Version Française - English Version - Deutscher Text CARNI SUINE DEL PIEMONTE Il settore delle carni suine e il suo contesto Negli ultimi anni si è registrato un progressivo aumento del numero di capi suini allevati in Piemonte, che attualmente sono circa 1,2 milioni, distribuiti su circa 3.900 aziende, e rappresentano oltre il 10% della consistenza nazionale. Il comparto suinicolo piemontese, in questi anni, è stato caratterizzato da forti processi di selezione, di razionalizzazione e di innovazione, finalizzati alla risoluzione dell'impatto ambientale causato dagli allevamenti più grandi; processi questi che hanno rafforzato gli standard di salubrità, sicurezza e qualità dell'intera filiera produttiva e che hanno consolidato l'immagine del Piemonte, aumentando la sua capacità di far fronte all'accresciuto interesse dei consumatori per questo tipo di carne e ancor più per i prodotti di qualità da essa derivati: prosciutti, salumi e altre prelibatezze gastronomiche di cui è ricca la nostra tradizione. Basti pensare, a tal proposito, che 40 dei 370 prodotti agroalimentari tradizionali del Piemonte, censiti e riconosciuti dalla Regione, sono derivati dalla lavorazione delle carni suine. Un altro dato significativo è l'alto numero di cosce di suini allevati in Piemonte che vanno a formare i Prosciutti di Parma DOP e in parte quelli di San Daniele. Il comparto suinicolo, già rilevante nell'economia piemontese, ha una forte potenzialità e quindi un valore aggiunto che si vuole accrescere sull'intera filiera produttiva. Lo dimostra l'evolversi del sistema delle DOP (Denominazione di Origine Protetta) e delle IGP (Indicazione Geografica Protetta). A tal proposito, alla DOP Salamini Italiani alla Cacciatora si aggiungono tre nuove DOP (attualmente in protezione transitoria) che sono: Crudo Cuneo, Salame Piemonte e il Gran Suino Padano (interregionale). Per quanto riguarda le IGP, due sono i prodotti riconosciuti (interregionali): Mortadella Bologna e Salame Cremona. Inoltre, sono attualmente in corso le istruttorie per il riconoscimento delle DOP: Salame Cuneo, Salame Cotto Cuneo, Lardo Cuneo, Pancetta Cuneo. Un mondo dunque ricco di storia, di tradizioni, di produzioni di qualità che hanno contribuito a rendere famosa la produzione agroalimentare piemontese e la sua gastronomia, che invitiamo a scoprire o a riscoprire anche con l'ausilio di questa pubblicazione. Mino TARICCO Assessore all’Agricoltura Regione Piemonte Mercedes BRESSO Presidente Regione Piemonte INTRODUZIONE Cenni storici Da migliaia di anni il maiale è uno dei più fedeli amici dell’uomo. Infatti, sin dalla domesticazione del Sus palustris, antenato degli odierni maiali e cinghiali, o di qualche suo discendente - domesticazione che si suppone essere avvenuta in Cina ben novemila anni fa - il maiale ha vis- suto a fianco dell’uomo al punto da essere considerato quasi alla stregua del cane. Certo, non ha un ruolo significativo nella sfera affettiva come il cane, di cui non ha le doti estetiche e l’indole, ma come il cane viveva a stretto contatto con gli umani; la sua importanza è stata di tipo diverso, ma non inferiore, perché con tutta probabilità il maiale è stato il primo animale domesticato a fini esclusivamente alimentari. Buoi, cavalli, capre e pecore venivano allevati in quanto animali da lavoro – soma, traino, trasporto pesante o veloce, lavori agricoli – e come fornitori di prodotti come il latte o la lana, e solo quando non erano più in grado di produrre venivano macellati, completando così un ciclo biologico ed esistenziale in cui nulla veniva sprecato vista la scarsità di risorse alimentari. Il maiale, invece, durante l’allevamento non forniva nulla, tutt’al più poteva, come le oche, fare le veci del cane da guardia o, in virtù del suo fiuto eccellente, essere impiegato nella cerca dei tartufi; era, di fatto, una bocca – e una bocca vorace - da sfamare fino a quando l’ingrasso era completato. Ma l’investimento venivaampiamente ripagato da una provvista di cibo in grado, letteralmente, di assicurare la sopravvivenza fino alla fine dell’inverno. E che, come si diceva, del maiale non si getta nulla, è un fatto noto da tempo immemorabile: con le setole si facevano pettini e spazzole; carne, grasso, cotenna e organi interni si consumavano Indice Questa pubblicazione si occupa della carne suina e della sua importanza nella cultura e nella cucina piemontese. È una filiera, quella della produzione di carne suina, che in anni recenti ha registrato anche in Piemonte un notevole sviluppo dovuto a una molteplicità di fattori: il sensibile aumento nel consumo di prosciutto cotto e crudo, favorito anche da vaste ed efficaci campagne pubblicitarie; il mutamento nella percezione generale della carne suina, non più considerata “poco sana”; e il grande ritorno in auge di prodotti di derivazione suina come i salumi, nell’ambito di una più ampia tendenza al recupero di cibi e sapori di tradizione e di nicchia. Vedremo come anche in Piemonte il maiale abbia avuto un ruolo centrale nell’alimentazione in quanto fonte di carne fresca ma soprattutto di prodotti che costituivano un indispensabile complemento energetico nel corso dell’inverno. Parleremo dell’importanza della carne suina nell’alimentazione umana, e degli organismi che in Piemonte tutelano e promuovono questo prodotto e i suoi derivati. Infine, daremo un’ampia panoramica sui molti prodotti tipici a base di carne suina che si possono trovare in Piemonte, e su alcune delle ricette che la cucina piemontese ha saputo creare con la carne dell’animale di cui proverbialmente non si butta nulla. 1. Introduzione Cenni storici 5. Le razze suine presenti in Piemonte 7. La carne suina nell’alimentazione 10. Organismi di tutela e valorizzazione della carne suina in Piemonte 12. La lavorazione del maiale 17. Prodotti tipici di origine suina in Piemonte 2 direttamente o sotto forma di salumi e altri tipi di conserve alimentari; persino ossa, unghielli e cartilagini potevano essere trasformati variamente. Dal Neolitico al tempo storico e dal Medio Evo all’età moderna, e ancor oggi in molte cascine, ogni famiglia ha allevato almeno uno o due maiali destinati a diventare provvista di carne. Quella di identificare l’alimento-carne con la carne bovina è infatti un’abitudine mentale tipica degli ultimi decenni, ma dobbiamo ricordare che dal punto di vista alimentare e gastronomico l’egemonia della carne suina non è mai stata posta in discussione in nessuna delle principali culture culinarie del mondo, a cominciare da quella cinese, nella quale il maiale è protagonista di pietanze straordinarie che nulla hanno da spartire con l’appiccicoso “maiale in agrodolce” ammannito da molti ristoranti etnici nostrani. E per venire a latitudini più familiari, parlano da sé le infinite specialità regionali a base di carne suina. Storicamente, la carne bovina è stata a lungo una specie di sottoprodotto, perché provenendo in genere da animali ormai vecchi e sfibrati, era spesso di scarsa qualità, dura e poco sapida, mentre quella suina, tenera e saporita, aveva tutte le rosee caratteristiche della prelibatezza, e oltretutto era grassa, dunque possedeva la dote più ricercata in tempi in cui alla grassezza erano associate idee di prosperità, ricchezza e persino salute. E se il grasso di maiale diventava lardo prelibato, quello di bovino serviva per lubrificare le ruote dei carri o per fare candele di sego, cioè quelle destinate alla servitù o ai ceti bassi. Il maiale aveva dunque un ruolo fondamentale nella vita e nell’alimentazione umana, e in Italia questo si applicava specialmente alle regioni settentrionali alpine, dove il clima non consentiva la coltivazione dell’olivo, e dunque lardo, strutto, In queste pagine: Affreschi di scuola Jaqueriana nella chiesa abbaziale di Sant’Antonio di Ranverso 3 sugna, solo raramente il più costoso burro, erano anche i principali grassi impiegati in cucina o anche nella conservazione degli alimenti. Differenti ambienti significavano prodotti, alimentazioni e stili di vita diversi, e infatti si parla di “civiltà dell’olivo” e di “civiltà del maiale”: a quest’ultima, indubbiamente, appartiene il Piemonte. Quella col maiale è stata una convivenza emblematica, in quanto ricca di contraddizioni: basti pensare alla ridda di immagini e modi di dire in cui il termine “maiale” diventa un insulto, essendo il suo archetipo assunto a incarnazione delle più svariate turpitudini e difetti: gola, cupidigia, stupidità, sporcizia, brutalità e pigrizia, per non parlare della lussuria. Da Omero, con i compagni di Ulisse tramutati in porci da Circe, per arrivare ad Orwell, che in Animal Farm fa del maiale il rivoluzionario diventato ripugnante tiranno, sull’incolpevole animale sono state proiettate pulsioni e caratteristiche anche troppo umane. Immagini contraddittorie, si diceva. Perché se il maiale è stato addirittura visto come incarnazione del Maligno, se il guardiano di porci rappresentava il livello infimo della scala sociale, pure il maiale onorava le mense dei nobili e, in senso più generale, esiste un amplissimo filone culturale che invece riconosce ampiamente l’importanza del suo contributo. Dai rituali precristia- ni e orientali in cui il sacrificio o la presenza del maiale aveva un ruolo propiziatorio, fino al Medio Evo quando il maiale compare anche nell’iconografia religiosa e nell’agiografia, ad esempio come fedele compagno di Sant’Antonio Abate. Visitando l’abbazia duecentesca di Sant’Antonio di Ranverso, in provincia di Torino fra Rivoli e Avigliana, se ne ha un chiaro e artisticamente mirabile esempio: in forma di maialino è persino la banderuola segnavento sul campanile, e il maiale fa parte, assieme alla fiammella, alla campanella e alla croce commissa o “a Tau” (cioè in forma di una ‘T’ maiuscola), dell’immagine identificativa dell’ordine Antoniano. Questa simbologia non è di difficile interpretazione: la fiammella rappresenta il bruciore causato da una malattia endemica in età medievale, vale a dire l’Herpes Zoster, più noto come “Fuoco di Sant’Antonio”; la campanella era il contrassegno dei lebbrosi, poiché alla lebbra questa malattia era assimilata; Sant’Antonio Abate e il maiale perché, oltre ad essere considerato protettore degli animali domestici, questo Santo era ritenuto l’inventore del sistema di curare quella malattia col grasso di maiale. Cosparso sulle piaghe causate dal “Fuoco”, il grasso impediva il contatto con l’aria e alleviava di molto il dolore. Incidentalmente, i maiali raffigurati negli splendidi affreschi di Ranverso sono più piccoli degli attuali, e sono di tipo semiselvatico, con pelo ispido e irsuto di colore nero con una fascia bianca in zona addominale – in una parola, la pregiata e oggi rara Cinta Senese. Infine, il maiale è da sempre emblema di abbondanza e convivialità. Si pensi al Carnevale, la festa che più di tutte manifesta le sue origini gloriosamente pagane, ma che prelude anche al periodo della Quaresima, a sua volta cristianizzazione del bando della carne per settanta giorni a partire dalla fine di gennaio finalizzato ad evitare lo sterminio degli animali da stalla nati da poco. A Carnevale si mangiava carne per La cottura dei Fagioli Grassi a Romano Canavese l’ultima volta prima del periodo di astinenza (nel frattempo ridotto a quaranta giorni): infatti, fra le varie etimologie proposte per il termine vi sono carnem levare, cioè “togliere la carne” (sottinteso: dalla tavola) e carne vale, “addio carne”. Dunque, bisognava approfittarne con celebrazioni, accompagnate da grandi abbuffate e pubbliche distribuzioni di cibo, spesso a base di maiale. In Piemonte ne sono esempio le molte sagre e feste paesane a base di “fagioli grassi”, quaiëtte - cioè sostanzialmente fagioli e cotiche - salsicce e polenta, salamini e fritture (ovviamente con lo strutto). LE RAZZE SUINE PRESENTI IN PIEMONTE I n Piemonte si allevano oltre un milione di suini di varie razze, ciò che ne fa il terzo produttore nazionale dopo la Lombardia e l’Emilia Romagna. In particolare, la provincia di Cuneo da sola produce l’8,5% della produzione nazionale, e il 70% di quella regionale, ed è, su scala nazionale, la terza provincia produttrice in assoluto dopo Mantova e Brescia. Non solo, ma i due terzi delle cosce prodotte vengono trasformati in prosciutti crudi DOP Parma o San Daniele. Complessivamente, sono circa 2.700 le aziende piemontesi che allevano suini e possiedono grande professionalità sia nella selezione genetica sia nella scelta delle materie prime da utilizzare per i mangimi. La produzione piemontese privilegia l'allevamento di suini dal peso medio di 150200 chilogrammi (il peso minimo richiesto dal Disciplinare è 144 Kg.) macellati non prima dell’età minima di otto mesi. Gli allevamenti iscritti al circuito dei prosciutti tutelati devono rispettare un Disciplinare che impone precise indicazioni sull'alimentazione degli animali; tutti i suini nati in azienda vengono marchiati su entrambe le cosce con un tatuaggio indelebile riportante il codice identificativo dell'allevamento, un sistema che permette di risalire all'origine della coscia anche quando è ormai diventata prosciutto ed è pronta per la vendita. Infatti, come tutti noi, anche il maiale “è ciò che mangia": pertanto, per ottenerne carni saporite, i maiali vengono alimentati principalmente con mais, grano e soia. Inoltre, le razze oggi allevate forniscono carni più magre, con minori infiltrazioni di grasso e con la parte grassa più ricca di acidi grassi insaturi, tanto ricercati per il nostro benessere. Incidentalmente, ma