20089 14
Oggetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
*TRIBUTI
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
R.G.N. 15018/2011
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SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Cron. 2,00 R
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STEFANO BIELLI
-
Dott. ETTORE CIRILLO
Rep.
Presidente
- ud. 24/02/2014
- Rel. Consigliere -
Dott. ANTONIO VALITUTTI
- Consigliere -
Dott. STEFANO OLIVIERI
- Consigliere -
Dott. ENRICO SCODITTI
- Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 15018-2011 proposto da:
CARPENAUTO SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
PARIGI 11, presso lo studio dell'avvocato CAPUNZO
RAFFAELLO, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato CLAUDIA JACOPUCCI giusta delega a
margine;
- ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO
PU
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 224/2010 della COMM.TRIB.REG.
Agi Une,
d4.—~A, depositata il 23/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/02/2014 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l'Avvocato CAPUNZO che ha
chiesto l'accoglimento;
udito per il controricorrente l'Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con avviso di accertamento notificato alla Soc. CARPENAUTO, l'AGENZIA
delle ENTRATE recuperava maggiore IVA per l'anno d'imposta 2002.
Per quanto qui interessa, l'Ufficio rilevava:
a)
che la società aveva acquistato autovetture usate senza applicazione
dell'IVA, in quanto le fatture d'acquisto recavano l'annotazione che le
transazioni erano state effettuate con il regime del margine;
b) che dalle carte di circolazione emergeva che le autovetture, prima
dell'immatricolazione in Italia, erano state intestate a soggetti
comunitari passivi d'IVA, esercenti abitualmente l'attività di
autonoleggio, commercio di autoveicoli o leasing;
c)
che, pertanto, detti esercenti comunitari, avendo acquistato
nell'ambito di attività d'impresa, non potevano che detrarre "a
monte" VIVA e che, quindi, la successiva fase di rivendita doveva
necessariamente seguire le regole ordinarie.
2. La Commissione tributaria provinciale di Roma, accogliendo il ricorso
della contribuente, osservava che sussistevano le condizioni per
l'applicazione del regime del margine. Riteneva, in particolare, mancante
la prova (a carico dell'Ufficio) che i soggetti intervenuti nei vari passaggi
per il trasferimento delle vetture usate avessero in realtà detratto VIVA e
che le successive cessioni avevano dato origine a operazioni di
triangolazione.
3. Tale decisione, con sentenza del 23 aprile 2010, era riformata in
appello dalla Commissione tributaria regionale del Lazio che rigettava il
ricorso introduttivo della contribuente richiamando le considerazioni
svolte nel processo verbale di constatazione della Guardia di finanza
che, posto a fondamento dell'atto impositivo, evidenziava come tutte le
autovetture usate vendute dalla società CARPENAUTO erano state
oggetto di triangolazioni comunitarie e che i soggetti iscritti nei libretti
d'immatricolazione erano classificabili come società che svolgevano
attività di autonoleggio, di commercio di autoveicoli o di leasing.
Rilevava, inoltre, che la società CARPENAUTO acquistava le autovetture
dalla società CRC-AUTO, della quale era amministratore Antonio
CARPENTIERI, marito e socio di Anna CASCIELLO, a sua volta
amministratrice della società CARPENAUTO; infine, entrambe le società,
ultima cedente (CRC-AUTO) e cessionaria (CARPENAUTO) avevano sede
nello stesso stabile.
Tali circostanze inducevano il giudice d'appello a ritenere che la
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CARPENAUTO «ben avrebbe potuto verificare la situazione economica,
giuridica e fiscale del fornitore» e così «rilevare le incongruenze e
anomalie ... partendo dagli elementi materiali ad essa certamente noti
per valutare l'attendibilità e la veridicità dei presupposti per
l'applicazione reiterata del regime del margine».
4. Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la Soc.
CARPENAUTO; l'AGENZIA delle ENTRATE resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5.
I motivi, da esaminare congiuntamente, senza fondamento
denunciano, il primo, la violazione dell'art. 2697 cod. civ. e, il secondo,
la violazione dell'art. 38 co.4 del decreto legge n. 41 del 1995 (nonché
degli artt. 21 del DPR n. 633 del 1972 e 6 del decreto legislativo n. 471
del 1997).
