Parla l’ex sindaco di Campobello di Licata: “Le accuse di mafia? Un complotto” Calogero Gueli è stato sotto processo per concorso esterno e in appello ha ottenuto l’assoluzione: “Contro di me accuse senza fondamento, senza alcuna verità, che la sentenza dei giudici ha smontato. Io non ho mai favorito nessuno. Io sono sempre stato un amministratore antimafia” E di Maristella Panepinto ra il 22 giugno del 2006 quando Cam- li – finito anch’egli in carcere – e passata al setaccio pobello di Licata, patria indiscussa del degli inquirenti, quale possibile società collusa con la boss della mafia agrigentina, Giuseppe mafia e favorita per importanti appalti pubblici. Falsone, veniva scossa dal terremoto A Gueli è stato contestato il reato di avere fatto conmafia/politica. Un blitz notturno dei fluire, nell’orbita di imprese vicine a Cosa Nostra, carabinieri, che ha messo sottosopra opere pubbliche relative all’edilizia popolare e coouno dei comuni maggiormente sotto i riflettori quan- perativa, nell’ambito dell’edilizia economica. I giudido si parla di criminalità organizzata. La gente del ci della Dda lo accusano anche di essere stato “aiutaposto pensa che forse sono riusciti a prendere l’uccel to” dalle cosche nel corso della campagna elettorale. di bosco, il pericoloso latitante. Non è così. È una Passano tre anni e Calogero Gueli – che a Camporetata di nomi altisonanti, colletti bianchi, gente del- bello molti continuano a chiamare “il sindaco” – è un uomo libero, assolto in secondo la Campobello “bene”. Già nella Della sua cittadina è originario grado, con la difesa dell’avvonotte si sussurra qualcosa, sono finiti in manette politici, ban- il superlatitante Giuseppe Falsone, cato Calogero Fiorello. A pochi cari, imprenditori. Nove nomi ma lui si dice sicuro: “A Campobello giorni dalla sentenza è un uomo conosciuti da tutti. Voci che si la mafia non esiste, è circoscritta provato, ma fiero. Guarda dritto negli occhi chiunque gli passi di rincorrono, fino ad arrivare alla a questa figura, per il resto certezza che in carcere c’è anche il paese non risente in alcun modo fronte, quasi a volere ribadire, la pronuncia dei Calogero Gueli, sindaco della di influenze e pressioni criminali” costantemente, giudici. Senza pensarci un atticittadina ed ex deputato. Concorso esterno in associazione mafiosa, questa l’accu- mo inizia a parlare, facendo un’affermazione forte: sa che gli muovono i giudici della Dda di Palermo, “A Campobello la mafia non esiste”. con in testa il pm Fernando Asaro. L’operazione si Come fa a dire che la mafia non esiste in un chiama Anaconda, come l’impresa del figlio di Gue- comune che è la terra del boss agrigentino Fal- 106 s - il magazine che guarda dentro la cronaca Foto © Gaia Anderson Novantacento il magazine che guarda dentro la cronaca - s 107 Il figlio di Gueli è stato condannato a 7 anni e sei mesi: “Sin dal primo istante di questa triste avventura, non ho mai dubitato della sua innocenza. Siamo gente per bene. Non ci arrenderemo. Vinceremo la lotta e lo tireremo fuori dal carcere, provandone l’innocenza” sone, che è anche uno dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia? “La mafia nella mia cittadina è circoscritta a questa figura, per il resto il paese non risente in alcun modo di influenze e pressioni mafiose”. Difficile credere che la città di un boss sia un esempio di integrità, specie in una provincia come Agrigento, dove il fenomeno mafioso è più o meno presente ovunque. “Le ripeto: a Campobello non c’è mafia, provare per credere”. Lei, con una serie di pause, è stato sindaco di Campobello per un ventennio. Non è mai venuto nessun soggetto “sospetto” a bussare alla sua porta, magari alla vigilia di un appalto importante? “Mai, potrei sottoscriverlo”. Lei è stato accusato di aver favorito la mafia, anche quella di Falsone, tramite le girandole degli appalti. “Accuse senza fondamento, senza alcuna verità, che la sentenza dei giudici ha smontato. Io non ho mai favorito nessuno. Io sono sempre stato un sindaco antimafia”. E allora come è andata? “Sono finito nel mirino di un soggetto di Campobello, un geometra, che ha creduto di avere subito uno smacco da parte mia. Da quel momento non mi ha più dato pace. Qualsiasi cosa io facessi, lui si dilettava a compilare esposti e sono certo anche segnalazioni anonime alle forze dell’ordine. Da lì credo sia nato un grande pregiudizio intorno alla mia figura”. Secondo lei agli inquirenti è bastate ricevere un paio di lettere anonime per mandare in carcere un sindaco con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa? “Dopo la vicenda che mi ha riguardato non credo più nella