non secondariamente, il Piemonte da vari anni ha anche un “suo” prosciutto crudo, della cui promozione si occupa l’Agripiemonte Suini che ne possiede il marchio, e che organoletticamente non ha nulla da invidiare ai suoi più celebri e celebrati omologhi. Un discorso analogo si applica al salame, nella fattispecie il Salame Cuneo, prodotto sotto l’egida del marchio CON.SA.TI e anch’esso sottoposto a un rigoroso Disciplinare di produzione: questi salumi infatti si possono produrre esclusivamente con carni di suini “nati, allevati e ingrassati in condizioni di benessere” in allevamenti consociati, e il ciclo produttivo si svolge interamente nel territorio della provincia di Cuneo. Detti suini sono anch’essi inseriti nel circuito Parma-San Daniele; tutte le fasi di lavorazione sono certificate e si svolgono in 5 6 condizioni di sicurezza ambientale e sanitaria rispondenti alle normative nazionali e comunitarie. Non esistono in Piemonte razze autoctone o di tradizione, ma vi sono rappresentate tutte le razze più diffuse, il cui “cosmopolitismo” è confermato dal fatto di essere contrassegnate da nomi inglesi o tedeschi. Large White Come indica il nome, si tratta di animali di taglia piuttosto grossa, ad alta capacità di crescita e ridotta percentuale di grasso, ideale quindi per la produzione di carne e insaccati. Essendo facilmente adattabile e molto prolifica, questa razza originaria dell’Inghilterra è probabilmente la più diffusa al mondo. All’aspetto presenta dorso allungato, orecchie rivolte in alto e inclinate in avanti, ossaturasolida e profilo del muso poco incavato (caratteristica che denota buona propensione alla produzione di carne). Large Black È simile alla precedente, ma di colore scuro o nero ed ha orecchie più lunghe e cadenti in avanti. È anch’essa di origine inglese (è nota anche come Cornwell), e dà un’ottima resa di carne magra. Assai robusta, si adatta bene anche al pascolo libero in qualsiasi clima. Wessex (o British) Saddleback Anche questa è una razza di origine ingle- se, di mole media e caratterizzata da un mantello nero con una fascia bianca che copre le spalle e le zampe anteriori. Ha una buona prolificità e la sua carne è magra. All’aspetto presenta arti robusti, che la rendono particolarmente adatta al pascolo, con orecchie lunghe e fortemente inclinate in avanti. Spotted Poland Chine È il risultato di selezioni effettuate su un ceppo di grande rusticità e adattabilità. Sono animali riconoscibili dal mantello bianco con macchie nere, e hanno orecchie pendenti e dorso piuttosto corto. Di media prolificità, ha una buona velocità di accrescimento ma carni più grasse. Landschwein migliorata All’aspetto presenta mantello bianco e orecchie pendenti. Di grossa taglia, ha un’ottima prolificità e velocità di accrescimento, ed è particolarmente adatta al pascolo grazie alla robustezza e lunghezza delle zampe. Landrace Originaria della Danimarca, questa razza ha diverse varietà – olandese, svedese, tedesca, inglese e francese – oltre a quella autoctona (che però non è esportata). Si distingue per la lunghezza del tronco, indice di grande resa in termini di carne. Di buona prolificità, può presentare problemi di debolezza articolare. LA CARNE SUINA NELL’ALIMENTAZIONE A partire dagli anni Cinquanta, il consumo di carni suine in Italia è più che quintuplicato, un dato che va collocato nel contesto del più generale aumento nel consumo di tutti i tipi di carne favorito da un più diffuso benessere e dalla maggiore disponibilità del prodotto. La carne di maiale, tuttavia, è stata a lungo vittima di pregiudizi che la volevano “pesante”, cioè difficile da digerire, e poco salubre non solo in quanto ricca di grassi e colesterolo, ma anche in quanto potenziale veicolo di batteri e tossine. Se questi timori potevano non essere infondati fino a qualche decennio fa, attualmente i requisiti igienici che gli allevamenti devono rispettare, e un accurato lavoro di selezione genetica hanno consentito di produrre carne “sicura” dal punto di vista sanitario, e molto meno grassa di un tempo. Basti pensare che il grasso di copertura, cioè il lardo, è passato da uno spessore medio di 8-10 centimetri a due centimetri circa, e che anche la percentuale di grasso di infiltrazione, cioè quello presente nelle carni, è circa un quinto rispetto a una volta. La carne magra di suino, quella del carré ad esempio, è un alimento molto ricco di tutti i principali elementi nutrizionali, e in particolare: Proteine: ne contiene circa il 20%. Questo significa che cento grammi di carne suina forniscono un terzo del fabbisogno proteico giornaliero a un soggetto maschio adulto mediamente attivo. Vitamine: in particolare, la carne suina è fonte di vitamina PP, B1, B2, B6 e B12, quest’ultima fondamentale nel processo di formazione dei globuli rossi. Minerali: innanzitutto il ferro, e poi zinco, magnesio, calcio e potassio, indispensabili nella fase della crescita e per lo sviluppo delle difese immunitarie. Grassi: un lavoro accurato nel campo della selezione genetica e dell’alimentazione hanno permesso di ottenere percentuali assai maggiori di muscolo magro e, nel grasso, di ridurre la quota di grassi “cattivi”, cioè saturi, a vantaggio di quelli “buoni”, cioè insaturi (dello stesso tipo di quelli contenuti nell’olio di oliva, per intenderci) fra i quali l’acido linoleico che fra l’altro contribuisce alla riduzione del colesterolo. La carne suina si cucina in svariati modi, anche se i risultati migliori si ottengono con gli arrosti. A questo proposito, va ricordato che il valore nutrizionale di tutte le carni è una funzione non solo del prodotto al naturale, ma anche della quantità e qualità dei condimenti impiegati. 7 8 Per quanto riguarda invece le innumerevoli specialità che derivano dalla lavorazione della carne suina, il discorso è assai più complesso. La vastissima famiglia dei salumi, ad esempio - salame crudo, cotto, e insaccati simili - contiene un’alta percentuale di grassi, dal 20 al 40 e persino 50%, oltre a sale, e talvolta anche additivi e conservanti, il cui scopo è evitare la formazione di batteri come il botulino e di mantenere al prodotto un colore rosso vivo. Il classico, meraviglioso panino col salame non è di per sé dannoso alla salute, ma bisogna tener conto che dà un apporto di sale e grassi elevato, e dunque va consumato con moderazione, soprattutto se si conduce vita sedentaria o si ha un’alimentazione poco bilanciata. Lo stesso discorso si applica alla salsiccia, alla mortadella e ancor più a zamponi e cotechini. Anche i prosciutti manifestano una tipologia assai vasta, oltre alla grande distinzione fra crudo e cotto, ma sono invece prodotti nutrizionalmente molto più indicati. Il prosciutto crudo in generale, e il Parma in particolare, ha un contenuto di grassi e di sale modesto, e la stagionatura fra i 12 e i 18 mesi garantisce un’ottima digeribilità. Un discorso che si applica anche al prosciutto cotto, nelle due varietà di coscia e di spalla (quest’ultima meno pregiata perché più dura e meno gradevole d’aspetto, ma ugualmente nutriente), che è anch’esso un ottimo alimento ad alto valore proteico e particolarmente adatto all’alimentazione di bambini e anziani. Per quanto riguarda le frattaglie - fegato, reni (rognoni), lingua, cuore, timo (o animella), cervello, trippa, testa (con testina, orecchie e grugno), coda e zampetti - bisogna ricordare che, se il cuore e la lingua hanno una struttura simile a quella della carne, le 9 altre parti hanno elevate basi puriniche (le principali responsabili dell’innalzamento del tasso uricemico nel sangue, la cui conseguenza estrema è la gotta), un alto contenuto di colesterolo, e pure di queste è bene non abusare, considerando anche il fatto che solitamente si consumano fritte o molto condite. Similmente, fegato e rognoni sono ricchi di acido folico e vitamine del gruppo B, ma trattandosi di organi di filtraggio è consigliabile non mangiarli troppo sovente, cuocendoli accuratamente e acquistando, se possibile, organi derivanti da animali giovani. Anche nel caso delle carni suine, come per tutte le carni, il consumatore deve prestare particolare attenzione al momento dell’acquisto, assicurandosi che la carne abbia un aspetto “sano”: nel caso della carne suina, questa deve presentarsi rosea e di buona consistenza, e il grasso deve essere bianco; ricordiamo inoltre che ogni mezzena è sottoposta a controllo sanitario, e a quelle giudicate idonee viene apposto un timbro con la dicitura “VS” (Vigilanza Sanitaria) e l’indicazione del Comune di origine. Gli insaccati debbono riportare in etichetta i dati relativi al salumificio e al confezionamento, avere aspetto e odore adeguati alla tipologia, e non presentare mai ingiallimento del grasso né, ovviamente, sentori di rancido o di “chimico”. Una volta acquistati, carne, prosciutti o salumi vanno tenuti in frigorifero fino all’utilizzo o per un periodo massimo di cinque giorni. Le carni fresche possono essere congelate, in porzioni medio-piccole e dopo essere state accuratamente avvolte in pellicola alimentare. Vanno poi scongelate lentamente per evitare la fuoriuscita dei succhi, devono essere utilizzate entro dodici ore dallo scongelamento e mai ricongelate. ORGANISMI DI TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA CARNE SUINA IN PIEMONTE ASSOCIAZIONE PRODUTTORI SUINI DEL PIEMONTE (APS) Sede amministrativa: Via Silvio Pellico, 10 – 10022 Carmagnola (TO) Tel. 011.9715308, fax 0172.9715301 Sede operativa: Via Cuneo, 7 – 12045 Fossano (CN) Tel. 0172.637136, fax 0172.631940 Internet: www.apspiemonte.com, e-mail: [email protected] L'APS Piemonte, costituita nel 1982, è un'organizzazione di produttori di suini operante su tutto il territorio del Piemonte. Lavora per il miglioramento delle condizioni strutturali degli allevamenti e per la valorizzazione dei prodotti tipici di qualità di origine suina con programmi di assistenza specialistica rispetto all'ambiente, al benessere degli animali e alla qualità delle produzioni. Promuove campagne di informazione sui valori nutritivi della carne di maiale e dei suoi derivati, con ottimi riscontri presso il pubblico e gli associati. Tutte le aziende inserite nei circuiti tutelati sono tenute a rispettare uno specifico Disciplinare di produzione e sono regolarmente sottoposte a controlli da parte del certificatore. AGRIPIEMONTE SUINI Corso Vittorio Emanuele II, 58 – 10121 Torino Tel. 011.5623297 Riconosciuta con decreto GRP 1044 del 1/02/89, l’Associazione Produttori Agripiemonte Suini, promossa da Confagricoltura Piemonte, conta circa 230 soci. Si occupa soprattutto del progetto “Prosciutto del Piemonte”, marchio registrato dall’Associazione. Rappresenta i soci presso le istituzioni e fornisce un servizio di informazione in tema di impatto ambientale e degli aspetti igienico-sanitari degli allevamenti e produzioni suinicole, nonché di divulgazione dei risultati della ricerca e della sperimentazione, e delle normative comunitarie, nazionali e regionali, in particolare rispetto alla prevenzione e profilassi diretta e indiretta delle principali patologie. ARAP - Associazione Regionale Allevatori del Piemonte Via Livorno, 60 c/o Environment Park - 10144 Torino Tel. 011.2258451, fax 011.2258459 Internet: www.arapiemonte.net, e-mail: [email protected] È un'organizzazione senza fini di lucro costituita dalle A.P.A. (Associazioni Provinciali Allevatori del Piemonte) e socia dell'A.I.A. (Associazione Italiana Allevatori). Ha lo scopo di coordinare l'attività delle organizzazioni associate; rappresentare ed assistere i soci nei confronti delle istituzioni di riferimento; lavorare nel settore zootecnico per promuovere ed attuare tutte le iniziative di portata regionale volte all'incremento e miglioramento della produzione animale e alla valorizzazione zootecnica; gestire il Laboratorio–Centro Latte, struttura di riferimento regionale per le analisi relative ai Controlli Funzionali dei Libri Genealogici e per il programma per il Pagamento del Latte a Qualità e per gli autocontrolli. CON.SA.TI - CONSORZIO PER LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELLA SALUMERIA TIPICA CUNEESE Sede legale: c/o Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura Via Emanuele Filiberto, 3 – 12100 Cuneo Tel. 0171.318710, fax 0171.634527 Sede operativa: c/o Castello di Mombasiglio Piazza Vittorio Veneto, 1 – 12070 Mombasiglio (CN) Tel. 0174.780147/780268, fax 0174.782949 Internet: www.consati.com, e-mail: [email protected] Nato nel 1996 con il patrocinio della Camera di Commercio di Cuneo e delle Associazioni di prodotto, riunisce allevatori di suini e piccoli salumifici artigiani della provincia di Cuneo. Le sue finalità sono la tutela e la valorizzazione della produzione, della trasformazione e del commercio dei prodotti suinicoli e della salumeria tipica Cuneese, con il risultato di un costante miglioramento qualitativo delle produzioni e delle trasformazioni. I prodotti tipici di salumeria soggetti a tutela sono regolamentati da specifici Disciplinari e possono derivare esclusivamente da carni prodotte e trasformate in provincia di Cuneo. Il CON.SA.TI. si propone altresì di offrire al consumatore la trasparenza e la tracciabilità del percorso della filiera della carne fresca, dal momento della nascita del suino al punto vendita. A tal fine, ha istituito la “Filiera della Carne di Suino Tradizionale CON.SA.TI. Cuneo”, regolamentata da specifico Disciplinare che prevede fra le sue prescrizioni anche un programma di etichettatura volontaria dei prodotti. CONSORZIO SALAME