feudi e dai borghi del
circondario, come avveniva ancora nella città antica.
La genesi economica delle città
-la città mercato dipendente dalla protezione del signore che in cambio esercita
il diritto di tassare e di imporre dazi ai mercanti. E’ una città che solo in un
secondo tempo riesce a diventare autonoma.
- la città spontanea (quindi non ai piedi di un borgo feudale) centro di scambio e
di mercato. Qui un centro mercantile si è auto-protetto e fortificato senza
dipendere da un signore.
Weber fa notare – in un’ottica comparativa – che altre città per esempio in Cina e
in Russia sono cresciute in base alle grandi capacità di consumo delle classi
dirigenti e burocratiche improduttive dell’aristocrazia urbana (che a loro volta
vivono sui dazi fatti pagare ai mercanti).
L’esistenza di castelli militari con un borgo mercantile annesso era molto
comune non solo in occidente, ma anche in India e in Cina. E’ un prototipo di
città, in quanto ne rappresenta anche il primo nucleo organizzativo.
I cavalieri e i militari sono soggetti ad obblighi di lealtà verso il signore – e ne
ricevono in cambio uno status - i contadini sono soggetti a tasse e a corvée e
ricevono protezione. I mercanti pagano tasse e in cambio proteggono le loro
merci.
Da questo iniziale patto solo in occidente nascono le istituzioni comunali che con
il tempo tenderanno a limitare il potere assoluto del signore e porteranno poi al
trionfo della borghesia, in oriente i mercanti rimarranno dipendenti dalle capacità
di consumo dei signori.
La città di produttori vive grazie alle sue capacità di scambio e di produzione
continua di beni e manufatti che vengono venduti sul mercato e esportati verso
regioni straniere, non si esauriscono quindi nel consumo locale.
L’autonomia politica delle città
L’autonomia giuridico-politica della città parte dalla formazione
delle corporazioni dei lavoratori, le gilde, che assumono anche la
forma delle corporazioni politiche, di difesa di interessi.
Questo tipo di città viene normalmente definita COMUNE.
Il comune è una città autonoma dal punto di vista politico ed
economico. Questa autonomia è visibile spazialmente (le mura): i
contadini che lavorano per il comune, sono solitamente meno
schiavizzati di quelli che lavorano per il signore feudale.
L’autonomia comunale doveva anche essere dotata della forza
necessaria a far rispettare il suo spazio giuridico autonomo (esercito).
Altri casi: in Giappone le città stato autonome non avevano mura, in
Cina invece anche qualunque borgo agricolo era circondato da mura,
dove i contadini si rifugiavano di notte.
Quello che conta è che la città identifichi un territorio che sottostà
alla sue leggi e che questo territorio riconosca questa autorità e che
anche i suoi vicini la riconoscano.
Le città asiatiche e mediorientali
Nelle città asiatiche o russe le prerogative elettive spettavano quasi
sempre a una casta apposita di funzionari, o agli anziani della città, il
cittadino era molto meno autonomo e non poteva controllare
direttamente i suoi funzionari.
Mancava il concetto di borghesia e di comunità cittadina. Sono i
gruppi sociali – le caste – e non i cittadini in quanto tali a partecipare o
meno al potere. L’estraneità e la gerarchia tra le caste impediva ogni
possibile affratellamento e collaborazione collettiva.
Nel medio oriente musulmano: esisteva una notevole autonomia
cittadina, basata sul commercio, ma anche sulla produzione intellettuale,
tuttavia esse non assumevano lo status di comuni in quanto erano
internamente dominate da famiglie patrizie che vivevano della loro
proprietà fondiaria.
Il potere non era di tipo accentratore e imperiale, in quanto l’unità
politica era garantita innanzitutto dalla comune fede musulmana. Il
controllo dei distretti geografici (Egitto, Palestina, Spagna, ecc.) era
garantito da amministratori locali, chiamati Califfi (coadiuvati da un
visir), non c’era distinzione tra diritto laico e diritto religioso.
Nonostante l’indipendenza amministrativa della città, la presenza di
mercati e di mura, questo tipo di agglomerazioni urbane musulmane,
non potevano essere comparate ai comuni.
