Lunarie de lu Uašte ~ L’Almanacco dei Vastesi ~ A cura di Giuseppe Tagliente Paolo Calvano Fernando D’Annunzio Stampato dalla Q Edizioni per conto dell’Associazione culturale San Michele Onlus no profit Vasto - Corso Italia 1 Impaginazione: Piùgrafica - San Salvo © 2013 - Tutti i diritti riservati ~ 2014 ~ Premessa alla quattordicesima edizione La novità di quest’anno è senza alcun dubbio il compact-disc con le poesie di Pietro Perrozzi recitate da lui stesso. Per quanti amano il dialetto rappresenta l’occasione per ascoltare dalla viva voce dell’autore alcune delle sue liriche e delle sue simpatiche “macchiette” e di riscoprire così le tonalità ed i ritmi giusti della nostra parlatura paesana più autentica. Anche il resto non deluderà, almeno speriamo, i lettori del Lunario, che continuano a crescere di numero soprattutto fuori Città tra le comunità vastesi in Italia e nel mondo, ed ai quali va il nostro ringraziamento per le notizie ed il materiale fotografico che ci mettono costantemente a disposizione e per l’incoraggiamento a proseguire che ci danno. Segnaliamo a tal proposito la storia (mai scritta) della Società Operaia di Mutuo Soccorso, che quest’anno celebra il 150.mo della fondazione, e alcune pagine d’argomento antropologico dedicate a talune usanze alimentari, ai giochi ed ai passatempi d’una volta, all’Olivo come genius loci di questa nostra terra amata ed antica. Buona lettura e, se Dio vuole, com’era d’abitudine dire una volta, arrivederci all’anno prossimo. Buona lettura. Gli autori, Dicembre 2013 1 Li mise dill’ânne di Fernando D’Annunzio Pasquàtte, Sand’Andùnie e Bbaštijäne... Se va candânne pe’ mmond’ e pe’ piäne. GENNAIO... La Pasquetta, il Sant’Antonio e il San Sebastiano... / Si cantano per i monti e per il piano. Jé corte carte e jé mmalecaväte... Lu muése cchiù trimènde de l’annäte. FEBBRAIO... E’ corto corto e mal considerato... / Il mese più tremendo dell’annata Se pure la jurnäte pare bbèlle... S’aìsce é mej’ a n’ di scurdà lu ‘mbrèlle. MARZO... Se pure la giornata sembra bella... / Se esci è meglio non scordare l’ombrello. La Pâsche pe’‘štu muase sempre pâsse... A méne che nin é ‘na Pasca vâsse. APRILE... La Pasqua in questo mese sempre passa... / A meno che non sia una Pasqua bassa. Nghi li ciréce e fiure a li ciardèine... Štu muàse jé tra tütte la riggèine. MAGGIO... Con le ciliege e i fiori nei giardini... / Questo mese è tra tutti la regina Nghi la bbella štaggiàne ch’arièsce... Chiude li schéule..., é fešte di bbardèsce. GIUGNO... Con la bella stagione che torna... / Chiudono le scuole e i bambini sono in festa. 2 Jurnàte lunghe e sole calle câlle... Jam’ a lu muère e mittémij’ a mmôlle. LUGLIO... Giornate lunghe e sole caldo caldo... / Andiamo al mare e mettiamoci a mollo Lu Uâšte... sôccia sôcce li fraštìre... S’arimbièsce la spiâgge e la scujjìre. AGOSTO... A Vasto... dappertutto turisti... / Si riempiono spiaggia e scogliera. Nghi ùve e fèchere pe’ li cambâgne... ‘Ddo’ ti truve... pâsse, cuje e mâgne. SETTEMBRE... Con uva e fichi nelle campagne... / Ovunque sei... passa, cogli e mangia. Trumuìnde si finìsce a vilignà... la lèive da riccôje é prond’ aggià. OTTOBRE... Mentre si finisce di vendemmiare... / comincia la raccolta delle olive. È nu muàse che a vvôdde arintrištèsce... E li jurnäte s’ariccurtunuèsce. NOVEMBRE... È un mese che a volte rende tristi... / E le giornate diventano sempre più corte. Finìsce l’ânne nghi li bbille fèšte... E arrèive l’Anne Néuve lèšte lèšte. DICEMBRE... Finisce l’anno con le belle feste... / E subito arriva l’Anno Nuovo. Feste e ricorrenze dell’anno Feste religiose e civili 1 gennaio, Capodanno 6 gennaio, Epifania del Signore 25 aprile, Festa della Liberazione 1 maggio, Festa del Lavoro 2 giugno, Proclamazione della Repubblica 15 agosto, Ferragosto 29 settembre, Il Patrono San Michele 1 novembre, Ognissanti 8 dicembre, Immacolata Concezione 25 dicembre, Natale del Signore 26 dicembre, Santo Stefano Feste mobili 19 gennaio, Giubileo Vastese 4 marzo, Martedì grasso 5 marzo, Le Ceneri 11 aprile, Sacra Spina, 20 aprile, Pasqua, 21 aprile, Lunedì dell’Angelo 27 aprile, Madonna dell’Incoronata 4 maggio, Madonna della Penna 1 giugno, Ascensione di Gesù 8 giugno, Pentecoste 15 giugno, La Trinità 22 giugno, Corpus Domini 6 luglio, Madonna delle Grazie 23 novembre, Cristo Re Calendario Astronomico Gennaio Il 1° il Sole sorge alle 7.28 e tramonta alle 16.39. L’11 sorge alle 7.27 e tramonta alle 16.49. Il 21 sorge alle 7.22 e tramonta alle 17.01. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 16 e dal 30 al 31. Luna calante dal 16 al 30. Luna nuova alle 12.14 di mercoledì 1° e alle 22.39 di giovedì 30. Primo quarto alle 4.39 di mercoledì 8. Luna piena alle 5.52 di giovedì 16. Ultimo quarto alle 6.19 di venerdì 24. Febbraio II 1° il Sole sorge alle 7.13 e tramonta alle 17.15. L’11 sorge alle 7.02 e tramonta alle17.28. Il 21 sorge alle 6.48 e tramonta alle 17.40. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 15. Luna calante dal 15 al 28. Primo quarto alle 20.22 di giovedì 6. Luna piena alle 0.53 di sabato 15. Ultimo quarto alle 18.15 di sabato 22. Marzo Il 1° il Sole sorge alle 6.36 e tramonta alle 17.50. L’11 sorge alle 6.19 e tramonta alle 18.02. Il 21 sorge alle 6.02 e tramonta alle 18.13. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 16 e dal 30 al 31. Luna calante dal 16 al 30. Luna nuova alle 9.00 di sabato 1° e alle 20.45 di domenica 30. Primo quarto alle 14.27 di sabato 8. Luna piena alle 18.08 di domenica 16. Ultimo quarto alle 2.46 di lunedì 24. Aprile Il 1° il Sole sorge alle 6.43 e tramonta alle 19.25. L’11 sorge alle 6.27 e tramonta alle 19.36. Il 21 sorge alle 6.11 e tramonta alle 19.48. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 15 e dal 29 al 30. Luna calante dal 15 al 29. Luna nuova alle 8.14 di martedì 29. Primo quarto alle 10.31 di lunedì 7. Luna piena alle 9.42 di martedì 15. Ultimo quarto alle 9.52 di martedì 22. Maggio Il 1° il Sole sorge alle 5.56 e tramonta alle 19.59. L’11 sorge alle 5.44 e tramonta alle 20.09. Il 21 sorge alle 5.34 e tramonta alle 20.19. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 14 e dal 28 al 31. Luna calante dal 14 al 28. Luna nuova alle 20.24 di mercoledì 28. Primo quarto alle 5.15 di mercoledì 7. Luna piena alle 21.17 di mercoledì 14. Ultimo quarto alle 14.59 di mercoledì 21. Giugno Il 1° il Sole sorge alle 5.27 e tramonta alle 20.29. L’11 sorge alle 5.24 e tramonta alle 20.35. Il 21 sorge alle 5.25 e tramonta alle 20.39. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 13 e dal 27 al 30. Luna calante dal 13 al 27. Luna nuova alle 10.08 di venerdì 27. Primo quarto alle 22.39 di giovedì 5. Luna piena alle 6.11 di venerdì 13. Ultimo quarto alle 20.39 di giovedì 19. Luglio Il 1° il Sole sorge alle 5.28 e tramonta alle 20.39. L’11 sorge alle 5.34 e tramonta alle 20.36. Il 21 sorge alle 5.43 e tramonta alle 20.30. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 12 e dal 27 al 31. Luna calante dal 12 al 27. Luna nuova alle 0.42 di domenica 27. Primo quarto alle 13.59 di sabato 15. Luna piena alle 13.25 di sabato 12. Ultimo quarto alle 4.08 di sabato 19. Agosto Il 1° il Sole sorge alle 5.53 e tramonta alle 20.19. L’11 sorge alle 6.04 e tramonta alle 20.06. Il 21 sorge alle 6.14 e tramonta alle 22.47. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 10 e dal 25 al 31. Luna calante dal 10 al 25. Luna nuova alle 16.13 di lunedì 25. Primo quarto alle 2.50 di lunedì 4. Luna piena alle 20.09 di domenica 10. Ultimo quarto alle 14.26 di domenica 17. Settembre Il 1° il Sole sorge alle 6.25 e tramonta alle 19.34. L’11 sorge alle 6.36 e tramonta alle 19.17. Il 21 sorge alle 6.46 e tramonta alle 19.00. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 9 e dal 24 al 30. Luna calante dal 9 al 24. Luna nuova alle 8.14 di mercoledì 24. Primo quarto alle 13.11 di martedì 2. Luna piena alle 3.38 di martedì 9. Ultimo quarto alle 4.05 di martedì 16. Ottobre Il 1° il Sole sorge alle 6.57 e tramonta alle 18.42. L’11 sorge alle 7.08 e tramonta alle 18.25. Il 21 sorge alle 7.19 e tramonta alle 18.10. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° all’8 e dal 23 al 31. Luna calante dall’8 al 23. Luna nuova alle 23.57 di giovedì 23. Primo quarto alle 21.33 di mercoledì 1° e alle 3.48 di venerdì 31. Luna piena alle 12.51 di mercoledì 8. Ultimo quarto alle 21.12 di mercoledì 15. Novembre Il 1° il Sole sorge alle 6.32 e tramonta alle 16.54. L’11 sorge alle 6.45 e tramonta alle 16.43. Il 21 sorge alle 6.57 e tramonta alle 16.35. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 6 e dal 22 al 30. Luna calante dal 6 al 22. Luna nuova alle 13.32 di sabato 22. Primo quarto alle 11.06 di sabato 29. Luna piena alle 23.23 di giovedì 6. Ultimo quarto alle 16.15 di venerdì 14. Dicembre Il 1° il Sole sorge alle 7.08 e tramonta alle 16.30. L’11 sorge alle 7.18 e tramonta alle 16.29. Il 21 sorge alle 7.25 e tramonta alle 16.32. Fasi lunari: Luna crescente dal 1° al 6 e dal 22 al 31. Luna calante dal 6 al 22. Luna nuova alle 2.36 di lunedì 22. Primo quarto alle 19.31 di domenica 28. Luna piena alle 13.27 di sabato 6. Ultimo quarto alle 13.51 di domenica 14. Nome: Vasto (Istonio dal 1938 al 1944) Città dal 30 marzo 1710 Denominazione antica: Histonium Altitudine: 143 m. s.l.m. Superficie: 70,63 Kmq Denominazione abitanti: vastesi, localmente uaštarúli Numero abitanti: Maschi 20.174 - Femmine 21.275 Tot. 41.449 al 31/10/2013 Famiglie anagrafiche 15.996 Convivenze 20 (135 persone) Provincia: Chieti Economia: a prevalenza industriale, commerciale e turistica Santo Patrono: San Michele Arcangelo (dal 1827 con breve papale di Leone XII) Gemellata con: Perth (W.A.) dal 1989 foto Occhio Magico 6 Sindaci dall’Unità d’Italia 1860- 1866 Filoteo D’IPPOLITO 1868- 1876 Silvio CICCARONE Senior 1876- 1878 Carlo NASCI 1878- 1896 Francesco PONZA 1897 Luigi D’ALOISIO 1897- 1919 Luigi NASCI 1919- 1920 Gelsomino ZACCAGNINI 1920- 1921 Filoteo PALMIERI 1921- 1923 Florindo RITUCCI CHINNI 1924- 1933 Pietro SURIANI 1934- 1935 Gaetano DEL GRECO 1937- 1940 Erminio SCARDAPANE 1941- 1942 Francescopaolo GIOVINE 1942 - 1943 Silvio CICCARONE Junior 1943 - 1944 Emilio ZARA 1944 - 1945 Giuseppe NASCI 1946 - 1955 Florindo RITUCCI CHINNI 1955 - 1956 Olindo ROCCHIO 1956 - 1962 Idiano ANDREINI 1962 - 1973 Silvio CICCARONE Junior 1973 - 1979 Nicola NOTARO 1979 - 1993 Antonio PROSPERO 1994 - 2000 Giuseppe TAGLIENTE 2000 - 2001 Giovanni BOLOGNESE 2001 - 2006 Filippo PIETROCOLA 2006 - Luciano LAPENNA L’Amministrazione Comunale Sindaco: Luciano Lapenna Giunta: Lina Marchesani, Marco Marra, Fiorentino Mario Olivieri, Luigi Carmine Masciulli, Vincenzo Sputore, Anna Suriani, Nicola Tiberio Segretario Generale: Rosa Piazza Consiglio: Maria Amato, Elio Baccalà, Gabriele Barisano, Andrea Bischia, Paola Cianci, Francesco Paolo D’Adamo, Davide D’Alessandro, Antonio Del Casale, Mauro Del Piano, Mario Della Porta, Nicola Del Prete, Massimo Desiati, Giuseppe Forte, Guido Giangiacomo, Simone Lembo, Luigi Marcello, Manuele Marcovecchio, Giovanna Paolino, Francesco Menna, Domenico Molino, Massimiliano Montemurro, Corrado Franco Sabatini, Etelwardo Sigismondi, Maurizio Vicoli Dirigenti: Simona Di Mascio (Servizi Interni), Vincenzo Marcello (Servizi Demografici e Sociali), Michele D’annunzio (Servizi Culturali), Roberto D’Ermilio (Lavori Pubblici), Orlando Carusi (Polizia Urbana) A.S.L. Direttore Generale: Francesco Zavattaro. Direttore Sanitario: Pasquale Flacco Magistratura: Presidente Tribunale: Antonio Sabusco Forze dell’Ordine Commissariato Polizia di Stato: Cesare Ciammaichella. Compagnia Carabinieri: Giancarlo Vitiello Tenenza Guardia di Finanza: Marco Garofalo. Ufficio Locale Marittimo: Giuliano D’Urso Distaccamento Vigili del Fuoco: Cosimo Colameo. Corpo Forestale dello Stato: Domenico Racciatti Parrocchie Concattedrale di S. Giuseppe: Gianfranco Travaglini. S. Maria Maggiore: Domenico Spagnoli S. Pietro in S. Antonio: Stellerino D’Anniballe. S. Paolo Apostolo: Gianni Sciorra S. Maria Incoronata: Eugenio Di Gianberardino. S. Maria del Sabato Santo: Massimo D’Angelo Stella Maris: Luigi Stivaletta. S. Giovanni Bosco: Francesco Pampinella S. Lorenzo: Antonio Bevilacqua. S. Marco Evangelista: Luigi Smargiassi Dirigenti Istituzioni scolastiche Liceo Classico “L.V. Pudente” , Istituto d’Arte, e Istituto Magistrale “R. Pantini”: Letizia Daniele Liceo Scientifico “R. Mattioli”: Silvana Marcucci. Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “F. Palizzi”: Nino Fuiano. Istituto di Istruzione Superiore“E. Mattei”: Rocco Ciafarone. Istituto Comprensivo n°1: Maria Cauli. Istituto Comprensivo n°2: Maria Pia Di Carlo, Nuovo Circolo Didattico: Nicoletta Del Re 7 Giuseppe Garibaldi. L’Eroe dei Due Mondi è stato il primo presidente onorario della Società di Mutuo Soccorso A 150 anni dalla fondazione della Società di Mutuo Soccorso di Paolo Calvano 8 In un diffuso clima di ottimismo e di apparente “libertà politica” in conseguenza dell’Unità d’Italia, cresce tra le classi intermedie l’impulso all’impegno civile, già sperimentato nell’adesione alla Guardia Nazionale, e spinge ad associarsi sotto il manto protettivo e paternalistico del notabilato locale, che sollecita, controlla e indirizza. Uno dei primi frutti di quest’assaggio di democrazia è la costituzione della Società degli Operai, che, contrariamente a quanto afferma Francesco Ciccarone1 nei suoi Ricordi2, non rappresenta una creatura ideata dal padre Silvio, ma all’interno di un quadro più complesso, è l’esito di un movimento civile che anche nella nostra cittadina, pur non cancellando le inevitabili diversità ideologiche tra moderati, garibaldini e democratici, riesce a cementare il variegato mondo degli artigiani e dei commercianti, unendoli sulla comune consapevolezza di “essere popolo che à coscienza dei propri dritti e doveri”3. L’adesione alla Società è per gli “operai” (artigiani di vario tipo e piccoli negozianti che vivono con l’opera delle proprie mani), nel dissolversi della società “borbonica”, il modo di dire si al nuovo corso e di impegnarsi da protagonisti nella costruzione della nuova Italia. Gli artieri e i commercianti, quasi tutti ideologicamente liberali, si ritrovano in un unico blocco contrapposti ai clericali e ai borbonici, sostenuti dalla stragrande maggioranza dei contadini. Sono gli stessi giovani e padri di famiglia che nel 1860, formando la Guardia Nazionale al seguito del maggiore Ciccarone, hanno partecipato alla disastrosa Campagna Militare fino a Sulmona, e poi hanno represso con le armi le sommosse popolari scoppiate in alcuni comuni del Vastese4. Anche Silvio Ciccarone5, dopo le iniziali incertezze di collocazione tra i moderati e i democratici, decide di privilegiare il rapporto con gli Spaventa6, diventando sempre più il riferimento in loco della Destra Storica e l’unico in grado di decidere interventi nella società vastese. Ai margini della politica reale rimangono gli estremisti: alcuni nobili di tendenze radicali7 e sparuti gruppi di combattenti garibaldini.8 Nel pomeriggio di lunedì 25 luglio 1864 nasce la Società di Mutuo Soccorso e Mutuo Lavoro degli Operai di Vasto per iniziativa di “pochi operai sorretti da sano giudizio e dal senno di benemeriti cittadini”, quasi ad evidenziare la funzione protettrice svolta dai borghesi vastesi nella nascita e nella sviluppo dell’istituzione. Nello stesso giorno viene eletto il Consiglio direttivo con Presidente effettivo Luigi Del Guercio9 e Segretario Pompeo Romani10. 1) Francesco Ciccarone (1859+1938), politico di area Giolittiana eletto al Parlamento per tre legislature (1904-17). 2) Cfr. Francesco Ciccarone, Ricordi. Società e politica a Vasto dall’Unità al fascismo, a c. di M. De Luca e C. Felice, Vasto, Cannarsa, 1998, p. 34. 3) Cfr. Manifesto di inaugurazione della Società del 3 novembre 1864. 4) Cfr. Paolo Calvano, Vasto 1860: cronologia degli avvenimenti (prima e seconda parte) in «Vasto Domani», n. 7 del luglio 2010 e n. 10 dell’ottobre 2010. 5) Silvio Ciccarone (1822+1897), cospiratore e politico. Aderente alla Giovine Italia nel 1840, Maggiore della Guardia Nazionale del Distretto nel 1860-7, Vice Governatore e Sottintendente nel 1860-1, Sindaco nel 1868-76. 6) Silvio Spaventa (Bomba 1821+Roma 1893), cospiratore e politico della Destra Storica, ripetutamente Ministro negli anni 1860-76; Bertrando Spaventa (Bomba 1817+Napoli 1883), filosofo e storico della filosofia. 7) Si tratta di Filippo de’ Conti Tiberi (1821+L’Aquila 1869), intellettuale di tendenze radicali; Giuseppe de’ Conti Ricci (1844+Mentana 1867) giornalista e garibaldino morto in battaglia a Mentana. Cfr. Paolo Calvano, Giuseppe de’ Conti Ricci, in G. Tagliente, P. Calvano, G. Di Rosso, Lunarie de lu Uaste 2008, Guardiagrele, 2007 e Paolo Calvano, Giuseppe de’ Conti Ricci a Mentana con Garibaldi, in «Vasto Domani» n. 5 del Maggio 2007; Luigi de’ Conti Ricci (1841+Londra1913), intellettuale e garibaldino. Con Garibaldi al Volturno, in Aspromonte, a Bezzecca e a Parigi nella guerra franco-prussiana. Esule a Londra è insegnante al King’s College. Cfr. Paolo Calvano Italia o morte. Storie di ordinaria rivoluzione nella Vasto risorgimentale, in «Vasto Domani» n. 10 dell’ottobre 2007. 8) Gli altri garibaldini vastesi “accertati” sono: Francesco Paolo Armeno (1844+1926), muratore; Carlo Celano (1843+1908), sarto; Carlo De Vito (1842+1908), falegname; Pasquale Di Federico (Castelli 1837+Roma 1916) guardia doganale; Antonio Forte (1837+1908), calzolaio; Carlo Maria Pietrocola (1841+1901), flebotomo; Raffaele Ranghella (Spoltore 1842+1917), panettiere; Cesare Raspa (1841), falegname; Sante Stampone (1841+1938), contadino; Arcangelo 9 10 Saulino (1843), ramiere; Nicola Vinciguerra (1843+1933), giardiniere; Cesario Vitale (1842+1908), muratore. 9)) Luigi Del Guercio (1819), ebanista. 10) Pompeo Romani (1827+Potenza 1901), direttore del locale Ginnasio, poi insegnante nel Liceo di Potenza. 11) Archivio Privato Ciccarone, Parte II Lettere, carte, documenti di vita pubblica, Fascicolo 9° Interessi cittadini, 36° argomento Società Operaia. 12) Cfr. Manifesto di inaugurazione della Società del 3 novembre 1864. 13) Giuseppe Mazzini (Genova 1805+Pisa 1872), rivoluzionario repubblicano e politico. Dapprima entra nella carboneria poi fonda la Giovine Italia 14) Vittorio Emanuele II di Savoia (Torino 1820+Roma 1878), dal 1831 Duca di Savoia, poi nel 1849 Re di Sardegna e dal 1861 Re d’Italia. 15) Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807+Caprera 1882), avventuriero e condottiero. Cospiratore si rifugia in America del Sud dove combatte per le Repubbliche locali. Nel 1849 è nella Repubblica Romana. Esule in America fino al 1854. Combatte nel 1859 e nel 1866 contro gli Austriaci. Nel 1860 guida la spedizione dei Mille. Nel 1862 e nel 1866 tenta di occupare Roma. Nel 1871 partecipa alla guerra Franco – prussiana. Deputato al Parlamento, negli ultimi anni si ritira a Caprera. Lo stesso Consiglio comunica, il 1° settembre, al Maggiore Silvio Ciccarone11 (che assomma in sé le cariche di Comandante della Guardia Nazionale e di Vice Governatore del Distretto) la sua nomina a socio onorario e offre la Presidenza onoraria al Generale Giuseppe Garibaldi che accetta prontamente, con “grande entusiasmo” . La Sede Sociale viene inaugurata martedì 6 novembre 1864 con una giornata di festeggiamenti di altissimo livello per quell’epoca: spari di numerosi petardi e ripetuti colpi di cannone, elevazione di ben cinquanta globi aerostatici nell’antica Piazza d’armi (l’attuale piazza Rossetti), una rappresentazione teatrale introdotta dall’inno al Re Vittorio Emanuele II e conclusa dall’inno del “primo operaio italiano” Giuseppe Garibaldi, una tombola a beneficio della Società stessa in piazza L.V. Pudente, il tutto allietato dalle “armonie di una scelta banda musicale”12. Nella sala principale della Sede sono in bella mostra i ritratti di Mazzini,13 Vittorio Emanuele II14 e Garibaldi15, in una specie di sincretismo politico che ben esprime le intenzioni dei fondatori. In Italia le società Operaie di Mutuo Soccorso cominciano a svilupparsi nella seconda metà dell’Ottocento. Nascono attraverso la costituzione di una cassa comune per supplire alle carenze dello Stato che di sociale ha ben poco e migliorare così le condizioni materiali e morali degli iscritti. I punti fondanti di queste associazioni sono la solidarietà fra i soci, la mutualità, l’autogestione dei mezzi finanziari sociali e, tentativamente, la moralità. Infatti in molti Statuti sono introdotte norme che vietano l’elargizione di sussidi ai malati di patologie causate dall’abuso di bevande alcoliche o che impongono agli iscritti di astenersi dai giochi d’azzardo. Nel 1864, nella penisola, le società di Mutuo Soccorso sono già oltre 900 e otto anni dopo hanno raggiunto quota cinquemila, per superare alla fine del secolo le 8.000 unità. Le più antiche Società dell’Abruzzo-Molise sono la “Società dei 16) Cfr. Nicola Verna, Società Operaie di Mutuo soccorso in Abruzzo dal 1861 al 1905, Pescara, Samizdat, 2001, p. 71. 17) Statuto della Società di mutuo soccorso degli operai della città di Chieti, Chieti, tip. Quintino Scalpelli, 1862. 11 Silvio Ciccarone Cappellai” (1849) e la “Società degli operai” (1861), ambedue di Teramo, e l’“Associazione generale degli operai” de L’Aquila (1862). In provincia la prima Società operaia di mutuo soccorso é fondata a Chieti il 21 dicembre 1861. Seguono nel 1864 la Società di Vasto e nel 1865 quelle di Atessa e di Ortona.16 Queste istituzioni sono inizialmente strutturate in “classi”, rappresentanti le professioni, le arti o i mestieri dei soci iscritti. Il fine di queste associazioni viene sintetizzato in un articolo dello statuto dei soci Teatini: “La società istessa avrà per scopo il reciproco, fratellevole appoggio de’ socj nelle ristrettezze della vita, il progresso civile e morale di ciascun socio, e l’efficace adempimento de’ doveri, non meno che l’uso il più largo de’ dritti de’ Cittadini”.17 Pochissime sono le carte che documentano la storia della Società vastese in questi primi anni (ma è così fino al 1960) e lo fanno in modo molto frammentario rendendo difficile inquadrare gli avvenimenti in una visione di ampio respiro. L’incuria dei responsabili Il Manifesto del 1864 che annuncia la costituzione della Società Operaia 12 degli archivi societari, la scarsa attenzione delle amministrazioni comunali e il passaggio del fronte nel 1943, con gli inevitabili sequestri e conseguenti distruzioni, hanno impedito una pur minima conservazione. In mancanza dello Statuto originale, già conservato nel distrutto archivio della Sottoprefettura, per capire meglio l’Associazione si riporta parte del documento che illustra dettagliatamente gli scopi che si prefigge e le strutture predisposte. “La classe degli operai di Vasto costituivasi […] nell’intento: 1° di promuovere la istituzione [vuole dire istruzione] dei soci; 2° di vegliare sulla morale della classe; 3° di provvedere i mezzi di mutuo soccorso e mutuo lavoro; 4° di migliorare le arti e insinuare la costante operosità; 5° di sviluppare l’industria, il commercio e l’agricoltura, in quanto possono riflettere le arti; 6° di vigilare perché la classe acquisti abitudini di sobrietà, di temperanza, di benintesa economia; 7° di promuovere l’istituzione di casse di risparmio e prestito. La società ha un ufficio di Presidenza, un Consiglio di Amministrazione, una Commissione provveditrice, un Cassiere, un verificatore di Cassa, due medici, un farmacista, tre infermieri ed un usciere”. 18 Questo elenco di buoni propositi, formulati da un acculturato borghese, si scontra in tempi brevi con la realtà. Dopo un paio d’anni in cui, forse, la società svolge la sbandierata e benemerita funzione di mutuo soccorso, forte del gran numero di iscritti e sostenuta dal versamento delle quote sociali mensili di £. 0,50, arriva ad avere anche un risparmio di gestione di oltre £. 1.000.19 In seguito, nonostante gli entusiasmi e i buoni auspici, non si riesce a mantenere la stabilità economica e calano anche i consensi cittadini. Nel maggio 1866, con il Presidente Michele Lattanzio,20 di tendenze radicali, forse iniziano le prime divisioni, originate anche da divergenze politiche. Interessante la lettera di adesione all’iniziativa promossa dall’Amministrazione Comunale in occasione della partenza dei soldati vastesi per la terza Guerra d’Indipendenza: “Lo invito del Municipio è stato accolto con molto entusiasmo da questa Società Operaia. La comunanza di principii e di affetto non può che unirci tutti nell’attestare ai fratelli che partono l’interesse e la simpatia di quelli che restano. La Società Operaia è orgogliosa di partecipare a questa patriottica dimostrazione.”21 Dalle carte della corrispondenza Sottoprefettura-Comune, è evidente il controllo asfissiante che lo Stato impone alle Società negli aspetti economico finanziari, chiedendo conto delle entrate e delle uscite (di come siano stati utilizzati i sussidi di malattia ai soci),22 ma soprattutto nell’esame delle tendenze politiche degli amministratori. All’inizio il giudizio sulla dirigenza è positivo, in quanto esprime “sentimenti moderati”,23 quindi in linea con i politici locali; in seguito si evidenzia il primo segnale dissonante: Michele Lattanzio viene marchiato “di non buon colore politico”.24 Non sappiamo quale sia stata la primitiva sede della Società. E’ accertato che il 24 novembre 1868 il sottoprefetto Ernesto Cordella25, comunica alla Società la concessione in uso gratuito, da parte del Consiglio Provinciale, di due stanze a pianterreno del Palazzo della Sottoprefettura.26 Nel 1869 la tendenza di crescita è già invertita e la stabilità societaria un lontano ricordo. Lo scollamento tra la Società e gli amministratori locali è certificato da due missive ravvicinate e discordanti in cui il Sindaco il 9 luglio afferma di non esistere a Vasto nel 1868 alcuna Società Operaia27 e poi, il giorno successivo, smentendosi, ne conferma l’esistenza presentando una relazione con i pochi dati in suo possesso: i residui sono solo £. 400, molti degli iscritti sono stati depennati in base all’art. 8 dello statuto, in quanto morosi, non avendo versato le prescritte £. 50 mensili,28 e addirittura il rapporto “poliziesco” profilando una situazione “di decadenza” profetizza sinistramente che la Società è “forse alla vigilia del suo scioglimento”.29 Sembra che, nel triennio 1967-9, non siano stati consegnati alle autorità i bilanci dettagliati.30 Nel 1871 con Vincenzo De Guglielmo Pre- 18) Archivio Storico Comunale di Vasto, (d’ora in poi ASCV) Lettera del Sindaco Francesco Ponza al Sottoprefetto, 6 aprile 1879. 19) ASCV, Lettera del Sindaco al Sottoprefetto, 10 luglio 1869. 20) Michele Lattanzio (1814+1888) milite della Guardia Nazionale nella Campagna del 1860. 21) ASCV, Lettera del Presidente al Sindaco, 7 maggio 1866. 22) cfr. ad esempio ASCV, Lettera del Sottoprefetto al Sindaco, 11 giugno 1870. 23) ASCV, Tabella statistica del Sindaco, 29 settembre 1875. 24) ASCV, Lettera del Sindaco con allegata tabella, 22 settembre 1871. 25) Ernesto Cordella (Napoli 1820+1885), zio dell’omonimo ufficiale esploratore morto in Africa, Sottoprefetto di Vasto nel 1868-9 e poi Prefetto del Regno. 26) ASCV, Lettera del Sottoprefetto al Sindaco, 24 novembre 1868. 27) ASCV, Lettera del Sindaco al Sottoprefetto, 9 luglio 1868. 28) ASCV, tabella statistica, 22 settembre 1871. 29) ASCV, Lettera del Sindaco al Sottoprefetto,10 luglio 1869. 30) ASCV, lettera del Sindaco al Sottoprefetto, 11 dicembre 1874 31) Vincenzo De Guglielmo (1825), ferraro. 32) Giuseppe De Guglielmo (1843), fornaro. 13 Presidenti della Società Operaia di Mutuo Soccorso dal 1864 al 2013 Luigi Del Guercio Michele Lattanzio senior Vincenzo De Guglielmo Michele Lattanzio senior Gaetano Anelli Michele Lattanzio junior Giulio Giovine Giuseppe De Guglielmo Emilio Monacelli Michele Canci Emilio Monacelli Silvio Monacelli Michele D’Aloisio Florindo Ritucci Chinni Raffaele Scolavino Ettore Cavallone Enrico Ponza Florindo Ritucci Chinni Luigi Muzii Carlo Boselli Ennio Palucci Francesco Paolo Cieri Nicola Ferrara Ottavio Di Tullio Roberto Del Borrello Ennio Palucci Luigi Canci sidente,31 Michele Lattanzio Tesoriere e Giuseppe De Gugliemo segretario,32 i soci sono complessivamente 53 (di cui 23 effettivi paganti e altri 30 onorari) e il bilancio si è ridotto a £. 136 che permettono di coprire solo l’importo della pigione della sede e le spese di gestione.33 Nel bilancio 1873 gli iscritti sono 37 (in realtà 6 effettivi) con entrate di sole £. 32.50 per contributo soci e £. 12.20 di rendite patrimoniali; le spese di amministrazione assommano a £. 85.00.34 Dopo un leggero aumento di iscritti nel 1874 (32 onorari e solo 10 effettivi) agli inizi del 1875, con le cariche dirigenziali quasi invariate, (con Lattanzio amministratore è rinnovato il segretario Tito Consalvo,35 che non ha ancora accettato la carica) vi sono solo 7 soci effettivi e con gli importi delle loro quote non si riesce neppure a pagare l’affitto del locale che viene coperto dall’esposizione personale dei dirigenti.36 Nel dicembre del 1876, in un momento politicamente particolare per Vasto, con la caduta, dopo 16 anni di potere ininterrotto, dell’amministrazione comunale moderata, Michele Lattanzio ha sostituito alla presidenza Vincenzo De Guglielmo.37 Il biennio 1877-8 non evidenzia comunicazioni/ 33) ASCV, tabella statistica, 22 settembre 1871. 34) MAIC, Statistica delle Società di Mutuo Soccorso 1873, Roma, Regia Tipografia, 1875, pp. 116-7. 35) Tito Consalvo (1824+1889), impiegato telegrafico. Il figlio Francesco diviene segretario dell’on. Giuseppe de Riseis e bibliotecario della Camera dei Deputati. 36) ASCV Tabella statistica, 5 gennaio 1875. 37) ASCV, Annotazione di riposta del Sindaco alla lettera del Sottoprefetto del 16 dicembre 1876. 38) ASCV, Complessivamente sono dodici le lettere spedite al Sindaco in dieci mesi sempre per sollecitare notizie della Società di Mutuo Soccorso o compilazioni dei quadri statistici. 39) Francesco Paolo Ponza (Napoli 1828+1896), Sindaco dal 1878 al 1896. Venne travolto dallo scandalo del legato Romani. 40) Giuseppe Barone de Riseis (Scerni 1833+Roma 1924), politico abruzzese della Sinistra. Deputato dal 1874 al 1909. Senatore nel 1910. 41) ACSV Lettera del Sindaco al Sottoprefetto, 6 aprile 1879. 42) ACSV Lettera a stampa del Sottoprefetto al Sindaco, 31 marzo 1879. Silvio Monacelli 15 14 Gaetano Anelli con la moglie Encratide Cianci (1864) variazioni riguardo alle “attività” della struttura. Ripercorrendo gli avvenimenti con senno del poi, sembra di narrare la lenta agonia di un malato illustre che si tenta di mantenere in vita artificialmente. Con il febbraio 1879, il sottoprefetto Dotto de Dauli, dovendo comunicare ai superiori le notizie statistiche della Società, comincia a tempestare di richieste il Comune.38 Ma nonostante i ripetuti solleciti non ottiene nulla perché Francesco Ponza39 non ha a disposizione notizie certe dal Lattanzio, e, da poco investito della carica di Sindaco, ha altro a cui pensare. Questo politico liberale di origine napoletana, residente a Vasto da decenni, all’inizio sodale di Silvio Ciccarone, da cui poi si è diviso sbattendo la porta, sta iniziando la propria esperienza amministrativa, in cui ha riunito tutti gli scontenti della politica moderata coagulando anche una parte del notabilato cattolico, con l’appoggio del nume tutelare della sinistra abruzzese l’on. De Riseis.40 Finalmente ad Aprile Ponza partorisce una relazione e citando le comunicazioni verbali del Presidente Lattanzio fotografa la situazione parlando “di movimento retrogrado per iscritti e stato economico, e di tenui rette mensili”.41 A luglio ultimo cenno di vita sociale del Presidente Lattanzio che compila in modo approssimativo i quadri 16 43) cfr ACSV Lettera urgentissima del Sottoprefetto al Sindaco, 13 dicembre con la richiesta perentoria di avere la tabella per il giorno successivo. 44) Istonio. Corriere della Domenica. (1888-1912) Periodico di parte Ciccaroniana stampato nella Tip. Zaccagnini con sede in Corso Plebiscito 44-46 nei locali di casa Monacelli, dove erano situati negozio e farmacia gestiti dai fratelli. 45) Emilio Monacelli (1864+1912) giornalista e direttore dell’Istonio. Gestore della cartoleria e, in seguito, anche della farmacia. Silvio Monacelli (1870+1918) Giornalista collaboratore dell’Istonio è impiegato nella Cancelleria del Tribunale. 46) Luigi Nasci (1854+Roma 1930), proprietario e politico, Sindaco dal 1897 al 1919. 47) La Banca Popolare Cooperativa fu fondata dai soci della Casa di Conversazione nel 1883. Primi Presidente e Direttore Luigi Nasci e Michele Benedetti. Cfr. F. Ciccarone, Ricordi, pp. 171-3. 48) La Casa di Conversazione, nata come Circolo dei Signori nel 1868 per iniziativa della Destra prima è localizzata a fianco la Cattedrale di S. Giuseppe, poi nel 1880 in Palazzo Mayo, sempre in piazza Pudente. 49) MAIC, Elenco delle Società di Mutuo Soccorso, Roma, Tip. della Casa Edit. Italiana,1898, p. IV. 50) Cfr. Nicola Verna, Società Operaie, p. 72. 51) Istonio n. 10 del 15 luglio 1888. statistici inviatigli. Tutte le successive richieste Ministeriali al Lattanzio di presentare lo Statuto e di compilare tabelle non ottengono alcun risultato, nonostante la minaccia al Sindaco “di avvalersi delle facoltà accordate dalla legge a carico di chi di ragione”.42 Il perentorio sollecito della lettera del sottoprefetto de Dauli del 13 dicembre 1879 è l’ultimo atto ufficiale in cui compare la Società.43 L’anziano Michele Lattanzio, stanco e sfiduciato, sopraffatto dalle difficoltà, alla fine abbandona; termina il suo disinteressato e ventennale impegno per il progresso civile, culturale e politico degli operai vastesi. Così cala il sipario sulla prima esperienza di socialità operaio/borghese del nostro centro, quasi in concomitanza con il pesante fallimento dell’esperienza amministrativa del blocco moderato locale che aveva guidato la “rivoluzione del 60” e il sostegno alla destra storica piemontese. Un salto di nove anni e a Vasto si comincia a riparlare di Società Operaia sul neonato settimanale Istonio44, fondato dai fratelli Emilio e Silvio Monacelli45 che in questa avventura editoriale propongono un periodico ideologicamente laico-libertario, nelle affermazioni di principio senza agganci con i due partiti principali, ma che quasi subito diventa organo di parte Ciccaroniana. Nel frattempo Francesco Ponza è ancora Sindaco e domina quasi dittatorialmente la scena civile con larghissima maggioranza; ma nell’apparente compattezza si evidenziano già piccoli segnali di cedimento. All’opposizione è il blocco moderato, inconsistente nelle competizioni elettorali, ma in cui si sono fatti le ossa personaggi che diverranno a breve protagonisti (Luigi Nasci46 e Francesco Ciccarone) e sono in atto alcune interessanti intuizioni nel campo della cultura (L’Istonio, come già detto) e nell’occupazione di punti chiave della società civile (La Banca Popolare Cooperativa47 e la Casa di Conversazione48). Dopo il 1881 è un proliferare di Società Operaie che in Abruzzo da 43 (1878) divengono 162 (1885) per poi stabilizzarsi a 193 (1895)49 e 223 nel 1904. In realtà di operai, come si percepiscono nel concetto moderno, in Abruzzo e Molise ce ne sono pochi. Nel 1893, su una popolazione di circa 350 mila abitanti, soltanto 7.629 sono gli occupati nelle industrie, e sono quasi tutti artigiani e piccoli imprenditori. Veri gruppi di operai di una certa consistenza sono soltanto nell’industria mineraria, in quella chimico-farmaceutica e del mobile.50 Molte sono le cause che determinano questo sviluppo che vede gli “operai” ricompattarsi per difendersi dalle novità negative che il progresso ha portato: la crisi agraria con conseguente depressione economica, il non funzionamento delle tradizionali strutture di beneficenza sia legate allo Stato, che non riescono ad incidere nella realtà, sia, come tradizione alla Chiesa Cattolica; difatti le Opere Pie, che fino ad allora avevano svolto un ottimo intervento nel sociale, spesso vengono indebolite e rese inefficienti dal controllo e dall’intromissione statale. Dopo la riforma elettorale del 1882, tramite l’istituzione di strutture di “partecipazione democratica” facilmente influenzabili, da parte dei potentati politici locali si mette in atto il tentativo di controllare i voti delle classi medio-basse. Questa nuova rinascita ripropone quindi società operaie non contrapposte alle istituzioni ma a loro collegate tramite la guida paternalistica della borghesia intellettuale, con l’intento di educarli al senso dello Stato e prevenire lo sviluppo di idee sovversive. Ma ritorniamo alle sollecitazioni lanciate dai fratelli Monacelli: nel 1888, a distanza di qualche mese dalla morte dell’artigiano Michele Lattanzio già citato, che può essere considerato quello che in loco più ha creduto in questa struttura sussidiaria, esce in prima pagina un articolo da titolo “La grandezza delle Società operaie”.51 Il professore Raffaele Tarantelli oltre a fare le lodi di queste associazioni, di cui è socio e dirigente a Chieti, e a chiarirne scopi e finalità, afferma che “in Vasto non esiste alcuna Società Operaia” e auspica che gli operai “risollevino questo istituto caduto” rendendolo “tutto operaio”. Altri personaggi interessanti, legati al mondo dell’associazionismo, in questo fine secolo, sono il negoziante Giuseppe Lungo52 e il fotografo Giuseppe de Guglielmo,53 nipote dei Palizzi,54 ambedue eletti nelle liste amministrative con la sinistra. Il secondo nel 1888 è nominato, tramite i legami con lo zio Filippo,55 socio onorario della Società Operaia Umberto I di Napoli. Nel luglio 1889 l’Istonio rilancia ancora sui pregi e le opportunità di una nuova Società Operaia. Giacché “in Vasto non v’è neppure l’ombra di una associazione operaia”, un pezzo del prof. Giovanni Marchesini, già docente della Regia Scuola Tecnica, tende “a ridestare anche qui lo spirito dell’Associazione”.56 Sintomo di una vivacità culturale e associazionistica che attende di essere valorizzata è la conferenza, in occasione della festa dello Statuto, del Circolo Anonimo57 con sede in piazza Pudente, in cui intervengono Raffaele Mattioli Senior,58 Francesco Roberti59 e Filippo Del Greco.60 La borghesia, è quindi pronta, a rilanciare una nuova associazione degli operai per usarla come “luogo educativo” delle classi subalterne, per istruirle professionalmente e innalzarne il 52) Giuseppe Lungo (1834), negoziante più volte Consigliere comunale della Sinistra diventa primo ed unico Presidente accertato dell’Unione Operaia Rossetti nel 1890. 