PIEMONTE c/o Confindustria Piemonte, Corso Vittorio Emanuele II, 103 – 10128 Torino Tel. 011.5718352, fax 011.5718688 Internet: www.salamepiemonte.it, e-mail: [email protected] Il Consorzio è stato costituito nel 2006. Ne fanno parte come soci l'APS Piemonte, due macellatori sezionatori e 7 aziende trasformatrici. Ha lo scopo di tutelare, promuovere e curare gli interessi generali del Salame Piemonte, prodotto di salumeria crudo, per il quale è in corso il riconoscimento della DOP. Attualmente il prodotto è in fase di DOP in Protezione Transitoria, ottenuta con decreto 12 maggio 2006 del Ministero delle Politiche Agricole. CONSORZIO DI PROMOZIONE E TUTELA DEL PROSCIUTTO DI CUNEO Sede legale: c/o Unione Industriale Corso Dante, 51 – 12100 Cuneo Segreteria: Corso Umberto I, 88 – 12020 Villafalletto (CN) Tel. 0171.942008 Il Consorzio ha lo scopo di tutelare e promuovere il Prosciutto “Crudo di Cuneo” e di seguirne il processo di riconoscimento della DOP. Attualmente il Crudo di Cuneo si trova nella fase di DOP di Protezione Transitoria, ottenuta con decreto 24 maggio 2007 del Ministero delle Politiche Agricole. ONAS – ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORI DI SALUMI Sede legale: CCIAA di Cuneo – Via Emanuele Filiberto, 3 – 12100 Cuneo Tel. 011.318784, fax 0171.634527 Sede operativa: Via Roma, 103 – 12045 Fossano (CN) Tel./fax 0172.637204 Internet: www.onasitalia.org, e-mail: [email protected] L’Organizzazione Nazionale Assaggiatori Salumi è nata il 19 ottobre 1999 col patrocinio della Camera di Commercio di Cuneo e dell'Associazione Produttori Suini del Piemonte (APS). Si aggiunge all'Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino (ONAV), Grappa (ONAG), Formaggi (ONAF), Olio (ONAO). L'ONAS ha fra i suoi obiettivi la formazione di Tecnici Assaggiatori che possono collaborare con le Aziende produttrici e i ristoratori per migliorare le caratteristiche organolettiche dei prodotti ed orientare il consumatore. Per ogni tipo di salume sono state predisposte schede di valutazione che riuniscono 20-25 descrittori. 12 LA LAVORAZIONE DEL MAIALE U no dei principali riti invernali nelle campagne, non solo piemontesi e non solo del passato, è la macellazione del maiale. Quando, qualche anno fa, una trasmissione televisiva ne mostrò alcune fasi, molte furono le proteste di chi riteneva quelle scene troppo crude, potenzialmente traumatiche per i bambini, per non parlare della crudeltà verso gli animali. È evidente che queste polemiche nascono da una visione poco realistica della vita rurale. Chi non ne ha esperienza diretta, se non magari per qualche soggiorno in agriturismo, rischia di identificare l'indiscutibile fascino di gesti millenari e di paesaggi affascinanti con l'Arcadia, o di credere che le fiere degli antichi mestieri esauriscano la realtà della vita contadina di una volta. Questa tendenza edulcorante induce inevitabilmente a considerare innaturali o crudeli atti che invece rientrano, o rientravano, nella normali ritmi della vita rurale. È lo stesso atteggiamento che porta a rimuovere dalla consapevolezza il collegamento fra l'alimentocarne e gli atti che hanno trasformato un manzo in cotolette, le piccole quaglie in un gustoso complemento per il risotto, e così via. Spogliata di inutili retoriche, la macellazione del maiale era proprio questo: un atto compiuto senza sadismo né sentimentalismo, finalizzato a fornire una provvista di carne attraverso la conservazione di quest'ultima con varie tecniche. In parole povere, un lavoro. Oggi l'esigenza primaria non è più la sopravvivenza, ma il salame piace a tutti, e pochi, in periodo natalizio, rinuncerebbero allo zampone o al cotechino con lenticchie. 13 Abbiamo deciso di presentare in parallelo la macellazione del maiale tradizionale, cioè quella che ancora oggi si effettua nelle cascine che allevano due o tre maiali per il consumo familiare, e quella “industriale” che si pratica nei salumifici. Scopriremo che le similarità sono più numerose delle differenze, e che anche oggi rimane valido il detto per cui il maiale “è come la musica di Verdi: non si butta via nulla”. La differenza più evidente è, ovviamente, la stagionalità dell’operazione, che nel caso della macellazione “casalinga” era un appuntamento rigorosamente invernale, sia perché la stagione fredda favorisce il trattamento e la conservazione dei prodotti ottenuti, sia perché la sospensione dei lavori agricoli in questo periodo permetteva di dedicarsi ad altre occupazioni. Questo non si applica all’industria, che lavora le carni suine durante tutto il corso dell’anno potendosi avvalere dei più avanzati metodi di refrigerazione ed operando in ambienti igienicamente sicuri, oltre naturalmente a dover soddisfare esigenze di mercato incommensurabilmente più vaste di un tempo. La macellazione del maiale, e la lavorazione successiva delle carni, è un'operazione che richiede abilità ed esperienza: nelle cascine venivano ingaggiati allo scopo uno o più norcini (in piemontese denominati, in modo un po’ rozzo ma eloquente, Massa-crìn) che d’inverno percorrevano le campagne equipaggiati con tutti gli attrezzi del mestiere, cioè soprattutto lame di varie fogge e dimensioni. Nei salumifici questa artigianalità è in gran parte affiancata, anche se non completamente 14 sostituita, dalla tecnologia, ed è un computer a determinare il lavoro di macchine e nastri trasportatori, e a regolare ritmi, temperature, grado di umidità. Le modalità di uccisione del maiale rimangono sostanzialmente le stesse. Oggi come un tempo, l’esigenza è dare all’animale una morte rapida evitando sofferenze inutili, tanto per un comune senso di decenza quanto perché, come tutte le carni, anche quella suina risente negativamente di condizioni di stress risultando più difficile alla frollatura, più dura e meno saporita. Il maiale viene dunque tramortito (oggi questo avviene mediante elettrocuzione), quindi appeso e ucciso con un solo colpo di coltello. Si procede poi al dissanguamento, operazione da effettuarsi in modo particolarmente accurato perché influenza il sapore e la conservabilità delle carni. Il sangue viene raccolto in un recipiente, e se ne traggono sanguinacci e preparazioni simili, di cui si parlerà in seguito. L’operazione successiva è il lavaggio, che nell’industria si effettua in apposite vasche con acqua a 60°C, in cascina adagiando la carcassa su tavole e versandovi sopra l’acqua bollente. Questo facilita l’asportazione delle setole, per raschiatura o con apposita macchina depilatrice. Le setole sono un materiale robustissimo, quasi indistruttibile, e come è ben noto venivano utilizzate per confezionare spazzole e pennelli. Oggi questi articoli sono in buona parte fatti con materiali sintetici, perciò le setole sono spesso avviate a processi di trasformazione idrolitica (sono cioè immerse in soluzioni saline e sottoposte a scariche elettriche) per scomporne le componenti proteiche, utilizzate nella confezione di cibo per animali. La pulizia esterna della carcassa ha tanto la funzione di trarre materiale utile quanto quella di creare buone condizioni igieniche per il passaggio successivo, cioè l’apertura dell’addome e l’asportazione degli organi interni, ciascuno dei quali viene immediatamente avviato alla sua destinazione: gli intestini vengono accuratamente lavati, sgrassati e raschiati, manualmente o con apposito macchinario, quindi suddivisi a seconda delle dimensioni e spessore. Nella macellazione casalinga, sono immersi in acqua acidulata e verranno usati il giorno stesso nella confezione di salumi e salsicce. Nell’industria, che oltre al budello naturale impiega involucri di altra origine, queste parti vengono anche conservate sotto sale e usate dopo un periodo di stagionatura più o meno lungo. Le frattaglie come cuore, polmoni, milza, fegato, reni, cervello, lingua, sono opportunamente mondate e avviate alla commercializzazione o alla trasformazione (in cibo per cani o gatti, ad esempio), oppure, nel caso della macellazione casalinga, in parte erano variamente cucinati e consumati il giorno stesso nel corso della pantagruelica “cena del maiale”; in parte venivano utilizzati per confezionare insaccati “poveri” (anche su questi si tornerà più avanti). Così pulito, il maiale viene diviso in due parti, e particolarmente apprezzati erano quei massa-crìn che riuscivano a ottenere mezzene di peso identico o quasi. Industrialmente, l’operazione è compiuta da una spaccatrice meccani- ca. Cominciano quindi le operazioni di lavorazione della carne: nell’industria, ogni mezzena è sottoposta a controllo sanitario, e tutte le fasi avvengono in ambiente a temperatura controllata, eseguite da personale dotato di camice e calzature sterili. I tagli sono divisi e selezionati, partendo dai quarti posteriori e terminando con la spalla, e inviati alle celle frigorifere per la frollatura. La carne destinata al consumo diretto è principalmente quella magra del carré, da cui si ricavano le braciole, l’arista, la lonza; delle costine, dello stinco. Le altre parti, magre e grasse, diventano tagli impiegati in varie combinazioni per la confezione di insaccati e altri prodotti. La parte più pregiata è naturalmente la coscia, da cui si ricava il prosciutto crudo e cotto. Segue la spalla, che dà anch’essa una varietà di prosciutto cotto; oppure, la parte più tenera viene usata nella preparazione di salame crudo, mentre quella più scura e tigliosa diventa un ingrediente di salame cotto, cotechino, mortadella e prodotti cotti in genere. Le zampe, private degli unghielli, vuotate e cucite, vengono farcite con un ripieno di carne, grasso e spezie e vi si ottiene lo zampone. La cotenna (che può essere di lardo, di gola o di pancetta), cioè la pelle, viene utilizzata, opportunamente tritata, come ingrediente dello zampone e in una quantità di piatti regionali, come tofeja, quaiëtte e simili variazioni sul tema di fagioli e cotiche. Industrialmente, gli scarti e le eccedenze si usano nella produzione di gelatine. Il grasso è una componente molto importante del maiale e si divide in varie categorie, di cui la più pregiata è il lardo che si trova sulla scapola, il cosiddetto lardo della vena. Composta di una parte grassa e una magra è la pancetta, cioè la parte anteriore del costato, che viene salata, speziata e arrotolata. Il grasso ordinario, quello di gola o quello duro di schiena, viene tritato e inserito nell’impasto di salami o cotechini. Quello di qualità inferiore è la sugna, cioè grasso perirenale, che viene fatto sciogliere per ottenere lo strutto, e utilizzato nella confezione dei salami 'd la douja; tradizionalmente, serviva anche come grasso da frittura. 16 I residui della liquefazione del grasso, ben asciugati, pressati e salati, diventeranno gustosi ciccioli, in piemontese grassëtte. Carne e grasso macinati, impastati manualmente o con apposite macchine, e insaporiti con spezie e aromi sono gli in- gredienti principali di tutti i salumi. Infiniti sono i risultati che si possono ottenere: salame crudo, salame cotto, cotechino, salsiccia, cacciatorino, nelle infinite varianti regionali, locali, e individuali, a seconda del talento e della fantasia dei singoli artefici. PRODOTTI TIPICI DI ORIGINE SUINA IN PIEMONTE A nche in Piemonte il maiale sta vivendo una nuova stagione, dopo essere stato messo per anni alla berlina come cibo “poco sano”, o comunque non compatibile con le moderne esigenze alimentari. Questo recupero si radica tanto nella generale riscoperta di aromi e sapori tradizionali, quanto in una politica della qualità che tale riscoperta ha accompagnato e sostenuto consentendo di ritrovare o far conoscere prodotti che sembravano inesorabilmente destinati all’estinzione, e di dare un senso nuovo ad altri che in virtù della loro stessa diffusione rischiavano di perdersi nell’anomia del mercato massificato dei prodotti industriali. In questo caso, ad esempio, l’attribuzione dei marchi di qualità come Doc, Docg, Dop o Igp ha contribuito a far superare la superficialità di definizioni generiche (“salame”, “vino rosso”, “vino bianco”, “formaggio” eccetera) e alla riscoperta e apprezzamento dei legami fra i prodotto e il loro territorio di origine. Il maiale, che come si è visto è da sempre l’animale da carne per eccellenza di cui nulla si getta, è dunque anche in Piemonte una fonte insostituibile di preparazioni che ne utilizzano la carne, il grasso e le frattaglie non solo come cibo fresco, ma soprattutto come base per insaccati e simili, cioè autentiche conserve alimentari. Nella maggior parte dei casi, inoltre, questo cibo conservato è pronto da mangiare, è trasportabile e non necessita di ulteriore cottura ma soltanto dell’accompagnamento di pane, polenta o simili, dunque può a buon titolo essere considerato il precursore dei moderni cibi in scatola, precotti o confezionati. L’Elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali del Piemonte fornisce una panoramica assai circostanziata su queste preparazioni e sulla loro varietà: talvolta si tratta di specialità simili per ingredienti e pro- cedure, ma indicate con nomi differenti a seconda delle parlate locali –basti pensare agli involtini a base di fegato di maiale, avvolti nella rete del medesimo (ne parleremo dettagliatamente più avanti) che diventano, nei vari dialetti, grive, frisse, fresse o frësse. Non secondariamente, va detto che non sempre o non necessariamente i sapori ritrovati sono delle prelibatezze: identificare “antico” e “buono” fa parte di un atteggiamento sentimentale e retorico tanto criticabile quanto il rifiuto aprioristico