Peculiarità della città comunale
Come si è visto mercato e fortezza non sono elementi sufficienti e
sono esistiti quasi ovunque, sono gli altri elementi, soprattutto
giuridici e di indipendenza economica dai signori, che caratterizzano
il comune.
L’identità e i diritti del cittadino : essere un cittadino costituisce un
privilegio. Significa essere sottoposti a una legge cittadina distinta da
quella totalitaria del signore o dell’imperatore. Il cittadino può
prendere parte all’amministrazione autonoma della cosa pubblica.
Tutti i cittadini erano responsabili e dovevano servire nell’esercito
cittadino in caso di bisogno.
Questo significava anche che i cittadini che si erano arricchiti con il
commercio potevano comprare e far costruire immobili dentro la
città.
Città: “autonoma e autocefala”,
La libertà civile dentro la città nella maggioranza dei casi era stata
concessa dal signore locale o dai vescovi per motivi di interesse, ma in
alcuni casi fu ottenuta anche con la forza, tramite un atto di usurpazione
rivoluzionaria attraverso un giuramento comune a tutti i cittadini - la
congiuratio – da cui il termine congiura.
La patria delle congiure comunali è stata proprio l’Italia, dove moltissimi
comuni, specie nell’Italia centrale, sono nati con questa modalità.
Secondo Weber le città di mercanti e artigiani decidono un’azione di tipo
razionale, unirsi nel nome del bene comune e nella comune difesa dei propri
interessi commercialiDa notare che in Italia i primi consoli erano nella maggioranza dei casi
condottieri militari di origine nobile e feudale. Molto più raramente originari
della classe dei mercanti. La democrazia comunale era quindi più apparente
che pratica.
I mercanti stranieri vengono ben accolti perché portano ricchezza. Weber
considera infatti l’immigrazione una delle componenti fondamentali della
città.
Weber sottolinea il legame tra il processo di razionalizzazione portato
dall’economia mercantile e la libertà individuale dei cittadini “borghesi”,
emancipati dalla vita strettamente comunitaria tipica delle campagne.
I fattori religiosi
-La città si identificava attraverso le sue tradizioni. Si trattava quindi di
un’identificazione laica, l’unico aspetto religioso consisteva nel culto di
un determinato santo che aveva operato e resa famosa quella data città: S.
Antonio a Padova, S. Francesco a Assisi, S. Ambrogio a Milano, ecc.
-L’identificazione con la cultura cittadina permetteva un affratellamento di
base tra i singoli concittadini – al di là delle loro differenze di ceto – e li
motivava a mobilitarsi tutti insieme in caso di guerra.
Il culto del santo locale era molto diverso dai culti magico-animistici
delle caste sociali proprie alle città orientali. Il santo rappresentava un
simbolo che unificava, mentre in oriente la stratificazione sociale veniva
giustificata tramite il credo religioso (ad esempio la legge del Karma). In
Cina il culto degli antenati tendeva a separare le varie famiglie estese
all’interno di una stessa casta.
Nella città comunale occidentale il cristianesimo aveva portato
l’individualismo rendendo così la città un insieme di credenti. In oriente
invece i legami dei gruppi sociali divisi in caste, impedivano l’espandersi
dell’individualismo e trasformavano la città in una convivenza più o meno
riuscita di gruppi sociali chiusi e gerarchicamente contrapposti.
La città si presentava quindi come un insieme di gruppi parentali che
erano in grado di unirsi solo quando si costituivano come esercito
conquistatore.
La città “moderna” è solo europea?
La città moderna non sarebbe esistita senza la città comunale
indipendente, caratteristica dell’Italia e della Germania:
-Cittadino singolo e non membro di un gruppo (casta, dinastia, ecc)
- Cittadino singolo innanzitutto come credente
- Collettivamente la città negozia la sua autonomia (autocefala)
In Oriente le città si ingrandiscono e creano reti commerciali altrettanto
ampie (es. Costantinopoli) ma rimangono caratterizzate prevalentemente
dalle loro funzioni amministrative, tendono a rimanere prevalentemente
“città del potere” e del “consumo”.
Weber ritiene quindi che le città orientali fossero soprattutto città di
corte, contrapposte alle città stato commerciali dell’Europa che
producono anche innovazione culturale e spesso vanno contro la
tradizione.