53) Giuseppe de Guglielmo (1847+1909) figlio di Filippina Palizzi e dell’orefice Gregorio è il primo fotografo con studio a Vasto. Consigliere comunale per la Sinistra diventa consigliere e Vice Presidente della Camera di Commercio di Chieti. Dal 1896 al 1899 Presidente della Società di Mutuo Soccorso. 54) I pittori fratelli Palizzi: Giuseppe (Lanciano 1812+Parigi 1888), ottiene grandi successi in Francia dove si era trasferito nel 1844. Nicola (1820+Napoli 1870), paesaggista. Francesco Paolo (1825+Napoli 1871), appassionato di nature morte. 55) Filippo Palizzi (1814+Napoli 1899), insegnante all’Accademia delle belle Arti di Napoli e Direttore del Museo Artistico Industriale. 56) Istonio n. 27 del 7 luglio 1989. 57) Istonio n. 38 del 22 settembre 1899. 58) Raffale Mattioli senior (1868), laureato nella Scuola Superiore del Commercio di Genova diviene Direttore della Navigazione Italiana e si occupa su scala nazionale dell’emigrazione italiana nelle Americhe. 59) Francesco Roberti (1855), politico della Sinistra, avvocato e Direttore dell’altro periodico locale L’Abruzzo dei Giovani. 60) Filippo Del Greco (1866+1937), insegnante. Molto attivo come oratore e poeta nelle manifestazioni patriottiche. 17 18 61) I 3 Abruzzi del 17 maggio 1890. 62) Agostino De Pretis (Mezzana Corti 1813+Stradella 1887), politico presente nel Parlamento Subalpino e poi in quello Italiano. Prodittatore in Sicilia con Garibaldi nel 1860. Con la Sinistra otto volte Presidente del Consiglio tra il 1876 e il 1887. 63) Leonardo Scardapane è il notaio che in meno di un mese nel 1890 ha stipulato gli atti di nascita delle due Società Operaie. Dall’originaria Monteodorisio, i figli si trasferiscono a Vasto dove nei pressi di S. Anna costruiscono un palazzo nobiliare e divengono personaggi di spicco nel ventennio fascista. 64) ASCV, manoscritto “Società di Mutuo Soccorso degli Operai di Vasto. Atto Costitutivo e Statuto”, cc 1-8. 65) Umberto I di Savoia (Torino1859+Monza 1900), Re d’Italia dal 1878 viene assassinato a Monza il 29 luglio 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci. 66) Guglielmo II (Postdam 1859+Doorn 1941), Imperatore di Germania e Re di Prussia dal 1888. Con la sconfitta della Prima Guerra Mondiale nel 1919 abdica e si rifugia in Olanda. 67) Valerico Laccetti (1836+Roma 1909), pittore attivo a Napoli, a Roma e infine a Parigi; nell’ultimo periodo della sua vita si dedica al teatro. 68) Gaetano Anelli (1827+1914), mercante e sottotenente della Guardia nazionale nel 1860. Decurione nel 1857 e consigliere comunale nel 1868. Presidente della Casa di Conversazione. 69) Francescopaolo Chinni (1835), orefice con casa e negozio all’Arco di Porta nuova. 70) Luigi Sargiacomo (1857), negoziante. 71) Michele Lattanzio (1855+1931), disegnatore e calligrafo abilitato. Politicamente repubblicano, professore e poi Direttore della Regia Scuola Tecnica. 72) I 3 Abruzzi del 10 maggio 1890. 73) cfr ASCV, manoscritto “Società di Mutuo Soccorso degli Operai di Vasto. Atto Costitutivo e Statuto”, cc 20-38. sentire patriottico. Nel 1890, dopo un fitto e sotterraneo lavoro di contatti con un gran numero di artigiani e piccoli gruppi di negozianti e industrianti, confermando nuovamente che non ci sono finalità politiche in questa associazione, assolutamente apartitica, finalmente il sogno dei Monacelli si avvera: il 13 aprile nelle sale di palazzo d’Avalos si svolge una prima riunione di un gruppo di soci che approva lo Statuto di una Società “aliena del tutto da interessi e scopi partigiani”.61 Si mettono le mani avanti per non agitare lo status quo e soprattutto non impensierire il Sindaco Ponza. Questo tentativo di arrivare allo scopo senza alzare troppa polvere non riesce perché, quando lunedì 28 aprile 1890 si costituisce la Società di Mutuo Soccorso degli Operai di Vasto, in linea con la legge del 15 aprile 1886 n. 3818 del Governo De Pretis,62 con atto rogato dal notaio Leonardo Scardapane,63 cominciano immediatamente i primi problemi ed i distinguo. Davanti al notaio si trovano 163 soci che firmano l’adesione, qualcuno all’ultimo momento decide di tirarsi indietro, altri 77 operai che avrebbero preliminarmente aderito non sono presenti. Tutti i lavoratori iscritti vengono suddivisi nelle dodici sezioni che corrispondono ai principali mestieri o arti.64 In tale occasione, come era in uso, vengono spediti telegrammi a varie personalità: al Re d’Italia Umberto I,65 all’Imperatore di Prussia e Germania Guglielmo II,66 ai fratelli Palizzi e a Valerico Laccetti.67 L’Assemblea nomina Gaetano Anelli Presidente,68 Francescopaolo Chinni Vice Presidente,69 Luigi Sargiacomo cassiere,70 Michele Lattanzio segretario71 ed il medico sociale.72 L’attento esame dell’Atto Costitutivo e dello Statuto permette di analizzare nel dettaglio l’intento dei fondatori e le modalità pratiche con cui sperano di ottenere i risultati preventivati.73 Si possono iscrivere all’associazione “operai” non malati, con età compresa tra i 18 e i 50 anni, pagando £. 3 d’iscrizione e £. 0,60 di quota mensile. Le cariche sociali a cui possono essere eletti tutti i soci sono biennali e non sono rinnovabili se non dopo un anno di riposo. Le uniche cariche eventualmente remunerate sono quelle del segretario e del fattorino. I conclamati scopi dell’associazione sono la mutualità e l’innalzamento culturale e civile dei lavoratori. Per perseguire gli scopi educativo-culturali nei confronti dei soci e dei figli degli stessi, si decide di costituire una Biblioteca circolante, di organizzare conferenze nei giorni festivi e istituire una scuola serale di disegno applicato alle arti. Ogni anno, nella prima domenica di Giugno (anniversario dell’inaugurazione della Società) è indetta pubblica riunione con mostra di oggetti d’arte, prodotti dagli studenti frequentanti i corsi serali e premiazione sociale con medaglie. Per quanto riguarda il mutuo soccorso si prevede un intervento per i soci divenuti inabili, la cura medica gratuita dei malati, un aiuto nella ricerca del lavoro, un sussidio giornaliero di £. 0,75 (fino a 60 giorni di malattia con la franchigia dei primi 3 giorni) e un sussidio per soci anziani (con più di 15 anni di associazione). E’ prevista anche la liquidazione di una certa somma alle vedove dei soci e la concessione di prestiti a basso interesse per poter aiutare gli “imprenditori”. Molto interessante, a dimostrazione che chi ha compilato lo Statuto (non è azzardato ipotizzare come ideatore il tipografo Luigi Anelli,74 che è anche il primo firmatario) ha fatto un lavoro di validità culturale e civica, è l’analitica distribuzione delle proprietà nell’eventualità dello scioglimento: il denaro all’Ospedale Civile; le carte e i documenti (che purtroppo si sono perduti, ironia del destino, anche se la Società non si è sciolta) all’Archivio Municipale e la bandiera al Gabinetto Archeologico.75 Si conclude l’esame dello statuto considerando il punto controverso, che sembra essere stato il fattore scatenante della divisione anche all’interno del Consiglio Direttivo: non possono essere iscritti, come soci a tutti gli effetti, coloro che non sanno leggere e scrivere. I soci analfabeti iscritti, divengono giuridicamente tali e acquisiscono tutti i diritti solo dopo aver frequentato la scuola serale ed aver imparato a a firmare.76 Ai primi di maggio la situazione improvvisamente precipita. Sta nascendo una seconda Società degli Operai, contrapposta alla prima già costituita, ed appaiono sui periodici Istonio e I 3 Abruzzi degli articoli che aprono uno squarcio sulle profonde divisioni nel mondo politico e nell’associazionismo. Si possono fare diverse ipotesi, tutte logiche e compatibili tra di loro, suffragate in parte dai fatti e dalle notizie a disposizione: che siano sorte, come era prevedibile, contrapposizioni politiche, perché la Sinistra al potere, teme di essere scavalcata dagli avversari nel controllo dei Soci e che anche l’ambito della Mutualità e dell’associazionismo è divenuto oggetto di contesa; che siano emersi personalismi spiccioli o di immagine, tra i protagonisti della costituzione e della direzione della Società; oppure, più semplicemente, come viene indicato da I 3 Abruzzi, che ci si divida per la paventata non iscrizione di tutti gli analfabeti, con un fare che sembra discriminatorio verso la classe operaia che evidentemente non può che essere analfabeta nella grande 74) Luigi Anelli (1860+1944), storico, ricercatore, musicologo, dialettologo, numismatico, poeta, giornalista. Direttore del Museo Archeologico (1897-1943) e Direttore de Il Vastese d’Oltre Oceano (1923 -1933). 75) Cfr. ASCV manoscritto “Società di Mutuo Soccorso degli Operai di Vasto. Atto Costitutivo e Statuto”, c. 37 art. 56. 76) Cfr. ASCV manoscritto “Società di Mutuo Soccorso degli Operai di Vasto. Atto Costitutivo e Statuto”, c. 21, art. 4 comma 1. 77) Istonio n. 21 de 25 maggio 1890. 19 20 maggioranza e che quindi più necessita di essere acculturata. Vale la pena di approfondire questo momento cruciale nella vita dell’Associazione. Sull’Istonio del 25 maggio 1890,77 a firma Cigeio, compare il pezzo “Vasto, la città del due”, in cui l’avv. Ciavatta Giuseppe78(per l’appunto Cig e io, visto che il pezzo è incentrato sul due) ironizza sul bipolarismo esasperato che regna in questa città, elencando tutte le strutture che godono di una geminazione straordinaria, fino ad arrivare all’assurdo di due Società Operaie, non per un’effettiva necessità ma per rimarcare il proprio potere nella lotta per la supremazia. L’interessante articolo, con caustica conclusione “si vogliono un bene dell’anima”, mostra però un solo lato della realtà, perché sia il periodico che lo scrivente sono di parte Destrorsa. Simili le conclusioni tratte dal pezzo de I 3 Abruzzi,79 anch’esso della stessa fazione: dopo aver ripetuto la solita tiritera definendo l’istituzione appena nata “schiettamente operaia, al di fuori e al di sopra dei partiti locali”, a causa dell’articolo 4 incluso nello Statuto accusa la dirigenza di mettere in atto “l’ostracismo agli analfabeti” e di aver provocato “ire che si sarebbero calmate e nessun dissidio sarebbe sorto se non ci fossero state persone interessate ad attizzare le ire stesse e a far nascere il dissidio” dal quale è nata la Unione Operaia Rossetti.80 Si termina con pesanti allusioni al Sindaco Ponza, politicamente blasfeme in cui si definisce l’Unione “fatta a immagine e similitudine del Dio Vastese e nata a maggior gloria ed onore del Nume stesso.” Nell’Archivio Comunale si trovano documenti che aiutano a dirimere le questioni e fanno capire cosa realmente sia accaduto: esiste una lettera spedita dal Comune di Foggia a quello di Vasto, in risposta ad una richiesta del 5 maggio, all’attenzione del sig. Francesco Roberti che accompagna lo Statuto della Società Operaia di Foggia.81 Quindi è facile supporre che, per qualche motivo, gli amministratori vastesi, forse ancora prima del 18 aprile, abbiano deciso di costituire una nuova Società Operaia da contrapporre alla prima, e per fare ciò, oltre a sollecitare gli artigiani a non iscriversi e ad aderire all’altra, hanno richiesto uno Statuto ad un Comune amico, non troppo vicino geograficamente, perché la cosa avvenisse senza clamore e pubblicità. In fretta e furia lo hanno adattato per costituire davanti al notaio Leonardo Scardapane il 18 maggio 1890 l’Unione Operaia Rossetti,82 incaricando alla Presidenza una persona di assoluta fiducia come il negoziante Giuseppe Lungo, con diverse esperienze di consigliere comunale di Sinistra. E a spron battuto, con l’aiuto del Comune, anticipando l’altra Società, la Rossetti il 25 maggio inaugura la propria sede “con gran pompa” e ufficializza l’avvenimento con discorsi dell’avvocato Colacito e del giornalista Tozzi al Teatro comunale Rossetti. Gli avversari dell’Unione, commentando con sottile ironia gli interventi affermano che il primo ha parlato di una Società in cui l’astensione dall’intervento in politica è la regola da seguire e il secondo invece ha impostato una relazione sulla necessità delle strutture operaie di “fare politica”.83 78) Giuseppe Ciavatta, avvocato e politico, amico dei Ciccarone. Sindaco di S. Salvo subito dopo l’Unità si trasferisce a Vasto dove esercita l’attività di notaio e di Vice Conciliatore. Muore a Miglianico nel 1903. 79) I 3 Abruzzi del 14 giugno 1890. 80) La Società Operaia Rossetti, costituita a Vasto nel 1890, continua a dare notizie di se fino al 1895-6. Non più operante dai primi anni del sec. XX, anche se non esistono documenti di scioglimento. 81) ACSV, Lettera del Sindaco ff di Foggia al Sindaco di Vasto, 20 maggio 1890. 82) Vedi MAIC, Elenco delle Società di Mutuo Soccorso, Roma, Tip. della Casa Edit. Italiana, 1898, p. IV. 83) I 3 Abruzzi del 14 giugno 1890. 21 Dinanzi alla tomba di Giuseppe Garibaldi a Caprera nel corso di una gita sociale.Si riconoscono Michele Frangione, Giuseppe Baiocco, Giovanni Malatesta. 1964. Sfilata in occasione delle celebrazioini per il centenario del Sodalizio. I gonfaloni delle Società Operaie consorelle abruzzesi sfilano insieme nelle strade cittadine in testa al corteo. 84) I 3 Abruzzi del 17 maggio 1890 e Istonio del 17 maggio 1890. 85) Francesco Della Penna (1859), insegnante. 86) Nicola Galante (1883+Torino 1969), figlio del falegname Luigi aderente alla Guardia Nazionale. Trasferitosi a Torino diventa pittore, xilografo ed ebanista di fama mondiale. 87) Luigi Martella (1911+1971), architetto, pittore e insegnante. Preside dell’Ist. Magistrale “R. Pantini“ dal 1955 al 1971. 88) Filandro Lattanzio (1908+1986), pittore attivo soprattutto in Francia. 89) Giuseppe Nasci (1881+Roma 1950), fondatore del Partito Popolare a Vasto, Sindaco nel 1944-5. 90) Cfr. Istonio n. 23 dell’8 giugno 1890. 22 Manifestazione nella sede alla presenza del sindaco Silvio Ciccarone e del senatore Giuseppe Spataro In partenza per una gita sociale Nel frattempo la Società Operaia continua il suo cammino riunendosi l’11 maggio con larga partecipazione nella sede di Piazza Indipendenza (oggi piazza del Popolo, sul fianco nord di Palazzo d’Avalos) e deliberando di istituire gratuitamente per i soci una Scuola serale di disegno applicato alle arti,84 sotto la direzione del disegnatore Michele Lattanzio, e una Scuola di Istruzione primaria e di grado superiore elementare diretta da Francesco Della Penna.85 L’istituzione della Scuola di Disegno, progettata e impostata dalla notevole figura di Michele Lattanzio, insegnante e Direttore della Regia Scuola Tecnica “Gabriele Rossetti”, risulta fondamentale perché permette a molti artigiani di fare un salto di qualità nelle capacità professionali dopo aver frequentato questo corso pluriennale. Questa Scuola, pur altalenante nei risultati, resiste per oltre un quarantennio, diventando il punto di partenza per molti giovani, futuri pittori (ad esempio Nicola Galante,86 Luigi Martella87 e Filandro Lattanzio88 ) che vi iniziano il percorso formativo, fino ad arrivare al successo artistico in Italia e nel mondo. Finalmente, il 1° giugno, La Società di Mutuo Soccorso degli Operai di Vasto, inaugura la sede e la bandiera sociale, con larga partecipazione di autorità, di titolati oratori, e delle consorelle di ambito provinciale. Dopo l’arrivo delle delegazioni Lancianesi, Ortonesi e di Fossacesia alla stazione e l’accoglienza nella sede di Piazza Indipendenza viene organizzato il corteo che sfila per le vie della città fino al teatro Rossetti. Qui in un clima festoso alla luce artificiale delle lampade, offerta dalla magnanimità del Marchese del Vasto, attorniati dalle bandiere delle società “amiche” (è presente anche quella della concorrente Unione Rossetti) e preceduto dall’Inno Reale, il prof. Tarantelli, presidente della Stella d’Italia, pronuncia un forbito discorso sulle Società Operaie. Dopo il ritorno alla sede ed il pranzo, anch’esso all’insegna dell’Indipendenza, la sera al teatro Rossetti si conclude la festa con uno spettacolo di beneficenza offerto da tantissimi piccoli artisti, tra cui significativamente Giuseppe Nasci,89 figlio di Luigi, astro nascente della destra locale. Poesie, musiche e un dramma tengono avvinto un foltissimo pubblico fino alla mezzanotte. L’amico Istonio90 dedica due intere pagine all’evento commentando favorevolmente: “Il nuovo sodalizio, sorto sotto buonissimi auspici, aliena del tutto da interessi o scopi partigiani conta già un bel numero di socii, tutti bravi cittadini e buoni operai, che non hanno nulla a vedere nel seno della Società con le gare politiche ed amministrative, non volendo e non dovendo essi falsare a nessun costo il concetto vero delle Associazioni, che hanno per base il mutuo soccorso, l’unione, la fede nell’avvenire.” L’emblema del nuovo Sodalizio consiste in due mani strette in saluto; un’immagine uguale, salvo piccole variazioni grafiche a quella della consorella “Rossetti”. Difatti nelle due Unioni confluiscono patrioti, liberali, carbonari, massoni ed ex garibaldini per i quali il simbolo delle mani ha un preciso valore. 23 91) Cfr. Procedimento Penale del Tribunale di Lanciano contro 39 vastesi accusati delle violenze del marzo-aprile 1897 (sentenza del 9 luglio 1898) e F. Ciccarone, Ricordi, pp. 198-201. In basso, consegna attestati ai soci benemeriti. Si riconoscono Giovanni Peluzzo, Michele Frangione, Carlo Boselli, Del Borrello In alto a destra: dejeneur sur l’herbe. In altre parole ‘na scampagnata in montagna dei soci In basso a destra: festa da ballo al Miramare 24 Su questi avvenimenti si chiude la scena e Vasto si trova inaspettatamente con due attive Società Operaie, “l’una contro l’altra armata”, che ufficialmente hanno ottimi rapporti, e se ne parla in termini idilliaci immaginandole “tutte e due numerose e fiorenti, tutte e due animate da nobili intenti e benintenzionate”, mentre in realtà si contrappongono su linee ideologiche divergenti per l’occupazione di un “piccolo potere, gloria che passa”. Gli anni successivi, in cui anche le Società si troveranno in prima linea in questa guerra accanita e senza esclusione di colpi tra la Destra e la Sinistra, vedranno la finzione di una parvenza democratica e di una legalità perseguita a parole. La quotidianità, invece, si esprime in rissa verbale e fisica, in interventi offensivi nelle assemblee comunali, in diatribe sulle colonne dei contrapposti periodici Istonio e L’Abruzzo dei Giovani, in agguati mafiosi agli avversari, in scontri e tumulti con accoltellamenti tra le opposte fazioni,91 in sassaiole contro le case dei capi dell’altro partito, per terminare, quando Ponza muore, con il tentativo di offendere la salma ancora calda. Nel 1897 il gruppo Nasci Ciccarone vince infine questa “guerra democratica” e mantiene indisturbato il potere a Vasto fino al termine della Prima Guerra Mondiale. Ma questa è un’altra storia. 25 26 27 dal1948 1948 dal Madonna dell’Asilo, - 66054 VASTO (CH) ViaVia Madonna dell’Asilo, 82 82 - 66054 VASTO (CH) 0873.367319 - Fax 0873.367812 Tel.Tel. 0873.367319 - Fax 0873.367812 E-mail: [email protected] E-mail: [email protected] primodopoguerra dopoguerraRenato RenatoAtturio AtturioSenior, Senior, elettricistadella dellaUnes Unes(attuale (attuale NelNelprimo elettricista ENEL), muove i primi passi come installatore elettrico nelle prime di illuminaENEL), muove i primi passi come installatore elettrico nelle prime retireti di illuminazione in città e nell'alto vastese.Nel frattempo cresce la famiglia i figli e nel 1945 zione in città e nell'alto vastese.Nel frattempo cresce la famiglia concon i figli e nel 1945 il primogenito Giovanni avvia lo storico laboratorio all'interno cortile d'Avalos, il primogenito Giovanni avvia lo storico laboratorio all'interno deldel cortile d'Avalos, affiancato fratelli Umberto, Giuseppe, Michele, Rosa Elena. Poco dopo, affiancato daidai fratelli Umberto, Giuseppe, Michele, Rosa ed ed Elena. Poco dopo, nelnel 1948, nasce lo storico negozio, all'esterno Palazzo d'Avalos, la vendita di ra1948, nasce lo storico negozio, all'esterno deldel Palazzo d'Avalos, concon la vendita di rae piccoli elettrodomestici; giungere 1954 messa in funzione della diodio e piccoli elettrodomestici; perper giungere nelnel 1954 allaalla messa in funzione della pri-pritelevisione Radiomarelli, proprio meandri cortile. tardi, di pari passo mama televisione Radiomarelli, proprio neinei meandri deldel cortile. PiùPiù tardi, di pari passo i “tempi moderni”, si amplia l'attività impiantistica i primi grattacieli concon i “tempi moderni”, si amplia l'attività impiantistica cosìcosì cheche i primi grattacieli “Paradiso” e “San Michele” vengono affidati stessi fratelli Atturio la messa “Paradiso” e “San Michele” vengono affidati agliagli stessi fratelli Atturio perper la messa in in regola della elettrica civile. Crescono spazi le richieste: si dedica, quindi, regola della reterete elettrica civile. Crescono gli gli spazi e lee richieste: ci sici dedica, quindi, anche illuminazione, vendita di dischi musicali, di frigoriferi di lavatrici anche all’all’ illuminazione, allaalla vendita di dischi musicali, di frigoriferi e die lavatrici concon annessa l'assistenza di tutti i prodotti. passare tempo “Mastro Giovanni” annessa l'assistenza di tutti i prodotti. ColCol passare deldel tempo “Mastro Giovanni” di-diviene il punto-forza della ditta il maestro di tutti quelli territorio vogliono viene il punto-forza della ditta e ilemaestro di tutti quelli cheche nelnel territorio vogliono intraprendere il suo stesso mestiere; suoi insegnamenti, ai quali oltre la profesintraprendere il suo stesso mestiere; daidai suoi insegnamenti, ai quali oltre la professionalità affianca sempre l'educazione il garbo, spiccherà il suo migliore allievo, sionalità affianca sempre l'educazione ed ed il garbo, spiccherà il suo migliore allievo, il figlio Renato. Sono i mitici anni quando Giovanni Senior il figlio Renato il figlio Renato. Sono i mitici anni ’70’70 quando Giovanni Senior e ile figlio Renato decidono trasferirsi Madonna dell'Asilo avviare propria attività, decidono di di trasferirsi in in viavia Madonna dell'Asilo e die di avviare unauna propria attività, continuando a portare avanti sì “tradizione la “tradizione famiglia”, sempre nuovi continuando a portare avanti sì la di di famiglia”, mama sempre concon nuovi aggiornamenti e con neonate “avanguardie” elettroniche. Attualmente Renato, aggiornamenti e con le le neonate “avanguardie” elettroniche. Attualmente Renato, assieme al figlio Giovanni, rappresenta la quarta generazione dell’azienda, assieme al figlio Giovanni, cheche rappresenta la quarta generazione dell’azienda, concon l’apertura verso i nuovi prodotti elettronici e con coerente offerta di competenza l’apertura verso i nuovi prodotti elettronici e con unauna coerente offerta di competenza e disponibilità, guidano la ditta oltre mezzo secolo. e disponibilità, guidano la ditta cheche vivevive da da oltre mezzo secolo. (Diffidate dalle imitazioni!) (Diffidate dalle imitazioni!) 28 Nella foto in alto a sinistra: il capostipite Renato Atturio nella posa dell’illuminazione pontile a Vasto Nella foto in alto a sinistra: il capostipite Renato Atturio nella posa dell’illuminazione deldel pontile a Vasto Marina (1946). A destra in alto i fratelli Umberto e Giovanni, l’allievo Nardo centro). Marina (1946). A destra in alto i fratelli Umberto e Giovanni, concon l’allievo DiDi Nardo (al (al centro). basso a sinistra Renato Jr. nell’esposizione di Radio basso a destra il secondo salone a Palazzo In In basso a sinistra Renato Jr. nell’esposizione di Radio TV.TV. In In basso a destra il secondo salone a Palazzo d’Avalos (1965). Nella pagina affianco Renato e Giovanni oggi. d’Avalos (1965). Nella pagina affianco Renato e Giovanni oggi. Pagina Facebook Pagina Facebook atturio elettronica atturio luce atturio elettronica && atturio luce 29 Jennàre / Gennaio Li Štaggiùne di Fernando D’Annunzio Mi piace tuttiquènde li Štaggiùne pe’ quélle che di bbèlle té’ ognùne. Mi piacciono tutte le quattro Stagioni per quello che di bello ha ognuna. Primavera Primavére é ‘na bbèlla ggiuvunétte, si fa ‘na vèšte a ffiùre e si li métte. Primavera è una bella giovinetta, si fa una veste a fiori e se la mette. 30 Estate L’Eštàte é ‘na signora surridènde, bionde, nghi ll’ucchie azzurre e risplindènde. L’Estate è una signora sorridente, bionda, con gli occhi azzurri e risplendenti. Autunno L’Autunne arrive e fa li mattità... pètte li frunne e pu’ li fa cascà. L’Autunno arriva e fa delle stranezze, dipinge le foglie e poi le fa cadere. Inverno L’Immèrne porte li cchiù bbille fešte e ttutte bbianghe spésse s’arivèšte. L’Inverno porta le più belle feste, tutto di bianco spesso si riveste. Amici del Lunario Jennàre / Gennaio 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 mercoledì / Cape d’Anne giovedì / Sande Ggrigorie venerdì / Sanda Genuèffe sabato / Sand’Angela domenica / Sanda ‘Mëliene lunedì / la Bbufanèje martedì/ Sande Raimande mercoledì / Sande Severine giovedì / Sande Adriane venerdì / Sande Alde sabato/ Sanda Unurüate Coriandoli Gli Spadaccini del vivaio La Madonna della Neve Un giardino come dovrebbe essere. Questo offrono i Vivai Spadaccini che, oltre a progettare e realizzare lo spazio verde, sanno mettere a dimora la pianta giusta, al posto giusto. L’azienda lavora nel settore del verde da circa 50 anni con passione, professionalità e cura dei dettagli. La ricetta del successo è semplice e risponde a queste caratteristiche: passione, professionalità, coinvolgimento del cliente nelle scelte operative. « Disponiamo delle specie più diffuse e ricercate in grado di soddisfare tutti i gusti – assicurano i titolari – e non sarà necessario attendere anni per vederle nel pieno della fioritura » assicurano i responsabi. Il Vivaio Spadaccini garantisce alla clientela anche piante in vaso e da frutta (coltivate in vaso e quindi di elevata qualità), oltre ai migliori prodotti per la cura e il benessere del giardino. Il tutto, naturalmente, offerto con la consulenza di uno staff altamente qualificato diretto da Fernando, Annamaria ed Augusto. Protettrice degli ortolani, che costituivano la maggioranza degli agricoltori vastesi d’una volta, la Madonna della Neve veniva adorata in una chiesetta rurale eretta sul percorso della Costa Continua, proprio nel mezzo delle coltivazioni ortofrutticole che si estendevano tra l’abitato cittadino e la marina. domenica / Sande Mudešte lunedì / Sande Ilarie martedì / Sande Primïane mercoledì / Sande Maure 33 giovedì / Sande Marcellëine venerdì / Sande Andunie sabato / Sanda Lebbrate domenica / Lu Giubbullé lunedì / Sande Baštiane martedì / Sanda ‘Gnaise mercoledì / Sande Vincenze giovedì / Sande Bernarde venerdì / Sande Frangische sabato / Sand’Arcangele domenica / Sanda Paola lunedì / Sande Vitaliane martedì / San Tumuasse lu filósofe mercoledì / Sande Cuštanze giovedì / Sanda Savene venerdì / Sande Giuvuánne Bbosche ~ Compleanni ~ Grazia Menna 1; Lucia Canci Marino 5; Antonello Longo 7; Giuseppina Serafini 7; Concetta Pontillo 8; Carlo Marino 9; Sara Pomponio 10; Vincenzo Suriani 10; Luigi Sabatini 12; Anna Pia Pace 12; Giovanni D’Ermilio 14; Antonio Finarelli 15; Gabriele Tumini 15; Veronica Menna 16; Felice Iacobucci 17; Giacinto Mariotti 19; Stefano D’Adamo 19; Alessandro Orlando 21; Antonio Barone 25; Michele Tana 26; Nadia Tagliente 27; Giovanni Vinciguerra 28; Graziella Smerilli Ronzitti 28. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Silvio Ciccarone Amici del Lunario Antiche Botteghe Francesco Peluzzo. Sir Francis La Parisienne. Da 50 anni una classe tutta parigina Capita spesso d’incontrarla per strada questa personcina dall’incedere flessuoso ed elegante, dai modi gentili e dall’abbigliamento ricercato, civettuosamente english, e pochi stentano a riconoscere in lui l’omino per anni confinato dietro il banconcino del suo frequentatissimo negozio di tabaccheria in corso Mazzini, all’incrocio con via Ciccarone. Chiusa la lunga parentesi di vita meticolosamente trascorsa tra tabacchi e valori bolllati, profumi ed articoli da regalo, Francesco si gode adesso una meritata nuova gioventù più che il riposo. E a vederlo si capisce che ce la sta mettendo tutta! Maria e Cincinnato Garbati sono arrivati a Vasto dalla Provincia di Teramo nel 1962, ma la loro presenza non è passata sin dall’inizio inosservata. Il negozio aperto in corso De Parma, in un primo momento dalla parte opposta a quella dove si trova adesso, ha portato le griffe più importanti del settore ed è col tempo entrato tra i Top 50 in Italia di Samsonite e Mandarina Duck. Un riconoscimento importante che corona l’apice di un successo raggiunto dai coniugi Garbati e che incoraggia la figlia Donatella, che gestisce ormai l’attività. Maria e Cincinnato Garbati all’interno del loro shows rooms 35 34 ~ Modi di dire ~ Vrettacchjìne pôrce ‘nguducuäte! Sporco maiale! Rafforzato da: “provvisto di cotica”. A ‘štu vrettacchiène! A questo sporcaccione! Pôzz’ avé bbene! Che tu possa ricevere bene! Pôzz’ avà lu bbuéne a trajène! Che tu possa ricevere tanto bene! (carri pieni di bene). Vini del Golfo s.r.l. - Via Difenza (Strada Statale 16 Nord) - 66054 Vasto (CH) - tel. 0873/311066 Polvere di stelle Michele Provicoli. Pittore del ricordo Nicola Santilli, il Maestro Avrebbe compiuto l’anno scorso cent’anni. Per celebrare la vicenda umana ed artistica di questo pittore autodidatta, capomastro muratore che in tarda età volle dedicarsi romanticamente all’arte, il figlio Paolo gli ha dedicato una mostra antologica che ha ottenuto un grande successo di pubblico incantato dalle suggestive vedute, di cui son ricchi i suoi quadri, della Vasto del passato. “ Un passato che Michele Provicoli – ha scritto per l’occasione Giuseppe Francesco Pollutri – ha rievocato e ricostruito lui stesso e per se stesso. Una narrazione storico-affettiva, più che una vera rappresentazione del proprio tempo, coinvolgente per chi di quella realtà evocata e adombrata, con poche o rare coloriture tonali, ha sentito soltanto dire dai propri padri e famigliari”. Se non il maestro, a cui si deve la fondamentale, più che “elementare”, formazione, chi? Icona autentica, perchè immagine sempiterna nella memoria degli scolari, il maestro, cioè l’insegnante delle scuole elementari come lo si è poi banalmente definito, merita di entrare in questa galleria delle persone importanti. Io voglio, ma in onore di tutti i maestri elementari di una volta, ricordare perciò il mio, che si chiamava Nicola Santilli. Uomo mite ma severo quando si trattava dell’osservanza dei principi e delle regole, si era fatto da sé attraverso un percorso formativo che l’aveva portato al conseguimento del diploma e quindi della laurea in materie letterarie partendo da un’iniziale esperienza lavorativa come operaio. Il risultato più significativo però di questa sua faticosa crescita culturale era stato l’acquisizione di un modo di essere e di una sensibilità che lo rendevano più amabile di tanti vanagloriosi intellettuali: come capita a quei preti che arrivano al sacerdozio per vocazione tardiva senza passare per il seminario. Grazie a lui io ed i miei compagni di scuola apprendemmo a leggere ed a scrivere derivandone il gusto per la letteratura, la storia, la geografia ed il latino, che imparammo prima di varcare la scuola media, ma soprattutto i valori che tutto sommato ci portiamo ancora dietro. Imparammo un po’ meno l’aritmetica e la geometria, che sono poi state l’assillo di tutta la mia restante vita da studente, ma questo aspetto me lo rende ancora più simpatico. Ed indimenticabile. Giuseppe Tagliente Un ricordo di don Michele Ronzitti. Così come sarebbe piaciuto a lui. 36 Icone Franco e Mario in giro per Vasto, incontrano Don Michele Ronzitti e dopo averlo salutato, si fermano a scambiare con lui qualche parola. Ad un certo punto l’amico Mario, che non ha mai paura di dire ciò che pensa, rivolto al sacerdote, gli dice: - Do’ Mmicché’, ma dimme na cose, ma ‘n t’hanne ma’ prupošte di fa lu Véschive?- - Coma no! mi l’hanne prupošte cchiù di ‘na vodde, ma jè n’haj’accittàte. - E ppiccà? Pe’ nin cummuâtte nghi li pridde! ( per non aver a che fare con i preti!) Nicola Santilli in una foto giovanile. In basso il maestro è l’ultimo a destra gli sono accanto partendo da sinistra Nicola (Nick) La Palombara, Corinto Carmenini, Ettore Del Lupo, l’ ing. Agresta, Manlio Cordella e Felice Spadaccini. 37 Coriandoli Vastesi che si fanno onore Il Museo del Barbiere Valerio Di Bussolo, il vastese volante Lino Delli Benedetti ha un vero e proprio culto per il mestiere di barbiere, che esercita, si può dire, da bambino. Lo testimonia la cura che ha messo nel raccogliere memorie legate all’esercizio del suo lavoro confluite in un simpatico opuscolo pubblicato in occasione dei 25 anni di attività ed adesso la realizzazione, all’interno della bottega, di un vero e proprio angolo della memoria dedicato all’arte dell’acconciatura e della rasatura. Un piccolo museo, verrebbe da dire, nel quale si possono ritrovare ben ordinati sullo scaffale pettini, forbici, pennelli, rasoi, ampolle ed anche una bella poltrona d’altri tempi. Il Colonnello Valerio Di Bussolo è dal 18 aprile dello scorso anno il nuovo Comandante del Centro di Selezione dell’Aeronautica Militare di Guidonia. Nato a Vasto nel 1964, è stato ammesso all’Accademia Aereonautica di Pozzuoli nel 1983 e dopo la nomina ad ufficiale ha frequentato negli Stati Uniti lo Specialized Undergraduate Navigator Training e il Lead In Fighter Training conseguendo il Brevetto di Navigatore Militare su velivolo Tornado al termine del Corso di Conversione Operativa effettuato a Cottesmore nel Regno Unito. Assegnato al 156° Gruppo Cacciabombardieri del 36° Stormo di Gioia Del Colle, dove ha raggiunto la Combat Readiness nello specifico ruolo del Reparto, ha conseguito la qualifica di Istruttore di Specialita (I.S./ITO) e rivestito altri prestigiosi incarichi di comando sino al conseguimento del grado di colonnello. Oltre a svolgere i corsi di Scuola di Guerra, e titolato ISSMI avendo frequentato il 5° corso dell’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze, ha conseguito la laurea in Scienze Aeronautiche all’universita Federico II di Napoli; in Scienze dell’Educazione all’Università dell’Aquila ed in Scienze Politiche all’Universita di Trieste. Ha totalizzato oltre 1.800 ore di volo principalmente su velivolo Tornado. Nel 2005 e stato nominato Cavaliere dell’Ordine Militare della Repubblica Italiana. 