del passato. Non bisogna dimenticare, infatti, che molti prodotti nacquero dalla necessità di rendere commestibili parti poco appetibili o di scarto, abbinandole ai prodotti disponibili sul territorio (patate, riso, castagne, leguminose, cereali, eccetera), allo scopo di assicurarsi scorte alimentari. Il criterio era dunque essenzialmente quantitativo - avere cibo sufficiente a sfamarsi piuttosto che qualitativo, il tutto in epoche in cui non esistevano le odierne cognizioni nutrizionali e igienico-sanitarie. Tuttavia, questo nulla toglie all’importanza di recuperare e conservare specialità alimentari che sono, anche, testimonianza importante della storia e della cultura di un territorio. Batsuà (o Batsoà) Uno dei piatti che venivano cucinati il giorno stesso della macellazione del maiale, da concludersi con una gigantesca "cena del maiale". Il nome è un calco del francese Bas de soie, cioè calze di seta, con allusione ovviamente alla zampa del maiale. Si tratta degli zampini di maiale, sbollentati e fritti, un piatto per palati più che robusti. Questa è la ricetta. Ingredienti (per 6 persone): 4 zampetti di maiale, mezzo litro ciascuno di aceto bianco e di vino bianco secco, una costa di sedano, un ciuffo di prezzemolo, una foglia di 17 RISOTTO CON LE GRIVE 18 alloro, un po' di scorza di limone, sale, zucchero, 3 uova battute, pangrattato, olio e burro per friggere, sale, pepe. Pulire gli zampetti (meglio se sono tagliati a metà), raschiandoli bene per eliminare tutte le setole. Metterli in pentola assieme all'aceto, al vino, agli odori e a un paio di litri d'acqua fredda, zucchero e sale. Incoperchiare e cuocere a fuoco lento fino a che la carne si staccherà dall'osso (ci vogliono circa 4 ore). Togliere dal fuoco, scolare e lasciare intiepidire e disossare. A questo punto, gli zampetti possono essere conditi con un'emulsione di olio, sale, pepe e peperoncino in polvere, o impanati con l'uovo e il pangrattato e fritti nell'olio e burro fino a che sono ben dorati. In questo caso, vanno disposti sulla carta assorbente e serviti caldissimi, generosamente spruzzati di pepe nero di mulinello. Bisecon Salame cotto di trippa (suina e bovina) insaccato nello stomaco e fatto con carne e grasso della testa, insaporiti con sedano e carota. Assomiglia a un salame cotto e viene venduto affettato. Bundiola È il “salame della vescica”. Attualmente viene confezionato con le parti più larghe del budello, ma originariamente veniva insaccato nella vescica, e raggiungeva quindi ragguardevoli dimensioni (arrivando a pesare anche cinque chilogrammi) e di conseguenza manteneva una consistenza più morbida e umida. Per fare questo tipo di salame si usava una quantità di spezie maggiore rispetto ai salami comuni e la grana era mantenuta più larga. Una volta confezionata, la Bundiola è posta a “sudare” per un paio di giorni in ambiente riscaldato, poi lasciata asciugare all’aperto o in celle ventilate per una decina di giorni, quindi posta in locali freschi e umidi affinché “fiorisca”, Ingredienti Per le grive: reticella di maiale, fegato di maiale freschissimo, pasta di salsiccia, poco sale, pepe, qualche bacca di ginepro pestata nel mortaio, alloro, rosmarino, un po' di vino bianco. Per il risotto: riso Carnaroli q.b., mezza cipolla, burro, brodo (anche di dado) Impastare il fegato con la pasta di salsiccia e gli aromi. Immergere la reticella nell'acqua tiepida per due-tre minuti (serve ad ammorbidirla e ad evitare che si rompa; ovviamente, l'acqua non deve essere troppo calda o la reticella si scioglierà). Formare con l'impasto delle palline grandi quanto un'albicocca e avvolgerle nella rete opportunamente ritagliata. Il procedimento è analogo anche per le versioni più ricche di ingredienti, avendo ovviamente l'accortezza di ammollare in anticipo l'uvetta nel caso si prepari la versione canavesana del piatto. Scaldare in un tegame una grossa noce di burro e qualche cucchiaio di olio d'oliva, aromatizzandoli con l'alloro e il rosmarino. Disporvi le grive lasciandole rosolare per bene, sfumando con poco vino bianco, fino a che saranno ben dorate e la reticella apparirà quasi bruciacchiata. A cottura quasi ultimata, preparare il risotto soffriggendo in un po' di burro la cipolla affettata finemente. Tostarvi brevemente il riso e aggiungere gradualmente il brodo mescolando sovente fino a cottura e aggiustando di sale. Il risotto dovrà risultare piuttosto asciutto. Servire caldissimo, mettendo il riso su un piatto di portata e disponendovi sopra le grive (due o tre per ogni commensale) con un po' del loro fondo di cottura. È un piatto unico invernale ottimo e di grande effetto, da accompagnare con un buon Nebbiolo o Roero. A fianco: risotto con le grive 20 cioè sviluppi muffe di superficie. Prima di essere commercializzata o consumata deve stagionare per almeno sei mesi. Coppa cotta Biellese (Bieleisa) L’omonima parte del maiale viene disossata e conciata con spezie (sale, pepe, cannella, garofano, macis, e altre), quindi marinata nel vino per una trentina di giorni, insaccata e infine lasciata sobbollire per 5 ore circa. Filetto baciato (salame filetto baciato) È una specialità dell’Acquese, in provincia di Alessandria, e particolarmente di Ponzone e delle sue frazioni Cimaferle e Abasse. La zona, non lontano dai confini con la Liguria, è caratterizzata da un microclima che dà a questa specialità fatta con tagli e carni pregiate il suo aroma caratteristico. Si tratta di un sottofiletto di maiale salato e conciato, quindi circondato, lambito (“baciato”, appunto) da pasta di salame anch’essa fatta con carne e grasso di prima scelta. Il tutto è insaccato in budello rigorosamente naturale e stagionato per un periodo di almeno un mese e fino a quattro, a seconda del grado di morbidezza che si intende ottenere. Frisse o Grive Abbiamo già accennato alle varianti locali del nome di questa preparazione, nota in tutta la regione ma diffusa soprattutto nel Canavese e nelle Langhe, dove era un’altra delle pietanze della “cena del maiale”. Gli ingredienti tradizionali sono il fegato e altre frattaglie, come polmone, milza, e parti grasse, tritate e impastate, quindi avvolte nella rete, cioè l’omento (una membrana che avvolge l’intestino come un grembiule) a formare delle palline, talvolta infarinate per evitare che aderiscano l’una all’altra. Come per il sanguinaccio, di cui parleremo più avanti, alcune varianti preve- dono l’aggiunta di zucchero o uvetta all’impasto. Si trovano già confezionate e pronte da cuocere in macelleria o in salumeria, oppure si possono confezionare in casa, prenotando per tempo la rete. Lardo Nella definizione di “lardo” rientra una serie di preparazioni che hanno in comune l’essere grasso di maiale di tipo pregiato, salato e aromatizzato con erbe e spezie. Può essere, ad esempio, con o senza cotenna, al rosmarino, affumicato, in salamoia, pancettato (cioè arrotolato e legato), della douja (cioè conservato in otri di terracotta). I suoi usi in cucina sono vastissimi, considerando che per secoli è stato il principale grasso da cottura, soprattutto IL GRAS PISTÀ nelle zone a scarsa o nulla produzione olearia, e che anche al naturale ha fatto da companatico a prodotti primari come castagne, polenta, riso, patate, eccetera. ‘L Mlon (il Melone) È un altro tipo di salame della vescica, più asciutto e compatto di quello visto in precedenza. Si fa con carne tritata mista grassa e magra, guanciale, spezie, vino Barbera e talvolta l’aggiunta di grappa. Questo impasto è insaccato nella vescica ben pulita e lasciata in acqua acidulata con aceto fino al momento dell’utilizzo. La denominazione di “melone” deriva dalla disposizione dello spago utilizzato per legare il prodotto, che alla fine riproduce abbastanza fedelmente la forma e gli “spicchi” Il gras pistà, o più semplicemente pistà, è assai diffuso nel mantovano e in Emilia Romagna. Per farlo bastano un pezzo di ottimo lardo tagliato a dadini, prezzemolo tritato, sale ed aglio (meglio se spremuto con l'apposito attrezzo) secondo il gusto individuale. Si passa il tutto al frullatore fino a ottenere una pasta spalmabile. Il sapore e il profumo sono grezzi e straordinari, e gli usi, infiniti. Spalmato su crostini di pane casereccio fresco o appena tostato, oppure su fettine di polenta ben abbrustolita, il gras pistà è uno stuzzicante protagonista di aperitivi e merende sinoire. Sciolto in pentola e usato come base per il soffritto, conferisce un aroma unico alle zuppe di legumi, particolarmente alla cisrà (zuppa di ceci con costine di maiale). Si sposa magnificamente con le patate lesse o al forno. Ben chiuso nella pellicola trasparente e in un contenitore, si adatta bene alla congelazione domestica e mantiene a lungo il suo profumo. CISRÀ Ingredienti Mezzo chilo di ceci secchi, tre etti di cotiche, o, secondo un’altra versione, costine di maiale, una cipolla, una costa di sedano, una carota, un rametto di rosmarino, due patate grosse, gras pistà, sale e pepe. Ammollare i ceci in acqua fredda per una notte. Preparare un trito di cipolla, sedano, carota e rosmarino e farlo soffriggere dolcemente nel gras pistà, quindi aggiungere i ceci ammollati, le patate tagliate grossolanamente e le cotiche o le costine ben mondate e tagliate a listerelle. Aggiungere circa due litri e mezzo di acqua, salare e cuocere a fuoco dolce, possibilmente in una pentola di coccio, per tre ore abbondanti o finché le patate saranno completamente disfatte e i ceci perfettamente cotti. Servire bollente spolverizzata di pepe e con l’aggiunta di un filo d’olio crudo. 21 22 del melone. Rimane in gran parte un prodotto di confezione casalinga. La stagionatura, che anticamente avveniva nei crotin, dovrebbe tradizionalmente durare dalla confezione (fra novembre e febbraio) alla mietitura – cioè, almeno sei mesi. Mica (Pagnotta) Tipico della bassa Valle di Susa, questo salume è costituito da un impasto di carne magra e di grasso, salato, addizionato di spezie e aromi, inserito e pressato entro stampi di legno o acciaio del diametro di 15 centimetri circa e alti 4. Il contenuto viene girato alcune volte, quindi passato ripetutamente nel pepe macinato e nella farina di segale, fino ad avere uno strato di almeno un paio di millimetri. Dopo essere messo a riposare per 24 ore, passa a una pre-stagionatura di una settimana in celle climatizzate e ventilate, quindi è posto a stagionare per circa sei settimane a una temperatura di 3-7°C. Questo prodotto, completamente ricoperto di pepe e farina, si conserva bene per sette mesi e oltre. Mortadella di fegato cruda o Fidighin È un insaccato di piccole dimensioni (circa 200 grammi), tipico del Novarese e Vercellese. Inserito in budello piccolo, viene curvato a ferro di cavallo e legato, e tradizionalmente veniva conservato nelle douje. Gli ingredienti fondamentali sono fegato, pancetta, guanciale e ritagli di carne, finemente macinati. Una volta stagionato, si può consumare crudo, oppure si cuoce e diventa uno degli ingredienti della Panissa e della Paniscia. Mortadella di fegato cotta o Mortadella d’Orta Anche questo prodotto è tipico del Novarese e del Vercellese. Ha dimensioni abbastanza consistenti, raggiungendo anche i due-tre chilogrammi di peso. Gli ingredienti sono sostanzialmente gli stessi del precedente, ma trattati diversamente: vengono aromatizzati con vino Barbera brulé, insaccati nell’intestino cieco del maiale, cotti a vapore (anticamente erano lessati), e stagionati per circa due mesi. Mortadella Ossolana È un prodotto crudo a base di carne e grasso, e con una percentuale non molto alta di fegato, circa il 5%, il tutto lavorato con spezie e vino. Si consuma cruda o cotta dopo una stagionatura di un paio di mesi, e si trova in commercio sia nella caratteristica confezione a forma di ferro di cavallo, sia insaccata in budello grosso e legata in modo da ricordare la forma di una stella. Mustardela (o Mustardera) Tipica della Val Pellice e del Pinerolese, si produce nel periodo invernale e si consuma fresca. Gli ingredienti principali sono testa, fegato e sangue. La testa del maiale bollita, disossata e tritata, viene ulteriormente cotta nel sangue assieme agli altri ingredienti che includono ciccioli, gola, cotenna, sale, pepe, e un soffritto di aglio, cipolle e porri. Quando il tutto è ben rappreso, si insacca e si fa ulteriormente lessare. Si usa sia crudo sia cotto. Paletta Si confeziona con l’omonimo taglio della spalla del maiale ed è originaria di Coggiola, nel Biellese. Questo prodotto, documentato sin dal XV secolo, è realizzato ponendo il taglio per un periodo variabile da due settimane a un mese in una salamoia arricchita con erbe, spezie e bacche di ginepro, e massaggiata giornalmente per favorire l’assorbimento dei profumi. Viene quindi insaccata, legata e appesa per una trentina di giorni. Quella conservata sotto grasso prende un sapore piccante e si può 24 LA TOFEJA Il piatto prende il nome dalla pentola di terracotta (olla) in cui gli ingredienti venivano posti a mituné (cioè sobbollire lentamente per varie ore) nel forno del paese dopo la cottura del pane. Secondo un’altra versione, è invece la pentola, in origine chiamata Cupòt, ad aver tratto il nome dalla pietanza. In ogni caso, questa è una preparazione lunga e laboriosa, che vale la pena fare in casa solo per un certo numero di commensali. Ingredienti Un chilo di fagioli secchi, mezzo chilo di cotenna di maiale, due o tre zampetti, un orecchio. Abbondante aglio, cipolla, sedano, carota, rosmarino, alloro, pepe, sale. Ammollare i fagioli in acqua fredda per qualche ora. Pulire