Per questo secondo Weber il processo di modernizzazione e di
razionalizzazione è nato in occidente e non in oriente. La culla della
modernità può essere solo una città commerciale.
Simmel
Le opere di Simmel (La differenziazione sociale (1890); La filosofia del
denaro (1900); la raccolta di saggi Sociologia (1908) e Problemi
fondamentali della sociologia (1918) sono state riscoperte e valorizzate
soprattutto grazie allo sviluppo della micro-sociologia americana,
interessata alla fenomenologia della vita quotidiana.
Nell’ambito della sociologia urbana l’opera di Simmel ha influito in
modo diretto attraverso il suo saggio sulla vita nelle metropoli e la sua
specifica interpretazione della vita quotidiana nelle metropoli all’inizio
del secolo
Simmel ha creato uno stile di ricerca e di un modo di osservare lo
spazio urbano (a cui si ispirò anche Park). La città non viene più
analizzata attraverso i suoi grandi mutamenti strutturali, bensì attraverso i
suoi modelli relazionali.
Simmel ha interpretato e studiato soprattutto gli aspetti culturali della
città industriale come espressione dello spirito moderno e dei suoi valori
fondamentali.
Le trasformazioni culturali in ambito urbano
1. I modelli di interazione
Simmel è estraneo ad ogni pensiero dicotomico o sistemico; tutti i
fenomeni sociali sono in reciproco rapporto di influenza, la“società” è
solo una forma metaforica della cristallizzazione di tutte queste
interazioni (Flusso).
Da qui l’interesse di Simmel per le forme (astrazioni), temporanee e
situate, che le interazioni sociali possono creare (diade, triade…) oppure
dei modelli classici di personaggi urbani: lo straniero (dentro/fuori;
vicinanza/lontananza) il povero, il mediatore, il mediocre che vuole
scalare la società, ecc.
Nella metropoli si impongono delle convenzioni basate sull’oggettività,
il mantenimento della distanza e il non coinvolgimento emotivo. La città
è uno spazio denso, dove si incontrano molte, troppe persone e solo con
poche di loro si possono creare forme di interazione più intensa.
Le trasformazioni culturali in ambito urbano
2. Ambivalenza tra Oggettività/soggettività
Simmel ritiene che nella società moderna sia in atto un crescente
sviluppo dei processi di oggettivazione e di reificazione delle relazioni.
E’ la complessità della vita nella metropoli moderna che rende
necessaria questa progressiva oggettivizzazione.
Gli attori sociali tuttavia continuano a sentire il bisogno di interpretare
in maniera soggettiva e personale le situazioni e gli avvenimenti di cui
sono testimoni. Si viene così a creare una sorta di ambivalenza tra
impulsi all’oggettivazione e impulsi alla soggettivazione.
Questa ambivalenza è vissuta dal soggetto moderno come scarto,
come mancanza e come nostalgia di una perduta unità; questa è per
Simmel la vera “tragedia della cultura” che il cittadino delle metropoli
vive ogni giorno.
La vita urbana moderna non corrisponde affatto alla nozione di
modernizzazione intesa come progresso, razionalizzazione o come
differenziazione sociale. La modernità urbana è anche crisi:
l’autocoscienza sempre più sviluppata dal moltiplicarsi delle forme e
degli ambiti di socializzazione, ciascuno dei quali crea nuovi ruoli (una
valutazione che sarà ripresa e sviluppata da Goffman).
Le trasformazioni culturali in ambito urbano
3. Il dominio delle forme di mediazione (Denaro)
La città moderna è un fluire continuo di interazioni, l’individuo si trova
volta a volta vincolato in una qualche forma oggettiva di interazione. Il
contatto tra il flusso delle relazioni e la formalità di queste stesse relazioni è
mantenuto da quelle che Simmel chiama le “forme di mediazione”.
Secondo Simmel il denaro rappresenta la principale forma di mediazione
della città metropolitana, è adatto a una situazione di estrema complessità,
ma genera a sua volta importanti cambiamenti nello stile delle relazioni
sociali.
Il denaro si pone come metro di misura neutro e universale capace di
quantificare, di permettere il calcolo e quindi di oggettivare qualunque tipo
di azione.