38 ~ Fétte e fettarìlle ~ ~ Fétte e fettarìlle ~ Do’ Rromé’, fusse quešte?! … Di telefoni ce ne’erano davvero pochi, anzi pochissimi, ancora negli anni Cinquanta (del secolo scorso) Do’ Rromé’, il mitico parroco della Chiesa di san Pietro così caro alla memoria dei vastesi, aveva però fatto installare da poco un apparecchio nella canonica. Un giorno, dopo aver detto come al solito messa, mentre sta per riavviarsi verso casa viene colto da un improvviso temporale proprio in mezzo alla strada. Rientra nella canonica per cercare l’ombrello ma non lo trova. segue a pagina seguente Cerca di qua, cerca di là, alla fine gli viene il sospetto di averlo lasciato a casa e telefona alla perpetua, la signora Colomba : - Colò’, vide se lu ‘mbrelle me’ l’haje lassàte aèsse? e Colomba: - Aspitte ca mo véte… Trovato l’ombrello, ritorna tutta trafelata al telefono, afferra la cornetta con una mano e con l’altra alza l’ombrello dicendo: - O Do’ Rromé’, fusse quešte lu ‘mbrelle che vì’ truvànne? ( n.d.r: qualcuno dice che fu allora che a qualcuno venne in mente di inventare il videotelefono) 39 La cavallina I giochi di una volta Era il più semplice di questi gioci “ippici”. Il numero dei giocatori variava a seconda dei presenti, ma bisognava essere almeno in due. I ragazzi saltavano uno alla volta su un compagno nella posizione della cavallina, ovvero gambe ben dritte, schiena piegata, mani puntate sulle ginocchia e capo abbassato per evitare di farsi male. Si saltava a turno puntando le mani sulla schiena del compagno e allargando le gambe. Si poteva andare avanti all’infinito perché “la cavallina” saltava a sua volta sui compagni che s’erano posizionati nella stessa posizione davanti a lui. di Fernando D’Annunzio 40 Mi piacerebbe poter condurre i bambini d’oggi, almeno per un giorno, indietro nel tempo per fargli vedere i giochi innocenti che si facevano quando avevo la loro età e leggere nei loro occhi la curiosità e fors’anche un pizzico d’ilarità. Erano giochi che non richiedevano alcuna dotazione, una corda, delle pietre, dei noccioli di frutta, un bastone. Possedere un vecchio cerchio di ruota da bicicletta e muoverlo aiutandosi con un bastoncino era già un privilegio. Giocattoli da comprare non erano né a portata di mano né di tasca e si sopperiva con la fantasia e con l’ingegno, usando il proprio corpo negli spazi aperti. Forse proprio la carenza di spazi liberi e a portata di mano condiziona oggi la vita dei bambini. Maledette automobili che circolano e sostano ovunque! Prima bastava uscire di casa per trovarsi in luoghi immensi e pieni di altri bambini, aria sana e senza di pericoli. Recuperati dal fondo della memoria, ecco quindi alcuni dei giochi di moda negli anni ’50. I nomi me li ricordo nella lingua d’allora, un po’ d’ italiano e di dialetto: la cavallina; uno monta l’une; la jonda cavalle; lu cavalle di bbonselle. Questi passatempi prevedevano che qualcuno facesse la parte del cavallo o della cavallina, intesi ovviamente nel senso di attrezzo ginnico. Anni 60. Bambini che giocano alla cavallina alla villa comunale. In basso il gioco della Jonda Cavalle Uno monta l’une 40 Si giocava minimo in tre iniziando con la conta ( a li tucche) per decidere chi doveva andare “sotto”, nella posizione della cavallina ed in quale ordine di successione saltare. Il primo a giocare dava quindi “la voce” ( le voci erano solitamente 13 ) suggerendo gesti da ripetere fedelmente a pena di prendere il posto di chi stava sotto. Le “voci” ricorrenti erano le seguenti: Uno: monta l’une Due: monta il bue Tre: figlia del re Quattro: spazzolino comunale di...... che pulisce per terra (il primo sal- 41 tatore aveva la facoltà di elencare un numero indefinito di città e divertirsi a rendere difficile la vita a chi doveva ripetere tutto nello stesso ordine) Cinque: battacùle ( si batteva con il proprio sedere sulla schiena di chi stava sotto) Sei: incrociatore (si doveva ricadere con i piedi incrociati) Sette: soldatino di piombo ( atterrando bisognava rimanere ritti e immobili, anche quando gli altri continuavano a saltare ) Otto: bumburubù” o tamburrèlle (prima di saltare bisognava tamburellare con i pugni sulla schiena di chi stava sotto) Nove: na chègge a lu cule (mentre si era in volo bisognava tirare un calcio a chi era sotto) Dieci: pasta e ceci Undici: vado alla fiera Dodici: ci ritorno Tredici: spagnoletta Difficilmente si arrivava però a tredici perchè gli errori dei partecipanti obbligavano alla rotazione nella posizione di “servente” ) La jonda cavalle 42 A li tucche, si decide chi deve fare la mammine, chi deve cioè porsi spalle al muro, dopo di che una metà dei giocatori si mette davanti a lui con la schiena chinata formando la figura di una cavalcatura. L’altra metà deve saltare su di essa badando a non cadere, a pena di prendere il posto della mammina e dei compagni “di sotto”. Cavalle di bbonselle Meno noto dei precedenti giochi, ma molto divertente. Anche in questa variante uno andava sotto e gli altri saltando dovevano ripetere ad ogni passaggio ciò che diceva chi li aveva preceduti. I passaggi erano 7 in questa successione: 1° Cavalle di bbonselle 2° Mo ch’aripasse ti mette la selle 3° La selle ti l’haje mésse (a questo punto ognuno doveva avere in mano un fazzoletto, a rappresentare la sella, e lasciarlo cadere saltando sulla groppa di chi stava sotto) 4° Cavalle di bbonselle 5° Mo ch’aripasse ti léve la selle 6° La selle ti l’haje luvàte (ognuno, durante il salto, deve riprendersi il fazzoletto) 7° Cavalle di bbonselle ( non si doveva far cadere il fazzoletto o provocare la caduta degli altri già depositati e nel riprenderli non dovevano essere scambiati). Anche in questo gioco a chi sbagliava toccava andar sotto e ricominciare tutto da capo. Ringrazio il carissimo amico Francesco Molino, che mi ha molto aiutato a ricordare le “voci”, le “regole” e i meccanismi di questi giochi. 43 Block notes Igloo. Tanto calore a dispetto del nome. Sfugge il perché di un nome così stridente rispetto al calore che si trova in questo negozio di via Smargiassi. Calore umano, beninteso, fatto di cortesia, belle maniere, disponibilità, unite ad una professionalità che rassicura il cliente. Il bel negozio di Silvia Bontempo e Giuseppe Di Bussolo, sposi e genitori felici, col sorriso sempre sulle labbra, “calza a pennello” per tutti gusti e per tutte le esigenze. Vi sembra poco? 44 Furbàre / Febbraio Vecchi fusti Sport Furbàre / Febbraio 46 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 sabato / Sanda Virdejane domenica / La Canniléure lunedì / Sande Biasce martedì / Sande Gilberte mercoledì / Sand’Àghete giovedì / Sande Cusumëine venerdì / Lu Viat’Angele sabato / Sande Ggelòrme Il sogno della Serie B si è avverato Mimì Scopa l’affabulatore Ripescata nel Campionato di Divisione Nazionale di Serie B, la Bcc Vasto Basket sta disputando la prova lungamente attesa, il sogno intimamente coltivato, il traguardo agognato dai cestisti vastesi, dai tecnici, dai dirigenti e dai tifosi in continuo aumento. Dopo un campionato di C strepitoso giocato sino allo spasimo dei Play Hoff, il giusto riconoscimento arrivato dalla Federazione Italiana Pallacanestro-Settore Agonistico per il campionato 2013/2014 proietta il club biancorosso in una dimensione nazionale nella quale sapranno (incrociamo le dita!) farsi certamente valere. Anni fa fondò il Circolo degli Amici, quasi a voler dire che lui all’amicizia ci crede davvero. Ed in effetti lui, Domenico Scopa, per tutti Mimì e basta, è l’amicone, la persona con la quale ti fermi volentieri a scambiare quattro chiacchiere quando lo incontri, prodigo di consigli, di proverbi, di aneddoti. Questa sua vocazione istintiva all’affabulazione, all’arte di raccontare, affascina e seduce, ancor più da quando un bel barbone dai fili bianchi orna il suo mento conferendogli una autorevolezza che lo rende una figura particolarissima della vita cittadina. domenica / Sanda ‘Pullonie lunedì / Sande Rumüalde martedì / La Madonne de Lurde mercoledì / Sand’ Adolfe giovedì / Sanda Remeggëlde venerdì / Sande Valendëine sabato / Sande Ggiacënde 47 domenica / Sanda Ggiulïana lunedì / Sande Romele martedì / Sande Liaune mercoledì / Sande Curradëine giovedì / Sande ‘Leuterie venerdì / Sande Ermanne sabato / Sande Uttâvie domenica / Sande Làzzere lunedì / Sand’Ida martedì / Sanda Cuštanze mercoledì / Sanda Matëlde giovedì / Sande Habbriéle de la ‘Ddulluruate venerdì / Sande Rumuane ~ Compleanni ~ Sabrina Marrollo 2; Remo Salvatorelli 3; Ylenia Ritucci 4; Antonio D'Ettorre 4; Tindaro Pontillo 8; Daniela La Verghetta 10; Antonella Marrollo 11; Vincenzo Di Lello 11; Amalia Fabrizio 11; Giuliano Delle Donne 15; Claudia Fiore 15; Spina Sputore Paglione 16; Carlo Bucci 16; Nico Tariddi 16; Federico Scampoli 18; Elio Bitritto 20; Alessandro Di Rosso 20; Gabriele D'Ugo 23; Nicola Paglione 25; Antonella Calvano 26, Fernando Spadaccini 28. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Don Salvatore Pepe Amici del Lunario Personaggi Michele Massone, il “massiccio” Giuseppe Di Marco: un uomo di cuore “Massiccio” è un termine in uso tra i militari per indicare una persona decisa, determinata, positiva. Ebbene a Michele Massone, che militare è stato e militare resta nel cuore, questa parola calza a pennello. Nel corso della sua carriera, nella quale ha partecipato anche a missioni all’estero con il contingente Nato su teatri di guerra piuttosto pericolosi, si è costantemente distinto per la serietà della sua condotta e per l’impegno che ha messo nel portare a compimento gli incarichi ricevuti. Smessa la divisa, alterna adesso il suo tempo tra gli impegni familiari, innanzitutto, e la passione per la fotografia che lo ha portato a fissare alcune originalissime vedute della nostra Vasto. Così lungo e prestigioso è il curriculum studiorum e professionale di Giuseppe Di Marco, che riportarlo per intero richiederebbe più di due pagine di questa edizione del Lunario. Non avendole a disposizione, più che sui titoli e sulle tante specializzazioni conseguite nell’arco della lunga ed onorata carriera ed in primis sull’attività di primario della Divisione di Cardiologia dell’Ospedale di Vasto che lui stesso ebbe a fondare, è giusto richiamare invece i suoi tratti di umanità, di disponibilità, di gentilezza, la signorilità che l’hanno reso caro ai suoi pazienti ed apprezzato dai vastesi. In pensione dal 2001, continua ad esercitare attività medica come libero professionista e come docente della Scuola di Specializzazione in Cardiologia presso la Facoltà di Medicina della “Gabriele D’Annunzio” dimostrando di avere ancora vivi la passione e l’interesse nei confronti della scienza medica. Insomma un uomo di cuore, a tutto tondo. 49 48 ~ Fett’e fettarìlle ~ ~ Fett’e fettarìlle ~ …seti minùte?! … Alla festa patronale si aspetta l’arrivo della banda che deve accompagnare la processione. Invano. A processione finita, la banda, ch’ era rimasta bloccata per un guasto al pulman, finalmente arriva e il capo banda, al cospetto dell’inferocito capo comitato esordisce: - Semi minùte!… e l’altro : - Seti minùte?! - S’è rrotte l’autobbus! - S’è rrotte l’autobbuss?! - …e semi fatte ritarde! - Seti fatte ritarde?! segue a pagina seguente - Adéma sunà? - Vuléte sunà?! - N’adéma sunà? - Ni’ vvulète sunà?! - ‘I n’adém’ arijì? - Vi ni vulét’ arijì?! - E ch’ adéma fa!? - Ch’ adéta fa?! - Ma ‘i vu’ dice ch’ adéma fa? - Vi i’à dice ch’ adéta fa?!-… Non sappiamo per quanto tempo ancora i due siano andati avanti, che cosa si siano detti nè se abbiano suonato o…se le siano suonate. Block notes Vasto nello sguardo di Nicola Palizzi L‘amico Stefano D‘Adamo non smette mai di stupirci con le sue invenzioni di cose vastesi. Ultima perla del suo impegno è il ritrovamento di un quadro di Nicola Palizzi, presentato quest‘estate nei locali del Piccolo Circolo Garibaldino. Questo gioiello del 1853 è coevo alla veduta di piazza Pudente con la Chiesa di S. Giuseppe e può essere paragonato, almeno nell’ impianto pittorico, con l‘opera di Giacomo Leone (1860) conservato nella Pinacoteca Comunale. Da tutti i vastesi un grazie a Stefano. Coriandoli Rosalba e Renato, una lunga storia d’amore con Vasto Una lunga storia d’amore è quella che lega Vasto a Rosalba Cazzaniga e Renato Carioni, milanesi dai cognomi milanesissimi. Sbocciato trent’anni fa quando approdarono freschi fidanzatini su queste sponde, il rapporto sentimentale con la città si è consolidato al pari del loro matrimonio e trasformato con l’andar del tempo in affetto profondo, sincero, autentico, duraturo. Rosalba e Renato non hanno saltata una sola stagione da quella prima volta, decidendo alla fine anche di metter casa davanti a quello che considerano, sono parole loro, il più bel golfo del mondo. 51 50 La veduta di Vasto dall’Aragona di Nicola Palizzi. Sulla sinistra del quadro si nota la villa dei baroni Genova, dove oggi insiste il quartiere di Sant’Anna. In basso, piazza Lucio Valerio Pudente, dello stesso pittore, a metà ottocento. ~ Modi di dire ~ Sbrivugnäte! Svergognato! Rott’ a lu cuìle! Rotto in …. ! Mo ti sgrinâje! Ora ti spezzo le reni! Mo ti štocche lu cuôlle! Ora ti stacco il collo! Mo ti štréppe li racchie! Ora ti estirpo le orecchie! Mo ti cave l’ùcchie! Ora ti cavo gli occhi! Ricordi della guerra in casa 1943-44 di Tito Spinelli Storie di scarpe e cappotti 52 Tito Spinelli è autore del Lessico del Dialetto Vastese e di numerosi testi teatrali, romanzi e saggi. Bastava guardarsi in giro: per l’usura le scarpe slabbrate sia davanti sia ai lati, che i ciabattini tentavano di suturare appena finivano nelle pozzanghere rivelavano l’abborracciato rimedio. Cosicchè in quei mesi di durissimo inverno, con la neve che ghiacciava, qualcuno, come chi scrive, ebbe la sorpresa di calzare scarponi di soldati indiani, chissà in che modo pervenuti nelle mani di mio padre. Calzature solide ma troppo grosse per i miei piedi, rinforzati da spessi calzini di lana per poterle governare nel passo, evitando lo stridìo delle mezzelune d’acciaio infisse nelle punte e nei tacchi. Rumore fastidioso che avrebbe subito colpito l’udito di ossuti poliziotti inglesi che senza tanti complimenti sfilavano le scarpe dai piedi, considerandole merce rubata. Più in là comincii a notare strane scarpe dalla tomaia di tela verdognola e con suola o para ricavata dai copertoni dei camion, faticosamente intagliate dai calzolai per durezza d’incontro tra gomma e resina. Una sera di febbraio, mio padre e io arrivammo a una località fuori dell’abitato, situato grosso modo nei pressi dell’attuale Leclerc, dove una cava di pietra fungeva da discarica da parte degli Alleati. Alla luce di una vecchia pila cominciammo a rovistare tra assi, ruote, portiere alla ricerca dei preziosi copertoni mentre tutt’intorno agivano individui interessati ad altro, forse al rame. I figuri, così parevano fra quei cumuli di rifiuti e di ferraglie, si scambiavano richiami a mezza voce; ma poi le parole si fecero più forti, si accese una discussione, volarono insulti dal suono dàuno, lampeggiò un coltello. Non ci restò che filare in mezzo agli ulivi, mentre non mi sarebbe dispiaciuto di assistere a un duello rusticano. Intanto avrei dovuto aspettare parecchi anni prima di calzare quelle scarpe con copertoni e tomaia di tela, attraverso cui la pioggia filtrava come in un colino. Nello stesso tempo, però, dovetti assistere ad un altro fenomeno: al posto di laceri cappotti e di soprabiti sdruciti ecco comparire, quasi alla chetichella, paltò di buona lana e dal blu intenso, In sostanza dei tintori, magari notte tempo, avevano mutato il marrone delle coperte militari nell’austero blu da cerimonia, col contributo dei sarti, rallegrati dopo anni di magra, nel mettere mano a un capo di vestiario lungamente agognato nella cupezza delle botteghe disadorne; perché, simile a una balena spiaggiata, l’Ottava Armata lasciava i suoi lacerati, discretamente sottratti dietro la prontezza dell’utile sopravvivenza, l’assoluta protagonista di quella stagione. I Cristalli di Boemia A causa dell’occupazione dei Tedeschi prima e dell’ingresso degli alleati dopo, l’anno scolastico 1943-44 andò a farsi friggere come i rari pesci avviati al mercato. Per i ragazzi si aprì un festoso randagismo a cui anch’io partecipavo malgrado la riprovazione dei genitori, però genialmente contraddetta. Di qui aggruppamenti per bande, invasioni di frutteti, birbonate sottolineate dalle minacce degli offesi. La trasgressione, per l’inopinata libertà acquisita rispetto all’impegno scolastico, aveva acuito, se non attizzato, taluni percorsi di sopravvivenza: una scatoletta di carne furbescamente involata o torsoli di verza addentati di soppiatto per i quali gli ortolani rivieraschi, non disdegnavano di inseguirci fra i sentieri della costa. Un mio amico, più o meno della mia età, aveva annusato la possibilità di rimediare qualche soldo col procurarsi bottiglie vuote alle quali dare misterioso epilogo. Insieme dragavamo discariche e accampamenti con sacchi sulle spalle alla ricerca delle dismesse bottiglie di birra “alla canadese”, fra il motteggio dei ragazzi più grandi che ritenevano del tutto insensata la nostra ricerca. In realtà il materiale raccattato serviva a “fabbricare” bicchieri mediante una tecnica che per noi appariva sorprendente. Infatti le bottiglie venivano portate a un amico più grandicello, ma già sperimentato fabbro ferraio, che le trattava attivando un procedimento semplice e geniale: riempiva la bottiglia con olio minerale all’altezza stabilita, faceva arroventare nella forgia un tondino di ferro che subito introdu- Le foto relative al periodo bellico 1943/44 sono tratte dal volume di Giuseppe Tagliente Il lungo inverno del ‘43, Vasto la guerra in casa, Q edizioni 2013 53 ceva nel collo della bottiglia stessa fino a raggiungere il liquido. A contatto del tondino l’olio friggeva e tranciava di netto ed orizzontalmente il vetro. Operazione delicata nell’evitare di portare troppo in profondità il tondino e rischiare di lesionare le pareti del recipiente. Ovviamente, dopo il distacco, gli orli della parte inferiore si presentava affilati come rasoi. Ci pensavano in seguito pazienti massaie e molarli con piccole lime o con pietra pomice, senza sbreccarli. Di sera, all’incerto luminìo delle lucerne a stoppino (l’energia elettrica non era ancora stata ripristinata o giungeva a balzelloni) quei rimediati bicchieri sparsi sul tavolo parevano contenitori di cerogeni piuttosto che di acqua o di vino, ma in ogni caso attenuavano la penuria di quelli veri. E ai miei occhi, già dirottati al sonno, testimoniavano, secondo quanto sentenziato dagli adulti, i trascorsi fasti d’anteguerra, certi balli allietati dal tintinnio di splendidi e affusolati bicchieri, detti di Boemia; almeno così favoleggiavano. 54 Marze / Marzo Amici del Lunario Icone Marze / Marzo 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 sabato / Sande Albëine domenica / Sande Ruggïre lunedì / Sanda Camëlle martedì / Carnëvale mercoledì / Li Ciánnere giovedì / Sanda Rose venerdì / Sanda Filëciatte sabato / Sande Ggiuuánne de Ddë domenica / Sande Ggrigòrie Giovanni Peluzzo Marco Corvino e la sua “mission” Letterato ed artista che le necessità della vita hanno indirizzato verso la carriera tecnica. Frequenta a Roma il Ginnasio e quindi a Napoli il Liceo Scientifico per poi iscriversi, alla facoltà di Ingegneria Civile dell’Università di Roma. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si arruola come volontario universitario nei reparti meccanizzati. L’incarico al Ministero dei Trasporti nell’immediato dopoguerra precede l’assunzione come Procuratore dell’Ufficio del Registro. Tra i fondatori dell’Associazione della Stampa vastese (1950), del “Premio di pittura Vasto” (1959) e del Comitato d’Arte e Cultura (1960), con le sue pubblicazioni storico-letterarie, emerge come uno dei protagonisti nel panorama culturale vastese del ventennio 1950-70. Marco Corvino, presidente del Consorzio dei negozianti del centro storico cittadino, non sta mai fermo. Lo vedi muoversi da un capo dall’altro di piazza Rossetti, quasi sempre con il telefonino attaccato all’orecchio, sempre indaffarato, ormai votato a quella ch’è diventata la sua mission (impossible?): la ripresa delle attività commerciali nel vecchio centro cittadino. Senza lasciare nulla d’intentato, dagli strali all’indirizzo delle autorità cittadine alle tante intelligenti iniziative di richiamo in occasione della stagione estiva e delle festività più importanti. Tanti sforzi meriterebbero d’essere coronati dal successo: per la soddisfazione di Marco e dei suoi colleghi, ma nell’interesse della Città soprattutto. lunedì / Sande Simblèce martedì / Sande Cuštandëine mercoledì / Sande Giuvuànne Uriaune giovedì / Sanda Patrëzie venerdì / Sanda Matëlde sabato / Sanda Lujëise 57 domenica / Sande Ggiulïàne lunedì / Sanda Gertrude martedì / Sande Salvataure mercoledì / San Giusueppe giovedì / Sanda Sandre venerdì / Sande Ermanne sabato / Sande Uttävie domenica / Sande Benedàtte lunedì / Sande Habbriele martedì / La ‘Nnungiaziàne mercoledì / Sande ‘Manuele giovedì / Sande ‘Libberte venerdì / sande Sište sabato / Sande Secundëine domenica / Sanda Giuvuanna lunedì / Sande Beniaméine ~ Compleanni ~ Roberto Baiocco 3; Elisabetta Vinciguerra 5; Sara Mancini 7; Maria Pia Manzitti Di Rosso 8; Giulio Paglione 9; Nunzia Salvatorelli 12; Angelo Paladino 13; Manuela Celenza 14; Davide Delle Donne 14; Mario Baiocco 15; Carlo Di Giambattista 16; Mirco Ferretti 16; Dario Marrollo 19; Valeria Mancini 25; Luigi D'Ettorre 26; Marino Artese 30; Aurora Naglieri 31; Beniamino Fiore 31. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Beppe Spinola Antiche botteghe Zi’ Albina, la bandiera gastronomica della città “Un brodetto vastese non è soltanto un felice evento gastonomico: è un mosaico di sensazioni diverse, una composizione nella quale le tessere si incastrano con una logica poetica a formare un’autentica opera d’arte”. Con queste parole Fernando De Ritis, docente alla Federico II di Napoli e noto in tutto il mondo per le ricerche sull’epatite virale, definì il principe dei piatti della cucina locale dopo averlo gustato da Zi’ Albina, il mitico ristorante che del brodetto ha fatto il suo vanto e la bandiera della gastronomia vastese. All’inizio trattoria senza pretese avviata da una zia Albina di cui resta ignoto il cognome, il locale deve la sua fortuna alle buone arti della famiglia Della Guardia: a Maria Della Guardia, al nipote Michele ed alla moglie di questi Anna Galante. A quest’ultima, che ha condotto il ristorante prima di trasferirlo ai figli come una vestale dell’inconfondibile brodetto alla vastese, va il merito di averlo trasformato nel tempio culinario che tutti conoscono ed apprezzano. 58 A destra la signora Anna Galante prepara l’inconfondibile, famoso brodetto di Zi’ Albina. In basso il marito Michele Della Guardia Nella pagina accanto, in alto, l’ultima generazione dei Della Guardia nella cucina del ristorante. In basso, cerchiata nella foto d’epoca la Zi’ Albina da cui ha preso il nome il locale 59 Polvere di stelle 60 Nicola Notaro, un sindaco lungimirante Luigi Sabatini. Preside non dirigente scolastico Gli dissi una volta, non molto tempo fa: “Se decidi di tornare in campo come sindaco, sarei onorato di starti al fianco come vice”. L’affermazione non era di circostanza, ma corrispondeva a ciò che ho sempre pensato di Nicola Notaro e al livello di considerazione che ho nutrito nei suoi riguardi sin da quando ho avuto modo di conoscerlo. A lui ho sempre riconosciuto infatti, nonostante la diversità delle posizioni e delle asprezze della quotidianità politica che ci hanno visti contrapposti, uno spessore ed una lucidità che raramente mi è capitato di riscontrare. Si è detto e scritto della Vastesità di Notaro, e cioè del sentimento che ha animato la sua azione, ma l’espressione non gli rende pienamente giustizia, in quanto ne coglie un aspetto ch’è stato forse comune anche ad altri, prima e dopo di lui, e che comunque dovrebbe appartenere ad ogni amministratore. In Notaro c’era invece anche la Visione della Città, la consapevolezza del suo destino legato ad un progetto di sviluppo e di crescita, ad uno studio delle dinamiche economiche e sociali, ad obiettivi precisi di ricaduta sul territorio. Valga su ogni altro esempio, il Piano intercomunale Vasto-San Salvo, definito Piano Kurokawa dal nome dell’architetto giapponese, che individuò agli inizi degli anni Settanta un’ipotesi, alla quale mi ispirai per il mio piano regolatore, di conurbazione delle città consorelle, di pianificazione comune, di fondazione di una grande città dell’Abruzzo meridionale, a cui affidare il ruolo di riequilibrare assetti regionali troppo sbilanciati sull’area Pescara-Chieti. Da questo punto di vista Notaro è stato certamente il migliore, più emblematico interprete locale della stagione politica seguita a quella del notabilitato democristiano del secondo dopoguerra, e di lui si possono condividere o meno le intuizioni e le realizzazioni senza sconoscerne però, se non a prezzo di una sterile banalizzazione delle vicende storiche, lo sforzo di lungimiranza e la capacità progettuale e di direzione. Con lui se ne va un modello di impegno politico al quale dovrebbero guardare gli sconsolati, i delusi, gli arrabbiati per trovare risposte al desiderio di buona politica; per capire che non è nella negazione della politica la risposta ma nella sua esaltazione, nel recuperare ad essa il tormento di dover trovare risposte, di fare analisi, di studiare, di affrontare i problemi cercandone le soluzioni possibili e non i rinvii. Con lui se ne va un vastese autentico, ma anche un imprenditore, un buon padre di famiglia, un uomo di principi e di fede, un amico che non mi fu avaro di consigli, suggerimenti e rimproveri quando ebbi l’onore di cingere dopo di lui la fascia tricolore. Giuseppe Tagliente Naturalmente schivo, discreto, gentilissimo con tutti e soprattutto con coloro con cui aveva un rapporto quotidiano, i docenti, gli studenti ed i loro genitori, il preside Luigi Sabatini ha lasciato un vuoto in questa società cittadina e nel mondo della scuola in particolare. Preside, s’è detto, e non dirigente come si dice adesso, perché Sabatini faceva parte di quella generazione di capi d’istituto venuta dalle cattedre, passata attraverso l’insegnamento e che della scuola portava dentro l’anima, il carattere, la sostanza, l’odore. E che, sia detto non per inciso, alla scuola portava tanta cultura. Francescopaolo Laccetti. “Era avanti!” Genio e sregolatezza vanno spesso, come si sa, a braccetto e di esempi se ne contano a migliaia. Si parva licet, se fosse cioè possibile comparare ai nomi dei grandi ingegni quelli della piccola società cittadina, non si può fare a meno di dare un cenno sulla figura di Francescopaolo Laccetti che fu un imprenditore geniale e di larghe vedute e al quale si devono alcune iniziative che seppero trarre, nella prima metà degli anni Settanta, la città dal suo torpore provinciale ed avvicinarla alle mode, ai gusti, alle nuove tendenze arrivate in quegli anni dall’estero. A lui si deve l’apertura del Paradise, che fu la prima discoteca cittadina e punto d’incontro di due generazioni di giovani che lì si avvicinarono ai nuovi ritmi del rock e della disco music; la realizzazione del grandioso Cinema Teatro Globo; dell’innovativo Bar Garibaldi e l’introduzione di nuove architetture nel periodo in cui si cimentò come imprenditore edile. Vasto gli deve qualcosa. ~ Fétte e fettarìlle ~ Li pilùse e il teatrino … Di granchi pelosi ce n’erano una volta tanti. Erano tanti anche i “pelosari”, le persone che li pescavano tra gli scogli nghi li circhiùle, cerchietti di ferro con una rete a mo’ di coppa, al centro della quale si legava un’esca. Uno di questi “pelosari”: -‘Na vodde mi truvàve sopr’ a nu scoje a salipà li circhiule, ma ecche ca s’abbicìne ‘na bbagnànde, ‘na bbella signurìna frištìre, prupie mendre jè štev’ a ritirà nu circhiole nghi ddu’ pilìse, une ‘ndricciàte a la ràite e l’âddre che si štev’ a ‘rrambicà a ‘na zucarelle; la signurìne, tutti šchifàte, mi fa: - scusi buon uomo, cosa ci fate con quelle bestie? - Putéve ma’ dice ca ‘i li magnàme ? E allore j’haj ditte: …ci facciamo il teatrino! 61 Amore e Morte. L’assassinio di Maria d’Avalos e dell’amante Fabrizio Carafa Piangete, o Grazie, e voi piangete, o Amori, Feri trofei di morte, e fere spoglie Di bella coppia, cui n’ invidia e toglie, E negre pompe e tenebrosi orrori. Piangete, o Ninfe, e ‘n lei versate i fiori, Pinti d’antichi lai l’umide foglie; E tutte voi, che le pietose doglie Stillate a prova, e i lacrimosi odori. Piangete, Erato, e Clio, l’orribil caso; E sparga in flebil suono amaro pianto, In vece d’acque dolci, omai Parnaso. Piangi, Napoli mesta, in bruno manto, Di beltà, di virtù l’oscuro caso; E ‘n lutto l’armonia rivolga il canto. 62 Alme leggiadre a maraviglia, e belle, Che soffriste morendo aspro martiro, Se morte, amor, fortuna, il Ciel v’uniro, Nulla più vi divide, e più vi svelle; Ma, quai raggi congiunti, o pur facelle D’immortale splendor nel terzo giro, Già fiammeggiate; e del gentil desiro Son più lucenti le serene stelle. Anzi è di vostra colpa il Cielo adorno, (Se pur è colpa in duo cortesi amanti ) Fatto più bello all’amoroso scorno. Chi biasma il vostro error ne’ tristi pianti, Incolpi il Sol, che ne condusse il giorno, Ch’in tal guisa fallir le stelle erranti. Classica storia d’Amore e Morte che ha commosso schiere di cantastorie e di poeti, a cominciare proprio da Torquato Tasso cui si devono i versi intitolati “In morte di due nobilissimi amanti”, la vicenda dell’assassinio di Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa ad opera di Gesualdo da Venosa vede come protagonisti due giovani amanti ed un marito tradito. Tutti e tre appartengono alle più nobili famiglie del Regno di Napoli. Lei, donna di una straordinaria bellezza con due vedovanze alle spalle, è della stirpe dei feudatari di Vasto e Pescara; lui, di bell’aspetto, è di quella dei Carafa; il terzo, principe di Venosa e nipote di San Carlo Borromeo, conosciuto anche come uomo coltissimo e compositore di melodie che gli valgono ancor oggi la fama d’essere uno dei principali innovatori del linguaggio musicale moderno. Come nelle più scontate trame d’Eros e Thanatos, il marito tradito, accecato dalla gelosia e dall’orgoglio, ricorre alla vendetta, che in questo caso è atroce, inumana, incivile, inimmaginabile in un uomo tanto sensibile al richiamo delle arti. Il crimine avviene a Napoli nella notte tra il martedì 16 e mercoledì 17 ottobre del 1590 ed ha come teatro il palazzo dei Gesualdo, poi divenuto Palazzo San Severo, a due passi dalla chiesa di San Domenico Maggiore dove quattro anni prima Gesualdo aveva impalmato Maria. Colti in flagrante adulterio nel letto coniugale , ai “nobilissimi amanti” , non resta che avvinghiarsi nell’ultimo abbraccio mentre una schiera di sicari, armati dal marito tradito, li massacra a colpi di pugnale, spada ed arma da fuoco. Non pago della loro morte, Gesualdo ordina l’esposizione dei due corpi ignudi sulla scalinata del palazzo, abbandonati allo scherno ed alla profanazione alla quale, secondo una diceria che non trova riscontro, ricorre un monaco gobbo e di brutt’aspetto, che approfitta del corpo esangue della giovane. Ritiratosi nel suo feudo in provincia di Avellino per sfuggire alla vendetta dei d’Avalos e dei Carafa, Gesualdo passa lì tutto il resto della vita dando prova di contrizione e pentimento comprovati dal tormento che si percepisce dai suoi madrigali e da una pala d’altare attribuita a Giovanni Balducci, custodita nella chiesa di Santa Maria delle Grazie nel comune di Gesualdo, che ritrae il principe in ginocchio e in atteggiamento di preghiera accanto allo zio cardinale San Carlo Borromeo. Di Maria d’Avalos non si sa dove sia stato sepolto il cadavere. Da qui la credenza che il suo fantasma continui ogni notte a vagare disperato in piazza San Domenico. Carlo Gesualdo, del quale si è celebrato l’anno scorso il quarto centenario della morte, ha ispirato numerosi artisti moderni e contemporanei. Igor Stravinsky, ammiratore di Gesualdo, arrangiò il madrigale Beltà, poi che t’assenti per lo spettacolo Monumentum pro Gesualdo (1960) del New York City Ballet; Alfred Schnittke e Brett Dean scrissero rispettivamente Gesualdo (1993) e Carlo (1997) in onore del compositore venosino. Altre opere a lui dedicate sono Tenebrae Super Gesualdo (1972) di Peter Maxwell Davies, Maria di Venosa di Francesco d’Avalos (1992) Gesualdo (1998) di Franz Hummel, Tenebre (1997) e The Prince of Venosa (1998) di Scott Glasgow, Gesualdo (2010) di Marc-André Dalbavie e Richard Millet. Peter Eötvös, che considera Gesualdo colui che influenzò i suoi madrigali diede pubblica lettura del testo di un suo madrigale, dopo aver ricevuto il Leone d’oro alla carriera il 24 settembre 2011. Franco Battiato ha dedicato al compositore il brano Gesualdo da Venosa, contenuto nell’album L’ombrello e la macchina da cucire (1995). Nel 1995, il regista Werner Herzog ha diretto un documentario incentrato sulla sua vita, Tod für fünf Stimmen (Morte per cinque voci), con la partecipazione di Milva. La pellicola è stata trasmessa sulla rete tedesca ZDF. Nel 2009 il regista Luigi Di Gianni gli ha dedicato un film dal sapore documentaristico, Carlo Gesualdo. Appunti per un film, girato nei luoghi in cui il principe visse e con la testimonianza del compositore e direttore d’orchestra Francesco d’Avalos, che di Maria è l’ultimo discendente 63 Coriandoli Abbrëile / Aprile “La Štorie” di Carnavale di Fernando D’annunzio La tradizione carnascialesca de “La Storie” è stata ripresa per merito del Gruppo dei cantori del Circolo Socio-Culturale “S. Antonio Abate” e Parrocchia “Santa Maria del Sabato Santo” e grazie a Fernando D’Annunzio ‘Šta Štorie jé nu ccone ‘ccizziunàle, fištegge a’huànne vinde Carnivàle. D’Annunzie, che di nome fa Fernande, ‘šta bbella usanze port’angòr’ avande. Chi li cande e chi li sone fa durà ‘šta tradizione ch’avé nate andicamènde pe’ fa divirtì la ggènde. Lu Carnivàle jé divirtimènde ma è poche l’allegrì’ a ‘štu mumènde. 64 Ch’ avéssa fa caccose n’ zi ni ‘mporte da mett’ a ppušte quelle che va torte. Che ce pozza pinzà Ésse, Patre, Fijje e Spirde Sande, a rrapì la mende e ll’ucchie a li nuštre guvurnande. S’è jut’a rivutà nghi “lu purcèlle”, j’aritruvuàme a cocce capabballe. Ci šta li “cinghe štelle” soccia socce, però te’ troppe “Grille” pe’ la cocce. N’à vulùte guvurnà ‘ca nghi ll’èddre n’gi vo’ šta. E mo, nghi li “larghe ‘ndése”, a nu file štém’ appese. Lu Uašte... ma che ne parlàm ‘a ffa’... Rrobba ‘mpurtande prupie n’ gi ni šta. La scus’ è sempre quelle, ogne vvodde: “n’ zi fa nijènde ‘ca n’ gi šta li sodde”. Lu sutuàcce nin zi move, sempr’appese a cchilu chiove. E di nuvutà si sende sole chiècchier’ a lu huènde. Coriandoli Sport Abbrëile / Aprile 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 martedì / Sand’Ughe mercoledì / Sande Frangische de Pavele giovedì / Sande Rëccarde venerdì / Sand’Isidéure sabato / Sande Ggiuliäne domenica / Sande Gerande lunedì / Sanda Virginie Roberto Ialacci, tempo e “tempi”. Modesto, discreto nei modi e nel parlare, Roberto Ialacci non è di quelli che hanno l’abitudine di mettersi in mostra. Eppure ne avrebbe da dire! Ama lo sport come pochi e ad esso dedica la maggior parte del tempo libero e soprattutto le domeniche, che ama trascorrere con gli amici Tapascioni, l’allegra brigata vastese che pratica la corsa a scopo amatoriale e non competitivo. Nella Roma-Ostia del 3 marzo 2013 è risultato primo classificato di categoria con tempi di assoluto rispetto per i suoi …anta. Ma lui non se ne vanta. Lu tëmbre So minìute a ttëmbrà, a sgranà’ l’ucchie a ffà mmangà l’arie a li pîlmìune a ssindà lu ddàure, a fa hudà lu rispuàre Ggisù Crë’, sta vodde aècch’a ssàtte ssi s’aggerète martedì / Sanda Silvëne sènde lu rumuàre di lu paradàise l’anèma cche s’alllundàne e li rëcce de chèrne d’etternetà. Antonio Muratore mercoledì / Sande Liborie giovedì / Sand Pumbè venerdì / Sacra Speine sabato / Sande Ggilie Lu tëmbre, il timbro, sta per il luogo d’arrivo della vasca, cioè della passeggiata serale che l’autore suole fare ogni giorno. Qual è questo terminal? Ma naturalmente la terrazza naturale di via Adriatica che s’affaccia sul golfo lunato di Vasto. domenica /Le Palme lunedì / Sande Masseme martedì / Sande Ggesarije 67 mercoledì / Mercluddé Sande giovedì / Giuvuddé Sande venerdì / Vennardé Sande sabato / Sabbete Sande domenica / La Pasche lunedì / Lu Pasquàne martedì / Sande Leonide mercoledì / Sande Ggiorge giovedì / Sande Fedele venerdì / Sande Marche sabato / Sande Marcelleine domenica / Madonne de la ‘ngurnuate lunedì / Sande Vitale martedì / Sanda Catarëine mercoledì / Sande Mîzie ~ Compleanni ~ Massimo Giannone 2; Anna Baiocco 3; Nicola Del Borrello (Piemonte) 3; Paola Buda 3; Maria Antonietta Gatto 5; Giorgio Maggio 8; Angela Desiderio 8; Teresa Spallini 9; Grazietta Costantino 11; Donatella Longo 12; Angelo Di Sciascio 13; Lavinia Cimini 13; Alida Paladino 16; Angelica Saturnetti 17; Gaetano Balzano 23; Francesco Amorosi 23; Elisabetta Zaccaria 26; Lidamaria di Sanza 29; Francesco Falcucci 29; Ada Di Lello 29; Elisabetta Sigismondi 30. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Glaudio Crisci “il corsaro” Coriandoli La famiglia D’Annunzio: su 10 figli 7 emigranti La fitograf ìje 68 La famiglia di Luigi D’Annunzio (La Muschilélle) al completo, nel 1950. La foto scattata in occasione del 25° di matrimonio di Luigi D’Annunzio e Maria Giuseppina Spadaccini, attorniati da dieci figli, oggi ancora tutti viventi, ringraziando Dio, è l’unica dove la famiglia è al completo. Nel gennaio1952 il primogenito Nicola, classe 1929, partiva per l’Australia ed apriva la strada dell’emigrazione ad altri sei membri della famiglia, due fratelli e quattro sorelle, in totale sette su dieci: Nicola, Antonietta, Elisa, Maria, Domenico, Gabriele e Michelina, attualmente tutti residenti a Perth (W. Australia), tutti “cresciuti e moltiplicati” (portare il conto dei loro figli nipoti e pronipoti si fa sempre più difficile). I restanti tre componenti: Anna, Fernando e Lucia, sono rimasti in Italia. Ogne vodde ch’arrépe ‘štu tratòre sente furte ‘na štrette a chištu core. Ci štéme tutte a ‘šta fitograf ìje, ci šta mamm’e papà nghi déci f ìje. Šta’: Niculìne, ‘Jette, ècchili, vì’! ‘Lise, Marì’, chišt’addre è Mimì. Gabbrijèle è cuštù che šta ‘ssittàte, Annìne e Micchilìne …a ‘št’addre late. Cuštù ‘n goll’a papà, li se’? so’ ji’. Affianche, ‘n goll’a mmamme, šta Lucì’. Chištu ritratte fatte a lu ‘cinguande, è l’ùniche a ndo’ šteme tuttiquande. Doppe di ‘llore, nghi l’emigrazione, di šta’ ‘nzimbre n’ c’è štate cchiù ‘ccasione. Mamme! Papà! soltande annummunanne’ mi ve’ da piagne e mi si chiude ‘n ganne. Mo che n’ ci štete cchiù, di cchiù s’apprezze quelle che seti fatte e a quale prezze. La fotografia Papà! quanta jurnàte abball’all’orte? arisajjìve a notte, štracch’ a mmorte. Tu, quanta ni si’ fatte di fatìje pe’ n’ fa’ mangà nijende a cchišti fije? Mamme! tu che la sere arimanìve pe’ piagne, quande tutte già durmìve. Nghi déci f ìje, ma’, coma si fatte a ppinzà a ttuttiquande e n’ascì matte? Quanta vodde lu core v’à zumbàte!? Quanta dulore vu’ sete pruvàte!? - Mamme, papà, vi lasse…’ ja partì’ ‘ch’ aécche nin zi trove la fatì’.