la cotenna, l’orecchio e gli zampetti, al caso fiammeggiandoli, per eliminare i peli residui, quindi fare i preive (in media uno per ogni commensale): tagliare delle strisce di cotenna, spalmarle generosamente con un trito di aglio e rosmarino poi arrotolarle e legarle con spago da cucina. Disporre i preive, gli zampetti tagliati a pezzi, i fagioli e le verdure, anch’esse grossolanamente tagliate, sul fondo di una pignatta di coccio, salare e coprire con circa tre litri d’acqua, quindi cucinare lentamente in forno. Si può anche cucinare normalmente, a fiamma bassissima, avendo l’accortezza di frapporre un frangifiamma tra il fornello e la pentola. Servire bollente in ciotole di coccio, sul fondo delle quali sarà stata messa una fetta di pane casereccio tostata e leggermente unta, spolverizzando il tutto con pepe nero. consumare cruda, ma in genere si consuma previa cottura per almeno due ore partendo da acqua fredda, e a tale scopo la legatura viene provvista di un’asola per poter cuocere il prodotto appeso evitando contatti con le pareti della pentola. Pancetta con cotenna La pancetta viene salata e conciata con spezie e lasciata asciugare per tre settimane, appesa. Quindi è ripiegata su se stessa e le due estremità della cotica che la ricopre sono fatte combaciare e cucite, a volte anche legate. Preti (Previ, Preivi, Preive) o Quaiëtte È una preparazione che si trova in tutto il Piemonte anche se, come nel caso delle grive, prende nomi diversi a seconda delle località. Il nome di “prete” deriva da “boccone del prete”, cioè prelibato. Si tratta di strisce di cotenna condite con aglio, sale, pepe, rosmarino, alloro quindi arrotolate, legate e cotte, di solito con i fagioli. Queste preparazioni sono spesso le protagoniste di innumerevoli sagre paesane, come la festa dei fagioli grassi di Romano Canavese, in cui dozzine di giganteschi paioli per tutta una notte cuociono quintali di fagioli e cotiche da distribuire nel corso dei festeggiamenti il giorno successivo. Prosciutto cotto Il Piemonte è uno dei principali produttori di prosciutto cotto, e i "cotti" piemontesi godono di ottima reputazione perché in gran parte ricavati da cosce di qualità eccezionale provenienti da suini nati ed allevati in Piemonte e di categoria destinata anche a prosciutto crudo. Il trattamento prevede che la coscia sia disossata, conciata in salamoia con aggiunta di pepe, alloro, bacche di ginepro, erbe e spezie, a seconda anche delle varianti locali. Successivamente, il prosciutto viene modellato e cotto a vapore o a bagnomaria, raffreddato in appositi stampi e, dopo una breve frollatura, confezionato per il consumo. Fra tutti i derivati del maiale, il prosciutto cotto è, assieme al crudo, il più adatto all'alimentazione di bambini e anziani, fornendo un importante apporto proteico e vitaminico. Prosciutto crudo Benché gran parte delle cosce prodotte in Piemonte venga lavorata in altre regioni per diventare prosciutto di Parma o San Daniele, si registrano alcune produzioni locali. Tra queste il Prosciutto Piemonte, marchio registrato che appartiene all’Agripiemonte Carni, il prosciutto crudo della Valle Gesso, il prosciutto crudo dell’Alta Val Susa, il prosciutto crudo di Cuneo. In generale, ma con varianti locali, la coscia viene disossata, aromatizzata con sale e talvolta anche altre spezie, e posta a stagionare in ambienti idonei per un periodo che va dai dieci ai diciotto mesi, anche a seconda delle dimensioni del prosciutto. Prosciutto montano della Val Vigezzo È un prosciutto crudo affumicato. Si con- feziona conciando la carne, massaggiandola per varie volte, a intervalli regolari, con un composto di sale, pepe, cannella, chiodi di garofano e aglio. A questa fase, che dura circa un mese, seguono le operazioni di lavatura e asciugatura e l’affumicatura con legno di ginepro. I prosciutti così ottenuti vengono quindi posti a stagionare per un periodo variabile da un anno a 16 mesi circa. Salame cotto Si produce in tutto il Piemonte, in varie pezzature e con varianti locali o persino individuali in termini di grana e speziatura. Tradizionalmente, per il salame cotto si usano le parti di scarto dalla produzione di quello crudo, ma in genere oggi i salumifici producono salame cotto con tagli di prima scelta. Per fare il salame cotto, si trita la carne assieme a pancetta e lardo, ottenendone una grana più o meno grossa ma in genere non troppo fine, quindi si aggiungono spezie, e anche qui ci sono varianti locali (nel Biellese ad esempio si usano anche foglie di menta), e vino. Poi si insacca il tutto in budello di dimensioni abbastanza grandi, e si pone a bollire da una a quat- 26 tro ore a seconda delle dimensioni del prodotto. I salumifici solitamente impiegano la cottura a vapore. Non viene sottoposto a stagionatura ma a conservazione con varie tecniche (quella più usata industrialmente è il sottovuoto). Salame Cuneo Con il nome generico di "salame", si usa indicare un insaccato di carne suina (oppure bovina e suina) macinata in pasta a crudo, addizionato di spezie e talvolta di un infuso di vino e poi stagionato più o meno a lungo. Per la conservazione delle carni la funzione del sale è assolutamente indispensabile, e proprio dal sale deriva il termine "salame". Il sale ha il compito di ridurre la quantità di acqua libera contenuta nelle carni e di bloccare la proliferazione batterica. Il Salame Cuneo è un prodotto che ha rischiato l’estinzione col diffondersi dei salumi di massa commercializzati dalle grandi industrie ed è stato recuperato grazie all'azione di organismi come l'Associazione Produttori Suini Piemonte (APS). Per la preparazione del Salame Cuneo occorre rispettare un disciplinare assai rigoroso emesso dal consorzio CON.SA.TI. sia per quanto riguarda l'origine e l'allevamento dei suini sia per quanto attiene le metodiche di lavorazione (il Disciplinare fissa addirittura le dimensioni dei fori del tritacarne!). I tagli devono essere scelti e di prima qualità, di esclusiva origine piemontese, e in proporzioni relative ben precise di grasso e magro (40:100), nonché di quantità e qualità di spezie impiegate. Alle carni macinate viene aggiunto un infuso di vino e spezie; la carne viene insaccata in budello, che deve essere anch'esso di maiale e particolarmente spesso affinché il prodotto finito possa presentarsi perfetto per aspetto ed aroma, evitando anche l'eccessivo asciugamento dell'impasto e conferendo la giusta morbidezza al salame. Il Salame Cuneo, riconoscibile dal marchio del Consorzio apposto sull’etichetta, è disponibile in due pezzature principali: “Le Rose” (da 700 a 1000 grammi), con 40 giorni di stagionatura, e “Le Rosette”, attorno ai 300-400 grammi con 20 giorni di stagionatura. Salame del Cios (Cios) Tipico della Valle Belbo e di Calosso, in provincia di Asti. Essendo di pezzatura piuttosto grande (circa quanto una coppa), manteneva più a lungo la sua morbidezza, quindi poteva essere consumato fin quasi all’inizio dell’autunno. Salame di cinghiale Specialità di Corio Canavese; si tratta di salami confezionati mescolando carne magra di cinghiale con grasso di maiale o pancetta, e si consumano piuttosto freschi. Salame di patate È un prodotto “povero” nato per utilizzare le parti di seconda scelta, e va confezionato e consumato entro l’inverno perché è facilmente deperibile. È tipico del Canavese e del Biellese. Gli ingredienti principali sono carniccio, triti di banco, spolpo di costine, grasso di gola, e patate, con la possibile aggiunta di sangue per dare un colore rosato al prodotto. Le patate, che non devono essere novelle, vengono bollite e macinate assieme alle carni e alle spezie (e anticamente, come è ovvio, erano la componente quantitativamente più significativa). Il tutto si insacca in budello piccolo, ottenendo salami di circa un etto di peso, da consumarsi entro due settimane al massimo. Salame di testa (Cupa) Come indica il nome, si produce con la testa del suino bollita, disossata e tagliata a 28 BIGNOLE CON CREMA DI PROSCIUTTO TORTINO DI PATATE E PROSCIUTTO Ingredienti Per la crema di prosciutto: eguali quantità di burro e prosciutto, qualche goccia di salsa Worcester e tabasco, sale e pepe. Per le bignole: 125 grammi di farina, 250 ml. di acqua, 60 grammi di burro, 3 uova, sale. Preparare la crema frullando assieme gli ingredienti e modificandone eventualmente le proporzioni secondo il gusto. Coprire e porre in frigorifero. Può essere preparato in anticipo e addirittura surgelato per un utilizzo successivo. Preparare i bigné: portare a bollore l'acqua col sale, quindi versarvi tutta in una volta la farina, continuando a mescolare finché il composto si stacca dalle pareti della pentola sfrigolando leggermente. Lasciarlo intiepidire quindi unirvi uno alla volta le uova, non unendo il successivo finché il precedente non sarà stato ben amalgamato e mescolando vigorosamente fino a ottenere un composto liscio e lucido. Servendosi di una tasca da pasticcere formare delle palline grandi quanto una ciliegia e disporle sulla placca del forno imburrata. Cuocere a circa 200 °C per 2025 minuti o finché non saranno ben gonfie e dorate. Poco prima di servirli, tagliare la parte superiore dei bigné, farcirli con la crema ammorbidita e ricoprirli con la calotta. Sono ottimi con gli aperitivi o come antipasto. Per risparmiare tempo e lavoro, si possono usare i bigné confezionati (che però potrebbero risultare troppo grandi) o spalmare la crema di prosciutto su quadratini di pane cassetta, decorati con mezzo gheriglio di noce. Ingredienti (per 4 persone) 800 grammi di patate, 200 grammi di prosciutto cotto, 150 grammi di mozzarella o, se si preferisce un sapore più deciso, Raschera o Toma, 80 grammi di burro, Parmigiano grattugiato, 3 tazze di panna, sale, pepe, prezzemolo tritato, origano. Lavare le patate e lessarle con la buccia in acqua salata, pelarle ancora calde, lasciarle raffreddare e tagliarle a fette. Imburrare una pirofila, disporre sul fondo le fettine di patata in modo che si accavallino leggermente e distribuirvi il prosciutto e il formaggio tritati grossolanamente. Coprire con le restanti patate, aggiungere la panna, cospargere di Parmigiano, prezzemolo (e, se si impiega la mozzarella, origano), disporvi qualche tocchetto di burro, aggiustare di sale e pepe e infornare per 15 minuti o finché la superficie risulterà dorata. 29 pezzetti, quindi conciata con spezie, aromi e liquore e insaccata in budello grande. Va consumato fresco ed è tipico della zona dell’Ossola. centimetri di lunghezza per 3 o 4 di diametro) e la stagionatura non deve superare le due settimane per evitare l’eccessivo asciugamento e indurimento del prodotto. Salame d’la Douja Diffuso su tutto il territorio piemontese, è un insaccato fatto con carni e grasso di qualità media e può anche essere aromatizzato con aglio. Ha consistenza leggermente più morbida e umida rispetto al salame tradizionale, e dopo un periodo di asciugatura viene posto sotto lardo in recipienti di terracotta, detti appunto douje. Quello sotto grasso è uno dei sistemi di conservazione più antichi e più diffusi prima dell’introduzione della refrigerazione meccanica. Salami aromatizzati del Piemonte La definizione comprende una varietà di prodotti, che secondo le varie tradizioni locali si differenziano per dimensioni, grana, stagionatura, ed eventuale presenza di elementi che sovente rispecchiano le tipicità del territorio. Di qui la denominazione a seconda dell’elemento caratterizzante (salame al tartufo, al Barolo, all’aglio, eccetera), oppure della provenienza (della Val Borbera, del Monferrato, della Val Curone, e così via), ad indicare una qualche particolarità di lavorazione, come le quantità relative degli ingredienti e delle spezie. Salamet (salametto casalingo) Fatto con carne e grasso di prima scelta, viene raffreddato durante il macinamento per dare maggiore consistenza e compattezza alla pasta, che viene poi insaporita con sale, spezie, aglio e vino e insaccata in budello di bovino. Questi salami, tipici del Biellese, hanno pezzatura piccola (circa 16 Salamini alla Cacciatora o Cacciatorini Sono insaccati di piccole dimensioni, sovente uniti in collane, reperibili su tutto il territorio regionale. La denominazione deriva evidentemente dalle dimensioni che li rendono ideali da portarsi appresso durante gite o, appunto, battute di caccia. Salsiccia al Formentino Salsiccia fresca fatta con carne di spalla, pancetta, sale, pepe e spezie, e aromatizzata con il Furmentin, vino bianco secco tipico della zona di Cossano Belbo. Il tutto è insaccato in budello sottile di capretto, e si consuma fresco. Sautissa ‘d Coj (salsiccia di cavolo) Era un prodotto poverissimo tipico della zona di Mattie, in provincia di Torino. In origine era fatto esclusivamente con grasso di maiale e foglie di cavolo bollite e schiacciate; oggi si aggiunge una percentuale di carne magra. Il risultato sono delle salamelle lunghe 20 cm., del peso di mezzo chilo circa. Si consumano previa 30 bollitura e si conservano per non più di due settimane. Salsiccia di riso (Salame bastardo o Salame dei poveri) Altro insaccato povero, tipico della zona di Curino, nel Biellese, a base di grasso di maiale e riso. Si fa lessare il riso in acqua in cui sono state precedentemente sbollentate le cotiche; si unisce a grasso di maiale, succo d’aglio, sale e pepe, vino e, se disponibile, sangue di maiale. Il tutto è insaccato e fatto asciugare o conservato sotto grasso. Sanguinaccio Anche noto in piemontese come Budino (dal francese Boudin), è una preparazione il cui ingrediente