Tuttavia il denaro ha un ruolo ambivalente: la quantificazione ha permesso
all’uomo di “prendere distanza dalle cose”, appunto misurandole,
valutandole in maniera più oggettiva e neutrale; allo stesso tempo però ha
reso l’uomo sempre più schiavo delle cose che aveva misurato.
L’effetto di alienazione : tutte le cose acquistano un valore tendenzialmente
solo monetario (Marx valore di scambio)
La città offre molti beni – materiali e simbolici – misurabili dal denaro che
in quanto tali tendono a perdere quel valore affettivo e soggettivo che
potevano avere nella società pre-industriale.
Le trasformazioni culturali in ambito urbano
4. Complessità e differenziazione culturale
Il cittadino moderno vive nell’ambivalenza: è prigioniero dei ruoli, del
“valore misurato”, ma allo stesso tempo è più libero, sa prendere distanza
da queste stesse forme di reificazione, anzi è proprio il moltiplicarsi delle
appartenenze e dei ruoli che obbliga il cittadino moderno a costruire a
poco a poco il nucleo del “vero sé”.
A Simmel non interessa studiare la complessità strutturale della città, ad
esempio con la diversificazione e differenziazione delle professioni. A
Simmel interessa capire come il singolo soggetto riesce a gestire questa
crescente pluralità di ruoli e situazioni.
Lo stile di vita urbano ha una sua specificità: porta l’uomo moderno
verso una certa indifferenza, verso un affievolirsi della sensibilità agli
stimoli (troppi e troppo frequenti), in un atteggiamento distaccato (blasé)e
per certi aspetti cinico, tipico di colui che crede di aver già visto tutto.
Il cittadino moderno cerca, quindi, di concentrarsi su sé stesso
opponendo il suo soggettivismo all’oggettivazione crescente del mondo.
Metropoli e vita dello spirito (1903)
Il cittadino blasé risponde ai continui stimoli e incontri offerti dalla
metropoli preservando il suo anonimato, anestetizzando la sua attenzione.
L’atteggiamento blasé è quindi una forma di autodifesa indispensabile in
un contesto in cui si rischierebbe di essere travolti dalle sollecitazioni
emotive.
Anche in questo caso possiamo sottolineare alcune delle caratteristiche
sociologiche messe in luce dall’analisi di Simmel:
l’autonomia individuale legata alla differenziazione dei ruoli
l’intensificazione della vita nervosa
lo spirito calcolatore e strategico (non solo razionale)
il cosmopolitismo
Il cittadino moderno è veramente più libero che in passato? E’ vero che
l’aria della città rende liberi come si pensava nella città greca e medievale?
Secondo Simmel il cittadino è sottoposto a vincoli nuovi: non più il
controllo comunitario e religioso, bensì il controllo della tecnica, il
pericolo di essere confusi nella massa, l’anonimato (Benjamin, Adorno…).
Il cosmopolitismo urbano
Il cittadino è più aperto alle esperienze, il provinciale è più conservatore,
attaccato alle abitudini.
Se in condizione campagnola o provinciale il produttore conosce il suo
cliente, nella metropoli lo scambio si svolge nell’anonimato del mercato,
dove entrambi misurano i loro interessi attraverso, il calcolo, il denaro e si
trattano da sconosciuti. In città tende a scomparire ogni economia di
autoconsumo.
L’individuo di città è libero dall’oppressione delle cerchie comunitarie o
famigliari, è libero di muoversi e di frequentare gruppi diversi, questo è reso
anche necessario dalla complessa divisione sociale del lavoro (es. professione
del Quatorzième a tavola) e dalla continua specializzazione delle professioni.
Più è grande e cosmopolita la città, più è ampio il margine di libertà
individuale, il singolo è in continuo contatto con culture e abitudini diverse,
lo spazio di contatto culturale trascende le frontiere fisiche della città.
La libertà cosmopolità è pagata con la difficoltà a emergere come persona,
con la sua unicità di caratteristiche, tutto si diversifica e tutto si uniforma. Da
qui la necessità di apparire e di mostrarsi per poter esistere, attrarre
l’attenzione per ottenere stima di sé. Qui Simmel si ricollega alla moda e alle
funzioni del vestito.
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