- Madonna me’! pozza jì’ tutte bbone; Fernà’, ‘nduvà, argiùštime ‘šta cròne!L’amore a la famìje e l’oneštà, quešte è štate pi’ nu’ l’eredità. Lu bbon’esempie e lu timore di Ddì’, quešte nu’ sem’avute da spartì’. Mamma Giuseppina annotava in uno di quei quadernini con la copertina nera, ancora conservato da Fernando, tutte le date, di nascita,di matrimoni, di partenza e quant’altro riguardava tutti i figli... Ogni volta che apro questo tiretto sento forte una stretta al cuore. ci siamo tutti in questa foto, ci sono mamma e papà con dieci figli. C’è Nicola, Antonietta, eccoli! vedi? Elisa, Maria, quest’altro è Domenico. Gabriele è questo seduto, Anna e Michelina sono da quest’altro lato. Questo in braccio a papà, lo sai? sono io. Affianco, in braccio a mamma, c’è Lucia. Questa fotografia fatta nel 1950, è l’unica dove ci siamo tutti. Dopo di allora, con l’emigrazione, di stare insieme non c’è stata più occasione. Mamma! Papà! solo nominandovi mi viene da piangere e mi si chiude la gola. Ora che non ci siete più di più si apprezza tutto ciò che avete fatto e a quale prezzo. Papà! quante giornate giù nell’orto? tornavi ch’èra notte, stanco morto. Ma quanto lavoro hai fatto per non far mancare il necessario ai figli? Mamma! tu che la sera rimanevi per piangere, quando tutti già dormivano. Con dieci figli, mamma, come hai fatto ad accudire tutti senza diventare matta? Quante volte vi è saltato il cuore! Quanto dolore avete provato! “Mamma... Papà..., vi lascio... devo partire, perché qui non trovo lavoro:” “Madonna mia! fa che vada tutto bene... Fernando, ti prego, riparami questa corona!” (del rosario) L’amore per la famiglia e l’onestà, questa è stata per noi l’eredità. Il buon esempio e il “timore” di Dio, questo noi abbiamo avuto da spartire. 69 Vecchi fusti M’aricorde Michele La Verghetta, il mister Vigor ... oso Nu quart’e ‘na gazzàuse a Cicche Pallàtte Ha smesso i panni del mister, ma resta sempre alla guida della Pgs Vigor Don Bosco. Per lui il calcio è vita, ossigeno di cui non può fare a meno, passione autentica. Lo testimoniano i quarant’anni spesi nell’insegnamento di questa pratica sportiva mediante la gestione di una splendida scuola calcio e nella particolare attenzione riservata a trasferire i valori dello sport alle giovani leve calcistiche. Vai avanti, Michelino, il posto in panchina può aspettare. Quando i bar non c’erano ancora nell’accezione moderna, c’era la cantina. Quando c’erano le cantine un nome bastava, come una sineddoche, ad indicarle tutte: la cantina di Cicche Pallàtte. Ritrovo a metà tra rivendita di vino, trattoria, panineria, stuzzicheria, luogo di sosta per chi doveva aspettare la pustàle per l’alto vastese o per la stazione ferroviaria, o di ritrovo dopolavoristico pe ffarse ‘nu quart’e ‘na cazzàuse nghi ddu piscitìlle frëtte o nu pelàuse, la cantina di Cicche Pallàtte, al secolo Michele Florio, ubicata a Palazzo Palmieri in piazza Rossetti, resta nell’immaginario collettivo di almeno tre o quattro generazioni di vastesi un luogo mitico, proverbiale. Dal fondo della memoria riaffora anche la figura del fratello Paolo Florio, che aveva la sua cantina nello stesso Palazzo Palmieri ma sul lato di piazza Diomede. Fotografati dinanzi a la candine, Cicche Pallàtte (sulla destra) e il genero Lelio Di Blasio 71 70 ~ Fétte e fettarìlle ~ La differenza tra…”Cacche òve” … e “Cacch’ e òve” Zia Maria a zio Domenico Spadaccini: - Dumuì’, che tti vù’ magnà massére? Ti ja coce cacche òve? (Domenico cosa vuoi mangiare questa sera? Devo cucinarti qualche (cacche) uovo?) Zio Domenico: - nòne Marì’, a mmé cùcimi sole l’òve! – (No, Maria, cuocimi l’uovo soltanto !) Assovasto vent’anni, al servizio delle imprese Le venticinque imprese associate al momento della fondazione, avvenuta nel 1990, rappresentano ormai lo zoccolo duro di Assovasto, che può vantare oggi l’adesione di oltre 130 aziende del Vastese. Attraverso la presidenza di Remo Salvatorelli prima, di Giuseppe Argirò poi e di Gabriele Tumini oggi, Assovasto è divenuta a pieno titolo l’organizzazione che rappresenta e tutela le imprese del Territorio. Vastesi che si fanno onore 72 Personaggi Lara Celenza, photographer Lillino Baccelli. Ironia e…sigaretta La tempra e l’inquietudine dell’artista non le difettano. Film director e fotografa creativa si è specializzata, dopo la laurea a Bologna, frequentando corsi in Italia ed all’estero. Ha fondato nel 2010 con alcuni amici una società di produzione indipendente, la Kalifilm Productions, che ha all’attivo video musicali e pubblicitari e alcuni cortometraggi sperimentali. Da qualche tempo vive in Germania per motivi di lavoro. Le sue fotografie sono affascinanti divagazioni sulle ali del sogno, fantasticherie, amusements che catturano e stupiscono. Michele, per tutti Lillino, Baccelli non ha bisogno di presentazioni. A Vasto, come nel resto della Regione, lo conoscono per il suo passato di imprenditore lungimirante e coraggioso e per la capacità dimostrata nel creare dal nulla aziende fortemente innovative e moderne. Pochi sanno però che dietro quell’apparenza di industriale e sotto quella scorza di ruvidità di cui intenzionalmente s’ammanta, nascosto dalla cortina di fumo dell’inseparabile sigaretta, s’individua un uomo simpatico, un conversatore vivace, spesso caustico, che riesce a fare dell’ironia anche su se stesso. Come tutte le persone intelligenti. In alto, una bella immagine di Lara e accanto uno dei suoi lavori intitolato Butterfly 73 ~ Modi di dire ~ A pitrélle a pitràlle s’é fatte Rame. (Pietra su pietra è stata edificata Roma) Sparte palâzze arimane candàune. (Spesso a chi divide rimane la parte peggiore) Ma un altro proverbio recita al contrario: Chi spârte à la méja pârte (A chi divide tocca la miglior parte) “Tre cheuse fanne li uastaruli: la ricchitelle, na magnatelle e ffà ciuffulè la celle. La hallèine fète l’euve e a lu hàlle fa mmale lu cuile ‘N z’apparènde si ìn z’attalende La fatiche del lu carlucchiàre ssi li magne lu sciampagnàne Maje / Maggio Pe’ spèrne... Cand’ arrèive Mârze e Abbrèle, a la fine de la mmèrne, pe’ li frâtte e li nnicchiäre s’accumènz’ a jjì pe’ spèrne... 74 Abbigliamento consono, resistente all’azione dei cespugli spinosi, occhio vigile e allenato, armati di canna o bastone per rovistare intorno alla pianta degli asparagi selvatici (pe’ sbusciché ‘mmèzz’ a li rôcchie), ci si avvia nella zona prestabilita. Ognuno frequenta di solito gli stessi posti (ognune te’ li pušta su’) e di cui non parla mani a nessuno. I cercatori di asparagi si spingono sino a zone lontanissime, ma la maggior parte, si accontenta di luoghi meno distanti. I preferiti sono quelli rivieraschi, da “Mottagrossa” verso sud, lungo la scarpata dell’ ex tracciato ferroviario, ma anche i terreni incolti (terre a nnicchiäre), specialmente gli ex uliveti. In tarda primavera ideali sono invece i boschetti disseminati nel “Medio Vastese”. Arrivato il caldo, se ci sono piogge, gli asparagi continuano per un po’ a germogliare, ma la vegetazione più rigogliosa rende difficile la ricerca e molti si arrendono anche per il rischio di imbattersi (cacche sèrpe o cacche râcheme) in serpenti o ramarri. Pe’ spèrne...è il passatempo che permette di vivere a contatto con la natura, dà la soddisfazione, tornando a casa, di preparare dei gustosissimi piatti a base di asparagi: la squisita frittata (la frittàte nghi li spèrne); il sugo di asparagi al pomodoro per condire la pasta; la carbonara di asparagi; l’ottimo risotto e tanti altri piatti ancora... P.S. M’ariccummuânne... mo’ n vvi mittéte tutt’ a jì pe’ sperne... cà già ci ne štattéme naquìlle! Artisti contemporanei Block notes Maje / Maggio 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 giovedì / Sande Ggiusuéppe Arteggiàne venerdì / Sande ‘Ttanasie sabato / Lu Legne de la Cráce domenica / Madonne de la Panne lunedì / Sande Nînzie martedì / Sande Lucie mercoledì / Sanda Nichële de Bbere giovedì / Madonne di Pumbuèje Giuseppe Muzii, artista che ha il Mare come aiutante Artista originalissimo, adopera per le sue composizioni in tecnica mista, i materiali più disparati depositati dal mare sulla spiaggia: legni, oggetti, conchiglie. Potrebbe dirsi che ha come aiutante il Mare, che gli impasta i colori e gli passa il pennelli. Il risultato è di una suggestione straordinaria che cattura gli occhi e l’anima. Le opere di Giuseppe sono state esposte in diverse e qualificate gallerie e la mostra che gli ha l’anno scorso dedicato il Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara ha avuto un notevole successo di critica e di pubblico. venerdì / Sande Libbratàure sabato / Sande ‘Ndunëine domenica / Sande Fabbïane lunedì / Sande Nerè martedì / Madonne di Fàteme mercoledì / Sande Matté Claudia e Gioacchino: esempi di solidarietà. Guidano la Casa Famiglia Manuela. Appartenenti alla Comunità religiosa Papa Giovanni XXIII, Claudia e Gioacchino fecero anni fa una scelta vocazionale, che cambiò radicalmente le loro vite: diventare la mamma ed il papà degli “ultimi” e regalare una famiglia a quanti non ce l’hanno. Dismesse le vesti indossate sino ad allora, decisero di condividere la vita con persone provenienti da diverse situazioni di disagio ispirandosi agli insegnamenti di Don Oreste Benzi. A chiunque visiti la Casa Famiglia non può sfuggire l’amore, la solidarietà, l’allegria di cui sono intrise le mura che hanno avuto in comodato per 15 anni dalla Caritas, grazie ai buoni uffici di Don Andrea Sciascia. Né può sfuggire di trovarsi in una vera e propria comunità familiare composta da una mamma, da un papà, da fratelli e sorelle, normodotati e diversamente abili. In un ambiente nel quale domina la foto di Manuela, una splendida e giovane ragazza che prima di salire in Cielo, a seguito di un fatale incidente d’auto avvenuto pochi mesi prima delle nozze, decise di lasciare tutto ai figli adottivi di Claudia e Gioacchino. 77 giovedì / Sanda Matalene 77 venerdì / Sande Ubbualde sabato / Sande Pasquale domenica / Sande Venanzie lunedì / Sande Cilištèine martedì / Sande Bernardëne mercoledì / Sande Sicundëine giovedì / Sanda Rëte venerdì / Sande Desiderie sabato / Sanda Giuvëine domenica / Sande Gregorie lunedì / Sande Feleppe ~ Compleanni ~ ~ Visti da Pino Jubatti ~ martedì / Sande Federëche mercoledì / Sande Emëlie giovedì / Sande Massimëne venerdì / Sande Ferdenande sabato / Sande Giurduane Luisa Maldera 1; Germana Benedetti Petroro 2; Gianluca Naglieri 2; Davide D'Ettorre 8; Antonietta Di Fonzo 10; Fabio D'Ettorre 11; Nicola Cinquina (Johannesburg) 16; Anna Scipioni 18; Vincenzo Bassi 21; Fabio Bevilacqua 21; Vincenzo Fiore 24; Lia Giancristoforo 27; Patrizia Sacchi Petroro 27; Clarice Petrella 27; Pino Cavuoti 28; Riccardo Scampoli 29; Caterina Celenza 31. Giorgio Pillon Coriandoli Stefano De Libertis. È tutta musica Albert Di Lallo. Un quintale di bontà Giovanissimo coltiva lo studio dell’organetto, della tastiera e della fisarmonica dedicandosi anche al canto. Dopo aver vinto Star Print nel 1998 a Fiuggi, è finalista nel 2007 al Festival Uno su mille-voci nuove per la discografia di Montecatini Terme e nel 2008 del XIV Festival di Avezzano. Scopre diversi generi musicali tra cui il Pop, il Jazz, il Funky ed il Blues e pratica la professione di Dj. Nel 2008 pubblica il primo singolo Il mio dolce tormento e due anni dopo vince il XVI Festival di Avezzano con Jenny sorriderà. Nell’estate 2010 è finalista della 52^ Festa degli Sconosciuti di Teddy Reno e Rita Pagni. Partecipa ai corsi di ArteaSanremo e nell’agosto 2012 è ospite di Uno Mattina Caffè su Rai1. Nella stessa stagione arriva tra i 10 finalisti del Premio Mia Martini con il brano L’ultima profezia. È anche insegnante di fisarmonica, organetto e canto nella sua scuola Only One Music& Recording di Vasto e tra i suoi allievi figura Michael Zappitelli, concorrente a Ti Lascio una canzone 2012. La Storia la fanno gli umili, secondo Manzoni, e Umberto Di Lallo, Albert come si ribattezzò non trovando una corretta traduzione inglese al nome italiano, era appunto uno di essi: una di quelle persone di cui nessun libro racconterà la vita pur essendo state interpreti e non comparse del grande romanzo intitolato all’affermazione della dignità umana. Abbandonato il paese natale, come milioni di italiani prima e dopo di lui, ha contribuito a scrivere la dolorosa quanto epica pagina dell’emigrazione scegliendo di vivere a Perth, città in cui ha fatto onore alla sua terra d’origine e d’approdo. Chi l’ha conosciuto può testimoniare sulla considerazione di cui godeva in una terra dove all’inizio gli italiani erano guardati con sospetto. Da apprendista barbiere presso il Salone di Claudio Crisci in corso Italia negli anni Cinquanta, era diventato un raffinato coiffeur riuscendo a conquistare addirittura un titolo di campione del mondo in una manifestazione di settore ad Hong Kong. La notorietà conquistata, accompagnata da una naturale simpatia ed intraprendenza, lo portarono in breve a organizzare in franchising la sua attività creando una rete di parrucchieria in tutta Perth. Di lì il passo per diventare imprenditore fu breve e coronato da successo anche per una padronanza della lingua inglese non comune tra gli emigrati di prima generazione. Questa sua capacità di vivere up to date, di riuscire cioè ad adeguarsi al tempo ed al luogo, non gli fecero tuttavia venir mai meno il senso di appartenenza. Si deve a lui se alcune iniziative avviate dai fratelli Raspa e Paolo Del Casale, primi animatori del Circolo vastese, trovarono continuità temporale e se gli sforzi di Silvio Petroro, l’instancabile promotore di tanti eventi volti a rafforzare ed a infuturare i vincoli tra i vastesi nel mondo, presero corpo. È grazie ad Umberto ed alla sua capacità di aggregare e motivare i compaesani se le due più belle iniziative dopo la celebrazione del Gemellaggio nel 1989, la realizzazione del Vasto Lake e la collocazione del Monumento all’Emigrante sul Riverside di Perth, poterono materializzarsi e se si resero inoltre possibili scambi culturali tra giovani e rapporti più stretti tra le municipalità. Un omone con un quintale e mezzo di peso e di bontà, sempre sorridente, arguto, con la battuta facile, con il vezzo di parlar dialetto e di raccontare i fatti d’una civiltà contadina lasciata alle spalle, innamorato come pochi della sua Vasto: questo era Di Lallo, il mio amico Umberto che ci ha appena lasciato e che non dimenticherò mai. Giuseppe Tagliente 78 ~ Fétte e fettarìlle ~ L’offerta speciale Polvere di stelle Sentita a Casalbordino in un negozio di frutta. Il negoziante a Donato, suo cliente abituale. - Dunà’, si vvu’ ‘pprufittà, ugge tinéme l’offerta spiciàle di li bbanana “CICHITE . - E ppiccô – gli fa di rimando Donato giocando sulle parole - ci šta pure li bbanane che ci vôte? (Ma perché esistono anche le banane che vedono?) 79 Coriandoli Gli antichi sapori della Votta piéne pubblicità Lu Uašte de ‘na vodde, in un ambiente sapientemente ricostruito e con un menù che ripropone i piatti della più autentica cucina popolare vastese accompagnati da vini d’origine protetta (e non solo). Perfetto connubio tra sapori antichi e moderni, tra votta piène e mojje ‘mbriache. La vinoteca si trova a Vasto in via Barbarotta n 12 81 80 ~ Fétte e fettarìlle ~ Ggisù Crëšte me’... Ti li vuje pahä! Zi’ Ricucce, dopo una di quelle mangiate che ti fanno rimanere senza fiato, boccheggiando senza riuscire a digerire: - Ggisù Crëšte me’, ti li vuje pahä!... Fàmmele fä nu rubbuìffe!” ( Gesù mio, vorrei anche pagarti il disturbo, ma fammelo fare …un ruttino!) Vastesi che si fanno onore Icone Luigi Ruzzi il signore del Politeama Luigi Di Pietro.Vocazione d’attore Appena diciottenne, conseguita la Licenza tecnica, parte nel 1899 per l’Argentina. A Buenos Aires con l’amico Carlo Della Penna apre una piccola rivendita di quaderni, che in pochi anni si trasforma in una grande azienda produttrice e distributrice di carta. Sempre attento alle esigenze dei concittadini e della patria, diviene un benemerito benefattore per il sostegno ai Prestiti Nazionali durante la Grande Guerra e per le donazioni a Vasto, in particolare quella delle apparecchiature radiografiche all’Ospedale Civico negli anni ‘20. Da allora, pur risiedendo in Sud America, ritorna con continuità a Vasto dove costruisce una villa (l’attuale ristorante “Aragona”) e il Politeama a lui intitolato. Muore a Buenos Aires nel 1945. Vastese, figlio di Pino e Ada Tana, ha avuto sin da ragazzo la passione per la recitazione e non ha avuto esitazioni ad intraprendere la carriera dell’attore che svolge alternandosi tra teatro e set televisivi e cinematografici. Diplomatosi alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano nel 2005, ha debuttato con registi come Pino Loreti, Cesar Corrales e Massimiliano Milesi. Ha preso parte a pièces come “Nel bel mezzo di un gelido inverno”di Kenneth Branagh, regia di Vincenzo Zingaro; “L’amante” di Harold Pinter, regia di Laura Jacobbi; “Tre sorelle” di Anton Cechov, regia di Enrico D’Amato; “Madre courage e i suoi figli” di Bertolt Brecht, regia di Robert Carsen; “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, regia di Corrado Accordino e Amedeo Romeo; “Noccioline” di Fausto Paradivino, regia di Valerio Binasco; “Il misantropo” di Molière e “Tre sorelle” di Anton Cechov, entrambi per la regia di Paolo Zuccari; “Ancora qui” e “Questa tosse”, scritti e diretti da Antonio Ianniello; “Birds” regia di Giles Smith e “Notturno shakespeariano”, a cura di Federico Fiorenza. Ha lavorato in varie occasioni con Luca Ronconi: in “I soldati” di Jakob Lenz; “Professor Bernhardi” di Arthur Schnitzler; “Le rane” di Aristofane, “Memoriale da Tucidide” di Enzo Siciliano;“Infinities” di John D. Barrow e “Prometeo incatenato” di Eschilo. È stato infine scritturato per interpretare Lignère e un cadetto in “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand, con la regia di Alessandro Preziosi nell’edizione 2012/2013. Prima pietra del Politeama, 31 luglio 1931 (foto Anelli) 82 ~ Modi di dire ~ Via San Michele, 105 66054 Vasto Tel. 0873 69885 www.castelloaragona.it - [email protected] Nghi nu duàte s’assécche l’acca sânde! Basta un dito per prosciugare l’acqua santa! Tutte li jurne chicocce chicacce, la dumuàniche chicocce e cârne Tutti i giorni zucchine e zucchine, però la domenica zucchine e carne (Lo dice chi è costretto a mangiare sempre le stesse cose, forse perchè le produce) Chicocce màtte e chicocce mâgne, ma è meje di ‘na mazzanne ‘n brànde! Zucchine pianto e zucchine mangio, ma sono meglio di una mazzata in testa! 83 La S.A.L.T.O. L’industria che venne prima della Siv L’on. Lorenzo Natali in visita al nuovo stabilimento della Salto in corso Mazzini 84 Costituita a Vasto nel 1945, la Salto ( Società Adriatica Lavorazione Tabacchi Orientali ) nasce ad opera di imprenditori che scommettono sulla ripresa del Mezzogiorno dopo la bufera della guerra ed in particolare di Carlo Boselli, arrivato in Abruzzo da Castelsangiovanni, in provincia di Piacenza, con una solida esperienza maturata in Libia, dove l’aveva inviato lo zio Giovanni, fondatore dell’Ati (Azienda Tabacchi Italiana) e direttore generale dei Monopoli di Stato. Per un lungo periodo e sino all’arrivo della Siv, la Salto rappresenta una delle poche realtà imprenditoriali del Vastese, uno strumento efficacissimo per la specializzazione delle coltivazioni nonchè una fonte d’impiego di manodopera non qualificata. Le foto dimostrano come i metodi di gestione fossero improntati a criteri di dialogo, seppur paternalistico, e di coinvolgimento delle maestranze. La scritta Viva la Ditta, che campeggia sull’improvvisato palcoscenico d’una festa aziendale ne costituisce una prova eloquente. A Carlo Boselli, che alla Salto affiancò in seguito la Sit, la Sti e la Sale in provincia di Alessandria diventando l’artefice di una fortunata stagione della tabacchicoltura abruzzese, venne conferita la croce di Cavaliere del Lavoro dal presidente della Repubblica Sandro Pertini. Una veduta dei laboratori 85 87 86 Una visita alla stabilimento di Giuseppe Spataro. Gli sono accantol il sindaco Ritucci Chinni e Carlo Boselli. 88 89 Non mancavano nella vita dell’Azienda anche momenti di socializzazione e di festa 90 91 92 93 Ggigne / Giugno Luciano e Tonino Boselli, che succedono al padre Carlo nella gestione dell’azienda. In basso, la sede dello stabilimento in corso Mazzini, smantellata negli anni ‘90 94 Personaggio M’aricorde Ggigne / Giugno 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 domenica / La ‘Scenziaune lunedì / Sand’Uggènie martedì / Sanda Clutëlde mercoledì / Sande Quirëine giovedì / Sande Fiurénze venerdì / Sande Feleppe sabato / Sande Robberte domenica / La Pendecoste lunedì / Sande ‘Rrëiche Anna Pia Pace. Solidale a 360° Quando in gita s’andava “a la Pinnîcce” Nata a Pettorano sul Gizio, uno dei borghi più belli d’Italia a pochi passi da Sulmona, e vissuta all’Aquila fino al conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia col massimo dei voti, si considera ormai di Vasto, ove ha messo casa da trent’anni insieme al marito, l’indimenticabile amico dottor Rino Piccirilli, ed in cui opera come apprezzato medico di base. Tenace e risoluta, come non s’immagina vedendola così gentile e delicata nei modi, impegna gran parte del suo tempo libero in attività sociali e culturali, prestando servizio nella Croce Rossa Italiana come infermiera volontaria con il grado di sottotenente e militando attivamente nel Rotary Vasto di cui è stata oltretutto la prima socia donna. Ristoro alla “Pennuccia”. La foto è del 2 ottobre 1949. Da sinistra: Franz Ritucci Chinni, Luigi Trizzino, Francesco Smargiassi, Mario Della Penna, Roberto Bontempo, Giovanni Molino, Luigi Di Chiacchio, Marcello Martone, Lino Fiore, Aldo Martone, Pino La Palombara, Mario Molino e Alberto Muratore. martedì / Sande Rëche mercoledì / Sanda ‘Leice giovedì / Sande ‘Nufre venerdì / Sande ‘Ndonie de Padeve sabato / Sande Zaccarëje domenica / La Ternetè 97 lunedì / Sand’Ureliane martedì / Sande Adolfe mercoledì / Sande Curnuelie giovedì / Sande Rumüalde venerdì / Sanda Micchelëine sabato / Sande Lujëgge domenica / Lu Corpus ‘Ddòmene lunedì / Sande Nazzarie martedì / S. Giuuánne Battëšte mercoledì / Sande Hujerme giovedì / San Vigëlie venerdì / Sande Clemende sabato / Sand’Irené domenica / San’Bitre e Pavele lunedì / Sande ‘Nnuciénze ~ Compleanni ~ Nando Miscione 4; Cristina Calvano 6; Anna Maria Di Falco 7; Nino D’Annunzio 7; Gianluigi Delli Quadri 8; Luigi Bacceli 9; Tony Piccirilli 9; Simona Vinciguerra 12; Michele Di Chiacchio 15; Renzo Stampone 15; Rosella Turilli 16; Angelo Frasca 17; Mauro Sambrotta 17; Luca Fiore 18; Maria Teresa Palazzo 19; Luigi Domenico Cinquina 22; Melissa Saturnetti 22; Carmine Saturnetti 24; Silvana Iacobucci 24; Anna Teresa Sabatini 27; Massimo Stivaletta 27. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Antonio Prospero Block notes 98 Vastesi che si fanno onore Il circolo tennis “Antonio Boselli” Chiara Palmieri Costituito nel 1976 ad opera di alcuni amanti di questa disciplina sportiva, fra i quali Antonio Boselli che ne fu il primo Presidente ed a cui il Circolo è intitolato, è dotato di tre campi in terra rossa, d’un campo coperto, d’una confortevole club-house e di altri servizi a beneficio dei 180 soci e dei 50 giovani che frequentano la scuola tennis. Immerso nel “Parco delle Lame”, rappresenta la “location” ideale per chi ama giocare con la racchetta ma anche per chi ama praticare footing nell’attigua pista ad anello o passeggiare fra i viali ombrati. Societa dilettantistica senza scopo di lucro, il Circolo ha compiuto un vero salto di qualità grazie all’impegno del Presidente uscente Luca Russo e del direttivo composto da Gabriele D’Ugo, Bruno Baccalà, Luigi Pracilio, Marcello Padovano, Antonella Fiore Donati e Pino Della Penna. Senza adeguamenti della quota sociale, questa squadra di regìa ha realizzato migliorie infrastrutturali e promosso eventi che hanno valso al club, da parte della Federazione Regionale, il riconoscimento di “Circolo che ha organizzato nell’anno 2012 i migliori e più qualificanti eventi sportivi in Abruzzo”. Meritano d’essere ricordati il Trofeo Kinder, di rilevanza nazionale e riservato ai giovani dai 9 ai 16 anni; le Pre-qualificazioni Femminili agli Internazionali BNL d’ltalia, che si giocano in maggio a Roma, ed i Campionati Italiani Femminili di 2^ categoria nel settembre 2012. Le attività del Club si sono anche estese a momenti d’incontro, come il gemellaggio con il Circolo di Margherita di Savoia; i meeting culturali; la partecipazione a Telethon; l’intitolazione del campo centrale al compianto Luciano Notaro; i ricevimenti del periodo estivo. II Circolo A. Boselli, rappresenta dunque un luogo dove i valori dello sport sono ancora quelli che fondano sull’amicizia, la solidarietà e la lealtà. Il rinnovo degli organi sociali per il biennio 2013-2015, svoltosi nello scorso novembre, ha dato questi risultati. Il nuovo presidente è Giovanni Luisi che sarà affiancato da Gabriele D’Ugo, Luigi Pracilio, Bruno Baccalà, Domenico Di Gregorio, Enzo Piccirilli e Giuseppe Della Penna. Il Collegio dei Probiviri è composto da Fernando Pracilio,Luca Russo e Giovanni Di Giambattista, mentre il Collegio sindacale da Carlo Galasso, Giovanni Menna e Andrea Di Loreto Laureata in Veterinaria, dottorato di ricerca in Patologia Ultrastrutturale, dopo aver lavorato sei anni come ricercatrice presso la Facoltà di Veterinaria di Teramo, ha lasciato l’Italia per l’Australia dove adesso è professore associato presso la School of Veterinary Science dell’Università del Queensland. Ha firmato numerose pubblicazioni accademiche e si è specializzata frequentando corsi in California, nella Repubblica Ceca, in Irlanda, Finlandia e Spagna 99 Amici del Lunario Macchietta Pò rèsse ca ci cràide! (Annend’ a la Madonne di la Catàne) 100 Può darsi che ci crede! (Dinanzi all’edicola della Madonna della Catena) Il rosario in mano e il fazzoletto in testa, / due donnicciole stanno inginocchiate, / durante la guerra, a pregare la Madonna, / per i loro figli soldati. / Una sta recitando a bassa voce, / la testa china, un po’ in disparte; / e l’altra, a voce alta, giusto nel mezzo, / parla alla Madonna, con le mani alzate: / -Madonna mia!... Quel mio bel figlio, / Tu fallo tornare sano e salvo. / Io ti faccio l’intera dote, Ti rivesto di oro! / Te lo prometto, quanto è vero Iddio!- / L’altra donna, dopo averla sentita, / le dice: - Ma perché fai codeste promesse? / Non possiedi neppure “gli occhi per piangere”; / anche la Madonna vuoi prendere in giro?- / -Con la Madonna ci sto parlando io! / Cosa t’importa se faccio questo voto? / Dei fatti miei tu non devi interessarti! / Tu stai zitta!... Può darsi che ci crede! La cròne ‘ mméne e lu fuazzòle ‘n gäpe, ddu’ fimminàlle štann’ agginucchiéte, ‘n tembe di huèrre, a pprihä’ la Madonne; pe’ li f ìjje ch’è jjùte pi’ ssulduéte. Üne šta ricitânne piane piäne, côcce’ acciuccuéte, nu ccuòn’ appartäte; e ll’âddre, a àdda vàuce, jušti ‘mmèzze, pârle nghi la Madônne, a mman’ azzäte: Carminuccio D’Ermilio, the voice Potrebbe mascherarsi anche il volto ma lo si riconoscerebbe ugualmente dal timbro della sua voce: inimitabile, irriproducibile, ineguagliabile, insomma unica. Così come unico è lui stesso per simpatia, generosità, socievolezza. Da anni rappresenta l’anima e l’emblema del suo quartiere, quello di Sant’Antonio Abate, per aver promosso insieme agli amici del circolo zonale manifestazioni che hanno il pregio di riproporre, a beneficio dei giovani, pagine di cultura popolare che rischiavano di scomparire. Le sue esibizioni nell’esecuzione delle Štorie di Carnevale e nella rappresentazione de Lu Sand’Andùnie sono appuntamenti a cui non mancare. -Madônna ma’!... Lu bbuèlle fije me’, Tu san’ e ssâlve fall’ariminè’. Jè t’addudduâje, T’arivèšte d’éure! Ti li prumuàtte, cand’è vvére Ddè’!Chill’addra fàmmine, gna l’à sindìute, j’à dìtte: -Ma piccà fi’ ‘ssi prumuàsse? Manghe l’ùcchie pe’ ppiâgne tu pissìde; mo pur’ a la Madônne vu’ fa’ fàsse?- 101 -Nghi la Madônne štingh’ a parlà jè! Che tte ne ‘mbôrte se fàcce ‘štu vuàte? Tu di li fètta mi’ n’ t’à da’ ‘ndriché! Štatte zètte!... Pò rèsse ca ci cràide! Fernando D’Annunzio ~ Fétte e fettarìlle ~ La machinàtte … All’ospedale il primario compie il giro di visite e con il solito codazzo per sincerarsi sulle condizioni di ogni malato. Ad un vecchietto pone la rituale domanda: -Come sta oggi il nostro zio Vincenzo? -Dottò’, ni’ mmi vuje fa’ li mmalucchie, ma veramènde, da canda m’hanne messe ‘šta machinàtte, mi sènde cchiù mmuàjarèlle - quale macchinetta? e il vecchietto, candidamente, mostrando sotto l’ascella il termometro dimenticato dall’infermiere la sera prima: - Ecche… quašte Dottò’! Canda Sanda Nicola jėve pe’ mmare Testo di Laura e Michele Calvano Foto di Michele Calvano “Sanda Nicola jeve pe’ mmare, l’accumpagnave li marinare” cantavano i pellegrini durante la processione. Le cronache locali del tempo documentano come si svolgevano le celebrazioni in onore di San Nicola, con particolare riguardo alla tradizionale processione in mare. 102 «Domenica 10 dopo tanti anni, si è celebrata nella nostra città, la festa di San Nicola, per voto di tutti i pellegrini che non avevano potuto recarsi a Bari per le infezioni di vaiolo manifestatasi nelle Puglie, con un concorso straordinario e considerevole di popolazione e anche di forestieri. Su una spianata che domina il mare ad un paio di chilometri da Vasto, sorge la modesta chiesa dedicata al Santo. Biancheggiante, in mezzo agli olivi ed al verde dei vigneti, sulle rovine di un tempio che i nostri antichi avevano dedicato allo stesso Taumaturgo. La nuova costruzione, venuta su una trentina d’anni addietro a cura e devozione, della famiglia Miscione, può dirsi oggi un modesto santuario per l’interessamento del nostro rev. Arcidiacono D. Giuseppe Miscione, sacerdote esemplare e pio che le tradizioni di famiglia continua; e il nostro popolo torna ogni anno nella prima domenica di maggio, a quella chiesa dove una festicciola campestre, allietata dal movimento della piccola fiera, si svolge nel tepore primaverile. Nel primo anno in cui la ricostruzione della detta chiesa fu inaugurata e benedetta con solenne funzione sacra e l’intervento di migliaia di persone, il simulacro di San Nicola non fu portato più in processione né si fece la benedizione del mare, tanto che della cerimonia non restava che il ricordo […]. Alle 9 la statua del Santo è stata imbarcata al piccolo porto cosiddetto della Méta […]. Ed è stato portato fino alla stazione col seguito di tutte le barche pescherecce della nostra spiaggia, pavesate a festa […] Alla spiaggia dove già trovavasi una folla immensa di popolo, tutte le imbarcazioni si sono allineate e la statua del santo è stata deposta, e poi consegnata ai marinai di tutte le paranzelle, i quali per turno dovevano portarla processionalmente. Si è formata così 103 una processione imponente per il numero di pellegrini, che è salita fino a Vasto e che ha fatto il giro della città rientrando verso le 2 pomeridiane nella cappella rurale donde era uscita, accompagnata lungo tutto il percorso dagli spari delle castagnole, dal suono della banda musicale e dai canti dei pellegrini […]. Nelle finestre e nei balconi prospicienti, sui campanili si addensava tanta folla che nessuno dimenticherà la splendida giornata e la festa dei colori sotto il trionfo del sole » (Istonio, maggio 1903) Festa di S. Nicola della Meta « Illuminato dai raggi del più bel sole primaverile, che fa sembrare tutto un masso d’oro la statua di San Nicola, nelle ore pomeridiane dello scorso sabato il simulacro del glorioso Taumaturgo portato processionalmente dai fedeli, che in coro cantavano le lodi, abbandonava la sua cappella rurale e va ad imbarcarsi al porto della Meta, dove la nostra piccola flottiglia peschereccia lo attende per condurla alla spiaggia del Vasto. E perché nemmeno un alito di vento turba la calma del nostro incantevole golfo per molte ore s’induce in mare, il caratteristico corteo che a notte ap- Anni ’50. Angelo Ialacci con la sorella Michelina ai lati della statua del Santo. Il bambino alla destra di Ialacci è Franzino La Verghetta. Anni Novanta. Fratel Carlo Necci guida la processione di San Nicola. Al suo fianco don Antonio Zinni e Angelo Ialacci 104 105 107 106 proda alla marina, dove processionalmente, prosegue poi verso la città fra le luci di migliaia di ceri, i canti dei pellegrini, il suono della banda, gli spari. Mezz’ora prima della mezzanotte la statua di S. Nicola, a cui fa ala tutto il popolo di Vasto, entra nella chiesa di S. Pietro e qui finalmente sosta la processione che dura da sette ore! La mattina seguente per via di terra, fra spari, suoni e canti, il Santo viene di nuovo riportato alla sua cappella rurale […]» (Il Vastese d’oltre oceano, 1 giugno 1924 ) « Nei giorni di sabato 16 e domenica 17 maggio corrente si è celebrata, con gran concorso di popolo, la solita festa di S. Nicola, nella chiesetta omonima posta sulla collina da cui si gode l’incantevole vista del nostro mare, dalla punta di Termoli a quella di Ortona. Non è mancata nella sera di sabato la tradizionale processione per mare; ma per una inaspettata calma, improvvisamente sopravvenuta, le barche sono rimaste per molte ore immobilizzate in mare, con grande trepidazione delle famiglie dei numerosi fedeli che a bordo delle imbarcazioni partecipavano alla processione stessa. Soltanto a tarda notte, le paranze potettero essere rimorchiate a riva da una barca a motore…. » ( Il Vastese d’oltre oceano, 24 maggio 1931) Davanti alla chiesa l’invocazione al Santo di Za’ Micchelìne la Priore, al secolo Michelina Santoro. Tra la folla, sotto il vessillo della Compagnia, Nicolino Crisanti che gli succederà nell’incarico 109 108 Nelle testimonianze dei giornali d’epoca si fa riferimento alla ricostruzione della Chiesa dedicata a San Nicola della Meta, avvenuta intorno al 1870, in occasione della cui inaugurazione il Santo viene portato in processione per mare. Pratica poi interrotta per diversi anni e ripresa per i festeggiamenti del 1903. Dalla documentazione sul restauro della chiesa conservata dagli eredi del custode, Ialacci Angelo, si evidenzia la presenza “di una lapide in onore del canonico Miscione, proprietario della chiesetta, di forma quadrata che da accesso ad una tomba di circa 3 metri di profondità, a forma circolare del diametro di circa 2,5 metri, all’interno della quale sono stati seppelliti in un sarcofago i resti del suddetto canonico, e in una piccola cassa di zinco i resti dei suoi genitori, datata 1913”. Risulta che in occasione dell’intervento di restauro dell’aprile del 1999, finanziato dallo stesso Ialacci, “è stato ricostruito l’altare dove viene deposta la Pietra Sacra del vecchio altare datato 1840”. Anticamente la festa si svolgeva la prima domenica del mese di maggio, successivamente nella terza domenica del mese, raggiungendo l’apice di partecipazione popolare negli anni ‘20-‘30 del Novecento. Quando la processione giungeva alla spiaggia, i giovani marinai svolgevano l’importante compito di trasbordare a terra vecchi, bambini, prelati e donne, nonché i bandisti, portati in braccio fino alla riva. Il trasporto per mare del Santo era compito dei marinai, mentre una volta a terra veniva affidata ai contadini. Sulla barca erano esposte, oltre alla bandiera italiana e al gran pavese, le bandiere di tutte le associazioni della città. La prima testimonianza fotografica è costituita da una immagine Anni ’70. Sequenza d’immagini della processione dall’uscita dalla Chiesa sino all’insenatura della Mèta. Nelle foto relative all’imbarco si riconoscono Luigi Fiore, in piedi a poppa del battello, che controlla le operazioni condotte da Angelo Ialacci e Nicola Valentini (Rafanìlle). Gino Muscariello (Giattè) in maglione bianco osserva dalla riva. 111 110 dell’imbarco del 1917 realizzata da Nicola Anelli, mentre sono numerose quelle successive che ritraggono la sfilata delle paranze in mare, immortalate da Nicola Scotti. Fino ai primi anni ’70, quelli su cui forniamo qui una documentazione fotografica inedita, la funzione di Priora della Compagnia dei pellegrini di San Nicola era svolta da Michelina Santoro (zà Micchelina la priore), poi passate a Nicolino Crisanti, ma l’anima vera della festa era però Angelo Ialacci (lu festaièle), il quale abitava a due passi dalla chiesetta e ne era il custode. In seguito alla costruzione della nuova S.S. 16, alla fine degli anni Sessanta, la processione costeggiava la strada in direzione della Marina sino all’altezza delle proprietà Zaccaria per tornare al porticciolo naturale ove avveniva l’imbarco. Qui la statua veniva deposta sopra una barchetta che provvedeva a trasportarla a bordo del peschereccio pavesato ancorato al largo. Così iniziava la processione per mare alla quale partecipavano il parroco, i chierichetti ed i fedeli che riuscivano a trovar posto sulle imbarcazioni. Coloro che rimanevano a terra proseguivano a piedi costeggiando la ferrovia fino alla spiaggia. Scesa a terra, il Santo veniva portato in processione sin dentro la chiesa di Stella Maris, dove Angelo Ialacci deponeva sulle spalle della statua un manto nuovo, ori ed altri preziosi, frutto delle donazioni dei fedeli. Dopo la benedizione la processione ripartiva alla volta della chiesa di Sant’Antonio in S. Pietro per arrivarvi a notte inoltrata alla luce delle candele e tra i canti dei fedeli. Dal 1962 la processione è stata accompagnata da Don Stellerino D’Anniballe, fino al 1980, quando avvenne un incidente rimasto fortunatamente senza con- Vecchia canzoncina dedicata a San Nicola Sanda Nicola a la marëine l’accumpagnava li pilligrëne. L’accumpagnava