principale è il sangue di maiale. All’aspetto si presenta come una salamella scura, e solitamente si usa tagliato a fette o a tocchetti o sbriciolato e variamente cucinato. Nel complesso del territorio piemontese se ne registrano diverse varietà: Sanguinaccio con pane. È fatto con sangue, pane raffermo, ritagli di grasso, aglio, sale, spezie, mischiati e insaccati. Si mangia lessato, con le patate. Sanguinaccio con patate. Come il precedente, ma con patate lesse, essendo le patate più disponibili del pane nelle zone di provenienza di questo prodotto, vale a dire le zone di montagna e la Valsesia in particolare. Sanguinaccio con riso. Stessi ingredienti e tipologia di prodotto, con riso a sostituire pane o patate. Testa in cassetta Si confeziona con la testa del maiale inclusa la lingua, la gola e relativo grasso. Tipica della zona di Gavi Ligure, in provincia di Alessandria, è confezionata facendo bollire la testa per varie ore assieme ad erbe e aromi vari. Una volta disossata, carne e grasso sono tagliati a pezzetti, non tritati, addizionati di sale e spezie e posti negli appositi stampi con un po’ del brodo di cottura per formare la gelatina. Altri prodotti non sono tipici soltanto del Piemonte ma della cucina italiana in generale, come il cotechino, salume a base di carne, grasso e cotenna, destinato alla cottura, che si consuma tradizionalmente con contorno di puré di patate e lenticchie. I ciccioli, croccante e friabile residuo della lavorazione dello strutto: pressati e salati, si consumano tradizionalmente con polenta abbrustolita e possono essere fatti anche con grasso d’oca o d’anatra. Le salamelle, salsicciotti che si consumano cotti alla griglia o alla brace; la salsiccia comune, che si consuma anche cruda ma in genere diventa ingrediente per ragù, risotti e altre preparazioni; lo zampone, piuttosto raro in Piemonte. Senza dimenticare la miriade di nomi curiosi che talvolta indicano salumi tipici di aree assai ristrette, ma in genere sono soltanto la definizione locale di prodotti più noti con altre denominazioni. Qualche esempio: il Barcolé, salume di tradizione langarola insaccato nell’intestino retto; il Luganeghin o Duganeghin, cioè il cotechino; la Fersulla, una sorta di frittella con salame e formaggio, che si trova in zone dell’Alessandrino; la Galantina, che è una specialità roerina simile alla testa in cassetta; le Garisole, o Grassëtte, cioè i ciccioli; il Marzapane, che è una versione di sanguinaccio un tempo tipica del Novarese; la Matota (“ragazza”), cioè la pancetta, come è soprannominata in certe aree di Langa; la Salama o Salamà, cioè il salame cotto; gli Sciriuli, una specie di cacciatorini che si producevano nell’alto Novarese; e lo Spalòt, cioè la spalla di maiale conservata, preparazione simile alla Paletta. 32 COTECHINO CON PURÉ DI PATATE E LENTICCHIE Ingredienti Uno o due cotechini, patate, lenticchie, gras pistà, cipolla sedano, carota, alloro, rosmarino, sale e pepe, brodo o latte, burro, formaggio grattugiato Ammollare le lenticchie per qualche ora in acqua fredda. Nella pentola a pressione, sciogliere il gras pistà poi farvi soffriggere un trito di cipolla, sedano e carota, aggiungere le erbe aromatiche quindi unirvi le lenticchie e far insaporire qualche minuto. Aggiustare di sale, coprire appena con del brodo (anche di dado) e incoperchiare, quindi cuocere per 20 minuti dopo il fischio. Le lenticchie possono essere preparate anche il giorno precedente. Lessare i cotechini, avendo cura di praticarvi prima dei forellini per evitare che si rompano in cottura. Nel frattempo, preparare un puré morbido amalgamando in una pentola, a fuoco bassissimo, le patate lessate e schiacciate con sale, pepe, noce moscata, formaggio grattugiato e latte o brodo di carne. Servire il tutto molto caldo. Volendo, si può terminare la cottura dei cotechini assieme alle lenticchie, affinché si amalgamino bene i sapori. CREDITS CARNI SUINE DEL PIEMONTE Direzione Editoriale Michelangelo Carta Lucilla Cremoni Testi: Alda Rosati-Peys Traduzioni: Francese: Hélène Gallo Inglese: Martin Higham Tedesco: Kirsten Struve Videografica: M.P. - Collegno [email protected] Stampa: Edicta - Torino IMMAGINI Enrico Formica Copertina e pp. 4, 8-9, 15, 19, 20-21, 23, 27, 28-29, 31 Irene Sibona pp. 2, 3 7, 12-13, 16, 25, 32 Archivio San Giorgio Salumi pp. 5 e 6 SI RINGRAZIANO Agripiemonte Suini APS – Associazione Produttori Suini del Piemonte CON.SA.TI. – Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione della salumeria tipica Cuneese Mycrom s.r.l., Torino San Giorgio Salumi, Busca (CN) Editore: MICHELANGELO CARTA EDITORE s.a.s. Sede legale, direzione e redazione Via Cialdini, 6 - 10138 Torino Tel/Fax 011.4346027 www.piemonte-magazine.it E-mail: [email protected] © Tutti i diritti riservati. Testi e fotografie contenuti in questo numero non possono essere riprodotti, neppure parzialmente, senza il consenso scritto dell’Editore. INZIATIVA DELL’ASSESSORATO ALL’AGRICOLTURA, TUTELA DELLA FAUNA E DELLA FLORA REGIONE PIEMONTE DIREZIONE AGRICOLTURA SETTORE TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI Si ringraziano inoltre le seguenti Aziende per la loro disponibilità nel consentire l’effettuazione di riprese fotografiche: “Le Vetrine dei Sapori” Via Nicola Fabrizi, 15/B, Torino (immagini alle pp. 7, 16 e 25) L’Editore desidera porgere uno speciale ringraziamento alla Fondazione Ordine Mauriziano, proprietaria dell’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, che ha permesso di utilizzare le immagini realizzate in loco. ASSESSORATO ALL’AGRICOLTURA, TUTELA DELLA FAUNA E DELLA FLORA DIREZIONE AGRICOLTURA SETTORE TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI Corso Stati Uniti, 21 – 10128 Torino Tel. ++39 011 43211 – Call Center Regione Piemonte: 800 333 444 Internet: www.regione.piemonte.it/agri [email protected] VERSION FRANÇAISE LA VIANDE DE PORC EN PIEMONT Avec plus d’un million de porcs de différentes races, le Piémont est la troisième région italienne, après la Lombardie et l’Emilie Romagne, productrice de viande de porc. Il faut savoir aussi que les deux tiers des cuisses de porcs sont transformées en jambons crus de Parme et de San Daniele. Au cours des dernières années on a assisté à une importante augmentation de la production de viande de porc due aux grandes campagnes publicitaires en faveur du jambon, à une revalorisation de la viande de porc en général et de la charcuterie en particulier qui s’inscrire dans le cadre d’une tendance visant à retrouver et apprécier les produits et les saveurs de terroir. L’intention de ce petit ouvrage est d’illustrer la place importante que tient la viande de porc dans la culture piémontaise et dans sa cuisine. Historique Animal domestique depuis près de neuf mille ans, le porc a toujours vécu aux côtés de l’homme. Déjà pendant le néolithique, et aujourd’hui encore dans de nombreuses fermes, chaque famille élevait au moins un porc destiné à constituer une provision de viande. Son rôle était donc de premier plan dans la vie et l’alimentation de l’homme, notamment dans les régions du nord et sa relation avec l’homme très complexe: il existe toute une kyrielle de clichés et de dictons où le pauvre animal incarne les pires travers et défauts, et la littérature, de Homère à Orwell, lui prête des pulsions et des caractères par trop humains... Une réputation, il faut le dire assez contradictoire car, si le porc a été perçu comme l’incarnation du Mal, il existe en revanche un courant culturel qui lui reconnaît un rôle propitiatoire dans les rites de sacrifice pré-chrétiens ou orientaux et au MoyenAge où il fait son apparition dans l’iconographie agiographique. Par exemple, il est le fidèle compagnon de saint Antoine l’Abbé, protecteur des animaux domestiques et inventeur d’un traitement de l’Herpes Zoster, qui consistait à recouvrir les plaies des malades de graisse de porc pour empêcher le contact avec l’air et apaiser la douleur. Par la suite, le porc devint symbole d’abondance et de convivialité et dans les grands festins sa viande avait une place de choix. une spécialité italienne, le “zampone”: vidés, ils sont farcis avec de la viande, de la graisse et des épices puis cuits. La couenne fait partie des ingrédients du “zampone” et s’utilise dans toute une série de plats régionaux: tofeja, quaiëtte etc. Les rebuts du porc, quand à eux sont employés dans l’industrie pour produire de la gelée. Le gras du porc est un élément très important. On distingue plusieurs catégories de gras dont le plus apprécié est le lard que l’on trouve sur l’omoplate, suivi de la pancetta, la partie antérieure de la poitrine. La graisse ordinaire est hachée puis intégrée à la préparation des saucissons, quant à celle de qualité inférieure, on la fait fondre pour obtenir le saindoux, et on l’utilisait autrefois comme matière grasse à frire. Races et morceaux Le Piémont ne possède pas de races autochtones ou traditionnelles: on y trouve toutes les races, dans un “cosmopolitisme” que confirment les noms anglais ou allemands des races: Large White, Large Black, Wessex (ou British) Saddleback, Spotted Poland Chine, Landschwein et Landrace... Pour la consommation directe de la viande de porc, on privilégie les parties maigres pour les côtelettes, l’échinée, la longe... Les autres parties, maigres et grasses, sont utilisées dans la préparation de charcuteries et autres produits. La meilleure partie est naturellement la cuisse, qui donne le jambon cru et cuit, suivie de l’épaule, d’où provient une autre variété de jambon cuit. Les pieds, avec lesquels on prépare La viande de porc dans l’alimentation Depuis les années Cinquante, la consommation italienne de viande de porc a quintuplé, s’inscrivant ainsi dans le cadre d’une augmentation générale de la consommation de viande. Pourtant, la viande de porc a longtemps été victime de préjugés: mauvaise pour la santé car trop riche en graisse et en cholestérol, véhicule de bactéries et de toxines... Si ces craintes pouvaient avoir quelques fondements il y a encore quelques décennies, actuellement les règles hygiéniques que les élevages sont tenus à respecter et une bonne sélection génétique ont permis de produire des viandes hygiéniquement sûres, maigres et riches en vitamines B1 et B2. Il faut ajouter à cela que la valeur nutritionnelle des viandes dépend non seulement du produit naturel mais aussi de la quantité et de la qualité des assaisonnements utilisés. En ce qui concerne les nombreuses spécialités dérivées de la viande de porc, la question est plus complexe. Par exemple, la vaste famille des saucissons contient un important pourcentage de gras, de 20 à 40, voire 50 %, auquel il faut ajouter le sel et, dans certains cas, des additifs et des conservants. La modération s’impose… Il en va de même pour les saucisses, la mortadelle et plus encore pour les “zamponi” (pieds de porc) et les saucissons à cuire. Le jambon cru en général, notamment le jambon de Parme, présente une faible teneur en graisse et en sel, par ailleurs il est très digeste. Même chose pour le jambon cuit, excellent aliment, parfaitement adapté à l’alimentation des enfants et des personnes âgées. Pour ce qui est des abats foie, reins (rognons), cœur, cervelle, tripes, pieds, etc., il faut savoir que, si le cœur et la langue ont une structure semblable à celle de la viande, les autres parties peuvent augmenter le taux d’uricémie dans le sang et ont une teneur élevée en cholestérol, il convient donc de ne pas en abuser, en considération également du fait que d’habitude elles sont frites ou très assaisonnées. De même, le foie et les rognons sont riches en acide folique et en vitamines du groupe B, mais comme il s’agit d’organes filtre, mieux vaut ne pas en manger trop souvent et les cuire avec soin. Dans le cas de la viande de porc, comme pour toutes les viandes, le consommateur doit être très vigilant au moment de l’achat, et s’assurer, par exemple, que les viandes aient un aspect sain: dans le cas de la chair de porc, celle-ci doit être rosée et ferme et le gras bien blanc. Les produits de charcuterie doivent reporter sur leur étiquette les informations relatives à l’établissement de production et à la préparation, et leur gras ne doit pas être jauni ni, naturellement, sentir le rance ou l’artificiel. Pour ce qui est de la conservation, la viande, les jambons ou la charcuterie doivent être conservés au frigo au plus tard cinq jours après l’achat. La viande fraîche peut être congelée en petites portions préalablement enveloppées dans un film alimentaire. Il faut la décongeler lentement pour éviter la dispersion des sucs, la consommer dans les douze heures et en aucun cas la recongeler. Les produits typiques à base de porc en Piémont Le porc est à l’origine de nombreuses spécialités piémontaises. La chair, le gras et les abats sont utilisés en produits frais, mais surtout en charcuterie, véritable technique de conservation alimentaire. En effet, dans la plupart des cas, l’aliment conservé est prêt à être mangé, transportable et n’a pas besoin d’une ultérieure cuisson. C’est à juste titre qu’il est considéré le précurseur des aliments en boîte, précuits ou déjà prêts. Il arrive que les dialectes locaux indiquent avec un nom différent des spécialités qui sont souvent très proches. Bon nombre d’entre elles sont nées de la nécessité de rendre comestibles des parties peu apétissantes voire de rebut, auxquelles on a associé des produits locaux (pommes de terre, riz, châtaignes, légumineuses, etc.) dans le but de constituer des provisions alimentaires. Il faut