5.1. In primo luogo, l'odierno Collegio ritiene di dover dare ulteriore
continuità all'orientamento, ampiamente espresso da questa Corte,
secondo cui il regime del margine, previsto dal decreto legge n. 41 del
1995, presuppone la mancata detrazione dell'IVA all'acquisto da parte
del cedente, condizione la cui assenza (o il difetto della prova da parte
del cessionario della sua sussistenza) comporta l'inapplicabilità del
regime de quo (Cass. 2227/11).
In secondo luogo, si è ritenuto da parte di questa Corte che il regime del
margine non sia applicabile alle vendite di autoveicoli usati, provenienti
da società di leasing o autonoleggio e simili, dovendosi presumere, in
base a normali criteri di economicità, che in tali casi l'IVA sia stata
detratta, trattandosi di beni utilizzati per l'esercizio dell'impresa, per cui
non ricorre la condizione di applicabilità del predetto regime, consistente
nella mancata detrazione dell'IVA sull'acquisto da parte del cedente
(Cass. 3427/10 e 2659/12).
Inoltre, sul punto si è affermato che, nelle operazioni di vendita di
autoveicoli soggette al regime del margine, la responsabilità del
cessionario per l'omessa verifica della regolarità sostanziale della fattura
deve essere valutata alla stregua del particolare onere di diligenza a suo
carico, avendo tale regime quale presupposto, oltre a requisiti oggettivi
(attinenti alla natura del bene compravenduto), anche taluni requisiti
soggettivi riguardanti l'originario cedente ed agevolmente desumibili, di
regola, dai libretti di circolazione (Cass. 3427/10 e 5309/12).
Infine, nel caso di specie non risult4. dall'impugnata sentenza, né
altrimenti si apprezza, che le imprese commerciali (di autonoleggio,
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leasing, etc.) abbiano a loro volta acquistato i veicoli sul mercato
dell'usato (cfr. sul punto in generale Cass. 22862/11).
5.2. Orbene, la società CARPENAUTO riconosce a pag.10 del ricorso
«che il passaggio delle auto era il seguente: una prima società (altro
operatore UE) aveva venduto le macchine ad una seconda società
inglese o portoghese o tedesca (quindi sempre operatore UE) che a sua
volta era stata la fornitrice di altra terza società che era cedente
nazionale, che a sua volta ha venduto ad altra quarta società nel caso la
CARPENAUTO s.n.c., cessionario nazionale».
Si tratta, di una sintesi estrema che, nella sostanza, riassume il
complesso meccanismo narrato nelle parti salienti del processo verbale
di constatazione riprodotte dalla difesa erariale nel controricorso.
Da esse emerge il dato assai indicativo che gli intestatari dei libretti
fossero soggetti esteri (UE) operanti nel ramo degli autoveicoli, il che
era del tutto evidente dalla denominazione degli intestatari originari
(Hertz, Europcar, Rent-a-car, Vendome Lease),
reperibili sul
Web
o da riscontri >tr
(allegato 6), o da annotazioni specifiche (es.
alq.sin.conduct, cioè noleggio senza conducente riguardo agli operatori
spagnoli).
La sentenza appare, dunque, correttamente motivata in relazione ad
obiettivi accertamenti di fatto, atteso che le circostanze decisive (l'avere
la cessione riguardato autovetture in origine di proprietà di soggetti
svolgenti attività di autonoleggio o simili, come tali soggetti passivi
d'imposta nel proprio paese di residenza) si desumono dalla sentenza di
merito e sono riscontrate dalla parti salienti del processo verbale di
constatazione riprodotte in controricorso, né risultano altri profili
seriamente controvertibili.
5.3. Invece, la ricorrente sostiene nel primo motivo che, in violazione
dell'art. 2697 cod. civ., il giudice d'appello avrebbe dato credito a mere
illazioni contenute nel processo verbale di constatazione: «i servizi
iberici pensano che le società spagnole effettuino vendite interne ad
operatori tedeschi ed inglesi...», «tutte le vendite suggeriscono che le
merci sono state trasportate direttamente in Italia», «è possibile che il
direttore della società britannica abbia coinvolgimenti con i clienti
italiani».
Premesso che tali passaggi nulla hanno a che vedere con l'onere dalla
prova e il suo riparto ma semmai riguardano profili motivazionali, si
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rileva che la censura non coglie nel segno poichè manca ogni riferimento
a tali pretese illazioni nella sentenza d'appello.