di vere core evviva, viva Sanda Nicole. Sanda Nicola jeve ppe mmare l’accumpagnava li marinare. L’accumpagnava di vere core evviva, viva Sanda Nicò. Sanda Nicola n’trionfe è ‘ndate la messa a nui j’ha priparàte. L’ha priparate di vere core evviva, viva Sanda Nicò. Sanda Nicola a lu bbastimende tutta la gente j’ te mmende. J’ te mmende di vere core evviva, viva Sanda Nicò. Sanda Nicola s’è mbarcàte alla marea s’è n’andàte. Se n’è andate di vere core evviva,viva Sanda Nicò. 112 Sanda Nicola alla marea è andàte nghi tre mirchende ha cuntrattàte. Ha cuntrattàte di vere core evviva, viva Sanda Nicò. Di sodde n’ha ripurtàte cunduànde pe ppegne j’a lassàte nu diamante. J’ l’ha lassàte di vere core evviva, viva Sanda Nicò. All’adunanza j’a chiamàte u pane a nì j’ l’ha purtàte. J’ la dàte di vere core evviva, viva Sanda Nicò. A chi nu quarte, a chi ‘na scrippelle ha ‘ccundunduàte ricchi e puvurelle. Ha ‘ccundunduàte di vere core evviva, viva Sanda Nicò. L’altra l’ha dàt’ a Mmunzignàre j’ l’ha dàte ppi la prucissiàne J’ l’ha dàte di vere core evviva, viva Sanda Nicola. seguenze che interessò il sacerdote al momento del rientro dal mare, mentre scendeva dal peschereccio per prendere posto sulla barchetta che l’avrebbe portato a riva. A causa di una manovra sbagliata da parte degli addetti, il religioso precipitò in mare e venne recuperato dopo qualche minuto di grande concitazione ed apprensione. Tra coloro che contribuirono al salvataggio del parroco si distinse Peppino Fioravante, esperto nuotatore e fervente fedele di San Nicola. Negli anni successivi la processione per mare con l’imbarco al porticciolo di S. Nicola non si svolse più per motivi di sicurezza. Un episodio curioso, relativo all’edizione del 1974, ci è pervenuto da un giornale locale dell’epoca. « I fedeli di Vasto ci hanno manifestato il loro più vivo malcontento, perché questo anno, contro la tradizione, alla chiesa di Stella Maris di Vasto Marina non si è svolta la rituale processione della statua di San Nicola che il giorno della vigilia della festa, viene trasportata in mare dall’insenatura alla spiaggia. Quest’anno invece il rito religioso non c’è stato perché allo sbarco i fedeli che seguivano il Santo hanno trovato la porta della chiesa della Stella Maris ermeticamente chiusa. Ci sono state proteste contro i frati, che hanno fatto sapere che a quell’ora si doveva celebrare un matrimonio e non era quindi possibile in coincidenza fare entrare i fedeli con la statua in chiesa per la benedizione. Reclami, proteste, non hanno deposto bene per la serietà della spontanea, secolare, suggestiva manifestazione religiosa, in onore di San Nicola. Nessun commento al fatto che si commenta da sé. Vogliamo soltanto far notare che per il rispetto delle tradizioni religiose, questi giovani sposi, in procinto di avvicinarsi all’altare, potevano anche rinviare di un’ora il matrimonio, non fosse altro, per non esasperare la folla dei fedeli. » Negli anni ‘90 la processione è tornata a svolgersi per mare soltanto per un paio di volte, ma l’imbarco e lo sbarco sono avvenuti nel porto di Punta Penna. Lijje / Luglio Icone Foto di famiglia Lijje / Luglio 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 martedì / Sande Dumiziáne mercoledì / Sande Urbane giovedì / Sande Tumuàsse venerdì / Sanda Sabbette sabato / Sanda Filummuéne domenica / Madonne di li Grazie lunedì / Sande Claudie martedì / Sand’Adriane mercoledì / Sande Ggiste Gli architetti Silvestro, Francesco e Roberto Benedetti Nella linea genealogica dei Benedetti, con soprannome Mazzacocche, spiccano alcuni personaggi che hanno abbellito la città con le loro invenzioni architettoniche. Il primo è Silvestro che, a metà del sec. XIX cura la progettazione e la costruzione della cappella del SS Sacramento di S. Maria Maggiore e la facciata di S. Francesco da Paola. Sicuramente più importante, ma meno appariscente nelle opere messe in atto, è Francesco (1838-1912), ingegnere del Comune per decenni. Sono suoi gli interventi tecnici di fine secolo su fognature e pavimentazione. Sue anche le ristrutturazioni del palazzo Ponza, della chiesa di S. Maria di Pennaluce e della Cattedrale. Infine Roberto (1884-1919), figlio di Francesco, è ricordato per il progetto della Cappella della Sacra Spina a S. Maria. I Naglieri Lu ritràtte è del 1912 ed è stato fornito da Maria Pia e Michelino Naglieri. I Naglieri erano caprai, avevano 100 capre e vendevano latte. Nella foto la famiglia di Antonio Naglieri: da sin., la figlia Anna e la moglie Lucia Del Casale, il figlio Sebastiano (con in mano la róte, il cerchio usato come gioco), il capofamiglia Antonio ed il figlio Pasquale, genitore degli amici che ci hanno dato la foto. In piedi, i figli maggiori Nicola (al centro) e Michelino. Papà Antonio volle ritrarre la famiglia al completo in occasione della emigrazione dei figli più grandi per gli Stati Uniti. I due figli partirono per gli Usa e, dopo qualche anno, li raggiunse anche il padre che aveva in animo di ricongiungere tutta la famiglia, un progetto purtroppo non realizzato a causa dello scoppio della prima guerra mondiale. giovedì / Sanda Isabella venerdì / Sande Bbenedàtte sabato / Sande Furtunüate domenica / Sande ‘Rreiche lunedì / Sande Camélle martedì / Sande Bbonavendïre 115 mercoledì / La Madonna de lu Cármene giovedì / Sande Cirille venerdì / Sanda Marëine sabato / Sand’Arsenie domenica / Sand’Aurelie lunedì / Sande Claudie martedì / Sanda Maréjja Matalene mercoledì / Sanda Bbréggede giovedì / Sanda Cristëine venerdì / Sande Giàcheme sabato / Sand’Anne e Giuvuacchëine domenica / Sande Celestëine lunedì / Sanda Serene martedì / Sanda Marte mercoledì / Sanda Biatrëice giovedì / Sande ‘Gnazie ~ Compleanni ~ Graziella Marino 1; Manuel De Felice 3; Grazia Del Frà 4; Antonietta Pontillo 7; Teresa Carusi 9; Nicola Carlesi 15; Gaetano Mariotti 16; Michelina Di Foglio Di Lello 17; Vincenzo Properzio 18; Alfonso Candeloro 19; Buono Del Villano 22; Donatello Marchioli 22; Giovanna Molino 23; Deborah Saturnetti 24; Piero Sisti 26; Magda D'Ercole 27; Roberto Del Borrello 24; Benito Perrino 28; Mirella Mariotti 31. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Mike Cicchini Polvere di stelle Cenzino Russo Trent’anni fa, il 2 agosto del 1983, cessava di battere il cuore del prof. Vincenzo Russo, Cenzino per tutti. Un cuore grande, enorme, che non seppe reggere forse alle tante passioni che lo avevano animato per tutta la vita. Chi ha avuto, come me, la fortuna di conoscerlo non può dimenticarne la simpatia e l’allegria che riusciva a suscitare, la battuta garbata e sempre pronta, l’entusiasmo che metteva in ciò che faceva, la sensibilità d’animo che si manifestava a volte con uno stupore da bambino, la serietà professionale come educatore, il rigore morale, la fede incrollabile nei Valori fondanti della Civiltà occidentale che riusciva a trasmettere ai giovani. Cenzino Russo è stato per me e per altri della mia generazione un maestro, un esempio, una guida, un mito, direbbero i ragazzi di oggi. A lui soprattutto devo la mia scelta politica. Chi guarda con sfiducia o indifferenza alla politica odierna, che si manifesta freddamente soltanto attraverso i media ed il web, stenterà forse a capire, ma in un’epoca in cui la politica era cuore e coraggio, idealità, militanza, fu determinante per la mia opzione, ancor prima dello studio delle filosofie, l’ammirazione per chi combatteva controcorrente, per chi non s’era adeguato al conformismo culturale, per chi non temeva l’emarginazione nel ghetto degli oppositori, per chi era motivato nell’impegno politico dal bisogno di testimoniare e non di guadagnare poltrone o pennacchi. Cenzino era uno di costoro. Consigliere comunale per più volte nelle fila della Destra, onorò il mandato con la dimostrazione di un amore e di un attaccamento nei confronti della città che gli valsero la stima di tutti i vastesi, anche di quelli orientati verso altri partiti. Giuseppe Tagliente 116 La foto è del 5/8/1964. Cortile dell’ITIS alla Marina, da sinistra: Maria Carmela De Filippis, Maria Perruna Pedace, Rosato, Bongarzone, Antonio Angelucci, Maria Luisa Cianci, Giovanni D’Aurizio, Maria Olivieri attorno al vice preside Vincenzo Russo. Vastesi che si fanno onore Rocco Colanzi, ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo Nato a Vasto l’11 settembre del 1936, partì alla volta della Bolivia il 5 gennaio del 1955 per raggiungere il padre Pietro, emigratovi l’anno precedente. La sua vita è un’avventura fascinosa quanto piena di sacrifici che si sviluppa lungo un cinquantennio e che culmina con la creazione di una grande impresa commerciale operante nel settore forestale. Felicemente sposato con Clara Serrate, ha cinque figlie e numerosi nipoti che formano il Clan Colanzi, di cui è il patriarca riconosciuto, rispettato ed apprezzato in Bolivia ed in modo particolare in Santa Cruz della Sierra, che rappresenta il centro commerciale ed industriale più importante di quel Paese. In riconoscimento dei traguardi raggiunti e del lustro dato all’Italia, il Consiglio Regionale gli ha conferito nell’estate del 2013, l’onoreficenza di Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo. 117 Rocco Colanzi al suo arrivo in Bolivia insieme al padre Pietro. Amici del Lunario Coriandoli Massimo Molino, il cronista con la Nikon La pensione, riflessioni di uno di noi Perennemente a caccia di immagini con l’inseparabile Nikon, l’unica a cui abbia giurato fedeltà, continua ad immortalare avvenimenti, scorci, panorami, personaggi di questo nostro angolo di mondo. La sua bravura non sta tuttavia solo nella costanza della ricerca ma nell’interpretazione che dà d’ogni soggetto che gli capita a tiro e nella qualità delle foto. Indimenticabili e da collezione quelle inserite nei Calendari di Vasto che hanno adornato le pareti di tanti vastesi in patria ed in giro per il mondo: una bella iniziativa, caro Massimo, che merita di essere riproposta. La pensione è una cosa bella, si vive di ricordi e d’orgoglio. Per tanti anni ho girato l’Abruzzo e il Molise. Tanti posti sperduti tutti i giorni. Incontravo persone che mi conoscevano e che da me volevano sentire tante parole Vastesi. Io ero sempre pronto a salutare con un sorriso anche chi mi guardava storto. Adesso stò tutti i giorni a casa quasi sempre da solo. Questa casa l’ho chiamata Sant’Elena. Passo tutti i giorni nel giardino sotto palme, rose e fiori. Adesso ripensando mi dico: hai vinto tante battaglie ma questa, che si chiama vecchiaia, non a riesco di vincerla. Vincenzo Tenaglia 119 118 ~ Fétte e fettarìlle ~ ~ Fétte e fettarìlle ~ L’antipiogge … Luigi è ricoverato in ospedale. Il vicino di letto,un anziano con problemi seri, parla pochissimo, ma gli sopperisce la moglie che invece non “sputa” mai, e Luigi gode un mondo a stuzzicarla: -Ma mo coma štä marètte? -Mbò ca coma štà ! E gna vo’štä ! Doppe quelle chi jè ssuccesse? - E ppiccà chi jè ssuccesse? - Marètime à ‘vute ‘nu trumbone cilibbrate a la cocce… segue alla pagina seguente - Ma piccà, sunav’a a bbânde?- Eh! ci šta poche da sschirzä’, e ‘ngrazi’a Ddì’ com’è jùte! - Ma mo štä cchiù mmuajarelle? - Eh, šta coma štä ! Adà toje paricchie mmidicèine; ogne jurne ‘i fanne ddu’ flé’ e ‘i danne pure l’antipiogge. E Luigi, ridendo : - Ah…perciò è ddu’ muèise che nin piéuve e all’orte mi si šta siccànne tuttichéuse! Shangay è anche qui ... Crocevia, zona d’incontro di varia umanità, punto di commercio, luogo di scambio e di contrabbando nel secondo dopoguerra, piazza Verdi era chiamata ( e lo è ancora ) significativamente 120 Shangay. Prima ancora che vi comparissero, com’è accaduto di recente, i cinesi con i loro magazzini . Ecco alcune significative immagini d’epoca risalenti agli anni ‘50. 121 Ahâšte / Agosto 122 Vastesi che si fanno onore M’aricorde Ahâšte / Agosto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 venerdì / Sand’Usebbie sabato / Sanda Lèdie domenica / Sande Giuvuanne lunedì / Sand’Osvalde martedì / Sand’Uttaviane mercoledì / Sande Caddane Davide Lombardi, sound engineer L’orchestra Nettuno, voglia di swing Il suo lavoro, detto in inglese, è quello di Sound engineer, che significa specialista in sistemi audio per i grandi concerti, ed è già un’autorità nel suo specifico campo. Ha curato le manifestazioni di artisti prestigiosi e di grande successo come Andrea Bocelli, Tom Jones, Peter Gabriel, Oasis, Foo Fighters e il concerto del Primo Maggio di piazza San Giovanni a Roma. Ha lasciato Vasto dopo la maturità scientifica e vive a Londra. Anni Cinquanta. Al Nettuno di Vasto Marina si suona e si balla all’americana. C’è tanta voglia di dimenticare la fame, la paura, i lutti che la guerra ha portato con sé. La piccola orchestra dell’albergo rifà il verso all’orchestra ed ai ritmi di George Gershwin ma con le canzoni di Natalino Otto e di Alberto Rabagliati. Nella foto, da sinistra si riconoscono : Lelio Di Blasio al microfono e quindi Silvio Petroro, Antonio Ritucci Furtazze dietro al fisarmonicista, Peppino Fiore al violino. giovedì / Sande Ddumuéneche venerdì / Sande Rumüane sabato / Sande Lurenze domenica / Sanda Chiare lunedì / Sand’Erculüane martedì / Sand’Ippolete mercoledì / Sande Massemiliane giovedì / L’Assunziàne venerdì / L’Assunziàne de Sanda Maréjje 125 sabato / Sande Settëmie domenica / Sand’Elene lunedì / Sanda Sare martedì / Sande Bernarde mercoledì / Sande Fabbrézie giovedì / Sanda Maréjje Riggëine venerdì / Sanda Réuse sabato / Sande Bartlummué domenica / Sanda Lucille lunedì / Sande ‘Lessandre martedì / Sanda Mòneche mercoledì / Sande ‘Hušteine giovedì / Sanda Candede venerdì / Sanda Sabbëine sabato / Sande Marëine domenica / Sande Ggiusuéppe ~ Compleanni ~ Antonio Menna (avv.) 1; Angela Marchesani Marino 1; Vittorio Tagliente jr. 4; Serafina Calvano 4; Sabrina Acquarola 6; Sina Santoro 6; Luigi Murolo 8; Rossana Viesti 8; Sergio Menna 8; Viviana Goldsztein 9; Sergio Del Casale 12; Antonio Menna (prof.) 12; Alessandro Frasca 14; Mario D’Ermilio 15; Francesco Pontillo 16; Nicola Traino 16; Savino Pollutri 19; Susanna Wilhelm Celenza 19; Andrea Naglieri 20; Eustachio Frangione 20; Peppe Galasso 22. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Lello Martone Personaggio Vecchi fusti Lucio Del Forno. Non ha (nè fa) una piega Nordhal, ma il cognome è Crisanti (Cesario) Se avete qualche dubbio sulla fondatezza del vecchio adagio Mens sana in corpore sano osservate Lucio Del Forno e vi convincerete. Se un primario ospedaliero conforma le sue giornate a quest’antica massima vuol dire che il precetto ha fondamento. Eppoi guardatelo, il nostro medico: senza mmalùcchie come si dice da queste parti non ha (né fa) una piega, dritto come un fuso, agile come una gazzella, veloce come un gattopardo. Per lui la corsa è il toccasana, la medicina delle medicine che lo spinge a cimentarsi in percorsi di assoluta valenza sportiva in giro per l’Italia ma anche in più comodi e meno agonistici percorsi con i suoi amici Tapascioni della domenica. Basta guardarlo il giorno dopo quando, indossato il camice da medico, corre veloce da un capo all’altro del suo reparto dispensando sorrisi e terapie azzeccatissime. Il cognome è Crisanti ma per tutti è Nordhal perchè era (e resta) ammiratore del grande Gunnar Nordahl, l’attaccante svedese che giocò nel Milan per otto stagioni di fila, dal 1948 al 1956. Un soprannome che lui porta volentieri, fors’anche con un certo sussiego, per la semplice ragione che identifica immediatamente la sua appartenenza antropologica prima ancora che sportiva, la sua identità di tifoso accanito e viscerale, di arcitifoso della squadra rossonera. Non toccategli il Milan, per favore, se intendete restare suoi amici e se non volete che lampi di fuoco gli sprizzino dagli occhi superando le lenti spesse degli occhiali. Per il resto non temetelo anche quando può apparire burbero e severo: è quel che si dice un pezzo di pane. 127 126 Relatore in un convegno medico, podista nella maratonina Roma Ostia ~ Filastrocche ~ ~ Filastrocche ~ Zumbe Zumbitte... Nicchi nicche... Sanda Nicole… Indicando le dita della mano, cominciando dal pollice e continuando fino al mignolo: Quešte dice: “vuje magnà!” – Quešte dice: “n’gi ni šta!” – Quešte dice: “vall’ a ccattà!” – Quešte dice: “vall’ a rrubbà!” – (e il mignolo): “Nicchi nicche... ch’arrobbe si ‘mbicche!” (Questo dice: “voglio mangiare!” – Questo dice: “non ce n’é!” – Questo dice: “vai a comprarlo!” – Questo dice: “vai a rubarlo!” – (e il mignolo): “nicche nicche... chi ruba si impicca! ) Zumbe zumbitte... scalicagnìtte, / me rombe la cocce e me štinghe zitte... Tre di qua e tre di lla / pesce fritte e bbaccalà... ( per augurare ai neonati di parlare, camminare presto e bene e di avere la lingua sciolta): Sanda Nicole... la bbella parole! / San Tumuasse... lu bbuelle passe! Sande Spidìte... la lenga spillìte! Vastesi che si fanno onore Michael Zappitelli, ci lascia una canzone È stato per settimane sugli schermi di Rai 1. Dal suo curriculum, al quale ci va di aggiungere soltanto un Ad maiora!, apprendiamo quanto segue. “Interista, amante del Poker, adora i Modà. Si appassiona fin da bambino alla musica e inizia le sue apparizioni nella Corale Warm Up. La passione lo spinge a studiare canto con il maestro Stefano De Libertis. Partecipa uscendone vincitore a vari concorsi regionali e nazionali. Nel 2012 partecipa come concorrente alla trasmissione in onda su Rai 1 Ti lascio una canzone, affiancato da altri tre ragazzi: nasce così una nuova boyband: la F.A.M.E. (Francesco, Alessio, Michael, Edoardo). 128 Artisti contemporanei Gianfranco Bevilacqua. L’oggettività dell’immagine, la poeticità dell’astrazione Nato a San Salvo nel 1943, ha poi trascorso l’infanzia e gli anni giovanili a Vasto Marina. Si è diplomato presso il Liceo Artistico di Pescara. Dal 1970 dimora a Siracusa, ma ogni estate fa ritorno alla casa paterna di Vasto. Definito un “diomedeo-aretuseo” per il suo tenere insieme, poeticamente, la propria matrice adriatica e una oggettivante attività artistica sui lidi mediterranei della ninfa Aretusa, è artista a tempo pieno e a tutto campo: pittura, grafica e soprattutto scultura. Da decenni predilige la modellazione della “creta”, un materiale che ebbe modo di avere fra le mani già da bambino, prelevandola dalla Fornace che fu alla Marina, quando non in riva al mare, a Scaramuzza, fra sabbia, alghe e scogli. 129 Sport Blocke notes sportivi Le Buttèje Il premio Silvio Petroro a Salvatore Cieri di Lia Giancristoforo Conferito nelle passate edizioni al prof. Filippo Salvatore della Concordia University di Montreal e al dott. Paolo Scaroni, presidente dell’Eni, il Premio Silvio Petroro e’ stato assegnato nell’edizione 2013 all’ing. Salvatore Cieri, amministratore delegato della Giugiaro Italdesign di Moncalieri, originario di Gissi. Il premio, un quadro in argento raffigurante il Monumento all’Emigrante e un assegno di 5.000 euro messo in palio dalla Banca dell’Emilia Romagna, che Cieri ha inteso devolvere all’Anffas di Vasto, è stato consegnato dal presidente dell’Associazione Pro Emigranti d’Abruzzo Gianni Petroro. Il giorno delle bottiglie 130 130 I prodotti dei supermercati, cui si stanno abituando tanti giovani, hanno un buon sapore, ma la “bottiglia” di pomodoro anche impolverata della cantina è un’altra cosa. È un sapere e un sapore di casa. La produzione casalinga di grandi scorte di salsa e pelati a lunga conservazione si afferma nel Centro-Sud alla metà del Novecento grazie alla diffusione popolare della pastorizzazione e della sterilizzazione. Prima di allora, il pomodoro veniva conservato cotto, salato ed essiccato al sole nella forma della conserva in pani per essere venduto o consumato dal contadino stesso. La diffusione dei processi industriali e dei recipienti di vetro della birra e del succo di frutta detti vuoti a perdere ha permesso di passare al metodo nuovo, grazie al quale la passata di pomodoro mantiene una consistenza e un sapore più fresco, limitando l’uso del sale. Il giorno delle bottiglie è un evento socio-familiare che si realizza nelle aie e nei vicoli dei paesi, dove il legame con la memoria e la natura è più forte, ma anche nelle case, nelle cantine e nei garage; implica inoltre il riciclo dei contenitori, valorizza il prodotto locale e riduce i costi di trasporto. La manifattura avviene tra agosto e settembre. La giornata delle bottiglie ha il carattere del “rito ergologico privato”. Procurato il carico di ortaggio e il giusto numero di recipienti lavati, fissata la data presso l’intero nucleo familiare, si comincia al mattino con la cernita e mondatura dei pomodori, con l’eliminazione dei frutti avariati e l’eliminazione dei pedicelli. Si esegue poi il lavaggio immergendo ripetutamente i pomodori in vasche colme d’acqua. I pomodori sono scolati e tagliati per facilitarne la spremitura o setacciatura con l’ausilio di macchinari; mentre succo e polpa passano attraverso il setaccio, scivolando in un apposito contenitore, da un’apertura laterale fuoriesce lo scarto, cioè bucce e semi. Il prodotto così ottenuto è sistemato nei contenitori in vetro, sigillato e infine sterilizzato; si tratta della fase più delicata del processo di lavorazione, e prevede l’ebollizione del prodotto in caldaia (a legna o a gas) per un periodo variabile fra i 45 ed i 60 minuti. Al momento opportuno, il fuoco non è più alimentato e si attende che il calore si esaurisca. Il processo termico si prolunga per tutta la notte fino al giorno seguente, quando il raffreddamento rende di nuovo possibile la manipolazione. Spesso le famiglie approfittano della brace per cuocere i peperoni, la carne, la bruschetta, il pesce, in modo da chiudere la giornata con una libagione collettiva e scaricare le ansie e le attese del processo di produzione. L’indomani, quando Lia Giancristofaro insegna dal 2005 Antropologia Culturale, Interculturale e Sociale presso l’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara. Dirige la Rivista Abruzzese, trimestrale fondato nel 1948. Ha pubblicato i suoi dossier di ricerca con case editrici nazionali e su riviste nazionali e internazionali. Tomato Day è il titolo del suo ultimo libro, edito da Franco Angeli, dal quale è tratto il testo a fronte. 131 il caldaio è tornato alla temperatura dell’ambiente, i protagonisti recuperano i prodotti e li sistemano in dispensa, svuotano il caldaio e lo ripongono assieme gli altri attrezzi. L’emozione patrimoniale della salsa casalinga coinvolge anche gli italiani all’estero. Il riavviamento all’estero di questa ed altre usanze contadine ha reso possibile l’adattamento pacifico e il superamento del pericolo della perdita d’identità. 132 Settembre / Settembre Icone Sport Settémbre / Settembre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 lunedì / Sand’Eggedie martedì / Sande ‘Lpedie mercoledì / Sande Durutué giovedì / Sanda Rosalie venerdì / Sanda ‘Usebbie sabato / Sanda Eve domenica / Sanda Riggëine La Vastese Calcio 1902 è in Eccellenza Francesco Paolo Cieri I primi timidi passi di ripresa per fortuna si vedono. Tornata in Eccellenza dopo il vittorioso campionato dello scorso anno nel girone B del campionato di Promozione, la Vastese Calcio, presieduta da Giorgio Di Domenico, sta affrontando con impegno questa prova nel massimo torneo regionale nella speranza, ch’è di tutti i vastesi, di rinverdire antiche e mai dimenticate glorie passate e di riportare i colori della Città nel calcio che conta, dopo la scomparsa della Pro Vasto. Combattente nella II Guerra Mondiale come Tenente Colonnello dei bersaglieri, dopo l’8 settembre continua il conflitto entrando nel Corpo Italiano di Liberazione. Funzionario delle Ferrovie dello Stato opera come dirigente ad Ancona. Amico di Angelo Cianci è, dagli inizi, al suo fianco nell’avventura di “Vasto Domani”. Tornato a Vasto si dedica a studi sul dialetto e sulle tradizioni locali, collaborando con Vittorio d’Anelli, l’emittente TeleradioVasto, e il gruppo di amici dell’Associazione “Pro Emigranti Abruzzesi”. lunedì / Cand’è nate Sanda Maréjje martedì / Sanda Sarafëine mercoledì / Sanda Nichëule da Tulundëine giovedì / Sanda Ggiacënde Francesco Paolo Cieri è l’ultimo sulla destra.accanto a lui Don Salvatore Pepe, Angelo Cianci e Angela Poli Molino venerdì / Sande Guide sabato / Sande Lebborie domenica / Sande Crescenze lunedì / La Madonne de le Sette Dilïure 135 martedì / Sande Cipriane mercoledì / Sande Robberte giovedì / Sanda Sufuëje venerdì / Sande Gennere sabato / Sande Sticchenicchje domenica / Sande Mattè lunedì / Sande Maurëzie martedì / Sande Lëine mercoledì / Sande Pacëfeche giovedì / Sande Sérge venerdì / Sande Coseme e Damïane sabato / Sande Vingènze domenica / Sande Fauste lunedì / Sande Micchéle patrone de lu Uašte martedì / Sande Gelòrme ~ Compleanni ~ Alessandro Grassi 1; Vincenzo Affaldani 3; Filomena D’Alessandro 7; Roberto De Ficis 7; Evandro Sigismondi 9; Nicolino Delli Benedetti 9; Bartolomeo Potenza 10; Pierpaolo Di Lello 10; Fiorangelo Di Nisio 14; Beppe De Marco 14; Maria Gizzarelli 15; Domenico Falcucci 18; Massimiliano Berghella 19; Michelina Vinciguerra 20; Laura Reale 21; Michelino Naglieri 23; Piero Falcucci 25; Rino Pomponio 28, Gino De Rosa 28; Nunzio Rubino 28. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Angela Poli Molino Polvere di stelle Filandro Bosco e Nicola Ferri. I campioni vatesi della boxe M’ aricorde A calcio sulla spiaggia Se ne sono andati a pochi mesi l’uno dall’altro i due moschettieri della boxe vastese, categoria pesi medi il primo e pesi massimi il secondo. Sono risaliti alla fine dell’ultimo allenamento sul ring più importante dello stesso Madison Square Garden per ascoltare dall’Arbitro misericordioso il verdetto definitivo, il più atteso; che sarà stato ancora di vittoria, a giudicare dal rimpianto generale che ha accompagnato la notizia della loro scomparsa. 136 La squadra Turbine dell’Itis Mattei Sez. A Meccanici 1965. Da sx, Francesco Paolo Sorgente, Vitale D’Achille, Piero Mancini, Mario Bevilacqua, Antonio Menna, Antonio Di Vito. Accosciati, Giuseppe Cinquina, Nicola Crognale, Giovanni Abbadessa, Osvaldo Bozzelli In piedi, da sinistra: Idiano Tenaglia, Antonio Bini, Joe Bosco,, Enzo Carnevale, Sergio Della Rocchetta, Eugenio Ruscitti, Antonio De Filippis, Enzo Olivieri. Accosciati: Vincenzo De Guglielmo (Mezzasquadra), Antonio Cocozzella, Aldo Tenaglia, Alfredo Tenaglia, Osvaldo Luciani. 137 Coriandoli Quasse è Con questo titolo, che rimanda al rassegnato stoicismo della cultura popolare vastese, ha fatto il suo debutto la seconda commedia in dialetto di Francescopaolo Sorgente, portata in scena durante l’estate scorsa con la solita bravura dagli attori della Compagnia La Cungarèlle. Una storia divertente, che si dipana attraverso scenette e dialoghi gustosissimi scritti e recitati nella più rigorosa forma della parlatîre paisàne. Block notes La XVII edizione del Premio San Michele. Riconoscimenti ad un artigiano, ad una maestra, alla Ricoclaun e ad un medico A fregiarsi del Premio San Michele sono stati nella diciassettesima edizione il meccanico Luigi Ciccotosto (Mastro Gino), la maestra Emilia D’Adamo, l’Associazione Ricoclaun Vasto Onlus diretta da Rosaria Spagnuolo e Carlo Di Giambattista. A designare i destinatari del Premio San Michele è stata una giuria presieduta da Giuseppe Catania, decano dei giornalisti vastesi. 139 138 La compagnia La Cungarelle durante una pausa delle prove ~ Fétte e fettarìlle ~ Il fringuellìo… delle rondini Come Dante e Virgilio, Micchele e Dumuìniche, ispirati dalla magica atmosfera d’ una tranquilla serata d’estate. Micchele: - Guarda,Domenico, il cielo stellato sotto il fringuellio delle rondini!… Dumuìniche: - Ma piccà li rundinìlle… fringuelle? Micchèle: - E ppiccà cchi fa… gràcide? Dumuìniche: - Ma štatte zëtte, Ecchijè li pèchere? ( n.d.r.: m’aricorde ca pi’ lu troppe rèite m’à ‘cchiappàte lu dulore a li fiènghe). La Stazione di Vasto ha compiuto 150 anni Era il 1863, esattamente il 9 novembre, quando il treno fermò per la prima volta a Vasto e dalla carrozza scese Vittorio Emanuele II, re d’Italia da soli due anni, tra le grida festanti della folla e al suono della banda che intonava la Marcia Reale. Sono passati 150 anni da quel momento ed è sembrato opportuno richiamare l’anniversario, importantissimo per tutto quello che la Stazione ferroviaria ha rappresentato come luogo di arrivo e di partenza, come metafora stessa della vita, con le rime dell’amico Giuseppe Francesco Pollutri e con una gustosa macchietta di Fernando D’Annunzio. 140 “Vasto! ... Stazione di Vasto!” Omnia fert aetas (Virgilio) “Vasto... Stazione di Vasto!”, d’un tratto udivi nell’aria, come un grido ipostatico del Capostazione (Michele Della Pelle, ricordo, ... di Mimmo, fratello mio, il Compare, ne ebbe e tenne ruolo, compito e fiero, negli anni sessanta e poi appresso) .. - Vasto! Stazione di Vasto! l’annuncio si rivolgeva a chi dalle carrozze, per suo fine viaggio, lì discendere doveva, ma per noi, che di casa stavamo lì, nei pressi, segnava il trascorrere del giorno le ore e della notte, non meno, poi. (...........................................) Memento più che edile monumento del tempo andato, immutato all’apparenza lì ancora sta, nell’incerto suo divenire, e qual desolata scoria resta... ... ma che La Stazziaune - nodo e svincolo di uomini e cose, del giungere e del partire, a “lu Uaste nòstre e më” ormai e tale più non é. (Stralcio da ”Vasto a La Stazione”, memoria lirica, inedita, di Giuseppe F. Pollutri, 2013) 141 Uttàbbre / Ottobre A la štazziàne Alla stazione Alla stazione, appoggiato ad una colonna, / morto di fame e cieco per il sonno, / sto aspettando il treno per Bari. / Sta rifacendo giorno e ancora non parto, / passano i treni ma non posso salirvi, / perché ogni volta che ne arriva uno / si apre lo sportello e viene fuori/ uno che dice: -in carrozza signori!- / Scusi principale se la importuno, / vorrei da lei un’informazione... / ma il treno dei cafoni quando passa?- A la štazziàne, ‘mbacce’ a ’na chilônne, morte di fäme e cicàte di sônne, štingh’ a ‘spittä’ lu truéne pi’ jì’ a Bäre. Mo ‘rifà jurne e angòra mi ni vâje, passe li tréne e jè’ n’ gi puzze sâje, picché ogne vvodde che n’ arrìve üne s’arrépe nu spurtàlle e vieno fuori une che dèice: - in caròzza signori! - Scùsimi pringipà’ se tt’ accimènde, ‘na ‘nfurmaziòne vurrì’ ca tu mi dâsse... lu tréne di li cafùne quanda passe? – Fernando D’Annunzio 142 La vignetta è di Riccardo Malaspina Vastesi che si fanno onore M’aricorde Uttàbbre / Ottobre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 mercoledì / Sanda Trisëine de Ggisì Emanuele Felice La Scuola Professionale Marittima Laureato in Economia a Bologna, dottorato di ricerca in storia economica a Pisa, ha completato la formazione alla London School of Economics, ad Harvad ed alla Pompeu Fabra di Barcellona. Ha insegnato a Bologna e Siena ed è attualmente professore associato presso il Dipartimento di Economia e Storia Economica all’Università Autonoma di Barcellona. A soli 35 anni ha già all’attivo interessanti monografie su temi economici e oltre 40 studi apparsi in collane accademiche, riviste, recensioni. Una bella immagine che Valentino Raspa, col cuore sempre palpitante per Vasto, ha inviato da Milano. Ritrae un gruppo di allievi della Scuola Professionale Marittima, Corso di Meccanica Motoristica, nella sede di via Giulia. La foto è dei primni anni ’30 del Novecento. Secondo le indicazioni di Valentino, ecco i nomi dei ragazzi fermati dall’obiettivo: in primo piano a destra Nicola Stivaletta. In fondo a destra lo stesso Raspa con l’albero motore in mano. Gli è accanto sulla destra un certo Cardone. Di seguito il direttore della scuola. A sinistra sul bancone con il trapano un certo Di Guilmi ed al suo fianco un tal Vinciguerra. Seminascosto si intravvede Oscar Raspa con l’istruttore della scuola. In ginocchio, Michele Marchesani. giovedì / Sande Remegie venerdì / Sande Mudešte sabato / Sande Frangische domenica / Sande Sande lunedì / Sande Brune martedì / la Madonne de lu Rusuarie mercoledì / Sande Scimàune giovedì / Sanda Sare venerdì / Sande Ciatté sabato / Sande Sandëine domenica / Sande Serafëine lunedì / Sande ‘Duarde martedì / Sanda Furtunüate mercoledì / Sanda Trèse 145 giovedì / Sanda Marecarëite venerdì / Sande Ruduolfe sabato / Sande Lìuche domenica / Sanda Lauratte lunedì / Sanda ‘Delëine martedì / Sand’Ursulëine mercoledì / Sande Dunüate giovedì / Sande Giuvuanne de Capeštrane venerdì / Sande Raffajele sabato / Sanda Grazie domenica / Sand’Umbüerte lunedì / Sande Crispëine martedì / Sande Taddè mercoledì / Sand’Unurüate giovedì / Sanda Duruté venerdì / Sande Quindëine ~ Compleanni ~ Elisa Celenza 5; Alberto Piccolotti 5; Anna Maria Vinciguerra 5; Luigi Giuliani 6; Gianni Petroro 6; Marcello Di Toro 7; Vincenzo Bevilacqua 7; Dino Cilli 10; Gianni Menna 10; Bruno D’Adamo 13; Ilaiza Tagliente 14; Gabriella Scafetta 18; Nagana Cupaiolo 19; Benedetta Maria Elena Di Toro 25; Teresa D'Adamo 26; Antonio Palombo 26; Francesca D’Annunzio 26; Michele Naglieri 28; Giovanni Vinciguerra 28; Affaldani Paolo 29. ~ Visti da Pino Jubatti ~ Giuseppe Catania Block notes Il lungo inverno del ‘43. Vasto la guerra in casa Un libro che colma una lacuna della storia cittadina 146 Coriandoli Le smanie del teatro Torna per il secondo anno consecutivo e con un numero di iscritti ancora più incoraggiante la scuola di recitazione Teatro Studio di Stefano Angelucci Marino e della moglie Rossella Gesini. I corsi si svolgono quest’anno presso il teatro delle Figlie della Croce in via Madonna dell’Asilo Stralcio della presentazione del volume edito da Q Edizioni. “Lo studio di Tagliente ci fornisce un quadro dettagliato, minuzioso, di questo cruciale periodo della storia cittadina. Normalmente gli storici possono disporre di due tipi di fonti: quelle indirette, cosiddette «oggettive», provenienti da autorità esterne o superiori (apparati dello Stato, forze dell’ordine, ecc.), e quelle dirette, soggettive, consistenti in diari, memorie, testimonianze orali, molto più delicate da maneggiare. La ricostruzione di Tagliente si fonda soprattutto sulla seconda tipologia: quel genere di carte, cioè, che delle vicende storiche ci mostrano non soltanto il loro esteriore svolgimento, ma anche il modo in cui esse vengono interiormente vissute dalle persone che ne sono investite.” Costantino Felice L’attore Stefano Angelucci Marino sul palcoscenico in una delle sue interpretazioni 147 ~ Fétte e fettarìlle ~ Štu ccone chïule … Punto Carne - 66050 San Salvo (Ch) - Via di Montenero 8 Tel. 0873 341357 - Fax 0873 346503 Un barbiere con !,bottega in corso Dante avevacapitare) due apprendisti che gliene combinavano di tutti Mangh’a li chëne lett. neanche ai cani (possa iChi colori, un disastro dietro l’altro, trovando sempre una scusa buona per giustificarsi. Il che lo ssi ‘ccëse !, lett. che tu sia ucciso mandava letteralmente in bestia. Esasperato dall’ennesima scusa, un giorno il barbiere sbottò: Mo te fàcce ‘nu muàzze tande! lett. Ti spacco la faccia! “Menumuäle ca šstu ccone chìule mi li porte sempr’ appresse, ca sinnà dassàte di méne pure a Acca càlle, chîule ti pàile, lett. acqua calda, culo ti pela. quašte!” (menomale che questo po’ di deretano me lo porto sempre appresso, altrimenti dareste di mano anche ad esso!). Ndr. Corre l’obbligo di informare il lettore che, data la stazza del maestro barbiere, “chilu ccone chïule” non era poi proprio “nu ccone”. Antiche botteghe La Profumeria Del Borrello Nata come risultato del processo evolutivo che interessò anche a Vasto diversi saloni di barberia, la Profumeria Del Borrello, oggi gestita dal giovane e dinamico Alberto, deve le attuali fortune all’iniziativa di Amedeo, ancor oggi in piena attività, il quale la rilevò dal fratello Michele, purtroppo scomparso prematuramente. Cortesia, disponibilità, professionalità, capacità di adeguamento alle nuove tendenze del gusto e della moda sono alla base del successo e della considerazione di cui da cinquant’anni gode questa ditta. 