giustizia”. Quindi, per lei, quel 22 giugno del 2006 fu un fulmine a ciel sereno? “Assolutamente sì. Era sera tardi. Io ero ancora sveglio quando hanno bussato i carabinieri. La prima cosa che ho detto, quando ho sentito che c’era un ordine d’arresto a mio carico, è stato che sicuramente si stavano 108 s - il magazine che guarda dentro la cronaca Il genero, Giancarlo Buggea, è stato condannato a 10 anni: “Escludo con convinzione che possa essere stato un estortore. Non lo credo nella maniera più assoluta. A lui chiederò delle spiegazioni su queste amicizie a cui fanno riferimento i giudici. Se davvero è stato amico di queste persone ha sbagliato” sbagliando. Hanno perquisito casa da cima a fondo, controllando ogni cosa, perfino i miei tanti post-it che uso per appuntare i numeri di telefono. Mi sono preoccupato di tenere calma mia moglie, che ha avuto un crollo emotivo. Io sono stato tranquillo, come tranquillo è chiunque sappia di avere la coscienza a posto”. E dopo l’arresto cos’è successo? “Sono stato trasferito all’Ucciardone, dove sono rimasto per una settimana. Lì ho fatto la cosa che più amo: ho scritto tante pagine, che presto pubblicherò in forma di libro. Mai per un attimo, però, mi ha abbandonato la certezza che ce l’avrei fatta. Ero sereno, fermamente sicuro del fatto mio. Sono quindi stato trasferito in un carcere laziale e poi agli arresti domiciliari”. Sapeva, però, che da qualche parte, in carcere, c’era anche suo figlio Vladimiro, su cui pesava, oltre a quella di concorso esterno, anche l’accusa di estorsione. “Il pensiero di mio figlio pesava più della mia carcerazione. Fermo restando che, sin dal primo istante di questa triste avventura, non ho mai dubitato dell’innocenza di mio figlio. Mai. Siamo gente per bene. Ho dedicato la mia vita alla politica appassionata, quella che si faceva una volta. Non conosco la mafia”. Lei è stato assolto, suo figlio, invece, è stato condannato a sette anni e sei mesi, con la conferma delle accuse. Cosa ne pensa? “È un argomento delicato che in questo momento non posso affrontare in questa sede, ma ne riparleremo meglio più avanti, vedrà. Posso dire, con serenità, che io e la mia famiglia non ci arrenderemo. Vinceremo la lotta e tireremo fuori dal carcere mio figlio, provandone l’innocenza e restituendo trasparenza alla sua immagine”. In carcere è finito anche suo genero, Giancarlo Buggea. È stato accusato di essere organico della cosca di Canicattì e di operare estorsioni. Per lui la sentenza dei giudici ha previsto 10 anni di detenzione. Di Buggea parlano pentiti come Giuseppe Sardino - il vivandiere di Falsone - che lo definiscono un soggetto molto vicino al boss Ignazio Accascio, vicino a sua volta alla primula rossa campobellese. “Escludo con convinzione che mio genero possa essere stato un estortore. Non lo credo nella maniera più assoluta. A lui chiederò delle spiegazioni su queste amicizie a cui fanno riferimento i giudici. Se davvero è stato amico di queste persone, ha sbagliato, sapendo bene di chi era genero”. Pensa di poter addebitare a Buggea la responsabilità di tutta questa vicenda in cui lei si è trovato coinvolto? “Assolutamente no, lo ripeto: noi siamo stati vittime di un sistema e di un soggetto, che ha voluto prendere di mira il sindaco di Campobello di Licata. Ma luce sarà fatta, io ci metterò tutte le mie forze perché sia così”. Come è cambiata la sua vita da quel 22 giugno 2006? “Ho assistito a una trasformazione su tanti fronti. Per passare dalla gloria al suo opposto può bastare un attimo. Questa vicenda ci ha tolto energie, ma ci ha anche provati molto economicamente. Sono fiero solo di una cosa. La gente di Campobello mi è rimasta vicina. Mentre ero in carcere stava vicina a mia moglie. Dopo la notizia della mia assoluzione è stato un via vai di visite e di auguri. Per me però non è festa, finchè non sarà fuori anche mio figlio”. E adesso come intende ricominciare? “Voglio fare lo scrittore, che è sempre stata la mia vocazione di vita. Ho già tre libri pronti per la pubblicazione, che saranno l’inizio del mio riscatto. E poi voglio che giustizia sia fatta per mio figlio”. Lei, prima, ci diceva di essere sempre stato un sindaco antimafia. Sarebbe pronto a scendere in piazza contro la mafia anche domani? “Certamente”. Calogero Gueli, l’onorevole, il sindaco, l’uomo assolto, saluta, guardando ancora una volta negli occhi. Si gira verso la moglie, che gli è stata vicina tutto il tempo dell’intervista, rimarcando, all’unisono con il marito, alcune delle frasi più forti. Prima di andare via ripete fiero: “La luce tornerà anche per noi”. il magazine che guarda dentro la cronaca - s 109