Questa, infatti, si fonda su tre proposizioni argomentative tutte
ampiamente riscontrate e, praticamente, non contestate:
a) le autovetture usate vendute alla società CARPENAUTO erano state
oggetto di triangolazioni comunitarie;
b) i soggetti intestatari nei libretti d'immatricolazione erano classificabili
come società che svolgevano attività di autonoleggio, commercio di
autoveicoli o leasing;
c) la società CRC-AUTO, ultima cedente nazionale, e la società
CARPENAUTO, cessionaria, avevano sede nelle medesimo stabile ed
erano amministrate da marito e moglie.
Ne deriva la presunzione, logica e circostanziale, che gli esercenti
comunitari, intestatari dei libretti d'immatricolazione, avendo acquistato
nell'ambito di attività d'impresa, non potessero che detrarre "a monte"
VIVA; il che comportava, quindi, che la successiva fase di rivendita
dovesse necessariamente seguire le regole ordinarie.
Ne consegue che, essendo l'applicazione del regime del margine di utile
un regime impositivo speciale e derogatorio rispetto a quello ordinario
ed essendo la contestazione dell'Amministrazione fondata su elementi
oggettivi, l'onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che
giustificavano l'operatività di tale regime incombeva al società
contribuente-cessionaria.
Questa era tenuta a verificare preventivamente la regolarità sostanziale
dell'operazione, pure con riferimento alla mancata detrazione dell'IVA
corrisposta a monte, secondo la diligenza confacente alla sua qualità di
operatore commerciale del settore ed alla stregua dei documenti in suo
possesso, il tutto conformemente al principio di vicinanza al fatto
oggetto di prova ed al sistema del diritto comunitario. (Cass. 15219/12
e 8636/12).
Dunque non v'è neppure alcuna praesumptio de praesumpto, pure
addebitata nel primo motivo alla sentenza d'appello.
5.4. Sulla scorta di tali considerazioni emerge di tutta evidenza anche la
manifesta infondatezza del secondo motivo che si muove sul rilievo della
regolare annotazione nelle fatture dell'applicazione del regime del
margine di utile negli acquisti intra-comunitari.
Infatti, non costituisce unica condizione legale del beneficio la regolarità
formale della fattura emessa dal cedente, altrimenti si attribuirebbe a
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tale documento un'efficacia probatoria, in realtà non prevista, riguardo
all'esistenza dei presupposti giustificativi di tale regime fiscale, e cioè
che il cedente abbia assolto l'imposta in modo definitivo e risponda a
uno dei requisiti soggettivi indicati dalla medesima disposizione. (Cass.
8828/12).
Le peculiarità applicative del regime del margine sopra esposte, con
riferimento alla fattispecie concreta, trovano conforto nelle decisioni
della Corte di giustizia, che pronunziando sull'art. 314 della direttiva
2006/112 e sull'omologo art. 26-bis della sesta direttiva CEE, è ferma
nel sostenere che il regime d'imposizione sull'utile realizzato dal
soggetto passivo - rivenditore in occasione della cessione di beni
d'occasione - costituisce un regime particolare dell'IVA, che deroga al
sistema generale (Corte giust. 19/7/2012, C-160/11, §28; 3/3/2011, C203/10, §46; 8/12/2005, C 280/04, §35. Da ultimo conf. Cass. 658/14).
Pertanto, soltanto gli operatori che adottano tutte le misure che si
possono loro ragionevolmente richiedere a fine di assicurarsi che le loro
operazioni non facciano parte di una frode, possono fare affidamento
sulla liceità di tali operazioni.
Invece, un soggetto che, come l'odierna società CARPENAUTO, sapeva o
avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto partecipava ad una
operazione che si iscriveva in frode all'IVA non può allegare la buona
fede a garanzia dei diritti di detrazione o rimborso vantati in relazione
alle operazioni compiute (Corte giust. 6/7/2006, C-439/04 e C-440/04;
3/3/2005, C-32/03; 12/1/2006, C-354/03 e altre. Cfr. Cass. ult. cit.).
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente
giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
presente giudizio di legittimità liquidate in C =12.500,00= per compensi,
oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2014.
Il Presidente
Il Consigliere Estensore
Dott. Stefano Bielli
Dott. Etto Cirillo
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
24 SET 2014
IL
■ Aareell
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sentenza 24-09-2014 n. 20089 - Studio Ghiglione Commercialisti