148 Amedeo alle prime armi di barbiere, impegnato in un taglio su Nicola Armeno Michelino Del Borrello, fondatore della profumeria omonima e fratello di Amedeo, insieme a Luigi Di Medio (lu scardalàne) L’olivo,“grazi’ a Ddë” di Giuseppe Tagliente Nullus locus sine genio, solevano dire i latini nella convinzione che un territorio è definito dalla presenza di una specifica entità soprannaturale. Genius loci è divenuta così l’espressione corrente per definire le caratteristiche peculiari di un ambiente, di un luogo o d’una terra, città o provincia che sia. Il genius loci del nostro Abruzzo, al pari di altre regioni adriatiche e mediterrane, è l’olivo, che le meravigliose immagini raccolte in questo prezioso volume fotografico testimoniano diffusamente ed uniformemente onnipresente, dalle zone pedemontane alla riva del mare, armonicamente inserito nel paesaggio tanto quanto nell’antropologia del territorio, nella storia, nella cultura, nelle modalità di vita, nell’economia, nella religiosità, nella percezione sensoriale della sua gente. Un rapporto naturale, intenso, lega l’Abruzzo ed il suo popolo all’olivo e al suo derivato, l’olio, che Gabriele d’Annunzio riesce a cogliere nell’essenza panica, simbolica, carica anche di sfumature di raffinata sensualità. Voglio diventare veramente come tu dici: come l’oliva. Ti piacerò? – sussurra Ippolita a Giorgio in una pagina del Trionfo della Morte - Mi vuoi…come l’oliva ? ed in quelle poche parole c’è la rappresentazione della natura circostante, del paesaggio abruzzese, che fa da quinta vivente, convivente, anche sensualmente connivente, con la storia d’amore dei protagonisti del terzo dei romanzi del Ciclo della Rosa. La relazione strettissima tra l’olivo e l’Abruzzo si ravvisa persino in quel forte e gentile, che costituisce la caratteristica dell’abruzzesità come della natura della pianta, così tenace da crescere anche sui terreni più impervi e tanto generosa, umile e pia da divenire il simbolo dell’ospitalità, della pace, della fratellanza. Si chiama infatti Gentile, anzi La Gentile, la varietà di olivo che una volta era la più diffusa nei territori che danno le spalle alla Majella e al Gran Sasso 149 1) La leggenda è riportata anche da Emiliano Giancristofaro, Totemàjje due – Cultura popolare abruzzese, Rivista Abruzzese, Lanciano 2012 2) Primo Levi, Abruzzo forte e gentile. Impressioni di occhio e di cuore, Roma 1882 e questo nome deriva, secondo una leggenda tramandata da Cesare De Titta ed Antonio De Nino, dalla gentilezza riservata dalla pianta alla Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto accogliendola sotto il fogliame e nascondendola così agli occhi degli sgherri di Erode. Nella suggestiva narrazione in dialetto riportata dal De Titta si ha quasi l’impressione che la storiella tramandata oralmente per secoli abbia avuto come teatro non la Palestina ma l’Abruzzo, dove il senso dell’accoglienza, della pietas, della solidarietà è quanto mai spiccato e diffuso. San Giuseppe e la Madonne scappè verse l’Egitte pe’ ssalvà’ lu Bbambine da la Stragge de li ‘Nucente. Je corrè ‘ppresse li Ggiudé, e stave p’arrivarle. La Madonne vede nu bbèll’albere di live e jje disse: « Bbona piante, annascùnnece!». La live abbasse le ramate e annascònne la sacra famije. Siccome la live te l’ojje, appicce allòche sotte nu bbèlle lume, e ccuscì lu Bbambinèlle ne ‘sta a lu scure. Arrive li Ggiudé, guarda ‘ntorne, e ne si vède cchiù nnesciùne. « A ddove s’è ttrapuzze?» dice tra di hisse, e ttocche pe’ n’atra strade. Allore la live areàveze le rame, e la Madonne je dice: «da ogge ‘nnanze tu ti chieme liva ggentile, e lu frutte tè è ssante». E ppe’ qqueste si dice la liva jentile, e nche la liva si fa l’ojje sante1. 150 Al di là degli accostamenti, arditi per quanto plausibili con il carattere ed il temperamento degli abitanti, per i quali Primo Levi creò appunto la famosa endiadi2, l’abruzzesità dell’olivo si ricava anche dalle tradizioni ad esso legate e da alcuni rituali di grande valore simbolico e sacrale arrivati sino a noi dalla notte dei tempi e di cui s’è perduta persino la consapevolezza del significato, che si ritrovano con pochissime varianti su tutto il territorio regionale. La consuetudine di sistemare un ramoscello benedetto accanto all’icona posta sul capezzale del letto allo scopo di propiziare la fertilità, augurarsi la buona notte o la buona morte oppure quella di scambiarlo nella Domenica delle Palme con i parenti, con i compari di battesimo, di cresima o di nozze e con gli amici sono gli esempi forse più largamente in uso di una familiarità dell’ulivo con le genti d’Abruzzo che diventa addirittura più spiccata in occasione di alcune ricorrenze. Così a Natale, sulla scia di una tradizione che affonda le radici nei riti pagani del Solstizio d’inverno nel corso dei quali si tagliavano e bruciavano tronchi di piante sempreverdi, è ancor viva l’abitudine di mettere nel focolare lu tecchie, cioè un ciocco d’olivo, attorniato da undici pezzetti dello stesso legno che simboleggiano Gesù attorniato da tutti gli apostoli, tranne Giuda Iscariota. A Pasqua, parimenti, e nelle altre due solennità dell’anno definite pasquali, l’Epifania (la Bufanèjje) e l’Ascensione (la Bufanèlle), è rimasto l’uso di lanciare nella brace del focolare un ramoscello d’ulivo per indovinare dallo scoppiettio delle foglie lo stato di salute, la bontà del raccolto dei campi o la sorte di una vicenda amorosa. A Vasto e più in generale nel suo comprensorio questo rituale viene di solito accompagnato dalla pronunzia di formule, ripetute anche due o tre volte mentre le foglioline saltellano nel camino che aggiungono un ulteriore sapore di mistero, di magia, d’incantesimo: Pàsche Befanie, che vvi ‘na vodde l’anne, sso vive jé ‘n’addr’anne? chiede il vecchio o l’ammalato, che vogliono avere informazioni sui loro destini. Pàsche, Bufanèjje e Bufanèlle, che vvì tre vvodde l’anne, mi vo’ bben’a mme? domandano gli innamorati, aggiungendo alla frase il nome della persona amata. L’elenco delle superstizioni è lungo perché, come conferma il poeta Modesto Della Porta3, sempre attento a riferire ironicamente sulle credenze popolari, la palme fa scappà’ vente e sajette / guarisce tutta sorte di malanne / la palma sante ‘n core t’arimette / la pace a chi l’a perse da tant’anne. La portata scaramantica arriva a manifestarsi anche nell’inserimento delle foglioline argentee nel Breve, il sacchetto apotropaico che le donne mettevano al collo o cucivano negli abiti dei familiari per metterli al riparo dal malocchio e da ogni tipo di sortilegio o nel rituale contadino di “fecondare” i campi spargendovi la cenere dei rametti e delle foglie benedette la Domenica delle Palme. Questo rapporto dell’olivo con la sfera religiosa, della magia, della superstizione fonda probabilmente anche sulle proprietà curative ad esso attribuite sin dall’antichità, a partire dalla medicina greco-romana e della Scuola Salernitana, che annettevano alle foglie proprietà ipotensive, antiossidanti, vasodilatatrici delle coronarie e diuretiche. I decotti, gli infusi ed anche gli estratti a base di foglie e di corteccia d’olivo rappresentano infatti una costante della medicina antica e popolare che il recupero e la diffusione delle pratiche omeopatiche hanno oggi riproposto per la cura delle ipertensioni, dell’arteriosclerosi, dell’eccesso di urea, del diabete, dell’obesità, dell’angina pectoris. Il rapporto che insomma questa pianta ha con gli abruzzesi è solido, multiforme, variegato, testimoniato dalla presenza di nove milioni di piante sul territorio regionale e dalla presenza di un ventaglio amplissimo di specie, che vanno dalla Gentile (la jendìle) alla quale si è fatto cenno, al Crognalegno nel Lancianese; alla Dritta nel Loretano e nel Moscufese; all’Intosso (la ‘ndosse) nel Casolano; al Frantoio, nel Teramano; al Castiglionese a Castiglione Messer Raimondo; alla Toccolana a Tocco e Castiglione a Casauria; al Nebbio ( la live nébbre) a Ortona e Vasto; alla Cucco ( la cucche) e al Ghiandaro nel Pescarese; al Tortiglione di Giulianova e dintorni; all’Olivastro (l’ulivaštre), al Rosciolo (La Rusciùle), la Pepaiola (Lu vache de pepe), al Leccino che si va attualmente diffondendo in tutta la regione soppiantando le specie più marcatamente autoctone. Una pianta, come s’è detto, della quale si sarebbe potuto dire molto di più con riferimento all’olio, il pinguis liquor olivae di Cicerone, e alle sue infinite implicazioni eduli, liturgiche e sacramentali, terapeutiche, combustibili ed illuminatorie, ma di cui interessava in questa sede cogliere la forza simbolica di una regione, i cui abitanti, almeno nel buon tempo andato, quando ne vedevano un esemplare si facevano il segno della croce e dicevano: “ Grazi’ a Ddë “. 3) La dumèneche de le Palme in Modesto Della Porta, Ta –Pù LuTrumbone d’accumpagnamente, Eurografica-Guardiagrele, 2009. 151 Se coje la ‘lìve... Tembe d’uje nove e tembe di ‘lìva curàte 152 Come da una fonte, l’olio d’oro E nel tempo fruttuoso delle olive nel trappéto, a la Stazione, liquido e verdegiallo un oro, ben fruttato al sentore il gusto, scorreva, e un dono io ne avevo accostandomi, fanciullo di poca età e timido, con una larga fetta di pane in mano, lì dove da una bocchetta, (...epifanica magia!) fluiva, dalla pressa grondante e alta, luminoso e ruscelloso l’olio dell’anno nuovo. Grossi fusti ne colmavano i viaggiatori discesi dalle carrozze sui binari: “E’ gente di città, ... dell’Altitalia!” – si commentava, a vederli, e col carico poi andar via. ... Chëste vènne aècche ca ‘nin pàhane mànghe lu viàjje... (maldicenza era, o il vero) ... so’ li firruvìre! e s’aripórtene a la case, nghi ddù sódde, ... lu bbéndiddë!” E noi - quelli che di maggio ponevano in latte, testa e coda alterne, sarde e alici, con grosso sale e un dosato peso rimesso l’olio, le residuali inolite drupe, invaiate e brune, addolcivamo con acqua e sale, per averne companatico minimo, ma di gusto tanto, nei mesi dell’inverno e per quelli appresso. Giuseppe F. Pollutri (da “Vasto, a La Stazione” – inedito, 2013) Questo periodo è caratterizzato da una attività consistente nella deamarizzazione delle olive (si mett’ a curà la ‘lìve), ovvero si adottano dei procedimenti atti a rendere mangiabili le amarissime drupe. Questi i quattro metodi più semplici e più usati. 1) Olive verdi grandi o “da concia” (lìva conge) Le olive vengono “curate” utilizzando la “soda in scaglie” (per i vastesi “la midicìne di lu sapone”). La dose è mediamente di 20-30 gr. per ogni Kg. In una bacinella di plastica si sistemano le olive precedentemente lavate, si coprono di acqua e si procede a versarvi la sostanza chimica dosata. Rimestare con un cucchiaio di legno (non usare le mani o posate metalliche). Dopo 7-8 ore si preleva una oliva, la si lava, la si apre e si guarda se la mutazione di colore della polpa è arrivata fino al nocciolo e si decide se togliere o tenere ancora le olive nella soluzione (N.B. se le olive non devono essere consumate subito non conviene far arrivare la mutazione fino al nocciolo, perché col passare del tempo diventerebbero molli). Si scolano le olive e si mettono in acqua pulita, avendo cura di cambiarla ogni 3 o 4 ore per due giorni, al termine dei quali le olive possono essere consumate. 2) Olive nere “leccino” sotto sale Sciacquarle e scolarle per bene, deporle in una bacinella, senza acqua, e coprirle con sale grosso nella dose di 100-150 gr. per ogni Kg. di olive. Ogni giorno, max ogni 2 giorni, occorre mescolare le olive, semplicemente facendo sobbalzare più volte il recipiente. Si tolgono le olive dall’acqua di coltura che si è formata, si lavano e si lasciano a bagno per 3-4 ore, dopo di che si fanno asciugare bene. Per la conservazione si possono passare nell’olio e deporre in barattolo, aggiungendo, se si vuole, “odori” come: semi di finocchio, bucce spezzettate di mandarino o arancia, origano, peperoncino. 3) Olive nere in acqua L’oliva scelta è quasi sempre della varietà “leccino”, per la forma liscia e ovale e per l’abbondante polpa. In barattoli o bottiglie a bocca larga si depongono le olive e si aggiunge acqua che va cambiata ogni 2-3 giorni, per 40 giorni circa. 4) Olive asciugate in forno oppure al sole (‘ngutt’ a lu forne o a lu sole) È il metodo più rapido per ottenere olive addolcite. Basta far bollire dell’acqua, versarvi le olive, avendo cura di tirarle fuori nel giro di qualche minuto. Scolare e far asciugare (non cuocere) al forno per pochi minuti o al sole per qualche giorno. Si consumano con l’aggiunta di sale, spezie e odori vari. Fernando D’Annunzio Nnuvembre / Novembre Coriandoli Amici del Lunario Nnuvèmbre / Novembre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 sabato / Tutte li Sende Massimo Russi, con la testa fra le nuvole domenica / L’Alme di li Murte lunedì / Sande ‘Ggisarie martedì / Sande Carle Burrumué mercoledì / Sande Giude Pilota civile, Massimo Russi, è stato comandante di Boing 737, e vanta 8mila ore di volo nella sua carriera. Proprio in questi giorni ha presentato un suo libro dal titolo “Vivere tra le nuvole”, racconto del suo viaggio di vita…tra le nuvole, appunto. giovedì / Sande Faušte venerdì / Sand’Ernešte sabato / Sande Guffrede domenica / Sanda Déure lunedì / Sanda Germane martedì / Sande Martëine Patrizia Crisci, nel fumo di Londra pensando a Vasto Talis pater. Patrizia Crisci, la figlia di Claudio il Corsaro, vive da anni in Inghilterra, anzi sarebbe più esatto dire che dimora in quel paese, perché cuore e mente sono costantemente rivolti a Vasto. Come dimostrano questi suoi versi di struggente, incontenibile amore per la città natale.. “Io sono nata in una terra di sassi, di mare, di campagne, laghi, fiumi e di montagne. Una terra di aquile, orsi, lupi, lucciole e zanzare.... dove i pesci sono allegri e la terra abbraccia silenziosa il dolore e la gioia di un popolo testardo, forte ma, assai gentile...il dolce, il salato della mia terra ...i sapori i colori, l’antico che si stringe al nuovo, il ferro....il sorriso della gente al pascolo, il suono, la musica delle zampogne....io sono nata in una terra fertile, piena d’amore...la guardo da lontano e mi accorgo di amarla adesso ....di più’…” mercoledì / Sande Giusaffátte giovedì / Sande Bonomme venerdì / Sande Giuquànde sabato / Sande ‘Libberte 155 domenica / Sanda Marecarëite lunedì / Sanda Sabbette martedì / Sande Crištejìane mercoledì / Sanda Tëlde giovedì / Sand’ Uttavie venerdì / Sande Diàghe sabato / Sanda Cecëlie domenica / Crëšte Rrà lunedì / Sanda Fiére martedì / Sande Caterëne mercoledì / Sande Lunuarde ~ Compleanni ~ ~ Visti da Pino Jubatti ~ giovedì / Sande Virgëlie venerdì / Sande Giácheme de la Marche sabato / Sande Saturnëine domenica / Sand’André Michele Di Cicco 1; Marcello Dassori 4; Antonio La Verghetta 4; Enrica Mileno 6; Biagio Santoro 6; Donatella Garbati 10; Vincenzo Tenaglia 12; Manuele Marcovecchio 13; Alessandra Smerilli 14; Maria Grazia Marino 16; Giuseppe Ronzitti 16; Marco Cimini 17; Gianni Felici 21; Maria Pia Naglieri 21; Francesco Piccolotti 22; Stefano Di Lello 23; Nino Bixio 24; Maria Marinelli 25; Michela De Felice 25. Leone De Liberato M’aricorde 1968. Visita dell’arcivescovo Capovilla ai laboratori di meccanica dell’ITIS a Vasto Marina. Nella foto da sinistra Ottavio Vizioli, Padre Angelo del Frà, Vittorio Aruffo, Antonio Angelucci, Giovanni D’Aurizio, Loris Capovilla, Michele Monteferrante, il preside Sergio Guazzotti, Mario Comparelli e don Antonio Moretta Polvere di stelle Loris Capovilla, Arcivescovo di Chieti e Vasto Raffaele Moscato detto Totò Segretario di Papa Giovanni XXIII, in modo indiretto e nascosto, è stato protagonista del Concilio Vaticano II. Arrivato nella nostra Diocesi nel 1967 l’ha retta fino al 1971 svolgendo una valida azione pastorale e vivendo la stagione della contestazione, la lotta politica D.C.-Faro, la morte di Don Felice Piccirilli e il desiderio di autonomia della Diocesi vastese. Suoi i decreti che formalizzano la costituzione della nuova parrocchia di Maria SS Incoronata e il trasferimento della parrocchia di S. Pietro alla chiesa di S. Antonio da Padova. Dopo la parentesi Lauretana si è ritirato a Sotto il Monte, in luoghi di Roncalliana memoria, dove vive tuttora. Se n’è andato all’improvviso, senza clamore. Era del resto una sua caratteristica quella di ascoltare taciturno; di guardare, studiando attentamente gli interlocutori, prima di aprire bocca; di lasciare nel dubbio se la sua fosse timidezza o istintiva cautela. Aveva 66 anni, troppo pochi per lasciare questa terra, anche se i suoi valevano esattamente il doppio per il tanto, duro, lavoro al quale s’era sobbarcato sin da bambino. Adesso che da apprezzato commerciante poteva aspirare ad una fase della vita meno pesante, più leggera almeno dal punto di vita della fatica, un destino crudele lo ha strappato alla famiglia ed ai figli ancor giovani. Ce ne rammarichiamo, perché Raffaele Moscato, Totò per gli amici, era un uomo buono e gentile, un padre amorevole e premuroso, un lavoratore per davvero, uno sportivo appassionato come pochi di calcio e della sua Vastese, un cittadino attento e rispettoso degli altri e delle regole. Ad Ernesto che non c'è più Se n’è andato in silenzio, con quella discrezione che lo caratterizzava, Ernesto La Verghetta. Ha resistito per anni con una forza inimmaginabile e con un coraggio da leone al “mostro” che lo dilaniava dentro, ma alla fine ha dovuto deporre le armi. Era un uomo dolce, simpatico, aperto, generoso, innamorato della vita e della sua famiglia, animato da Valori e da Ideali ai quali aveva improntato la sua condotta. Era come dovrebbero essere tutti gli uomini. Era un amico, uno di quelli che non si potranno mai dimenticare. 156 ~ Modi di dire ~ S’à fatte màtte la hônne ‘n cape. Si è lasciato mettere la gonna in testa. Si dice di chi si fa soggiogare da una donna E’ acca tràvete! E’ acqua torbida! ( situazione poco chiara o ingarbugliata) Sta sembre sott’a la hônne di la mâmme. Sta sempre sotto la gonna della mamma. Te’ la frèva magnarelle. Ha la febbre ma l’appetito non manca. Si ffà lu vuènte furte, sa da’ màtte’ li prète ‘n zaccòcce. Quando c’è vento forte deve mettersi le pietre in tasca (si dice di chi è troppo magro) Ha ‘ngipullàte. Ha inciampato. Via San Leonardo, 191 (zona ind. ovest) 66054 Vasto (CH) Tel. e fax 0873 310711 157 Icona Antiche botteghe Antonio Zaccardi, è sua la partitura di Mare Maje Ricorre quest’anno il trentesimo anniversario della sua scomparsa ed è doveroso riparlare di questa icona della vastesità. Dotato di un naturale talento per la musica ed attirato sin da bambino dalla magia del pentagramma, Antonio Zaccardi frequentò le lezioni del prof. Vincenzo Marchesani e in San Pietro dell’organista Domenico Giosa. Nell’immediato dopo guerra, su suggerimento del parroco Don Romeo Rucci, diede vita nel 1944 alla Schola Cantorum, con la quale eseguì le Messe Perosiane e la palestriniana Missa Papæ Marcelli. Molte le sue composizioni liturgiche e folcloristiche. Merita d’essere ricordato per aver dato stesura musicale alla famosissima Mare Maje, a Uašte è belle terre d’eure e a altri canti popolari che non avevano trovato mai la dignità di una partitura. Per le sue doti umane ha lasciato unanime rimpianto in chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. 158 La Schola Cantorum in tournee a San Salvo La famiglia Cipollone del Bar Martone Esiste una cultura da bar, detto in termini negativi, ma esiste anche una cultura del Bar ed in quest’ultima si distingue ormai da anni Franco Cipollone, erede e custode dell’antico e glorioso Bar Martone in piazza Diomede. Entrato come apprendista, diventato poi dipendente ed in seguito uomo di fiducia nell’azienda dei Martone, Franco è l’attuale gestore dell’esercizio che negli ultimi anni ha provveduto ad ampliare negli spazi e nell’offerta al cliente grazie anche all’aiuto che gli viene garantito dai figli Simone e Carla. Gentilezza, disponibilità, genuinità dei prodotti sono la cifra, come si dice adesso, della Ditta che, prendendo a prestito la terminologia del web, potrebbe essere correttamente definito come il Bar Martone 2.0. 159 Un martire dimenticato di Michele Nocciolino Michele Zinni, classe I908, deceduto a Vasto il 25 ottobre 1943 160 Sono nato a Vasto nel 1931 e vivo da quasi sessant’anni all’estremo nord del nostro Paese. Mi fa sempre molto piacere leggere fatti e avvenimenti della mia cara citta d’origine e leggendo l’encomiabile lavoro dell’avvocato Giuseppe Tagliente sul “Lunarie de lu Uašte” dell’anno scorso intitolato “II lungo inverno 1943, 70 anni fa la guerra arriva a Vasto” ho pensato di segnalare un avvenimento mai riportato dalle cronache dell’epoca e da successive altre ricostruzioni storiche. Mi riferisco all’unico eccidio perpetrato dai tedeschi a Vasto, avvenuto nel tardo pomeriggio del 25 ottobre 1943 nei campi di contrada San Pietro Linari, di cui restò vittima Michele Zinni, di Luigi e di Maria La Palombara, nato a Vasto il 17.12.1908, residente in contrada “Colle delle Velle”, ora via San Lorenzo, agricoltore e titolare assieme al fratello Nicola dell’unico frantoio esistente nelle contrade attorno a San Lorenzo. Prima di esporre i fatti, rimasti ancora impressi nella mia memoria (avevo da poco compiuto 12 anni e frequentato la prima media), preciso che sono uno dei nipoti dell’assassinato, figlio della sorella Chiara, classe 1906, e che mi sono spinto a narrare questa vicenda dopo aver constatato che nessuno ha provveduto in questi 70 anni a ricordare il triste evento.. Come ha correttamente ricordato Tagliente, dopo la metà del mese di ottobre del ‘43, la quasi totalità dei residenti in citta, per ordine del comando tedesco e per i ripetuti bombardamenti aerei e navali, aveva abbandonato le proprie case e si era riversato nelle campagne trovando rifugio presso parenti, amici e conoscenti. Nello stesso periodo alcuni prigionieri di guerra, lasciati liberi dai campi di concentramento di Sulmona, ancora in divisa, venivano notte tempo rivestiti con panni civili, rifocillati e accompagnati lungo sentieri che consentivano loro di proseguire verso sud per raggiungere il fronte che avanzava. Alcuni residenti nelle campagne, impauriti da quanto stava accadendo, incominciarono a scavare lontano dalle abitazioni piccole grotte da adoperare come rifugio in caso di estrema necessita. In questo contesto operavano gruppi di soldati tedeschi, che avevano il comando presso un villino alla periferia di San Lorenzo di proprietà del commerciante Giuseppe Del Borrello (passato in seguito alla famiglia Palucci), che, a corto di rifornimenti, razziavano tutto ciò che trovavano nelle masserie della zona. Nel pomeriggio del 25 ottobre, Michele Zinni, insieme ad un anziano contadino, tale Filippo Marino (detto lu stagnarille), era intento 161 a scavare una grotta in un terreno di sua proprietà alla base di una fascia boschiva situata in fondo a un vallone distante quasi un chilometro dalla propria abitazione. A circa un’ora dal tramonto, una pattuglia di tedeschi in perlustrazione, salutò i due uomini tornando però indietro dopo circa mezz’ora per chiedere spiegazioni riguardo ad un cavallo ed un puledro trovati nascosti in un canneto più a valle. I soldati della pattuglia ordinarono al vecchio di raccogliere gli attrezzi da lavoro e tornarsene a casa e allo Zinni di seguirli. Recuperati quindi gli animali e giunti nei pressi della biforcazione della strada campestre di San Pietro Linari i due tedeschi abbatterono prima Zinni e poi gli equini con sventagliate di mitra. L’orribile scena fu notata da lontano da alcune donne abitanti a centinaia di metri dall’accaduto. Avvertiti nel cuore della notte, parenti ed amici (abitavo a circa 4 chilometri a nord, in contrada Fonte Fico e giunsi a casa dello zio con i miei genitori verso le due del mattino successive) provvidero a prelevare, lavare e ricomporre la salma non riuscendo a darsi una ragione dell’accaduto. Ricordo soprattutto di quella notte la disperazione della zia Anna che all’improvviso si ritrovava vedova e con tre bambini in tenera età: il primo di 5 anni, la seconda di 3 e un bimbo di 8 mesi, che per tutta la notte della veglia volle costantemente tenere in braccio. Ignote sono rimaste sino ad oggi le ragioni per cui i due militari avevano preso la tremenda decisione, nonostante un gruppo di parenti si recò subito presso il citato comando Tedesco. Oggi dopo 70 anni mi piace sottolineare che la zia Anna, scomparsa nel 2006, portò con grande dignità questo suo grande dolore senza farlo pesare ai figli. Tant’è vero che il bambino che all’epoca dei fatti aveva 8 mesi, vive oggi proprio nella terra di provenienza di chi l’ha barbaramente privato dell’amore e del sostegno di un padre, in Germania, dove il destino volle che approdasse e prendesse anche moglie. Udine, 25 settembre 2013 162 La signora Anna, mamma di Michele Zinni, in una foto scattata in occasione di un suo compleanno attorniata dai familiari Decémbre / Dicembre Visti da Pino Jubatti Personaggio Dicèmbre / Dicembre 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 lunedì / Sanda ‘Ligge Angelo Cianci Miranda Sconosciuto Nomen omen, il nome è tutto un programma. L’antico detto latino le calza proprio a pennello, perché Miranda (Sconosciuto di cognome, La Cicatille di soprannome, come le piace dire) è una donna da ammirare davvero per l’infantile candore che traspare in quel che dice, per la sua generosità d’animo, per l’entusiasmo e la tenacia che mette nelle iniziative che continuamente inventa, in primis quelle che porta avanti con l’associazione La Bottega dell’Incontro, da Lei stessa creata, che coinvolge decine di bambini in attività di grande rilievo educativo. Starle accanto è un’emozione, e qualche volta una fatica per mantenere i suoi ritmi; esserle amico è un’opportunità ed un privilegio. martedì / Sanda Bibbïane mercoledì / Sande Frangische Saverie giovedì / Sanda Barbere venerdì / Sande Vasse sabato / Sanda Nichële de Bbare domenica / Sand’Urbane lunedì / la Cungiuzïane martedì / Sanda Valerie mercoledì / la Madonne de Lurète giovedì / Sande Sabbëine venerdì / Sanda Amalie sabato / Sanda Lucëie domenica / Sande Giuvuanne de la Crauce lunedì / Sanda Silvia 165 martedì / Sand’Adelaide mercoledì / Sande Làzzere giovedì / Sande Ggraziane venerdì / Sande Darie sabato / Sande Libbrate domenica / Sande Severëine lunedì / Sande Flaviane martedì / Sanda Vittorie mercoledì / Sanda Irmëine giovedì / la Sanda Natale venerdì / Sande Štefene ~ Compleanni ~ ~ Fétte e fettarìlle ~ sabato / Sande Giuvuanne domenica / le Sende ‘nnucïnde lunedì / Sande Davede martedì / Sanda Ilarie mercoledì / Sande Silveštre Cristofer Ronzitti 3; Giuseppina Serafini 4; Nicola Vinciguerra 5; Francescopaolo Canci 11; Adriana Di Lanciano 11; Cinzia Del Borrello 15; Ornella Monaca 16; Luca Garofalo 19; Patrizia Crisci 19; Pietro Di Lello 19; Marcella Assettati 22; Alessio Ciffolilli 28; Nicola Di Pietro 29; Donatella Fabrizio 29; Simona Tiberio 29; Stefania Marcianelli 29; Silvia Celenza 30. Haje fatte tânde pe’ mm’abbuttà’ Micchèle viene invitato da un amico al ristorante. Siamo al tempo in cui si pativa un po’ di fame e, pancia mia fatti capanna!, ingozza tutto ciò che gli mettono dinanzi. A fine pranzo l’amico gli offre un digestivo: - “Mo ‘i tujjéme nu bbuèlle diggeštìve!?” - None, none, frate sé - gli risponde di getto Michele - haje fatte tânde pe’ mm’abbuttà’ e mo mi vu’ fa sùbbete dilliggirë?” ( ho fatto tanto per riempirmie adesso tu vuoi farmi subito digerire?) Amici del Lunario Paolo Molino M’aricorde 1959. la 5^ dell’Istituto Tecnico Commerciale “Filippo Palizzi” Fazioso politicamente ma simpatico il nostro Pavilîcce. Gli perdoni qualche esagerazione dialettica per il modo con cui la dice, per l’espressione che assume quando la dice, per la buona fede che s’intuisce dietro le parole, per la convinzione che ci mette. Si può non condividere ciò che dice ma non per questo non ammirarlo per questo suo candore, per l’ingenuità, per l’ostinazione con la quale colora di rosso le sue affermazioni, per la lealtà e la sportività che dimostra in ogni confronto. Anche perché Ceccopaolo è sportivo sul serio, avendo alle spalle anche un passato di tutto rispetto dedicato alla promozione dell’atletica ed all’organizzazione di manifestazioni agonistiche. In cima al gruppo Franco Molino, nelle file successive da sinistra, si riconoscono Greco, La Verghetta, Mario Sorrentino, il Prof. Levantesi, Fiore, Irma Ghianni, Elena Miscione, Lucia Bibbò, Antonio Del Greco, Antonio Fiore, (?) , Luciano Biliotti, Scafetta, Lalla, Bruno Barbieri, Gianfranco Bonacci, Flocco, Battaglini, Tanino La Palombara, il preside Nino Nanni ( al centro), il prof. Di Giacomo (?) il prof. Scolavino (primo da sinistra in basso) e il prof. Mancini 166 ~ Filastrocca ~ Sitacce... Sitacce... Si cantava mettendo i bambini a cavalcioni sulle ginocchia e facendoli oscillare in avanti e indietro. Sitacce... sitacce... di štu fijje che me ne facce... Le jètte a lu Mure de le Lame, / se l’areccoje lu lope menàre... Le jètte a la Marine , / se l’areccoje nu malandrine... Le jètt’ ammèzz’ a la piazze, / se l’areccoje la ggende che ppasse... Arepasse lu patre so’ / s’arebbracce lu fije so’ !!! 167 Coriandoli 168 Block notes L’arte del presepe napoletano L’Associazione “Vasto Veicoli Storici” Vivissimo era una volta l’interesse dei vastesi per il presepe, testimoniato dalle pregevolissime manifatture giovanili dei Palizzi; da quanto resta ancora in giro de li pupuattìlle di Monzù, realizzati a mano da questo artigiano dell’Ottocento del quale si hanno poche notizie, e dalla memoria delle scenografie natalizie che venivano preparate in particolare a San Pietro, dove se ne montavano addirittura due, uno sull’altare maggiore e l’altro nella Cappella del Purgatorio. A risvegliarlo ha pensato da qualche anno la famiglia Pinto, che arrivata da Napoli, capitale indiscussa dell’arte presepiale, ha aperto un negozio in piazza Barbacani, chiamato per l’appunto l’Arte del Presepio Napoletano. Varcandone la soglia ci si ritrova in una vera e propria San Gregorio Armeno in sedicesimi: se ne respira l’aria, l’atmosfera e si ritrovano le multiformi statuine di finissima qualità ed i sofisticati impianti scenici degli artisti dei Decumani in mezzo ai quali, statuina tra le statuine, si muove con una grazia tutta partenopea la signora Nunzia, pronta a dare ogni suggerimento allo sprovveduto come al ricercato acquirente. Entrate, anzi trasìte, ne vale la pena. Fondata nel 2000 da un gruppo di appassionati, federata ASI, l’ente a cui lo Stato Italiano demanda la certificazione dei veicoli storici e d’interesse storico, l’Associazione Vasto Veicoli Storici ha sede al n. 62 di via Martiri della Libertà e conta circa quattrocento soci. Il Direttivo è così composto: Presidente, Massimo Leone; Vice Presidente e commissario auto, Giuseppe Fino; Segretario e Tesoriere, Valentino Piccirilli; Commissario moto, Antonio Del Villano; Consiglieri, Luigi Corvino, Giuseppe Di Biase, Adamo Di Pardo, Roberto Magnarapa, Antonio Palombo. L’associazione ha all’attivo varie manifestazioni, a cominciare dal Raduno Città del Vasto che si svolge il 25 aprile d’ogni anno, la mostra fotografica dedicata al campionissimo Manuel Fangio a Palazzo d’Avalos; il corso di guida e tecnica automobilistica da 12 ore di teoria ed una seduta in circuito con un’auto da rally. Da sottolineare che alla Fiera di Padova, la più importante del settore a livello europeo, la Vasto Veicoli Storici ha esposto una Lancia Delta Abarth con i colori Marlboro ex campionato mondiale, già oggetto di uno speciale servizio della Rai. L’Associazione edita inoltre ogni anno un Calendario con fotografie realizzate dalla fotografa d’arte Monique Leone. Meeting di auto d’epoca. Nella foto in basso, da sinistra Luigi Corvino, Antonio Palombo, Valentino Piccirilli, Giuseppe Fino, Adamo Di Pardo e ultimo sulla destra il presidente della Vasto VS, Massimo Leone 169 Dicémele a la noštre Poesie in vastese ed abruzzese di Giuseppe Perrozzi Giuseppe Perrozzi, l’erede di Luigi Anelli Un compact-disc nel quarantennale della morte 170 Si deve alla cortesia di Fernando Coletti se l’edizione di quest’anno del Lunarie de lu Uašte reca in abbinamento un gioiello straordinario, un compact-disc con alcune tra le più belle poesie del poeta vastese Giuseppe Perrozzi (1899 -1973) recitate da lui stesso, appositamente riversato da un nastro registrato pochi mesi prima della scomparsa. A beneficio dei lettori si riporta questa breve nota critica sulla poetica del Perrozzi tratte da uno scritto di Giovanni Peluzzo. “Giuseppe Perrozzi, nipote di Luigi Anelli, ha in comune con questi la cornice esteriore che fa da riquadro al suo mondo poetico. Come per l’Anelli, i personaggi sono autentici tipi vastesi ed il protagonista di tutta la sua poesia è la città del Vasto con le sue bellezze naturali, con i suoi difetti e le sue contraddizioni… Ma la sua satira non è mai astiosa, il suo è un sorriso bonario che a volte vela di malinconia i suoi versi scherzosi e, da autentico vastese, sa commuoversi e pregare nei momenti in cui il destino incrudisce sulla sua città”. A la piazze di lu pasce - A ccende! A ccende! Jamme sî ch’è fràsche! Rissciule e ccalamere senza gnostre! Minite a ecche ca ci sta la pàsche di li paranze di lu mari nostre! Vu’ na lebbre cumbà pi nu bbrudatte? - Gnorscè, ma mi li vujje je capà. - Lass’ fa’ a mmà. Massaire, scibbindatte tu m’ ha da deice, canda ste a mmagnà! Mitti ssi peise, jamme sî, Micchè ch’a chistu Sangiuvanne, crite a Ddejje, nin pozze da na rrobba gna vè vè. Ti matte du mirlicce e quattre trejje … Li veite gna so ggrusse, bbeni mè, nghi cheste ci accibbèsce na famejje! - Ma cagne sta mirlicce nghi la panze che sembre nate a timbe di la grasce: te’ na treppe, parlanne nghi crïanze, ch’ e granne ggrosse come na grancasce. - E cumba Pi, si tti li vu capà, a ma m’arreste sole la fragajje ... - Allaure ti li lasse! - Vi a ‘n quà! - Gnornà, questa è la piazze o lu squannajje? - Nin t’ arrajà cha ni, nin seme létre! P’ accuntuntàrte, tinghe na spiranze: Pi n’ acchiappa li mamme, ma li pétre canda vajje a piscà nghi la paranze, a li puasce ch’ acchiappe, nghi lu métre i tojje la misîura di la panze! ... Lu bballicune di Don Cecce Sti ser’ arréte nghi n’addra pirzuaune, passanne pe la Piazze, hajje sintïute piane piane a parlà, cacche minïute, anduvinate a cchè?: Nu bballicàune! E’ ccosa strane, tande che don Cècce manghe li sa ca té nu bballicàune che nnotta timbe fa lu chiacchiàraune e nghi chill’ eddre ci si tojje a ppècce. M’ajje firmate pruprie a èlle a ssatte; hajje sintïute ca diciaive qualle a n’addre ballicaune à ccapabballe: - « Nghi ma ngi pù parlà, nti ci pù matte. Si vu pinzà soltante a li pirzàune ch’ ajje tinìute sopra a cchisti prete: Prifitte, Gran Minestre, Dibbutete Arche di scienze, da fa suggiuzziàune. 171 Je’ na mburtanze mi li pozze dà e si ci ha capitate cacche ffàsse, li mene hanni sbattïute pure a asse: lu mèrete e lu mé, ngi sta da fà! … Chill’ addre ballicàune, a ppiàne a ppiàne j” arispunnaive: — « Scè?! Tu ti nà vènte ca si fatte parlà tutti ssi ggènte c he t’ hanne stratte chi ssu passamàne! A esse adadde è state chi la ggente chi tte la faccia toste gne ssi préte. C’ è state, scë, chi l’ hanne ciuffuléte. ma si ppiccà?: N’ avé prumesse niente! Lu Uaste, sarrì granne gne Milane; lu Uaste,’ bbeni mé, nzarri chiu àsse; ma chelle, ch’ hanne fatti sti prumàsse so state tutti fijje di ... putate !!! » A lu Staccàte 172 Piene di ggente è tutta lu staccate; ad hanna carre quattre scurtichîune e nzi treuve nu poste a sta assittate manghe si vu pahà li milîune. Sone la trambe, cale la banire; me sféile Ciacciachëule e lu sgubbate che pi nzi fa passà da lu frastire, scrocche nirvanne gne n’ alma dannate. - « Attende a la vuddate, ajj’ Ciacciachè! Mo ve, ti passe, n’ addra sgrujazzanne forze … forze, pi crenne … forze mé! … E t’ha passate mé, vatt’ a ripanne! » E’ di sudaure piaine gne nu laghe lu cuavalle trumminda si trascèine forze aripenze, liccannisi li piaghe: « Je stave majje sott’ a lu trajéine! » Lu gragnilàtte Lu saule chéuce, abbrîusce li cirvelle. Lu marinare, nghi la pippe ‘n macche, guarde l’ acche di sotte a lu trabbacche, spiranne d’acchiappà cacche mmijelle. A mezz’ all’ acche, sott’ a Ccungarelle, Pasquale fa l’amaure nghi Giuvèine; darasse ad hann’ sta’, senza nmujèine, ca la mamme i fa la sindanelle. Ma trumminde la mamme sta vuddate Pasquale, quatte quatte s’ abbicèine … Smorze sott’ acche ghi du tre vracciate … Jette nu strelle chi la bagattelle! Deice a la mamme pi nzi cumbrumatte: - « M’ha pizzichete mè lu gragnilatte!! » - Sanda Cicèlie Meh! Fàmmele a ssintè si ssi mbarate le scale scrette sopr’ al pintagramme. - No, prufussò, me s’è mmalate mamme n’ajje putute mbarà la sirinate … - La sirinate? Ma ti si scileite, do, re mi, fa sol; la, si, do, re, mi, le chieme sirinate! Nminde … nmì! Sbirreite su prisitte, via sì; si nin stidie, gna sune, nghi li tècche? Nzi studiéte a la case, fall’ a ècche! - Sol .. la .. si .. do .. re diesis, mi bbemolle! ci vò l’ucchie e li racchie fije mé. E’ tre vodde che sbejje: Mi bbemolle! - Ne l’hajje viste, prufussò, scusate. Pure sanda Cicilie che studiave, j crede ca pur’ esse si sbajjave e chi lu mastre i l’ha pirdunate … Sanda Cicilie m’ha da fa la grazie! - Sanda Cicèlie séule, a tta n’ gi avaste. Chiamete n’addre Sande pe cunsejje! Fra tanta Sende che ci stà a lu Uaste Accuminze a prihà Sanda Lucejje! - La mmala sorte Jè mo sò vvicchie e ne ne pozze cchì: quarand’anne di vita cummurciale … Che m’aritreuve? Dimmele mò tì: n’articulatte sopr’ a nu ggiurnale! Hajje vinnìute: lebbre e ppupattille, a ccarnivale maschere di carte; pinnèine, calamere e ppazziarille, spiranne di gudà na bbona sarte. Pinzave sembre: Canda sti bbardèsce si fanne grusse e jé s’intoste l’osse, te pare can gi sta chi ci ariesce 173 dumane a divintà nu pezze grosse? Nu pezze grosse? Di cchì: nu littirate! Li panne, lèbbre, carte e ccalamare, si n’ha da riprijè chi je l’ha date E l’ha fatte truvà sopr’a n’addare! Ma doppe quarand’anne de spiranze, ha firnìute accuscé la mircanzejje: Chi nghi lu gnostre ha avìute la custanze di screvece nu sacche di bbuscejje … Chi nghi li lèbbre, ha fatte carta stracce e ci sta cirte – quaste mi fa male – s’hanne arimasse la maschere a la facce: Pi èsse ogne jurne è ccarnivale Lu varvìre 174 Lu varvire! Sci ccise a chi li fa! E’ n’arta sbruvugnate, mar’e a mmà. Trummunde ti s’intracce li videlle, ti ha da resse sempre cchiù dducate, sempre gentile … e quaste je lu bbelle: t’attocche a gnuttè ruspe ogne mumente, zìcchere ‘n macche e core avvilinate e ti … ha da reite si ni vu scattà! Si je t’ accande qualle ch’ è ssuccesse di dentr’a sta puteche maddimane, ti m’ha da craite pruprie gne nu frate, ci sta da rimanarce senza fiate. Stamme a ssindè: Nu cumbaruzze mé, che sta Milane da tre o quattre meisce e cche ccand’ ha partìute, bbeni mé, ndinaive ngolle manghe la cameisce, mi si prisende annd’ a la puteche nghi nu custìume tutte arizzilate, ridenne mi salìute: - « Come state? A casa tutti bene? » - E je che sacce gna sa d’hanna trattà li halandume, j hajja risposte, ugnenneie la facce: - « Unore a chi si vede doppe tande! ... Gna te fa bbene l’arie di Milane! ... Ti si ngrassate facce di bbrihande! Trasce! » - « La barbe j me l’hajja fa! » - « Ci sta du varve, assittete a la sete, si tratte du’ minìute d’aspittà ». – Trumminde fatijeve, a vvia arrete, sindeive a runzujè nu musculaune … Che pputeve pinzà? Doppe nu ccaune, me vajje pe vuddà, tu m’ha da cràite: si mi deve na curtullate arrete, n’ascive sanghe da le carna mì. Lu cumbaruzze, ch’avè già nbilète la spine a la currenda di la lìuce, nghi lu rasol’ elettreche, a la facce, si ni stave tranquelle a fa la varve … Je le guardave accuscé, gne nu mammocce! N’ avaste! … S’arivodde a tutte quende: - « Ecco, videte, con questo rasole une la barbe se le fa da sole. Voi aspettate, io ho già ffernute, perciò grazie cumpare, e ve salute! » E je guardanne sopre a lu stupatte, addò sta scrette. « SCI LAUDATE CRESTE » ‘nfruscèite pe la rajje, ngi hajje veste … (lu Padraterne m’ha da pirdunà) stavodde, m’ ‘hajje messe a rinnihà! Li casutte Zia Reusa Rrotafruce té na fèjje che l’ha da marité, ma gna ha da fà? Senza la dadde e senza momabbejje, ‘n gi sta nu cuane che ci va abbajà. Di mmerne, ‘n ‘z’ abbiceine a na varlotte; si vvede l’acche, ci si mette a ppiagne, ma di l’ astate, j arivé di bbotte la frinniscejje de j ffà li bbagne; ‘ngiò pi salìute, ‘ngiò pe pulizzejje, ma pi ufanarè: - « Pu’ ffa vvidà ca l’eddre fa li bbagne e cchista fejje manghe le pite se pò jè a sciaccquà? Eh, Ndunnuì, a uanne lu cuasotte nnende al Nittune l’eme da piandà pinze ch’a Jucce je se sta a ffà notte … Ti sì lu patre e tì ci ha da pinzà! » Lu puvirelle, fra le tanda piaghe fra dèbbete e ppisiure di famejje, fa la dumande pi lu poste e ppaghe, nghi la spiranze d’ammullà la fèjje. Ma cand’ asciagne abbass’ a la mareine pi mmatte finalmente lu cuasotte, tra irre e orre, ‘n mezz’ a la mmujeine, j’ assàgnene lu poste a Bbonanotte! 