dire aussi qu’à l’époque, les connaissances nutritionnelles et hygiénicosanitaires étaient inexistantes. Cependant, cet art de récupérer et conserver les aliments représente aussi un important témoignage de l’histoire et de la culture d’une région. Certains produits sont des spécialités italiennes que le Piémont a ensuite adopté, tels que le cotechino, saucisson à cuire traditionnellement accompagné de purée et de lentilles. Les ciccioli (rillons), résidus de viande de porc qu’on fait fondre pour obtenir la graisse et qui sont frits et dégustés croquants avec de la polente grillée (ces rillons peuvent également être faits avec de la graisse d’oie ou de canard). Les salamelle, petites saucisses qui se mangent cuites sur le grill; la saucisse commune, qui se consomme crue ou en ragoûts, risottos et autres; le zampone (pied de porc) plutôt rare en Piémont. Certaines spécialités ont des noms vraiment curieux: Batsuà (ou Batsoà). Le nom vient du français Bas de soie pour indiquer le pied de porc. Il s’agit de petits pieds de porc ébouillantés puis frits. Pour les palais robustes. Bisecon, saucisson cuit de tripes (de porc et de bœuf ). Bundiola, saucisson enveloppé dans la vessie. Filetto baciato, saucisson de faux-filet de porc. Frisse ou Grive. Boulettes de foie et autres abats, enveloppées dans de la crépine. Dans certaines variantes, on ajoute à la chair du sucre et des raisins secs. ‘L Mlon (le Melon). Autre type de saucisson enveloppé dans la vessie, plus sec et compact que le précédent. Mica (miche): charcuterie pressée dans des moules en bois ou en acier de 15 centimètres de diamètre et quatre de hauteur, assaisonnée de poivre et de farine de seigle. Fidighin: charcuterie à base de foie, de pancetta, de lard et de morceaux de viande, qui se mange crue ou cuite. Mustardela. Fait avec la tête, le foie et le sang, se consomme cru ou cuit. Paletta: Epaule de porc marinée, enveloppée dans la crépine et laissée sécher, cette spécialité qui se consomme crue ou cuite est déjà mentionnée dans des documents du XVe siècle. Preti ou Quaiëtte. Il s’agit de bandelettes de couennes assaisonnées d’ail, de sel, de poivre, de romarin et de laurier, enroulées, liées et cuites, en général avec des haricots secs. Ces plats font souvent l’objet de fêtes de village, comme celle de Romano Canavese. Sautissa ‘d Coj (saucisse de chou). Produit pauvre, à l’origine fait uniquement avec de la graisse de porc et des feuilles de chou bouillies et écrasées. Saucisses de riz ou Saucisson bâtard. A base de graisse de porc et de riz. Testa in cassetta. La tête du porc est bouillie puis désossée et enfin coupée en morceaux assaisonnés de sel et d’épices et placés dans des moules. Et encore: le Barcolé, saucisson originaire des Langhe; le Luganeghin ou Duganeghin, saucisson à cuire; la Fersulla, sorte de beignet au saucisson et fromage, de la ville d’Alessandria; la Galantina, spécialité du Roero apparentée à la “Testa in cassetta” (expliquée plus haut); les Garisole, ou Grassëtte, les ciccioli (rillons); les Marzapane, version du boudin de la région de Novara; la Matota (“jeune fille”), l’autre nom de la pancetta dans certaines zones de la Langa; la Salama ou Salamà, saucisson cuit; les Sciriuli, petits saucissons produits dans la région de Novara; enfin le Spalòt, l’épaule de porc conservée, apparentée à la “Paletta” (voir plus haut). Risotto aux " Grive " Ingrédients Pour les "grive" (boulettes de viande de porc): crépine et foie de porc, saucisse, sel, poivre, quelques baies de genévrier pilées, du laurier, du romarin, un peu de vin blanc. Pour le risotto: du riz de qualité Carnaroli, un demi oignon, du beurre, du bouillon. Préparer un hachis de foie et de saucisse mêlé aux arômes. Plonger la crépine dans l’eau tiède pendant deux à trois minutes. Avec la pâte obtenue, faire des boulettes de la dimension d’un abricot puis les envelopper dans la crépine. Faire revenir ces boulettes dans l’huile et le beurre avec le laurier et le romarin, asperger d’un peu de vin blanc. Retirer lorsqu’elles sont bien dorées et la crépine légèrement brûlée. Un peu avant la fin de la cuisson, préparer le risotto en faisant revenir dans un peu de beurre, l’oignon finement émincé, puis verser le riz et, deux minutes après, ajouter le bouillon en mélangeant souvent jusqu’à la fin de la cuisson, saler. Servir très chaud dans un plat où on aura disposé le riz et, dessus, les boulettes (deux ou trois par personne) avec un peu de jus de cuisson. Cet excellent plat complet est adapté à la saison froide et s’accompagne admirablement d’un bon Nebbiolo ou Roero. ENGLISH VERSION PORK AND COLD MEATS IN PIEDMONT More than one million pigs of several breeds are reared in Piedmont, which makes this region the third largest producer in Italy after Lombardy and EmiliaRomagna. Besides, twothirds of the legs produced in Piedmont become renowned Parma or San Daniele hams. In recent years, the production of pork and cured meats has been boosted by several factors: an ever-increasing demand for ham due to effective TV-commercial and advertisement campaigns; significant changes in the perception of pork, no longer seen as indigestible and unhealthy, and the revival of traditional or “niche” products. Pork and cured-pork products are the subjects of this publication. Historical outline Ever since their domestication, about 9,000 years ago, pigs have lived side by side with humans, to the extent of being likened to dogs. From the Neolithic age to the present day, most peasant households have reared at least one pig, destined to become a precious supply of meat. Therefore, pigs held a key role in the life and nourishment of farming communities, and in the Alpine regions, where olive oil could not be available, lard and pig’s fat were the main condiments and cooking fats. Predictably, cohabitation with pigs was not free of contradictions. On the one hand, pigs were seen as the embodiment of all human faults and failures: from Homer’s Iliad to Orwell’s Animal Farm, pigs have been depicted as dirty, lazy, bad-tempered and lewd, not to mention their alleged Satanic liaisons. On the other hand, their contribution to human welfare has been widely acknowledged. In many Eastern or pre-Christian religions, the presence or sacrifice of pigs during rites was considered of good omen, and in the Middle Ages pigs were sometimes included in religious iconography. Lard was the only cure for Herpes Zoster: smeared on the sores, it eased the terrible pain caused by Il Fuoco di Sant’Antonio (St Anthony’s Fire). Besides, pigs have always been associated with ideas of prosperity and good eating: most country fairs and festivities, not to mention Carnival celebrations, included public distributions of food in which all kinds of pork preparations featured largely. Breeds and cuts There are no indigenous breeds in Piedmont, but several important breeds are reared in this region, such as Large White, Landrace, Large Black, Wessex Saddleback, Spotted Poland Chine, and Landschwein. Fresh pork can be cooked in several ways, but the best results are obtained from roasting or grilling cuts from the loin and rib sections. However, most of the meat and fat are destined to some sort of curing to become ham (raw or cooked) and a number of specialities, ranging from cotechino to lard, mortadella, salami, etc. Nutritional facts The Italians’ consumption of pork has increased fivefold since the 1950’s, a fact that must be seen in the wider context of a generalised increase in the consumption of all types of meat. However, pork has experienced greater difficulties, and has long been the target of prejudice: it was reputed to be fat, unhealthy and potentially ridden with bacteria and toxins. Such fears might not have been unfounded a few decades ago, but today’s farms and abattoirs must comply with strict health and hygiene regulations. All stages of animal nutrition and meat processing are constantly monitored, which results in lean, healthy meat low in cholesterol but rich in vitamins (especially B1 and B2) and other nutrients. Besides, it must be stressed that the fat content of all kinds of cooked meat depends more on the way it is cooked and on the amount and types of added fats than on the raw product. The field of cold and cured meats is wider and more complex. The large family or raw and cooked salami, mortadella, cotechino and similar specialities are characterised by high salt and fat contents. Therefore, these delicious preparations should be eaten seldom and sparingly. Similar arguments apply to offal, e.g. liver, kidneys, tripe, brains, etc., all of which have a high percentage of cholesterol and fat, and may cause hyperuricemia (whose extreme consequence is gout). By contrast, cooked and Parma or San Daniele hams are lean, nutritious, easily digestible, and tasty, and therefore especially appropriate to children, elderly or weak subjects. In buying any kind of meat, consumers must pay great attention to its aspect: in the case of pork, it must be rosy and firm; fat must be white in colour, not yellowish. Cold meats and all cured products must never have a rank or “chemical” smell. Once bought, fresh meat must be stored properly in the refrigerator and cooked within five days. Otherwise, home freezing is advisable, providing that it is done by small- to medium-size portions, which enables a fairly quick freezing process. Obviously, thawed meat must never be refrozen. Cold-meat specialities in Piedmont Many local specialities have been created out of pork meat, fat, skin, offal and intestines. Usually, these preparations consist in numberless varieties of salami and lard, all of which can be effectively considered as the ancestors of present-day pre-cooked or tinned foods: salami, lard or cured meats were easy to carry and needed no cooking, just the accompaniment of bread, potatoes, rice, chestnuts or polenta. It is quite common for a product to be called differently in different dialects. Also, it should be stressed that “traditional” foods are not necessarily delicious: usually, they were created in order to obtain a source of repletion from even the least edible parts, e.g. mixing pork fat, blood, or mediocre scraps of meat with local produce (potatoes, cabbages, rice, a.s.o.). The results can be quite beyond modern tastes and nutritional common sense, but this does not diminish their relevance in the history of nutrition and of local communities. Some products are not typical of Piedmont alone, but of Italian cuisine in general. Such is the case with salami and cotechino (a large sausage, boiled and eaten hot with lentils and/or potato purée); zampone (pig’s trotter stuffed with seasoned mincemeat); ciccioli (pork scratchings); salamelle (sausages to be eaten after grilling or barbecuing). And so on. Some of the most typical Piedmontese products have funny or peculiar names, like the following: Batsoà: a calque from the French Bas de soie, i.e. silk stockings, an ironical reference to the pig’s legs. This more than hearty preparation was among the protagonists of the Pantagruelian feast that followed the slaughtering of pigs in winter. The pig’s feet are boiled, deboned, tossed in egg and breadcrumbs and deep-fried. Bisecon: cooked salami made with pig’s and cow’s tripe. Bundiola: pig’s bladder stuffed with seasoned mincemeat and lard. Filetto baciato (Kissed Fillet): a piece of tenderloin is wrapped (“kissed”) in salami paste, shaped into a sausage and seasoned. Frisse, or Grive: it is a kind of meatball made with chopped liver, mincemeat and spices, wrapped into a piece of omentum and shallow-fried. Some local variations include raisins and sugar. It is usually eaten with risotto. ‘L Mlon (The Melon): pig’s bladder stuffed with seasoned mincemeat and lard and tied to resemble a melon. Mica (Loaf): the stuffing is squeezed into wooden or stainless-steel moulds, then taken out and tossed into a mixture of rye flour and ground black pepper. Fidighin (Small liver): it is a kind of sausage made with liver, lard, and meat. Mustardela: similar to the above, but meat and fat are taken from the pig’s head, and ingredients include blood sausage. Paletta (Dustpan): it is a cut of the shoulder, cured and seasoned. Recorded since the 15th century, this speciality can be eaten raw or cooked. Preive (Priests) or Quaiëtte (Small quails): Stripes of rind are seasoned with rosemary and garlic, rolled up, tied, and boiled for hours with beans, onions and herbs to obtain a thick stew distributed in many Carnival celebrations or country fairs. Sautissa ‘d Coj (Cabbage Sausage): a sausage made with fat and boiled cabbage leaves, once made by and for the poorest. Salsiccia di riso or Salame Bastardo (Rice Sausage or “Bastard” salami): same as the above, but with rice instead of cabbage. Testa in cassetta (Head-ina-box): the pig’s head is boiled, de-boned, diced, seasoned and placed in box-shaped moulds. Risotto con le Grive Ingredients: For the Grive: diced pig's liver, sausage filling, salt, pepper, omentum, mashed juniper berries, rosemary, bay leaves, white wine. For risotto: Carnaroli rice, a small onion, butter, stock, salt Mix the liver and sausage filling with the spices (juniper berries, salt, pepper). Soak the omentum in lukewarm water for a couple of minutes, then cut it into pieces large enough to wrap small portions of the meat-sausage mixture (roughly the size of an apricot). Roast the grive in oil and butter flavoured with rosemary and bay leaves until they turn dark brown. Make a plain risotto: slice the onion finely and sautée it in a little butter, add the rice, stir-fry for a couple of minutes then gradually add the hot stock, stirring frequently for about 20 minutes and salting to taste. Place the risotto, which should be quite dry, onto a plate with the grive (two or three for each guest) and some of their sauce. It is a hearty and delicious winter dish, to be enjoyed with wines like Nebbiolo or Roero. DEUTSCHER TEXT SCHWEINEFLEISCH IM PIEMONT Im Piemont leben über eine Million Schweine verschiedener Rassen. Die Region ist der drittgrösste Produzent von Schweinefleisch in Italien, nach der Lombardei und der Emilia Romagna. Und damit nicht genug: zwei Drittel der Schweineschenkel werden zu rohen Schinkensorten, DOP Parma oder San Daniele verarbeitet. Die Schweinefleischproduktion hat in den letzten Jahren auch im Piemont entscheidende Entwicklungen vorzuweisen: Der Schinkenkonsum hat beträchtlich zugenommen, was unter anderem gezielten Werbekampagnen zu verdanken ist. Auch hat man die Meinung, Schweinefleisch sei “ungesund”, revidiert, dazu werden Salami und andere traditionellen und speziellen SchweinefleischProdukte wieder öfter gegessen. Wir werden uns also im Folgenden dem Schweinefleisch und seiner Rolle in der piemontesischen Küche widmen. Schweine und Schweinefleisch in der Vergangenheit Seit seiner Domestizierung vor ca. neuntausend Jahren lebt das Schwein beim Menschen; es entwickelte sich ein Zusammenleben wie mit dem Hund. Schon in der Jungsteinzeit (Neolithikum) hielten die Familien sich - wie noch heute in vielen Bauernhöfen - mindestens ein Schwein, das früher oder später zum Schlachten bestimmt war. Das Schwein nahm also eine wichtige Rolle im Leben der Menschen und ihrer Ernährung ein, und zwar besonders in den nördlichen Regionen. Dennoch war das Zusammenleben von Mensch und Schwein von Widersprüchen gekennzeichnet: Man denke nur an die Fülle von Bildern und Sprüchen, in denen das Schwein die merkwürdigsten Laster und Fehler verkörpert: Von Homer bis Orwell wurden dem unschuldigen Tier nur allzu menschliche Charaktereigenschaften und Triebe zugeschrieben. Doch auch wenn das Schwein gar als Inkarnation des Bösen gesehen wurde, existieren auch andere, positive Auffassungen: von vorchristlichen und orientalischen Ritualen, bei denen das Schwein Opfertier ist oder eine andere, glückbringende Funktion hat, bis zum Mittelalter, als das Schwein in den legendenhaften, bildnerischen Darstellungen erscheint. So ist es als treuer Begleiter vom Abt Sant’Antonio dargestellt, der als Beschützer der Haustiere und als Erfinder einer Medizin gegen Herpes Zoster galt. Dieses Heilmittel bestand aus Schweinefett, mit dem die entzündeten Hautstellen der Kranken bedeckt wurde. Dadurch wurde der Kontakt der Wunde mit Luft verhindert und die Schmerzen stark gelindert. Schliesslich wurde das Schwein zum Symbol für materiellen Reichtum und Geselligkeit. Und im Karneval gehört ein reichliches Essen, oft auf Schweinefleisch-Basis, zum Feiern dazu. Rassen und Arten Im Piemont gibt es keine autochthonen Rassen mit Tradition, doch hier lebt eine Vielfalt der am weitverbreitetsten Rassen, die mit englischen oder deutschen Namen ihre kosmopolitische Herkunft bezeugen. Die wichtigsten Rassen heissen Large White, Large Black, Wessex (oder British) Saddleback, Spotted Poland Chine, Landschwein und Landrace. Das Fleisch, das für den sofortigen Konsum bestimmt ist, ist besonders das Carré, aus dem man die Koteletts, gebratene oder geräucherte Lendenstücke, Rippenstücke und Haxen gewinnt. Die anderen Teile, mager oder fett, verwendet man in verschiedenen Kombinationen für viele Wurstsorten und andere Produkte. Der kostbarste Teil ist natürlich der Schenkel, aus dem man gekochten oder rohen Schinken herstellt. Auch das Schulterstück liefert eine Vielfalt von gekochtem Schinken. Die Schweinefüsse werden ausgeschabt, genäht und mit Fleisch, Fett und Gewürzen gefüllt - fertig ist der gefüllte Schweinsfuss (Zampone). Die Schwarte wird kleingehackt und als Zutat für die gefüllten Schweinsfüsse und für andere, viele Spezialitäten dieser Region wie Tofeja, Quaiette und Ähnliches verwendet. Abfälle werden industriell zu Gelatine weiterverarbeitet. Das Fett ist ein wichtiger Bestandteil, der in viele Kategorien einzuteilen ist. Zur kostbarsten gehört der fette Speck, der aus dem Schulterblatt stammt, gefolgt vom Bauchspeck. Das gewöhnliche Fett wird zerkleinert und der Mischung für Salami oder Kochwurst beigefügt. Von besserer Qualtät ist das Schmalz, das man schmilzt, um das delikate Schweineschmalz zu gewinnen. Traditionsgemäss wird es auch zum Barten verwendet. Ernährung mit Schweinefleisch Seit dem Beginn der fünfziger Jahre hat sich der Schweinefleischkonsum in Italien mehr als verfünffacht. Diese Tatsache sollte im Zusammenhang mit der Zunahme des Fleischkonsums im allgemeinen gesehen werden. Dennoch gab es lange Zeit Vorurteile, die das Schweinefleisch als ungesund bezeichneten, nicht nur, weil es reich an Fett und Cholesterin ist, sondern auch, weil einige es als potentiellen Träger von Bakterien oder Giften ansahen. Wenn diese Befürchtung bis vor einigen Jahrzehnten nicht immer unberechtigt war, so sind die Anforderungen an Zucht und Hygiene heute sehr streng; eine akkurate genetische Selektion hat zudem dazu beigetragen, dass man hygienisch einwandfreies, mageres und vitaminhaltiges (B1 und B2) Fleisch produziert. In jedem Fall setzt sich der Nährwert nicht nur aus dem reinen Naturprodukt, sondern auch aus der Qualität und Quantität der Beigaben zusammen. Ein komplexes Thema ist dagegen die Vielfalt der Spezialitäten, die man aus Schweinefleisch herstellt. Die grosse Gruppe der Salamisorten enthält beispielsweise einen nennenswerten Fettanteil, von 20 bis 40, manchmal auch 50%, dazu Salz, andere Zusätze und Konservierungsstoffe. Man sollte sie daher in kleineren Mengen geniessen. Gleiches gilt für Würste, Mortadella und noch mehr für gefüllte Schweinsfüsse und Kochwürste (Cotechini). Der rohe Schinken und besonders der ParmaSchinken hat einen geringen Fett- und Salzgehalt. Dazu ist er leicht verdaulich. Das gilt auch für gekochten Schinken, der sich als Nahrungmittel für Kinder und alte Menschen gut eignet. Die kleinen Teile haben einen hohen Cholesteringehalt - Leber, Nieren, Herz, Hirn, Bauch (Trippa), Füsschen etc. können die Urikämie im Blut erhöhen. Herz und Zunge haben eine ähnliche Struktur wie das eigentliche Fleisch. Auch diese Teile sollte man in geringen Mengen essen, zumal sie häufig gebraten oder zusammen mit schwer verdaulichen Beigaben serviert werden. Leber und Nieren enthalten viel Folsäure und Vitamine der B-Gruppe; da es sich um Organe mit Filterfunktionen handelt, ist es auch hier ratsam, sie nicht zu oft zu essen und sie sorgfältig zu kochen. Wie bei allen Fleischsorten sollte der Verbraucher auch beim Kauf des Schweinefleisches auf einige wesentliche Dinge achten, zum Beispiel auf ein “gesundes” Aussehen. Es sollte rosafarben und konsistent, das Fett sollte weiss sein. Würste und Salami müssen ein Etikett mit den entsprechenden Daten der Herstellung und der Fleischerei tragen. Die Fettanteile dürfen auf keinen Fall gelblich sein, und die Wurstwaren dürfen weder ranzig noch nach Chemie riechen. Nach dem Einkauf sind die Wurstwaren und der Schinken im Kühlschrank bis zum Verzehr und maximal fünf Tage aufzubewahren. Frisches Fleisch kann eingefroren werden - dabei sollte es in spezielle Folie eingepackt und kleingeschnitten sein. Das Auftauen sollte langsam erfolgen, um den Saftverlust zu vermeiden. Zwölf Stunden ist das Fleisch nach dem Auftauen haltbar und es darf nicht erneut eingefroren werden. Typische Produkte aus Schweinefleisch im Piemont Auch im Piemont liefert das Schwein die Basis für viele Spezialitäten und Gerichte, bei denen Fleisch, Fett und Innereien nicht nur in frischer Form, sondern auch als Wurst, in konservierter Form, verwendet werden. In den meisten Fällen ist das Letztere ein servierfertiges Nahrungsmittel, es ist transportierbar, muss nicht mehr gekocht werden und kann als ein Vorläufer modernen Essens gelten, das es oft in Dosen bzw. in vorgekochter Form zu kaufen gibt. Manchmal sind sich die Nahrungsmittel ähnlich, haben aber, je nach geographischer Lage, andere Namen. Nicht immer sind die wiederentdeckten Spezialitäten echte, kulinarische Geheimtipps. Viele Nahrungsmittel und Gerichte entstanden aus der Not, auch Abfallprodukte zum Essen verwenden zu müssen, die man mit den vorhandenen Gemüsesorten, mit Reis, Kartoffeln, Kastanien, Hülsenfrüchten etc. kombinierte. Das Ziel war, einen guten Nahrungsvorrat zu haben - zu einer Zeit, in der man von den heutigen Erkenntnissen über Ernährung und Hygiene noch weit entfernt war. Diese Anmerkungen sollen den Wert der traditionellen Produkte nicht mindern, denn sie haben auch einen grossen Stellenwert innerhalb der Kultur und der Geschichte eines Gebiets. Andere Produkte sind nicht nur für das Piemont, sondern für die italienische Küche im allgemeinen typisch. Dazu zählt die Kochwurst, Cotechino, die aus Fleisch, Fett und Schwarte besteht und lange gekocht werden muss. Man isst sie traditionsgemäss mit Beigaben wie Kartoffelpüree und Linsen. Die Grieben, die kross und knackig gut schmecken und aus dem Schmalz gemacht werden, isst man mit gerösteter Polenta. Man kann sie jedoch auch mit Gänseoder Entenfett anrichten. Die Salamellen, Würste, die man gegrillt oder gebraten verzehrt, die Wurst (salsiccia), die auch roh schmeckt oder als Raguund Risotto-Zutat beliebt ist, oder die gefüllten Schweinsfüsse - diese Spezialitäten sind im Piemont nicht besonders verbreitet. Viele Produkte tragen besondere Namen, von denen wir im folgenden einige nennen. Batsuà (oder Batsoà) dieser Namen ist vom französischen Bas de soie, Seidenstrümpfe, abgeleitet eine Anspielung auf die Beine der Schweine. Das Gericht aus Schweinefüssen, gekocht und gebraten, ist etwas für robuste Mägen. Bisecon, gekochte Salami aus Magen vom Schwein oder Rind Bundiola, eine Wurst, die eine Umhüllung aus Harnblase hat Filetto baciato: gesalzenes Filet vom Schwein, angemacht und garniert mit Salami-Paste. Frisse oder Grive, Bälle aus Leber und anderen Innereien, in Netz eingewickelt. Bei einigen Varianten gehören Zucker und Rosinen dazu. ‘L Mlon (die Melone), eine andere Art von Wurst mit Harnblasen-Umhüllung. Diese Variante ist trockener und kompakter als die Bundiola. Mica, eine Wurst, die in Holz- oder Metallformen gepresst ist, 15 cm Durchmesser, 4 cm dick, mit Pfeffer und Roggenmehl bestreut. Fidighin, eine Wurst auf der Basis von Leber, Bauchspeck, Wangen- und anderen Fleischteilen, roh oder gekocht zu essen. Mustardela, aus Teilen des Kopfes, der Leber und dem Blut gemacht, roh oder gekocht zu essen. Paletta, marinierte Schulter vom Schwein in Wurstform und länger gelagert, roh oder gekocht zu verzehren. Diese Spezialität gibt es seit dem 15. Jahrhundert. Preti oder Quaiëtte, Schwarte in Streifen geschnitten, mit Knoblauch, Salz, Pfeffer, Rosmarin und Lorbeer gewürzt. Eingerollt, zusammengebunden und gekocht. Diese Spezialität isst man mit Bohnen, besonders gern bei Dorffesten wie beim Fest der ‘fetten Bohnen’ in Romano Canavese. Sautissa ‘d Coj (Kohl-Wurst), ein einfaches Essen, das ursprünglich nur aus Schweinefett und gekochten und zerkleinerten Kohlblättern bestand. Salsiccia di riso oder Salame bastardo, auf der Basis von Schweinefett und Reis zubereitet. Testa in cassetta, aus dem Schweinekopf zubereitet, der gekocht und in Stücke geschnitten wird, Knochen sind entfernt. Gewürzt mit Salz und Aromen, in speziellen Formen serviert. Ohne die vielen aussergewöhnlichen Namen für Wurstwaren aus bestimmten, manchmal kleinen Gebieten zu vergessen, ist anzumerken, dass es oft ähnliche Produkte mit anderen, bekannteren Namen gibt. Einige Beispiele: Barcolé, eine Wurst aus den Langhen mit Darmumhüllung, Luganeghin oder Duganeghin oder auch Cotechino; Fersulla, eine Art Frikadelle aus Salami und Käse, die man bei Alessandria findet, Galantina aus der Gegend des Roero, die der Testa in cassetta ähnlich ist, Garisole oder Grassette, den Ciccioli ähnlich; Marzapane, eine Art Blutwurst, die aus der Gegend von Novara stammt, Matota (“ragazza”), Bauchspeck aus den Langhen, Salama oder Salamà, gekochte Salami; Sciriuli, Würste aus der Novara-Gegend und Spalòt, konservierte Schulter vom Schwein, der Paletta ähnlich. Risotto con le Grive Zutaten Für die Fleischbällchen (Grive): Darmmembran und Leber vom Schwein, Wurst, Salz, Pfeffer, einige zerdrückte Wacholderbeeren, Lorbeerblätter, Rosmarin, etwas Weißwein. Für den Risotto: CarnaroliReis (je nach Personenzahl) eine halbe Zwiebel, Butter, Brühe (ggf. mit Brühwürfel). Zubereitung: Man verarbeitet die Leber mit der Wurst und den Gewürzen zu einem Teig. Die Darmmembran in lauwarmem Wasser zwei bis drei Minuten weichen lassen. Aus dem Teig aprikosengroße Bällchen formen und in die Darmmembran einwickeln. In Öl und Butter, zusammen mit Lorbeer und Rosmarin bräunen, wenig Weißwein darübergeben, bis ihre Farbe goldbraun und gut geröstet aussieht. Während die Bällchen noch schmoren, den Risotto mit etwas Butter und einer fein geschnittenen Zwiebel zubereiten: den Reis auf die Butter geben und nach einigen Minuten nach und nach Brühe nachgießen, dabei viel umrühren und mit Salz abschmecken. Die Reis-Konsistenz soll insgesamt eher trocken bleiben. Sehr heiß auf einer Platte servieren, die Fleischbällchen (zwei bis drei pro Person) darauf legen. Zu diesem wunderbaren Wintergericht passen am Besten Nebbiolo oder Roero-Weine.