175 - « Ma come va stu fatte? Hanne cagnate li nnìmmure cuscè, tra jurne e nnotte? Lu poste mé è ddece e sta signate, mé m’ aritreuve a ccendenuvanotte! Eh già! Chi arrive doppe è lu patraune e chi sta prèime, passe arréte arréte … Ogn’anne chi sta solita canzaune ogn’anne chi sti mbrujje s’aripéte… Zia Réuse sta rruféte gne na hatte, accuvacciate arréte a lu cuasotte: - « E manghe a uanne m’ é vinute fatte de dà la fejje a ccacche ggiuvinotte; e doppe ch’ a si spaise chi le sà, fra speine, vreite e scattele de stagne, nen si li pide addò l’ha da pusà … Si po’ sapà che ssèrve a ffa sti bbagne? Lu futt’e-bballe 176 - Ah cumma’, titte è ccagnate nghi sta bbrutta giuventî! Me li giuvine ducate, gne na vodde, ngi sta cchî Preime schine a vvindunanne nzi faciaive mà piccate, mentre mé, canda ni sanne di mmalezie e nnicutate! Fîume, bballe, sune e ccande; la fatejje? Bbeni mé, j saffurte, jé pisande ni li veite ma a ssudé. Mè si tojjen’ ogne sfèzie stanne piena di quatreine e chi tè, quatreine e vvèzie preste o tarde va a rruvëine. Sanne tutti li canzîune sanne pure jucà a ccarte; che vrivagne! Ma niscîune perde tempe a mbarà n’ arte! - Ma ssi ggente addonna vanne pi la ve’ di l’ Arrahàune? - Nda ricurde mo fa l’ anne? Senza manghe suggiuzziàune, nghi na palle arippizzate, vanne e vvenne e ddanne chegge. Brutta ggenta scumunzate, stame a jè di male ‘n pegge! Ma lu sande saciardote j’ e l’ ha dette a li fidele: Nghi stu ggioche da strigote, nun z’ onore San Micchele! Nghi stu saule, nghi stu cualle ah, chi brutta purcarejje ujje fanne a ... ffotti bballe for la facc’ di signurejje! ... Li piaghe di lu Uaste Nî, a lu Uaste, semi nate sott’ a ccacche stella naire. Lu distëine, da dannate, ci trummende pi ddavaire: ngi sta forze né ttalende pi cagnà qualle ch’ è scrètte: semi nate mmalidètte e mmurëime a fochi lende. Tutti l’eddre paisutte, Fräisce, Lëisce, lu Cupelle, gna ti fanne nu pruggette, j’ à riesce tand’ belle; mendre nî chi ci pinzame pi tant’ anne a ffa cacchèuse, ci nasciaime e ci cripame, senza ma’ ccucchià na chèuse. Vu vidà ca jè llu vaire tutti qualle chi tti deiche?: Sta la vï di la stazziaune, fatti titte a ppirfizziaune, cilindrate, e bbitumate, s’è rriditte na fracchiate. L’ accquidàtte la matëine fa culà tre stizz’ d’ acche, ma lu jurne, mar’ a ttà, ti si po’ ssiccà la vacche! E la frane addò li mêtte? s’ha magnate, zitti zêtte, gne nu laupe ca te’ fame, mezze mura di li Lame. Chi li sa cala matëine, sciuvilenne bbelli bbelle, i truvame a la marëine justi sápre a Ccungarelle! Lu fubballe, chi ppassiaune da fa perde lu cirvelle! Chi lu jurne a l’Arrahaune tra lu Uaste e l’Arzinale, è successe nu macelle! Cacchi d’ îune a lu spidale, cacche addre senza zanne e a chill’ arbitre l’affanne je minîute pi scappaje, ca vulè salvà la cocce, ma ningaive li pritanne sanda Spëine, soccia soccie! Preste è ddette la murale: A lu Uaste nzi pirdaune; nin zi jeuche a l’Arrahaune … Schine all’ utime dill’ anne nin z’ ammaine cchiù pritanne! Lu rillogge di la piazze, ogne tante fa lu pazze, mo vá a ‘nnende, mo va ‘rrete, ca li reute s’è ffrüete. Pi ffa sembre tticche e ttacche, ha pirdîute sole e ttacche e si sseune, è nu pachî, soni quattre e jè li sî. Accungiarle?! E’ na pareule! Ci arivé li mizzi séule! Mo chi l’ hanne alluminète lu quadrante ch’ è di prète, hanne fatte na pinzate: l’ hanni pure aripittate. Cand’ è bbelle lu culaure! Chi lu povire rillogge, fra li tanda malatejje chi tte ‘mmezze a li tramogge, u pi sfezie, u pi vvèzie, s’ é mmalate d’ittirèzie. Tinavame na spiranze di magnà du russciulètte, ma lu mare zitte zètte, j’ ha distritta li paranze; l’ ha gnutteite a îun’, a îune e ja ttocche a sta ddijune, ca lu päsce coste care, si ‘nzi fa lu bracce a mmare. Pi magnà du’ pupattíune, t’ a da vanne li cazzíune. Di lu purt’ di la Panne si ni parle da tant’ anne Ciccaraune ci ha pinzate, doppe Nasce, Rècce e Janne e gna fisse nu mmalanne, lu dusteine ci ha strungate. Cànda scujje s’ è ittàte c’ ha custate li bbrillande, ma lu mare da livande s’ à gnuttèite vita terne! Ci stattaive na lanterne iuste ‘n pezze a la spianate, che sirveive da luntane a llumé li lambatane, pure qualle s’ è distritte! Mare a nnì, chi ttimba bbritte! Ma sta vodde fra du mëisce, s’ è llu vaire, bbeni mé, s’ àccumenze a fatijé e spirame da nin dëice come cchi la favulatte chi finèsce: nisce … nëisce, sott’ a tta sta du turnëisce! Mare e tterre Che mmare arilucente calme e bbelle di sotte a lu « Palazze », stamatine! Ci stanne tanta vele e mò le stelle scumpàrene a lu sole matutine. Preme lu mare tutte na fuschìjje che da « Casarze », ‘nzine a lu Gargane, ti tegne li culure a mmane a mmane, trumminde si fa jurne a vvemmarìjje. Vicine a mme, ci sta nu marinare nghi nu cappotte e lu cappucce a ffiocche, che sta penzose a rriguardà lu mare: la ppippe ‘n mane e la cippelle ‘n mocche. Mi guarde e ffa: Li vide gn’è lu monne? Pi nnù lu mare è ffatte di dulore! Si j’ ci penze è ffatte a sta manìre: le lacrime, 1’ha fatte cchiù prufonne; le vele, 1’ha vussate li suspire. E cchiù lu mare ce fa vive ;n pene, e cchiu a lu mare j’ vuleme bbene! Eppure, nu che séme marinare, séme state tradite da la terre che ci ha distrutte a nnu’ lu fuculare, proprie gna fusse ‘na siconda guerre. Ti l’aricurde tu chi la matine? 177 178 Tutte ‘na voce, tutte nu richiame: « Sta frananne lu mure de le Lame ... Oh scì bbindette tu, o Sanda Spine! Facce la grazie o Legne de la Croce! » ... E fra laminde, lacrime e ssuspire, nu scappa scappe, tutte ‘na mmuine di strille, di prijére a bbassa voce ... E ringraziande a Ddì che la famijje l’ hajje salvate da che 1’ arruvine ... Se ferme nu mumente e po’ ripijje: Ma la bbardascia me’, povera fijje, piagnènne ‘m bracce a mmé, che la salvave: « Papà — mi strille — ascenne da la case, te si scurdate de la pupa mé. Pecché sol’esse me le sì lassate, pecché nen me le selve, di’, pecché? » Me l’hajje strette ‘n pètte: « ‘Nduniè, la pupa s’ ariccatte, ma... na cose nu ne l’ aveme cchiù, fijja mia bbelle: ‘na case com’è queste, puvurelle, scì, è llu vere, senza tanda cose, ma che ttineve ‘na ricchezza rare che nen ze po’ accattà’ nghe le quatrine: avevame lu bbasce la matine da lu sole che ssorge da lu mare! » E mentre ste parole me diceve, du’ lacrime dall’ucchie j’ascigneve! Brihante e suldate È nu ricorde de la citelanze quelle che ugge m’arivé a la mente e se ce penze, me se pare ‘nnanze all’ucchie, come fusse a stu mumente! Me l’aricorde, come fusse ajjére, lu joche fra brihante e li suldate. Canta sudate allore e che carriére p’acchiappà lu brihante già tanate! E canda s’acchiappave quacchedune, tra irre e orre, ‘mbè, frate mé bbelle, di chegge, di friselle e sscaffatune, l’abbuttavame gne nu caratelle. Ecche pecché, nge steve ma nisciune disposte a ffò la parte da bbrihante. Tu mi capisce: chegge e sscaffatune e nu nome a ttené cuscì ‘nfamante! Cande sudate sopre a la Rrahone, nghi chi la ruciulelle strette ‘n mane! tu ti... na lenghe che senza pieta è nu sfraggelle pe l’umanità. J ci passave le jurnate sane, nisciune cchiù di me jeve cuntente! M’ aricorde nu jurne ca lu vente m’ ha sficcate lu file da li mane Tu vu bbene a tte stesse e cchiù a nnisciune; la vita tò è tutte na sequenze di calunnie, viasteme e mmaldicenze di mbrujje, latrucinie e mmalazziune. A chi ti fa lu bbene, a chi t’ assiste, li mitte ncroce gna si fatte a Ccriste! e lu ndrahone, sempre cunnulènne, é jute a scegne arrete a nu pajjare ... J pense: lu ndrahone è gnè la vite e gnè la vite da nu file pènne: nasce, s’ annalze, vole e po’ scumpare, lassanne a ppiagne chi l’ ha cuncepite. Se ‘nvece tu facive lu suldate, le facive nghe fede e nghe lu core; te putive abbuscà cacche pritate, ma stive da la parte de l’unore! L’UNORE!...è na parole, ma che d’é na parole a spiegarle mò accuscì? Se tratte de na voce che te vé da dentre a la cuscinze e te sta a ddì: Mantì che la parole che sì ditte, nen resse preputente né bbusciarde, quelle ch’è dditte, è gne se fusse scritte, cuscì la penze chi nen jé ‘nfingarde. L’ UNORE è nu ... custume arezzelate che cande è nove, nen te dà mà pace: te tire, te fa j tutte ‘ndusciate, ce suffre a starce dentre, ma te piace! Mò a ‘sta giuvintù che vive e cresce, che pperle a ffà? Te pù acciaccà le hanghe ... S’ arripe nu ggiurnale de bbardesce ci stà ch’ arrobbe, accide e le fa franghe! Pruvice, prù, a fajje la dumande; mò se che t’ arisponne nu squacchiate? - « A mmè cummine a ffà chiù lu bbrihante, ocche fáccene l’eddre lu suldate! » - Lu ndrahone Jeve bbardasce allore e pe’ la Piane mi jttave a scappa’ nghe lu ndrahone... La hatte J’ ngore me capacite: La hatte, che bbestia traditore, sci mmalditte! E’ llatre, è ffurbe, ha tutte le difitte: si pe’ poche te ggire, te l’ha fatte. E canda ti n’ addune: Lazzarone! Mò puse quesse, brutte magnuttone! E scì è vojj’ a ccorre, è nu mumente: lu pesce arroste, carne a la gratelle mentre si coce su la furnacelle ngi sta da fa, le sgraffe e gne nu vente si va a nnasconne sotte a lu cuascione addò se le pastegge a ccone a ccone. Te puzze a lome accite, a la cantine ci stà li surgia grusse gne ccunije e tu arrubbe lu pane a chi fatije a chi s’ arrizze preste la matine. Hajje capite, nen ge sta ripare? « Le sequie » te le fa lu munnizzare! N’ ucchie arraperte, e l’ addre chiuse apposte, la hatte sente e guarde de strafore come pé dice: J sò ttraditore? Tu vù parlà? Ti la cuscinze a pposte? J rasceche e te lasse nu signale ch’ è gne na firme sopre a na cambiale ... Ma fatte che la firme, j le sconte nghi lu dijune, nghi quattre pedate, ma 1’hajje da pahà la rasscicate. J tenghe 1’ ugne, ma ngi sta cunfronte; Tu dice de lu quane: — Scibbindette! picchè ti lecche mane, facce e ppite, ma si nu jurne è stanche e nze n’ affide, j’ammulle na pidate a li fianchette. A ffa quelle che ffé, nen me ci adatte. J sò mejje de te: — J sò na hatte! Lu marchie ‘n bronte TTerra d’Abbruzze mé, terra mia care, te tinghe annanze all’ ucchie a ttutte 1’ ore... Ci ste tu sole dentr’ a cchistu core, proprie gna fusse na bbillezza rare! Te vulesse vedé gne na riggine, stimate, benvulute e pprugredite, vantate e ddicandate da puìte, pittate da pitture sopraffine. Vulesse ch’ a sta terre di bbillezze ci stasse tanta fabbreche e ufficine che rappresente ugge la ricchezze di ggente prugrudite e cchiù ccivile. S’ è fatte cacche cose sott’ a Chiete allonghe, allonghe tutte la Piscare: la zona ‘ndustriale, nzine a mmare e cacche cose nasce a mmane a mmane mò che a lu Uaste aesce lu mitane. Ma è troppe poche ... Ci vò cchiù ffurtune: Ugge li ggente arrìvene a la lune! Ma j nin sacce pò, pe’ che rraggione si nu puète vò avvantà sta terre, te descrive l’Abbruzze gne na terre addò, fra li bbillezze tante rare, ci stanne crape, pechere e ppasture, mintune, purce, vacche e ... ppichirare. E nin è queste n’ esaggerazione: te diche ca la ggente s’ è stufate a ndravvederle pure aretrattate nell’ intervalle a la televisione! Ma puverelle, a mme, lu pichirare, pirzunalmente nen m’ ha fatte niente, anze l’ ammire pe la vit’ amare 179 che fa di sotte a acche, neve e vvente: senza na case, senza fuculare! Pe matarazze té, sott’ a la schine, la jerva pungicose de muntagne e na prete ggilate pé cuscine ... Intante ogn’ une me le dice chiare: - « Tu si abbruzzese, e tu si ppichirare! » - 180 Ah! ... D’Annunzie dapù l’ ha fatte grosse: D’Annunzie, è nu puéte che sta terre l’ ha castigate cchiù de tutte quante! L’ha sempre amate, j ha vulute bbene e l’ha discritte: (mi scusasse tante!) Na terre nghi l’arance e ghi la live, ma nghi na ggente rozze e pprimitive. E’ state nu culosse che ci unore ma canda parle de 1’Abbruzze care, ti parle: de Cuculle li sirpare, di la Majelle e di li pichirare ... Tutte gnurante che le mititure, gente che ccrede tutte a li mmalucchie, gente che ccrede tutte a le fatture e fra le jettature e le mmalanne, ce sta chi dorme pé settecent’ anne! E canda j me sende chistu pese, come se le purtasse scritte nbronte, ca so nnate a sta terre e a stu pajese, e chi me pò salvà, nge sta ripare: - « J so abbruzzese e ... j sò ppichirare! » E dire che a lu Uaste, tutte l’ anne, cand’ è l’ istate, arréte a li casutte ci stanne ggiuvinette e ggiuvinutte ... Tu gna te cride che stanne vistute, a la manire gna dicè Carducce: L’anche ravvolte di caprine pelli? E chi li crede, sci scannate nganne! L’ ucchie ha da chiude e ... ppinz’ a la salute, sinnò s’annacquanisce lu cirvelle! Mo la ja dice? la ja dice? - Jamme! Stanne vistute gna l’ha fatte mamme! Lu Volte Sante Pusate fra lu mare e la Majelle gne na prete priziose, nu bbrillante, ci sta stu Santuarie a Mmanuppelle, nghi la Riliquie di lu Volte Sante. Annanz’ a stu quadrucce purtentose quante lácreme amare e ‘nvucaziune, pe’ ccercà grazie, pe’ uttinè caccose, pe’ fa guarì, p’ avé binidizziune! E sta Reliquie, piene di mistere, fa grazie a cchi li preghe nghi lu core. Pecché la Fede è fforza, Fede è amore unica fiamme de lu monne ‘ntere che arde sempre ‘n mezze a la speranze che arde sempre ‘n mezze a la passione; e se ppure sta fiamme nen ze vede, dà la pace a lu core de chi crede! Sopre all’ addare tutt’ allumenate, sajje d’ incense mò nu forte addore ... Su, pellegrine d’Abbruzze, su cantate, cantate tutti a ggloria del Signore! E mille rennelelle ‘n prucessione gìrene sopre a che stu Santuarie; trìllene e fanne ‘nturne na curone gne quelle che Gesu portò a la Croce E che le scinnelelle sò le spine ... Le trille, so lu spaseme Divine, di chi ha sufferte pe’ 1’ umanità. Timpe luntane J, cinquant’ anne arrete - e chi le scorde? so’ state studentelle de licè proprie a Llanciane e queste è nu ricorde che ‘n si cancelle da la vita mé. Acca passate! ... mi dicete vù. Ni è lu vere e j so’ ggrate ancore a cchi m’ha fatte scole de virtu, a cchi m’ha suppurtate nghi pazienze e m’ha date lu pane de la scienze, a cchi m’ha currisposte nghi lu core e m’ha fatte sentì ‘n pette I’amore. Lanciane! ... Che rricorde! ... Che passate! ... Studia? ... ‘N ci sprimavame lu cervelle: La notte sotte a llune e ssotte a stelle nù javame a ppurtà le serenate ... Picchè na vodde si facé l’amore fruvanne scarpe pe le passeggiate e ttu eri felice se pputive dice a cacc’une: - « Ueh, ci sò parlate! » E’ vvenute la guerra e Sante Vite chi la matine è state bumbardate. Seme sintute a sparà li cannunate mentre j ancore mi gudé la vite ... Diciassett’anne ... Lu nuvantanove! J ere, si pò dice tra le fasce; so sintite na cose che le prove dentr’a lu core pure chi è bbardasce. J sintive a pparlà de le suldate, di midajje, bandire e bbajunette e na matine po’ me so arrulate lassanne scole, libbre e ggiuvinette! Ricorde che na sere, ttarda notte (du jurne appresse aveva j’ suldate) j, sole sole, me so ncamminate pe’ la piazzette de Santa Maria e annanze a lu cancelle de la cchiese, divutamente me so ‘nginucchiate pe’ rrecita tre o quattre Vemmarije. Stave la lune e atturne nu silenzie come de morte: ‘n ci statté nisciune; finestre chiuse e cchiuse le purtune, nen se vedeve manche na persone. L’ucchie a lu ciele ... e cchilu rusone che tanda vodde j l’avé guardate, chiù le fissave e cchiù si facé bbelle. Chilu rusone, sopr’ a la facciate, simbrave nu merlette arricamate che stave ‘n ciele, proprie gne na stelle. E ppe’ ccuntraste, sopra l’ombra scure, chela bbella raggiere alluminate, ù simbrave si staccasse da lu mure! Cchiù ssotte, nu piccione accucculate, stave a ddurmì di sopre a lu purtale sculpite tutte quante a perfezzione gne nu ricame fatte da na fate, addò ‘gni culunnette fine, fine, sajjenne a mmane a mmane, s’atturcine gna fusse na matasse de cuttone. E ‘nnanze a sti billezze, ‘nginucchiate, prigave la Madonne nghi lu core: - « Timme luntane Tu da hi dulore, timme luntane da na bbrutta morte! J parte pe’ la guerre, addò la sorte me pò fà vive e me pò fà murì: Sopr’ a sta scale famme arivinì! La mamma mé te preghe e t’aringrazie. Damme nu segne ca mi fé ‘sta grazie! » A stu mumente vole lu piccione ... ggire tre vodde sopr’ a la piazzette, pò si ripose e ssi va a rrimette di sopre a cchilu bbelle curnicione. ….......................................................... ….......................................................... Doppe la guerre, j ce sò turnate ‘nnanze a la cchiese e mmi sò nginucchiate! 181 La copertina e le foto del mese sono di Michele Calvano Le passioni più autentiche scaturiscono da un incontro e si nutrono di sogni fluenti, divenendo compagni fedeli per una vita. Ben può dirlo Michele Calvano la cui complicità con la fotografia nata negli anni 60 del secolo scorso- è pervasa da una progettualità in costante crescita, animata da una curiosità inesauribile verso la natura e la cultura della sua amata terra, Vasto. Inizialmente fotografa in bianco e nero, allestendo una piccola camera oscura. In seguito sperimenta il fascino del colore, inaugurando la sua prima personale nella saletta ” Palizzi” di Vasto. Negli anni 70 partecipa a numerosi Premi fotografici, segnalandosi spesso come vincitore. Pubblica lavori su vari testi (ad esempio sui volumetti “Immagini di Vasto,” legati alla storica manifestazione filatelica “Vastophil”). Sul finire degli anni 80 elabora una serie innovativa di cartoline artistiche cogliendo inediti scorci di Vasto. Nel 2002 realizza un desiderio a lungo coltivato: la pubblicazione del libro fotografico Vasto. Un mare di colori. Con il suo secondo libro fotografico, Antichi mestieri in Abruzzo e Molise, presentato nell’ottobre del 2011, riprende ed amplia l’attenzione attorno all’elemento antropico. Frutto di una ricerca iniziata negli anni 70, il volume offre preziose testimonianze sul lavoro umile e dignitoso di contadini e artigiani. Per Calvano fotografare non è solamente importante, ma è come respirare, è un’esigenza insopprimibile, essenziale, inevitabile. Daniela Madonna Glossario Le caricature sono di Pino Jubatti Vastese, residente a Vasto, saggista e studioso della comunicazione. È proprietario della emittente radiofonica, la storica “Radio Vasto”, da cui ha promosso cultura e tradizioni popolari, non soltanto abruzzese, in quasi sei lustri di attività. Ha fondato e diretto il mensile “La Città” e il periodico di cultura gastronomica “II Quaderno del Pavone”, comunicazione parallela ad una trasmissione sulla storia del cibo. Ha pubblicato: Il cinematografo tascabile (G. Sansoni, Milano, 1988); la cucina di tradizione in Abruzzo (2 edizioni, Provincia di Chieti, 2000, 2002); le tradizioni produttive e culturali dell’Abruzzo (in collaborazione con Emiliano Giancristofaro, Provincia di Chieti, 2003); II segno negato (Rivista Abruzzese, Pescara, 2003). Ha curato ristampe di opere storiche e filologiche di Luigi Anelli; e interventi sull’opera di Modesto Della Porta, di Cesare De Titta, di Gigino Dommarco. È autore del saggio Inattualità dell’Orco pedagogico, sulla più antica forma di comunicazione, la fiaba, e la destabilizzata scuola moderna. Ultimo suo lavoro: a sessant’anni dalla morte del vastese Prof. Luigi Anelli, ha tradotto, nel corso del 2003, in perfetto italiano, le quaranta famose “macchiette” in dialetto (il Dialetto Vastese nelle 40 “macchiette” di Luigi Anelli - Vasto - Edizioni Radio Vasto - 2003). dei termini dialettali usati COME LEGGERE LU UAŠTARÉULE Duro, aspro, ricco, almeno originariamente, di dittonghi, il Vastese occupa un posto particolare nella classificazione dei dialetti abruzzesi, risentendo chiaramente dell’influsso delle parlature delle popolazioni confinanti, in primis quelli molisani e pugliesi. Senza aver l’ambizione di codificare nulla che non risulti dall’ascolto attento della pronunzia e del modo di dire, mutevole spesso anche da zona a zona della stessa città (nelle zone agricole ed alla Marina v’è un’altra inflessione), tentiamo di dare al lettore qualche consiglio veloce e pratico su come leggere il dialetto vastese. La lettera e, ad esempio, si legge soltanto se ha un accento, altrimenti è atona. Ad esempio vàttene, vai via; štattene, stai lì; mèdeche, medico. La é con l’accento acuto si legge come l’italiano tre od il francese été. Esempi: arivé, torna; méne, mani; scupunére, suonatori di flauto. A abbàlla fèure, gerg. al largo abballá’, v. ballare abbàlle, avv. sotto. Mmond’e bbàlle, sopra e sotto abbattezzá’, v. battezzare abbiciná’, v. avvicinare abbirretà’, v. avvolgere abbituá’, v. abituare abbituaziàune, s.f. abitudine abbituéte, agg. abituato abbrëile m. aprile abbruscé’, v. bruciare abbulë’, v. stancare, indebolire abbulëite, agg. stanco, indebolito abbuscà’, v. ottenere qualcosa ma anche nel senso di prendere botte, ricevere percosse abbuttá’, v. gonfiare, anche nel significato di scocciarsi. M’àjj’abbuttáte, mi sono scocciato. Mi si ‘bbuttáte, mi hai scocciato accalicá’, v. calcare, pigiare. J’a ‘ccalicáte lu quappèlle, fig. per intendere: gli ha detto il fatto suo. accasá’, v. accasare, accasarsi La è con l’accento grave si legge come lèbbre, lepre; aècche, qui o qua; pèchere, pecora. La ë con la dieresi si pronuncia apertissima. La vëgne, la vigna; la fëchere, il fico; la fëjje, la figlia. Parimenti la lettera o. La consonante g viene normalmente pronunciata come fosse aspirata, sostituita dalla h. Guardiano si pronuncia huardijàne; Guglielmo si pronuncia Hujjièrme. Il gatto si dice la hàtte. Nuhòzie, negozio; pahà’, pagare. La consonante š, con l’accento circonflesso rovesciato,si pronunzia con il suono sibilante sc, come il ch del francese. Lu Uašte, quašte, Crëšte. La î con l’accento circonflesso ha un suono a metà tra la i e la u. Caminatîure, andatura; bîusce, buco; baffîute, baffuto. Normalmente è la u che al plurale assume questo suono: assùtte, assîtte, asciutti, lu prisùtte, li prisîtte, i prosciutti. accasále, s.f. comp. panbagnato con sale ed origano accattá’, v. comprare, acquistare accëite’, v. uccidere. Anche nel senso di sentirsi stanco, mi sénd’accëise Imprecazione: chi šci ‘ccëise, àcche o anche àcca, s.f. acqua. -Tî li vàive déndre a nu bbicchìre d’àcche, te lo bevi in un bicchier d’acqua. - Sopr’a lu còtte l’àcca villènte, sopra il cotto l’acqua bollente acchiappá’, v. prendere, acchiappare acchîppe o acchiuppe, s.f. gioco del nascondino: jucá a la ‘cchîppe acciáre, s.m. acciaio acciavattá’, v. far le cose alla carlona accibbë’, anche arcibbë’, v. saziarsi accinná’, v. accennare, ammiccare acciuppucá’, v. azzoppare acciuppucáte, v. azzoppato, pl. acciuppuchète acciuqqué’, v. chinare, abbassare, piegare. - Accîcchete! Chinati! accräšcà’ v. accrescere accucchié’, v. accoppiare, mettere 183 184 insieme, raccogliere, rimediare qualcosa accumbagná’, v. accompagnare accumunzá’, v. cominciare accundendá’, v. accontentare accurtunë’, v. accorciare, abbreviare. fig. nel significato di morire, accurtunë’ li pásse accuscë’, avv. così accuzzé’, v. rannicchiarsi, stringersi a qualcuno ácene, s.m. acino acinijé’, v. raccogliere acini o anche olive addafére o anche addaféure, avv. fuori, all’aperto addavàire, avv. veramente addó’, avv. dove, ‘ddo vì? Dove vai? addraddire, avv. l’altro ieri addre, agg. altro adducchiá’, v. adocchiare addurá’, v. odorare addurmë’, v. dormire addusulè’, v. origliare adduvundá’, v. diventare aëcche, avv. qua aëlle, avv. là aësse, avv. li vicino affëtte, s.f. affitto, pigione affidà’, v. affidare, ma anche nel senso di star bene, di farcela. ‘Z n’affëde, non gliela fa ahàšte, s. m. agosto àgne, s.f. unghia aiutànde, s. aiutante ajjutá’, v. aiutare alimàne, s.m. animale pl. aliméne allàure, avv. allora allavá’ o anche arravá’, v. lavare allemosine, s.f. elemosina allemusinà’, v. elemosinare all’imbite, avv. in piedi. allišciá’, v. lisciare, abbellire allungá’,v. allungare allusscé’, v. vedere, far luce. Póche ci allîssce, poco ci vede álme, s.f. anima. L’Álme di li murte, la festa dei defunti ambará’, v. imparare. L’arte de táte è mezze’mmbaráte, l’arte di tuo padre è mezza imparata Amblìngh, n.p. amministratore di Cesare Michelangelo d’Avalos a cui è intitolata la Loggia che da piazza Marconi conduce al palazzo marchesale amicëizije, s.m. amico amicëzie, s.f. amicizia ammacciuccá’ o anche ammacciuqquá’,v. schiacciare, formare una massa, ammassare e pressare nello stesso tempo ammacciuccáte o anche ammacciuqquáte, agg. schiacciato. Ha ‘mmacciuccáte la nàive pe’ ffá’ ‘nu pupuattàune, ha schiacciato la neve per far un pupazzo ammahagnëte, agg. magagnato ammalá’, v. ammalare ammànghà’ v. mancare ammascicá’, o anche ammasciché’, v. masticare, anche nel senso di gualcire, aggrinzire riferito ad abiti, stoffe. Tè’ li cażżîne tutt’ammascichéte, ha i pantaloni gualciti ammascicáte, agg. masticato, gualcito ammédie, s.f. invidia ammullá’, v. ammollare, ammorbidire, anche nel senso di cedere o di consegnare. Ammorbidire la barba con la schiuma, ammullá la varve. Cedere subito, sîbbet’ammolle. Adesso gliela do, mo je l’ammòlle ammulláte, agg. ammollato, ammorbidito ánde, agg. e s.m. unto angustijà’, v. angustiare, angustijète, agg. angustiato ànne, s.m. anno annehà’, v. annegare. annènde, avv. davanti. Annend’e rréte, davanti e dietro appennà’. v. appendere appiccé’, v. appicar fuoco, accendere, illuminare appuré’, v. appurare, risapere. Anche nel senso di far chiarezza,- e chi c’ appîure! arbiciné’, v. Riavvicinare, accorciare le distanze. - Pi chèlla véjje s’arbicëine. arcilijàne, s.m. polpo arciprèdde, s.m. arciprete ardàgne, s.f. arredamento di legno ardëiche, s.f. ortica arepeccáte, agg. ritoccato, restaurato, truccato con rif. ad una donna, ‘na fémmen’arepeccáte aritójje, v. ritogliere, riprendere ariccòje, v. raccogliere ariccundá’, v. raccontare arichiamá’, v. richiamare ariciáive’, v. ricevere aricicilijé’, v. rimettersi a nuovo, imbellettarsi aricicilijéte, agg. rimesso a nuovo ariccòje, v. raccogliere aridá’, v. ridare, restituire arifà’, v. rifare. S’usa anche nel senso di coltivare i campi, avere una rivincita nel gioco, restituire un debito arifànne, v. rifondere, perdere, rimettere denaro arifàtte, agg. rifatto, ricomposto, raffermo nel caso del pane arimàtte, v. darsi un cognome, gna t’arimètte? Qual è il tuo cognome? arimàtte, v. rimettere. Arimàttel’ a lu pušte arimbié’, v. riempire Arimbònne, v. andar di traverso ariminë’, v. tornare arindenne, v. intendere, capire, comprendere qualcosa, essere esperto di. Es. se n’arindènne aripaiudë’, v. digerire, ‘ripaiudëšce schinènze li préte digerisce persino le pietre aripànne’, v. stipare, mettere da parte aripiéne, agg. ripieno, al pl. aripìne aripònne, v. riporre ariprijé’, v. compiacersi, rallegrarsi con se stesso ariprijéte, agg. compiaciuto, allegro aripusá’, v. riposare arisidîte o arisidîute, agg. trattenuto, scaduto, passato arispànne’, v. rispondere arištragne’, v. raccogliere arisvejà’, v. risvegliare aritravuddá’, v. insudiciare, rivoltarsi aritravuddáte, agg. insudiciato, rivoltato, scombussolato aritruvá’, v. ritrovare arivé’, v. venire ma anche tornare indietro, ariváttene arividá’, v. rivedere Arizzuzzà’, v. rimbalzare arrachë’, v. rimanere senza voce arrajâ’, v. arrabbiare arrajjá’, v. ragliare arrapë’, v. aprire arrénne, v. rendere, rifare, restituire. Arrénne l’abbàje, prendere in giro, sfottere, imitare. arréte, avv. dietro, štu passát’arréte: poco tempo fa arriggištrà’, v. registrare arrotacurtuìlle, s.m. arrotino arruà, v. arrivare arruinà’ v. rovinare arruinète agg. rovinato àrze, s.m. orso arzèlle, s.m. arzillo ašcë’, v. uscire Ascenziàune, s.f. Ascensione, ricorrenza religiosa ásene, s.m. asino; al plurale èsene aspittà’, v. aspettare assettá’, v. sedere assicuré’, v. assicurare assîtte, od anche assuquéte, agg. asciutto assuqué’, v. asciugare assutturrá’, v. sotterrare attaccáte, agg. legato, attaccato attarallá’, v. arrotolare attindá’, v. toccare, tastare, palpare. Tastare il polso, attindá lu pàżże attizzé’, v. attizzare atturé’, v. turare ahuànne o anche huànne, s.m. l’anno corrente autëšte, s.m. autista avá’, v. avere. Indicativo presente: ajje avánde, avv. annènde o annènże avanti avaštá’, v. bastare avàšte, avv. basta Avvènde, s.m. l’Avvento, ricorrenza religiosa ażżá’, v. alzare, ahàzze lu passe, aumenta il passo azzeccá’, v. indovinare, cogliere l’obiettivo, azzeccare 185 B bbahànze, s.m. bigoncio, vaso di legno 186 adoperato soprattutto nella vendemmia, pl. bbahînze bbandàune, s.m. carrozzone bbànne, s.m. bando, editto; modo di dire: va’ jittànne lu bbànne bbannitàre, od anche bbalëjje s.m. banditore bbardàšce, s.m. bambino, ragazzo, pl. bbardéšce bbàrże, s.f. borsa bbaštànde, s.m. il giusto, il sufficiente. Ni’ mnagná’ naquàlle, màgne lu bbaštànde, non mangiare molto, solo il giusto bbastimènde, s.m. bastimento, nave. Patròne di bastimènde, va ‘mbarca ‘n affëtte, per dire di persona che si è rovinata economicamente bbaštàne o bbaštàune, s.m. bastone Bbaštiàne, nome pers. Sebastiano, Bastiano bbattiżżá’, v. battezzare bbaffe, s.m. baffo, pl. bbèffe Bbajunàtte, soprannome bbalëjje, od anche bannitàre s.m. banditore bbaràchele o anche bbaràcchele, s.f. razza, pesce marino. Anche nel senso di macchia d’unto bbèlle, agg. bello bbéne, s.m. bene bicchìre, s.m. bicchiere bbiéte o anche bbiàte, s.f. bieta, verdura bbinidàtte, agg. benedetto bbinizzàne, s.f. benedizione bbisagne, s.f. bisogno, necessità bbîsce, s.m. buco bbóne-a, agg. buono bbongiórne, int. buongiorno birbàune, s.m. e agg. birbone, pl, li birbîune birlìcche e birlòcche, modo di dire: fà’ birlìcche e birlòcche bbisešte, s.m. bisestile, l’anno bisestile bbittàne o bbittáune, s.m. bottone, pl. bbittîne o bbittîune, anche gioco di bambini, jucà a bbittîne, consistente nel premere con un bottone su un altro per farlo saltare lontano bizze (‘m) ‘m bëzze, avv. sul filo, sull’orlo, rasente rasente. Camëne ‘m bizze ‘m bëzze a lu fosse bbonàlme, s.f. la buonanima, la bbonàlme de táte bbottamarëine, s.f. medusa marina bbrîtte, agg. brutto. Mod. di dire: è bbrîtte e mmalecaváte bbuscë’, s.f. bugia C ca, pr. rel. che cacà’, v. cagare, defecare Cacanëte, soprannome caccavèlle, s.f. paiolo càcche, pron. qualche cacchése o cacchéuse, s.f. qualcosa cacchiàte, agg./s. germogliata, gemmata, Per dire di persona inconcludente e futile: è na fàva cacchiàte! cacchiatîre, s.f. incavo cacchijà’, v. germogliare, gemmare cacciá’, v. cacciare, emettere, eleggere. Anche nel senso di servire, caccej’a vváve, dagli da bere caccinélle, s.m. dim. cagnolino, cucciolo cacciùne, s.m. cucciolo. cachìsse, s.m. cachi Caddáne, n. per. Gaetano cafàune, s.m. cafone càgge, s.m. calcio, pl. li chègge caggiàne o caggiàune, s.m. calzone, raviolo fritto ripieno di marmellata d’uva o composto di ceci oppure miele e mandorle. pl. caggîne o caggìune caggimùnie, s.m. calce cagná’, v. cambiare cainàte, s.m. cognato Cajàsse, soprannome cajéle o cajéule, s.f. gabbia calafáre, s.m. calafatatore calafatá’, v. calatafare calamáre, s.m. calamaro, pl. calamére calicapàsse, s.m. colica callaráre, s.m. calderaio, ramaio calláre, s.f. caldaia callarèlle, s.m. paiolino, s’usa anche per indicare il secchio usato dai muratori càlle, agg. caldo. A càll’a ccàlle, si dice per intendere un’urgenza, una necessità impellente: a càll’e a ccàlle si vàtte lu fèrre. pl. chèlle cambá’, v. campare cambagne s.f. la campagna. ‘ngambágne, in campagna càme, s.f. pula, pulviscolo del grano battuto camenà’, v. camminare camëisce o camìscia, s.f. camicia canapîzze, s.f. puzzola. L’ óme cacciáte gnè ‘na canapîzze: l’hanno cacciato come una puzzola canàsce, v. conoscere cánde, avv. quando cànde, s.m. conto. pl. li chînde càndere, s.f. orcio cáne, s.m. cane. pl. chéne. - Chéne’ e chéne ‘n’ żi máccechene, cani e cani non si mordono canëjje, s.f. crusca. Anche vrànnele caneštráre, s.m. canestraio cànghe, s.f. conca Cangillìre, soprannome cannàile o anche cannàle, s.f. candela, pl. li cannàile, li cannéle cannarîute, agg. goloso. Genericamente riferito alla gola, lu Sande Cannarîute, San Biagio, protettore della gola cànne, s.f. canna o anche gola. M’è rimàšte ‘n gànne, per dire di desiderio insoddisfatto Canniléure, s.f. festa della Candelora, della purificazione capá’, v. scegliere cápe, s.m. capo, testa, capecólle: capocollo capefiàre, s.m. cavolfiore capabbàlle avv. sotto, giù. capàzze, s.f. la corda con cui si governa un animale, redini capichîule (a la), avv. al rovescio. Si dice anche a la dimmérze capiscióle, s.f. nastro, fettuccia di raso o di stoffa cappîcce, s.m. cappuccio, verdura Cappucciàlle, soprannome caraštéje, s.f. carestia carciráte, s.m. carcerato cardàne, s.m. cardone, cardo cardìlle, s.m. cardellino carijamùrte, s.m. addetto al servizio funebre, becchino, beccamorto carivàne, s.m. carbone carivunáre, s.m. carbonaio. pl carivunére carivunèlle, s.f. carbonella Carminîcce o Carminùcce, n. pers. Carminuccio, diminutivo di Carmine Carnarëjje, n.pr. Carneria, contrada nella zona di Punta Penna carne s.f. carne pl. cherne. Ricce de chèrne sta per brividi Carnëvale o anche Carnivále, s.f. martedì grasso, la Carnëvale, il giorno che precede Le Ceneri Carpatìlle, soprannome Carrafóne, soprannome càrte, agg. corto Casàrze, n.pr. Casarza, contrada sul mare tra San Nicola della Méta e Trave cásce, s.m. cacio, formaggio in generale Cascëgne, s.m. soprannome cascëgne, s.m. tipologia di cicoria, grespigno casemènde, avv. semmai, nel caso che, se ‘n ‘gasemènde casce, s.f. cassa casòtte, s.m. casotto, cabina. Riferita normalmente agli spogliatoi sulla spiaggia. Li casùtte caštágne, s.f. castagna cataplàsme, s.m. cataplasma, impiastro; anche in senso dispregiativo, si nu quataplàsme catàrre, s.f. chitarra, strumento per fare maccheroni. Catàrre pe’ li maccarîne Ccattàveine, nomignolo uomo dappoco càute, s.f. coda cavàcce, s.m. gozzo, degli animali ma anche delle persone cavalláre, s.m. allevatore o noleggiatore di cavalli. Era anche l’appellativo dato a chi aveva l’incarico della vigilanza quando frequenti erano le incursioni dei turchi cavatìlle, s.m. pl. gnocchetti fatti a mano incavati con le dita cażżàtte, s.f. calzetta cażżîne, s.m. calzoni 187 188 cchî, avv. più cciàre s.m. acciaio cciudàjje, s.m. strage, massacro, anche nel senso di profanare, oltraggiare, di la fàmmene a la ‘Mèreche l’ome fanne nu cciudaje ccone o anche ccàune, avv. poco; nu ‘ccone, un poco cëfere, s.m. aferesi di Lucifero. Si dice di chi ha i capelli arruffati o di chi ha aspetto appunto luciferino. Anche nel senso di turbine, vento forte. Nu cëfere di vende cëime, s.f. cima cènde, cento cenneráte, s.f. gioco di bambini consistente nel tentativo di denudare qualcuno cerajéle, s.m. ceraio, artigiano che lavora la cera cèrche, s.f. quercia cére, s. f. cera, candela. Modo di dire: ti ‘na bbella cére cëtele, s.m. bambino, si usa anche bbardàšce o anche quatráre Cettì’, n.p. diminutivo di Concetta, Concettina chëile, s.m. chilo chëlle, pr. pers., plur. essi chéure, s.m. cuore chéuse, s. f. cosa chiàcchiare, s.f. chiacchiera chiane, agg. piano. Chiane chiane, piano piano chiavicàne, s.f. grossa chiavica. Riferito anche a persona poco raccomandabile, disgustosa, diventa s.m. nu chiavicàne chicàcce, s.f. zucca chicucciàlle, s.f. zucchina chíjse, s.f. chiesa chillì, pr.pers quella lì chissì-chištì, pr. pers. codesta, questa chîule, s.m. sedere, culo Ciacianèlle, soprannome ciamîrre, s.m. cimurro, raffreddore dei cani ciammajëche, s.f. lumaca cianghétte o anche ciangàtte, s.f. pesce marino ciànnere, s.f. cenere. pl. li ciànnere. Lu jurne di li Ciànnere, il giorno delle Ceneri ciappàne, s.m. nespola ciaramelláre, s.m. suonatore di ciaramélle ciaramèlle, s.f. flauto rustico ciavàrre, s.m. il piccolo della vacca, della pecora o della capra. S’usa anche nell’accezione di cornuto cicá’, v. accecare, privare della vista cicàle, s.f. cicala, e anche cicala di mare cicáte, s. e agg. cieco, privo della vista cîcce, s.m. ciuccio, asino Ciccille, dim. di Francesco, Fa lu don Ciccille, per dire di persona che fa il gagà Ciccio, nome di persona, dim. di Francesco Cicchipallàtte, soprannome cìcine, s.m. orcio per acqua e vino ciciricchiáte, s.f. cicerchiata, dolce tipico di carnevale ciff’ e ciáffe, s.m. nome di ricetta culinaria Cifricònie, s.f. paese immaginario, per dire di luogo molto lontano. es. vatténe a la Cifriconie cignótte, s.m. pirata. Termine marinaresco usato perlopiù al pl. li cignùtte per indicare i pirati provenienti da Dulcigno Cillàcchie, soprannome. Letteralmente: uccellaccio cillëne, agg. tipo sveglio, intelligente, furbo cimindá’, v. molestare, disturbare cinghecènde, cinquecento cingîune, s.m. fiocchi di neve grandi cinìlle, agg. socchiusi, riferito agli occhi, Tè l’ucchie cinìlle cinìlle ciòcchele, s.f. conchiglia; dim. ciucculèlle cionne, s.f. organo sessuale femminile, da cunno, lat. cunnus. Anche come agg. per dire scandalosa, indecente. ciòppe, agg. e s.m. zoppo cipàlle, s.f. cipolla cipulláte, s.f. cipollata circá’, v. cercare, circh’e ddummànne cirésce, s.f. ciliegia cirimónie, s.f. cerimonia cistàne, s.m. cesto usato per trasporto a dorso di asino. Pl, li cistëne cištinie, s.f. testuggine citràne, s.m. cocomero, anguria citrànghele, s.m. arancia amara ciucce, s.f. vagina, organo sessuale femminile. N’arrive a vascià la ciucce all’asene per dire di persona di bassa statura ciucculattìre, s.f. pentolino di rame per fare il caffè, la cioccolata, bricco ciùcene o anche cîcile, s.m. contenitore di terracotta per il vino ciuffulé, v. fischiare ciuhàtte, s.f. civetta. Fá’ la ciuhàtte, sta spiando. Anche soprannome ciummunìre, s.f. canna del camino, fumaiolo, pl. ciummunìre ciurvélle o anche cirivèlle, s.m. cervello cirivèlle, s.m. cervello citoléne, s.f. acetilene. Idrocarburo gassoso prodotto dalla reazione dell’acqua col carburo di calcio civelótte, agg.dim. civilino dai modi civili civëile, agg. civile, cittadino, borghese cócce, s.f. testa cóce’ o anche chèuce’, v. cuocere; cucéme ossia cuociamo còjje’, v. cogliere colle o cuôlle, s.m. collo cómede, s.m. ernia conde, s.m conto, pl.chìnde còppe, s.f. coppa, tegame con coperchio per cuocere sotto la brace del camino, le patane a la còppe córe o anche chéure, s.m. cuore còreve, s.m. corvo, pesce marino cosadàgge, s.f. dolce, pl. cosadìgge Cóseme, n. di persona, Cosimo. Fá’ Cóseme, uno che fa l’indiano cósse, s.m. gamba; pl. li cósse cràite’, v. credere cràpe, s.f. capra cràšte, s.m.passeraceo. L’ànne abbuttáte ‘gne ‘na cràšte, l’hanno massacrato di botte cràte, s.f. creta cràuce, anche crâce, s.f. croce cresòmmele, s.f. susina, dal greco crisomelon: aureo frutto criànze, s.f. educazione, buone maniere crijatîre, s.f. creatura, neonato, bambino crinìnze, s.f. stenti, inedia, fame. È mmòrte di crinìnze, è morto di stenti crisòmmele, s.m. prugna critàne o critáune, s.m. argilla crìute, agg. crudo crivèlle, s.m. crivello, strumento per mondare il grano cròlle, s.m. filare, corolla. Nu crolle di saggiccie E’ il latino corolla cuatafalche, s.m. catafalco cucchiáre, s.m. cucchiaio cùcchie, s.f. coccio. L’ha fatte cùcchie cùcchie, l’ha fatto a pezzi Cucciulone anche Cucciuluàune, soprannome, ma anche una specie di pesce chiamata Gallinella cuccìute, s.m. o agg. cocciuto cuciuná’, v. cucinare cuffujé, v. sbeffeggiare, prendere in giro. Originariamente, trasportare con le ceste (coffe) il grano nei bastimenti cuffijëte. s. preso/a in giro, raggirato/a cularèlle, s.f. procedimento di filtraggio della cenere per ottenere la liscivia culàure o chîlàure, s.m. colore cullî, pr. pers. quello cumblimènde, s.m. complimento, pl. li cumblimìnde cumbuàre o anche cumbuà’, s.m. compare cumbuàtte o cumbuétte, s.m. confetto, pl. li cumbuìtte cummiàre, s.f. comare, madrina cummîne, s.f. comune. La cummîne cummuátte’, v. combattere, contrastare, f. nel senso di aver a che fare, ‘n’ gi vujje cummuátte nghi li scìme cumunènde s.m. compagno, amico cunëjje, s.f. coniglio cunfîse, s.m. confuso Cunguarèlle, località sulla scogliera cunnanná’, v. condannare cunnuànne, s.f. condanna cunnuluà’, v. consolare cunuéte, s.m. cognato, con il pron. poss. cunuèteme cunżègne, s.f. consegna cunżéle o anche cunżòle, s.m. consolo, consolazione cunzumuà’ , v. consumare 189 cupelléise s.m. cittadino di Cupello cuppeine, s.m. mestolo curiàse o curiàuse, s. m. curioso cùrpe, s.m. corpo. Inteso anche come animo. Sacce jë che ttingh’’n gùrpe, so io cosa mi rode dentro cussî, pr. pers. codesto cuštî, pr. pers. questo cuttîre o cuttîure, s.m. pentola da Porta Palazzo reca alla Marina ducumènde, s.m. documento duluènde, s. e agg. dolente, afflitta. Scażż’ e nníute, mëser’ e dduluènde dumàne, s.m. domani Dumìniche, Domenico dumuàniche, s.f. domenica dunatëive, s.m. doni messi all’asta in occasione di festività religiose, soprattutto in zone rurali D dá’, v. dare. Indicativo presente: dìnghe E ècchele vë’, avv. ecco vedi 190 dàdde, s.m. il secondo piano d’una casa, lu dàdde dàgge, s.m. o agg. dolce, pl. dìgge, dim. duggiarèlle dàite, s.m. dito, pl. déte dammàjje, s.m. danno, perdita danàre, s.m. denaro, pl. denère dàndre, avv, dentro dapù, avv. poi, dopo, anche dóppe daràsse, avv. lontano ddaràsse, avv. distante ddàzie, s.m. dazio Ddë, s.m. Dio ddijîne, s.m. digiuno dducènde, duecento dëce’, v. dire déche, s.m. idea, progetto. Che déche tî? Che idea hai? dènde, s.m. dente., pl. li dìnde depëgne’, v. dipingere. Più diffuso è il verbo pittá’ dëtte, s.m. detto, proverbio. Šta pe’ddëtte, sta per detto, proverbiale dijàvele, s.m. diavolo dilinguènde, s.m. delinquente, pl. dilinguìnde dimmèrze, avv. al rovescio. S’ha mässe la majj’a la dimmèrze, s’è messo la maglia al rovescio dirëtte, agg. diritto. Tiré’ a dirëtte, tirar diritto, prendere scorciatoia dijùne, s.m. digiuno ditàlle, s.f. ascelle. Anche in italiano antico. Sott’a li ditàlle dógge, agg. dolce dóppe, avv. dopo Drëtte, s.f. La Diritta, nome di strada che èuve, s.m. uovo F facciasàlve, int. che vergogna! facciaténte, s.f.. lett. facciatinta, nel senso di falso, ipocrita fáfe, s.f. fava faggiàune, s.m. falcione faggìje, s.f. falce famèjje, s.f. famiglia fàmmene, s.f. femmina, donna farëne, s.f. farina fasciéule, s.m. fagiolo, pl. fasciùle, pašt’e fasciùle fatijatàre o fatijatáure, s.m. lavoratore fatijé’, v. lavorare Fattappóšte, soprannome fattarìlle, s.m. fatterello pl. fattarìlle fátte, s.m. fatto, accadimento, pl. fètte fattîre, s.f. fattura, malocchio fëchere, s.m. fico feile, s.m. filo. Nu fèile de vende, un filo di vento fëjje, s.f.e m. figlia fëjje, s.m. figlio fèlle, s.f. fetta. ‘Na félle di citràne, una fetta di anguria. ferracaválle, s.m. ferracavallo, maniscalco fèšte, s.f. festa fetá’ o fitá’, v. far le uova da parte della gallina. La hallina ha fitáte fihîrete!, int. figurati! fijáure, s.m. fiore, al plurale li fijîre fihîre, sf. figura filippëine, s.f. refolo, venticello finùcchie, s.m. finocchio fisculáre, s.m. fiscolaio, artigiano addetto alla realizzazione di fiscoli fissàure, s.f. padella, di solito quella per la frittura fissarëjje, s.f. fesseria, stupidaggini fisserèlle, s.f. padellina fittëine, s.f. fettina di carne fiucche, s.m. varietà di dolci alla mandorle fihuràune, s.m.figurone fóche, s.m. fuoco fóre, avv fuori fràcete, agg. marcio, fradicio .pl. frécete fracitá’, v. marcire, infracidire fràdde, s.m.e agg. freddo fràffe, s.m. muco del naso. Pan’e fràffe frànne, s.f. foglia, pl. frùnne fràsche, agg.fresco fráte, s.m. fratello. Tuo fratello si dice frátte frahajje, s.f. piccoli pesci fraštîre, s.m. forestiero Fratìlli di lu Mànde, s.m. congregazione religiosa dei Fratelli del Monte dei Morti fràtte, s.f. siepe frève, s.f. febbre frijà’, v. friggere frijacrëšte, s. lett. friggicristo, riferito ai lancianesi friscelle, s.f. fuscelle per formaggi frisèlle, s.f. schiaffo, un manrovescio. Mò te tëire ‘na frisèlle, adesso ti do uno schiaffo frittîre, s.f. frittura frummàgge, s.m. formaggio fuculáre, s.m. camino, focolare fîume, s.m. fumo frussìaune, s.f. raffreddore fuànne, s.m. fondo, lu fuànne de lu bbicchìre fujëine, s.f. insetto della famiglia degli scarafaggi che si muove velocemente.f. scàppe gnè ‘na fujëine fumìre, s.m. letame, dal francese fumier. Non poche parole vastesi sono francesi. funàre, s.m. funaio, cordaio furà, s.m. soffio. Furà de vende, soffio di vento furbuàre, s.m. febbraio furlungìlle, s.m. fringuellino, soprannome Furnarìlle, soprannome, lett. fornaretto fùrte, agg. forte fùsserelle, s.m. ramaiolo futtebbàlle, s.m. il gioco del calcio G gànne, s.f. gola. T’acchiàppe n gànne, ti prende alla gola gendelàzze, s. gentilezza ggiàvene, agg. e s.f. e m. giovane ggîdice, s.m. giudice ggîgne, Giugno ggigne, catagigne e lu muèse de Ggigne, modo di dire Ggisàrije, Cesario Ggisî, Gesù Ggiubbullé, s.m. Giubileo ggiudiziàse, s,f. giudiziosa Ggiuhuànne, Giovanni Ggiuvuë’, n.pr. Giovina ggiuvunótte, s.m.giovanotto, femm. giuvunátte gile (‘n’), avv. a pelo. ‘N gile d’àcche, a pelo d’acqua. giurnuàle, s.m. giornale gna’, avv come gnorscë, avv. signorsì gratelle, s.f. graticola grátte, s.f. grotta gràveda, s. gravida grósse, agg. grosso H hallëine, s.f. gallina hallinàcce, s.m. tacchino. f. fà lu hallinàcce, per dire che parla poco hànne, s.f. gonna hardijáne o huardijáne, s.m. guardiano hasse, egli hatterèle, s.f. piccola apertura delle porte per consentire il passaggio dei gatti hàtte, s.f. gatto honna, s.f. gonna hragnilàtte, s. m. tracina ragno; pesce hrambalupëine, grambalupëine, s.f. erba sulla 191 hranáre, s.f. scopa hrandënije, s.f. granoturco hráne, s.m. grano hrànge, s.m. granchio; dim. hrangitìlle hrànghele, s.m. pesce hraté, s.m. gratin hròsse, agg. grosso hruanäre, s.m. granaio huà, s,m. guaio, pl. huè huadagnà’ v, guadagnare huadàgne, s.m. guadagno huaštaréule, vastese, pl. huastarùle Huašte (Lu), Vasto huàtta huátte, modo di dire, piano piano, con circospezione huattáte, s.f. posto riparato, nicchia huàzze, s.f. guazza, fanghiglia hudé’, v. godere Hujjèrme, n. pr. Guglielmo hùteme, s.m.ultimo Iîffe (a), modo di dire, a ufo, gratis, senza 192 pagare imbénne, v. appendere, anche nel senso di impiccare: - chi scì ‘mbése imbiccéte, agg. impegnato, occupato imbilà’, v. infilare, anche nel senso di cucire, imbastire: lu sartàre ‘mbilapidùcchie, pe’ la fame se càcce l’ucchie impinnà’. v. impiccare imbrujjà’ v. imbrogliare, viene usato anche nel significato di sporco: imbrujète imbruvvusáte, s.f. improvvisata imprèsse, agg. impresso, part. pass di imprëme indrattená’, v. intrattenere. Me vajje a ‘ndrattená’ inganná’, v. prendere alla sprovvista, cogliere, ‘ngannà’ lu sonne ingaricá’, v. preoccuparsi, farsene carico.’N de’ngarecà’, non preoccupartene ingascijá, v. incaciare, coprire di cacio. In senso figurato, ha ‘ngascijàte ‘n dèrre ingascijáte, coperto di cacio, maccarîne ‘ngascijéte ingazzáte, agg. incazzato, arrabbiato. Štinghe ‘ngazzáte ingènze, s.m. incenzo ingifirëite, agg. infuriata, indiavolata. Deriva da cëfere, aferesi di Lucifero ingiucià’, v. ubriacare ingiuciàte, agg. ubriaco îtime, agg. ultimo iucà’, giocare, soprattutto nel senso di giocare con le carte iudëzie, s.m. giudizio îve s.f. uva Jj’, pron. pers. sing. io jànnela, s.f. ghianda. ‘jë’, v. andare. Indicativo presente. Vajje jenga, s.f. giovenca jengarélle, s.f. dim. giovane giovenca jëreve, s.f. erba jinnáre, s.m. gennaio jittàte, s.m. fannullone, nullafacente jitticà’, v. spaventare, sobbalzare (per lo spavento) jjéuve, s.m. giogo, Secondo un’antica credenza il giogo non dev’essere mai bruciato perché altrimenti il proprietario non potrà mai trovar pace all’altro mondo jònde, s.f. l’aggiunta, pezzo di pane, pizza od altro in aggiunta per far quadrare il peso jondacavàlle, s.f. gioco della cavallina jómmere, s.m. gomitolo Jüccia od anche Jîcce, dim. Grazia jumènde, s.f. cavalla juqué’, v. giocare jurnáte, s.f. giornata jùrne, s.m. giorno juštuèzie, s.f. giustizia L la-lu, art. sing. m., f. il, la làcce, s.m. sedano lamendá’, v. lamentare lamete, s.m. limite, confine landá’, v. lasciare làine o léna, s.f. legna, pl. li làine lapìe, s.m. tegame da cucina làreche, agg. largo, largo. Óme hròsse camiscia làreche, per dire di un uomo grande, ma pigro lassá’, v. lasciare làupe, s.m. lupo lavannáre, s.f. lavandaia lëbbere, agg. libero lèbbre, s.m. lepre lécene, s.f. susina lëire, s.f. lira ‘léive, s.f. ulivo lètte, s.m. letto léttere, s.f. lettera lëttre, agg. elettrico, o elettrica. La lucia lëttre, la luce elettrica li-lì, art. i. Articolo plurale maschile e femminile lîce, s.f. luce Liffànze, Alfonzo Lijàune, soprannome lîjje, s.m. luglio lìje, catalìje e lu muèse di Lìje, modo di dire lindëcchie, s.f. lenticchie lišcìja, s.f. liscivia. Lišcìja felice, liscivia non fatta in casa, comperatain negozio Lištàsse, soprannome lîuce o anche lîsce, s.f. luce. Il secondo usato nel gergo marinaresco, ‘na lîsce d’ácche, l’acquazzone locche, agg. lento, pigro lòffe, s.f. peto non rumoroso Lu Huašte, Vasto lucenecappèlle, s.f. lucciola lu furnàre, s.m. fornaio Lujëgge, n. per. Luigi lunárie, s.m. lunario lunuddë, s.m. lunedì Luréte, soprannome M machinàtte, s.f. macchinetta. Anche nel senso di vetturetta, autobus di pochi posti che girava all’interno del centro storico maddimane, v. questa mattina magná’, v. mangiare magnatàre, s.f. mangiatoia Magnacirésce, soprannome màise, s. m. mese mahàre o anche macàre, s.m. mago, santone. veggente máje, maggio Maje, catamaje e lu muèse de Maje, modo di dire màjje, s.f. moglie májje, avv. meglio, migliore, più buono mále, agg. male malùcchie, s.m. malocchio màmme, s.f. mamma. Màmmete, tua madre mammëne, s.f. levatrice mànde, s.m. monte. Nella loc. a monte e a valle, mmónd’e bbàlle mandìre, s.f. grembiule màne, s.f. mano pl. méne manëbbele, s.m. manovale Màneche, s.f. manica. Pl. méneche mànghe, avv. manco, nemmeno manìre, s.f. maniera, modo, modalità mannà’,v. mandare mànne, s.m.. mondo marëine, s.f. marina marëite, s.m. marito maritá’, v. maritarsi, sposare marròcche, s.f. spiga di granturco massàire, avv. stasera másse, s.f. messa. Rito della messa. màsse ‘nginnirëzie, messa delle ceneri mašte, s.m. maestro, riferito al maestro artigiano maštre s.m. maestro. Anche mašte matèine, s.f. mattina matëzze, s.f. tempo minaccioso mátte, s.m. matto màtte’, v. mettere mattitá, s.f. mattità, pazzia mazzangrèlle, s.m. locusta mazzánne, s.f. mazzata mazzemarèlle, s.m. folletto ‘mbènne’, v. appendere, impiccare. Te pòzzene l’òme ‘mmbènne, ti possano impiccare. L’òme è l’impersonale, come l’on francese mbiašcà, v. imbiancare, anche nel senso di incipriare, si l’mbiášchene la facce nghi la ciprie... ‘mbilé, v. infilare ‘mbirrá’, v. inferrare, chiudere con un’inferriata, serrare ‘mbirráte, agg. serrato, chiuso con un 193 194 ferro, con catena ‘mbrelláre, s.m. ombrellaio,che ripara gli ombrelli ‘mbrèlle, s.f. ombrello ‘mbreštá’, v. imprestare, prestare ‘mbrijacá’, v. ubriacare ‘mbrijáche, v. ubriaco, pl ‘mbrijéche mburniscë’ v. confondere, imbarazzare mburniscéite agg. Imbarazzato, confuso ‘mbustá’, v. far resistenza, poggiar bene. ‘Mbustá’ li pìte, far resistenza con i piedi mbuzzenëite, agg. puzzolente mé, pr. poss. mio më, avv. adesso, mò mèdeche, s.m. medico méjje, agg. meglio melànghele, s.f. cetriolo melachitàgne, s.f. melacotogna méne, s.f. mano menë’, venire, p.p. menîute menengète o malingëite, s.f. meningite mennàzze, s.f. immondizia, spazzatura mènnele, s.f. mandorla ‘Mèreche, s.f. America, la Mèreche mësere, agg. misero mèżże, agg. mezzo Micchéle, Michele, dim. Miccalîcce mijèlle, s.f. muiella; dim. mijillîcce Milanése, soprannome milegnàme, s.f. melanzana mimórie, s. f. memoria mindîcce, s.f. mentuccia, erba aromatica minë’, v. venire. Indicativo presente: vinghe miràchele, s.m. miracolo, prodigio mirèchele, s.f. more miricanáte, s.f. melograno mirlîcce, s. f. merluzzo miscardèlle, s.f. uva moscato mîserèlle o muserélle, s.m. misurino. Lu mîserèlle dell’uje misèrie, s.f. miseria mîte, s. m. muto mititàure, s.m. mietitore, pl. mititîre mìupe agg. sornione, ‘na hatta mìupe mmalamènde, agg. e avv. cattivo, non buono ‘mmaláte, s.m. malato ‘mmangánze, s.f. fase lunare di mancanza ‘mmaràjje, agg. amaro ‘mmašciatàure, s.m. ambasciatore ‘mmašciáte, s.f. ambasciata, incarico, affare da sbrigare; pl. mmašcète mmëce, avv. invece ‘mmernáte, s.f. inverno, l’invernata ‘mmèrne s. m. inverno ‘mmigráte, s.m. emigrato, pl. ‘mmigréte mocchie, s.f. deposito delle impurità nel barilotto dell’olio. La mocchie dell’ùje mocciche, s.m. morso,boccone. mofalánne, avv. l’anno scorso molle, agg. mollo, morbido. pl. mùlle mò-mò, adesso mónece, s.m. monaco, pl. múnece muašte, s.m. basto dell’asino o del mulo mundàgne, s.f. montagna munduriscène o mundriscène, s.m. cittadino di Monteodorisio municarèlle, s.f. pesce marino municiarèlle, s.m. bambino vestito da fraticello per devozione munnezzáre, s.m. spazzino, operatore ecologico munżignàre, s.m. monsignore muré, s.m. mozzo murë’, v. morire musumujà’, v. mettere il becco, curiosare muttàlle, s.m. imbuto mutuànne, s.f. la mutanda muzzilëne, s.m. pesce marino N ‘na, art. ind. una nàire, s.m. o agg. nero, pl. nëire nàive, s.f. neve naquàlle, avv. molto, parecchio Nardîcce, Leonardo, diminutivo nàuce, s.m. noce, pl. li nîuce. nàune, avv. neg. no ‘ndó, avv. dove ‘Ndònie, Antonio ndrecciadàite, s.m. tipo di pesce ‘ndrëiche, s.f. letteralmente cose intriganti ’nduvuná’, v. indovinare nengá’, v. nevicare nèuve, numero nove nevaréle, s.m. nevarolo, addetto alla neviera nève, agg. nuovo ‘ngaricá', v. preoccupare, fartene carico ‘ngażżá’, v. incalzare, f. ‘ngàżże la fame, mi prende appetito ‘nghi, prp. con ‘ngiarmatàure, s.m. mago, incantatore, al femminile ‘ngiarmatrëce ‘n gió, avv. neppure ‘Ngurnáte, n. pr. Incoronata. Nome di una contrada che prende nome dalla Chiesa omonima, Madonna de la ‘Ngurnáte ni, pron. pers, plur. Noi nihá’, v. negare nihuzijá', v. negoziare, commerciare nijènde, niente nìmmere s.m. numero nipóte, s.m. nipote. pl. nipùte. Nipóteme, mio nipote niscìune, s.m. nessuno nîute, agg. nudo nîvele, s.f. nuvola nîvìre, s.f. neviera ‘Nnunżijáte, soprannome nòmmene, s.m. nome. Nel nome del Padre, ‘nnómmene Patre nucèlle, s.f. nocciole pl, li nucèlle nuëde, s.m. nido ‘nżaccá’, v. infilare, insaccare ‘nżàgne, s.f. sugna di maiale, la nzágne a lu cuttîre ‘nżaláte, s.f. insalata ‘nżirrá’, v. serrare, infilare O ógne, ogni ònde, agg. unto óme, corrisponde all’on francese, l’óme fanne, lo fanno òmmene, s.m. e agg. uomo, pl. ùmmene P pahá’, v. pagare pahîure, s.f. paura pàile, s.m. pelo pajjàcce, s.m. pagliaccio pájje, s.f. paglia palaccòne, s.m. termine marinaresco in uso sulle paranze. La fune della vela di prora palájje, s.m. palamite, pesce palipijatàre, s.m. massaggiatore pallàne o anche pallàune, s.m. pallone pl. li pallîne o li pallîune pambùje, s. f. foglie e rami secchi pammadéure, s. f. pomodoro panáre, s.m. cesto di vimini per portare il pesce pänge, s.m. tegola panócchie, s.f. panocchia, cicala di mare; dim. panucchiuàlle panze s.f. pancia papalëine, s.f. pesciolini bianchi, bianchetti. Ottimi per la frittura paradëse, s.m. paradiso. In paradiso, ‘n Baradëse parànghe, s.f. palancole, travi in legno usate come scivoli per mettere in mare o per trarre a secco le paranze parànże, s.f. barca da pesca ad un albero con vela al terzo parènde, s.m. parente, pl li parínde Pašcarìlle, soprannome pàšce, s. m. pesce Pàsche, s.f. Pasqua paséule, s.f. cappio Passalàcche, soprannome di persona patáne, s.f. patata patràne, s.m. padrone pátre, s.m. padre. Péteme, mio padre. Pètte, tuo padre. Si usa anche táte. Nel senso del Padre Celeste, Pátre Pàvele, Paolo dim. Pavelîcce oppure Paulîcce pàżże, s.m. polso, tastare il polso, attindà lu pàżże, anche nel senso di misurare la febbre o di verificare le intenzioni d’una persona pazzìjà’ v. giocare, baloccare, anche nel senso di prendere in giro pèchere, s.f. pecora, pop. si usa per indicare una sbornia, ‘na péchere pedicaráune, s.m. base dell’albero përe, s.m. attrezzo per trapiantare ortaggi in pieno campo pelàjje, s.m. origano pennèzze, s. pl. le ciglia degli occhi, le pennèzze dell’ucchije 195 196 Pendecòšte, s.f. la Pentecoste, ricorrenza religiosa pepe bbéune, s.m. pepe nero pepe trëite, s.m. peperoncino pèrde’, v. perdere pesce fëchere, s.m. pesce fico pàšce, s.m. pesce, pl. li pèsce, dim. piscitìlle pešciaréule, s.m. pesciarolo péte, s.m. piede, pl. pìte. Anche riferito ad albero, nu péte di purtuhálle: un albero di arance Petrîcce, nome di persona , Pietruccio pettòre, s.m. pittore pezz’e ósse, s.m. gioco consistente nel lancio di una pietra contro un bersaglio pëzze, s.f. pizza, pëzze de hrandënije, pëzze nghe la pammadéure piacià’, v. piacere piagne s.m. pianto piáne, agg. piano piatà, s.f. pietà piattîcce, s.m. piattino, dim. di piàtte piccá, perché piccàte, s.m. peccato pichiràle, s.m.pecoraio, pastore picundrë, s.f. ipocondria piéuve’, s.f. la pioggia pijjá’, v. prendere pilerîsce, s./agg. rosso di capelli, pindàune, s.m. cantone, angolo di strada. pl. pindîune pinnàzze, s.f. ciglia. pl. li pennézze. Modo di dire:‘nghe li pennèzze dell’ucchie li vì’raccujènne pinnilîcce, s.m. pendolino, pisellino pinżijàune, s.f. pensione pinzire, s.m. pensiero pinżá’, v. pensare Pippëine, n.pr. Peppino, diminutivo di Giuseppe pirandùnie, s.m. sciocco pirllibbáte, agg. prelibato pisàlle, s.m. pisello, pl. pisìlle pischire, s.f. vasca per raccolta acqua Piscialuluètte, soprannome pirtuhálle, s.m. arancia pischìre, s.f. peschiera, vasca usata come raccoglitore di acqua per irrigazione dei campi. piscitílle di majje, s.m. bianchetti, avannotti di pesce, pesce nudo Pìtre, Pietro pittilazze, s. pettegolo/a pizzálle, s.f. pizzella póšte, s.m. posto póvere, s.m. o anche agg. povero, indigente pràdeche s.f. amante, la mantenuta prechéuche, s.f. pesca prèdde, s.m. prete priddicce, s.m. pretino, dim. di predde, prete, sacerdote. prèdeche, s.f. predica, sermone prëime, avv. di luogo, prima, davanti. Anche avv. di tempo préne, agg. gravida. ‘Na fèmména préne, una donna incinta presènże, s. presenza; ‘m bresènże in presenza pressiàune, s.f. pressione pricissiàune, s.f. processione pricissòtte, s. m. particolare specie di fico prihîre, s.f. preghiera prufîume, s.m. profumo prufussèure, s.m. professore pugginèlle, s.m. pulcino Pugnàtte, soprannome di persona pundàune o pundòne, s.m. angolo di strada punde, s.m. punto, punde de štàlle pundîure, s.f. la polmonite pundòne, s.m. angolo di strada punżìre, s.m. pensiero, pl. pinżìre pusciaréule, s.m. pescatore putá’, v. potere. Indicativo presente: pùzze putéche, s.f. bottega puvurèlle, s.m. e agg. poverello Q quarajëine, s.f. alga corallina quartijà’ o anche quartiarse, v. rigirarsi, appartarsi. quàsse, pr. dim questo quatrëine, s.m. quattrino, soldo quattrùcchie, s.m. pesce R ràcchije, s.f. orecchio raccummuanná’, v. raccomandare raffajóle, s.m. dolce tipico pl. raffajùle raggiàune, s.f. ragione ràj, s.f. rabbia ràjje, s.f. rabbia ramajjàtte, s.f. rametto ramàtte, s.m. rametto rápe, s.f. rapa, li rápe štrascinéte rásce, s.m. razza ràšce, s.m. o agg. rosso, pl. li rìšci ráse ráse, modo di dire fino in fondo recascà’, v. ricadere rëite’, v. ridere, ger. ridènne remaretá’, v. rimaritarsi, sposarsi di nuovo rènde, agg. vicino, rènde rènde, strettamente vicino requiametèrne, s.f. requiem eterna rèsse, v. essere. Indicativo presente sing: sé, sì, è; plur. séme, séte, sònne réute o anche róte, s.f. ruota ricce de chèrne, s.m. brivido ricòtte, s.f. ricotta riculuä’, v. lett. ricolare, fig. di riforgiare, ricominciare, rinascere, rivestire. Es. vatt’ a ffa’ ‘riculuä a Ddagnàune; chi scì’ riculuäte! s’è tutte riculuàte, cioè s’è vestito elegante riggiùle, s.f. piastrelle da cucina rijèlle, s.f. stecca di legno rijttà’, v. rigettare, vomitare, scaricare rijìtte. s. m. il cumulo di detriti scaricati dal mare sulla spiaggia. Termine marinaresco rinducculuá’, v. riaffilare rìsce, s.f. forfora rišcióle, s.m. triglia pl. risciùle rišciuluëtte, s.m. trigliette rìse, s.m. riso, il ridere risištènze, s.f. resistenza rispànne’, v. rispondere riterá’, v. ritirare ròbbe, s.f. roba, cosa; in senso spregiativo ironico, è ròbbe ca… Ròcche, Rocco ‘rrahàšte, s.m. aragosta rrahù, s.m. ragù. Li maccarîn’a rrahù, maccheroni al ragù rubbà’, v. rubare Ruccù’, dim. Roccuccio ruggiupette, s.m. reggipetto rummèlle, s.f. rombo, pesce rumuàre, s.m. rumore ruscèrte, s.f. lucertola S sábbete, s.m. sabato sàcce, s.f. la seppia. pl. sécce saccocce, s.f. saccoccia, tasca. Te’ lu rëcce ‘n zaccocce, per dire di persona avara. Modo di dire volgare: vattel’a pijà ‘n saccocce saggëcce, s.f. salsiccia ságne, s.m. segno sàgne, s.m. si usa al plurale li sàgne. Pasta fatta in casa. Li sàgn’appezzáte sagnitèlle, s.f. sagnette, fettuccine fatte in casa. S’usa perlopiù al pl. sajàtte, s.f. saetta, fulmine sàjjë’, v. salire p.p. sàdde saláte, agg. salato sàle o sàule, s.m. sole sále, s.m. sale, f. per dire niente assoluto, nijènde e mmanghe sále salicáune, s.m. allampanato e ondeggiante come un salice salvanéise, s.m. cittadino di San Salvo Sanda Spèine, s.f. Santa Spina, ricorrenza religiosa vastese, che ricade il venerdi antecedente il Venerdì Santo Sande Bbùne, n. pr. San Buono, comune del comprensorio vastese Sandebunàise, s.m. cittadino di San Buono sánde, s.m. santo, pl. li sènde Sangiuuànne, s.m. Lu sangiuuànne mé,il compare mio. Il riferimento è alla festa di San Giovanni durante la quale si facevano comparaggi sapà’, v. sapere. Indicativo presente: sàcce sàrge, s.m. sorcio, topo, pl. sîrge dim. surgitèlle, pl. surgitìlle sartàre, s.m. sarto sàule, s.m. il sole sbambatèlle, sf. pisolino 197 198 sbattamîure, s.m. gioco a battimuro, jucuà a sbattamîure sbauttè’, v. spaventare, sbigottire sbiséte, s.m. sciocco, sbandato sbruvugnáte, s.m. svergognato, delinquente šcacchinòtte. s.m. giovanottino, ragazzotto, pl. scacchinùtte scacarejà’, v. balbettare, onomatopeico. scàde, s.f. mazza della zappa šcaffàtte, s.f. paniere di pesce appena pescato dato come pagamento ai pescatori scàgne, s.f. buccia, involucro scagnë’, v. scambiare scanajjá’, v. scandagliare, osservare attentamente scannatàure, s.m. scannatoio, mattatoio scanżá’, v. scanzare scapéce, s.f. pesce fritto marinato nell’aceto con l’aggiunta di zafferano šcappëine, s.f. schiappa scapulá’, v. scivolare scarciófene, s.f. carciofo. pl. scarciófene scardatàure, s.m. cardatore, pl. scardatëre, pl. scardatrëice. Scardá’ la láne, cardare la lana scardaváune, s.m. scarafaggio scaricarèlle, s.f. tagliola šcàttà’, v. scattare šcattàte, agg. arrogante, ma anche verace, autentico Scazzafuttènne, v. gironzolare senza far niente, bighellonare scáżże, agg. scalzo, Scáżż’ e nníute, mëser’ e ddulènde scë, di affermazione, si. Anche scëine scèrte, s.f. serto, corona. - ‘na scèrte d’èjje schinènze, avv. pure, persino sciàlà’, v. dissipare, consumare, buttare all’aria, Sciàle popole, ca dumuàne è Ggiubbullé sciambàgne, soprannome sciambrichèine, s.m. variante di gilet sciaunèlle o anche sciavunèlle, s.f. carruba scijàne, s.m. tromba marina Scimàune, n. pr. Simone scimmadàtte, espress. gerg., sii maledetto sciójje’, v. sciogliere; tipica l’espressione sciójje lu pàšce scióre, s.m. nonno scióscia, s.f. amata, bella sciuquáte, agg. molto buono, ottimo sciuvularelle, s.f. scivolo scognà’ oppure Scugnà’ v. sbucciare, pulire scójje, s.m. scoglio pl. scùjje scólla, s.f. cravatta scrëive’, v. scrivere scrianżáte, agg. screanzato sculatîre, s.f. la scolatura. Vàve a la sculatîre, bere sino in fondo sculluàtte, s.f. cravatta a papillon scunucchià o schînàcchià, v. schiodare, sfasciare, rompere, fare a pezzi. Es. mò ti schinàcchie scupunuáre, s.m. zampognaro pl. scupinére sdulluffà’, v. sciancare, cadere a terra, inciampare, far male šdulluffàte, agg. sciancato šdillazzà’, v. agitare šdirràzze, s.f. beccastrino, ferro per pulre le scarpe šdirrupáte, agg. scosceso secànde, avv. secondo, in secondo luogo, ‘n żecànde sèlve, s.f. selva, bosco sembrá’, v. sembrare sëneche, s.m. sindaco sensàle s.m. sensale, mediatore. S’usa anche in termine spregiativo: me pàre ‘nu ssensàle Senzasánghe, n.pr. soprannome setácce, s.m. setaccio séure, sf. sorella, sòrete, tua sorella sfaudiente agg. Sapiente sfójje, s.f. sogliole sfrèhule, s.m. sfrigolo, pezzettino di lardo di maiale, pëzze nghi li sfrìhule sfurijáte, agg. sfuriato sgàmmere, s.m. pesce sgombro. pl. sghìmmere Sgangáte, soprannome sgarrà’, v. sgarrare, derogare dalla regola sgosciù, agg.di sbieco, di traverso, di striscio šgriná’, v. rompere le reni sìbbete, avv. subito, improvvisamente, celermente sidìuta, s.f. seduta. Na sidìuta spirëteche, una seduta spiritica siggnàure, s.m signore, femm. siggnàura, inv. siggnurë sindë’, v. sentire ssinzàle, s.m. sensale sippàliche s.m. sepolcro. Comunemente usato al plurale per indicare il rito del Giovedì Santo: li sippîliche sitàcce, s.m. setaccio, arnese per setacciare farina o altro genere di cereale. Viene usato come ritornello per cantilena: sitàcce, sitàcce gna mi fì’ ‘ccuscë te facce sittimmáne o anche summuâne, s.f. settimana smarrá’, v. prendere il largo, allontanarsi in mare smizéite agg. Ammalato alla milza. sócce, avv. dappertutto, od anche nel significato di uniforme con l’espressione sócce sòcce oppure sóccia sòcce. - Ha ninghîute sóccia sòcce, è caduta la neve dappertutto nella stessa misura sòcce, s.m. socio, colono, chi coltiva un terreno in società, mezzadro sódde, s.m. soldo sopreppànge, s.m. pipistrello sorge, s.m. sorgio, topo spaccalàine, s.m. spaccalegna spàise, s.f. spesa. Fajje li spàise, fig. per intendere l’arte di imparare: mmëttete nghi chi è cchiù mmàjje di ta’ e fàjje li spàise sparagná’, v. risparmiare sparágne, s.m. risparmio spasemàte, agg. bolso, stanco spëicafinùcchie, s.m. seme di finocchio selvatico sperá’, v. sperare Spidëite, Espedito spëlle, bigiotteria sprecàte, agg. sprecato Spirde Sànde, s.m. Spirito Santo spirdîute, agg. sperduto spizzìlle, s.m. stinco. pl li spizzìlle Sprušciavidìlle, soprannome, letteralmente chi pulisce le budella spusá’, v sposare spusáte, agg. sposato Squàccià’, v. schiacciare, premere squajà’, v. squagliare ‘ssi-‘ssi, agg. dim. pl. m. e f. quelli ‘ssu-‘ssa, agg. dim. sing. m. e f. quello, quella štá’, v. stare. Indicativo presente: štìnghe staggiàune o anche stasciàune, s.f. stagione Štaggnarìlle, soprannome štaggnaròle, s.f. barattolo o scatola di latta štamatëine, stamattina štëcchije, s.f. gioco da bambini consistente nel tiro d’una pietra contro un mattone posto in senso verticale sul quale viene posto una moneta, una mandorla un bottone, jucuà’ a la štëcchije šti, agg. dim. pl. questi štócche, s.m. stoccafisso štràgne’, v. stringere štrangaîjjùne, s.m. mal di gola štrasciná’, v. trascinare o trascinarsi strascinéte, agg. trascinate, lavorate, li rápe strascinéte štrazijáte, agg. straziato strèuse, agg. strano štrëlle, s.m. strillo, stridio štrillà’, v. strillare štrippilàune, s.m. stoppia strùmmele, s.m. trottola. Dal greco stròmbos, strombòlion. štù-šta, agg. dim. questo, questa štruppunëte, s.m. stirpe, progenie, famiglia štutá’, v. spegnere Suàtte, s.f. maglia aperta sul davanti. sumundà’, v. seminare sumuènde s.f. semenza, seme sunná’, v. sognare suqquàrże, s.m. soccorso surgîtélle o surgiutélle, s.m. dim. topolino, sorgetto survëzije, s.m. servizio suspëire, s.m. sospiro T taccunuèlle, s.f. tacconelle, quadratoni di 199 200 pasta fatta in casa tàgne’, v. tingere, colorare, tégne’: tinge tàmbe, s.f. puzza, odore nauseabondo tàmbule, s.f. tomba tànde-a, agg. tanto, tanta taragnéule, s.f. lumaca di taglia piccola, molto saporita; pl. taragnùle tarmà’, v. infreddolire, paralizzare táte, s.m. padre, v. pátre tàtte, s.m. tetto, pl. tëtte tätte, s.m. tetto tavuléine, s.m. tavolino técchie, s.m. ceppo, grosso legno che si mette per tradizione nel caminetto la notte di Natale telèfene, s.m. telefono tèmbe, s.m. tempo. pl. tìmbe. Li bbìlle t^mbe de ‘na vódde tèrre, s.f. terra tî, pron. pers. sing. tu tijèlle, s.f. tegame tiná’, v. tenere. tìttele, tienile. Indicativo presente: tìnghe tîrche, s.m. turco tištimónije, s.m. testimonio, pl. tištimùnije tójje’, v. togliere ‘tómeche, agg. atomica, la bòmma tómeche tòrte, s.m. e agg. corrotto, cattivo. J’è ttòrte, per dire di persona non a modo tradimènde, s.m. tradimento, pl li tradimìnde trafonne, s,m, l’abisso, lo strafondo ma anche l’ inverno o l’inferno, l’oltretomba tràgne, s.m. secchio trainìre, s.m. carrettiere trajëine, s.m. carro da tiro tràmbe, s.f. tromba traméute, s.m. terremoto trapilèine, agg. capriccioso, uno/una che fa moine. trappetáre, s.m. uomo addetto al trappeto, frantoiano trappéte, s.m. tappeto, pl. trappìte trascë’, v. entrare tráve, s.m. trave, fig. nu tráve de féuche travòcche, s.m. il trabocco, palafitta in mare con rete a bilanciere. trescá’, v. trebbiare, mietere trésche, s.f. trebbiatura trèšte, agg. triste trîffele, s.m. contenitore di terracotta per l’acqua trìjje o rišciùle, s.f. triglia, «Uh! rišciulëtte nghi la pammadèure» (G. Murolo) Tringinìlle, soprannome trippëine, s.f. torpedine, pesce trummuìnde, avv. mentre truhuá’, v. trovare trocchele, s.m.. trogolo tróppe, agg. indef. troppo, in misura esagerata trumminde, avv. mentre tumbráte, agg. temperato, riferito al tempo tuorte s.m. torto U uahimùrte, agg./s. intraducibile letteralmente. Un tipo inaffidabile, delinquente uàre, s.m. vero. È llu uàre, è vero Uašte, Vasto uaštësce, s.m. sensale, commerciate d’olio ucchije, s.m. occhio umbràse, s.m. ombroso Ungëine, s.m. uncino ujje, s.m. oggi usumuà’, v. annusare, cercare. Canda va usumuànne, va curiosando. Viene dal greco osmé (odore) V Vaccáre, soprannome vaccëile, s.m. bacile, bacino, bacinella vàcche, s.f. bocca vácche, s.f. vacca valichëte, agg. infittito, ritirato vammete, s.m. tuono vandasciàne, s. e agg. chi si vanta, presuntuoso vànne’, v. vendere vánne, s.f. parte, zona; da šta vánne, da questa parte vará’, v. varare, mettere in mare la paranza o la barca vàreche, s.f. barca varëile, s.m. barile vàreve, s.f. barba varevìre, s.m. barbiere varlotte, s.f. tinozza Varvatórte, s.m. soprannome vasce, s.m. bacio Vàscheve, s.m. vescovo vascià’, v. baciare Vassilîcce, n.pr. diminutivo di Basso vavàuse, s.m. pesce váive, v. bere vàve, s.f. bava. Tè la vàv’a la vàcche, ha la bava in bocca, per dire di persona arrabbiata o per cane idrofobo vàvete, s.f. bevuta védeve, s.f. vedova vëgne, s.f. vigna vëine, s.m. vino vëite, s.f. vita vёjje, s.f. via, strada. La vёjje néuve, la strada asfaltata vejulàte, agg. di colore viola vendàje. s.m. ventaglio. Si méne lu vénde nghe lu vendàje vènde, s.m. vento verzotte, s.f. verza véuve, s.m. bue vëjje, s.f. via, strada, dim. vijarélle vëste, s.f. vista vetráre, s.m. vetraio vi, pron. pers. plur. voi via sì, avv. suvvia viàt’a hasse, escl. beato lui! viàte, agg. beato viaticáre, s.m. viaticale, commerciante ambulante vìcchije, s.m. vecchio, al f. la vìcchije, pl. li vìcchije vidîute, s.f. veduta viduhànze, s.f. vedovanza vijáte, agg. beato, vijàt’a ttà, beato te viligná’, v. vendemmiare villë’ o vullë’, v. bollire, villënde: bollente. Àcca villëite, acqua bollita villégne, s.f. vendemmia virginèlle, s.f. verginella, giovinetta virde, agg. verde virdïure o virdîre, s.f. verdura, erbe ortaggi . La piazze de la virdïure, il mercato, la piazza delle erbe. virlingócche, s.f. albicocca virmináre, s.f. la verminara, disturbi intestinali visàcce, s.f. bisaccia, zaino vivetìcce, s. f, dim. bevutina vócche o vócca, s.f. bocca vòdde, volta, li timbe de na vódde; anche vote in una versione più vicina al napoletano vòjje, s.f. voglia vàtine, s.m. recipiente per olio vòtte, s.f. botte vòve, s.m. bove vózze, s.m. bozzo, protuberanza, bernoccolo vrache, s.f. braga vrangáte, s.f. ciò che si prende con una mano vrànnele, s.f. crusca. Anche canëjje vraštàime, s.f. anatema vrèche, s.m. amuleto vrétte, s.m. e agg. sporco vréute o vróte o anche vróde, s.m. brodo. È lu vróte grásse! Sta comodo e senza pensieri vrignéule, s.m. bernoccolo, bozzo vrîscele, s.m. un foruncolo, una pustola vrittacchiëne, s.m. sporcaccione, luridone, pl. vrittacchiëine. Deriva da vrétte vrivàgne, s.f. vergogna, anche nel senso di sesso vrócche o anche vrócchele, s.f. chioccia vrúccule, s.m. broccoli, li vrúccule de rápe strascinéte vrudàtte, s. m. brodetto di pesce vucále, s.m. boccale vulá’, v. volare vulé’, v. volere. Indicativo presente vùjje vulije, s.f. voglia, desiderio vulundà, s.f. volontà vúmete, s.m. tuono vurtàcchije, s.m. fuso vussá’, v. spingere vutá’, v. votare vutinàlle s.m. barilotto. Lu vutinàlle dell’uje 201 Z za’, s.f. zia, anche zijáne zambugnáre, s. m. zampognaro pl. li zambugnére zambàgne, s.f. zampogna zàmbe, s.f. zampa zambijá’, v. lasciare impronte zambitelle, s.f. dim. zampetta Zannutuìlle, soprannome zappàune, s.m. zappone, zappa. pl. li zzappùne zëite, s.f. sposa zëtte, agg. zitto zi’, s.m. zio, anche zijáne ziffînne (a), agg. A dirotto zizì, dim. zio zòcchele, s.f. sorcio, ratto. f. per indicare una donna non morigerata zóche, s.f. corda, fune zopì zopà, s.m. gioco di bambini zuffunná’, v. sprofondare zumbujá’, v. saltellare żżirre żżeirre, s.f. telline o arselle 202 Si ringraziano: per i testi messi a disposizione Michele Calvano Lia Giancristofaro Giuseppe Francesco Pollutri Tito Spinelli per la collaborazione Gianfranco Bonacci Fernando Coletti Renata D’Ardes Nicola Di Blasio Edda Di Pietro Beniamino Fiore Ida Forni Rosa Milano Antonio Nocciolino Michele Nocciolino Valentino Raspa Renzo e Giuseppina Russo Deborah Saturnetti Francesco Paolo Sorgente e il personale dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Vasto per i dati cortesemente forniti 203